giovedì 9 giugno 2022

Mahatma Gandhi: Il potere della nonviolenza

Mohandas Karamchand Gandhi (1869-1948) è stato un politico, filosofo ed avvocato indiano e leader del movimento per la libertà e l'indipendenza dell'India, nonché il fondatore della nonviolenza, un metodo di lotta politica che rifiuta ogni atto di violenza.  Gandhi è conosciuto come il Mahatma, la "grande anima", come lo definì il poeta indiano Rabindranath Tagore (premio Nobel per la letteratura nel 1913). In realtà, il suo impegno fu soprattutto religioso, di liberazione personale, nella convinzione che avesse un forte impatto politico. Lo afferma più volte e lo ribadisce nella sua Autobiografia: "La mia devozione alla Verità mi ha portato nel campo della politica". Gandhi non desiderava il potere politico per se stesso e non ha mai ricoperto una posizione ufficiale all'interno del Congresso Nazionale Indiano, eppure ha costantemente esercitato il ruolo di arbitro in questioni politiche.

Nel 1893, Mohandas Karamchand Gandhi, 24 anni, giovane avvocato laureato a Londra, accettò un incarico legale da svolgere a Pretoria, in Sudafrica. Durante il viaggio scoprì che in Sudafrica vigeva l'apartheid. Sperimentarlo di persona fu traumatico per Gandhi e l'umiliazione subita lo rese consapevole,  in modo drammatico, del razzismo.
In Sudafrica imparò ad affrontare i problemi politici dei suoi connazionali. L'essere perseguitato e imprigionato per motivi di coscienza insegnò a Gandhi ad affrontare la punizione con dignità, orgoglio e tenacia e riteneva che andare in prigione per un abuso di potere aumenta il prestigio della causa.  Gandhi rimase in Sudafrica per 21 anni e l'esperienza drammatica che vi fece costituì la sua scuola spirituale. Imparò che la lotta nonviolenta contro l'apartheid era una vera politica e alla fine ottenne notevoli risultati come il riconoscimento di uguali diritti, l'eliminazione di leggi discriminatorie, la validità dei matrimoni religiosi (prima solo quelli cristiani erano riconosciuti validi).

Quando tornò in India nel 1915, trovò un generale malcontento nei confronti del governo britannico. Nel 1919 Gandhi organizzò una vigorosa campagna di disobbedienza civile, con la chiusura di fabbriche, serrate e scioperi contro il Rowlatt Act: una serie di proposte legislative antiterrorismo, norme speciali per prevenire proteste. La partecipazione di massa fu enorme.  A seguito dei disordini che scoppiarono a Amritsar dove furono uccise 4000 persone che manifestavano pacificamente, Gandhi interruppe la campagna di disobbedienza civile.

Gandhi lanciò la sua prima campagna per l'indipendenza nel novembre 1921. La chiamò con un termine innovativo, satyagraha, la forza della verità, sinonimo di resistenza non violenta. Il satyagraha è una forma di mobilitazione sociale ideata da Gandhi basata sulla «resistenza passiva» a cui si aggiungevano elementi derivati dalle tradizioni filosofico-religiose indiane. Il satyagraha consiste infatti nell’«aderire fermamente alla verità», violando pacificamente leggi ritenute a essa contrarie. Ogni partecipante è chiamato a ricercare nell’intimo della propria coscienza la sorgente di tale verità, attingendovi le energie morali necessarie ad accogliere la repressione in modo non violento: la sua azione attualizza così la verità, nella speranza che essa possa «convertire» l’avversario. 

La campagna fu lanciata sulla base di tre obiettivi sociali: l'unità tra indù e musulmani, l'abolizione della casta degli "intoccabili", e l'utilizzo di materie prime locali, con la promozione del khadi, cioè l'invito ad ampio raggio a indossare abiti fatti di stoffa di cotone tessuta personalmente a mano da ogni individuo, per boicottare gli abiti prodotti in Gran Bretagna. Nello stesso tempo Gandhi  ampliò la portata delle sue azioni, sfidando i postulati sacri dell'induismo. Ai suoi occhi, non c'era differenza tra un bramino e gli intoccabili, tra caste superiori e inferiori e si identificava con i maltrattati e i poveri, e si dedicò al loro servizio.
Gandhi invitò il viceré a ripristinare "le libertà di parola, di associazione e di stampa [...] e a rilasciare le persone innocenti che erano state imprigionate", altrimenti sarebbe iniziata la disobbedienza civile. Il rifiuto del Viceré diede il via alle proteste. Alcune furono particolarmente cruente con diverse decine di morti. Appena informato degli incidenti, Gandhi convocò una riunione del Partito del Congresso, e annullò la campagna di disobbedienza civile; si impose cinque giorni di digiuno per espiare la violenza del massacro. In questa occasione fu aspramente criticato in tutta l'India per aver annullato la campagna.

Nel marzo 1922, il Mahatma Gandhi fu arrestato. Era accusato di sedizione a causa di articoli pubblicati nel settimanale, Young India. Nel primo aveva scritto: "L'Impero britannico, costruito sullo sfruttamento sistematico delle razze fisicamente più deboli della terra e su un dispiegamento di forza bruta, non può durare, se esiste un Dio giusto che governa l'universo". Nell'altro articolo proclama apertamente: "Vogliamo rovesciare il governo. Vogliamo costringerlo a sottomettersi alla volontà del popolo".   Durante il processo si dichiarò  "tessitore e contadino", colpevole di aver istigato alla "non collaborazione" con il governo britannico. Asserì che "la non cooperazione violenta non fa che moltiplicare il male,  il ritiro del sostegno al male richiede l'astensione totale dalla violenza".
La condanna a sei anni di carcere avrebbe potuto segnare la fine della lotta che Gandhi aveva sostenuto fino a quel momento per la liberazione dell'India. Invece, ebbe un'altra conseguenza: rafforzò la sua determinazione e la sua reputazione agli occhi degli indiani. 

L'arresto significò il suo riconoscimento da parte del governo britannico come principale leader del movimento per l'indipendenza nazionale.  La semplicità dell'abbigliamento di Gandhi testimoniava un chiaro impegno per l'uguaglianza sociale. Gandhi stesso dedicava mezz'ora al giorno a tessere il tessuto per il proprio abbigliamento. Nel 1928, la Commissione Simon, composta da parlamentari britannici, ebbe il compito di riferire a Londra su una possibile Costituzione per l'India. 

L'obiettivo di Gandhi era quello di sensibilizzare la popolazione contadina e per questo iniziò a visitare sistematicamente alcuni dei 700.000 villaggi.
Propose al Congresso diversi punti come programma da realizzare: la proibizione totale degli alcolici, la riduzione del tasso di cambio rupia-sterlina, l'abbassamento delle tasse sulla terra, l'abolizione della tassa sul sale, la riduzione degli stipendi degli alti funzionari, il ridimensionamento delle spese militari e il rilascio dei prigionieri politici. 

Gandhi organizzò la  "marcia del sale" dal suo luogo di ritiro, Ahmedabad, fino a Dandi: una distanza di circa 380 km, fino alla costa dell'Oceano Indiano, dove tutti avrebbero raccolto il sale per il proprio consumo.  All'inizio di marzo del 1930, Gandhi avvertì il viceré della sua intenzione di iniziare una campagna di disobbedienza civile contro la tassa sul sale. La marcia, iniziata con 80 uomini fidati, fu un trionfo; la folla crebbe di villaggio in villaggio. Nella marcia non mancarono il riposo e la preghiera: fu un vero e proprio pellegrinaggio. Venivano anche citati i testi sacri indù. Arrivati a Dandi, tutti raccoglievano il sale per uso personale.
La reazione del governo fu immediata: Gandhi e altre 50.000 persone furono arrestate e i giornali di tutto il mondo riportarono la notizia.
La popolarità della marcia del sale aveva rivelato che l'India era pronta per l'indipendenza e che la nonviolenza aveva sfidato e vinto il potere dell'Impero britannico. Per il governo di Londra fu un duro colpo, accentuato dalla diplomazia internazionale, ampiamente favorevole all'autodeterminazione dei popoli. Gandhi uscìto di prigione nel gennaio 1931 incontrò il  viceré, Lord Irwin, al termine del colloquio i due firmarono il Patto di Delhi: la disobbedienza civile fu fermata e i poteri speciali in vigore per combatterla cessarono di operare. Inoltre, il governo si impegnò a liberare i prigionieri politici e legittimò la raccolta del sale per uso personale.

Gandhi rappresentò il Congresso Nazionale Indiano all'incontro di Londra per discutere i termini dell'indipendenza dell'India, anche se i risultati non furono positivi. Al ritorno, il nuovo viceré, il marchese di Willingdon. iniziò una campagna di repressione, a cui seguirono una catena di proteste in tutto il Paese. Gandhi fu di nuovo arrestato e mentre era ancora in prigione, nel 1932, iniziò lo sciopero della fame per permettere agli intoccabili, le classi più povere potessero essere riconosciute come cittadini.
 I rappresentanti del Congresso e della Lega Musulmana di tutta l'India fecero pressione su Gandhi perchè abbandonasse la nonviolenza. Nel 1934, all'età di 65 anni,  lasciò il Congresso e si ritirò dalla politica, per dedicarsi esclusivamente alla riforma spirituale dell'India e allo sviluppo della vita nei villaggi. "Servire i nostri villaggi significa costruire l'autonomia. Tutto il resto è un sogno vano. Se il villaggio muore, muore anche l'India". Nel programma di Gandhi era inclusa anche l'istruzione, che non doveva comprendere solo l'alfabetizzazione, ma anche le abilità manuali per la vita e il lavoro. 

Nel settembre 1939, la Gran Bretagna dichiarò guerra alla Germania. Il Congresso si dichiarò favorevole alla guerra solo se i britannici avessero concesso all'India la libertà che stava difendendo dal nazismo. Compilato da Nehru, il testo contraddiceva la posizione di Gandhi, che rifiutava qualsiasi coinvolgimento nelle ostilità.  La Gran Bretagna rispose che l'indipendenza dell'India sarebbe stata discussa dopo la guerra. Nel frattempo, il capo della Lega Musulmana, Muhammad Ali Jinnah, pensava alla formazione di uno Stato musulmano.
Nel settembre 1940 Gandhi lanciò una forma di satyagraha individuale contro la guerra:  "Non posso salvare l'integrità degli indiani e la loro libertà se non a condizione di provare benevolenza verso l'intera famiglia umana".

Nel 1942, il governo britannico, preoccupato per l'avanzata del Giappone verso i possedimenti britannici in Asia, chiese la collaborazione degli indiani, che non accettarono e misero in atto una campagna di disobbedienza civile chiamata Quit India.  Gandhi la accompagnò con il mantra: "Libereremo l'India o periremo nella lotta; non vivremo per vedere la perpetuazione della nostra schiavitù".  La risposta del governo di Churchill fu immediata: ci furono violenze e repressioni senza precedenti.  Gandhi e i membri del Congresso furono immediatamente imprigionati.

Dopo quasi due anni di prigionia, Gandhi fu rilasciato nel maggio 1944. Per prima cosa cercò di parlare con il capo della Lega Musulmana, per raggiungere un'intesa in vista dell'indipendenza. Ma gli incontri furono inutili. Jinnah era determinato a creare uno Stato indipendente per i musulmani. Questo aprì la strada alla spartizione dell'India e nacque la "Terra dei puri" (il nome del futuro "Pakistan").

Nel 1945, con la vittoria del Partito Laburista alle elezioni generali in Gran Bretagna, il governo Attlee annunciò un possibile ritiro dall'India e propose un unico Stato federale. A Gandhi il piano non dispiacque e Jinnah, pur essendo molto critico, in un primo momento vi aderì, ma poi ci ripensò. Il viceré affidò quindi a Nehru il compito di formare un governo provvisorio. Quest'ultimo si recò da Jinnah per offrirgli vari ruoli nel governo, ma egli li rifiutò.
Poiché nel 1946-47 l'India settentrionale era sconvolta da violenze e scontri tra indù e mussulmani, che si estendevano dal Punjab al Bihar, il governo britannico propose la divisione dell'India in tre province autonome, collegate a un governo centrale. Sebbene Gandhi fosse contrario, il Congresso e la Lega la accettarono. Lord Mountbatten fu incaricato di attuare il trasferimento dei pieni poteri all'India e fissò la data dell'indipendenza nel 1947. Il Mahatma si mise a viaggiare a piedi per i villaggi, tentando valorosamente un ultimo sforzo per pacificare indù e musulmani. Il 15 agosto 1947 l'India ottenne l'indipendenza, ma senza le due grandi province che formavano il Pakistan orientale e occidentale. Il giorno seguente cominciarono i massacri nati dalle rappresaglie trà indù e mussulmani. Fu la tragica fine del programma che il Mahatma aveva perseguito per tutta la vita. Tuttavia, continuò la sua opera di pacificazione viaggiando attraverso tutta l'India da Calcutta al Punjab. Durante il viaggio si fermò a Delhi e il 30 gennaio 1948, durante la preghiera pubblica fu assassinato con colpi di pistola da un indù estremista.
Il giorno dopo, secondo la tradizione religiosa, il corpo del Mahatma fu cremato: tutta l'India, e forse il mondo intero, si riunì intorno ad esso. Se Gandhi era deluso dal fallimento della nonviolenza, la sua morte rivelò invece che la causa della Verità e della nonviolenza non era stata vana. 
Testi di riferimento:

  • Y. Chadha, Gandhi. Il rivoluzionario disarmato, 2011.
  • J. M. Brown, Gandhi. Prigioniero della speranza, 1995.
  • The great Trial of Mahatma Gandhi & Mr. Shankarlal Banker.
  • M. K. Gandhi, Autobiografia, Milan, Treves, 1931.
  • Teoria e pratica della non-violenza, Turin, Einaudi, 1973.
  • Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, D. Dalton, 1998.

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