Nel testo Il silenzio tra due onde. Il Buddha, la meditazione, la fiducia - Corrado Pensa, autorevole esperto di buddhismo Therevada ci parla della pratica quotidiana di meditazione e della consapevolezza in azione. In modo particolare ci parla della lenta trasformazione del nostro quotidiano in virtù di una risposta ricettiva all'insegnamento del Dharma. Corrado Pensa è dal 1987 insegnante guida dell'A.ME.CO. (Associazione per la meditazione di consapevolezza) di Roma. E' stato per anni docente di Filosofia dell'India presso l'università la Sapienza di Roma, oltre che psicoterapeuta junghiano. E' considerato un autorevole insegnante di meditazione buddhista e conduce ritiri intensivi.
L'apice del percorso meditativo è il conseguimento di stati di assorbimento profondo (jhana). Allo stesso tempo il Buddha non cessò mai di sottolineare l'importanza del raccoglimento, del samadhi, della calma concentrata. Comunque samatha o samadhi è un fondamento importante e deve servire alla vipassana, ossia a vedere ed acquisire una chiara visione. Spesso ci si sofferma su stati di raccoglimento mentale, che sono piacevoli e danno un senso di forza e si lascia cadere la consapevolezza investigativa (caratteristica della vipassana). In molti sutta o insegnamenti del Buddha vengono descritti alcuni tipi di impedimento alla calma concentrata e i relativi antidoti. Importante è dunque il raccoglimento (samatha), se non si possiedono basi di stabilità meditativa ci sarà il rischio che, ponendoci domande investigative, si andrà a rafforzare quella proliferazione mentale che si accompagna alla rabbia.
Un altro aspetto importante nel percorso meditativo, è quello di mantenere la pratica pura, ossia evitare che diventi meccanica, e come dice Suzuki Roshi occorre mantenere la "mente di principiante". Le relazioni interpersonali sono un momento fondamentale di occasione di pratica, soprattutto con i familiari. Essere presenti nelle relazioni è difficile ma nello stesso nutriente, sia per noi che per gli altri; un solo attimo di presenza è un raggio di luce. Il primo impedimento alle relazioni sono le aspettative sull'altra persona e il paragonarsi ad essa. Il secondo è il fare attenzione ai giudizi e ai risentimenti. Il terzo impedimento è l'essere spesso distratti nei confronti dell'altro. Il quarto impedimento è l'irrequietezza, ossia si cerca di andare da una relazione all'altra. Spesso non abbiamo una costanza di relazione ed è la sindrome "molte relazioni, nessuna relazione". L'avere molte relazione potrebbe apparire una grande apertura interpersonale, mentre in realtà, si tratta di una fuga dal rapporto. Ne abbiamo paura. Il quinto impedimento è il dubbio e la diffidenza, ossia la difficoltà a credere alla stima, all'amicia, all'affetto da parte di chi ci sta intorno.
O monaci, alcuni monaci male avvisati apprendono il Dhamma, ma avendo appreso il Dhamma, non esaminano il significato (attha) di quegli insegnamenti secondo saggezza (panna). Molti utilizzano la conoscenza del Dhamma per vincere nei dibattiti e lo vedono come uno strumento per sentirsi superiori agli altri. Il Dhamma deve servire ad attraversare il mare della sofferenza e non deve diventare oggetto di attaccamento. La costruzione della zattera corrisponde alla coltivazione della pratica, e alla pratica bisogna dedicare il tempo di prima qualità (prime time) dove si conserva freschezza e qualità.
La pratica si divide in formale (meditazione e ritiri) e informale (i rapporti interpersonali) e sono entrambe importanti. La vita pratica diventa la palestra della pratica informale o pratica in azione che è molto più difficile da esercitare. Nelle relazioni occorre utilizzare l'equanimità e il discernimento, che ci aiuta semplicemente ad esprimere con semplicità il nostro disaccordo o ad accettare critiche.
Nelle relazioni le tre sfere (parola, azione e pensieri) sono intimamente connesse e interdipendenti. Nelle relazioni bisogna allenarsi ad allontanarsi dalla reattività ed avanzare verso la retta parola, la retta azione, verso l'equanimità. Le relazioni sono un potente strumento di purificazione mentale e come dice Krishnamurti: "la relazione è un processo di autorivelazione, ci rivela a noi stessi". Dovremmo scegliere a chi intendiamo riserbare la nostra ttenzione, e farlo in profondità.
Dovremmo utilizzare e trasformare anche il più piccolo disagio in intenzione di pratica e lavoro diretto sulle difficoltà. Non alimentare la proliferazione mentale e l'identificazione con i pensieri negativi è un orogramma molto difficile. Il lasciar andare è la risposta più efficace alla sofferenza (dukkha) e le sue cause. Non dobbiamo però confondere il lasciar andare con passività e abulia. Spesso ci trasciniamo dietro un peso e come dice Ajahn Chah se lo lasciamo andare, abbiamo paura che non ci resti più niente. Continuiamo così a portarcelo dietro. Avversione, ignoranza ed attaccamento sono i tre veleni dai quali occorre liberarsi.
Lavorare alla ricerca del positivo, lottando contro la tendenza al negativo, è assolutamente cruciale nel cammino interiore. Il Dalai Lama dice: "L'affetto e la compassione sono qualcosa di assolutamente indispensabile nella nostra vita di ogni giorno. Dobbiamo cercare di capire attraverso il discernimento se la nostra reazione negativa è dovuta all'attaccamento o al disagio".
I cinque elementi che rafforzano la pratica sono la perseveranza, stabilizzazione sia psicologica sia fisica, la chiara visione (consapevolezza di quello che facciamo).
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