"La saggezza Indiana è la più profonda che esista e la ricerca della psicologia conferma passo dopo passo le affermazioni in essa contenute. L'antica scienza dell'anima degli Indiani è espressa
dallo yoga che appare come il percorso verso l'auto perfezione".
Carl Gustav Jung ha aperto, grazie alla sua esperienza personale ed alla sua ricerca, una possibilità di analisi comparata fra psicoanalisi e kundalini yoga e ha dichiarato che il suo simbolismo arriva ad interpretare la sintomatologia dei pazienti e aiuta a localizzare i sintomi della patologia: "Non parlo del significato dello yoga per l'India, non potendolo sperimentare come se fossi nato in India e possessore della cultura Indiana. Posso comunque parlare del suo significato per l'Occidente. La nostra mancanza di confini mentali ci porta all'anarchia psichica: per ritrovare un ordine mentale possiamo utilizzare lo yoga che era in origine un processo di introversione e conduceva a processi di elaborazione della personalità. Nel corso di migliaia di
anni questa ricerca si è gradualmente organizzata in un metodo e diffusa in vari modi." Ciò che interessava Jung era questo processo. Egli vedeva in esso il processo universale e ne deduceva che il kundalini yoga, poiché tantrico, ha un valore incalcolabile per l'interpretazione dell'inconscio collettivo.
Affermava anche che ci si deve avvicinare con cautela a questa disciplina perché gli occidentali non sono preparati alla profondità dello yoga. Inoltre, lo spirito orientale che è fondato su una storia mentale fondamentalmente diversa da quella occidentale.
Egli afferma che: "la filosofia indiana richiede la precisa condizione di non ego che influenza la nostra psiche, per quanto indipendente questa possa essere e porta ad una luce di consapevolezza super personale. L'area psichica dei fenomeni è fondamentale per gli Indiani e questi fenomeni sono ritenuti molto più reali di quelli fisici."
Spiega Jung che l'uomo occidentale oggi non proietta più le immagini interiori all'esterno attraverso simboli o feticci come faceva l'inconscio del cosiddetto 'uomo primitivo', quindi l'oggetto non viene "psicologizzato". Quando questo avveniva animali e piante erano pari agli uomini, e tutto era animato da spiriti e divinità. L'uomo civilizzato si crede mille miglia superiore a tutte queste cose: però spesso si identifica per tutta la vita con i suoi genitori, con i suoi affetti, pregiudizi e giudizi e accusa senza ritegno gli altri di ciò che non vuole riconoscere in se stesso. Conservando però una parte di quella coscienza primitiva e originaria e non servendosi più di amuleti e talismani, utilizza tranquillanti per portare in quiescenza nevrosi, razionalismo, culto della volontà e così via.
Il simbolismo dei chakra permette a Jung di pensare ad un percorso degli archetipi della psiche e di intravedere una procedura universale individuazione. Spiega anche come questo avviene: il primo passo è afferrare, comprendere la realtà profonda; poi il simbolo è usato per cristallizzare questa realtà nella immaginazione e poi arriva la pratica reale della meditazione sui chakra. Si medita su un simbolo e ci si appropria dei contenuti in parte intellettualmente, in parte psicologicamente e soprattutto energeticamente e si avvia lentamente un certo processo della psiche.
Secondo Jung dunque la scoperta dell'Oriente rappresenta un punto cruciale per il concetto dell'inconscio collettivo. Alla base di tutto c'è l'istinto dell'individuazione. Non c' è forma di vita che non sia individuale perché ogni forma si manifesta in una differenziazione: diversamente non sarebbe vita. L'istinto innato alla vita ci conduce a produrre un individuo il più completo possibile e ciò che noi chiamiamo personalità è un aspetto dell'individuazione. Anche se non riusciremo a manifestare la nostra totalità, ciò che apparirà sarà una immagine di unità.
Secondo Jung le immagini archetipiche sono l'equivalente psichica del samskara (I samskara sono una serie di riti di passaggio che segnano i momenti significati della vita di una persona): così come il nostro inconscio è colmo di immagini, così la nostra energia è colma di precedenti semi energetici. Jung procede all'analisi dei simboli posti in ciascun chakra:
Il primo chakra è quello che possiede le radici delle cose; è la terra, il fondamento del mondo. Tutti noi abbiamo radici e corriamo il rischio di rimane intrappolati nelle radici della fisicità della vita, della pesantezza della materia, della presenza costante della mente. Questo è il luogo energetico in cui l'essere umano è vittima dell'istinto, degli impulsi, della non consapevolezza. Questo è Muladhara e qui troviamo kundalini. Kundalini è la forza invisibile e vitale, quel bisogno, quella necessità, che ci porta ad affrontare la vita. Da un punto di vista psicologico è ciò che ci spinge in avanti: se ci fermiamo perdiamo il sapore della vita, ciò che la rende affascinante. Il kundalini yoga è stato tenuto segreto per secoli non perché non se ne possa parlare, ma perché non è possibile capirlo: il suo segreto è la comprensione attraverso l'esperienza. In muladhara inizia il viaggio verso il divino, verso l'anima immortale. Il colore rosso associato a questo chakra è il colore del sangue, della passione oscura. La vita è qui. Contiene la shakti, una delle due divinità che si uniranno nel settimo chakra. L'elefante, simbolo del chakra, sostiene il peso della terra e rappresenta il tremendo sforzo di sostenere la consapevolezza umana, il potere che ci spinge a costruire il mondo cosciente.
Il secondo chakra è il luogo energetico in cui è possibile fare tutto; ci tuffiamo nel flusso della vita e ci lasciamo trasportare, galleggiando su tutto ciò che accade. Questo chakra possiede tutte le caratteristiche dell'inconscio, Svadhisthana è un chakra legato al tattva acqua, in questo chakra c'è una mezzaluna simbolo del femminile; ogni mistero della vita ha inizio nell'acqua, elemento dell'energia femminile; ogni ricerca di crescita ci riporta all'acqua. Rappresenta una morte simbolica che porta ad una nuova vita, ad una rinascita. Abbiamo qui l'approccio ad un tipo di vita diverso da quella passionale del primo chakra: l'inconscio. Il colore arancio associato all'energia di svadhisthana è una sfumatura più chiara del rosso, contiene più luce, così come la rinascita ci conduce al giallo di nanipura. Il simbolo di questo chakra è makara (Un makara simile a un coccodrillo, è una leggendaria creatura marina nella Mitologia indù) ed è negli abissi ciò che l'elefante è sulla terra. Rappresenta ancora una forza tremenda e qui troviamo il nostro peggiore nemico da affrontare: noi stessi. La consapevolezza, diviene la più grande sfida. Non essere coscienti delle proprie pulsioni è molto peggio che soffrire a causa loro.
Nel terzo chakra Manipura risiede il fuoco della vita, della passione: un essere umano senza passione è solo ridicolo. Quando però siamo preda della passione si possono creare infiniti problemi di relazione. Il simbolo che troviamo è l'ariete, sacro ad Agni Dio del fuoco. Astrologicamente l'ariete è legato a Marte, pianeta della passione, dell'impulsività, della violenza. Dall'intestino dove tutto è fuoco, sangue, muscoli, ossa, saliamo verso l'aria, il cuore, la superficie. In manipura è avvenuta la combustione e sopra il diaframma, in anahata, l'aria le riporta in vita, ridona il respiro.
Il quarto chakra, Anahata è il centro del cuore, dell'aria. Dopo essere stati nella spirale della passione, degli istinti dei desideri, cosa avviene? Impariamo lentamente che non ci identifichiamo più con i desideri: nel cuore nasce il Purusha (Il primo, Purusha, rappresenta l'Energia Cosmica Spirituale, la coscienza cosmica impassibile ed immutabile) e iniziamo a pensare, a divenire coscienti di qualcosa che non è più personale, non ci identifichiamo con le nostre emozioni e cerchiamo di superarle e osservarle. In anahata risiede Shiva nella forma del lingam (l'aspetto creativo) e una piccola fiammella simboleggia il SÈ che appare. Si compie il processo di identificazione psicologica. Quando vediamo la differenza fra noi e l'esplosione delle passioni inizia l'individuo: l'ego che risiede in muladhara sale, cresce e si guarda, si distacca e diviene il SÈ. Il SÈ è qualcosa di assolutamente impersonale, oggettivo. La nostra vita diviene Purusha, il primo legame con la nostra psiche; Troviamo qui il mondo dell'intangibile: sentimenti, mente. Esiste qui qualcosa che unisce la mente, l'immaginazione, il prodotto dei sentimenti e del nostro intelletto e che li esprime. Nel genere umano il quarto chakra è ancora molto flebile e manipura molto presente; infatti dobbiamo essere sempre molto attenti e gentili gli uni con gli altri per evitare le esplosioni di manipura. Il colore è verde e il suo simbolo è la gazzella. Ciò che possiamo conquistare è la forza, l'efficienza e la leggerezza della sostanza psichica, del pensiero e del sentimento.
In Vishuddha chakra siamo oltre i quattro elementi necessari alla sopravvivenza umana: è un nuovo stato, più cosciente. Siamo nel pensiero astratto. Il quinto chakra è l'idea della trasformazione della materia grossolana nella materia sottile: è la sublimazione dell'uomo. Ora Purusha è il centro delle cose, è l'essenza psichica, la sostanza delle cose, non una speculazione mentale ma un'esperienza. Il colore è il blu e il simbolo è nuovamente l'elefante. In Vishuddha; l'insormontabile forza della realtà non è più sostenuta dall'esperienza della materia ma da quella psichica.
Il chakra Ajna non è rappresentato da nessun animale e questo significa che comprendiamo che ogni albero, ogni pietra, ogni respiro, ogni coda di topo è il nostro SÈ; non esiste niente che non sia in noi. Il nostro sesto chakra è un raggio di luce catturato e imprigionato nel mondo. Il distacco dalle passioni è la liberazione da tamas e rajas, è un'esperienza psichica. Ciò che prima era dolore non lo è più e si osserva la tensione degli opposti senza agitazione. Non si diventa apatici ma liberi. Ajna chakra è Dio; è espressione piena e manifesta del non-ego. In questo stato di energia riconosciamo di essere solo psiche e il non-ego in cui ci annulliamo. Ajna chakra è oltre ogni soglia, in questo stadio un essere umano crea una nuova forma di se stesso.
In sahasrara chakra avviene l'unione di Shakti e Shiva, gli opposti si uniscono secondo la filosofia tantrica e si realizza il viaggio di kundalini. È una trascendenza ed è avvicinabile soltanto come concetto filosofico o come esperienza energetica per la quale non esiste modalità di approccio ed è oltre ogni immaginabile descrizione perché comprendiamo che tra il SÈ e Dio non esiste alcuna differenza. Non c'è più nulla, neanche Dio: solo Brahman. È il samadhi, il nirvana. "I chakra sono simboli del livello della coscienza umana ed io credo che lo studio di questi simboli dello yoga tantrico può aiutarci nello studio della psiche umana se lavoriamo unendo differenti mondi. Lasciatemi dire che lo yoga arriva dall'alto."
Articolo preso dal sito https://www.yogajap.com/
Nessun commento:
Posta un commento