sabato 23 settembre 2023

Samsara. S.S. Il Dalai Lama (1)

 "Cercate di aiutare gli altri. Se non ne siete capaci , non fate del male agli altri" - Sua Santità il Dalai Lama riassume in questa frase l'essenza del Buddhismo.    

"Dobbiamo abbandonare il nostro egoismo, o almeno cerchiamo di essere egoisti in modo intelligente".

Nel primi due capitoli del libro Samsara, Liberarsi dalla sofferenza, combattere l'intolleranza attraverso la non-violenza, il Dalai Lama parla dell'invasione del Tibet da parte della Cina fino ad oggi  e dell'esperienza del suo esilio.

Il suo predecessore, il tredicesimo Dalai Lama Thupten Gyatso aveva indicato chiaramente il pericolo che veniva dalla Cina e aveva chiesto più volte a Buthan e Nepal di creare un'armata comune, ma questa proposta fu ignorata.  L’invasione del Tibet ebbe inizio nell’ottobre del 1950, dopo la fine della guerra civile cinese che vide il Kuomintang (il Partito Nazionalista Cinese, KMT) e il Partito Comunista Cinese (PCC) guidato da Mao Zedong contendersi il potere dal 1927 al 1949. Un anno dopo la vittoria del PCC e la conseguente fondazione della Repubblica Popolare il 1° ottobre 1949, ebbe inizio l’invasione del Tibet, regione fino ad allora indipendente dal governo di Pechino. Tra il 6 ed il 7 ottobre 1950, l’esercito cinese (People Liberation Army, PLA) – sotto l’influenza del futuro leader Deng Xiaoping, – circondò la città tibetana di Chamdo, che cadde sotto il comando cinese il 19 ottobre. La sconfitta dell’esercito tibetano a Chamdo diede inizio alle trattative per l’annessione cinese del Tibet che si conclusero un anno dopo con l’Accordo dei Diciassette Punti, con cui il governo tibetano e il Dalai Lama accettavano la presenza del PLA e la sovranità cinese sul suolo tibetano.

Negli anni 1954 il Dalai Lama fu invitato varie volte in Cina  e fu accolto dal Primo ministro Chou En-Lai e dal vice ministro Chu Teh, e per la prima volta, in quell'occasione, vide Mao e scrive di lui che aveva una grande forza magnetica, cordiale e spontaneo. E sempre in questo libricino il Dalai Lama rivela di essere stato attirato dal comunismo, il solo difetto che vedeva nel comunismo era quello di occuparsi dell'aspetto puramente materiale dell'esistenza.  Mao nel 1955 durante una conversazione gli disse "La religione è un veleno, frena il progresso". 

In questo periodo il Dalai Lama incontra anche Nehru in India, che gli fece comprendere chiaramente che l'India non avrebbe potuto aiutare il Tibet.  Gli consigliò di riprendere gli accordi con i cinesi. 

Dal 1949 al 1959 il Dalai Lama restò il capo politico e capo spirituale del suo popolo cercando di stabilire delle relazioni pacifiche tra le due nazioni: Cina e Tibet. La resistenza popolare contro la Cina comunista durò in Tibet fino al 1959, culminando in una giornata di insurrezione generale quando il 10 marzo 1959 300mila tibetani si riunirono ai piedi del Potala, residenza del Dalai Lama, per proteggerlo dalle proteste scoppiate nella capitale Lhasa. Il Dalai Lama chiese ancora una volta consiglio all'oracolo che quella sera gridò "vai via, vai via immediatamente", In seguito, il Dalai Lama dopo essersi recato al santuario di Mahakala, la sua divinità protettrice e avergli fatto l'offerta di una kata (sciarpa di seta bianca) lasciò il Paese per rifugiarsi in India, dove vive ancor oggi da esiliato. Nello stesso anno, l’Accordo dei Diciassette Punti venne ripudiato sia dal governo cinese che da quello tibetano e il Tibet venne ufficialmente annesso ai territori della Repubblica Popolare Cinese come regione autonoma.

Attualmente la popolazione autoctona, nel Tibet, conta 6 milioni di persone mentre la popolazione cinese arriva a 7,5 milioni di persone, ed è una questione veramente grave.  Ogni situazione deve essere considerata nella sua singolarità, ma il fatto di perdonare o di mostrarsi pazienti non significa che i tibetani debbano accettare tutto da chiunque. 

Il periodo attuale si inscrive tra i più difficili per il popolo tibetano, il Dalai Lama non cessa di sperare che il popolo tibetano, la sua cultura e la sua fede sopravviveranno e conosceranno di nuovo la prosperità.  Pensa che la sua presenza nel mondo libero, all'esterno del Tibet, possa essere più utile alla causa tibetana che  ritornare in Tibet.

La giornata della vita del Dalai Lama.   Si sveglia alle 4,00 per recitare il mantra Ngak-djinlap, è una preghiera attraverso la quale  dedica tutti i pensieri, le azioni, le parole come un'offerta agli altri. Guarda il cielo e prende coscienza della nostra insignificanza nel cosmo, e  dell'impermanenza. Fa colazione ascoltando le notizie della BBC.  Dalle 6,00 alle 9,00 medita; attraverso la meditazione cerca di sviluppare la giusta motivazione: compassione, perdono e tolleranza. Medita 6 o 7 volte al giorno.  Dalle 9,00 alle 12,00 legge e studia le scritture. Alle 12,30 prende il pranzo, in generale non vegetariano. Il promeriggio è dedicato agli incontri ufficiali. Alle 18,00 prende il thè, essendo monaco  non cena.  La sera vede le serie della BBC sulla civilizzazione occidentale e documentari sulla natura. 

Obbedisce ai voti di povertà e non ha alcun oggetto personale.  In Thailandia, Sri Lanka e Birmania i monaci sono autenticamente impegnati nella pratica della disciplina monastica, e a differenza dei monaci tibetani, hanno conservato l'abitudine di mendicare il loro cibo, come duemila anni fa, all'epoca del Buddha e dei suoi discepoli.  Spesso i tibetani sono conosciuti per la loro allegria, e questo è dovuto forse all'identificazione con un ideale di compassione.

L'assegnazione del premio Nobel per la pace al Dalai Lama nel 1989 ha permesso all'opinione pubblica di scoprire il problema tibetano. Il Dalai Lama  cominciato ad interagire con vari capi di Stato europei che spesso per problemi diplomatici lo hanno ricevuto in forma privata.  Di questo esilio il Dalai Lama ne ha preso l'aspetto positivo che è quello di scoprire il resto del mondo, incontrare altri popoli, di conoscere altre tradizioni. Auspica che il prossimo governo tibetano sia eletto democraticamente. 

Nel terzo capitolo parla del mondo di oggi.    "Constato che i dirigenti del mondo attuale hanno un grande coraggio, il coraggio di compiere il male"  - Il Dalai Lama.

Dobbiamo già affrontare la morte, la vecchiaia, le catastrofi naturali... tante sofferenze che ci lasciano impotenti, Non sono sufficienti?   Dobbiamo anche affrontare le guerre e la stupidaggine umana?

La sola cosa che valga la pena di fare da parte di un essere umano è provare a sviluppare i pensieri positivi, aumentare il loro potere o la loro forza, e ridurre il modo di pensare negativo. Creare delle comunità e ridurre le disuguaglianze e il fossato tra Nord-Sud del mondo dovrebbe essere l'obiettivo principale dell'Occidente. Oggi la nostra generazione, tutti i membri della nostra famiglia umana, vasta e diversificata, devono malgrado tutto apprendere a vivere insieme e dare vita a una comunità universale.  Quello che colpisce il Dalai Lama è il manicheismo degli occidentali che hanno l'abitudine di pensare in maniera dicotomica, in termini di opposizione nero/bianco, per/contro, dimenticando l'interdipendenza e la relatività dei fatti, e l'esistenza di una zona grigia che esiste tra i due punti di vista. Con questo modo di ragionare si creano distinzioni e frontiere a partire dal colore della pelle, dal luogo geografico, o da fatti storici maturando il sentimento di essere diversi. E' così che nascono critiche, conflitti e guerre.  In questi capitoli, accenna al problema della sovrapopolazione, e si dichiara favorevole al controllo delle nascite e fa presente che le vecchie interdizioni religiose non aiutano.  Per dare prosperità e giustizia ai quasi 8 miliardi di persone che popolano il pianeta è evidente che dovremmo evitare che aumentino di numero. Un'altra necessità è quello di educare le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo.  

Ribadisce comunque di difendere tutte le forme di vita, anche quella degli animali. Dal punto di vista buddhista, tutti gli esseri sensibili, gli esseri dotati di sentimento, di esperienze e sensazioni, sono considerati uguali.

Quando l'uomo neglige di coltivare la sua dimendione interiore, diventa l'ingranaggio di una macchina e diventa schiavo delle cose, allora non ha di umano che il nome.   In Occidente, lo sviluppo tecnologico dovrebbe garantire un benessere permanente; ma non è così. Sotto l'apparenza essite del malessere, dell'insoddisfazione mentale e agitazione. Questo mostra che il solo progresso materiale non è la risposta completa all'aspirazione dell'essere umano. In Occidente, si vie in una tensione, in una competizione e una paura incessanti.

I media propongono solo violenza e sesso che portano guadagni e soldi. E' compito dello spettatore contrastare questa tendenza.  Ciascun individuo ha la responsabilità di ridurre la negatività della situazione nella quale si trova confrontato. Se volete cambiare il mondo, provate prima di migliorarvi e trasformarvi.     Siamo in un periodo storico in cui dobbiamo cercare di sostituire i dogmi estremisti con valori spirituali e umani.

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