domenica 11 agosto 2024

Audacia e Compassione - Dilgo Khyentsé

Il testo Audace et Compassion di Dilgo Khyentsé (prima edizione del 1993) riprende gli insegnamenti sulla mente e la bodhicitta del maestro indiano Atisha (982-1054 maestro all’università Vikramashila e adepto della regola monastica) e del maestro tibetano Ngultchou Zangpo (1295-1369).  discepoli di Atisha fondarono la scuola Kadampa e il principale discepolo fu Dromteunpa che trasmise gli insegnamenti a Tchékawa Yéshé Dorjé  che li racchiuse in un poema L’Entrainement de l’esprit en sept point, (un testo radice).        

 

Questi insegnamenti  sono stati trasmessi fino ai nostri giorni da una catena ininterrotta  di maestri e sono utilizzati in tutte le tradizioni buddhiste. Sono utilizzati nella tradizione Gelugpa che insegna il cammino graduale dei tre livelli di comprensione e dei tre aspetti principali della via, nella tradizione Sakyapa detta della via e del frutto che prepara alle tre visioni,  nella tradizione Kagyupa che include anche gli insegnamenti orali di Milarepa (1052-1135)  sul Mahamoudra, nella tradizione Nyingmapa associata alla determinazione di liberarsi dal ciclo delle esistenze.    Il maestro di Milarepa è stato allievo di Marpa (1012-1097) che riportò dall’India numerosi tantra e  impiantò in Tibet gli insegnamenti della tradizione Kagyu. Il discepolo più celebre di Milarepa è stato Gampopa (1079-1153) che fu il fondatore dell’ordine monastico Kagyu e della tradizione Dakpo Kagyu.  Altri personaggi molto importanti per lo sviluppo del buddhismo sono stati: - Nagarjuna che visse nel III secolo e contribuì a diffondere il buddhismo in India.  - Shantideva (690-760) che è stato un celebre maestro indiano, membro dell’università di Nalanda e la sua opera maggiore è La marche vers l’Eveil un testo molto studiato nel mondo buddhista.

(Nota:  Shantarakshita, abate dell’università di Nalanda andò a insegnare il buddhsimo in Tibet intorno al 762, ma fu contrastato da demoni e spiriti locali.  Il re e Shantarakshita invitarono allora Guru Rinpotché che sconfisse le forze negative e permise al buddhismo di diffondersi e brillare in Tibet.)

Il poema L’Entrainement de l’esprit en sept point (l'allenamento della mente in sette punti) in sintesi : Considerate tutto come un sogno, dopo la meditazione considerate tutti i fenomeni come illusioni, utilizzate il respiro come supporto, prendete su di voi la sofferenza, trasformate le avversità nella via del Risveglio, la vacuità è la protezione suprema,  Non giudicate le azioni degli altri, non aspettate un risultato delle vostre azioni, non rispondete agli insulti, non sottolineate le debolezze degli altri, non abbiate dei secondi fini nel compiere le azioni.  Non dipendete dalle condizioni esterne, fate quello che è importante, e siate costanti nella pratica.

Il testo inizia con un omaggio a Tchenrézi (in tibetano) o Avalokiteshvara (in sanscrito), il Bodhisattva della compassione perfettamente preparato al triplo allenamento: disciplina, concentrazione e saggezza.

E’ grazie al maestro Padmasambhava (VIII secolo) che l’insieme del Dharma (sutra e tantra) si è potuto diffondere in Tibet.  Sono tre i cicli di insegnamenti del Buddha (ogni insegnamento corrisponde a un giro di ruota): 1- il cammino che porta alla fine della sofferenza, 2- la vacuità, 3- l’unione della vacuità e della saggezza.

Quelli che vogliono arrivare al Risveglio devono praticare la bodhicitta relativa ( soprattutto i debuttanti ) e assoluta.  Per poter iniziare questo percorso occorre padroneggiare sia la comprensione della vacuità, sia la compassione.

Come preliminare agli insegnamenti bisogna esaminare tre punti: la preziosa vita umana (caratterizzata da 18 aspetti: - 8 libertà, 5 ricchezze estrinseche e 5 intrinseche), l’impermanenza e il tormento del samsara.

La base per ottenere il Risveglio è la fortuna di avere una esistenza umana, ma ascoltare gli insegnamenti non ci libera dal samsara, dobbiamo riuscire a metterli in pratica.  Dobbiamo iniziare a praticare il prima possibile, coltivare le virtù, controllare la mente, dare il meglio di noi per abbandonare il male e coltivare il bene. Le esperienze di benessere o sofferenza sono i risultati di atti positivi o negativi.

Prendete rifugio nei tre gioielli e meditate sul Risveglio, considerate che tutti gli atti che voi fate con il corpo, la mente e la parola sono destinati a tutti gli esseri, vasti come lo spazio.

Bodhicitta assoluta.  Considerate tutte le cose come un sogno, Non c’è che una sola cosa nell’esistenza che sia stabile o che duri: tutto è Impermanente. Senza una comprensione profonda di questo concetto e dell’ineluttabilità della morte è difficile praticare gli insegnamenti sacri.  E’ la mente che crea l’illusione, prendendo per reale quello che non è.  Ma la mente stessa esiste?  Il testo radice riporta la seguente frase: “Analizzate la natura non-nata della coscienza risvegliata”.       Se voi analizzate la mente, vedrete che la mente non ha un inizio, né una fine, non può essere trovata né dentro, né fuori dal corpo, e non esiste come una cosa.  La mente che pensa “io” è totalmente sprovvista di esistenza e di carattere sostanziale.

Quando avremo veramente realizzato la vacuità, come Milarepa (1052-1135), non saremo soggetti al dolore e alla sofferenza.  Non saremo sofferenti per il  caldo, il freddo, o per la puntura di insetti.  Dopo la meditazione i fenomeni saranno considerati come illusioni.

Bodhicitta relativa.  Noi attribuiamo una grande importanza ai nostri pensieri e a quello che consideriamo il mio corpo, la mia mente, ecc.  Il primo passo del cammino verso la bodhicitta è quello di apprendere a ignorare noi stessi.  Noi otterremo il Risveglio quando saremo capaci di preoccuparci degli altri come di se stessi, in questo modo anche se rimaniamo nel samsara, saremo liberi da ogni preoccupazione.  E’ grazie a vostra madre che disponete di una preziosa vita umana, e solo per questo dovremmo sentire verso di lei una infinita riconoscenza e prendersi cura dei genitori anche in tarda età.

I bodhisattva vengono al mondo per portare il bene di tutti gli esseri. L’essere capaci di scambiare il nostro benessere contro la sofferenza degli altri è il cuore della pratica, e questa difficile pratica sarà facilitata dal respiro, quando espirate, tutto il vostro benessere va agli altri, quando inspirate assorbite tutte le sofferenze degli altri.  Solo praticando con disciplina per anni riuscirete a familiarizzare con questo concetto. In Tibet questo scambio si chiama tonglen. Questo aspetto è rafforzato recitando delle preghiere di fronte a Maestri o statue del Buddha.Un altro aspetto importante della pratica è liberarci dai tre veleni: l’attaccamento alle persone e agli oggetti che ci piacciono, la collera verso persone e situazioni antipatiche e l’ignoranza nelle situazioni neutre. 

L’altro passo importante è passare dalla bodhicitta in intenzione alla bodhicitta in azione, utilizzando le situazioni difficili come via verso il Risveglio.  Il vero ostacolo alla liberazione e al Risveglio è l’attaccamento all’ego.  Non dovremmo continuamente essere ripiegati su se stesi  ma mostrarci generosi verso gli altri, cercare di liberarli dalla sofferenza.   Tutte le sofferenze, le malattie, cattivi pensieri sono il risultato dell’attaccamento all’io.     Dovremmo rispettare tutti gli esseri nella stessa maniera, andare all’incontro dell’altro senza fare emergere avversione, invidia, indifferenza.  Dovremmo ripeterci la seguente frase: “I miei problemi e i miei mali dipendono da me, il mio benessere e le mie qualità dipendono dagli altri”.

Se cerchiamo l’origine dei fenomeni, quali sono le cause, e a che cosa somigliano le emozioni vedremo che non c’è niente da trovare, questa assenza è il Corpo assoluto, non nato o dharmakaya. Anche la mente è introvabile, perché è vacuità. La vacuità è la protezione suprema, le apparenze illusorie sono percepite come i quattro Corpi.  Facciamo buon uso delle situazioni avverse e meditiamo sinceramente.

Il miglior metodo per la bodhicitta in azione è quello delle quattro pratiche: l’accumulazione (fare offerte), la purificazione ( essere pentiti di azioni negative, manifestare la determinazione a migliorare, meditare sulla vacuità), le offerte alle forze negative (quando provo dolore, mi esercito alla pazienza) e le offerte ai protettori del Dharma (chiediamo ai Maestri di aiutarci a considerare tutti gli esseri in modo positivo) .

La bodhicitta si sviluppa in colui che possiede le cinque forze: la risoluzione e la determinazione, la familiarizzazione con la meditazione, l’accumulazione dei meriti e grani positivi, il disgusto (applicare un antidoto prima che l’attaccamento all’ego prenda il sopravvento) e l’aspirazione al raggiungimento del Risveglio.   Le cinque forze sono come la sillaba "Houng" che nei suoi cinque costituenti riunisce tutti gli insegnamenti.  Le istruzioni del Mahayana per prepararci alla morte sono le cinque forze. Nel momento della morte, ci si distende sul lato destro, la testa posata sulla mano destra, espiriamo tutto il benessere e lo offriamo a chi soffre, inaliamo tutte le malattie e le emozioni negative degli esseri per prenderle su di noi. Poi ci si fisserà sul carattere illusorio del samsara e del nirvana che sono simili a sogni, scopriamo che tutto è una percezione della mente. La dove niente esiste, non c’è ragione di aver paura.

Il Buddha ha dato gli 84000 insegnamenti , tutti destinati a sottomettere l’attaccamento all’ego.  Si riconosce l’uso corretto del Dharma dalla capacità più o meno grande di disfarsi dell’ego.  L’attaccamento all’ego è tale che se noi possediamo delle piccole qualità le troveremo immense, e non notiamo i nostri difetti. Se dopo un attento esame, potremo congiungere le mani davanti al petto e pensare onestamente che tutte le nostre azioni sono giuste, è il segnale che cominciamo ad acquisire dell’esperienza nell’allenamento della mente.  Se noi vediamo delle persone nella sofferenza mentale o fisica, o in preda alle avversità dovremmo imparare a prendere su di noi i loro mali.  I Bodhisattva si riconoscono dai seguenti segni esteriori: calma e serenità che ne attestano la saggezza,  l’assenza di emozioni negative che mostra il progresso sulla via, la perfezione che scaturisce dalle virtù e dagli atti virtuosi.

I tre principi generali sulla base dei quali bisogna adattare il nostro comportamento sono: il rispetto degli impegni legati all’allenamento della mente, l’assenza di ostentazione, e l’imparzialità. Facciamo in modo che le nostre parole e i nostri atti siano conformi all’insegnamento e l’amore e la compassione siano universali e identici per tutti gli esseri.  L’allenamento della mente deve essere fatto con discrezione senza ostentamento, non bisogna parlare dei difetti degli altri, non avere opinioni sull’atteggiamento delle persone, si deve lavorare soprattutto sulle emozioni principali senza sperare in un risultato, non si deve rispondere agli insulti e non si devono sottolineare le debolezze altrui.  Durante tutta la giornata si deve tenere a mente il concetto di bodhicitta, e cercare di individuare se c’è qualche segnale di miglioramento in noi.  Il corpo, la mente e la parola devono essere consacrati a delle attività positive e la meditazione deve essere dedicata all’amore e alla compassione.  Il Dharma ha due aspetti: l’insegnamento e la pratica, spesso molte persone ascoltano gli insegnamenti, ma poche sono quelle che passano agli atti.   Il Dharma  è sintetizzato in queste poche righe:  "Tchenrézi personifica tutti  i yidam (storie);  un mantra, Mani è la quintessenza di tutti i mantra;  un insegnamento, la bodhicitta ingloba tutte le pratiche di sviluppo e di perfezione; conoscendo quello per cui tutto è liberato; recitate il mantra in sei sillabe". La pratica assidua delle istruzioni del nostro maestro renderà la nostra comprensione sempre più profonda.

Questo libro è un allenamento alla Bodhicitta ed è il condensato degli 84.000 insegnamenti del Buddha. Forse non saremo capaci di esercitare perfettamente la bodhicitta, ma la pratica contribuirà alla nostra felicità in questa vita.  Tra gli  insegnamenti vasti e profondi troviamo il Mahamudra e il Dzoktchen.

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