sabato 2 agosto 2025

Karma, Dharma, Viveka e Vairagya

Nelle filosofie dello Yoga e del Vedanta esistono concetti cardine, veri e propri perni attorno ai quali ruotano entrambi i sistemi. Uno di questi è il Samsara, il ciclo delle nascite e delle morti, spesso raffigurato come una ruota. A questa ruota è incatenato il Jiva, l’individuo composto da Atman – la parte divina – e dalle Upadhi, gli attributi limitanti (corpo, prana e mente), con cui il Jiva si identifica erroneamente, dimenticando la sua vera essenza divina.  Nel mondo di Prakriti, la Natura, ogni cosa – che sia una cellula, una pianta, un animale, un essere umano o l’intero universo – nasce, si sviluppa, decade e muore. In questo andamento ciclico, la morte non è un evento definitivo, ma semplicemente un passaggio, un cambiamento di forma.

Secondo la teoria del Samsara, alla morte, il corpo fisico – composto dai cinque elementi (pancha bhuta: terra, acqua, fuoco, aria, etere) – torna agli elementi originari. Il corpo astrale, invece, formato da mente e prana, conserva tutte le esperienze accumulate nelle varie vite, contribuendo alla formazione del carattere nella successiva incarnazione. Dopo un periodo di attesa, il corpo astrale si reincarna in una forma adatta alle sue esigenze karmiche, per continuare il cammino verso il Brahman, l’anima cosmica da cui tutti proveniamo e a cui tutti apparteniamo.

Le leggi spirituali: Karma, Dharma, Viveka, Vairagya.  La velocità e il modo in cui il Jiva si avvicina alla Moksha, la liberazione dal ciclo delle rinascite, dipendono da quattro principi fondamentali: 

  •     la legge del Karma (azione),
  •     il rispetto del Dharma (dovere),
  •     il Viveka (discernimento tra reale e irreale),
  •     e il Vairagya (distacco).

Questi non sono semplici concetti, ma leggi immutabili della realtà in cui viviamo. Come è impossibile scrivere correttamente senza conoscere le regole grammaticali, o costruire senza comprendere le leggi della fisica, allo stesso modo non è possibile raggiungere l’emancipazione spirituale senza conoscere e rispettare le leggi della vita interiore.

Swami Sivananda paragona il Jiva a un comandante di nave: solo chi conosce le regole della navigazione e possiede una bussola affidabile può condurre la propria nave in porto, tra tempeste e bonacce, senza perdersi.

La parola Karma deriva dalla radice sanscrita kri, “fare, agire”, e significa appunto “azione”. Secondo questa legge, a ogni azione corrisponde una reazione. A livello fisico ciò è evidente (premiamo l’interruttore e si accende la luce), ma sul piano esistenziale, soprattutto se considerato su molteplici vite, la dinamica diventa più sottile e complessa.

È essenziale comprendere che per “azione” non si intende solo ciò che facciamo, ma anche ciò che pensiamo e diciamo. I pensieri sono la radice delle parole e delle azioni. Le intenzioni contano persino più dei gesti stessi: un chirurgo e un assassino possono compiere lo stesso atto fisico (tagliare), ma lo scopo è opposto.  

  •     “Siamo ciò che pensiamo”:        
  •     un pensiero ripetuto (vritti) diventa abitudine (samskara),
  •     le abitudini formano i tratti caratteriali (vasana),
  •     e il carattere crea il destino (Karma).

Nella Bhagavad Gita, Krishna afferma:     “Colui che, trattenendo gli organi di azione, siede pensando agli oggetti dei sensi, egli, la cui comprensione è velata dall’illusione, è ciò che chiamiamo un ipocrita.” (B.G. III, 6).    Non basta rinunciare esteriormente ai sensi: la rinuncia autentica avviene solo quando si è sradicato anche il desiderio. La spiritualità autentica richiede coerenza tra pensiero, parola e azione. L’ipocrisia nasce quando si fa una cosa ma se ne pensa un’altra. Anche Gesù criticava i “sepolcri imbiancati”, coloro che apparivano puri ma agivano nel segreto con egoismo.

La legge di causalità.  Secondo la dottrina del Karma, ogni evento – una nascita, una guerra, un’illuminazione – ha una causa profonda. Nulla è casuale. A ogni causa corrisponde un effetto e viceversa: il seme genera l’albero e l’albero produce un nuovo seme. Le nostre esperienze attuali sono il frutto di azioni compiute in vite precedenti.

Il Karma è giusto e inesorabile: chi compie il male e crede di averne evitato le conseguenze eludendo la giustizia umana si illude. Ogni azione ha una reazione equivalente. Il Karma è un meccanismo di compensazione che mantiene l’equilibrio del cosmo. È la nostra ignoranza che ci impedisce di vedere le connessioni e riconoscere il disegno più grande.       “La ricompensa di una vita ben vissuta è la stessa vita ben vissuta.”      Una vita condotta con sincerità, etica e pace interiore porta serenità, indipendentemente dalle sfide.

Lo Yoga distingue tre tipi di Karma:

  •     Sancita Karma: l’insieme di tutti i Karma accumulati nelle vite passate.
  •     Prarabdha Karma: la parte di Karma che in questa vita si manifesta e deve essere vissuta.
  •     Agami Karma: il Karma che creiamo nel presente e che darà frutti nelle vite future.

Una metafora li chiarisce bene:     la faretra piena è il Sancita,     la freccia già scoccata è il Prarabdha,     quella che stai per lanciare è l’Agami.

Il Prarabdha non può essere evitato, nemmeno dagli Yogi più avanzati. Tuttavia, attraverso la Brahma Jnana, la realizzazione del Sé, si possono bruciare sia il Sancita che l’Agami. Solo il Prarabdha rimane da vivere.

Karma e reincarnazione.  Krishna, nella Bhagavad Gita, risponde alla domanda di Arjuna su cosa accade a chi intraprende il cammino dello Yoga senza raggiungere la liberazione:    “Non sarà mai perduto, in questo mondo o nella prossima vita. Chi si impegna in attività benefiche non farà mai una brutta fine... rinasce nella casa di saggi yogi... recupera le realizzazioni della vita precedente e riprende il cammino.” (B.G. VI, 41-44)

Il Karma non è fatalismo. È il punto d’incontro tra libero arbitrio e responsabilità. Nasciamo in una certa famiglia, cultura e corpo non per caso, ma come conseguenza delle azioni passate. E siamo liberi, oggi, di agire per creare un nuovo destino.

Karma collettivo e il gioco della vita. Il Karma non è solo individuale. Esistono Karma familiari, sociali, nazionali, planetari e cosmici. Ogni interazione tra individui avviene perché i rispettivi Karma lo richiedono. Spesso anime condividono molte vite insieme, con ruoli e generi diversi.  Krishna afferma:     "Io e te abbiamo conosciuto molte vite. Io le ricordo tutte, ma tu no." (B.G. IV, 5)

E questo è un bene. Ricordare tutte le vite precedenti creerebbe grande turbamento. La vita è un’enorme recita, un gioco divino: il Lila. In questa rappresentazione, gli individui cambiano ruoli con un unico fine: l’evoluzione spirituale. Comprendere il Karma e il Lila ci permette di vivere con più leggerezza e saggezza, sapendo che ciò che sembra tragico è parte di un disegno più grande. La vita è un sogno divino, e noi ne siamo allo stesso tempo sognatori, sogno e personaggi del sogno. 

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