In una scuola primaria di Mestre, in un quartiere multietnico, in tre classi prime, di circa 20 bambini ciascuna, la stragrande maggioranza degli alunni è straniera. Un contesto multiculturale arricchito da numerose iniziative e servizi messi a disposizione dal Comune di Venezia.
Ma questa volta i numeri stanno facendo discutere: su 61 «primini» solo 11 sono cittadini italiani. Di questi solo due hanno i genitori italiani da più generazioni. Una situazione accentuata nelle proporzioni, ma non così rara.
Basti prendere in considerazione due dati: negli ultimi 25 anni il numero di residenti stranieri è passato da 1,3 milioni a 5,4 milioni (con un’incidenza sul totale dal 2,2% al 9,2%). Nello stesso periodo l’indice di fecondità in Italia è sceso dal già basso 1,25 per donna a 1,14, un livello gravemente insufficiente per il ricambio generazionale. Solo nell’ultimo decennio le nascite sono diminuite del 26%. Inevitabili gli effetti sul sistema di istruzione. Fenomeni – quello del calo complessivo di alunni e della maggiore incidenza percentuale di alunni stranieri – che la scuola italiana sta gestendo da anni, senza fare troppo rumore.
Diverse famiglie italiane residenti nel quartiere hanno optano per la scuola privata della stessa zona. Tuttavia, occorre precisare che la quota del 30% di alunni stranieri per classe riguarda esclusivamente i NAI (neoarrivati in Italia).
Il fenomeno della crescente presenza di alunni stranieri nelle nostre scuole non va letto come un problema, ma come un’opportunità di crescita e trasformazione. “L’immigrazione, se accompagnata da politiche educative solide, è una risorsa per l’intero sistema scolastico e per la società. Il diritto all’istruzione di ogni bambino è sacro, e va garantito con la massima attenzione, indipendentemente dalla provenienza culturale o linguistica”.
Negli ultimi due anni gli allievi in Veneto sono diminuiti di 18.000 unità. Le proiezioni per le scuole dell’infanzia ci dicono che questo trend è destinato a rafforzarsi”.
Che fare? “È necessario adattare i modelli educativi: introdurre metodologie didattiche più inclusive, strumenti attivi come il gioco, il teatro, la musica, che facilitino l’apprendimento della lingua italiana e il dialogo interculturale”. Infatti “in alcune classi, i bambini tendono a parlarsi tra loro in lingue diverse dall’italiano, e questo può creare una barriera.
È proprio per questo che la scuola deve diventare il luogo in cui la lingua italiana unisce, non divide. L’intervento della scuola non è solo linguistico, ma anche sociale e culturale: formare cittadini significa creare spazi di incontro, non di separazione”.
Vedi: https://www.lenius.it/studenti-stranieri-in-italia/
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