venerdì 1 novembre 2024

L'essentiel c'est Dieu - Georges Vandamme (1)

L'essentiel c'est Dieu - Nouveaux rapports de la Science et de la philosophie à l'aube du 21e siècle jusqu'au seuil de la foi chrétienne è un testo scritto da Georges Vandamme e pubblicato nel 2011.            

Georges Vandamme, originario del nord della Francia, è stato per 35 anni direttore d'azienda. Affascinato dal rapporto tra scienza, metafisica e fede, ha sviluppato una conoscenza approfondita del pensiero degli scienziati contemporanei. Qui condivide con noi i risultati delle sue riflessioni e convinzioni.     

Questo libro si rivolge a tutti gli "uomini e donne di buona volontà" alla ricerca della verità. La prima parte racconta le riflessioni degli scienziati (fisici e biologi) sulla loro disciplina nel corso del XX secolo, con le loro particolarità. Jacques Monod, ad esempio, basa il suo pensiero sul caso come "libertà assoluta ma cecità", François Jacob sul "gioco delle possibilità", Alfred Kastler sulla "finalità oggettiva" e Trinh Xuan Thuan sulle "leggi dell'universo con possibilità evolutive".
Quanto a Georges Charpack, in Soyez savants, soyez prophètes, afferma: "Ciò che rimane la chiave del problema che la scienza pone alla filosofia si trova nelle leggi dell'universo e nell'interpretazione del loro carattere. Non abbiamo trovato nulla che risponda veramente ai nostri desideri". Ma la domanda rimane, non come una sfida ai filosofi, ma come una richiesta alla riflessione. 

È questa la sfida a cui questo libro cerca di rispondere, mettendo in discussione alcuni concetti filosofici per arrivare a una neo-metafisica richiesta dagli scienziati. Attraverso uno studio sintetico del passaggio dal politeismo al monoteismo fino alle soglie della Rivelazione cristiana, l'autore sviluppa l'originale concetto neo-metafisico di "Essere ed Esserci" applicato all'Universo. Tale concetto costituisce una svolta decisiva nella ricerca della Verità su Dio, rivelando una correlazione senza precedenti con il prologo del Vangelo di San Giovanni.  Per i teisti, i monoteisti, quelli che ammettono l'esistenza di un solo Dio che sia ebreo, cristiano o mussulmano, questo Dio è il creatore dell'universo. E questo è il postulato fondamentale di tutte le fedi religiose.

Tra la scienza e il Dio creatore dell'universo ci sono necessaraimente delle relazioni. La scienza è neutra, e non potrà mai provare che Dio esiste, e si passerà immancabilmente da una conoscenza scientifica a una apprezzazione metafisica o a un giudizio filosofico.  Nello stesso tempo la scienza non potrà mai provare che Dio NON esiste.  Il problema  dell'esistenza di Dio è di ordine metafisico, quello dell'approccio alla conoscenza di Dio è di ordine teologico.

L'osservazione dell'universo e in particolare del mondo vivente ci lascia meravigliati davanti all'intelligenza che scaturisce dalla varietà, dalla diversità, dalla ricchezza della natura che ci circonda. Come lo diceva Hubert Reeves, il mondo "ruisselle" di intelligenza. Delle nuove nozioni e teorie sono apparse agli inizi del '900 e hanno messo in discussione tutto l'impianto scientifico.

Nel 1900 Marx Planck pubblica la teoria dei Quanta che suppone che l'energia deve avere una struttura discontinua (i quanta di luce).

Nel 1923-1927 prende luce la meccanica ondulatoria  con i lavori di Louis De Broglie e le relazioni di indeterminazione in microfisica con Werner Heisenberg con i l suo libro La partie et le Tout.   Quello che opponeva Bohr e Einstein erano due concezioni dei principi della fisica. Bohr difendeva la nuova concezione della teoria quantica  a carattere essenzialmente statistico, mentre Einstein non poteva ammettere che non era possibile conoscere tutti i parametri necessari a una determinazione del processo. Da qui la famosa frase "Dio non gioca a dadi". Einstein fu l'ultimo difensore del principio di causalità integrale dove i fenomeni fisici si manifestano  nello spazio e nel tempo, indipendentemente da noi, secondo delle leggi fisse.  Ammetteva la teoria quantica come una spiegazine provvisoria, ma non come interpretazione definitiva dei fenomeni atomici. E difendeva l'idea di una teoria determinista con "variabili nascoste".  

Solo nel 1982, con la costruzione di un laser molto potente, Alain Aspect (premio Nobel per la fisica nel 2022) presso l'istituto ottico di Orsay attraverso una serie di esperimenti, ripetuti, ha escluso la possibilità di costruire una teria deterministica a Variabili nascoste, mettendo in discussione i testi di John Bell, Rosne e Podosky che difendevano il paradosso di Einstein (comunque una teoria non locale resta possibile, ma violerebbe la relatività ristretta).

Nel periodo della guerra fredda (1950-1970), con l'uso del nucleare, si cerca sempre più di penetrare nel mondo infinitesimale dell'atomo.

Nel 1970 Jacques Monod, premio Nobel per la medicina nel suo libro Le hasard et la nècessite poneva un problema filosofico,  tutta la sua dimostrazione filosofica si basa sul principio di oggettività della natura. La tesi che porta avanti è che la biosfera non contiene una classe prevedibile di oggetti e fenomeni, ma costituisce un evento particolare non prevedibile.  Afferma: " Il caso puro è il solo caso: la libertà assoluta è alla radice del prodigioso edificio dell'evoluzione. Questa nozione centrale della biologia moderna, non è più oggi un'ipotesi tra le altre possibili. E' la sola concepibile.  E' il primato dato al caso sulla teleonomia". 

Francois Jacob (premio Nobel) con Jacques Monod e Etienne Wolf pubblicano La logica del vivente per confermare questa tesi. E introducevano il processo straordinario con cui il DNA si organizza nel cuore della cellula. Il DNA funziona come un piccolo computer e 10 milioni di segni sono contenuti in un millimetro (il cromosoma), all'interno della cellula.  Alcuni teologi ritengono la scienza sospetta nel giustificare questo materialismo ideologico.

Nel 1976 Alfred Kastler (Premio Nobel per la fisica) nel suo libro Cette etrange matiere rivela gli enigmi metafisici che si poneva la scienza della materia.  Sosteneva la natura ondulatoria della materia, e queste relazioni sono universali sia che si applicano ai fotoni (corpuscoli della luce)  o alle particelle della materia ( atomi, molecole, ecc). Sosteneva l'impssibilità di determinare una traiettoria di questi corpuscoli micro fisici, e da qui arrivare alla rinuncia del determinismo nella micro-fisica. Impossibilità dell'osservatore di conoscere come si svilupperà la realtà oggettiva.  

Nel 1979 Bernard d'Espanat pubblica A la recherche du réel e mette in rilievo la meccanica quantica per spiegare i fenomeni fisici.  E' più importanti della relatività delle variabili nascoste, che non è mai stata dimostrata.   I fisici rimettono in causa i principi tradizionali della metafisica.   In un altro libro Un atomo di saggezza parla della microfisica  e dichiara che l'assiomatica quantica non è compatibile con tutte le visioni dell'universo.  "Questa visione indeterministica non implica il caos, ma l'armonia dentro delle regole (le leggi della natura)   e non a livelllo delle apparenze che sono le cose del reale visibile, con la realtà globale che implica l'esistenza di un reale nascosto". Riconosce che l'ipotesi è ancora più ardita in seno all'Essere non conoscibile in senso stretto che genera ai nostri occhi tali apparenze.

Nel 1981 l'astrofisico Huber Reeves, nel testo Patience dans l'azur pone la questione essenziale della metafisica: "Perchè c'è qualcosa piuttosto che niente?"  E ci fa prendere coscienza dei tre enigmi dell'universo: una omnipresenza della materia o la sua influenza. Gli oggetti obbediscono alle stesse leggi della fisica, senza che in passato ci sia stata una comunicazione tra di loro: La meccanica quantica indica che due particelle restano in contatto permanente, indipendentemente dalla distanza. Per i suoi colleghi queste domande rientrano nel campo della metafisica.  Per Reeves l'universo è pieno di intelligenze e cerca di capire come sono in relazione con l'evoluzione cosmica.   Francois Jacob introduceva il concetto "del gioco delle possibilità" per spiegare l'evoluzione, e ciò non impediva la presenza di spazi di indeterminismo che permette a tutte le specie di evolvere e all'uomo di accedere all'intelligenza riflessiva.

Nel 1984 esce il libro Pour lire la creation dans l'évolution. Gli autori ( Christian Montenat, Luc Plateaux, Pascal Roux) mettono in evidenza il continuum dell'emergenza dell'autonomia presso gli essere viventi e la comparsa della coscienza nell'essere umano. La scienza della natura ci porta a mettere l'uomo in una traiettoria temporanea.  Si parte da esseri unicellulari fino ad arrivare all'ultimo anello della catena che è l'uomo. La conoscenza del cervello potrà un giorno spiegare come è nata la coscienza  e la capacità di pensare in modo astratto?

Nel 1988 appaiono due interessanti opere sulla cosmologia e sul come decriptare l'origine dell'universo:  Una breve storia del tempo di Stephen Hawking e Melodie segrete di Trinh Xuan Thuan.    Hawking cerca di riprendere la nozione di funzione di onda e cerca di applicarla all'universo. L'evoluzione dell'universo dipende dalle leggi fisiche chiamate le costanti fondamentali della natura ma anche dalle condizioni iniziali. E quella del Big Bang è quella meglio accettata oggi.  I fisici pensano che l'universo è regolato con una estrema precisione e che tutto si gioca sull'equilibrio, Equilibrio nella densità della materia e dell'universo,  i componenti obbediscono al principio di Pauli, il principio di esclusione (uno stato quantico dato non può contenere che un solo fermione (le 12 particelle di materia); Se questo principio non fosse rispettato la materia dell'universo scomparirebbe in una fornace di energia. L'uomo non ha risposta di fronte al silenzio degli spazi infiniti.  L'uomo è perso nell'immensità dell'universo da cui è emerso per caso. 

Alcuni dicono che il caso non ha mai costruito niente e cominciano a pensare che non è un caso se la coscienza e l'intelligenza sono emerse in un essere vivente. La vita sulla terra è dovuta ad una perfezione incredibile, e l'uomo non cessa di imitare la natura. E si potrebbe concludere che l'uomo è meno intelligente che la natura.  Ogni essere umano è unico rispetto ai miliardi di esseri umani che popolano e che hanno popolato questo pianeta. Dalla riunione del materiale genetico si forma un nucleo contenente i 46 cromosomi che costituiscono la specie umana.  ( se si è credenti si potrebbe pensare che è il Dio che ci ha dato la vita a renderci unici).  Per gli scienziati questa meraviglia della creazione ha la sua origine nella scelta delle costanti fisiche e nelle condizioni iniziali, e dalle leggi dell'universo (la distanza del sole dalla terra, l'attrazione magnetica che permette agli oceani di mantenersi, e così via...).  La cosa sorprendente è che l'uomo è capace di osservare questo universo, per constatare che obbedisce a delle leggi, le cui caratterisitiche sono state perfettamente descritte (molte sono state scoperte e altre sono da scoprire).   

Pag. 27.   Come si pone il problema metafisico agli scienziati?   Alfred Kastel scrive: "ho difficoltà a comprendere alcuni scienziati che deificano un principio (il caso) e rigettano l'altro (il finalismo) all'inferno. Entrambi sono concetti metafisici, delle costruzioni della mente umana. La legge casuale si libera poco a poco dell'osservazione dei fatti; in microfisica il fisico constata che partendo dalle stesse condizioni inziali non ottiene gli stessi effetti e che alla legge causale deve sostituire la legge delle probabilità. ... Perchè rifiutare di parlare di finalità. Non è irrazionale riconoscere l'esistenza di un progetto o di un programma nei fatti del mondo fisico.  Tutta la struttura dell'universo si basa sul principio di Wolfang Pauli: uno stato quantico dato può contenere un solo fermione. Se questo principio non è rispettato la materia fonderebbe in una fornace di energia. E' il principio di  integrazione della materia. Ma è un principio di casualità o di finalità?

Gli scienziati possono affrontare il principio di finalità solo sotto il suo aspetto fisico o biologico che chiameremo un "finalismo oggettivo". Ma si può concepirne un altro che possiamo definire "finalismo spirituale". L'universo sarebbe stato creato per far si che emerga al suo interno un essere vivente capace di una coscienza e di una intelligenza riflessiva. Si tratterebbe di un finalismo di origine divina. Per gli scienziati positivisti parlare di un progetto è inserire l'idea di un creatore supremo: Dio.

L'uomo di scienza può pensare la sua disciplina nell'insieme della cultura moderna per arricchirla di idee venute dalla scienza, ma allora fa della filosofia o una neo-metafisica.  Anche l'uomo di scienza può porsi delle domande come "Perchè l'universo esiste, Che facciamo in questo universo, ecc".  Quando si privilegia il caso sulla telenomia (il potere dello spirito di dare a sé stesso la propria legge), si fa della filosofia. 

Trinh Xuan Thuan rimette in discussione gli argomenti filosofici riguardanti l'esistenza di Dio, con una nuova visione dell'universo.  Il flusso quantico fa andare in pezzi l'argomento della Causa prima. Nel mondo microscopico delle particelle elementari, le relazioni causali e il determinismo sono fuori luogo. Soprattutto la causa primaria perde il supporto delle sue cause secondarie. Il principio di casualità è stato determinante fino a qualche decennio fa, è stato uno dei principi fondamentali della ragione dopo Aristotele e annuncia. "Tutto si rifà a una causa e le stesse cause nelle stesse condizioni producono gli stessi effetti".

Gli scienziati affermano che questo principio fondamentale perde il suo carattere assoluto e deve essere sosstituito dalle quattro leggi fondamentali attualmente conosciute: gravità ( o relatività generale), elettromagnetismo, forza debole e forza forte (nel campo quantico). Ma forse c'è di più. (vedi:  https://www.geopop.it/quali-sono-le-quattro-forze-fondamentali-della-natura-e-cose-la-possibile-quinta-forza/ ).   Queste leggi non provengono dall'universo in quanto alla sua origine non è che una materia inerte, incapace di pensare e di creare delle leggi che provengono da un'intelligenza, che le ha fondate. Se noi comprendiamo queste leggi è dovuto al fatto che la nostra intelligenza uscita da questo universo è in intima connessione con quella che agisce nel cosmo.    Come diceva Einstein "Quello che è incomprensibile, è che l'universo sia comprensibile dall'intelligenza umana".

Reeves asserisce: La meccanica quantica implica che due particelle restino in contatto permanente indipendentemente dalla loro distanza, anche se non sono più collegate causalmente.  Tra questa asserzione e la teoria della relatività che esclude ogni forma di comunicazione a una distanza superiore a quella della luce c'è una contraddizione insolubile. Einstein per salvare la sua teoria concluse che ci dovevano essere delle variabili nascoste. Kastler dice: questa contraddizione tra il determinismo apparente in macrofisica e l'indeterminismo reale nella microfisica giustifica che siamo di fronte a una Materia Strana. Gli scienziati sono giunti ad asserire che esistevano due livelli di realtà: il reale visibile (macrofisica) che obbediva al principio di causalità (cause secondarie) e la microfisica che seguiva altre leggi. 

Nel 1992 Claude Allegre, professore di geofisica, nel suo libro Introduzione a una storia naturale, asserisce che Dio è il fondatore creatore delle leggi dell'universo, creatore dell'istante Zero e che interviene per far si che gli avvenimenti decisivi si svolgano nel buon momento.  Un Dio  che migliora la sua opera nello spazio tempo (Francois Jacob). 

Un'altra concezione è quella di Claude Allegre, Trinh Xuan Thuan, Alexandre Favre, Alfred Kastler che arrivano al concetto di Caos apparente che maschera l'esistenza di un ordine capace di adattarsi all'entropia dell'ambiente e per conseguenza alle leggi dell'universo.    Queste due concezioni sono in realtà complementari.    Oggi nella biologia molecolare si è scoperto un meccanismo estremamente complesso che obbedisce a un programma, che Jacques Monod chiama la Teleonomia.  Fino a quando, in laboratorio, non si arriverà a realizzare la sintesi del DNA che si ricostituirà da solo, senza intervento esterno, non avremo compreso niente dell'origine della vita. Questa ricerca continua per arrivare a ottenere una cellula elementare capace di riprodursi. 

Nel 1998 Trinh Xuan Thuan pubblica Il Caos e l'Armonia e in questo testo parla delle leggi della natura che sono universali, assolute, intemporali, omniscenti.  Le leggi della natura regolano tutta la fisica, ma nello stesso tempo integrano in esse un indeterminismo che si manifesta nel gioco delle possibilità. Queste leggi trovano la loro esistenza solo collegandosi a un'Intelligenza superiore che le ha create per far si che l'universo esista e si evolva. 

L'opposizione tra un Dio eterno fuori dal tempo e dello spazio e un Dio legato alle contingenze delle situazioni non è più incompatibile. Trinh Xuan Thuan asserisce: "Dio, l'Essere Divino e creatore delle leggi intemporali e necessarie è responsabile dell'ordine del mondo, non per azione diretta, ma offendo le potenzialità che l'universo è capace di attualizzare o meno". 

Se l'universo è accessibile alla nostra intelligenza è perchè: "L'intelligenza dell'uomo è fatta per scoprire l'Intelligenza Divina Creatrice dell'universo visibile e invisibile". 

Durante il XX secolo la scienza è passata da un positivismo a un realismo lucido che apre una via feconda alla riflessione metafisica e filosofica. 

Pag. 43. Che cosa è la verità?  Oggi la metafisica o meglio la Neo-metafisica si mette alla ricerca della verità.  Tommaso D'Aquino nel Medioevo aveva definito così la verità: "La verità è l'adeguazione tra l'intelligenza e la realtà".  L'intelligenza è la capacità di analizzare delle situazioni accompagnata da una capacità di sintesi permettendo di accedere a dei risultati reali e nuovi.

Credere che una verità umana è assoluta conduce all'intolleranza. La verità umana non può essere che parziale e temporanea.

Claude Allegre scrive nell'Introduzione alla storia umana: Finito il tempo del determinismo, quello delle certezze e del definitivo, la scienza accetta di considerare le sue teorie come una visione del mondo che occorrerà modificare e fare evolvere. Gli scienziati inventano, scoprono, lavorano con passione ogni giorno, si avvicinano all'obiettivo. Devono pertanto sapere che la Verità è un ideale asintotico che nel linguaggio scientifico, è ciò che tende ad avvicinarsi sempre più a qualcosa senza mai raggiungerla o coincidere con essa.  Qualcosa che non si raggiungerà mai. 

Allora dove si trova la verità suprema? Si può trovare solo in Dio. Lui solo ha ha l'intelligenza infinita dell'universo e la conoscenza del reale che lo costituisce. La verità umana è tributaria della realtà. La verità divina è costitutiva della realtà.   Molte opere contemporanee si chiedono: "Dio esiste? Il mondo si è creato da solo?"  Senza contare il dibattito sul principio antropico e l'auto-organizzazione che postulano l'idea di Dio o quella del non-Dio.  Per alcuni Dio non esiste, è l'uomo che l'ha inventato e dunque Dio è il risultato della fabbricazione della mente dell'uomo.  

Comunque la specie umana possiede una forma d'intelligenza particolare, l'uomo ha la facoltà del pensiero astratto, quello che lo differenzia da tutti gli esseri viventi.  Dovrebbe esserci un nuovo modo di pensare la filosofia (nel ramo metafisico) che potremmo chiamare neo-metafisica che sia in accordo con quello che ci apporta la scienza attuale.  

Vedi articolo: Pensée philosophique et pensée scientifique. Indifférence réciproque, cohabitation pluridisciplinire ou engagement interdisciplinaire?  https://www.implications-philosophiques.org/wordpress/wp-content/uploads/2013/11/CITOT-Pens%C3%A9e-philq-et-pens%C3%A9e-sciq.pdf

Sull'altruismo - Federico Dainin Jôkô Sensei

Rileggendo un libro del maestro zen Federico Dainin Jôkô Sensei, ho trovato queste magnifiche frasi sul volontariato e l'altruismo che volevo condividere ...                 

Spesso ci piace avere l'onore di dire a noi stessi che abbiamo fatto qualcosa di grande per l'umanità. Ma in realtà, non c'è niente di più grande che seminare i semi della buona volontà ogni giorno, ovunque ci troviamo.


L'importante è pacificare la propria vita. Poi pacificare chi ci circonda. È come lo zazen: si inizia riconciliandosi con se stessi, amandosi.

Ho lavorato a lungo in associazioni umanitarie e vedo squadre meravigliose di volontari che fanno sempre qualcosa per compensare la propria mancanza. Un consiglio: iniziate a rivolgervi agli altri il giorno in cui sarete in grado di stare in piedi da soli e di essere liberi.

Perché per raggiungere gli altri bisogna imparare a non aspettarsi nulla in cambio. È il dono di voi stessi. Questo dono di sé è possibile se non si ha più bisogno di nulla. È allora che si diventa un dono per gli altri.

Credo che l'atteggiamento giusto sia quello di essere profondamente a posto con se stessi, pieni, realizzati, unificati, prima di rivolgersi agli altri.    Un altro consiglio: evitate di fare il bene solo perché lo ritenete tale. Fare il bene non deve essere uno sforzo, deve scaturire da noi, e perché possa scaturire da noi, questo “noi” deve essere pacificato. A quel punto smettiamo di chiederci se “mi piacerebbe fare del bene”.

La cosa triste è che viviamo in una società che comunica molto, ma non si ascolta. L'ascolto è un dono enorme! L'ascolto è miracoloso. Se sei un buon ascoltatore, dove sei, hai già realizzato il desiderio del boddhisattva: salvare le persone dalla sofferenza.

Diventate il mondo che volete sia un posto migliore.
Ispirate gli altri con la vostra vita liberata e pacificata.
È un buon inizio.

La sofferenza nel mondo - Thich Nhat Hanh

Qualcuno mi ha chiesto: "Non sei preoccupato per lo stato del mondo? ”    

Mi sono permesso di respirare e poi ho detto: “La cosa più importante è non permettere che la tua ansia per ciò che accade nel mondo ti riempia il cuore. Se il tuo cuore è pieno di ansia, ti ammalerai e non potrai aiutare. ”

Sì, c'è una sofferenza tremenda in tutto il mondo, ma sapere questo non deve paralizzarci. Se pratichiamo la respirazione consapevole, la camminata consapevole, la seduta consapevole e il lavoro nella consapevolezza, possiamo fare del nostro meglio per aiutare.

Thich Nhat Hanh 


Boir la lune et chevaucher les nuages - Federico Dainin Joko Sensei (2)

Federico Dainin Joko Sensei ha ricevuto lo shiho, la certificazione da cuore a cuore dal suo maestro Pierre Taigu Sensei ed è diventato maestro zen e il 93esimo patriarca della tradizione Soto.     

Devi amare senza limiti il solo essere con il quale dovrai vivere tutta la vita: te stesso. Ed è come bere la luna o come cavalcare le nuvole.

 La prima cosa che si fa quando si sta in meditazione (zazen) è sedersi, tranquillizzarsi e vedere chiaramente la propria vita. La prima cosa che constatiamo, è che siamo insoddisfatti, saltiamo da esperienza a esperienza, senza fermarsi. La prima causa di questa insoddisfazione è di non sapere chi siamo veramente, E se non sai chi sei veramente, non puoi amarti.   Se non ti ami profondamente, avrai sempre bisogno dell'amore degli altri per soddisfare la tua esistenza. Dobbaimo imparare ad amarci e così la nostra vita non dipenderà dagli altri. Certo l'amore degli altri è una immensa ricchezza, ma se un domani questo amore verrà a mancare, la nostra vita non ne risulterà devastata.  La distinzione tra Amore e amore è che l'Amore è libero e l'amore è interessato.  Il modo in cui riusciamo ad amarci condiziona il modo in cui amiamo gli altri. Se noi ci amiamo solo al verificarsi di determinate condizioni, allora anche l'amore verso gli altri sarà sottoposto a determinate condizioni da soddisfare. Se l'amore verso noi stessi è stabile, gratuito, profondo, e liberato, sarà lo stesso verso gli esseri che noi amiamo.  L'amore per se stessi non è un atto egoista.  Amarsi e proteggersi non significa tagliarsi dal mondo, ma al contrario ancorarsi per essere forti nel mondo.  Significa anche essere liberi, indipendenti e autentici  e riuscire a non trasferire le nostre sofferenze sugli altri.
I darani sono delle formule esoteriche d'invocazione, che spesso risalgono al tantrismo cinese. Noi abbiamo paura, le nostre vite sono debordanti di paure. Anche quando ci crediamo forti, abbiamo paura. Non dimenticare che morirai, Non dimenticare che sei in vita.
 
Uno degli elementi base dell'insegnamento buddhista è la vacuità, che è completamente diversa dal concetto di vuoto, dal nulla. La vacuità è lasciarsi andare, comprendere che quello che può essere bello per me può essere brutto per te. Quello che costituisce la tua felicità oggi, può diventare il tuo peggiore incubo. Questa sofferenza può trasformarsi in un momento di grazia. Quello che hai amato per venti anni può diventare il tuo peggiore nemico. Il tuo nemico può diventare il tuo miglior amico.  Questo significa che la vacuità non è il vuoto. 
La vacuità è il cambiamento permanente di tutte le cose. La vacuità è la promessa che tutto può succedere, che ad ogni istante tutto è nuovo. E' capire che noi possiamo mettere delle etichette quanto vogliamo, ma non sono che illusioni. Tutto cambia senza sosta.  Se apro la mano dell'esistenza, posso dare e ricevere... Sarebbe bello fare di ogni istante un'eternità.  La vacuità può essere considerata una forma di non-attaccamento, ossia fare l'esperienza di tutto senza attaccarsi a qualcosa.  L'essere vivi comporta che tutto cambia senza sosta. E questo perchè tutto è meravigliosamente vuoto.
Dobbiamo combattere e dimenticare le nostre paure che ci allontanano dall'altro, dalla vita, dal presente e inevitabilmente da noi.  La nostra esistenza è pavimentata di rimpianti, la paura dei sogni, la paura di rivelarti per quello che sei, la paura di dire "ti amo", o io non sono d'accordo,  tu mi hai ferito, mi hai mentito, ecc.  La paura di non essere accettato per quello che siamo, paura di impressionare o di deludere, tutte queste paure ci portano più o meno inconsciamente a rinunciare a vivere. 
Lo zen non è una religione, ma non è necessaria una religione per elevare spiritualmente l'uomo. La religione dello zen è l'uomo in tutta la sua bellezza e complessità. Vivere in armonia con l'universo e i suoi abitanti. La religione dello zen è "io non so" che può accogliere il Tutto, e permette di vivere in armonia con tutte le religioni e con l'ateismo.
Zazen è ritornare allo stato originale, è ritornare alla natura originale e gustare una grande pace, una grande serenità che sorge nell'abbandono meditativo.  non bisogna dimenticare questa pace profonda che ci abita anche nel ritmo della quotidianità, anche nei giorni di tempesta quando la superficie delle cose è mossa. Segui il tuo respiro che va e viene nell'immobilità del corpo, attraverso il respiro prendiamo coscienza della nostra vita, più il respiro è cosciente, più la vita è presente. Prendiamo consapevolezza della benevolenza che si trova da sempre dentro di noi.  Noi possiamo rendere il mondo più bello con una parola : "Ti amo, tu conti per me, grazie, tu sei prezioso"...

Nello zen, l'alimentazione è essenziale come la meditazione. Il responsabile della cucina è la persona più importante nel tempio dopo l'abate.  Quando si diventa monaci, durante la cerimonia d'iniziazione si ricevono due strumenti: la "kesa", la veste degli illuminati che si mette durante la meditazione, e la "patra", la ciotola che serve per mangiare durante il giorno. 
L'arte del mangiare nella pratica zen si chiama Shojin Ryori e che si traduce in profondo entusiasmo. Mangiare con coscienza e etica ci ricollega alle stagioni e al tempo. 
Nella cucina zen non c'è carne, nè pesce per rispettare il voto di non prendere la vita. Comunque il vegetarianismo non è un dogma. 
Altra tecnica meditativa è la serena marcia senza aspettative (kinhin) seguendo coscientemente il ritmo del respiro.

Boir la lune et chevaucher les nuages - Federico Dainin Joko Sensei (1)

Federico Dainin Joko Sensei ha ricevuto lo shiho, la certificazione da cuore a cuore dal suo maestro Pierre Taigu Sensei ed è diventato maestro zen e il 93 patriarca della tradizione Soto.          

L'insegnamento che i  maestri zen offrono spontaneamente durante la meditazione seduta  è un luogo intimo, fragile come un fiore e tagliente come una spada. Non insegnano seguendo i testi ma partendo dalla loro vita. La via dello zen implica un combattimento feroce con il proprio ego e le proprie illusioni. Presuppone l'ascolto del solo vero maestro: la tua esistenza e tutto quello che esprimi.   

Devi amare senza limiti il solo essere con il quale dovrai vivere tutta la vita: te stesso. Ed è come bere la luna o come cavalcare le nuvole.

 Lo zen è il ramo giapponese del buddhismo che accorda una grande importanza alla meditazione seduta silenziosa (che è anche il cuore della pratica buddhista mahayana). In questa filosofia dell'essenziale, della vita al presente (qui e ora), la meditazione è la via privilegiata per trovare l'armonia e conoscersi meglio. I valori dello zen sono la pace interiore, l'amore di sé e del  prossimo, compassione, indulgenza, risveglio... 

Attraverso lo zen si può riuscire a conoscersi, amarsi, a riconciliarsi con la propria storia; Si diventa più compassionevole verso gli altri, come se non eravamo più al centro del mondo. Lo zen ti invita a smettere di cercare di essere felice per cominciare finalmente ad essere. 

La meditazione (zazen) non è che questo: percepire il mistero dell'esistenza, conoscerci per capire il mondo, amarci pienamente per poter amare, accettare la complessità e l'estrema semplicità della vita per poter capire quella degli altri, cessare di avere dei rimpianti e fantasmi, per viverla come siamo capaci di fare, liberarci delle nostre illusioni che sono fonte di sofferenza e ridare al mondo il suo splendore.  Zazen è anche diventare consapevoli della purezza originale che si nasconde in fondo ad ogni essere sensibile.  E' anche fare l'esperienza dell'interessere (termine creato da Thich Nhat Hanh) e che quindi tutti esseri sono correlati.    Segui il soffio, diventa quello che sei!

Durante lo zazen (za significa seduto e zen significa meditazione) il maestro condivide le sue esperienze con i suoi discepoli e questa pratica è chiamata kusen. Questo insegnamento non è preparato, ma sorge dal reale dell'stante e si offre non come un sapere, ma piuttosto come l'esperienza condivisa della Via. Praticare la via del Buddha è dimenticare tutto quello che si crede di sapere su se stessi, fino a dimenticarsi di se stessi, permettere così ad ogni cosa di apportarci un insegnamento. Diventare una pura presenza e prepararsi a ricevere se stessi con amore. Non è facile oggi trovare il tempo per incontrare se stessi e riuscire a fare un gesto d'amore verso se stessi.      

Noi cerchiamo tutti l'amore, lo chiediamo e vogliamo darlo e questa è una cosa nobile. Voler essere amati e sentire il bisogno di amare è giusto. Soltanto che i nostri amori sono spesso maldestri, imperfetti, squilibrati, e si trasformano spesso in inganno e sofferenza.  Perche?   Perchè abbiamo dimenticato che il primo essere verso cui dirigere il nostro amore, la nostra compassione siamo noi stessi. Raramente siamo in grado di prenderci in considerazione e così la nostra esistenza è un abisso vuoto d'amore. Portare uno sguardo d'amore su se stessi, è cominciare ad essere pieni, a essere pienezza. Questo significa accordarsi fiducia, profondamente, senza limiti e indipendentemente di tutto e tutti. Potrai vivere anche con la sconfitta e la sofferenza, e sarai capace di vedere la bellezza anche nelle situazioni più cupe. E in questa bellezza troverai la sorgente della vita.    La tua vita è una tela bianca sulla quale tu decidi in qualsiasi momento di dipengere la felicità o l'insoddisfazione.    Ogni vita la sua felicità, la sua storia e le sue prove.

Importante è sapere se tu hai sufficientemente fiducia per fare in modo che, anche dopo una notte di tristezza e disperazione, tu sei in grado di vivere, restare in piedi e fare quello che è necessario per te, per quelli che ti amano, e per quelli che ti sono vicini. Quello che conta è la luce interiore che è dentro di te anche nelle notti più nere.          La luce della luna è dolce come la luce che brilla in te.

Proteggi la tua mente, mantienila chiara e serena. Non lasciate che qualcosa vi maltratti, vi cambi o vi vincoli.   Sei capace di sopportare la calunnia, il tradimento, restando fedele a quello che sei?

L'individuo dovrebbe lasciarsi andare alla danza della vita, approfittando delle belle esperienze e accettando le brutte. Dobbiamo far si che tutti i tradimenti, le delusioni, le sofferenze che abbiamo vissuto ci aprano all'esterno invece di rinchiuderci nella paura. Importante è non lasciarci condizionare dalle ferite del passato, o dalla paura delle ferite che potrei ricevere. 

Meditare è praticare per percepirci e conoscerci per quello che siamo. Meditare è andare all'incontro con l'essere più prezioso di tutta la tua vita: Te stesso.  Non c'è nessun luogo dove tu non sei. 

Se  sei solo in una stanza oscura con una sola candela, tu vedrai appena intorno a te, ma se altre persone ti raggiungono, ciascuno con la sua candela, allora si riuscirà a illuminare il mondo intero. 

Mi sono liberato del superfluo e mi sono sbarazzato dei miei desideri.  

Nello zazen, seduto, non fai altro che essere presente, e questo senza che la tua vita dipenda dai fenomeni dell'esistenza.  Zazen è apprendere a praticare profondamente con tutto quello che siamo. Non per liberarci da qualcosa, ma per considerare tutto e per accettare quello che siamo fino a che la nostra vita ridiventi uguale alla nostra pratica meditativa.      Rivelarci ci riconcilia con noi stessi.  In zazen cessiamo di dipendere dalle nostre emozioni e dai nostri pensieri, ma li contempliamo. Nel silenzio meditativo tu puoi percepire che tu fai parte di qualcosa di più grande, più vasto. Segui il respiro e contemplati con amore, con benevolenza, resta seduto con tutto quello che tu sei. Libero ad ogni istante. Nella pratica come nella vita. Inspira e espira.    Abbandona il tuo corpo alla posizione; la tua presenza è la vita che risponde alla vita. Sii soltanto questa presenza che non si aspetta niente, che non è altro che apertura, accettazione, disponibilità.

Se apprendi semplicemente a essere, allora la tua vita non dipenderà nè dalla sofferenza, nè dalla gioia, nè dal lavoro, nè dall'amore, nè dall'odio, ecc. Vivi come pratichi, Pienamente, semplicemente. 

Se lasci che la pratica della meditazione zazen, ti unifichi e ti riveli, quando amerai qualcuno, tu amerai veramente. E anche se di fronte a te, non ci sarà l'altrettanto amore che speravi;  importante è aver amato, non di essere stati amati.

Viene al mondo con le mani vuote, se ne va con le mani vuote. Ecco l'essere umano.

Noi cerchiamo senza sosta di vivere la vita, ma non lasciamo mai vivere la vita in noi.

C'è un luogo profondo e intimo in cui si sperimenta la libertà e la bellezza interiore, che non dipende nè dalla vita, nè dalla morte, nè dalla gioia, nè dalla tristezza: la nostra vera natura. Arrivare a questo è arrivare al risveglio, che viene chiamato nirvana, l'illuminazione. 

Se cominci ad accettarti così come sei, allora fai il primo passo verso il paese della bellezza, della tua grande libertà.

Si viene in questo mondo con le mani vuote, e si partirà un giorno con le mani vuote. Comprendere questo vuoto è il regalo più bello che la Via possa farci. Questo vuoto è la nostra vera natura.  In zazen si sperimenta questo vuoto meraviglioso, questa vasta vacuità.

Apprendi a morire, non della morte ultima, ma della morte che ti aspetta al passare di ogni istante della tua esistenza. E ad ogni istante, rinascere.  Accettando la vita e la morte si diventa pura presenza e si prova un'infinità libertà.

Il Mondo è il momento in cui maestro e discepoli si confrontano apertamente e pubblicamente sugli insegnamenti (del dharma).  Ogni insegnamento viene percepito in maniera unica e diversa da ogni allievo a secondo della esperienza vissuta. Non esiste uan verità assoluta.

Nello zen a poco a poco anche i piccoli gesti del quotidiano eseguiti con grazia e presenza diventano una cerimonia, come nel dojo (luogo deputato per la pratica religiosa).

Quando si vuole qualche cosa si perde tutto, e quando non si vuole niente si possiede il Tutto, allora il mondo intero è nelle tue mani. Se tu non trovi qui la felicità, nella tua vita attuale in questo momento dove ti trovi, Dove speri di trovarla?

martedì 1 ottobre 2024

LETTURE LUMINOSE 2024-2025.

Riprende da questo mercoledì 2 ottobre alle ore 18,30  l'iniziativa   LETTURE LUMINOSE 2024-2025.  

La nostra iniziativa è ormai al quinto anno. Con il tempo ci è sembrato sempre più evidente che incontrarsi e conversare partendo da un testo di ispirazione sia un’attività particolarmente preziosa in un’epoca in cui non solo i valori e la cultura, ma addirittura il buon senso, si stanno progressivamente sgretolando. 

L'iniziativa, totalmente GRATUITA, prevede un incontro ON LINE su piattaforma ZOOM ogni due settimane, sempre di mercoledì alle 18.30, per la lettura di un testo, seguito da un sereno dibattito tra di noi.

 

Per iscriversi occorre mandare una mail a fpistolato@yahoo.it con la dicitura: CICLO LETTURE LUMINOSE 2024-2025. Il link di accesso verrà fornito alla vigilia di ogni incontro, che verrà registrato e inviato poi a tutti gli iscritti, i quali potranno seguire comunque il ciclo, qualora non sia stato loro possibile partecipare alla diretta.
CALENDARIO degli incontri:
02.10.2024 Danilo Dolci, Comunicare, legge della vita, a cura di Francesco Pistolato
16.10.2024 Trilussa, Poesie, a cura di Roberto Fantini
30.10.2024 Norberto Bobbio, Etica e politica, a cura di Francesco Pistolato
13.11.2024 Giuliano Pontara, L’antibarbarie, a cura di Francesco Pistolato
27.11.2024 Tiziano Terzani, La fine è il mio inizio, a cura di Cesare Maramici
11.12.2024 Lev Tolstoj, Antologia dal pensiero, a cura di Roberto Fantini
08.01.2025 Federico Faggin, Oltre l’invisibile, a cura di Francesco Pistolato
22.01.2025 Francesco Oliviero, Benattia, a cura di Francesco Pistolato
05.02.2025 Bruno Patino, La memoria del pesce rosso, a cura di Cesare Maramici
19.02.2025 Roberto Fantini, Vivi o morti, l’autore in dialogo con Francesco Pistolato
05.03.2025 Gregg Braden, Human Matrix, a cura di Francesco Pistolato
19.03.2025 Italo Calvino, Tutto in un punto (da Le Cosmicomiche), a cura di Francesco Pistolato
02.04.2025 Thorwald Dethlefsen, Il destino come scelta, a cura di Francesco Pistolato
16.04.2025 Mario José Cereghino, Giovanni Fasanella, Il golpe inglese, a cura di Francesco Pistolato
30.04.2025 Aldo Capitini, Il potere di tutti, a cura di Roberto Fantini

Profili dei conduttori del ciclo 

  •  Francesco Pistolato si è a lungo occupato di insegnamento della lingua tedesca e di promozione culturale, in particolare nell’ambito della pace e della nonviolenza. Intende il ciclo Letture luminose come parte del processo di sviluppo della consapevolezza personale e collettiva.
  • Roberto Fantini ha felicemente insegnato Filosofia e Storia al liceo per oltre 40 anni, desiderando invano di proseguire per almeno altrettanti. È impegnato nella Educazione ai diritti umani, scrittore e giornalista freelance. 
  • Cesare Maramici ha insegnato informatica e ha fatto il formatore per docenti sull'uso consapevole delle nuove tecnologie. Pratica yoga e meditazione da 30 anni. Ama i viaggi, l'Oriente e le filosofie orientali. Svolge attività di volontariato da tantissimi anni.

sabato 28 settembre 2024

Maria Montessori - Maestra di pace.

Maria Montessori - Maestra di pace. La straordinaria attualità del suo messaggio pedagogico e filosofico.  Articolo di Roberto Fantini  

Maria Montessori, in una conferenza del 1937,  ci descrive l’uomo contemporaneo, come un uomo “male sviluppato”, generato da un sistema sociale e scolastico autoritario e deresponsabilizzante,  una sorta di “omuncolo” immerso in un mondo in cui dominano confusione e contraddizioni, all’interno del quale non sa neppure “se è ricco o povero, se è sano o malato”.  In lui regna l’ansietà, o addirittura l’angoscia propria del malato: la cosiddetta “ansia della vita”, ovvero, l’assillante interrogativo del “Come vivrò?”.

“Per questo fine ansioso, che ripete l’ansia dei nevropatici” - prosegue la pedagogista -  l’uomo è disposto anche a tutto sacrificare. E, mentre gli uomini del passato, di fronte agli enigmi del vivere, si rifugiavano nel “Dio provvede”, e nel loro mondo “c’era ancora spazio per l’uomo povero in mezzo ad uomini poveri, e l’individuo era pronto a sacrificare se stesso per il bene di un suo simile”, nel nostro tempo l’ansia divorante di vivere sarebbe simile alla “disperata volontà di salvarsi da un incendio”. Pur di soddisfare la propria ansia di vita, l’uomo dei nostri giorni sarebbe pertanto  pronto a rinunciare segretamente a qualunque cosa, anche a mettere in soffitta i propri principi, anche ad assassinare la propria coscienza, fino a dare le “dimissioni” dalla stessa dimensione umana. 


Vittime di un’organizzazione socio-culturale che idolatra il successo, la competitività e l’arrivismo, gli “uomini di oggi vanno pel mondo inariditi e isolati” e dalla loro unione non può scaturire nessun vero progresso né tantomeno una qualsiasi “elevazione morale”. Essi sono come granelli di sabbia nell’immensità del deserto: “tutti ammassati  e tutti separati”. Ognuno rinchiuso nella propria dimensione egoica, e, nello stesso tempo, parte indistinta di una massa sterile e anonima, indifesa di fronte all’azione della furia dei venti. La vera minaccia incombente sull’umanità – ci dice, a pochi mesi dall’inizio del secondo conflitto mondiale – è costituita dalla ”disperata aridità” interiore.

E il vero pericolo dell’umanità è rappresentato da quello che efficacissimamente viene definito “il vuoto delle anime”. Perché la natura non tollera il vuoto e perché le anime vuote, di conseguenza, in tutti i tempi, sono destinate a venire facilmente riempite, senza opporre resistenza, dalle ideologie più irrazionali, dai sentimenti più perversi, dagli impulsi più folli e distruttivi.

Da grande educatrice e da terapeuta dell’anima, le sue parole non si limitano, però, ad una allarmistica diagnosi, intrisa di pessimismo schopenhaueriano e velata da sussulti nostalgici: questa umanità passiva, pavida e malata può essere curata, guarita, liberata.  Se il problema è l’aridità del suolo, infatti, quello che occorre è “un po’ d’acqua spirituale” capace di far crescere “un poco di vita”: perché grazie ad essa la sabbia potrà sempre trasformarsi in terreno fertile.

Nella Formazione dell’uomo (opera apparsa dopo il suo importantissimo soggiorno in India, negli anni terribili della guerra, presso la sede internazionale della Società Teosofica in Adyar), Montessori riprende questo tema, con rinnovata fiducia nell’avvenire.

La diagnosi di partenza sulle condizioni dell’umanità si riconferma dolorosamente cupa: “La schiavitù – scriveva crescendo rapidamente e prende forme che non emersero mai nel passato e  la condizione di 'impotenza umana' ha raggiunto livelli massimi". 

“Nessuno ha sicura la vita: può essere intimata una guerra assurda dove tutti – uomini giovani e vecchi, donne e bambini – sono in pericolo di morte. Si bombardano le abitazioni e le genti devono rifugiarsi in sotterranei, come gli uomini primitivi si rifugiavano nelle caverne per difendersi dalle belve feroci. L’alimento può sparire e milioni di uomini morire di fame e di pestilenza. (…) Le famiglie si dividono, si spezzano; i bambini restano abbandonati e girano a torme come selvaggi. Questo - sottolinea - non è solo per i popoli vinti nella guerra: è per tutti.  E’ l’umanità stessa che è vinta e fatta schiava.”

Ma ad una realtà in cui l’immoralità, la viltà e la violenza sono divenute “forme consuete dell’ esistenza” è pur sempre possibile ribellarsi, mettendo da parte rassegnazione e illusioni consolatorie.

L’umanità è chiamata (forse destinata?) a liberarsi, “guarendo dalla sua follia e diventando conscia del suo potere.” “Bisogna – scrive – che l’uomo raccolga tutti i suoi valori vitali, le sue energie, che le sviluppi, si prepari alla sua liberazione. Non è più il tempo di combattersi gli uni con gli altri, di cercare di sopraffarsi; si deve guardare all’uomo solo con lo scopo di elevarlo, di spogliarlo dei legami inutili che si sta creando e lo spingono verso l’abisso della demenza.

 La forza nemica sta nell’impotenza dell’uomo rispetto ai suoi stessi prodotti, sta nell’arresto di sviluppo dell’umanità.” Quello che ci può salvare, è l’avvento di una vera e propria “rivoluzione universale”.

“Come si aiuta un malato nell’ospedale, perché ritrovi la salute e possa continuare a vivere, così oggi si tratta di aiutare l’umanità a salvarsi. Noi dobbiamo essere degli infermieri in questo ospedale, vasto come il mondo.” Due strade - ci spiega - sono possibili: quella dell’uomo che possiede e quella dell’uomo che ama.  La prima è quella dell’uomo schiavo del desiderio di possesso e dell’odio.  La seconda è quella dell’uomo che ha conquistato la sua indipendenza interiore e che ha imparato ad associarsi con gli altri in modo armonioso, coltivando il sentimento d’amore verso tutti gli esseri viventi, facendo vivere dentro di sé speranza e luce.

L’umanità dell’inizio del nuovo millennio, dopo quasi un secolo, non sembra ancora molto diversa da quella descritta dalla meravigliosa maestra di Chiaravalle. Forse, soltanto facendoci tutti noi consapevoli e volenterosi “infermieri” capaci di seminare e coltivare amore nel grande corpo malato del mondo, sarà possibile salvarlo dal precipitare nell’ “abisso della demenza”.

Un’evoluzione pacifica della società umana potrà scaturire soltanto dall’affermarsi nella coscienza collettiva del sentimento dell’armonia cosmica e dalla fiducia nell’esistenza di quello che, nella sua esperienza indiano-teosofica degli anni ‘40, Montessori chiamerà l’ “occulto comando che armonizza il tutto”  e che “tende a creare un mondo migliore”, basato sulla “collaborazione di tutti gli esseri, animati e inanimati” (dal testo Educazione per un mondo nuovo).

A suo avviso, nonostante la drammaticità della situazione del mondo contemporaneo, già nel suo tempo era possibile scorgere segni evidenti dell’avvento di una nuova umanità: “dalle tenebre del dubbio e della paura che gravano sul genere umano, ormai s’intravede la luce che le dissiperà perché è già iniziata la società nuova.”

Impossibile non augurarsi che, al di là delle apparenze oltremodo inquietanti,  la “nuova umanità”  e il “nuovo mondo”, annunciati da Maria Montessori nei suoi ultimi anni di vita terrena, siano davvero realtà viventi oggettivamente in costruzione e non soltanto il sogno nobilissimo della sua personale evoluzione mistica, non soltanto la generosa proiezione del suo luminoso sperare.

---------  Per approfondire:
    - Paola Giovetti, Maria Montessori. Una biografia, Mediterranee, Roma 2009.
    - Maria Montessori, Educazione per un mondo nuovo, Garzanti, Milano 2018.
    - Roberto Fantini, Maria Montessori, Teosofica maestra di Pace, Efesto, Roma 2020.

giovedì 26 settembre 2024

Storia del Buddhismo - 1

Gli studi sul buddhismo in Occidente sono iniziati a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, negli ultimi cinquant’anni sono progressivamente cresciuti gli studi socio-antropologici sul buddhismo. basati su scienze sociali – storia culturale, antropologia, sociologia e teoria sociale.     

L’inizio dell’interesse occidentale per il buddhismo può essere tracciato sul finire del XVI secolo, quando le missioni gesuite di Matteo Ricci (1552-1610) e Francesco Saverio (1506-1552) in Cina e in Giappone cominciarono a portare nel Vecchio Continente le prime informazioni sulle tradizioni e sulle pratiche buddhiste. 
Viene istituita la prima cattedra di sanscrito presso il Collège de France nel 1814, affidata ad Antoine-Léonard Chézy (1773-1832), L'ungherese Sándor Csoma de Kőrös (1784-1842) inizia ad esplorare il Tibet e il danese Rasmus Kristian Rask (1787-1832) Sri Lanka. Eugène Burnouf (1801-1852) fonda la  Société Asiatique parigina nel 1822 e redige l’Essai sur le Pali (1826) e, soprattutto, scrive Introduction à l’Histoire du Bouddhisme Indien (1844), testo con il quale si inaugura più propriamente il campo di quella che venne chiamata buddhologia.     
A partire dalla fine del XVIII secolo, con la fondazione della Asiatic Society of Bengal a opera del filologo britannico William Jones (1746-1794) si inizia a studiare la lingua sanscrita.
Comincia la vasta tradizione di studi filologici che si concentra tanto sulle relazioni storiche e strutturali tra le lingue indo-europee, e inizia la tendenza a romanticizzare la letteratura indiana come farà Arthur Schopenhauer (1788-1860) nella sua elaborazione filosofica.

L’orientalista inglese Rhys Davids fondò la Pali Text Society nel 1881, tra i cui obiettivi rientrava la traduzione dei testi theravada che lo studioso aveva avuto modo di analizzare nello Sri Lanka e la preservazione dei testi scritti su foglie di palma.  

Si costituisce la International Association of Buddhist Studies negli anni 1970, il cui l’indirizzo filologico-linguistico ha permesso un dialogo tra aree geografiche e disciplinari diverse. A titolo di esempio, si pensi all’attenta traduzione inglese del Dhammapada curata da John Carter e Mahinda Palihawadana (2000).
L’Oriente veniva considerato come la culla spirituale dell’umanità che avrebbe potuto rispondere alle grandi questioni esistenziali dell’Occidente razionalista. Come suggerisce Florinda De Simini (2013), lo studio occidentale delle dottrine buddhiste è stato caratterizzato da un “metodo scientifico imperfetto”, vale a dire da una ricerca basata su fonti di seconda mano e su una tendenza a decontestualizzare idee e dottrine disponendole in una diversa cornice ideologica.  

Durante la prima metà del secolo, molti studiosi ritenevano il buddhismo una tradizione il cui corredo simbologico e ascetico attraverserebbe, sostanzialmente inalterato, tutta la storia dell’umanità. In questa prospettiva, si devono almeno ricordare Hinduism and Buddhism (1943) di Ananda Coomaraswamy (1877-1947) e Peaks and Lamas (1940) di Marco Pallis (1895-1989), autori che portarono René Guénon (1886-1951) a rivedere la sua impostazione che vedeva nel buddhismo una deviazione dall’ortodossia tradizionale induista. 

Altri testi importanti da ricordare sono: The Life and Teaching of Naropa di Herbert Guenther (1963) e What the Buddha Taught di Walpola Rahula (1974), il dettagliato A Millenium of Buddhist Logic di Alex Wayman (1999) o The Path to Awakening di Shamar Rinpoche (2009).

Negli anni '70 iniziano studi e ricerche in una prospettiva inter-disciplinare più ampia e più incentrata sulle scienze sociali. Buddhism and Society (Spiro 1970) è il primo testo a utilizzare metodi propri dell’antropologia e della sociologia nello studio del buddhismo Theravada. Nell’anno seguente viene pubblicato Precept and Practice (Gombrich 1971), che esamina la pratica buddhista in Sri Lanka.

Sempre in quell'anno viene pubblicato Buddhism and the Spirit Cults in North - east Thailand (Tambiah 1970). In Living Buddhism (2015), Julia Cassaniti esplora la maniera in cui concetti centrali della dottrina buddhista come impermanenza, non attaccamento e intenzione vengano tradotti nell’agire sociale quotidiano nella Thailandia contemporanea. 

Uno dei testi di riferimento per studiare il buddhismo è Buddhism in the Global Eye (Harding, Hori e Soucy 2020).   Il buddhismo oggi non emerge solo dall’incontro tra Oriente e Occidente ma anche dagli incontri e scambi tra diversi “orienti” e diversi buddhismi. Il sociologo inglese Philip Mellor (1991) sottolinea come in Inghilterra l’adozione di forme religiose buddhiste non comporti una rottura radicale con le strutture e le influenze occidentali.

Le religioni e le filosofie (in particolare quelle orientali) all’interno delle società occidentali, sono progressivamente assoggettate a dinamiche di mercato, consumo e privatizzazione della relazione con il sacro. Una ricerca riflessiva sul buddhismo contemporaneo non può prescindere dallo studio del ruolo e delle influenze del capitalismo nella formazione delle istituzioni e delle rappresentazioni del buddhismo nelle società orientali e occidentali.  Un testo di riferimento di questo filone di ricerca è Buddhism under Capitalism (Payne e Rambelli 2022). 

L’origine del termine Engaged buddhism risale a una pubblicazione del monaco e attivista civile Thich Nhat Hanh (1926-2022) del 1964, anche se Hanh sostiene di avere sviluppato l’idea di buddhismo impegnato già negli anni cinquanta (crea i "Piccoli corpi di pace" inizi anni '60).  Thay propone che le cause della sofferenza non si trovino solo all’interno della mente, ma anche nella società, nell’oppressione politica e nella disuguaglianza sociale. Robert Fuller (2021) definisce Engaged buddhism come una trasformazione personale e sociale che implica anche l'ambiente.
Di particolare importanza all’interno dell’Engaged buddhism così definito è la sua alleanza con l’universo ambientalista ed ecologista (Darlington 2016; Gregory e Samah 2008). I tre pilastri delle diverse concettualizzazioni di Engaged buddhism sono azione, interdipendenza e compassione (Fuller 2021).  La sociologia buddhista, cerca di fornire una comprensione più etica e giusta del mondo sociale” (Marotta 2017).

Il cosiddetto “buddhismo secolare” è un tentativo di ripensare completamente il dharma dalle sue fondamenta per affrontare il mondo contemporaneo. Questa de/ri-costruzione del buddhismo in chiave laica e secolare è utilizzata da Winton Higgins (2012) per descrivere le nuove comunità buddhiste emergenti. Per Batchelor questo “buddhismo 2.0” o “aggiornamento secolare” si discosta da qualsiasi scuola o sistema dottrinale che operi all’interno della visione soteriologica dell’India antica.  Batchelor utilizza il  termine “secolare” nel campo buddhista riferendosi a tre sue dimensioni, le quali si sovrappongono tra loro: (1) nel senso popolare, per indicare ciò che è in contrasto o in opposizione al “religioso”; (2) nel senso etimologico facendo riferimento alle radice latina della parola saeculum, che significa “questa età”, per sottolineare la preoccupazione e la volontà di vivere al meglio il tempo e il mondo presente; e (3) in senso storico-politico, riconoscendo i processi storici occidentali che hanno portato al trasferimento del potere politico dalla Chiesa allo Stato, per indicare il principio di laicità. 
La nuova forma di buddhismo che sta prendendo forma in Occidente non abbandona i testi canonici del buddhismo, ma (nelle sue derive) sostituisce l’ideale soteriologico del nirvana con l’obiettivo secolare della prosperità, del benessere e della realizzazione umana in questo mondo. Questo progetto di riforma del buddhismo va ben oltre i suoi processi di psicologizzazione che stanno sviluppandosi in Occidente, come quelli centrati sulle potenzialità della pratica meditativa che hanno dato vita alla cosiddetta “mindfulness”.
Ci sono molti studi che esaminano, direttamente o più marginalmente, le conversioni al buddhismo nei Paesi occidentali, interrogandosi sulle ragioni del successo di questa religione. 
Ci sono anche delle ricerche più specifiche sul caso del buddhismo italiano. Mathé Thierry (2010) individua similmente tre principali causalità nell’incontro dei convertiti italiani con il buddhismo: (1) il vissuto di una situazione traumatica e la mancanza di risposte nella religione cattolica, ovvero la ricerca di una “religione compensativa” capace di offrire migliori “strumenti” per gestire le emozioni e affrontare problemi personali; (2) l’impossibilità di un contatto intenso con il sacro attraverso le pratiche del cattolicesimo;  un’insoddisfazione quest’ultima che può derivare anche dall'ignoranza dei suoi insegnamenti che vengono ridotti a costrizioni o dogmi; (3) la ricerca spirituale da parte di ex attivisti politici e/o  sindacali che trovano nel buddhismo un impegno sociale ri-orientato verso una nuova religiosità dopo il fallimento delle grandi ideologie del Novecento e del loro progetto di cambiamento sociale. 
Un aspetto importante è la capacità del buddhismo di non avere rapporti conflittuali con  il mondo scientifico, anzi grazie all'interessamento del Dalai Lama che ha creato l'Istituto Mind and Life nel 1991, il buddhismo ha cercato di trovare dei punti di contatto con la scienza.
Altro aspetto importante è il passaggio delle spiritualità da una definizione teologica, a una sociologica quale ricerca di una relazione con il trascendente costruita a partire dal Center for the Study of Global Christianity (Zurlo, Johnson e Crossing 2023).

Storia del Buddhismo 2

L’interesse per il buddhismo in Italia, in questi ultimi anni, è un fenomeno in continua crescita, che ha attirato l’attenzione degli studiosi interessati alla comprensione dei processi di cambiamento culturale  e ai mutamenti spirituali che avvengono nella società contemporanea.               

Una delle principali motivazioni dell’interesse per il buddhismo in Italia è la crisi della religiosità tradizionale, che ha portato molte persone a cercare alternative spirituali. In particolare, la crescente secolarizzazione della società italiana ha portato alla diminuzione dell’influenza della Chiesa cattolica (Garelli 2020), aprendo la strada alla ricerca di nuove forme di spiritualità e di senso (Palmisano e Pannofino 2021). In tale contesto, il buddhismo – con i suoi insegnamenti basati sulla meditazione e sulla ricerca della pace interiore – sembra rispondere a questo bisogno di ricerca spirituale, fornendo un’alternativa al modello di religiosità tradizionale. 

La diffusione del buddhismo in Occidente ha portato alla trasformazione dell’antica tradizione buddhista in una nuova forma adattata alla cultura occidentale; un fenomeno che andrebbe di pari passo con l'“orientalizzazione” dell’Occidente. La crescita costante dell'interesse  del buddhismo si osserva soprattutto tra i giovani, gli studenti universitari e i professionisti (Prebish e Baumann 2002). Un altro fattore che ha contribuito all’interesse per il buddhismo in Italia è la sua filosofia incentrata sulla tolleranza e sulla non-violenza, comprensione reciproca e solidarietà. La pratica della meditazione e della mindfulness sono diventate strumenti sempre più popolari per migliorare la salute mentale e per sviluppare una maggiore capacità di concentrazione e di equilibrio interiore. 

Secondo l’ultimo report statistico annuale sul pluralismo religioso e spirituale in Italia del CESNUR (2022), quanti manifestano un’identità religiosa diversa dalla cattolica nel nostro Paese sono circa 2.248.000 unità se si prendono in esame i cittadini italiani, e circa 6.239.000 unità se si aggiungono gli immigrati non cittadini. Quindi il 4,2% degli italiani manifesta un’identità religiosa diversa dalla cattolica in Italia. Di questi 4,2 % , gli Ebrei sono 1,6% Cattolici “di frangia” e dissidenti l' 1,1%,  Ortodossi il 18,5% Protestanti il 17,1% Testimoni di Geova (e assimilati) il 18,7% Mormoni (e assimilati) il 1,2%.

I buddhisti si attestano attorno alla cifra di 217.000 persone, il 9,7% delle minoranze religiose, fra i cittadini italiani. Questo dato tiene conto di 100.000 praticanti dell’area concettualmente rappresentata dall’Unione Buddhista Italiana, 96.000 membri dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, e 21.000 buddhisti di altre tradizioni.  Se si considerano anche persone che lo praticano pur senza identificarsi –  e i buddhisti stranieri residenti in Italia (125.000), nel nostro Paese ci sono attualmente circa 342.000 praticanti di tradizione buddhista, pari allo 0,6% della popolazione residente

La presenza buddhista in Italia è figlia della presenza buddhista in Occidente, dove si considerano presenti circa 6.000.000 di occidentali praticanti. Per Martin Baumann (1996) – il praticante percorre tre diverse fasi. La prima è caratterizzata dall’interesse, puramente teorico, per il buddhismo. In una fase successiva, circoscritta attorno alla fine del secolo XIX, cominciano a verificarsi in Occidente vere e proprie “conversioni” al buddhismo.. La terza fase del buddhismo occidentale, con la nascita di vere e proprie comunità, comincia dopo la Prima guerra mondiale. Questi sviluppi preannunciano la quarta fase, che si manifesta anche in Europa dopo la Seconda guerra mondiale ed è caratterizzata dal contatto sempre più frequente fra maestri orientali, e “buddhisti occidentali”. 

Accanto alle componenti tradizionalmente radicate in Occidente – la scuola Theravada e quella Zen – cominciano a essere conosciute forme di buddhismo giapponese della tradizione di Nichiren e di quella esoterica Shingon. L’invasione cinese del Tibet, nel 1950, e la repressione del tentativo di rivolta del 1959, portano a una fuga verso l’Occidente di numerosi lama tibetani, e fanno del XIV Dalai Lama – Tenzin Gyatso (1935-) – una figura di grande notorietà internazionale. 

Si assiste inoltre a un’esplosione d’interesse per lo Zen negli anni 1960 e 1970 – favorito non da ultimo dagli ambienti della controcultura –, seguito dal grande successo del buddhismo tibetano a partire dagli anni 1980. Questo successo passa anche per la letteratura e il cinema, dal Siddhartha (1922) di Hermann Hesse (1877-1962) al film come Piccolo Buddha (1993, diretto da Bernardo Bertolucci (1941-2018)), Sette anni in Tibet (1997, diretto da Jean-Jacques Annaud) e Kundun (1997, diretto da Martin Scorsese). Questi spunti letterari e cinematografici, insieme con la notorietà del XIV Dalai Lama, hanno sicuramente favorito la diffusione del buddhismo in Italia.  Un italo-americano, Salvatore Ciuffi (“Lokanatha”, 1897-1966), è diventato una figura nota e rispettata in Birmania e in India come monaco itinerante. Occorre anche ricordare la figura del professor Giuseppe Tucci (1894-1984), insigne studioso e divulgatore, sulla base di un interesse personale, del buddhismo tibetano in Italia. 

 Altra importante figura è Chogyal Namkhai Norbu (1938-2018), guida spirituale dal 1980 della Comunità Dzogchen, con sede ad Arcidosso (Grosseto), dopo essere stato per molti anni docente di Lingua e letteratura tibetana e mongola presso l’Istituto Orientale di Napoli. Importante è l'opera di divulgazione dello storico della filosofia buddhista presso l’Università di Padova, Giangiorgio Pasqualotto (2002). 

Negli anni 1960, viene fondata a Firenze dell’Associazione Buddhista Italiana e con la pubblicazione – dal 1967 – della rivista Buddismo Scientifico. Negli anni 1970 e 1980 la presenza buddhista cresce, sia con l’influsso di maestri di scuola Vajrayana profughi dal Tibet, sia con la diffusione dello Zen, che si affianca alla già esistente presenza Theravada. Per vie autonome, arrivano in Italia anche gruppi di tradizione Nichiren. Nel 1981 Vincenzo Piga (1921-1998) fonda la rivista Paramita. Quaderni di Buddhismo per la pratica e per il dialogo.  Nell' aprile 1985 si perviene a Milano alla formale costituzione dell’Unione Buddhista Italiana (UBI) con la partecipazione di 9 centri di diverse tradizioni: saranno già 18 nel 1986 e sono 64 nel 2023  – oltre ad altri 8 in attesa di affiliazione.  I 64 centri buddhisti di tradizione Theravada, Mahayana, Vajrayana e Interbuddhista sono così suddivisi per tradizione d’appartenenza: 37 Vajrayana, 15 Zen, 6 Theravada, 2 Nichiren, 1 Chan, 1 Interbuddhista, 1 Seon, 1 Tendai. 

Esistono molteplici centri buddhisti che hanno gli stessi lignaggi di centri associati all’UBI – e che quindi condividono una medesima visione del buddhismo –, ma che per varie ragioni non hanno fatto richiesta di adesione.  Per una lista aggiornata al 2023 dei centri di pratica, cfr. la pagina Internet https://8xmilleunionebuddhista.it/       e       http://www.buddhism.it/centri 

Nel 2022 l’Assemblea dei centri dell’UBI ha eletto il Consiglio Direttivo per il quinquennio 2022-2027, nominando quali componenti: Filippo Scianna (tradizione Vajrayana), Stefano Davide Bettera (tradizione Theravada), Carlo Tetsugen Serra (tradizione Zen), Elena Seishin Viviani (tradizione Zen), Giovanna Giorgetti (tradizione Vajrayana), Rita Nichele (tradizione Vajrayana) e Aldo Marzano (tradizione Vajrayana). Successivamente, il 30 aprile 2022, il Consiglio Direttivo ha confermato Filippo Scianna – che già rivestiva questo ruolo, dal 2019 – nel ruolo di Presidente dell’UBI e Giovanna Giorgetti ed Elena Seishin Viviani nel ruolo di Vice Presidenti. 

Per norma dello statuto, l’UBI non rappresenta alcun gruppo buddhista particolare, ma sin dalla sua origine si è posta come un’unione di centri e si propone di sostenere e rappresentare l’insieme del movimento buddhista nel rispetto di tutte le tradizioni storiche. Le finalità sono infatti principalmente quelle di riunire e assistere i diversi gruppi buddhisti, contribuire alla diffusione degli insegnamenti e delle pratiche della dottrina buddhista, sviluppare la collaborazione fra le diverse scuole buddhiste, favorire il dialogo con le altre comunità religiose, con i centri d’impegno spirituale e con istituzioni culturali e accademiche su argomenti di interesse comune, coltivare rapporti con l’Unione Buddhista Europea (EBU) – fondata nella sua forma attuale nel 1975, ma attiva fin dagli anni 1930.

Dal 24 settembre 2023 il Presidente dell’EBU è un componente del Consiglio Direttivo dell’UBI, Stefano Davide Bettera. Il 3 gennaio 1991, con un decreto presidenziale successivamente modificato il 15 giugno 1993, l’UBI ottiene il riconoscimento giuridico come ente di culto. Con l'accordo del  4 aprile 2007, unitamente a quello con l’Unione Induista Italiana, lo Stato italiano ha avuto come interlocutore una religione che non proviene dal solco della tradizione ebraico-cristiana. 

L’Intesa dell’Unione Buddhista Italiana con lo Stato si sviluppa su linee guida comuni alle altre già stipulate: l’assistenza spirituale assicurata negli istituti ospedalieri, nelle case di cura e di riposo e negli istituti penitenziari; l’istruzione religiosa; il riconoscimento degli enti; la partecipazione alla ripartizione della quota dell’otto per mille dal gettito IRPEF (in vigore dal 2014); la possibilità di dedurre dal reddito imponibile delle persone fisiche fino a 1.000 euro all’anno per erogazioni liberali a favore dell’UBI. Il riconoscimento della festività del Vesak, fissata convenzionalmente all’ultimo sabato e domenica del mese di maggio di ogni anno. 

 A grandi linee – nel nostro Paese si possono distinguere: (a) praticanti dell’Unione Buddhista Italiana; (b) praticanti buddhisti di altre tradizioni; (c) membri dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai. Per una visione più completa vedi: Enciclopedia delle religioni in Italia, che sembra costituire la raccolta più completa di queste realtà (Introvigne e Zoccatelli 2013). 

Tra il “buddhismo non-UBI” troviamo i discepoli italiani del famoso monaco buddhista Zen, poeta e attivista vietnamita per la pace Thích Nhất Hạnh (1926-2022), che sono raccolti sotto le sigle InterEssere, Community of Mindful Living ed Essere Pace – associazione legalmente costituita in Italia nel 1996 – e i cui gruppi di pratica si radunano in case private in svariate città della penisola. Nel 2023 è sorto presso la Harvard T.H. Chan School of Public Health dell’Università di Harvard il Thich Nhat Hanh Center for Mindfulness in Public Health

Altre presenze sono quella del buddhismo tantrico –, tramite la scuola Shinnyoen  e quella del buddhismo Nichiren, ovvero l’insieme di scuole buddhiste Mahayana giapponesi che fanno riferimento alla figura e agli insegnamenti del monaco buddhista Nichiren (1222-1282), vissuto in Giappone nel secolo XIII. 

Fondata nel 1930 da due educatori giapponesi convertiti al buddhismo Nichiren – Tsunesaburo Makiguchi (1871-1944) e Josei Toda (1900-1958) – come “Società educativa per la creazione di valore”, la Soka Gakkai si riorganizza nel Secondo dopoguerra con un’attitudine particolarmente incentrata sui laici, perseguita dal terzo e attuale presidente, Daisaku Ikeda (1928-). Le prime presenze in Italia risalgono al 1961. Dall’Assemblea Generale dell’Unione Buddhista Europea (EBU) del 2022, svoltasi in Francia, anche la Soka Gakkai, come già l’Unione Buddhista Italiana, è membro ufficiale dell’EBU.  

Per concludere, il crescente interesse per il buddhismo in Italia può essere interpretato come un segno dei cambiamenti culturali e sociali in corso nella società italiana contemporanea. La diffusione del buddhismo in Italia può essere vista come parte di un più ampio evento di “globalizzazione religiosa”, che sta cambiando il volto della religione e della spiritualità in tutto il mondo.

giovedì 19 settembre 2024

Il mese dello yoga alla Biblioteca Laurentina, dal 5 al 25 settembre 2024

Il mese dello yoga a Laurentina.   Dal  5 - 25 settembre 2024 alla Biblioteca Laurentina - Roma
Per info e contatti:  06 454 6070    laurentina@bibliotechediroma.it      

Le lezioni pratiche di yoga sono aperte a tutti. Si consiglia di portare con sé un tappetino.

Lezioni di yoga GRATUITE  e presentazione  libri
Un mese interamente dedicato allo yoga e ai temi ad esso più strettamente correlati a Laurentina con una serie di appuntamenti che ospiteremo in biblioteca dal 29 agosto al 25 settembre e che coinvolgeranno il pubblico sia con lezioni pratiche che con dibattiti e presentazioni di libri. 


Le attività si svolgeranno secondo il seguente calendario:

- giovedì 5 Settembre ore 17:30 lezione di yoga tradizionale.

- giovedì 12 Settembre ore 16:30 lezione di yoga tradizionale.  A seguire, alle ore 17:30,  presentazione del libro "Maria Montessori. Teosofica maestra di Pace" di Roberto Fantini (Efesto, 2020), con   l'intervento dell'autore.
A 150 anni dalla nascita, con 65.000 scuole ispirate al suo metodo presenti in ben 145 Paesi, potrebbe sembrare che di Maria Montessori tutto sia stato indagato...ma la sua complessa personalità continua a presentarci aspetti ancora poco esplorati. In questo libro si è cercato di richiamare l’attenzione su quello che sembra essere il cuore autentico dell’opera filosofico-pedagogica montessoriana: la ricerca di un nuovo modello educativo in vista di una umanità radicalmente liberata dalla tirannia di ogni violenza e, quindi, chiamata ad edificare un mondo di vera Pace..

- sabato 21 Settembre ore 10:00  lezione di yoga tradizionale.  A seguire, alle ore 11:15, presentazione del libro "Lo yoga spiegato a mia figlia. Tutto quello che dovreste sapere per fare yoga consapevolmente" di Cesare Maramici (Efesto, 2023), con l'intervento dell'autore.
Lo yoga è accessibile a tutti...ha il pregio di coinvolgere mente e corpo in ogni singola posizione. Il praticante, dopo aver seguito un insegnamento appropriato, può inserire lo yoga nel programma della sua giornata, nel tessuto della propria esistenza... Per quanto la vita odierna possa essere frenetica, la pratica quotidiana dello yoga offre spazio per una riflessione sui propri valori e obiettivi e sul senso della propria vita, apre una finestra di pace e serenità...

- mercoledì 25 Settembre ore 16:30 lezione di yoga tradizionale.  A seguire, alle ore 17:30, presentazione del libro"Thich Nhat Hanh. Un sentiero tra le stelle" di Roberto Fantini e Cesare Maramici (Efesto, 2024), con l'intervento degli autori.
Il monaco vietnamita Thich Nhat Hanh, uno dei maggiori esponenti del pensiero buddhista contemporaneo, rappresenta uno di quei rari straordinari Maestri di Saggezza capaci di illuminare, con il proprio insegnamento e con il proprio impegno di vita, un’intera epoca, seminando un messaggio di Amore, Gioia e Compassione, rivolto a credenti e non credenti, in vista di un mondo rifondato sui valori della Consapevolezza, del Dialogo, della Nonviolenza e della Pace…

Vedi: https://www.bibliotechediroma.it/opac/news/yoga-tradizionale/34288  

mercoledì 18 settembre 2024

José Mujica

José Pepe Mujica (1935-  ) è stato Presidente dell'Uruguay dal marzo 2010 al marzo 2015, poi ha assunto il ruolo di senatore.   Dal 2005, dopo una lunga convivenza, si è sposato con Lucía Topolansky, senatrice e storica leader del MPP (Frente Amplio Movimiento de participacion popular). Nel 2020, con le dimissioni dal Senato, ufficializza il suo ritiro a vita privata. Mujica è noto per il suo stile di vita di volontaria semplicità. Ha annunciato in conferenza stampa del 2024 di avere un tumore all'esofago. E' stato prigioniero politico per 13 anni durante la dittatura degli anni 70 e 80.           

L'ex presidente dell'Uruguay ha sempre portato avanti una vita sobria e semplice rinunciando a buona parte del suo stipendio (quasi il 90%)  ad associazioni e organizzazioni benefiche, vivendo in una piccola fattoria dove riceveva i capi di Stato durante la sua presidenza. Dalle sue visite istituzionali all’estero, più che regali di rappresentanza, amava portare a casa semi da piantare in giardino.

Per chi crede in un mondo più equo, più sostenibile e più etico è una figura fondamentale, non tanto per i risultati politici ottenuti, quanto per l’esempio che egli stesso fornisce, improntato su uno stile di vita sobrio, sincero e a contatto con la Natura.

Uno degli aspetti su cui ha sempre insistito di più è quello della qualità del tempo che trascorriamo, che si rivela il bene più prezioso e che spesso è dilapidato in attività inutili e dannose: «Stiamo perdendo la battaglia contro il consumo inutile e la banalizzazione della vita», ha affermato. «Se potessi scegliere qualcosa da lasciare alle nuove generazioni sarebbe questo: la capacità di destinare più tempo alla vita vera».
Voleva fare dell’Uruguay un “paese esempio”. Fra le riforme più rivoluzionarie possiamo ricordare la depenalizzazione dell’aborto, la legalizzazione del matrimonio fra omosessuali e la regolarizzazione della vendita di marijuana attraverso lo Stato.  La sua crociata contro l’opulenza rimane uno degli insegnamenti più grandiosi. Lottò per anni contro i privilegi, soprattutto economici, della “casta” ed è ricordato per il suo impegno per l'energia rinnovabile.

Refrattario alle cerimonie, non si curava più di tanto neanche della sua sicurezza, che veniva in secondo piano rispetto alla tranquillità domestica. E non ha mai nascosto la sua vera natura e il suo carattere schivo e poco espansivo. La rivista Monocle lo ha incoronato “miglior Presidente del mondo” nel 2012 .         Frasi celebri:

  •     “Per vivere hai bisogno di lavorare, giusto? E se non stai lavorando, stai vivendo alle spalle di qualcun altro. E la vita di un parassita non è dignitosa, allo stesso tempo però non puoi vivere solo per lavorare e basta. E’ semplice. Perchè la cosa più gloriosa che uno ha è la vita. E anche se è così elementare, troppo spesso ce ne dimentichiamo. Ma ce lo fanno dimenticare la cultura, l'ambiente in cui viviamo e soprattutto quella violenza della società del consumo, che ci fa sembrare che se non saliamo su quel treno, moriremo.”
  •     “Sostengo uno stile di vita moderato, perchè per vivere devi avere la libertà, ed avere libertà significa avere tempo. Quindi sono moderato per avere tempo, perchè quando vai a comprare qualcosa, non lo stai comprando con i soldi, ma con il tempo della tua vita che hai sprecato per guadagnarli.”
  •     “Vale la pena vivere con intensità, puoi cadere una, due, tre o venti volte, ma ricordati che puoi alzarti e cominciare da capo. Gli sconfitti sono quelli che smettono di combattere, i morti sono quelli che non combattono per vivere.”
  •     “Quello che alcuni chiamano crisi ecologica del pianeta è una conseguenza dell'immenso trionfo dell'ambizione umana: è il nostro trionfo, ma anche la nostra sconfitta.”

Meditazione - Yongey Mingyur Rinpoche

Ricorda, la meditazione non riguarda la soppressione dei pensieri, ma il processo di far riposare la mente nel suo stato naturale ed essere completamente aperti all'accettazione e naturalmente consapevoli di pensieri, emozioni e percezioni sensoriali mentre sorgono. La mente è come un fiume e, poiché è come un fiume, non ha senso cercare di fermare il flusso del fiume.

Non importa quanti pensieri ti attraversano la mente quando mediti. Se cento pensieri ti attraversano la mente in un minuto, allora hai cento condizioni per la meditazione.

Quando ti ritrovi a lottare con molte distrazioni, puoi effettivamente fare buon uso di ogni distrazione come oggetto di meditazione. In questo modo, queste distrazioni non sono più distrazioni, ma diventano un aiuto per la tua meditazione.

Il processo di osservazione dei pensieri è così: un pensiero è seguito da un intervallo, un intervallo è seguito da un altro pensiero e poi da un altro intervallo. Se continui a praticare, gradualmente questi intervalli diventeranno sempre più lunghi e la tua esperienza di stabilizzare la tua mente così com'è diventerà sempre più diretta.  Pertanto, la mente ha due stati di base, uno con pensieri e l'altro senza pensieri, e questi due stati sono anche condizioni utili per la meditazione.    

Yongey Mingyur Rinpoche (1975 - )  è un Maestro del buddismo tibetano e autore di molti bestseller. Fin da giovane è stato attratto da una vita di contemplazione ed ha trascorso molti anni della sua infanzia in un severo ritiro. Ha creato la Tergar Meditation Community, una comunità di meditazione buddhista. Vedi link:   https://tergar.org/      https://tergar.org/about/mingyur-rinpoche/

La coscienza nel Buddhismo

In generale, si può dire che, sulla scia del pensiero Vedānta, il Buddhismo delle origini determina la mente
come antahkarana, ossia come “organo” interno, dotato delle funzioni che consentono il darsi delle sensazioni, dei pensieri, dei ricordi e della capacità di distinguere. Con questa valenza generale non viene intesa come autocoscienza, ma, come uno speciale organo di senso, come “base sensoriale” che ha per oggetto le idee e che controlla le altre cinque “basi” sensoriali, cioè l’attività dei cinque sensi.
Tuttavia il concetto di “mente” viene determinato in modi più specifici, secondo denominazioni particolari che rinviano a funzioni particolari. Nella ruota della vita, Bhavachakra la mente viene associata alla raffigurazione di una scimmia che salta di qua e di là, per indicare quanto la mente sia sottoposta alle sollecitazioni che le derivano dai sensi e dagli istinti.      

Differentemente dall’approccio occidentale, quel che noi chiamiamo “coscienza” nel Dharma è una formazione unitaria che consta tuttavia di tre differenti aspetti o modalità: citta, manas e vijnana.  

  • Citta è il terreno, la base fondamentale da cui sorgono manas e vijnana. Citta indica in generale l’equivalente di manas e di vijnana ma, in particolare, viene ad essa attribuita la facoltà di conferire consistenza ai fenomeni. Col termine cetasikā si indicano nel dettaglio le attività della coscienza presenti nei fattori mentali concomitanti agli atti conoscitivi.  
  • Manas a sua volta è la mente soggettiva.  Col termine manas viene indicata la capacità di pensare, nel senso di cogliere e raccogliere le impressioni provenienti dal mondo esterno;  dubitare delle certezze acquisite; prendere delle decisioni.
  • Vijnana è la coscienza intesa come operatrice di distinzioni dualistiche entro il campo dei dati esperienziali.   Col termine vijnana si indicano due realtà: i processi interni della coscienza; e lo spazio interiore nel quale tali processi si producono, si dispiegano e si dissolvono. Con questa funzione, vijnana si definisce come luogo centrale in cui confluiscono tutti gli atti della percezione, della rappresentazione e della memoria che sono determinati, in modi e a livelli diversi, dalla forza dei desideri.

La coscienza è intesa come la capacità di vedere, sentire e comprendere il momento presente. Le scuole buddhiste individuano una rete ottuplice di coscienze primarie. L’ottava coscienza, contiene l’energia potenziale, positiva e negativa, creata dai nostri pensieri, parole e azioni. Questo potenziale di energia, o tendenza vitale profonda, viene chiamata karma.  L'ottava coscienza è perciò talvolta definita “deposito” del karma, il luogo dove questi “semi” karmici vengono “accumulati”.


Il testo Mahayana-Sraddotpada Shastra di Asvaghosha (I-II secolo d.C) individua almeno cinque momenti di tale formazione, che sono altrettanti livelli o aspetti in cui manas e vijnana si enucleano dalla base di citta.
1) La mente attivante. E’ quel tipo di mente del tutto inconscia che sorge come “ignoranza fondamentale” e che spezza l’equilibrio originario e primordiale.    (Inconscio profondo)
2) La mente che evolve. Si tratta del tipo di mente che sorge in seguito alla rottura dell’equilibrio e che si pone come polo soggettivo nei confronti di un polo oggettivo fenomenico.
3) La mente riproduttiva. E’ la mente che riproduce come uno specchio e immediatamente l’intero mondo degli oggetti. ( elaborazione “archetipica” della mente inconscia, studiato da Jung)
4) La mente analitica. Stabilisce continuamente distinzioni tra “buono” e “cattivo” ( quasi anticipa storicamente l’enunciazione freudiana del super-ego).
5) La mente che continua. E’ la coscienza vera e propria che crea ininterrottamente il karma attraverso l’infinita catena della vita.

Il Dharma tuttavia non fa della “coscienza” una semplice struttura, ma la pone all’interno di una dinamica in cui tutti i suoi aspetti si producono ed autoriproducono continuativamente in una mutua interdipendenza. Questo è l’elemento essenziale che determina la distanza fra i due approcci (occidentale e orientale) : nella tradizione occidentale le dinamiche della coscienza vengono affrontate soprattutto nel loro impatto relazionale (interno-esterno o psicologico-ambientale).
Nel Dharma esiste una relazione strettissima – nell’economia della coscienza – fra aspetto cognitivo ed aspetto emozionale, fra energia cognitiva ed energia delle passioni. In termini buddhisti: fra mente e karma.
Il karma infatti se da un lato è quell’energia di oscurazione che sta alla base della mente attivante (primo livello di formazione), dall’altro è il prodotto dell’attività della mente che continua (quinto livello di formazione): i due momenti si saldano fra loro.
La mente che continua (che è la coscienza vera e propria o vijnana) oscura con la sua attività la base fondamentale, provocando così quella scissione soggetto-oggetto che rappresenta il momento iniziale della formazione della coscienza stessa (mente attivante).

Il testo di Asvaghosha individua sei livelli di attestazione del karma oscurante. Questi vanno dai più superficiali ai più profondi, la cui risoluzione è direttamente proporzionale all’avanzamento lungo il sentiero del Dharma.
I primi due livelli di oscurazione karmica sono i più superficiali e si situano a ridosso dell’ego e della mente che continua, mentre il terzo sta alla base della mente analitica.
Questi primi tre livelli di karma sono detti “uniti” con i rispettivi aspetti della mente, nel senso che permeano contemporaneamente il polo soggettivo e quello oggettivo, producendosi e riproducendosi dunque dopo l’avvenuta scissione soggetto/oggetto.
Gli altri tre livelli sono i più profondi e si attestano rispettivamente alle basi della mente riproduttrice, della mente che evolve e della mente attivante e sono descritti come “disuniti” da quegli stessi aspetti profondi della mente che si sono enucleati e dunque sono da considerarsi anteriori alla scissione dei poli soggettivo ed oggettivo.
Questi livelli di attestazione del karma sono funzionali al momento di riproduzione della mente nel suo complesso e la loro mutua interrelazione costituisce la trama karmica che la coscienza egoica percorre nelle sue continue trasmigrazioni, come risultato del suo partecipare alla dinamica complessiva dell’intera mente.

Secondo la definizione buddhista, la mente  è mera lucidità e consapevolezza  e si riferisce all’attività mentale, soggettiva e individuale, di sperimentare le cose. Lucidità significa dare origine ad apparenze cognitive di cose, simili ad ologrammi mentali, e consapevolezza si riferisce all’interazione cognitiva con essi. Mera implica che questo avviene senza un “io” monolitico, separato e inalterato che sta controllando oppure osservando questa attività. L’“io” esiste, ma meramente come una designazione basata su una continuità di momenti mutevoli in cui si sperimentano cose mutevoli.

I modi di essere consapevoli di qualcosa includono tutte le tipologie di attività mentale. Essi includono:
    • Le coscienze primarie.
    • I fattori mentali.
    • La consapevolezza riflessiva (solo alcune scuole la propongono)
La consapevolezza riflessiva accompagna ciascun momento di cognizione non concettuale e concettuale di un oggetto, sebbene essa stessa rimanga sempre non concettuale. Essa si concentra e conosce soltanto le altre consapevolezze della cognizione – vale a dire la coscienza primaria e i fattori mentali – nonché la loro validità.
Essa non conosce gli oggetti delle coscienze primarie e dei fattori mentali su cui si focalizza.

A differenza della visione occidentale della coscienza come una facoltà generale che può essere consapevole di tutti gli oggetti sensoriali e mentali, il Buddhismo differenzia sei tipologie di coscienza, ciascuna delle quali è specifica ad un campo sensoriale o al campo mentale.

  •  Coscienza visiva
  • Coscienza uditiva
  • Coscienza olfattiva
  • Coscienza gustativa
  • Coscienza tattile
  • Coscienza mentale.

 Una coscienza primaria conosce meramente la natura essenziale di un oggetto, che significa la categoria del fenomeno a cui qualcosa appartiene. Ad esempio, la coscienza visiva conosce una vista semplicemente come una vista.
Alcune scuole aggiungono due tipologie ulteriori di coscienza primaria per formare una lista di una rete ottuplice di coscienze primarie:

  • La Consapevolezza illusa conosce il suo fattore di maturazione come un falso “io”. Ad un livello grossolano, essa lo conosce come un “io” che esiste come un’entità statica, monolitica, indipendente dai suoi aggregati. Gli aggregati si riferiscono ai cinque fattori aggregati che comprendono ciascun momento della nostra esperienza. I cinque sono le forme di fenomeni fisici (incluso il corpo), la sensazione di un livello di felicità, la distinzione, le altre variabili influenzanti (emozioni eccetera), e la coscienza primaria.
  • Coscienza fondamentale, onnicomprensiva, coscienza deposito. Essa porta con sé le eredità karmiche e le impressioni mentali delle memorie. La continuità individuale cessa con l’ottenimento dell’illuminazione. 
Vedi anche  http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/filosofiacomparata/funzionemente.pdf

Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono ci...