mercoledì 1 maggio 2024

Claude Maréchal e il Viniyoga

"Lo yoga ha iniziato a svilupparsi in Europa negli anni ‘70, e fin dall'inizio c'è stata una vera e propria passione per questa visione del mondo venuta dall’Oriente. Da allora sono successe molte cose. Ora è giunto il momento per gli insegnanti occidentali che hanno studiato e compreso i principi dello Yoga di fare il loro lavoro correttamente e in modo indipendente. Questo è oggi il miglior significato della parola Viniyoga".  - Claude Maréchal

Nato in Belgio nel 1938, dal 1957 al 1964 Claude Maréchal ha studiato medicina all'Università di Lovanio ed ha poi conseguito la laurea in Educazione Fisica presso l'Università di Liegi.


È attraverso un libro che, nel 1958, ha scoperto lo yoga ed ha iniziato a praticare ogni giorno da autodidatta.   Divenuto assistente presso l'Istituto di Educazione Fisica dell'Università di Liegi, inizia ad insegnare yoga sollecitato da alcuni amici. 
Sempre più incuriosito e attratto dalla disciplina, nel 1969 decide di recarsi in India per andare alla scoperta delle fonti ed è a Madras che incontra il figlio di Sri T. Kṛishnamacharya, T.K.V. Desikachar, che sarà il suo unico insegnante per trentacinque anni.

Da quel momento Claude Maréchal abbandona il suo posto presso l'Università per dedicarsi all'insegnamento dello yoga, tornando ogni anno per più settimane in India: tra il 1969 e il 2002 farà oltre 40 soggiorni a Madras, trascorrendovi complessivamente almeno sei anni per approfondire tutti gli aspetti dello yoga e adattarli, nel modo più corretto possibile, alla società occidentale.

Dal 1971, attraverso ETY (Etude et Transmission du Yoga), la scuola da lui fondata, continua a condurre decine di corsi di formazione per insegnanti di Yoga. La scuola ha contribuito instancabilmente a diffondere gli insegnamenti Viniyoga in Belgio, Francia, Québec, Olanda, Spagna, Svizzera, Portogallo e Italia. La scuola ETY Viniyoga ha formato più di un migliaio di insegnanti che trasmettono la Yoga seguendo questa tradizione.

Claude Maréchal è  editore responsabile della rivista Viniyoga, dalla sua creazione nel 1983 al 2010, ultimo anno di pubblicazione. 

"A livello pratico, il Viniyoga consiste nel rispettare con grande attenzione la persona: età, sesso, stato di salute, costituzione, professione, luogo di residenza, stile di vita, le risorse e le debolezze, le credenze... Affinché la disciplina porti tutti i suoi frutti, è fondamentale scegliere le tecniche appropriate, il che implica un’attenzione costantemente rinnovata".

La sequenza di asana

Nella tradizione Yoga, la costruzione di una sequenza di āsana è un aspetto centrale nella programmazione e nello sviluppo della pratica.

Di nessuna postura, infatti, si può affermare che abbia determinati effetti, positivi o negativi, a prescindere dal suo inserimento all'interno della sequenza. Ogni āsana potrà produrre effetti diversi a seconda di cosa lo precede o lo segue: dovrà essere preparato progressivamente per poter trarne giovamento, così come dovrà essere compensato per riequilibrare il corpo, riportarlo ad una condizione di normalità e minimizzare potenziali rischi o effetti negativi. L'obiettivo è quello di proporre una serie che sia un insieme ordinato e organico, in cui gli āsana si preparano, si sommano e si compensano reciprocamente, mantenendo insieme le qualità di sthira – la stabilità, la fermezza – e sukha – il benessere, l'agio.


Per costruire una sequenza sarà quindi necessario tenere conto del punto di partenza dell’allievo, delle sue condizioni psico-fisiche, del momento della giornata in cui si fa la pratica e dell'obiettivo prefissato; scegliere in funzione di quest'ultimo la successione delle posture, adattandola alle capacità e ai bisogni individuali.

La sequenza deve prevedere le seguenti fasi: una fase ascendente, una fase centrale – e una discendente. In ognuno di questi tre momenti, bisognerà anche tenere in considerazione due azioni: l'azione compensatrice – o controposizione – e l'azione di transizione tra le varie fasi.

  • 1. La fase ascendente. È la fase iniziale della sequenza che, partendo con un breve momento di osservazione iniziale, prevede dei movimenti che preparano tutto il corpo, riscaldando i muscoli e sciogliendo le articolazioni. Si tratta in genere di posizioni in piedi, spesso eseguite in dinamica. A seguire, sarà utile scegliere altre posizioni che, tramite apposite varianti, preparano alla fase successiva della sequenza, il cuore. In questa fase l'attenzione mentale sarà diretta a tutte le reazioni del corpo e, in particolare, al respiro.
  • 2. Il cuore. La fase centrale di una sequenza sarà quella che comprende una o più posizioni, adeguatamente preparate dalla fase ascendente, dalle caratteristiche di maggiore intensità e/o difficoltà. Le posizioni "cuore" saranno eseguite sia in dinamica che in statica, per un certo numero di respiri, e spesso accompagnate da specifici atteggiamenti mentali (bhāvana). È attorno a questa fase, alle sue caratteristiche e finalità, che viene costruita tutta la sequenza.
  • 3. La fase discendente. Porta alla conclusione della pratica di āsana, propriamente detta, e accompagna alla fase successiva che può essere costituita dal prāṇāyāma e/o dal rilassamento sdraiati a terra sulla schiena e/o dalla meditazione: svolgerà quindi un'azione prevalentemente di compensazione del lavoro svolto nella fase centrale, di riaggiustamento, caratterizzata da agio, morbidezza e dolcezza e di transizione e preparazione verso uno o più aspetti della fase finale.

Il pranayama. Se la sequenza prevede il prāṇāyāma, a volte, potranno essere inseriti particolari ritmi respiratori e posizioni sedute che facilitano ulteriormente l'assunzione della posizione più idonea alla pratica del prāṇāyāma. Se, invece, non si prevede il prāṇāyāma, la sequenza potrà concludersi con il rilassamento finale sdraiati sulla schiena (śavasana), e/o con la meditazione oppure a movimenti che riportano il corpo nella posizione in piedi e alla ripresa delle attività della giornata.

L'azione compensatrice. Per poter ridurre al minimo i potenziali rischi e mantenere, invece, tutti i benefici che una o più posizioni possono apportare durante la pratica, bisogna porre una particolare attenzione all'azione di compensazione.  La controposizione seguirà la posizione che necessita di compensazione, oppure un breve momento di riposo in śavasana. Generalmente – ma non sempre – la controposizione appartiene alla stessa classe della posizione che compensa (posizioni in piedi, sedute, sdraiate sul dorso ecc.) ed è eseguita in dinamica in versioni modificate e/o semplificate. Non si tratta necessariamente di un movimento opposto a quello che si intende compensare: l'intento è piuttosto di riequilibrare e mobilizzare i segmenti del corpo; di riallineare e riportare simmetria, in particolare a livello della colonna vertebrale; privilegia l'agio, la distensione, la rilassatezza ed è in genere priva di controllo respiratorio o del mantenimento di un particolare atteggiamento mentale.

La posizione statica del rilassamento, śavasana, può in certi casi rappresentare l'unica azione di compensazione utilizzata ed è in ogni caso un momento di transizione che è possibile inserire prima dell'azione di compensazione vera e propria.

L'azione di transizione.  Tra le varie fasi della sequenza o tra i vari momenti all'interno delle stesse fasi, è utile inserire una posizione o più posizioni in funzione di collegamento tra due azioni più importanti. Combinando intelligentemente azioni compensatrici, correttive o riequilibranti, e insieme preparando la posizione successiva – dal punto di vista fisico, respiratorio e mentale – è possibile rendere la pratica di āsana equilibrata e fluida.

Altri elementi da considerare nella sequenza.

  • Forza: per rinforzare tutta la muscolatura del corpo, degli arti ma in modo particolare del tronco, evidenziando l'importanza del movimento di raddrizzamento dorsale.
  • Agilità: sollecitare le articolazioni e i muscoli attraverso degli stiramenti aiuta a conservare l'elasticità.
  • Rilassamento: si dovrà eliminare ogni sforzo inutile, così come nei momenti dedicati al riposo completo di corpo e mente.
  • Correzione / Allineamento: l'allineamento e la simmetria mirano alla correzione delle naturali asimmetrie del corpo ma anche dell'allineamento a livello sottile, per favorire il fluire del prāṇa.
  • Fuoco digestivo: la stimolazione del metabolismo generale del corpo (chiamato fuoco digestivo o agni) è molto importante per assicurare le funzioni metaboliche e mantenere uno stato di buona salute e gioventù.
  • Concentrazione / Interiorizzazione: l'interiorizzazione parte dal corpo, dalle sue percezioni e sensazioni, dai suoi bisogni. Il lavoro costante di attenzione è un allenamento alla concentrazione mentale e la prima tappa per la conoscenza profonda di sé e di una ricerca spirituale.

Come costruire una sequenza

 “Il corpo è l’arpa della tua anima, sta a te soltanto trarne dolci melodie o suoni confusi.” (Kahlil Gibran)

Praticare yoga da soli può sembrare semplice in teoria, ma è piuttosto complesso selezionare le posizioni da praticare e organizzarle in una sequenza efficace.    

Per cominciare qualsiasi sequenza di yoga, deve essere associata al respiro; ciò aiuterà a lasciare alle spalle le distrazioni, la fatica della giornata trascorsa. Non una sofisticata tecnica di pranayama, ma una respirazione consapevole: osservando il respiro che entra e che esce dalle narici, inspirando ed espirando profondamente, lentamente e in maniera ritmica, mentre si tiene una posizione. Bisogna cercare di ridurre al minimo i movimenti inutili e non fare un continuo sali-e-scendi dal pavimento, si può scegliere di partire in piedi, sdraiati o seduti.

Il riscaldamento nello yoga è importante; Serve a preparare il corpo per la pratica aumentando l’apporto di ossigeno, la temperatura e il flusso di sangue ai muscoli e alle articolazioni, riducendo così i dolori, i crampi o gli strappi. Ma i benefici non riguardano solo il corpo: le posizioni di riscaldamento  aumentano la consapevolezza di sé e del proprio corpo, favoriscono la concentrazione e la presenza mentale. Le asana di riscaldamento spesso sono dinamiche, cioè prevedono dei movimenti di allungamento, flessione e piegamento. Puoi scegliere di eseguirle in piedi, seduto o sdraiato – in ogni caso, occorre evitare posizioni complicate o troppo faticose.
Ecco alcuni esempi di asana ed esercizi di riscaldamento:

  • asana di riscaldamento in piedi: tadasana (la montagna); uttanasana (flessione in avanti); allungamento di braccia e colonna vertebrale verso l’alto; rotazione delle spalle;
  • asana di riscaldamento a terra: partendo da savasana, allungamento di braccia, colonna e collo; ginocchia al petto, per distendere la schiena; estensione delle gambe; setubanda-asana (il ponte);

Una sequenza di Hatha Yoga equilibrata dovrebbe includere:

  • asana in piedi: per esempio tadasana, uttanasana, i triangoli, virabhadrasana (il guerriero); ardha utkasana (la mezza sedia);
  • asana di equilibrio: vriksahana (l’albero), la variante virabhadrasana (il guerriero);
  • asana che lavorano sugli addominali: navasana (la barca); i cosiddetti “addominali yogici”, sollevando le gambe di 30°, 60° e 90°;
  • asana capovolte: dalle posizioni più semplici con le gambe sollevate su una sedia o contro il muro, alla candela e all’aratro;
  • flessioni all’indietro: bhujungasana (il cobra), la sfinge, shalabhasana (la locusta);
  • flessioni in avanti: pachimottanasana (la pinza), mahamudra (il grande sigillo con la chiusura dei tre bandha);
  • torsioni: dalle semplici torsioni sedute, vakrasana, a marichiasana, a jathara parivritti (torsione supina) e le sue varianti.

Non è detto che una sequenza di yoga equilibrata debba per forza includere tutti i passaggi di questa formula, che è ideale per una pratica di circa un’ora; se hai meno tempo a disposizione, puoi optare per una sequenza più breve, per esempio senza posizioni di equilibrio o posizioni capovolte, che sono considerate “opzionali”. 

Dopo le asana impegnative, come le flessioni all’indietro, le torsioni o le posizioni capovolte, esegui una posizione di compensazione. Le asana di compensazione svolgono due funzioni principali: riequilibrano le tensioni che possono essersi create mentre pratichi una posizione impegnativa (per esempio, dopo una flessione all’indietro come la posizione del cobra è utile compensare lo sforzo con una posizione che stira la schiena nell’altro senso, come ad esempio balasana (la posizione del bambino).

Concludi sempre la sequenza dedicando alcuni minuti al rilassamento finale che ti permette di assimilare e integrare gli effetti dello yoga. Mettiti in una posizione di rilassamento come savasana (sdraiato a terra) e dedica al riposo come minimo il tempo di 6 respiri lunghi, profondi e consapevoli.

Una sequenza di yoga ben costruita dovrebbe riscaldare gradualmente i muscoli in modo sicuro, aumentare gradualmente l'intensità fino alle posizioni più avanzate e poi portarti dolcemente in un finale rilassato.

Le sequenze di yoga sono spesso strutturate in 8 gruppi di posizioni: di apertura, Saluti al Sole, in piedi, inversioni, piegamenti all’indietro, torsioni, piegamenti in avanti e posizioni di chiusura, concludendo con savasana (posizione del cadavere). Ogni posizione e ogni gruppo di posizioni prepara il corpo e la mente per la successiva, creando un flusso armonioso.  

Ecco una possibile sequenza:

  1. Posizioni di apertura: Queste posizioni risvegliano le fasce muscolari importanti e preparano il corpo per la pratica interna.  Si può cominciare con alcuni minuti di meditazione seduta. Poi si eseguono alcune posizioni di riscaldamento; ponendo particolare attenzione a spalle, anche e spina dorsale; per cui è una buona idea inserire alcune posizioni che cominciano a risvegliare i gruppi muscolari di queste aree, inoltre, quasi tutte le posizioni richiedono addominali forti e centratura, quindi si possono proporre degli allungamenti addominali (posizione del cammello) per prendere coscienza del “centro”. Poi si potrà scegliere una sequenza per focalizzarsi su aree precise, ad esempio, in una sequenza che pone l’accento sulle anche, si può cominciare con una posizione del piccione o un piegamento in avanti a gambe incrociate.

  2. Saluti al Sole: Integrano movimento e respirazione, apportando calore e vitalità al corpo.

  3. Posizioni in piedi: Creano forza, flessibilità ed energia. È buona norma includere almeno 4 posizioni in piedi in ogni sequenza; il metodo più saggio è quello di organizzarle in modo tale che siano complementari l’una all’altra. Ad esempio, le posizioni del guerriero ruotando il bacino in maniera differente, per cui combinandole si crea un’azione bilanciata. Allo stesso modo, il triangolo e il triangolo ruotato si complementano poiché allungano fasce muscolari contrapposte. Un altro metodo è quello di scegliere le posizioni in piedi in relazione alle posture che farai successivamente. Ad esempio, se vuoi concentrarti sulle torsioni, potresti scegliere il triangolo ruotato, che già include una torsione. 

  4. Inversioni: Rinforzano e allungano la parte alta del corpo, stimolano il sistema nervoso.  Queste posizioni stimolano il sistema nervoso, sono fisicamente ed energeticamente molto impegnative; quindi possono essere il momento di maggiore intensità dell’intera sequenza.  Si può saltare questo gruppo di posizioni ed eseguire abbastanza a lungo il cane a testa in giù.

  5. Piegamenti all'indietro: Favoriscono la flessibilità della colonna vertebrale e rafforzano la schiena.

  6. Torsioni: Rilasciano tensioni e migliorano la flessibilità della colonna vertebrale.

  7. Piegamenti in avanti: Favoriscono il rilassamento e l'allungamento dei muscoli posteriori del corpo.

  8. Posizioni di chiusura e savasana: Portano il corpo gradualmente al riposo e alla consapevolezza.

E' importante ascoltare il corpo durante la pratica e modificare le posizioni se necessario. Con il tempo e la pratica costante, si potranno programmare sequenze yoga personalizzate e più impegnative.   

Manuali di yoga che possono aiutare  a capire meglio le asana, i loro raggruppamenti e come metterle in sequenza:

  • Asana: Le Posizioni Base Dello Yoga di Swami Kuvalayananda è un manuale storico, che ci riporta direttamente la voce di uno dei maestri indiani che hanno fatto la storia dello yoga moderno, Swami Kuvalayananda, che tra i primi studiò lo yoga in relazione alla salute e alla medicina occidentale.
  • Asana, pranayama, mudra, bandha di Swami Satyananda. Uno dei manuali sistematici sullo yoga più completi che puoi trovare. Sono spiegate in dettaglio non solo asana, ma tutti gli elementi fondamentali dell’Hatha Yoga: dal pranayama ai mudra, ai bandha e alla meditazione.
  • Hatha yoga L'equilibrio in piedi  di F.N.E.Y.  Questo libro fa parte di una bella serie di manuali della federazione francese degli insegnanti di yoga.

martedì 30 aprile 2024

Sequenze di posizioni yoga per persone anziane

 
Puoi usare questo sito per costruire la tua sequenza:
  • https://www.tummee.com/it/yoga-poses/viniyoga-yoga-poses
  • https://www.tummee.com/it/yoga-sequences/senior-yoga-sequences
  • https://www.tummee.com/yoga/poses/library

mercoledì 10 aprile 2024

Il Dhammapada commentato da Thomas Cleary

"Mediante l'energia, la vigilanza, l'autocontrollo e la padronanza di sè, il saggio fa di se stesso un'isola che le ondate non possono travolgere"

Il Dhammapada, gli elementi della dottrina, è costituito da una raccolta popolare dei detti del Buddha, una delle più antiche, un'antologia di affermazioni basilari della dottrina buddhista. Il testo originale è diviso in 423 aforismi,  divisi in XXVI capitoli.

Il Buddha non insegnò né rituali né dogmi, ripudiò il sistema ariano delle classi, e abbandonò le cerimonie e i culti degli antichi sacerdoti. Molti yogi e asceti entrarono nel nuovo movimento attirati dalla calma e dalla  chiarezza della via buddhista.

Gli insegnamenti furono trasmessi da monaci questuanti e dai cosiddetti dharmahara, detentori dell'insegnamento. La tradizione orale fu messa per  iscritto in Pali (sintesi delle lingue parlate dai primi buddhisti). Il centro dell'insegnamento del buddhismo è la purificazione del sè e la liberazione.

Nel contesto delle varie forme di buddhismo il processo di liberazione individuale e di pacificazione mentale delineato negli insegnamenti del Dhammapada, viene definito il viaggio Minore. La meta è chiamata Città magica. Da qui si apre la prospettiva del viaggio Maggiore la cui meta la conoscenza e la visione illuminante è definita Terra dei tesori. Poi c'è il Tantra. Il viaggio Minore è preparatorio e comunque sin dall'inizio i seguaci di questa via rifiutarono il Grande Veicolo.  Questa traduzione è stata fatta seguendo il punto di vista del Grande Veicolo.   

Thomas Cleary (1949-2021) è uno dei più noti orientalisti occidentali, ha insegnato lingua  e civiltà orientali a Harward. Ha tradotto in lingua inglese più di 25 opere di filosofia orientale, soprattutto zen.  Ha studiato i koan per trent'anni. Le sue traduzioni sono note per la loro eccezionale lucidità.

Il cap 1. Parla della contrapposizione tra bene e male,  Sii tu  a dominare la mente, non farti dominare da essa. L'illusione nasce quando ci si attacca a una realtà immaginaria creata dai sensi e dalle parole.  La contemplazione dell'impermanenza porta naturalmente all'aspirazione, all'illuminazione e alla liberazione.

Chi non di disciplina sarà sopraffatto dai tormenti causati da avidità, odio, illusione, orgoglio, dubbio e azioni arbitrarie. E causati dalla morte.  Se qualcuno parla molto del bene, ma non lo mette in pratica è negligente; se qualcuno parla poco del bene, ma si comporta nettamente, è giusto. C'è chi manca di autocontrollo e non è sincero, non si merita la veste gialla... L'avatamsaka-sutra paragona coloro che non praticano ciò che predicano a dei musicisti sordi o a pittori ciechi.   

 Il cap 2. La vigilanza.   Nirvana significa estinzione, ossia la fine delle afflizioni: avidità, odio, illusione, orgoglio, dubbio, opinioni arbitrarie. Mediante l'energia, la vigilanza, l'autocontrollo, e la padronanza di sè, il saggio fa di sé stesso un'isola che le ondate non possono travolgere. 

Cap 3. Stabilizzare la mente. Essere al di là della virtù e del peccato significa aver abbandonato ogni impulso a compiere il male, e ogni desiderio di ricompensa per le buone azioni. La compassione verso gli altri non è di nessuna utilità se non si è capaci di padroneggiare prima se stessi.  

Cap. 4. I fiori. Come l'ape secchia il nettare dei fiori senza danneggiare colore e profumo, così dovrebbe vivere il saggio nel suo villaggio.   Non guardare gli errori degli altri, o ciò che hanno fatto o non fatto, osserva ciò che tu stesso hai fatto o non fatto. Le belle parole sono come un meraviglioso fiore colorato ma privo di profumo, non recano frutto a chi non le mette in pratica. 

Cap. 5. Lo stolto. La compagnia degli stolti è dannosa. Le conoscenze di uno stolto tendono ad essere nocive. "Ho figli, ho denaro... ";  lo stolto soffre per questi pensieri. Ma se egli non appartiene nemmeno a se stesso, come potrebbero allora appartenergli i figli e il denaro? Dice il Corano "La competizione per avere di più vi distrae fino al momento in cui finite nella tomba".

Cap. 6. Il saggio. Non è l'uomo amato da tutti, ma l'individuo che predica e vive la verità. Il saggio è maestro di se stesso, non abbraccia le opinioni altrui, ha la mente chiara, segue i propri principi ed è libero da condizionamenti.      Se vedi un uomo che ti indica i difetti e ciò che è biasimevole, seguilo come un saggio intelligente, come uno scopritore di tesori.    A chi segue un simile individuo verrà bene, non male.  Il Tao te Ching dice: "Chi vince gli altri è potente, chi vince se stesso è invincibile"  I saggi non si fanno condizionare dalle parole.

Chi possiede una mente ben esercitata, libero dagli attaccamenti e legami, chi ha eliminato ogni condizionamento, ottiene il Nirvana in questo modo.   I fattori dell'illuminazione sono sette: raccoglimento, investigazione della realtà, diligenza, gioia, calma, concentrazione, equanimità.

Cap.7. Il santo. questo capitolo descrive l'arhat, l'individuo che ha completato il Viaggio Minore ed ha ottenuto la pace interiore del nirvana.

Cap. 8. Le migliaia. La consapevolezza dell'impermanenza dà spessore all'esperienza del mondo:  E' meglio vivere un giorno consapevoli dello stato immortale (nirvana) che cento anni senza esserne cosscienti. L'equanimità porta a vedere ciò che è presente in questa vita e ciò che è reale e vero in senso assoluto.

Cap. 9. Il male.  Non c'è posto dove si possa sfuggire alle conseguenze delle proprie azioni, ovvero alle leggi naturali di casualità.

Cap. 10. La violenza. Il capitolo parla della compassione, incoraggia la non-violenza e l'autocontrollo. Parla anche dell'inutilità delle pratiche ascetiche e della necessità di una vera trasformazione interiore. "Non l'andare nudo, non il digiuno, nè lo stare immobile, purificheranno il mortale che non abbia superato dubbio e desiderio..."    " Se uno, pur essendo ben ornato, è equanime, tranquillo, controllato, disciplinato e casto, egli è un sacerdote, un religioso, un monaco..."

Cap. 11. La vecchiaia.  Capitolo per preparare l'individuo ad affrontare la morte, a scomparire dopo aver realmente vissuto.  "Una persona che ha imparato poco invecchia come un bue, cresce la sua carne ma non la sua saggezza"   "io ho vissuto numerose rinascite cercando senza trovarlo il costruttore di questa casa; è penoso ricominciare sempre daccapo".

Cap. 12. Il sè.       Il capitolo sottolinea l'importanza di dominare se stessi prima di aiutare gli altri. Se l'individuo non si è reso psicologicamente indipendente, la compassione degenera in un inutile sentimentalismo. Ciò è visibile ad ogni livello, da quello dei rapporti individuali ai rapporti internazionali. 

Se ciò che si insegna agli altri si vuole diventare, prima occorre controllarsi, perchè il sè è difficile da domare.    Il sè è maestro di sè; chi altri potrebbe esserne il maestro?         Dal proprio sè il male è fatto, dal proprio sè si è danneggiati, dal proprio sè il male è disfatto, dal proprio sè si è purificati. Purezza e impurezza sono questioni personali; nessuno può purificare un altro. questi versi ammoniscono le persone che hanno fretta a trovare un maestro che risolva i loro problemi.   "Non si trascuri il proprio bene per quello degli altri, per quanto grande sia: riconosciuto il proprio bene, si cerchi di perseguirlo.  Non possiamo veramente aiutare gli altri se non abbiamo sufficientemente sviluppato la nostra comprensione e le nostre capacità. Dare una mano agli altri soltanto "per sentirsi buoni", non è un'azione altruistica, ma una forma di egocentrismo.  Persone superficiali che ascoltano queste affermazioni del Dhammapada hanno tipiche reazioni di insofferenza.

Cap. 13. Il mondo.  Se non si considera il mondo in qualcosa di transitorio e instabile si finisce nella delusione e nella sofferenza, condizioni che il buddhismo combatte per mezzo della consapevolezza e della sofferenza.

 Cap. 14. L'illuminato.  La paziente sopportazione è la suprema ascesi che il Buddha chiama Nirvana, non è un anacoreta colui che offende gli altri, non è un asceta colui che danneggia gli altri.

Non insultare, non danneggiare, sii controllato, sii moderato, vivi in solitudine, esercitati in meditazione: questo è l'insegnamento del Buddha.  I desideri non si saziano mai, nemmeno con una pioggia di monete. Chi sa che i desideri portano molta sofferenza e poca gioia, questi è un saggio.

Cap.15, La felicità.  Viviamo dunque felici, liberi da odio, malattie, ansie, senza possedere nulla; nutriamoci di gioia come degli esseri luminosi.   La vittoria provoca odio perchè lo sconfitto giace sofferente. Chi ha raggiunto la calma, vive serenamente, avendo superato vittoria e sconfitta.

Cap. 16. Il piacere. Non attaccarti a ciò che è piacevole, né a ciò che è spiacevole,   la sofferenza nasce dal desiderio. Per chi si è liberato del desiderio non c'è sofferenza.

Cap.17. L'ira.  Abbandona l'ira, scaccia l'orgoglio, vinci tutti gli attaccamenti, nessuna sofferenza colpisce chi non si attacca né a nome, né a forma.

Cap. 18. L'impurità.  Non c'è strada in cielo, non c'è ascetismo nelle pratiche esteriori; non c'è permanenza nelle cose condizionate, non c'è incertezza nei Buddha.

Cap.19. Il giusto. Un uomo non è saggio perchè parla molto; è saggio quando è calmo e privo di ostilità e paura.  Colui nel quale esistono verità, giustizia, non-violenza, autodisciplina e controllo, questi è davvero libero da impurità e saggio...   Non con le regole di condotta, non con le osservanze religiose, non con l'erudizione, non con la concentrazione e non con la vita solitaria raggiungerai la gioia della liberazione che sfugge all'uomo comune.

Cap. 20. La via.  Sei tu che devi compiere lo sforzo; i Buddha ti indicano come devi procedere.    Quando si vede in meditazione che tutte le cose sono insostanziali, ci si libera della sofferenza; questa è la via della purezza.   La saggezza si costruisce con l'impegno; senza sforzo essa scompare.   Cura la via che porta alla pace interiore, al nirvana indicato dal Felice (uno degli epiteti del Buddha).

Cap 21. Miscellanea.  Sedendo solo, dormendo solo, agendo da solo, l'uomo diligente si goda la foresta, dominando il sè.

Cap. 22. L'inferno.   Come un filo d'erba mal afferrato taglia la mano, così l'ascetismo mal perseguito porta all'inferno.    (L'ascetismo degli egocentrici, invece di ridurre i loro difetti, accresce orgoglio e presunzione)    Chi abbraccia false dottrine finisce male...

Cap. 23. L'elefante.  Chi è riuscito a vincere se stesso è paragonato a un elefante domato.  La mente era solita vagare là dove desiderava, là dove voleva, là dove le piaceva; ora la controllerò con saggezza, come il conducente controlla con l'uncino l'elefante.   Se trovi un compagno prudente, una persona saggia che si comporta bene, avendo superato ogni ostacolo, viaggia con lui, contento e consapevole;   altrimenti viaggia da solo.      E' meglio procedere da solo; uno stolto non è una buona compagnia.     Va' da solo, come un elefante nella foresta, con pochi desideri, senza compiere il male.

Cap. 24. Il desiderio. Il desiderio di un uomo che agisce senza attenzione cresce come una liana. egli salta qua e là, come una scimmia che cerca frutti nella foresta.     Proprio come un albero ricresce dopo essere stato tagliato, poichè le sue radici non sono state divelte e sono salde, così questa sofferenza ricresce finchè non sia stato sradicato il desiderio.   Liberati dal passato, liberati dal futuro, liberati dal presente, tendi alla trascendenza.  Quando la tua mente sarà del tutto libera, non sarai più soggetto a nascita e a vecchiaia.      Ho vinto tutto, conosco tutto, non sono influenzato da nessuna cosa. Abbandonando tutto, avendo distrutto ogni desiderio, sono libero.  - Perchè ho compreso da solo, chi altri potrebbe essermi maestro?

Cap. 25. Il monaco.   Buddha parlò più di qualità spirituali che di comportamenti rituali o di condizioni sociali.   Chi è libero da possessività verso ogni forma e nome non soffre, perchè non ha nulla: costui è chiamato monaco.   Il monaco che vive con benevolenza, con fede consapevole nell'insegnamento dell'Illuminato, raggiungerà la condizione della pace, la beatitudine in cui cessa ogni condizionamento.   Vuota questa barca, o monaco, quando sarà vuota, viaggerà più leggera. Sradicando passioni e odio, raggiungerai il nirvana.   Non c'è meditazione senza saggezza, non c'è saggezza senza meditazione.  Chi abbia sia la meditazione, sia la saggezza è davvero vicino al nirvana.   La meditazione senza la saggezza non solo è inutile, ma è anche pericolosa. come il gelsomino lascia cadere i fiori appassiti, così voi, o monaci, dovete lasciar cadere le passioni e l'odio.

Cap. 26. Il sacerdote. Nel sacerdote che ha raggiunto la metà mediante i due principi (fermare samatha e vedere vipassana), in lui che sa, tutti i legami giungeranno alla fine.  Colui per cui non c'è né l'altra sponda né questa sponda, né la trascendenza, né l'immanenza, colui che è libero dalla sofferenza, svincolato, questi io chiamo sacerdote.    Chi possiede verità e rettitudine, questi è benedetto, questi è sacerdote.    Evidentemente il Buddha non pensava che rifugiarsi in meravigliosi ashram portasse alla pace interiore....

Questa non è la fine del Dhammapada. Il Dhammapada è una ruota, non una linea. Ora torniamo all'inizio del testo...

venerdì 29 marzo 2024

Riassunto del libro Thich Nhat Hanh. Un sentiero tra le stelle

Estratto del libro Thich Nhat Hanh. Un sentiero tra le stelle. Autori: Roberto Fantini e Cesare Maramici.

Il monaco zen vietnamita Thich Nath Hanh (1926 - 2022), uno dei maggiori esponenti del pensiero buddhista contemporaneo, rappresenta uno di quei rari straordinari Maestri di Saggezza capaci di illuminare, con il proprio insegnamento e con il proprio impegno di vita, un’intera epoca, seminando un messaggio di Amore, Gioia e Compassione, rivolto a credenti e non credenti, in vista di un mondo rifondato sui valori della Consapevolezza, del Dialogo, della Nonviolenza e della Pace. Nel periodo presente, così denso di incognite oltremodo inquietanti e angoscianti, entrare in contatto con il messaggio di questo grande mistico potrà certamente costituire un messaggio di speranza. Con questo libro, seppur in maniera sintetica ed essenziale, si è tentato di presentare la ricchezza filosofica e la forte valenza pedagogica e terapeutica del suo pensiero.

Tra la fine del 1946 e il 1954, Thich Nhat Hanh assistette alla tragedia della guerra d’Indocina, poi divenuta, con l’intervento statunitense, guerra del Vietnam negli anni '60. Thich Nhat Hanh ha presto concepito una forma di buddhismo impegnato che potesse rispondere concretamente alle esigenze della società, dando vita al movimento di resistenza nonviolenta dei "Piccoli Corpi di Pace": gruppi di laici e monaci che si prodigavano per ricostruire i villaggi bombardati e tutto ciò che era stato distrutto dalla guerra. 

Si reca negli Stati Uniti e in Europa per sostenere la causa della pace e per chiedere la fine delle ostilità in Vietnam. E’ durante questo viaggio che incontra Martin Luther King, che, nel 1967, lo propone  come candidato al Premio Nobel per la Pace, definendolo “un apostolo della pace e della non violenza” e sostenendo che “le sue idee per la pace, se applicate, costruirebbero un monumento all’ecumenismo, alla fratellanza mondiale, all’umanità”.  

Nel 1975, Thay pubblica il libro Il miracolo della presenza mentale. Come ebbe a dire Jon Kabat-Zinn, è stato “il primo libro che abbia portato all’attenzione di un ampio pubblico di lettori l’argomento della consapevolezza. Ha aperto nuovi orizzonti nella scena della meditazione della fine degli anni Settanta e dei primi anni Ottanta, portando la pratica fuori dalla sala di meditazione e mostrando in che modo la consapevolezza potesse trovare applicazione nella vita di tutti i giorni”. 

Nello stesso anno (1975), fonda la Comunità Sweet Potato (“Patata dolce”), vicino a Parigi, che, nel 1982, viene trasferita in una proprietà molto più ampia, il Plum Village (vicino a Bordeaux in Dordogna). Nel 2008, fonda Wake Up (“Svegliati!”), un movimento mondiale seguito da migliaia di giovani che si impegnano in pratiche di vita consapevole, e  lancia a livello internazionale un programma di formazione per insegnanti, le Wake Up Schools.  All'età di 80 anni dichiara: “Nel buddhismo vediamo che l’insegnamento si compie non solo parlando, ma anche vivendo la propria vita. La tua vita è ciò che insegni, è il messaggio che trasmetti”

In seguito all’ictus subito nel 2014, smette l'insegnamento diretto, anche se come lui stesso dice "Anche con l'esempio si può insegnare".  Oltre centomila praticanti hanno ricevuto i “Cinque Addestramenti alla Consapevolezza” al Plum Village.  

La pratica della consapevolezza è un “importante agente di trasformazione e di guarigione”, che può consentirci di smettere di essere vittime della distrazione, interrompendo di cercare “la felicità in qualche altro posto, ignorando e distruggendo i preziosi elementi di felicità che sono già presenti dentro di noi e intorno a noi.” La consapevolezza ci permette di cessare di innaffiare i “semi di infelicità” presenti in noi, spingendoci ad innaffiare, invece, con premurosa cura, “i semi della pace, della gioia e della felicità.

 Thich Nhat Hanh è noto per essere il padre della meditazione consapevole o  mindfulness, il suo insegnamento, pur restando pienamente inserito nel flusso della tradizione zen,  è volto a ridurre al minimo il formalismo rituale, favorendone, in tal modo, la comprensione da parte degli occidentali. Invece di usare i koan - interrogativi enigmatici che i maestri sottopongono ai loro studenti per stimolarne il risveglio – Thich Nhat Hanh ricorre alle metafore. Non cerca di fare proselitismo; chiunque ha la possibilità di assistere agli insegnamenti e chiunque è benvenuto nel "Sangha", la comunità dei praticanti.

The Miracle of Mindfulness, pubblicato nel 1975 (poi tradotto in italiano con il titolo Il miracolo della presenza mentale), presentava nuove pratiche meditative da lui sviluppate.  La “meditazione non deve essere intesa come evasione, ma come un incontro sereno con la realtà”, un modo di scoprire come vivere pienamente il momento presente: "Non lasciare che la mente divaghi nei ricordi del passato o nelle aspettative del futuro".

Tra gli insegnamenti chiave di Thich Nhat Hanh troviamo la consapevolezza del respiro e la camminata meditativa. Camminare in meditazione significa essere consapevoli ad ogni passo del contatto dei nostri piedi con il terreno e sincronizzare i passi al ritmo del nostro respiro: “Percependo la Terra come un bodhisattva cammineremo sul pianeta con lo stesso rispetto che avremmo nel camminare in un edificio di culto o in qualsiasi spazio sacro.”   

Punto chiave del suo insegnamento è la compassione che si estende anche alla natura e a tutto ciò che ci circonda, incoraggiandoci a coltivare "l'interessere", un ben preciso senso di interconnessione con tutto l'universo.  Thay ci invita a vedere come siamo tutti interconnessi e come le nostre azioni influenzino continuamente il mondo intorno a noi.  E’  fortemente orientato al non dualismo, e si propone di superare quella visione di noi stessi come entità separate dalle altre persone e dal resto della realtà che è fonte di enorme sofferenza, sia individuale che collettiva. Tutti i fenomeni dell’intero universo saranno quindi da osservare e da intendere alla luce dell’interdipendenza: “Niente può esistere di per sé.”

Il maestro vietnamita puntualizza che il meditante non dovrebbe mai  limitarsi a praticare soltanto per veder sorgere nella propria mente i cosiddetti “Quattro incommensurabili stati mentali” (amore, compassione, gioia ed equanimità), ma anche per far sì che essi penetrino nel mondo, per mezzo di parole e azioni.  Un altro punto cardine del suo insegnamento è che la pace interiore e la felicità sono disponibili solo nel presente. Una delle sue frasi più note è : "La presenza mentale aiuta a vivere in profondità ogni momento della vita".  Siamo chiamati a trasformare il momento presente nel “momento più meraviglioso” e possiamo riuscirci a condizione di imparare a fermare la nostra sciocca corsa verso il futuro e smettendo di torturarci per il passato.  E lo sviluppo della consapevolezza in quanto “nostra luce interiore” sarà facilitato dalla pratica della meditazione. Il nirvana - ci dice - è la liberazione da tutte le idee e le opinioni: “Quando entri in contatto con la realtà non hai più opinioni. Hai la saggezza”.  

Secondo Thich Nhat Hanh, la mindfulness buddhista è sempre socialmente impegnata, concentrata sul rimedio alle cause della sofferenza e dell'oppressione del mondo. E poiché i suoi obiettivi sono alleviare la sofferenza collettiva attraverso la riduzione dell'avidità, dell'odio e dell'illusione, la mindfulness buddhista può servire come pratica di sostegno per un sistema sociale più inclusivo e come forza profetica per sfidare le iniquità strutturali ed economiche che hanno schiavizzato gli oppressi, i poveri e gli affamati.  

Thich Nath Hanh è stato un maestro di eticità e il suo insegnamento è caratterizzato da:              

  • impegno sociale; 
  • comunicazione accessibile; 
  • geniale quanto coraggiosa capacità di mettere determinate tecniche meditative (adeguatamente semplificate ed essenzializzate, ma mai banalizzate o mercificate) a disposizione delle donne e degli uomini occidentali;
  • forte interesse pedagogico;
  • grande sforzo divulgativo;
  • straordinaria capacità di applicare gli antichi insegnamenti alle particolari problematiche del mondo contemporaneo.    
  • sincera disponibilità al dialogo inter-religioso;

In piena sintonia con il pensiero teosofico e con quello gandhiano, quindi, sostiene che nessuna singola tradizione religiosa  può ritenersi depositaria del monopolio dell’intera verità. “Dobbiamo cogliere - dice - i valori migliori delle diverse tradizioni e lavorare insieme per rimuovere le tensioni fra le tradizioni stesse: solo così potremo offrire un’opportunità alla pace. 

Altro tema particolarmente a cuore di Thich Nhat Hanh è l'ambiente e l'ecologia. Thay, con la sua Lettera d’amore alla Madre Terra, dopo avere espresso più volte commozione di fronte alla grande armonia del cosmo, denuncia l’operato dell’essere umano che sta creando squilibri, inquinando l’atmosfera, e gli oceani, invitandoci tutti a ritrovare il nostro vero ruolo che è quello di proteggere la Madre Terra. 

Thich Nhat Hanh affronta anche il rapporto tra dolore e sofferenza. Il dolore può anche essere inevitabile, ma il fatto di soffrire o meno dipende da noi. Soffrire è una scelta, noi scegliamo se soffrire o meno. Nascita, vecchiaia e malattia sono naturali. È possibile non soffrire a causa loro, ma soltanto se siamo in grado di accettarle come parte della vita. Possiamo sempre scegliere di non soffrire, benché vi siano dolore o malattia. La vita e la nostra particolare situazione dipendono dal nostro modo di guardare.

Attraverso la meditazione – puntualizza Thich Nath Hanh – potremmo arrivare alla conoscenza di un’unica cosa: "che nascita e morte non ci riguardano mai e in nessun modo.”  Se riuscissimo a osservare attentamente i grandiosi processi cosmici, non dovrebbe risultare difficile superare la paura della morte.  “La nostra vera casa è nel qui e ora. Il passato se n’è andato e il futuro non è ancora arrivato". 

Thich Nhat Hanh è autore di circa 130 libri, di cui una settantina tradotti in italiano, che vanno dai manuali classici sulla meditazione, la consapevolezza e il buddhismo impegnato, poesie, racconti per bambini e commenti su antichi testi buddhisti, frutto di una vita di insegnamento, di studio, di creatività e di realizzazioni spirituali.

Scrittore poliedrico, Thich Nhat Hanh ha affrontato svariate tematiche come l'Etica, le Relazioni, l’Ecologia, esplorando anche i possibili punti d’incontro tra le grandi tradizioni del buddhismo e del cristianesimo.

Con questo libro, seppur in maniera sintetica ed essenziale,  si è tentato di presentare la ricchezza filosofica e la forte valenza pedagogica e terapeutica del suo pensiero.

Il libro si può trovare al seguente link: https://www.edizioniefesto.it/collane/lumen/774-thich-nath-hanh-un-sentiero-tra-le-stelle 

Filmati su Thay:    https://www.youtube.com/watch?v=IZkjX_c4hm4

 https://www.youtube.com/watch?v=SNRvtJ6nQhw  Buddhist Chant Namo Avalokiteshvara a Plum Village

https://www.youtube.com/watch?v=t5Ka2RS0UC4  https://www.youtube.com/watch?v=eiaxqGsyld8

giovedì 28 marzo 2024

Che tipo di personalità hai?

I tipi di personalità in psicologia, utilizzati per gestire e reclutare gli impiegati, sono stati individuati da Rudolf Steiner in quattro temperamenti: collerico, flemmatico, sanguigno e melanconico, basati sui tratti complessivi della loro costituzione fisica e mentale, ma anche sugli influssi ricevuti dall'ambiente circostante.

Quando si esaminano i comportamenti degli individui, si notano un certo numero di caratteristiche comuni che possono essere raggruppate in grandi categorie corrispondenti a sei tipi di personalità di base nel modello di comunicazione dei processi:

  • L'Analista
  • Il Perseverante
  • Il Promotore
  • Il Ribelle
  • Il Sognatore
  • L'Empatico

Ogni tipo di personalità ha caratteristiche con punti di forza e di debolezza più o meno adatti a una situazione (attività, funzione, lavoro, obiettivo):

  • Caratteristiche comportamentali osservabili (linguaggio verbale e non verbale, abbigliamento, scelta dell'ambiente).
  • Un modo specifico di percepire l'ambiente.
  • Un canale di comunicazione privilegiato per interagire con altri tipi di personalità.
  • Bisogni psicologici che influenzano lo sviluppo della sua energia, la sua motivazione, i suoi punti di forza e la maggior parte delle sue decisioni riguardanti la scelta di un'attività professionale e il suo stile di vita.
  • La scelta di un'attività o di una professione.
  • Punti negativi sotto stress quando i bisogni psicologici non sono soddisfatti.

Per ragioni pedagogiche, i tipi di personalità sono descritti come tipi "puri", cioè soggetti che sarebbero al 100% di un tipo esclusivo di personalità, cosa che naturalmente non esiste nella realtà. Infatti, ogni persona è costituita da una combinazione unica e specifica dei sei tipi di personalità descritti di seguito.

L’Empatico

  • Punti forti: sensibile, caloroso e compassionevole. Gli piace prendersi cura degli altri, essere utile, dare agli altri occupandosi del loro comfort.
  • Comportamenti: veste per piacere agli altri, spesso sorridente. Lavora bene in gruppo e cerca atmosfere gentili, in un ambiente simpatico e personalizzato.
  • Modo di percezione e comunicazione: percepisce le persone e le situazioni soprattutto attraverso le sue sensazioni. Il suo linguaggio esprime molti sentimenti ed emozioni.
  • Bisogni psicologici: desidera essere riconosciuto come persona, sentirsi amato per se stesso e non per il suo lavoro o le sue opinioni. Cerca anche la soddisfazione dei bisogni sensoriali (vedere, sentire, odore, gusto).
  • Scelta di un'attività: sarà attratto dalle professioni relazionali, dai mestieri di servizio o assistenza, o da mestieri legati all'uso dei sensi.
  • Punti negativi sotto stress: tende ad adattarsi troppo ai bisogni degli altri, avrà difficoltà ad affermarsi e potrebbe commettere errori assurdi.

L'Analizzatore

  • Punti forti: logico, responsabile e organizzato. È capace di pensare in modo logico, possiede una buona capacità di analisi e sintesi. È un razionale molto strutturato, un pragmatico apprezzato per la sua serietà, il suo senso dell'ordine, la sua efficienza, il suo rispetto dei programmi.
  • Comportamenti: si veste in base alla situazione con un'attenzione all'ordine e alla pulizia. Cerca di lavorare con una o due persone, e in un ambiente funzionale, ordinato, dove ogni cosa è al suo posto.
  • Modo di percezione e comunicazione: pensa prima di tutto classificando le persone, gli eventi, le idee. Il suo linguaggio esprime soprattutto pensieri e poche emozioni.
  • Bisogni psicologici: ha bisogno di essere riconosciuto per ciò che fa e per il suo talento di pianificatore.
  • Scelta di un'attività: spesso è un ingegnere, un tecnico, uno scienziato, un manager.
  • Punti negativi sotto stress: tende a controllare troppo, a sforzarsi e a fare tutto da solo.

Il Perseverante

  • Punti forti: coscienzioso, impegnato e osservatore. È soprattutto un uomo o una donna di opinione e di convinzione. Va fino in fondo ai suoi progetti e puoi contare sui suoi impegni e sulla sua parola. Sono capaci di difendere le proprie opinioni con forza e tenacia.
  • Comportamenti: si veste secondo le norme e talvolta per mostrare i propri impegni. Cerca di lavorare con piccoli gruppi e in un ambiente "serio", tradizionale e rispettoso di norme personali, culturali, professionali.
  • Modo di percezione e comunicazione: valuta prima le persone e le situazioni. Il suo linguaggio esprime opinioni, molti giudizi e poche emozioni.
  • Bisogni psicologici: per il valore delle sue opinioni e anche per la qualità del suo lavoro.
  • Scelta di un'attività: cerca un potere d'influenza per far passare le sue convinzioni, una posizione gerarchica elevata. Spesso è leader nel mondo dell'economia, della politica, del sindacato...
  • Punti negativi sotto stress: tende ad avviare una crociata contro coloro che non condividono le loro opinioni.

Il Promotore

  • Punti forti: affascinante e pieno di risorse. Ama l'azione, il rischio, funziona sull'intuizione, ama affascinare anche senza implicazioni seduttive. È un fuggiasco che l'eccitazione del successo stimola.
  • Comportamenti: si veste per mostrare il suo successo. Lavora bene sia da solo che in gruppo perché è molto adattabile. Apprezza il lusso e gli ambienti lussuosi.
  • Modo di percezione e comunicazione: agisce soprattutto e poi adatta l'azione in base ai risultati. Deciso e diretto nel parlare, non esprime sentimenti considerando che sia un segno di debolezza.
  • Bisogni psicologici: ha bisogno di eccitazione e cerca forti emozioni.
  • Scelta di un'attività: apprezza le professioni dell'azione e delle attività con forti sfide.
  • Punti negativi sotto stress: manipola il suo entourage e distorce la situazione a suo vantaggio.

Il Sognatore

  • Punti forti: calmo, fantasioso e riflessivo. È efficace se i compiti sono chiaramente spiegati e può lavorare da solo. Mantiene la calma e la compostezza anche nei momenti difficili.
  • Comportamenti: si veste a seconda del tempo e non si preoccupa del suo aspetto esteriore. Cerca un angolo isolato e tranquillo per lavorare in modo efficace e talvolta su compiti concreti e ripetitivi che possono annoiare gli altri.
  • Modo di percezione e comunicazione: non prende l'iniziativa e aspetta istruzioni chiare e precise per agire. Poco loquace se non lo si cerca. Piuttosto riservato, non ama esprimere i suoi sentimenti.
  • Bisogni psicologici: ha un grande bisogno di calma e solitudine.
  • Scelta di un'attività: è attratto da attività solitarie che consentono una ricca vita interiore.
  • Punti negativi sotto stress: in un ambiente agitato, troppo stimolante, si chiude in se stesso, si sente sopraffatto e fatica a completare il compito entro il tempo previsto.

Il Ribelle

  • Punti forti: creativo, giocoso e spontaneo. Luminoso, entusiasta, è una persona che ama i contatti, il lavoro di gruppo in un'atmosfera stimolante e giocosa. Vive il momento e ama giocare e scherzare.
  • Comportamenti: si veste per essere originale e attirare l'attenzione. Molto espressivo e gioioso. Lavora bene in un ambiente ricco di contatti stimolanti e giocosi.
  • Modo di percezione e comunicazione: reagisce subito dicendo ciò che ama o odia.
  • Bisogni psicologici: cerca contatti divertenti e dinamici.
  • Scelta di un'attività: è attratto dalle professioni della creatività, del tempo libero, dalle professioni indipendenti e artistiche.
  • Punti negativi sotto stress: privato di contatti stimolanti e giocosi, contesta sistematicamente, biasima severamente gli altri e si difende da ogni responsabilità per ciò che gli accade.

Un altro approccio per identificare il profilo di una persona è basato sul MBTI, che si basa sui 16 tipi di personalità. Il MBTI® identifica 4 coppie di preferenze. Isabel Myers e Katherine Briggs (le ideatrici del MBTI®) hanno avuto l'idea di rappresentare ciascuna preferenza con una lettera. Questo abbrevia notevolmente la presentazione del profilo. Invece di dire, ad esempio, che qualcuno ha una preferenza per l'Estroversione, l'Intuizione, il Sentimento e la Percezione; si può dire, sei un INFP.

Queste preferenze sono:

  • Estroversione o Introversione che sono le nostre fonti di energia:

    • La persona che ha una preferenza per l'Estroversione (E) cerca la sua energia nel contatto con il mondo esterno.
    • La persona che ha una preferenza per l'Introversione (I) cerca la sua energia in momenti di calma e di ritiro su se stessa.
  • Sensazione o Intuizione, il nostro modo di percepire le informazioni:

    • La Sensazione (S) è la funzione che usiamo quando percepiamo le informazioni in modo sensoriale, sequenziale, interessandoci alla realtà fattuale e tangibile (presente o passata).
    • L'Intuizione (N) è la funzione che usiamo quando facciamo collegamenti tra le informazioni, interessandoci alle possibilità, proiettandoci nel futuro o facendo collegamenti tra passato, presente e futuro.
  • Pensiero o Sentimento, la nostra preferenza per la presa di decisione:

    • Il Pensiero (T) è la funzione che usiamo quando prendiamo decisioni seguendo criteri logici.
    • Il Sentimento (F) è la funzione che usiamo quando prendiamo decisioni basate su criteri soggettivi.
  • Giudizio o Percezione, un'attitudine che influisce sul nostro modo di organizzare la nostra vita:

    • Il Giudizio (J) cerca struttura, prevedibilità e continuità.
    • La Percezione (P) cerca piuttosto adattabilità, variabilità.

Una persona che ha una preferenza per l'Estroversione (E) + la Sensazione (S) + il Pensiero (T) + il Giudizio (J) è un ESTJ. Un INFP rappresenta il tipo MBTI che ha una preferenza per l'Introversione (I) + l'Intuizione (N) + il Sentimento (F) + la Percezione (P).

Il MBTI® è un modello molto diffuso, che facilita le interazioni con molti interlocutori. Viene utilizzato sia nella formazione che nel coaching e nel team building. Il MBTI® è piuttosto facile da usare. Alcuni professionisti criticano, giustamente, il lato statico

del MBTI®. Utilizziamo il modo di spiegare il funzionamento dei 16 profili di Carl Jung (le 8 funzioni orientate) e di John Beebe (gli Archetipi di John Beebe) per avere un approccio dinamico: come posso evolvere nel tempo, come funziono sotto stress, quali sono le mie vie di miglioramento professionale e personale.

Il risultato del test di personalità che ho fatto è: Protagonista ENFJ-A. E estroverso, N intuizione, F sentimento, J giudizio. I protagonisti sono degli ottimisti che ispirano gli altri e agiscono senza esitare nel fare quello che sembra loro giusto.

Link utili:

  • Test di personalità gratuito:     https://www.16personalities.com/fr/test-de-personnalite
  • https://www.inapp.gov.it/professioni/strumenti-per-l-orientamento/holland/
  • https://www.institut-repere.com/info/process-communication-6-types-personnalite/
  • https://drh.ma/le-test-process-com-model/
  • https://www.metamorphoses.be/fr/ressources/mbti/tout-savoir-sur-le-mbti#synthese

 


domenica 17 marzo 2024

Convegno BeYoga Beyond

Potete rivedere gli interventi fatti dai relatori al convegno BeYoga Beyond promosso dalla Federazione Europea di Yoga nei giorni 9 e 10 marzo 2024     cliccando su questi link:
 

https://www.facebook.com/share/3hev8T5AYrmJt8EF/

mercoledì 13 marzo 2024

Ricerca sul Buddhismo in Italia

Promossa dall’Unione Buddhista Italiana e realizzata in collaborazione con un gruppo di ricercatori delle Università di Padova e Torino, la ricerca "Il buddhismo in Italia" offre una riflessione sui cambiamenti all’interno del campo delle religioni contemporanee. I risultati della ricerca sono stati presentati il 12 marzo 2024. https://unionebuddhistaitaliana.it/comunicati-stampa/buddhismo-in-italia-ricerca-ubi/    Rapporto completo: https://unionebuddhistaitaliana.it/wp-content/uploads/2024/03/RAPPORTO-FINALE-UBI-2023.pdf


Perché si diventa buddhisti in Italia? Qual è la percezione che i praticanti buddhisti in Italia hanno di sé e della propria tradizione in Italia? Chi sono i buddhisti oggi? Cosa conoscono gli italiani del Buddhismo e come vedono coloro che si definiscono buddhisti?

Le domande che hanno guidato le varie tappe dell’indagine hanno restituito un’immagine a tutto tondo non solo dell’identità, delle pratiche e delle credenze dei partecipanti dei 64 centri UBI, ma hanno approfondito anche le percezioni e le rappresentazioni che gli italiani che non si identificano con questa religione hanno dei praticanti buddhisti in Italia, assieme alle opinioni dei buddhisti italiani che non afferiscono ai centri UBI (Unione Buddhista Italiana).

Secondo l’ultimo rapporto realizzato da CESNUR (2022) i praticanti di tradizione buddhista in Italia sono 342mila, pari allo 0,6% della popolazione residente. L'indagine è riuscita a combinare metodi qualitativi e quantitativi coinvolgendo più di 300 persone con interviste in profondità e a raccogliere più di 500 questionari di persone frequentanti i centri dell’Unione Buddhista Italiana in un contesto italiano caratterizzato da una forte presenza del cattolicesimo. La raccolta dei dati tramite strumenti qualitativi ha previsto la predisposizione di tre tracce di intervista a seconda che gli intervistati fossero buddhisti partecipanti alle attività dei centri UBI (137 interviste raccolte), buddhisti non afferenti all’UBI (51 interviste) oppure non buddhisti (130 interviste, tra le quali 30 con testimoni privilegiati).

“Questa ricerca rappresenta un unicum a livello italiano ed Europeo per tracciare i molteplici volti del Buddhismo in Italia” – sottolinea Filippo Scianna, Presidente dell’Unione Buddhista Italiana. “Il Buddhismo si inserisce in una società che, nella sua maggioranza, buddhista non è. Diventa quindi molto interessante capire come viene percepito internamente, da chi frequenta i centri UBI e dai buddhisti o centri che non afferiscono all’UBI, ed esternamente, dai non buddhisti. Dalla ricerca emerge come il Buddhismo offra la possibilità di dare risposte molto flessibili alle sfide della contemporaneità oltre a una straordinaria capacità di interpretare le istanze più diverse del contesto socioculturale in cui viviamo”.

Dall’indagine emerge come ad essere preponderante sia la componente femminile (58%) dei praticanti, e una presenza abbastanza consistente di over 60 (33%) rispetto a quella degli under 35 (26%). Dal punto di vista sociodemografico è possibile delineare un identikit del buddhista medio: donna di mezza età, con un profilo socioeconomico e culturale mediamente alto. La ricerca ha cercato di comprendere a quali categorie viene principalmente associato il Buddhismo. Il 36,3% degli intervistati lo considera una filosofia di vita, il 18,7% una religione, il 13,5% lo associa all’amore universale e alla compassione, e il 13,1% ad una scienza della mente.
Per la maggior parte degli intervistati la conoscenza del Buddhismo è avvenuta in modo autonomo tramite le reti familiari (6,6%), il partner (4,3%) o gli amici (13,9%).

L’adesione al Buddhismo è dettata principalmente da necessità individuali, spirituali e personali. Tra i principali motivi che hanno determinato l’avvicinamento alla pratica buddhista vi sono i benefici spirituali che questa potrebbe portare, la visione del Buddhismo come una via di salvezza alla sofferenza, la ricerca di risposte alle proprie domande e la convinzione che la morale buddhista possa davvero aiutare l’umanità a progredire. È interessante notare come il Buddhismo sia capace di evidenziare alcuni dei nodi rilevanti del cambiamento sociale e culturale che caratterizza le società contemporanee in Occidente. L’attenzione all’ambiente, la difesa dei diritti umani e una particolare sensibilità per le questioni di genere e le disuguaglianze sono alcuni degli elementi che conferiscono al Buddhismo una connotazione attraente per i non praticanti. Il Buddhismo impegnato sembra essere uno degli asset più importanti del capitale simbolico del Buddhismo in Italia.

Considerando ad esempio il tema della parità di genere gli intervistati mostrano un elevato grado di accordo (6.83/7) rispetto alla leadership religiosa femminile. Nella realtà dei fatti all’interno dei centri aderenti all’UBI ci sono 17 responsabili su 57 di genere femminile (pari al 30% del totale). Questo risultato si discosta in positivo dai dati che riguardano la maggioranza di altre organizzazioni laiche o religiose. 

Perché si diventa buddhisti in Italia? Sicuramente la ricerca spirituale e le sofferenze esistenziali giocano un ruolo preponderante nel far avvicinare le persone al Buddhismo. Tra le interviste raccolte emerge da parte delle persone un’insoddisfazione nei confronti dei valori dominanti della società accanto a una domanda di senso che fatica a trovare risposta. Il Buddhismo viene quindi scelto perché al suo interno si respira una più grande libertà nel ricercare un senso per la propria esistenza, una libertà che non preclude la possibilità di riscoprire le proprie radici cristiane e cattoliche ma in una luce diversa e con una prospettiva più inclusiva. Per il 58% degli intervistati l’apertura al pluralismo e la diversità religiosa sono verità importanti da trovare in tutte le religioni. L’adesione al Buddhismo per 7 intervistati su 10 non va letta in termini di conversione. Per molti, essere buddhista, non significa tagliare di netto con il passato quanto più intraprendere un percorso capace di allargare le proprie prospettive. 

Il buddhismo, a detta di chi lo pratica, sembra avere una capacità maggiore, rispetto al cattolicesimo, di rispondere alle esigenze della modernità, soprattutto sul versante del dialogo con la scienza e della fiducia nelle possibilità della mente dell’uomo. Le pratiche della meditazione e dello yoga, in questa prospettiva, vengono inserite in una cornice di autonomia del soggetto alla ricerca del benessere personale e della propria autorealizzazione.

La ricerca ha sottolineato che il Buddhismo in Italia suscita una curiosità dettata dal fascino dell’esotico, spesso le conoscenze sono del tutto approssimative tanto da arrivare a confondere il Buddhismo con l’induismo. A costruire l’immaginario collettivo, oltre alle figure di leader religiosi come il Dalai Lama, sono anche i film, la letteratura e la musica. A tutti sarà capitato di leggere Siddharta o di vedere al cinema sette anni in Tibet. Si tratta di suggestioni che consentono ai non praticanti di farsi un’idea di massima su questa religione. Tra le persone il Buddhismo è percepito come pacifico, non autoritario e poco interessato a fare proselitismo ed è guardato in modo favorevole perché portatore di valori che non mettono al centro la frenesia dell’efficienza, ma al contrario rispettano i ritmi della natura e i bisogni profondi degli individui.

Sintetizzando quanto raccontato dagli intervistati, nell’immaginario degli italiani il buddhismo sembra configurarsi secondo quattro tipologie: un buddhismo di matrice religiosa praticato da pochi; un buddhismo di moda legato a pratiche molto diffuse come lo yoga o la mindfulness; un buddhismo privatizzato e spirituale che risponde alla ricerca di senso individuale, slegato dai dogmi delle tradizioni religiose; un buddhismo terapeutico, legato al benessere psicofisico personale.

L'indagine è stata allargata anche ai non praticanti buddhisti e grazie a questo ampio sguardo è possibile comprendere la straordinaria capacità del Buddhismo di interpretare le istanze più diverse della nostra società offrendo risposte flessibili o comunque non dogmatiche alle sfide della contemporaneità”.

Di centri, associazioni e gruppi che in maniera più o meno stringente si ricollegano al buddhismo, ne sono stati individuati 478. Le più rilevanti organizzazioni buddhiste mappate sono il Buddhismo della Via di Diamante, la Soka Gakkai, l’Ordine dell’Interessere e Essere Pace.

venerdì 8 marzo 2024

Shintoismo in Giappone

Lo shintoismo ( “via degli dei”) o scintoismo, viene considerato la religione autoctona e più antica del Giappone.

Lo shintoismo: non ha un fondatore, né un testo sacro, né un “Dio” unico superiore. Ci sono comunque dei testi base dello shintoismo che sono il Kojiki e il Nihon Shoki. Sono opere che narrano le origini mitologiche del Giappone e vennero fatte redigere dalla famiglia imperiale nell’VIII secolo per giustificare la propria egemonia sugli altri clan e attribuirsi antenati divini. Lo shintoismo non è particolarmente interessato alla morte e all’aldilà (che rientrano più nell’orbita buddhista), ma a tutto ciò che concerne la vita in questo mondo, la natura, gli inizi e la trasformazione. Lo shintoismo non è nemmeno centrato su una dottrina morale specifica. Alla base dello shintoismo abbiamo la presenza del sacro nella natura e nei fenomeni che la circondano, e il praticante vuole mantenere l’armonia con queste forze e  ottenere favori e protezione da queste forze.

Una delle preoccupazioni principali dello shintoismo è la purezza e gli esseri umani nascono puri e la purezza è la loro condizione naturale. Capita, però, che si contaminino, ad esempio nel contatto coi morti, e che debbano quindi purificarsi con appositi riti e pratiche. La purezza è un ideale che compare già nel mito di Izanagi e Izanami, raccontato nel Kojiki e nel Nihon Shoki. Secondo la leggenda, alla morte della dea Izanami, suo marito Izanagi andò nell’aldilà per tentare (invano) di recuperarla. Al ritorno in questo mondo dovette purificarsi per essere entrato in contatto con la morte, e lo fece immergendosi nel fiume Tachibana.
Questo mito è rappresentativo per due motivi: ci fa capire che la morte è considerata impura. Lo stesso vale per la malattia, il sangue mestruale o quello del parto. È una credenza che ha avuto una certa importanza nella creazione della casta degli intoccabili, i burakumin. Questa classe era in parte composta da gente che lavorava a contatto con il sangue o con i morti.

Il secondo elemento importante è il ruolo purificatore dell’acqua. Per accorgersi della sua importanza, basta visitare qualunque tempio: prima di entrare bisogna sciacquarsi mani e bocca in una specie di fontana chiamata chōzu-ya o temizu-ya. Analogamente, non è raro vedere persone spargere acqua davanti a casa o al proprio negozio. Altri elementi purificatori sono il fuoco e il sale: quest’ultimo viene usato per purificare il ring nel sumo.

Essendo una religione di stampo animistico e politeista, lo shintoismo riconosce numerose divinità o spiriti, dette kami. Questi kami sono delle entità intangibili che eccellono nel loro essere, sia esso buono o cattivo. Sono qualunque cosa generi timore o rispetto. In concreto, possono essere fenomeni naturali, elementi animati o inanimati: la dea del sole Amaterasu (l’antenata della dinastia imperiale) e gli imperatori morti sono dei kami, ma lo possono essere anche gli antenati, piante, rocce e animali. Il loro numero è infinito. Essendo una religione “sincretica”, che cioè assorbe e unisce elementi presi da diverse tradizioni, lo shintoismo ha accolto al proprio interno anche divinità di origine cinese e indiana.
Anche il concetto di kami è qualcosa di “sentito”, di “avvertito”, che non è facile definire logicamente o descrivere a parole. Nello shintoismo di stato, nato a fine Ottocento, anche l’imperatore vivente era considerato un kami.

Il rito, più che la dottrina, è il cuore dello shintoismo, ed è una componente molto importante della cultura giapponese in generale.  Ci sono riti legati alle varie tappe della vita:  la nascita, la crescita,  il raggiungimento della maggiore età, , il matrimonio, ecc  per invocare la protezione dei kami.Ci sono riti come il jinchisai per purificare il sito di un nuovo cantiere edile, come l’umi-biraki  per inaugurare la stagione balneare e lo yama-biraki  per inaugurare quella del trekking.  Durante i riti, ma anche nelle normali visite, è possibile imbattersi nelle miko, le aiutanti. Queste non sono sacerdotesse, ma ragazze laiche che danno una mano nella gestione del santuario e a volte si esibiscono nelle danze sacre. Sono distinguibili per i pantaloni (hakama) rossi e la casacca bianca. Non ci sono funzioni religiose settimanali: la gente visita il tempio quando vuole, magari in occasione di riti speciali o matsuri.  Lo scopo delle visite al tempio non è legato all’espiazione di peccati o a benefici nell’aldilà, ma è più immediato e terreno. Di solito si prega per invocare protezione da pericoli e calamità, per la salute, la prosperità e il successo (agli esami di ammissione, ad esempio).

Poi ci sono i matsuri (festival) legati principalmente ai vari periodi dell’anno (Capodanno) e al raccolto (in primavera e in autunno). Durante le feste, solitamente, c’è una parte di purificazione seguita da offerte di cibo e preghiere, danze e musica. Le preghiere recitate dal kannushi (il sacerdote) sono composte in un linguaggio aulico e si chiamano norito.

I luoghi di culto shintoisti si chiamano solitamente “jinja”. Anche se questo termine si traduce come  “santuario”, “jinja” indica tutta l’area sacra, non solo l’edificio principale. Un tempo, infatti, non c’erano edifici permanenti: iniziarono a svilupparsi solo sotto la spinta del buddhismo (ai cui templi rimasero annessi fino a fine Ottocento).  Oggi, tipicamente, un jinja è composto da diversi elementi:     Torii: il portale d’ingresso nell’area sacra. È spesso dipinto di rosso e, nella versione più semplice, è formato da due colonne sormontate da una specie di architrave.
    Chōzu-ya o temizu-ya: una struttura con una fontana e dei mestoli in cui eseguire la purificazione rituale di mani e bocca prima di accedere al santuario.
    Haiden: il padiglione in cui i fedeli possono pregare. Le preghiere di solito non sono molto elaborate e la visita dura pochi minuti. In genere si svolge così: si fa un’offerta simbolica (una moneta da 5 yen è considerata benaugurante) e, se presente, si suona una piccola campana appesa sopra l’offertorio per attirare l’attenzione del kami e purificare l’aria. Dopodiché si fanno due inchini, si battono le mani due volte, si recita dentro di sé una preghiera (una richiesta, non una formula prestabilita) e, infine, si fa un altro inchino.
    Honden: il sancta sanctorum in cui può entrare solo il sacerdote (kannushi) e che contiene lo shintai, un oggetto simbolico in cui risiede il kami. Spesso si tratta di uno specchio. Lo shintai non è il kami, ma solo un oggetto che esso abita per essere accessibile agli umani.
    Alcuni templi non hanno un honden, perché lo shintai è un elemento naturale. L’esempio più famoso è quello del santuario di Ōmiwa, a Nara, dove lo shintai è la montagna.
    Yoshiro: è un oggetto che, come un parafulmini, attrae il kami e gli offre uno spazio fisico da occupare temporaneamente. Lo shintai è quindi uno yoshiro. Può essere un albero, una roccia, una katana o una montagna, e rappresenta la forma più primitiva del jinja. Di solito gli yoshiro sono identificabili perché sono circondati da grandi corde attorcigliate (shimenawa) decorate con strisce di carta a zig-zag.

Spesso nei santuari (ma anche nei templi buddhisti) sono presenti dei posti in cui appendere gli ema e, separatamente, gli omikuji. I primi sono delle tavolette di legno con un’immagine, in origine un cavallo. Il nome significa infatti “cavallo disegnato”, e si riferisce al fatto che, in passato, i ricchi offrissero ai kami questi animali, che sono considerati il loro mezzo di trasporto. Sul retro dell’immagine si può scrivere una richiesta per il kami (in qualunque lingua) e appenderla per fargliela arrivare.
Gli omikuji, invece, sono delle specie di oracoli scritti su carta che si estraggono a sorte e rivelano il futuro di una persona. In teoria, quelli negativi andrebbero appesi per scongiurare la cattiva sorte, ma spesso la gente appende anche quelli con i buoni auspici in segno di ringraziamento.

Al di fuori dello shintoismo più istituzionalizzato sopravvivono molte credenze popolari, parte del substrato da cui ha attinto la religione ufficiale. Lo shintoismo come lo conosciamo oggi è un prodotto di fine Ottocento. Nella sua formazione possiamo distinguere tre fasi:

1. Le origini delle credenze. La prima fase coincide con lo sviluppo di credenze sciamaniche e animistiche, nate probabilmente nel Nord-est asiatico e portate dalle popolazioni mongole. In questa fase non esisteva l’idea di una religione che si chiamasse “shintoismo”, e, siccome non c’era la scrittura, è difficile conoscerne i dettagli.  Per lungo tempo la popolazione giapponese fu organizzata in base ai clan, e ciascuno aveva le proprie credenze e divinità. Nel tempo, le varie fazioni iniziarono a unirsi sotto la guida di un unico clan, il cui dominio si espanse nel resto dell’arcipelago. Si tratta degli Yamato, che diedero origine alla linea imperiale che continua ancora oggi. La religione e la mitologia del clan dominante divennero quindi quelle condivise dal Paese, ma anche i miti degli altri gruppi vennero assorbiti e riorganizzati per costruire un sistema che mettesse al centro l’imperatore.

2. Le origini del termine.  La parola “shintoismo” comparve con l’arrivo del buddhismo nel VI secolo d.C., quando si cercò di trovare un termine per definire tutto ciò che non era buddhismo. Anche in questo caso, quindi, non si trattava necessariamente di un’unica religione organizzata in modo sistematico, ma di un insieme di pratiche e credenze.  Il fatto, però, che si inizi a parlare di shintoismo insieme al buddhismo getta le basi per lo sviluppo di questa seconda fase: la fusione tra i due culti. Per molti secoli, in Giappone, non si sentì la necessità di separare nettamente shintoismo e buddhismo. L’idea di esclusività propria dei grandi culti monoteisti qui non è mai arrivata. Le due religioni si influenzarono a vicenda e divennero inscindibili. Non si parlava tanto di “shintoismo” in sé, in quanto questo era un’usanza in senso ampio, non una religione che si professava. I kami furono visti inizialmente come protettori del buddhismo, poi come entità intrappolate nel ciclo delle rinascite e infine come bodhisattva, esseri illuminati. Per tutti questi motivi, i templi shintoisti e buddhisti sorgevano nello stesso luogo.

3. Le origini del sistema religioso organizzato. La “terza nascita” dello shintoismo risale all’epoca Meiji, a fine Ottocento. Il Giappone si stava aprendo all’Occidente dopo 250 anni di isolamento e sentiva il bisogno di definire la propria identità per evitare di essere fagocitato. Cercò nella propria cultura qualcosa di “originale” e autoctono, e lo trovò nello shintoismo. Mentre il buddhismo venne visto come una dottrina importata e corrotta, lo shintoismo venne esaltato come vera religione nazionale. Per la prima volta, quindi, si crearono due culti distinti.

In questa fase si cercò di analizzare e sistematizzare questa religione, stabilendo cosa fosse shintoista e cosa no. Nello stesso periodo nacque anche lo shintoismo di stato, che venne usato per sostenere il nazionalismo e la militarizzazione di inizio Novecento. Questa dottrina dava grande importanza al culto dell’imperatore, considerato un kami vivente.

Lo shintoismo di stato venne smantellato dopo la seconda guerra mondiale. Al giorno d’oggi, molti giapponesi si dichiarano atei, ma tantissimi fanno visita a un santuario a Capodanno (hatsumode), o magari in vista degli esami. Tra i santuari più famosi ci sono infatti i Tenmangū, dedicati a Tenjin, il kami protettore dello studio. Molto popolari sono anche quelli consacrati a Inari, che protegge le messi e gli affari e che ha come messaggero una volpe. Tante grandi aziende, tra cui la Shiseido, hanno un santuario dedicato a Inari nei loro edifici.
Il santuario Fushimi Inari è una tappa obbligata a Kyoto, ma ce ne sono tantissimi altri in Giappone. 

Dal sito:  https://volcanohub.com/ 

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