Il buddhismo ha svolto un ruolo fondamentale nella storia giapponese. Oltre a essere una delle
due principali religioni del Paese (l’altra è lo shintoismo), è stato anche il mezzo con cui sono
arrivati in Giappone tantissimi elementi culturali dal continente.
Lo scopo del buddhismo è superare la sofferenza che deriva dall’attaccamento e dal desiderio, liberarsi dal ciclo delle reincarnazioni e raggiungere la condizione di nirvana. Non è importante definire una divinità da adorare o dei dogmi: ciò che conta è aiutare gli individui a liberarsi. In questa prospettiva, il buddhismo non è un fine. È un “veicolo” che traghetta i fedeli dalla sofferenza alla saggezza. In generale, possiamo dividerlo in tre correnti:
- Theravāda: i suoi praticanti dichiarano di aderire più strettamente alle dottrine originali del Buddha storico. Per loro, l’illuminazione può essere raggiunta solo da chi abbandona la vita secolare per dedicarsi alla disciplina buddhista. È la corrente dominante nel sud-est asiatico.
- Mahāyāna (o “del grande veicolo”): secondo questa corrente, chiunque può raggiungere la salvezza. Sono importanti le figure dei bodhisattva, cioè i praticanti che hanno già raggiunto l’illuminazione, ma scelgono di continuare a reincarnarsi per aiutare le persone a raggiungere il nirvana. La corrente Mahāyāna è la più seguita in Cina e in Giappone. Jizo in Giappone è uno dei bodhisattva più venerati, protettore di bambini e viaggiatori
- Vajrayāna: buddhismo tantrico o esoterico, sviluppatosi a partire dal Mahayana. È seguito soprattutto in Tibet. Il termine “tantrico” si riferisce all’importanza data alla ripetizione di formule sacre (mantra), alla meditazione con l’uso dei mandala, alle visualizzazioni e ai gesti rituali per comunicare lo stato di buddha e raggiungerlo. Tutto questo può solo essere appreso con un maestro, rendendo queste dottrine “esoteriche”, cioè per iniziati. La figura centrale di questo tipo di buddhismo in Giappone è Dainichi Nyorai, il primo buddha ad averlo predicato.
Il buddhismo, nato in India intorno al V secolo a.C., giunse in Giappone solo nel VI secolo d.C., dopo un viaggio di oltre 1.000 anni e 5.000 chilometri. Attraversando secoli e civiltà, assorbì elementi delle culture con cui entrò in contatto e venne interpretato in modi diversi, portando alla formazione di più “scuole”. Quando sbarcò in Giappone, l’aristocrazia lo vide soprattutto come uno strumento per governare il paese, per compiere riti protettivi e per partecipare alla più ampia e sofisticata scena culturale del continente.
Fin dagli inizi il buddhismo, che arrivava già permeato da secoli di convivenza con confucianesimo e taoismo, si mescolò anche con lo shintoismo. Le due religioni, non essendo “esclusiviste” come i grandi monoteismi mediorientali, vissero in simbiosi fino a fine Ottocento. In particolare, come aveva già fatto con le divinità induiste (Un Nio, guardiano dei templi è un esempio di divinità induista incorporata nel buddhismo), il buddhismo integrò i kami shintoisti nella propria sfera. Inizialmente questi erano visti come creature soggette alla reincarnazione, e che quindi andavano liberate. In seguito vennero considerati manifestazioni di buddha o bodhisattva.
Già il principe Shōtoku, nel VII secolo, aveva cercato di amalgamare shintoismo, confucianesimo e buddhismo definendoli rispettivamente le radici, il tronco e i fiori del sistema religioso giapponese.
La fusione tra buddhismo e shintoismo venne messa in crisi a fine Ottocento, quando il governo ordinò la separazione dei due culti. Ne seguì un movimento a volte anche violento di discriminazione, espropriazione e chiusura dei templi. Questa politica, però, fu perseguita solo parzialmente.
Ai giorni nostri, anche se templi buddhisti e santuari shintoisti sono distinti, le pratiche religiose dei giapponesi mescolano varie tradizioni. Molti si definiscono “atei” proprio perché l’idea di “religione” è occidentale. Evoca riti strutturati e coerenti, mentre per un giapponese è normalissimo andare a un tempio shintoista a Capodanno o prima di un esame e visitare le tombe dei propri cari in un cimitero buddhista. Le usanze e credenze quotidiane hanno attinto da tutte le religioni disponibili (buddhismo, shintoismo, confucianesimo, taoismo) e non sono più identificate in nessuna di queste singolarmente.
C'è il Buddhismo basato sul jiriki. Per le scuole di questo gruppo, la salvezza si può raggiungere con le proprie forze, grazie ad autodisciplina e meditazione.
Poi ci sono le scuole esoteriche/tantriche. Infatti in un primo periodo il buddhismo si legò principalmente alla corte, dove si diede maggiore enfasi ai riti e alle formule magiche.
Nel periodo Heian (794-1185) nacquero due scuole importanti, che ebbero un ruolo fondamentale nell’armonizzare shintoismo e buddhismo:
- La scuola Tendai: si basa sul Sutra del Loto e sull’idea che tutto e tutti siano illuminati in potenza, perché ogni cosa ha una natura di Buddha. In questo senso è il connubio perfetto per l’animismo dello shintoismo. La scuola Tendai cerca di arrivare a una sintesi delle correnti buddhiste capendo l’unità che le accomuna. Nell’Enryaku-ji, il monastero sede del movimento, si insegnavano elementi di venerazione di Amida (tipici della scuola Jōdō), meditazione, pratiche esoteriche e precetti dei bodhisattva. Il tempio, situato sul monte Heian, vicino a Kyoto, divenne uno dei centri di formazione buddhista più importanti dell’epoca: lì studiarono i fondatori di molte delle principali correnti buddhiste successive.
- La scuola Shingon (“Vera Parola”): venne introdotto da Kūkai, anche noto come Kōbō Daishi. È una scuola più prettamente esoterica che mescola a componenti native elementi magici indiani e dell’Asia Centrale. Uno di questi è il rituale del goma, un fuoco sacro in cui vengono bruciate le offerte e che ha radici negli antichi riti vedici indiani. Il tempio Kongobuji è il tempio principale della corrente Shingon.
Lo zen. Zen è la traslitterazione abbreviata del sanscrito dhyāna, che significa “meditazione”. Anche il buddhismo zen è arrivato in Giappone dalla Cina, dove era noto come Chán ed era stato introdotto nel VI secolo d.C. dal leggendario monaco Bodhidharma. In Cina questa dottrina si stabilizzò e, come sempre succede, assimilò alcuni elementi locali, in particolare taoisti.
Questa scuola arrivò in Giappone solo nel XII secolo, e i suoi rami principali (Rinzai e Sōtō) sono stati fondati da ex monaci Tendai.
Secondo il buddhismo zen, siamo tutti buddha in potenza, dobbiamo “solo” accorgercene risvegliandoci.
La verità, però, non si può insegnare o comunicare a parole: va vissuta personalmente e direttamente. Il risveglio (satori) non è una questione di studio o di ragionamento, ma un’intuizione. Lo strumento principale di cui ci si serve è lo zazen (meditazione da seduti). Nella scuola Rinzai, a questo si affiancano anche i kōan, delle specie di indovinelli che non possono essere risolti con la logica (“Che rumore fa una mano che applaude da sola?”).
Come abbiamo visto, lo zen, come tutto il buddhismo in Giappone, è stato un vascello che ha fatto arrivare nel Paese molti elementi estetici e artistici dalla Cina. Anche se la religione ha avuto un ruolo determinante nella loro introduzione e diffusione, è molto riduttivo ritenerli una sua emanazione o un suo prodotto. Il ruolo centrale dello zen nell’arte (comprese le arti marziali), nelle discipline e nelle anime dei giapponesi è in buona parte un’interpretazione nata all’inizio del Novecento. In Occidente Suzuki Daisetsu è stato il più famoso promotore di queste idee.
Buddhismo basato sul tariki. È il gruppo di cui fanno parte le scuole più seguite in Giappone. Per le dottrine di questo gruppo, la salvezza si raggiunge solo con la fede, affidandosi alla benevolenza e al potere di un Buddha (solitamente Amida).
Per capire le motivazioni di questa scuola bisogna guardare il periodo storico: dopo anni in cui i monaci buddhisti erano coinvolti in episodi di corruzione e complotti politici, nel XII secolo si era aperta un’epoca di guerre, calamità e carestie. Sembrava, insomma, che fosse giunta l’era del Mappō, o della degenerazione della legge del Buddha, in cui il mondo diventa così corrotto che la gente non può più mettere in pratica gli insegnamenti buddhisti e non può salvarsi con le proprie forze. In tempi così infausti, l’unica speranza era affidarsi ad Amida.
Questo fu anche il periodo in cui il buddhismo si diffuse alla popolazione: erano quindi necessari approcci più semplici, invece di riti e dottrine complicate. Come abbiamo visto, una delle soluzioni che si svilupparono fu lo zen, basato sul jiriki.
Tra le principali scuole basate sul tariki, invece, troviamo:
- - Jōdō-shū (Scuola della Terra Pura): fondata in India intorno al I-II secolo d.C., in Giappone faceva originariamente parte della scuola Tendai, da cui si separò nel periodo Kamakura (XII secolo). Il nome si riferisce al “Paradiso Occidentale” in cui i credenti rinascono dopo la morte. Lì, ad aspettarli, ci sarà il Buddha Amida (l’ex monaco indiano Dharmakara) che li aiuterà a raggiungere il nirvana. L’obiettivo, quindi, attraverso la fede e le buone azioni, non è raggiungere direttamente il nirvana, ma rinascere in questo paradiso. Non è importante studiare i sutra o meditare, quanto piuttosto dimostrare la propria devozione con il nembutsu, cioè evocando il nome del Buddha Amida.
- - Jōdō Shinshū (Vera Scuola della Terra Pura): è una versione più “radicale” della precedente. Rifiuta tutti i sutra a parte quello della Terra Pura e toglie ogni valore ai “meriti” individuali per rinascere nel paradiso. Le pratiche e le azioni sono inutili perché denotano una mancanza di totale affidamento e non sono accessibili a tutti. L’unico modo per salvarsi è la fede assoluta, l’abbandono ad Amida. Il Grande Buddha di Kamakura (una città giapponese sul mare a sud di Tokyo) rappresenta Amida, la figura principale del buddhismo della Terra Pura. Il Buddhismo della Terra Pura, la cui corrente principale, maggioritaria e diffusa è nota anche come amidismo, è un ramo del buddhismo Mahāyāna, che enfatizza i rituali e le pratiche devozionali, ed è attualmente una delle scuole di buddhismo dominanti nell'Asia orientale, dove divide la scena con lo zen.
Poi c'è la scuola di Nichiren: questa scuola prende il nome dal suo fondatore, anche lui formatosi nella scuola Tendai. Rappresenta una via di mezzo tra l’approccio jiriki e quello tariki. Secondo Nichiren, che si considerava un bodhisattva, il Sutra del Loto era l’insegnamento supremo e l’unica via per la salvezza. In questo era intransigente, e denunciò le altre correnti buddhiste per avere travisato la verità. Le due pratiche religiose principali sono la contemplazione di una specie di mandala da lui concepito (honzon) e la ripetizione, sia vocale che nei gesti, della lode al Sutra del Loto (Namu Myōhō renge kyō). Da questa scuola hanno avuto origine molte “nuove religioni” giapponesi, tra cui la controversa Soka Gakkai, un movimento nato nel 1930 che dichiara di avere 12 milioni di fedeli nel mondo. È centrata anch’essa sul Sutra del Loto, e fino al 1991 era il braccio laico della scuola Nichiren Shōshū. Nel 1964 alcuni suoi membri hanno fondato un partito politico, il Kōmeitō, che è il terzo partito del Giappone.
Dal sito: https://volcanohub.com/
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