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giovedì 6 luglio 2023

Buon compleanno Tenzin Ghiatso, Sua Santità il XIV Dalai Lama

Tenzin Gyatso nato con il nome di Lhamo Dondrub è un monaco buddhista tibetano, nonché il XIV e attuale Dalai Lama del Tibet. E' nato il 6 luglio 1935, in un piccolo villaggio chiamato Takster nel nordest del Tibet e oggi celebra gli 88 anni.  Riconosciuto universalmente come un uomo di pace per il suo ricorso continuo al dialogo, alla disponibilità e alla speranza, tutto ciò che consiglia con il suo sorriso amorevole, si basa sul non danneggiare gli altri e su come portare loro beneficio.

Il miglior regalo di compleanno per me: per favore abbiate maggiore compassione nel vostro cuore e nella vostra mente” - Sua Santità il XIV Dalai Lama.

venerdì 2 giugno 2023

La vita di Thich Nhat Hanh

Il buddhismo in Vietnam e la vita di Thich Nhat Hanh.

Un approccio sincretistico ancora più pronunciato è rinvenibile negli insegnamenti di un’altra figura di spicco della scuola Lin Chi del Ch’an, considerato da molti la voce più importante del buddhismo contemporaneo dopo il Dalai Lama: il maestro vietnamita Trung Quang Nhat Hanh (al secolo Nguyen Xuan Bao, nato nel 1926; come di uso per i monaci nella sua patria, al nome viene premesso l’epiteto onorifico Thich, che denota l’appartenenza al clan gentilizio degli Śākya, il lignaggio del Buddha). La sua esistenza s’intreccia con le vicende del buddhismo del Vietnam. Fattosi monaco nel 1949 nel tempio di Tu Hieu presso l’antica capitale imperiale di Hue, si scontrò con gli ambienti più conservatori, finendo per stabilirsi in un monastero abbandonato nei dintorni di Saigon. In seguito divenne direttore dell’organo ufficiale della General association of Vietnamese buddhists (GAVB) costituita nel 1951. La sua entusiastica predicazione di un buddhismo unificato, disapprovata dai più, portò alla chiusura del periodico. L’incessante attività del personaggio in quest’epoca comprende la fondazione del monastero delle Foglie di palma fragranti (Phuong Boi) nel Vietnam centrale, della casa editrice La Boi e della prima Scuola superiore buddhistica del Vietnam, in grado di fornire un’alternativa alle strutture educative francesi. Con la partizione sancita dagli accordi di Ginevra, nel nord la General association of Vietnamese buddhists veniva disciolta d’autorità nel 1957 e i suoi fautori imprigionati o soppressi, mentre una Association of unified Vietnamese buddhists, creata sul modello cinese, garantiva il controllo del Partito comunista su strutture e istituzioni buddhistiche nella neonata Repubblica del Vietnam. A sud il prestigio internazionale del Thich Nhat Hanh, che per due anni si era distinto studiando religioni comparate a Princeton e insegnando alla Columbia university, gli valse alla fine una legittimazione da parte dell’establishment monacale e fu chiamato a contribuire alla fondazione, nel 1964, dell’università buddhistica di Saigon, che prendeva nome dal vicino tempio delle Mille benedizioni (Van Hanh), ed era destinata a divenire un prestigioso focolaio di iniziative politiche e culturali. Validamente coadiuvato dalla sua discepola Cao Ngoc Phuong (nata nel 1938), ritornata allora in patria dopo essersi laureata in biologia a Parigi, egli creava altresì, con un gruppo di professori e studenti, la School of youth for social service, un corpo di 10.000 volontari operante nelle aree arretrate e martoriate dalla guerra del Paese, per la riedificazione di villaggi distrutti, per la costruzione di scuole e ospedali e per l’insegnamento delle tecniche agricole progredite ai contadini. Una tale attività appariva filocomunista agli occhi del governo e non mancarono arresti ed esecuzioni sommarie di attivisti. Nel 1964, simultaneamente alla trasformazione della General association of Vietnamese buddhists nell’Unified buddhist church of Vietnam (il Vien Hoa Dao), il maestro fondava l’Order of interbeing (Tiep Hien), termine da lui coniato per rendere la catena di cause e condizioni che nella visione buddhistica forma l’orizzonte del divenire impermanente, qui considerata sotto un profilo decisamente positivo. Di lì a poco il Thich Nhat Hanh ritornava negli Stati Uniti, chiamato dalla Fellowship of reconciliation per rendere edotto il pubblico americano sui terribili effetti della guerra, contro la quale si era battuto per anni attirandosi odi e diffidenze nei due campi avversi. Le sue posizioni emergono da una conferenza stampa del 1° giugno 1966 indirizzata al presidente Lyndon B. Johnson e al suo Gabinetto: egli richiedeva che gli Stati Uniti sospendessero i bombardamenti, riducessero o arrestassero temporaneamente le altre azioni militari e, nel caso di una risposta positiva dei Vietcong a queste iniziative, annunciassero il ritiro delle loro truppe dal Vietnam. In seguito essi avrebbero sia dovuto comprendere che la dittatura militare non era l’unica alternativa al comunismo sia sostenere il popolo vietnamita nel suo desiderio di un governo nazionalista conforme alle loro aspirazioni, non compromesso con la persecuzione dei buddhisti; questi non consideravano gli Stati Uniti come un nemico, ma come un alleato, un alleato per la pace e non per la guerra. Nel 1965 aveva scritto a Martin Luther King una lettera aperta intitolata Searching for the enemy of man, giustificando il suicidio con il fuoco di alcuni suoi confratelli, tra cui il venerabile Thich Quang Duc (1897-1963), per protestare contro la discriminazione nei confronti della maggioranza dei vietnamiti (fra il 70 e il 90% a seconda delle stime) costituita dai buddhisti, da parte del dittatore cattolico Ngo Dinh Diem. Dopo l’incontro King si impegnò a osteggiare la guerra nel Vietnam, avanzando nel 1967 la candidatura di Nhat Hanh al premio Nobel per la pace, che non gli fu conferito in quanto quell’anno non fu scelto alcun candidato. La giustificazione fornita fu che lo stesso King aveva pregiudicato la nomina preannunciandone pubblicamente l’esito. Nel 1969 Nhat Hanh ottenne il ruolo di principale esponente della delegazione per la pace della Unified buddhist church of Vietnam, che a Parigi partecipava ai colloqui destinati a porre fine al conflitto; contemporaneamente teneva lezioni alla Sorbona. In Francia fondò quello stesso anno una sua Église bouddhique unifiée. Nel 1973, una volta giunti alla pace, il maestro, considerato assieme a Chan Khong, che nel frattempo l’aveva raggiunto, persona non grata dal governo vietnamita, fu di fatto esiliato. Quando, nel 1975, ebbe luogo la riunificazione del Vietnam sotto il regime comunista trionfante, la sua situazione non mutò. Ponendo come suo quartier generale la Communauté des patates douces, situata in una fattoria non lontano dalla capitale dove teneva frequentatissimi corsi di meditazione, egli si era adoperato per organizzare aiuti ai profughi che cercavano di fuggire per mare dal Vietnam del Sud, dalla Cambogia e dal Laos, i cosiddetti boat people, desistendo alla fine a causa dell’ostruzionismo dei governi del Sud-Est asiatico coinvolti nella vicenda. Mentre il suo prestigio restava intatto, come provano i riconoscimenti internazionali che si sono susseguiti negli anni dell’esilio, la sfera d’influenza del personaggio andava restringendosi, anche perché veniva meno il ruolo pubblico della Unified buddhist church of Vietnam, fatta oggetto di dure repressioni nel tentativo di estendere il controllo, già vigente al nord del paese, alle strutture e istituzioni buddhistiche del sud. A questo fine veniva creata, nel 1981, la Vietnam buddhist church (VBC) poi ribattezzata Vietnam buddhist Sangha, organo del Fronte patriottico del Partito comunista del Vietnam e sola voce ufficiale dei buddhisti vietnamiti in patria e all’estero.

A partire dal 1982, trasferito il centro della sua organizzazione al Village des pruniers in Dordogna, il Thich Nhat Hanh è venuto accrescendo la propria attività in Occidente. Accanto ai programmi di insegnamento estivi in Francia, seguiti da 2000 persone all’anno, ha intrapreso diversi viaggi, segnatamente negli Stati Uniti, fondando 230 centri di meditazione. Lo troviamo tra i promotori della dichiarazione da parte dell’Assemblea generale dell’ONU del periodo dal 2001 al 2010 (International decade for a culture of peace and non-violence for the children of the world) e, in collaborazione con diversi assegnatari di premi Nobel per la pace tra i redattori del Manifesto 2000 dell’UNESCO sulla pratica di tali valori. I libri scritti e dettati dal maestro, che è anche poeta, sono circa 40, inclusa una voluminosa vita romanzata del Buddha, Old path white clouds. Walking the footsteps of the Buddha (1991). La sua carica rivoluzionaria, che cerca una sintesi tra le posizioni delle diverse scuole soprattutto in una ortoprassi rinnovata secondo le esigenze del mondo contemporaneo, si può cogliere dall’attenta revisione durata cinque anni dell’intero Vinaya (il minuzioso codice formato da prescrizioni ascritte al Buddha in persona che regola ogni aspetto della condotta degli asceti) da parte del Concilio dei maestri del Dharma (Dharmācārya) del Village des pruniers presieduto dallo stesso Thich Nhat Hanh. Il risultato è stato promulgato solennemente il 31 marzo 2003 alla Choong Ang Sangha university di Seoul.

Dopo trentanove anni d’esilio, nel 2005 Nhat Hanh è finalmente ritornato in Vietnam. Le sue condizioni per avvalersi del visto finalmente concesso dalle autorità, desiderose di migliorare la propria immagine presso l’opinione mondiale, comprendevano l’essere accompagnato da un seguito di duecento tra monaci e monache e la facoltà di parlare in pubblico. Ciò gli è stato accordato sotto forma di una conferenza da tenersi presso la Scuola dei quadri del Partito comunista, seguita, grazie all’approccio conciliante del maestro nei confronti dell’ideologia dominante, da una serie d’incontri coronati da un certo successo, durati quattro mesi. Un suo nuovo viaggio in Vietnam ha avuto luogo nel 2007, con una cerimonia pubblica di ‘gran compianto’ per i caduti della guerra, da lui stesso officiata. La sua intesa abbastanza cordiale con il regime ha portato a critiche da parte degli esponenti della Unified buddhist church of Vietnam, tuttora sotto attacco da parte dello Stato e considerata ormai espressione di una minoranza tra i dieci milioni di buddhisti vietnamiti.

sabato 13 maggio 2023

Jetsunma Tenzin Palmo - una delle prime monache occidentali.

Jetsunma Tenzin Palmo (nata nel 1943 - ) è una delle più importanti insegnanti buddhiste occidentali del mondo. Nel 1967, all'età di 24 anni, ricevette l'ordinazione al monastero di Rumtek in Sikkim dal XVI Karmapa, diventando una delle prime monache occidentali. Ha completato dodici anni di intense pratiche meditative, con tre anni di rigoroso ritiro solitario in una grotta nelle montagne innevate di Lahaul, India settentrionale. Il suo maestro Khamtrul Rinpoche le chiese di fondare un convento e, con la benedizione di Sua Santità il Dalai Lama, fondò Dongyu Gatsal Ling in India. Ora viaggia per il mondo insegnando, sostenendo pari diritti e opportunità per le monache buddhiste e raccogliendo fondi per il suo convento. Vicki Mackenzie, che ha scritto Cave in the Snow su di lei, racconta che ciò che ha ispirato la stesura del libro è stato leggere la dichiarazione di Tenzin Palmo a una rivista buddhista: "Ho fatto voto di raggiungere l'Illuminazione nella forma femminile - non importa quante vite ci vorranno".

Intervista fatta da Study Buddhism

    Study Buddhism - Domanda: Sei stata una delle prime donne occidentali ad essere ordinate come monaca buddhista, in un momento in cui il Buddhismo era a malapena conosciuto in occidente, e non c'erano centri di Dharma e quasi nessun insegnante in giro. Sei cresciuta a Londra, quindi come sei entrata in contatto con il Buddhismo e come spieghi la convinzione che hai provato in così giovane età?

Tenzin Palmo:
Fin da bambina, credevo che fossimo intrinsecamente perfetti, e che dovevamo continuare a tornare ancora e ancora finché non avremmo riconosciuto la nostra perfezione innata. La domanda era, naturalmente, che cosa è esattamente la perfezione e come la raggiungiamo? Quando avevo 18 anni lessi un libro e incontrai il Dharma. Ero a metà del libro quando mi rivolsi a mia madre e le dissi: "Sono buddhista", e lei rispose: “Oh, davvero mia cara? Beh, finisci il libro e poi puoi parlarmene”. Mi resi conto di essere sempre stata buddhista, ma non sapevo che esistesse, perché in quei giorni nemmeno la parola "Buddha" era mai stata pronunciata. Questo era negli anni '60, quindi non c'era molto materiale disponibile, nemmeno a Londra.   In seguito mi resi conto di essere più incline alla tradizione tibetana, e quando avevo 20 anni, andai in India. Al mio ventunesimo compleanno, incontrai il mio lama, Khamtrul Rinpoche, e tre settimane dopo presi la mia prima ordinazione da monaca e andai a lavorare con lui.    Poi mi disse di andare a Lahaul, nel nord dell'India, dove rimasi per i successivi 18 anni. Non mi sono mai chiesta se avesse senso spostarsi da Londra a Lahaul. Tutto sembrava una progressione naturale. A Londra mi sentivo nel posto sbagliato e volevo andarmene. Avevo pensato di andare in Australia o in Nuova Zelanda. Non ho niente contro l'Inghilterra, ma sapevo che non dovevo essere lì. Ma non appena incontrai il Dharma, riconobbi che il posto dove dovevo andare era dove c'erano i maestri.    In seguito tornai in India, dopo che mi fu chiesto di fondare un convento, e da allora ho trascorso il mio tempo lì e ho girato il mondo tenendo conferenze sul Dharma.

Domanda: 
Khamtrul Rinpoche è stato il tuo primo insegnante e hai avuto un rapporto molto impegnato e stretto con lui. Come hai scelto Khamtrul Rinpoche, e qual è il tuo consiglio per chi cerca un maestro?

Tenzin Palmo: In India molte persone vengono a parlare da me. La metà di loro mi dice: “Ho un problema, voglio trovare un maestro”. L’altra metà dice: “Ho un problema perché ho un maestro!”. Quindi non è così semplice.    Ci sono tanti maestri molto qualificati in giro, ma questo non significa che ciascun maestro sia adatto per la stessa persona, proprio come le persone non si innamorano della stessa persona. Abbiamo tutti il nostro karma e molti maestri differenti andranno bene per studenti differenti. Ci sono anche certi maestri che non dovrebbero essere dei maestri. Ma la cosa principale qui è che non dovremmo essere troppo ingenui o lasciarci prendere dal carisma. Solo perché qualcuno è molto carismatico, non significa che sia genuinamente qualificato.

Nei testi, e come ci ricorda Sua Santità il Dalai Lama, dovremmo controllare il comportamento della persona non quando è seduta su un grande trono, ma dietro le quinte. Come tratta la gente comune – non i grandi sponsor – ma solo la gente comune che non è di particolare importanza per loro. Ho chiesto al mio lama cosa pensasse di un lama particolarmente controverso che conosceva molto bene, e ha detto che era difficile da dire, e che dovremmo controllare tra 20 anni per vedere come sarebbero diventati i suoi studenti. Se vedete un Sangha buono e armonioso, e se stanno praticando bene e sono brave persone con un buon cuore, allora avete un motivo per avere fiducia.   Quanto a me, sapevo che Khamtrul Rinpoche era il mio lama non appena sentii il suo nome.

Domanda:    Quando hai iniziato, sei dovuta andare in India per ricevere insegnamenti. Ma al giorno d'oggi, possiamo accedere agli insegnamenti su Internet e persino praticare la meditazione guidata online attraverso vari canali YouTube. Vanno bene solo questi o gli insegnamenti faccia a faccia sono comunque essenziali?

Tenzin Palmo: Internet può essere enormemente utile, proprio come i libri, ma non credo sia tutto quello che è necessario per praticare veramente il Buddhismo. A un certo punto, come con l'apprendimento di qualsiasi abilità, avremo bisogno di istruzioni personali da qualcuno che è più avanzato di noi. Se vogliamo essere musicisti, ballerini o sportivi, possiamo scaricare una certa quantità di materiale online e guardare DVD e leggere libri, ma alla fine abbiamo bisogno di qualcuno che ci valuti e ci dia istruzioni personali. Le due cose vanno insieme. Non abbiamo sempre bisogno di stare seduti ai piedi dell'insegnante, ma di tanto in tanto abbiamo bisogno di qualcuno che possa guardarci e darci una direzione.

Domanda: 
Molte persone si interessano alla pratica buddhista attraverso la mindfulness [presenza mentale], che tu spesso citi come una parte integrale della vita buddhista. Cosa significa la presenza mentale per te e come ci sostiene nella nostra pratica del Dharma?

Tenzin Palmo: Al giorno d’oggi, la mindfulness [presenza mentale] è diventata una parola che racchiude tutto, ma il principio generale di cercare di essere più coscienti e consapevoli nella nostra vita quotidiana è molto importante. Assieme a questo, è utile contemplare alcuni versi dell’addestramento mentale che sono progettati per affrontare e trasformare tutti i problemi che sperimentiamo nella vita. Per tutte le circostanze esterne e le persone scortesi e difficili che incontriamo, invece di arrabbiarci, sconvolgerci, o frustrarci, possiamo prendere tutte queste circostanze e utilizzarle sul sentiero in un modo che effettivamente ci rinvigorisce e ci rafforza, piuttosto che sconfiggerci. È un consiglio molto pratico, ed è per questo che parlo molto di come trasformare la nostra vita quotidiana nella pratica del Dharma, altrimenti è facile sentirsi senza speranza e indifesi.

Che siamo in ritiro o fuori nel mondo, dovremmo cercare di sviluppare la qualità della consapevolezza il più possibile. La distrazione è il problema principale per tutti noi – ciò che il Buddha chiamava la "mente scimmia". Ovunque siamo e qualunque cosa stiamo facendo, o siamo coscienti, o non lo siamo. O siamo consapevoli e presenti, o non lo siamo. Non c'è via di mezzo.  Uno dei migliori consigli che abbia mai ricevuto mi è stato dato dagli yogi del nostro monastero, che consigliavano di osservare la mente tre volte ogni ora. Ci impegniamo a fermarci per un momento e a guardare cosa sta facendo la mente, in quale stato mentale stiamo dimorando. Non lo giudichiamo, lo sappiamo e basta. A poco a poco ci abitueremo sempre di più ad essere consapevoli di ciò che stiamo pensando e a quali sono i nostri vari stati positivi e negativi. Diventeremo sempre più padroni della nostra mente, piuttosto che esserne schiavi.

Domanda:   Hai appena parlato di quando ci sentiamo senza speranza e impotenti, e penso che a volte potremmo sentirci così anche se siamo dei praticanti maturi. Come possiamo nutrire noi stessi quando ci sentiamo bloccati nella nostra pratica del Dharma, senza entusiasmo, oppure quando sentiamo che ci manca l’energia?

Tenzin Palmo: Innanzitutto, è importante alleggerirsi un po’! Ho detto spesso che la settima paramita dovrebbe essere il senso dell’umorismo, così non ci prendiamo troppo sul serio. Abbiamo bisogno di essere sinceri nella nostra pratica, ma allo stesso tempo non possiamo prenderci troppo sul serio.    Qui penso che sia fondamentale riconoscere che siamo così fortunati ad avere questa nascita umana dove possiamo praticare ciò che vogliamo, prendere un libro e non solo leggerlo, ma capirlo davvero. Questo livello di istruzione è molto raro nel corso della storia, quindi non dovremmo darlo per scontato. Dovremmo sviluppare un profondo apprezzamento per tutto ciò che abbiamo e non sprecarlo, altrimenti moriremo con profondi rimpianti.   Per tutto il tempo abbiamo a che fare con la mente e [cerchiamo di capire] come domarla, e come trascendere la nostra mente convenzionale ordinaria. Questo richiede un'enorme quantità di determinazione e perseveranza. Richiede anche un atteggiamento rilassato e spazioso, non teso e stressato. Non è certo una questione di rilassarsi e aspettare che tutto accada. Se non lo facciamo accadere, non succederà!

Inoltre, penso che sia un po' come la tecnologia, devi ricaricare le batterie. Fare ritiri, ottenere insegnamenti personali di volta in volta da maestri che vi ispirano, tutto questo aiuta a ricaricare le nostre batterie. Allora ne siamo ispirati e possiamo integrare quello che abbiamo imparato nella nostra vita quotidiana, che è molto importante.  Infine, il Buddha ha sempre sottolineato l’importanza di avere buoni amici. Viviamo in una società che va in una direzione, quindi è bene avere almeno alcuni amici che condividano gli stessi valori e possano incoraggiarci e aiutarci a ricordare che non siamo soli o particolari, ma che ciò che stiamo facendo è un modo molto valido di vivere. Questo ci incoraggerà a porre il Dharma al centro della nostra vita e non alla periferia, e a usare la nostra vita quotidiana come pratica del Dharma.

Domanda:    Sei conosciuta in tutto il mondo come una pioniera per le donne nel Buddhismo. Prima di tutto, hai fatto voto di raggiungere l'illuminazione nella forma femminile! Inoltre, hai fondato il convento Dongyu Gatsal Ling in India e stai sostenendo l'uguaglianza per le monache. Come vedi i ruoli e le opportunità attuali delle donne nel Buddhismo?

Tenzin Palmo: Tradizionalmente, le donne non avevano un grande ruolo nel Buddhismo. I libri erano tutti scritti da monaci, per altri monaci. Quindi la visione generale del femminile era piuttosto misogina, con le donne che interpretavano il ruolo dell'altro proibito, in attesa di piombare su piccoli monaci innocenti! In quella società, era difficile che le donne diventassero istruite e ottenessero gli insegnamenti più profondi diventando davvero realizzate.

Oggi tutto questo è cambiato molto. Le ragazze vanno a scuola insieme ai ragazzi e stanno diventando molto istruite. Quest'anno ci sarà il primo raccolto di geshema (dottorato in filosofia buddhista), con i certificati presentati da Sua Santità il Dalai Lama. Le monache, più di chiunque altro, stanno realmente facendo pratiche spirituali profonde impegnandosi in ritiri a lungo termine, e in ogni modo stanno riconoscendo il loro potenziale.   Va detto che i principali sostenitori in questo sono stati i monaci, una volta che hanno compreso l’idea che anche le monache potessero studiare. Diventarono i loro insegnanti incoraggiando molto le monache. Ciò a cui si sono opposti è l'idea della piena ordinazione delle monache, che ha avuto un interessante muro di resistenza negli ultimi 30 anni.   A tal proposito, in questo momento abbiamo molte speranze grazie a Sua Santità il Karmapa, che ha detto che sarà fatto. Quindi dobbiamo aspettare e vedere come ha intenzione di farlo, perché tutti staranno a guardare. È importante che sia fatto bene e che lui trovi un modo in cui tutti possano essere d'accordo che si tratta di un'ordinazione valida, perché poi questo aprirà la porta per tutti.

 Domanda:   È bello sapere che le monache stanno facendo progressi. Hai detto in passato che pensi che le monache avranno un ruolo sempre più importante da svolgere nel sostenere il Dharma. Quali sono gli ostacoli principali che devono affrontare?

Tenzin Palmo: Se vai in qualunque convento e gli chiedi quali sia l’ostacolo principale, diranno sempre una bassa autostima e la mancanza di fiducia. Ci vuole tempo. Ma la differenza tra le prime ragazze del Ladakh che diventarono monache e quelle che abbiamo adesso è molto incoraggiante.  Una volta chiesi al primo gruppo di monache che avevamo se credevano che i maschi fossero intrinsecamente più intelligenti delle femmine, e tutte risposero di sì. E io dissi: “No, è solo che hanno avuto più opportunità. Quando avete pari opportunità, entrambi ve la cavate bene. Alcuni maschi sono intelligenti, altri sono stupidi. Alcune femmine sono intelligenti, altre stupide. Siamo tutti esseri umani, nessuno è superiore”. Ora, se dovessi fare la stessa domanda, le ragazze sarebbero perplesse dalla domanda stessa! Quindi abbiamo fatto dei passi avanti. Le nuove monache non sanno che “dovrebbero” essere miti e sottomesse, e così in molti modi credono di poter fare qualsiasi cosa, perché le monache precedenti ce l’hanno fatta. Così non hanno nulla da dubitare.

Domanda:
Molti di noi in occidente lottano anche contro la bassa autostima, l’ansia, e la depressione. Si dice che i paesi occidentali stiano vivendo “un’epidemia di solitudine”. Come può il Buddhismo aiutarci con questi sentimenti? 

Tenzin Palmo: Forse uno dei principali antidoti alla depressione, alla mancanza di autostima, alla solitudine e così via è il riconoscimento che abbiamo davvero la natura di Buddha. Tutti gli altri problemi come la rabbia, la gelosia, le ambizioni, sono semplicemente modelli abituali che abbiamo imparato, ma non sono inerenti a chi siamo. Non siamo umili peccatori, non siamo esseri inutili. Siamo come dei bei gioielli. Ci viene sempre dato il messaggio che il nostro potenziale è così limitato, il che è molto triste. In realtà, il nostro potenziale è infinito. La natura della mente è assolutamente incredibile. Questo è davvero utile perché, anche se uno potrebbe non essere un buddhista impegnato, ci aiuta solo a diventare esseri umani migliori. Conosco molti sacerdoti e suore cattoliche che usano gli insegnamenti buddhisti per diventare cattolici migliori, ed ebrei che li usano per diventare ebrei migliori. Perché no?! Ci porta solo a riconoscere più profondamente la nostra natura originale, che è qualcosa che noi tutti abbiamo.      

La meditazione ci porta ad un livello più profondo di consapevolezza. Siamo normalmente coinvolti nelle correnti dei nostri pensieri, sentimenti ed emozioni. Grazie alla consapevolezza, possiamo osservare tutto questo senza esserne spazzati via. Questo ci dà accesso a qualcosa di molto più vasto e profondo della nostra solita mente compressa.  Il Buddhismo ci aiuta a superare la nostra mente che continuamente si afferra a un ego, dandoci la possibilità di aprirci a qualcosa di molto più spazioso e genuinamente significativo. Tutti noi possiamo avere accesso a questo. Non è così difficile. Con qualche istruzione e con la pratica, tutti possono farlo.

https://studybuddhism.com/it/punti-essenziali/interviste/intervista-con-jetsunma-tenzin-palmo 

Jacques Vigne - Psichiatra e Swami

Il dottor Jacques Vigne (1956 - )è uno psichiatra francese formatosi a Parigi. Per 15 mesi ha praticato e insegnato psichiatria in Algeria e, dopo la laurea nel 1986, si è recato in India con una borsa di studio quadriennale del governo francese. Ha studiato yoga e filosofia tradizionale indiana per tre anni presso l'Università indù di Benares, quindi ha vissuto per dieci anni quasi ininterrottamente con il suo maestro Swami Vijayananda, un medico francese che ha vissuto in India per 60 anni e che è stato uno dei più stretti discepoli occidentali di Mâ Anandamayî, una delle più famose donne "sagge" del XX secolo. Per i 12 anni successivi, Jacques Vigne ha trascorso circa un terzo del suo tempo in eremitaggio, tornando regolarmente dal suo maestro per continuare l'insegnamento. Dal 2010 è legato a Tenzin Palmo, che da oltre 50 anni è la più anziana occidentale a diventare monaca tibetana e che ha trascorso, tra l'altro, undici anni e mezzo in meditazione in una grotta dell'Himalaya.

Jacques Vigne ha scritto 17 libri, il cui tema principale è la psicologia spirituale e la meditazione. Nei suoi scritti è particolarmente attento a costruire ponti tra Oriente e Occidente, tra psicologia moderna e spiritualità, tra le pratiche sapienziali dell'India e il cristianesimo. Ha scritto due grandi libri di 400 pagine sulla mistica comparata, uno sul Matrimonio interiore, che cerca di tracciare l'unione dei canali ida e pingala dello yoga in altre tradizioni, e l'altro sulla Mistica del silenzio. Uno dei suoi ultimi libri, Secular Meditation Practice, propone una visione della laicità inclusiva e non esclusiva, rispettando i contributi delle religioni, ma allo stesso tempo sostenendo la diffusione della meditazione per tutti, con la sua serie di benefici per la salute fisica e mentale ormai sempre più scientificamente accertati. I suoi viaggi come testimone dello yoga e della meditazione lo hanno portato in diversi Paesi europei, più volte in Libano, due volte in Marocco, una volta in Tunisia e una volta per tre settimane in Cina. Organizza viaggi spirituali in India, Ladakh, Monte Kailash e Tibet.

Sito: https://www.jacquesvigne.org/
Insegna alla Sarva Yoga University https://www.sarvayogauniversity.com/our_team/dr-jacques-vigne/ in questa importante università on line insegnano anche Mauro Bergonzi e Eros Selvanizza.

sabato 1 aprile 2023

Ricordo di Thich Nhat Hanh

Thich Nhat Hanh o Thay, come amavano chiamarlo i suoi discepoli, è stato l'interprete amatissimo di una spiritualità non dogmatica capace di rivolgersi a tutti, buddhisti e non, che ha saputo coniugare gentilezza, consapevolezza e compassione quali elementi di uno stile di vita buddhista. La sua interpretazione del monachesimo si è spinta molto avanti, diventando un modello di condotta nella vita, etica e fortemente radicata nella spiritualità buddhista per la comunità umana in senso lato. Il suo insegnamento si è tradotto in una prospttiva di salvezza accessibile a tutti gli uomini di buona volontà, grazie alla costante coltivazione di quelli che lui chiamava "i semi di consapevolezza, nati dall'aspirazione - alla liberazione per gli altri e per noi, e capaci di fornire l'energia della compassione, della comprensione, della gioia e della pace" (Plum village, insegnamenti 22 dicembre 1994).  Puntava a sviluppare una nuova fratellanza che attraversi tutti e cinque i continenti, i confini politici e religiosi e culturali e che accomuni uomini e donne di tutti i Paesi in qualcosa che sia più concreto di un ideale e più vivo di un programma.

Importanti sono stati per Thay gli incontri con il monaco trappista Thomas Merton e Martin Luther King che lo avrebbero, poi, candidato al Nobel per la pace nel '66 e nel '67. Thomas Merton, Martin Luther King e Thich Nhat Hanh sono stati grandi leaders spirituali e migliore espressione di due Paesi che si  erano fronteggiati in una sanguinosissima guerra, e uniti nell'affermare il valore di ahimsa, la non violenza e della pace.  La loro amicizia, inspirata ad un sincero spirito di fratellanza, resta uno degli esempi concreti di un reale dialogo interreligioso ma non confessionale. Thay ha sempre sottolineato l'importanza del Sangha, ossia della comunità per il praticante, e la comunità è stata il fulcro del suo insegnamento, tanto da portarlo a pronunciare la frase seguente: "Il prossimo Buddha assumerà più che altro la forma della comunità, una comunità che pratica la comprensione e la gentilezza amorosa, una comunità che pratica un modo di vivere cosciente. Questa può essere la cosa più importante per la sopravvivenza della terra". E la Terra ritorna spesso nella sua visione di buddhismo impegnato. Oggi, a fronte di una tendenza sempre più volta all'auto-referenzialità ed alla prospettiva buddhista orientata ad un benessere personale, il buddhismo impegnato è un forte richiamo ad abbracciare gli insegnamenti del Buddha come via di trasformazione della sofferenza attraverso la messa in atto di ogni mezzo abile per guarire noi stessi e gli altri, affinché questo nostro passaggio sulla terra sia volto al bene-benessere e alla felicità di tutti. 

Dalla rivista Buddhism Magazine, numero 2-202, pagg. 54-57. Vedi: https://unionebuddhistaitaliana.it/magazine-marzo-2023/

Engaku Taino, maestro zen dai moltepli volti

Luigi Mario o Engaku Taino (1938-2021) è stato scrittore e filosofo ed uno dei primissimi italiani a recarsi in Giappone per entrare in un tempio delle scuole zen, rispettando la severa disciplina richiesta agli aspiranti monaci, per vivere appieno quell'antica spiritualità. Ha praticato nel monastero giapponese di Shofukuji (Kobe) sotto la guida del roshi Yamada Mumon, della tradizione rinzai, ricevendone l'ordinazione nel 1971. Nel 1974 ha fondato il tempio "Bukkosan Zenshinji" di Scaramuccia, nelle vicinanze di Orvieto.

Engaku Taino è stato marito, padre, nonno, guida alpina, maestro di sci, insegnante di yoga e tai chi chuan. Ha sempre sostenuto di non voler fare il monaco di professione e ha sempre mantenuto la famiglia con attività lavorative diverse.

Taino ha prima contribuito a far radicare lo zen rinzai a Scaramuccia, poi lo ha sottoposto ad una profonda, attenta rivoluzione dalla quale sono fiorite nuove parole. Ha preso consapevolezza che, con i nuovi praticanti  (sempre più giovani, sempre più donne, provenienti da estrazioni sociali e culturali molto diverse e ambienti di lavoro i più disparati) occorrevano nuove procedure. Le prassi dei monasteri giapponesi, sono state costruite pensando a monaci residenti, ma sono inappropriate per le nuove realtà che stanno emergendo; nuovi mondi e nuove sensibilità richiedono nuove forme e nuove prassi.

 L'asse portante della sua azione è stata l'assoluta centralità della meditazione, sia seduta (zazen), sia in movimento (kinhin), sia dei koan (affermazione o domanda paradossale che portava alla riflessione da parte dell'allievo).  La meditazione è lo strumento che permette al praticante di scavare nel suo mondo interiore e di vedere il proprio sè come oggetto e soggetto, e di trascenderlo, riscoprendo la sua originaria unità. 

Progressivamente ha introdotto cambiamenti nel come fare zen: assolutà parità uomo-donna nella gestione del monastero e nell'assunzione di incarichi, durata più ridotta e più intensa dei ritiri di meditazione (sesshin)., eliminazione dell'obbligo di indossare abiti formali, ammissione di posture di meditazione diverse da quelle classiche (del loto e mezzo loto), durata delle meditazioni ridotte, semplificazione dei riti e dei sutra, costruzione di un rapporto maestro-discepolo lontano dall'enfatizzazione magica della guida spirituale. 

Ha creato una raccolta di 116 nuovi koan che hanno formato le raccolte Bukkosan roku e Zenshin roku. Queste raccolte hanno ambientazione e linguaggio moderni e nascondono al loro interno la posizione dello zen rinzai sui nuovi dilemmi del terzo millennio, le nuove macro-sofferenze e le contraddizioni della vita quotidiana.  Affrontano temi del nostro vivere quotidiano come le nuove tecnologie, il fine vita, la globalizzazione, le nuove problematiche familiari e intergenerazionali, ecc. 

Taino ha modellato uno zen rinzai originale alla cui base c'è questo assunto: "il mondo, che è grande e lo sarà sempre, è perfetto così come è, e, dunque, occorre fare ogni sforzo possibile per migliorare il mondo".

giovedì 9 marzo 2023

Insegnamenti di Corrado Pensa

Corrado Pensa (83 anni) è dal 1987 insegnante guida dell'A.ME.CO. (Associazione per la meditazione di consapevolezza) di Roma. E' stato per anni docente di Filosofia dell'India presso l'università la Sapienza di Roma, oltre che psicoterapeuta junghiano. E' un autorevole insegnante di meditazione buddhista e conduce ritiri intensivi.

Dall'incontro del 25/02/2022.  Corrado Pensa sottolinea l'importanza dei ritiri dicendo: "Il silenzio condiviso è molto più potente del silenzio solitario". Sottolinea, inoltre, l'importanza di ricominciare sempre, con nuove riflessioni e nuove esperienze. Spesso ci sono problemi dovuti proprio alla resistenza al cambiamento, in quanto teniamo a controllare le cose. A questo associamo tranquillità. Quindi sono importanti momenti di reattività e di risveglio. Una delle caratteristiche che ci permette di vivere bene il presente è l'accettazione, soprattutto con il passare degli anni, si rivaluta l'accettazione. Le cose sono così come sono. Consapevolezza, accettazione, amore come gentilezza. Ogni momento è prezioso. Accettarsi fragili e vulnerabili, in una realtà sempre presente. Si percorre un percorso spirituale per cercare di essere in questa vita nel modo migliore.  Nella quotidianità, spesso, abbiamo una reazione negativa al primo sgarbo. Dovremmo incorniciare il negativo e svalutare il positivo. Si è sempre alla ricerca di difetti - con una mente castrante -  giudicandoci e giudicando a pioggia.  Ciò è dovuto a famiglie severe, amicizie negative o scontentezza di base che cerca i colpevoli del nostro malessere.

Corrado Pensa invita a liberarsi di attaccamento, avversione e confusione e solo così si può avere una situazione nutriente e luminosa. La mente è in cerca del negativo in noi e negli altri. Occorre acquisire consapevolezza attraverso la pratica. La meditazione ci permette di conoscere i meccanismi della nostra mente, ed individuare così gli ostacoli alla corretta visione interna ed esterna. Continuiamo a giudicare noi stessi di non essere perfetti. Grazie alla conasapevolezza arriviamo al perdono che è una forma d'amore. Attraverso la meditazione, abbiamo la possibilità di scegliere se identificarsi con una mente avversiva o optare per una mente più spaziosa che accoglie amore e pace interiore. Una delle cose più importanti per l'essere umano è "la pace interiore".  E' talmente importante che dobbiamo fare di tutto per tenerla viva.

Bisogna essere dolci con se stessi anche se facciamo stupidaggini, c'è sempre qualcosa da apprezzare e per la quale essere grati in ogni situazione.  Dobbiamo mantenere in vita apprezzamento e gratitudine.  Il contrario di attaccamento è equanimità, nemico dell'equità è l'indifferenza. La pratica ci apre al bene.  Bisogna prendere l'abitudine, come diceva Thich Nath Hanh, di fermarsi durante la giornata e fare tre respiri consapevoli (è come rinascere). Occorre aprirsi alle cose così come sono, che non dipendono da noi e dalla nostra volontà, mentre dipende da noi il lavoro interiore. Corrado Pensa suggerisce di ricordarsi della pratica durante la giornata,  amare la pratica e i suoi frutti. 

Il cammino interiore ci permette di vivere in un'altra maniera, ci porta verso qualcosa di luminoso, diventa l'essenza della nostra giornata.  La pratica della consapevolezza spiegata in modo semplice: la consapevolezza è radicata nell'adesso, ci aiuta a vivere meglio, ci porta ad una chiara visione e ci aiuta a vivere meglio. Dobbiamo esercitare un'osservazione non giudicante.  Abbiamo difficoltà ad accettare i nostri stati mentali sgradevoli come irritazione, rabbia, ecc, ed abbiamo paura della paura. I tre inquinanti per il buddhismo sono: attaccamento, l'avversione, la confusione.  Hanno un grande valore l'accettazione e l'amore.  La risorsa della consapevolezza è necessaria per coltivare una vita migliore. La paura è un ostacolo ad una via più serena. Nel dhammapada è scritto:  "smetti di fare il male , fai il bene, purifica il cuore".  Per il Buddha "Non c'è altra cosa non trattabile che una mente non coltivata, una mente coltivata è fonte di felicità nella nostra vita". 

Per Neva Papachristou, la parola più importante è amore. Buddha disse:"la saggezza è amore, l'amore è saggezza". Molto importante è l'accettazione ma con un tono di voce non giudicante. Amare la possibilità di amare, durante la pratica scelgo di dimorare nell'amore. Se una persona ci sta offendendo, usciamo dal campo di battaglia ed entriamo nel campo dell'amore. Magari dicendo, con tono tranquillo, ne parliamo domani.  Se siamo avari di amore con noi stessi, non possiamo dare amore. Cita il caso di una volontaria che aiutava tutti i pazienti fino allo stremo, per sentire il suo cuore. Occorre arrivare a sentire l'amore prima ed essere cari a se stessi. Nel dhammapada c'è una parte dedicata a noi stessi.  Gli aspetti importanti della pratica sono: gratuità,  generosità, etica, meditazione. Tutti cercano qualcosa a cui affidarsi, la sola cosa su cui possiamo contare è il momento presente.  Non dobbiamo affidare la vita a qualcun altro, dobbiamo affidarci a noi stessi. 

Una mia riflessione. Il problema, oggi, è proprio quello di applicare questi luminosi insegnamenti nelle relazioni che costruiamo nella vita quotidiana al fuori dal Sangha che possono essere sintetizzate in queste due frasi che seguono. Dal testo: Anomalie di Hervé Le Tellier "Nessuno vive abbastanza per sapere a che punto nessuno si interessa di nessuno", Oppure dal testo Gurdjeff e la psicosintesi di Fabio Guidi : "Oggi le relazioni si riducono a semplici connessioni, in un contesto in cui è possibile con pari facilità entrare ed uscire, puri contatti senza impegno e responsabilità".

venerdì 3 febbraio 2023

Bhante Henepola Gunaratana

Il venerabile Bhante Henepola Gunaratana (1927- ) è monaco dall'età di 12 anni e ha preso l'ordinazione completa all'età di 20 anni nel 1947 nello Sri Lanka. Nel 1954 lascia l'isola per lavorare con gli Intoccabili in India. Giunto negli Stati Uniti nel 1968, divenne Segretario Generale Onorario della Buddhist Vihara Society, un monastero di Washington, mentre conseguiva un dottorato in filosofia all'American University, dove in seguito prestò servizio come cappellano buddista.  Nel 1988, il venerabile Gunaratana è diventato presidente della Bhavana Society di High View, in West Virginia, un centro in cui si incoraggiano la meditazione e la vita monastica.  "Bhante G" (come viene affettuosamente chiamato dai suoi studenti) per oltre quarant'anni ha insegnato buddismo e guidato ritiri di meditazione nel Sud-Est asiatico, in Nord America, Europa, Messico e Australia. Conduce regolarmente ritiri su vipassana, mindfulness, metta (Loving-friendliness), concentrazione e altri argomenti sia alla Bhavana Society che altrove.

Ha scritto numerosi libri tra cui:

  • Meditare nella vita quotidiana, 2019 (in francese: Méditation au quotidien - Une veritable pratique du bouddhisme. 
  • Introduzione alla meditazione profonda, 2021 (in francese: Introduction à la méditation profonde).  In questo testoHénépola Gunaratana accompagna i meditanti in una nuova fase, quella della meditazione profonda, oltre la mindfulness.

Riassunto del testo Meditare nella vita quotidiana.  Siamo costantemente a caccia di esperienze e cose, per affrontare questo senso di tensione pervasivo che avvertiamo. Ed è strano perché più le persone perseguono obiettivi materiali, più la felicità delle persone è in calo. Il problema è che viviamo in un mondo non reale, in un'illusione autocreata. La causa del 99% dei problemi è il fatto che viviamo in questo mondo autocreato e non siamo nel qui ed ora. La soluzione è  praticare la meditazione Vipassana, che è la meditazione di consapevolezza.
È la capacità di scavare più a fondo nella realtà con consapevolezza, per essere in grado di vedere le cose come sono realmente.  Meditando si comincerà ad avere delle rivelazioni. Per alcune ci vorrà una settimana. Alcune potrebbero richiedere sei mesi. Alcune potrebbero richiedere anni. Ma piano piano vengono smontati tutti questi concetti e valori che la società propone attraverso i genitori, gli amici, i media. Srotola tutte queste cose e guardale una per una. Prendi ognuna di esse e la guardi per quello che è. E dopo un po' di tempo, alla fine, dopo anni e anni di pratica, arriverai al punto in cui anche te stesso, la tua identità, quello che chiamiamo l'ego, questo concetto di sé si dissolverà perché alla fine anche il  concetto del sé è una creazione.
La meditazione è solo un modo più sano per decostruire gli elementi negativi della tua personalità che non ti servono, che non ti aiutano, che causano la tua sofferenza, che ti hanno portato ad avere pensieri insidiosi e tornare alla verità, al vero Sé. Allora comincerai a vivere la tua vita con intenzione, con controllo, facendo quello che vuoi fare perché lo vuoi fare, non perché soddisfa questo ego autocreato.
Con la meditazione Vipassana, ci concentriamo sul respiro. Questo è il punto focale di tutta la pratica meditativa perché la mente ha bisogno di qualcosa su cui concentrarsi. Altrimenti, verrà semplicemente tirata in diverse direzioni. Più meditate, più vi impegnate, più avrete il controllo della vostra mente.  La tua concentrazione aumenterà e ancora più importante, la tua consapevolezza aumenterà. La concentrazione ti aiuterà a concentrarti su una cosa, un compito, a portarlo a termine e a porre la tua attenzione su quello. La consapevolezza ti permetterà di cogliere la natura transitoria della vita. Allora noterete che le cose sono sempre in movimento. I pensieri vanno e vengono. I suoni vanno e vengono. Le sensazioni nel tuo corpo vanno e vengono. La vita è praticamente un flusso di cose diverse che accadono. Quando sei veramente attento, niente sarà mai noioso perché c'è sempre qualcosa che accade e sempre diverso. C'è sempre qualcosa da imparare. Piano piano si penetrerà sempre più a fondo nella realtà stessa guadagnando in consapevolezza. 

Occorre strutturare la pratica di meditazione e meditare con costanza in un posto tranquillo per cominciare. Mantenendo lo stesso posto il cervello lo identificherà come luogo di meditazione.
La meditazione è un processo lento. Tutto ciò che vale nella vita richiede tempo. La meditazione è una pratica e se vuoi ottenere dei veri cambiamenti duraturi, occorre iniziare a incorporare la consapevolezza anche nella vita quotidiana.
Mindfulness è letteralmente prestare attenzione a che cosa stai vivendo senza giudizio. Semplicemente accettandolo al 100%.  Così la vera arena è il mondo reale; Prendere ogni momento per quello che è e vederlo per quello che è. Si dovrà cercare di essere consapevoli di tutto ciò che si sta facendo e vivendo; e solo così si vedranno delle vere differenze in termini di relazioni con le altre persone e il mondo esterno.     Citazioni di Henepola Gunaratana:

  • "L'ironia della cosa è che la vera pace arriva solo quando si smette di inseguirla".
  •  "La pazienza è la chiave. Se non imparate altro dalla meditazione, imparerete la pazienza. La pazienza è essenziale per qualsiasi cambiamento profondo".
  • "Se sei infelice sei infelice; questa è la realtà, questo è ciò che succede, quindi affrontalo. Guardalo dritto negli occhi senza tirarti indietro. Quando stai passando un brutto momento, esamina quell'esperienza, osservala con attenzione, studia il fenomeno e impara i suoi meccanismi. Il modo per uscire da una trappola è studiare la trappola stessa, imparare come è costruita. Lo fai smontando la cosa pezzo per pezzo. La trappola non può intrappolarvi se è stata fatta a pezzi. Il risultato è la libertà"
  •  "Il dolore è inevitabile, la sofferenza no".
  • "Non ponetevi obiettivi troppo alti da raggiungere". 
  • "Sii gentile con te stesso". 
  • "Cerca di seguire il tuo respiro continuamente e senza pause. Questo ti aiuterà ad essere scrupoloso ed esigente. 
  •  "La cosa fondamentale è essere consapevoli di ciò che sta accadendo, e non cercare di controllare ciò che sta accadendo".

venerdì 30 dicembre 2022

L'esperienza della trascendenza - Karlfried Graf Durckheim

L'Expérience de la Transcendance di Karlfried Graf Durckheim (1896-1988).

"Il maestro è la risposta all'appello di colui che cerca la via".

Uno dei segni della nostra epoca, è che le persone che fanno l'esperienza della Trascendenza, che è loro immanente, sono sempre più numerose. Fanno l'esperienza di un Essere che in loro e attraverso loro desidera manifestarsi nel mondo. Queste esperienze erano un tempo definite come mistiche. [...]  Oggi, il pensiero scientifico non è più chiuso all'esperienza della Trascendenza, al contrario, si realizza pienamente in essa quando raggiunge i limite delle proprie possibilità.   Sono quattro i mezzi offerti all'uomo per accedere all'esperienza Sopra-sensibile: 1- la natura, il silenzio delle foreste, il cielo stellato;  2- l'arte che va al di là delle parole; 3- l'erotismo quando la tenerezza fisica chiama l'uomo a un allargamento della sua aurea; 4- la religione, quando c'è un incontro interiore con il Divino che ci è immanente. 

La meditazione prende, in Occidente, un'importanza sempre più grande, e questo mostra bene che in ragione della meccanizzazione della vita, l'uomo prova una nostalgia e un bisogno crescente di entrare in contatto con il Trascendente. E' stato concesso all'uomo di conoscere il livello incondizionato, fuori dal tempo e dello spazio, che trascende ogni capacità umana. Questa esperienza permette all'uomo, se si impegna nella via della realizzazione del Sé, di testimoniare nell'esistenza condizionata spazio-temporale il mondo sopra-sensibile.  Le esperienze attraverso le quali l'Essere essenziale penetra nella coscienza dell'uomo sono di natura molto diversa: vanno dal leggero soffio di consapevolezza alla possente irruzione della Trascendenza che libera immediatamente l'uomo dalla sua schiavitù dell'io esistenziale. Comunque il tratto comune è una nuova presa di coscienza. E' la ripetizione di certe attitudine precise che può creare le condizioni favorevoli all'apertura al Divino. Dall'altra parte, nessun esercizio, anche praticato per anni, può forzare l'Essere a rivelarsi e ad agire.

Nella meditazione, fondata sulla ripetizione, la respirazione gioca un ruolo importante. E' in sè, l'eterno ricominciare di un movimento in trasformazione. Se non riduciamo la respirazione ad un movimento fisico, ma se la esercitiamo coscientemente, come un'attitudine del corpo che siamo, può diventare un mezzo di trasformazione attraverso il quale l'Essere può penetrare in noi.   La pratica meditativa è come un tuffo silenzioso, e nello stesso modo tutte le attività quotidiane condotte in modo meditativo, conducono alla liberazione delle forze dell'Essere al di là della vacuità.  Quando l'uomo, attraverso la cancellazione del suo Ego, avrà vissuto il risveglio dell'Essere e si sarà ancorato a lui, non troverà nella sofferenza una ragione per lamentarsi, ma un mezzo per migliorarsi. 
In Occidente, c'è oggi, la riscoperta della necessità per l'anima di una ricerca spirituale. E l'incontro con la tradizione orientale gioca un ruolo fondamentale in questa nuova tendenza. E' soprattutto dopo la prima guerra mondiale che la spiritualità orientale penetra in Occidente. Molte persone erano ritornate dal fronte dopo quattro anni durante i quali la morte e la distruzione erano onnipresenti. Era l'epoca in cui i giovani leggevano Siddharta di Herman Hesse, o gli scritti di Paul Bruton sull'esperienza del vero Sè che aveva fatto in India, o quelli di Daisetzu Suzuki che trasmettevano il messaggio del buddhismo zen. Lo spirito dell'Oriente veniva trasmesso attraverso i libri ma anche grazie agli esercizi pratici dello yoga e dello zen.
L'uomo occidentale soffre dello stress, la vera causa di questa malattia è l'assenza di contatto con il  proprio essere interiore. Solo l'unificazione dell'uomo con il proprio essere interiore potrebbe dargli un sentimento di sicurezza, di una coscienza profonda. La realtà interiore è di un altro peso e di un altro ordine che la realtà del mondo esterno, più importante di questo e destinata a prevalere.
La mente occidentale è sempre rivolta verso la realizzazione del mondo, la realizzazione interiore non è quasi mai sviluppata. Oggi, l'occidentale ha bisogno di un aiuto oltre quello destinato a ripristinare la sua salute fisica e psichica. Del resto anche psicologi e psicoterapeuti si stanno orientando verso nuove strade. L'influenza più importante che l'Oriente abbia esercitato sull'Occidente riguarda gli esercizi pratici per  la realizzazione del Sè. 
Per l'Oriente esistono due tipi di esercizi pratici che mirano alla realizzazione dell'essere interiore. 1- una forma di meditazione passive come lo za-zen o la ripetizione dei mantra, o la meditazione trascendentale oppure 2- una forma di meditazione attiva come l'hatha yoga, tai-chi-chuan, esercizi del buddhismo zen, tiro con l'arco, la pittura o altre arti. Ma spesso questi esercizi vengono proposti eliminando l'aspetto iniziatico e allora lo yoga diventa puro esercizio fisico e la ripetizione di un mantra diventa un esercizio di rilassamento. Quando l’hatha yoga è insegnata come ginnastica, non ha più niente a che vedere con la Via, può essere utile alla salute, e al rilassamento, ma solo quando sarà praticata come esercizio sulla Via, potrà portare ad una relazione con l’Assoluto e alla Trascendenza. Le stesse considerazioni valgono per la meditazione Za-zen.
 
I giapponesi usano il controllo delle capacità esteriori come mezzo di sviluppo dell'uomo interiore. Più la tecnica è sotto controllo, meno il praticante ha bisogno dell'Io. Il principio fondamentale sul quale riposano tutte queste pratiche è lo stesso per tutte le pratiche iniziatiche del mondo. Il piccolo "Io" deve morire, al fine di liberare la via verso una nascita di un Sè più profondo. Questa è la via della trasformazione interiore, staccarsi dall'Io esistenziale per arrivare ad ancorarsi all'Essere essenziale. Questo stato è chiamato Hara in giapponese. Migliorare le performance esteriori per arrivare a mettersi in cammino verso la maturazione  interiore. Lo spirito dell'Oriente, basandosi sull'esperienza della sofferenza umana, è essenzialmente centrato sulla liberazione per l'esperienza dell'essere essenziale, del Tutto-Uno. Mentre, la mente occidentale è più preoccupata di controllare le condizioni della vita esteriore. L'integrazione di questi due poli porterebbe allo sviluppo simultaneo delle capacità di realizzazione nel mondo e della maturazione spirituale.

L’esercizio ben compreso è il cammino che l’uomo compie per accedere, tappa dopo tappa, alla Via, alla sua vera natura, la natura di Buddha, attraverso il quale l’uomo libera il suo vero Essere. È una via verso lo stato più elevato di coscienza a cui l’uomo può arrivare, e attraverso il quale si apre al contatto con l’Assoluto vivente nel suo nucleo essenziale. E’ attraverso una severa disciplina e un’azione umilmente ripetuta senza sosta che l’uomo diviene poco a poco permeato dell’Essenza vivente di tutte le cose nella profondità incosciente del suo sé individuale e si prepara alla Grande Unione. 
 
Heugene Herrigel ha portato un contributo inestimabile alla comprensione dello zen e a tutte le sue pratiche. Ad esempio, il tiro con l’arco è una via che deve condurre, grazie a un tuffo metodico preparato, al più profondo dell’anima, a una presa di coscienza, poi ad un’unione con “il senza fondo al di là di tutte le forme”. Per arrivare a questo è importante l’attitudine interiore, e il centro dell’opera interiore è il “lasciare andare”, la liberazione dell’Io.   
Un saggio zen ha detto: "Perché ci sia un’implicazione religiosa o spirituale in un’azione, occorrono due cose; la semplicità e la possibilità di ripeterla in continuazione". Nel tiro con l’arco e nelle arti marziali, all’inizio c’è una profonda concentrazione, la scomparsa della tensione tra il praticante e l’oggetto, l’unione finale con l’oggetto fino a trascendere l’oggetto stesso e l’Io, Solo questa scomparsa permette l’emergere dello Spirito (nel senso di forza essenziale sopra-personale e sopra-individuale). Quando il praticante ha la gioia di percepire questa forza con la coscienza purificata, può arrivare a conoscere il suo Sé più profondo. Sotto l’effetto di questa gioia, la performance diventa secondaria. E quando si percepisce questo pienezza e profondità non preventivate che la persona afferma: “Quello che ho vissuto ha un valore talmente incontestabile che per me, da adesso , non ho alcun dubbio, che devo impostare la mia vita per far si che possa ritrovare quello che ho provato là, solo per un istante”. Solo quando abbandoniamo tutte le difese naturali, accettiamo l’inaccettabile, e ci abbandoniamo coscientemente all’ineluttabile, è allora, che qualcosa di incredibile si produce, di un solo colpo la paura sparisce, la paura della morte sparisce. E’ solo grazie ad una presa di coscienza e una grande perseveranza che la dimensione trascendente trova, quando è sperimentata, la sua vera realtà nell’uomo. Quando questo si verifica, l’uomo accede a quello che viene chiamata la Via, ossia lo sviluppo al quale è destinata la sua essenza.

E' per l'esperienza di una Realtà accessibile all'uomo, che lo supera e lo trascende, che la Trascendenza, punto di partenza di una nuova vita, diventa il centro della realizzazione umana. La parola trascendenza ha due significati diversi: può designare sia una realtà che supera i confini ristretti dell'umanità, sia un modo di elevare tutto il contenuto della coscienza in un altra dimensione. Per arrivare ad una dimensione trascendentale occorre disponibilità e spirito di apertura all'interiorità profonda del nostro essere, per permettere a questo Essere, che desidera manifestarsi in noi e, attraverso noi, nel mondo, di rivelarsi. La sola cosa che si oppone ad un rapporto vero con il Divino, è la menzogna per la quale io mi mostro differente di quello che sono.

mercoledì 21 settembre 2022

Dalla sofferenza alla gioia - Mario Tanavaro

Mario Thanavaro (1955 - ) è Maestro di meditazione Vipassana e insegna vari temi riguardanti la spiritualità. Insieme alla Dott.ssa Enzina Luce Franzese è il fondatore dell’Associazione Amita Luce Infinita e ne è il presidente. Ha scritto oltre quindici libri riguardanti il Buddhismo, la meditazione e la consapevolezza dell’esistenza umana. Conduce ritiri e incontri di meditazione online e in varie città d’Italia. Il suo sito è il seguente: https://www.mariothanavaro.it/     https://percorsi.meditiamo.it/

E' stato per oltre 16 anni monaco buddhista, di cui gli ultimi 6 anni come Abate, Maestro di Meditazione, Presidente dell’Unione Buddhista Italiana e poi Vice Presidente della Fondazione Maitreya..

 Nel suo libro Dalla sofferenza alla gioia, Come guarire dal dolore del mondo, Mario Tanavaro, spiega che su indicazione del suo maestro Achaan Sumedho fondò il monastero Santacittarama, Il giardino del cuore sereno.  Per sei anni fù l'abate di questo monastero. Alla fine dei sei anni  si ritirò privo di energia ed entusiasmo. Scoprì che anche il mondo religioso è pieno di pregiudizi e settarismi.  Alla fine decise di ritornare alla condizione laicale e diffondere gli insegnamenti e la pratica della meditazione al di là dell'appartenenza ad una religione. Nel suo libro racconta con umiltà che ritornare nel mondo a quarant'anni, senza un appoggio economico e morale, non è stato un cammino facile. La strada che porta alla conoscenza di sè, spesso non è lineare e bisogna confrontarsi con le proprie paure e mettersi in discussione. Infine, assumere la responsabilità di essere liberi, capire che la vita è breve e deve essere vissuta al meglio e con coraggio per  portare a termine il proprio compito.

La felicità è più leggera di una piuma, nessuno sa afferrarla. L'infelicità è più pesante della terra, nessuno sa lasciarla.  Siamo spesso affetti da un disagio esistenziale la cui origine è dentro di noi. Finchè ci sposteremo da un luogo ad un altro, da una relazione ad un'altra non risolveremo la causa della nostra agitazione.

Con la pratica meditativa possiamo riuscire a riconoscere le radici del nostro disagio. Spesso è molta diffusa la mancanza di accettazione di sè e di autostima.  Solo quando saremo consapevoli dell'esigenza di trasformazione potremo cambiare pagina. Spesso la compensazione alle nostre mancanze interiori si manifesta propria abbracciando un credo religioso che non protegge dalla rigidità e dalla chiusura verso il prossimo. La pratica meditativa richiede una conoscenza profonda di sè e una precisa cognizione della realtà attraverso l'osservazione, la concentrazione, la visualizzazione, l'introspezione. Solo in questo modo potremmo penetrare nel nucleo della coscienza. La reale condizione dell'esistenza in Oriente si chiama Dhamma o Dharma. 

"Il più delle volte, la nostra ricerca istintiva e maldestra della felicità si basa su inganni e illusioni, piuttosto che sulla realtà, e così ci sfianchiamo nel tentativo di modellare il mondo per farlo combaciare con le nostre fantasticherie, o alteriamo artificialmente i nostri stati di coscienza. Non sarebbe meglio trasformare la nostra mente?"  - Matthieu Ricard           E' il pensiero che crea la realtà.

Lungo il cammino della vita fate in modo di non privare gli altri della felicità. Evitate di dare dispiaceri ai vostri simili; anzi, cercate di dare loro gioia ogni volta che potete. Siamo esseri sensibili e preziosi, a prescindere del giudizio degli altri, dall'apprezzamento e dalla stima altrui. La ricchezza interiore, lo spirito di servizio e l'altruismo, sono beni inestimabili. La condivisione dei nostri talenti, del nostro lavoro e dell'energia che mettiamo nel vivere bene la nostra vita, è l'unica forza che può veramente salvare l'umanità. 

Nel mondo attuale caratterizzato dal liberismo selvaggio, il consumismo insaziabile, il depauperamento del pianeta, dalla crescita selvaggia a discapito dei diritti umani e dell'ambiente, dalla crescente disparità sociale sono incoraggiati l'avidità, l'attaccamento, la competizione e il conflitto. Bisogna riscoprire il piacere di una vita semplice, in armonia con se stessi e con gli altri esseri senzienti, con il pianeta. La pratica spirituale promuove la semplificazione dei bisogni, la spogliazione continua dell'avere per poter finalmente essere.  L'obiettivo è vivere semplicemente la propria vita facendo quello che deve essere fatto senza cercare riconoscimenti e successo, superando la paura di fallire.

La cultura è disgiunta dalla vera conoscenza e spesso ostacola il cammino spirituale. Nel film provocatorio Cento Chiodi di Ermanno Olmi, il protagonista, un affermato professore di filosofia nel finale, dopo aver trafitto le pagine degli antichi testi dice: "A che cosa sono serviti? A ingannarci l'un l'altro. C'è più verità in una carezza che in tutti i libri". 

Anche la ricerca spasmodica di una guida spirituale, di un leader idealizzato, di qualcuno che risolvesse tutti i problemi e che fosse in grado di dirmi cosa è il bene e cos'è il male, quale è la cosa giusta da fare non aiuta alla nostra evoluzione interiore.  Come dice Jiddu Krishnamurti "Voi credete nei salvatori, ma è proprio da loro che dovete salvarvi. Vi dovete redimere dall'idea che qualcuno possa venire a redimervi". 

La ricerca interiore è un omaggio alla vita.

venerdì 20 maggio 2022

Mente zen, mente di principiante (1) - Shunryu Suzuki

" E' la saggezza che va in cerca della saggezza".    "Nella mente di principiante ci sono molte possibilità, in quella da esperto poche".

Shunryu Suzuki (1904-1971) era un monaco e insegnante Zen Sōtō che aiutò a diffondere il buddismo Zen negli Stati Uniti, ed è conosciuto per aver fondato il primo monastero buddista Zen fuori dall'Asia.

Secondo Suzuki la nostra 'mente originaria' racchiude tutto il sè, dentro di sè è sempre ricca ed autosufficiente. Ciò non significa una mente chiusa ma una mente vuota e pronta. Quando non abbiamo alcun pensiero di un sè, allora siamo dei veri principianti e possiamo realmente imparare qualcosa. La mente di principiante è la mente della compassione..

La posizione del loto completo durante la meditazione zazen esprime l'unità nella dualità e corpo e mente diventano due aspetti della stessa medaglia. Anche le mani nella mudra cosmica (mano sinistra appoggiata sulla destra, le articolazioni combaciano, i pollici si toccano leggermente) formano un tutto unico. Durante la meditazione non si devono avere aspettative, solo allora saremo presenti con il corpo e la mente. Anche il Buddha quando trovo' se stesso, scoprì che ogni cosa esistente ha la natura di Buddha. Nella meditazione zazen l'unica cosa importante è essere consapevoli del respiro, che è l'attività fondamentale dell'essere umano.

Quando diventiamo noi stessi in modo autentico, si apre uno spazio immenso e siamo completamente indipendenti e tuttavia dipendenti. Questa è la grande mente, ovvero la mente che è in ogni cosa. Durante lo zazen si dovrebbero lasciar andare e venire le immagini mentali e concentrarsi solo sull'atto di inspirare e respirare. In cinque - dieci minuti la nostra mente sarà completamente calma e serena. "Poichè gustiamo con gioia ogni aspetto della vita come manifestazione della grande mente, non ci interessa alcuna gioia straordinaria. In questo modo abbiamo una calma imperturbabile".  E' impossibile, secondo lo zen, arrivare all'assoluta calma mentale senza alcuno sforzo.  Per lo zen occorre tenere la mente ferma sul respiro fino a perderne la consapevolezza, in quel momento corpo e mente diventano puri e si diventa aperti al mondo. Il corpo e la mente hanno l'immenso potere di accogliere le cose così come sono, sia piacevoli, sia spiacevoli. Chiunque può fare zazen, e in modo tale lavorare sui pensieri e accoglierli eliminando il dualismo, la mente pervade il corpo intero e si entra nello stadio di forma è forma, e vuoto è vuoto.   Ciò significa che sapendo di avere una vita breve, riusciamo ad assaporarla con gioia giorno per giorno, attimo per attimo.  Alla fine della pratica zazen, ci si inchina a terra, abbandonando noi stessi e le proprie idee dualistiche. Nella mente zen ogni cosa possiede lo stesso valore ed è il Buddha stesso. Inchinarsi aiuta a sbarazzarsi delle nostre idee egocentriche, e anche qui, quello che conta non è il risultato, ma lo sforzo di migliorarci come esseri umani.  Ciascun inchino esprime uno dei quattro voti buddhisti: 1- Sebbene gli esseri senzienti sono infiniti, faccio voto di salvarli. 2 - Sebbene i nostri cattivi desideri siano illimitati, faccio voto di sbarazzarmene. 3 - Sebbene l'insegnamento sia illimitato, faccio voto di imparare tutto. 4 - Sebbene il buddhismo sia irrealizzabile, faccio voto di realizzarlo.  La pratica zen è la diretta espressione della nostra vera natura di essere umani, ma senza questa pratica è difficile accorgersene.  L'illuminazione è questo; l'illuminazione è qualcosa di straordinario, ma una volta raggiunta, non è niente.

Se qualcosa esiste, ha la propria vera natura, la natura di Buddha. Dunque essere un essere umano significa essere un Buddha.

sabato 14 maggio 2022

Risposte sul senso della vita - di Gyatso Tenzin (Dalai Lama)

Risposte sul senso della vita -  di Gyatso Tenzin (Dalai Lama) (Autore) J. I. Cabezón (Curatore) G. Pecunia (Traduttore), 2014.

Il buddhismo tibetano, accoglie gli insegnamenti dello Hinayana e del Mahayana ordinario (Sutrayana) e del Mahayana speciale o Vajrayāna (gli insegnamenti segreti del Tantra o Mantrayana).  La tradizione tibetana è divisa dal punto di vista storico nella scuola vecchia (rNying ma) e nelle scuole nuove (gSar ma) che includono le tradizioni Kagyu, Sakya e Kadam (che poi divenne Gelug). Ci sono quindi tre scuole nuove e una vecchia e tutte insegnano una combinazione delle dottrine Sutrayana e Mantrayana (insegnano in particolare i Tantra dell'Anuttarayoga).

Il Sutrayana descrive la vacuità come se essa fosse un oggetto, l'Anuttarayogatantra nel descrivere la vacuità si riferisce alla parte del soggetto, alla coscienza speciale che capisce la realtà del sistema tantrico, cioè la chiara luce (si riferisce sia all'oggetto che al soggetto ed è difficile distinguerli e la dualità va perduta).  Nelle varie tradizioni buddhiste, in modo diverso, si sottolinea l'indivisibilità di samsara e nirvana, l'unione della chiarezza e della vacuità. 

Tutte le religioni del mondo sono consacrate al raggiungimento della felicità permanente dell’uomo. Una persona religiosa deve sforzarsi di diventare un miglior essere umano. Dove c’è disaccordo tra le religioni è il punto del Dio creatore. Quando entriamo in contatto con i seguaci di altre religioni dovremmo incoraggiarli a seguire il loro credo nel modo più sincero e fedele possibile. Per il Dalai Lama non è un bene vedere delle persone religiose che si ritirano dalla sfera dell’attività umana e dal contesto della società, l’isolamento va bene per un periodo di tempo limitato se le persone cercano di conseguire samatha (esso consiste nella coltivazione della calma e della tranquillità per mezzo della concentrazione mentale). Lo studio e la pratica sono entrambi estremamente importanti nel buddhismo. Pertanto la parte intellettuale deve essere assolutamente presente ed è necessario associare lo studio con una pratica sincera nella nostra vita quotidiana.

Conflittualità dottrinarie ci sono anche all’interno del buddhismo stesso tra le varie scuole filosofiche. I Madhyamika e i Cittamatrin accettano la teoria della vacuità, i Viabhasika e i Sautrantika abbracciano la teoria della non esistenza del sé. Per i Cittamatrin la vacuità è spiegata in termini di non dualità del soggetto e dell’oggetto. I Madhyamika rifiutano l’affermazione che tutto appartenga alla natura della mente. Questa corrente è divisa in Prasangika e Svatantrika, la prima non accetta che le cose esistano in virtù di una caratteristica intrinseca. La caratteristica intrinseca è la nozione che le cose esistano in sé e per sé, senza dipendere da altre cose. L’esistenza intrinseca è una forma di esistenza che non dipende da etichette concettuali, ma invece esiste in virtù di qualche natura o essenza, che è intrinseca ad esso. Le cose tuttavia non sono completamente non esistenti. Esistono nominalmente in quanto etichettate dal soggetto, ma piuttosto appaiono come se esistessero di per sé.  Quindi le cose appaiono in un modo che contrasta con il modo in cui esse esistono realmente e veniamo ingannati. Dal punto di vista del pensiero filosofico buddhista, sulla base dell’esperienza empirica, si può dire che la filosofia Madhyamaka è superiore alla Cittamatra e che la filosofia Cittamatra è superiore alla Sautrantika e la Sautrantika alla Vaibhasika.

Il buddhismo afferma che lo spazio è permanente mentre la scienza occidentale che è impermanente. La scienza occidentale presuppone l’esistenza delle particelle elementari mentre il buddhismo la nega.   La particella elementare secondo la fisica moderna è indivisibile, ossia ad un certo punto non può essere suddivisa ulteriormente. Nel buddhismo l’indivisibilità non si basa sulla sperimentazione, ma è una trattazione teorica della possibilità dell’indivisibilità spaziale e dimensionale. 

Ci sono due cose differenti che possono essere chiamate spazio: una è lo spazio non composito, caratterizzato da mancanza di tangibilità e ostruzione, l’altra è lo spazio atmosferico che è impermanente e composito. Lo spazio non composito è la reale assenza, o vacuità, della sotanza materiale, è l’assenza di ostruzione e tangibilità, è l’assenza di impedimento materiale, una sorta di vuoto.

Quando si dice che tutti i fenomeni sono spiegabili in termini di vacuità di esistenza intrinseca, non significa che non esiste, ma si nega che esiste qualcosa di per sé senza dipendere da altre cose. Si dice quindi che sono prive di identità derivata da autoproduzione. Se si cerca un oggetto sottoponendolo ad analisi logica, non lo si può trovare. L’immagine è semplicemente un composto di parti differenti etichettato con il nome di quell’immagine. L’immagine non esiste di per sé.

L’io è qualcosa di semplicemente etichettato in base al corpo e alla mente. Tutte le cose sono vuote, ciò deriva dal fatto che hanno un’origine dipendente; anche quando cerchiamo tra gli aggregati il “Sè”, il sé come normalmente ci appare non può essere trovato. La comprensione dell’origine dipendente ha la capacità di eliminare entrambe le posizioni estreme, ossia l’eternalismo e il nichilismo.  Quando si cerca di indagare in modo appropriato “a chi appartiene questo pensiero? Chi sono io?”, si scoprirà che non c’è nessun “io” indipendente, ma una assenza, o vacuità del sé.

Nel buddhismo ci sono diversi livelli di coscienza, dai più grossolani ai livelli sottili. Tanto più è sottile il livello di coscienza, tanto più indipendente sarà dalla sfera fisica e sarà perciò tanto più verosimile che rimanga da una vita alla successiva.

La liberazione
(moksa), in cui una mente che comprende la sfera della realtà annulla tutte le contaminazioni della sfera della realtà, è spiegata solo nelle scritture buddhiste. Un simile stato di moksa non richiede la pratica della vacuità, né la comprensione della realtà. Nel buddhismo si crede che con l’accumulo di merito si possa ottenere la rinascita in un paradiso celeste chiamato Tushita.

Nellla meditazione tantrica, soprattutto nella pratica dell’Anuttarayogatantra (il tantra dello yoga insuperabile), mentre sta comprendendo la vacuità e la verità definitiva, il praticante controlla il pensiero attraverso l’uso di certe tecniche. Nel Sutrayana (il veicolo dei sutra), la forma non tantrica del Mahayana, non si fa menzione di queste straordinarie tecniche che comportano le pratiche yogiche del controllo del respiro e la meditazione con l’uso dei canali interiori (nadi) e dei centri di energia (cakra). Queste tecniche ti permettono di abbandonare rapidamente i acquisire rapidamente il controllo sulla mente e conseguire un livello di coscienza sottile e potente ed arrivare ad avere potenti realizzazioni spirituali. Queste pratiche fanno parte del Tantra, per praticarlo occorre essere abilitati (con l’iniziazione) e una volta che si hanno le basi appropriate si può praticare il Tantra nel modo corretto e fare progressi velocemente. Comunque, in generale, la cosa migliroe è essere cauti prima di ricevere gli insegnamenti.
Per un laico è importante percorrere la via di mezzo, ossia scegliere quando abbiamo bisogno di ricaricarci un ambiente che favorisce particolarmente la pratica e un ritiro. Per poi però tornare al lavoro, ai nostri studi, ecc.

Le forme di meditazione sono vipasyana e samatha. L’etimologia della parola vipasyana significa vedere le cose in modo migliore o superiore, ossia grazie all’analisi si arriva a vedere meglio l’aspetto o la qualità di un oggetto. Quindi vipasyana è una forma di meditazione analitica. Questa visione analitica e profonda deve essere accompagnata o favorita da samatha, la calma dimorante. La samatha è realizzata per mezzo della meditazione concentrativa. Le due meditazioni non si distinguono o si differenziano in base a quale oggetto afferrano, ma a come lo afferrano. Il Tantrayana possiede numerosi metodi per raggiungere questo samadhi, l’unione di samatha e vipasyana. Il sistema tantrico dell’Anattarayoga propone pratiche di concentrazione sul corpo, e fissando la mente su questi centri è possibile conseguire la vipasyana.

“Per iniziare la pratica meditativa buddhista il praticante deve avere un fondamento di umiltà, onestà e uno stile di vita etico”. Il passo successivo consiste nel coltivare il samadhi, o stabilità meditativa. Nel percorso del Dharma, il praticante deve controllare se stesso con il metodo dello sila, ossia deve difendersi dal vero nemico interiore che sono le emozioni afflittive: orgoglio, rabbia, invidia. Il secondo passo è quello di esercitarsi nella stabilità meditativa (tramite samatha e vipassyana) e infine nell’acquisizione della saggezza. Per un occidentale che vuole iniziare un percorso spirituale, il Dalai Lama consiglia uno studio comparativo tra i vari percorsi per scegliere il più adeguato alle proprie caratteristiche e predisposizioni mentali. Consiglia inoltre, di vivere in società, essere persone oneste e sincere. Ma per poche settimane, qualche mese dobbiamo ritirarci in un luogo appartato, dimenticare gli altri affari mondani e concentrarsi unicamente sulla pratica spirituale.

Alla base degli insegnamenti buddhisti ci sono le quattro nobili verità e le due verità (convenzionale e assoluta). La prima delle quattro nobili verità è l’esistenza della sofferenza. Nel buddhismo ci sono tre categorie di sofferenze. La prima è la sofferenza fisica e mentale grossolana. La seconda è la sofferenza di cambiamento, ossia la gioia e piacere quotidiani che sembrano offrirci felicità, ma più ci lasciamo coinvolgere e più tormento e sofferenza ci procurano. La terza consiste nel proprio corpo creato sin dall’origine da afflizioni e finché si rimane nel samsara sarà sempre presente.
I Tantra sono praticati solo in Tibet e in Giappone e sporadicamente in Corea. Negli insegnamenti tantrici ci sono rituali votivi (puja) accompagnati da strumenti musicali e si crede alle dakini, esseri non umani che si trovano in particolari posti favorevoli alla pratica.

Nel buddhismo si dice che ci siano diversi tipi di guru: il guru interiore, il guru esterno e un guru segreto. Questo è spiegato in modi diversi nei quattro ordini maggiori del buddhismo tibetano: Nyingma, Kagyu, Sakya e Gelug, ci sono differenze anche come vengono spiegati i quattro tipi di mandala: esterno, interiore, segreto e il mandala della realtà.
Per intraprende la pratica del mandala ci sono molte restrizioni ed è necessaria l’iniziazione del discepolo che deve essere preparato. L’iniziazione può essere conferita solo a 25 persone in una stessa cerimonia. Per la pratica del mandala Kalacakra invece, non ci sono restrizioni. Questo mandala è associato al regno, alla comunità, alla società. Il Buddhismo crede che ci sia un regno chiamato Sambhala, dove vivrebebro i Buddha futuri.
Il guru interiore è la recondita sottile coscienza sottile che il guru possiede ed è analoga a quella del praticante, quello che viene chiamato guru esterno è la manifestazione di questa coscienza nella forma di un corpo umano. Il guru segreto sono invece l’insieme di tecniche di meditazione sul respiro, i canali e centri energetici, attraverso le quali si arriva a comprendere il guru interiore.
Un metodo comune per praticare la devozione al guru consiste nel visualizzare il proprio guru e recitare il mantra del suo nome (mtshan sngags) o il mantra delle cento sillabe (yig btgya).

Il Buddha ha chiarito nei sutra del Vinaya e nel Tantrayana, in modo dettagliato, quali debbano essere le qualità di un maestro. Ha consigliato di esaminare completamente la persona che deve diventare il nostro guru. A meno che non si sia del tutto sicuri, non si deve prendere nessuno come guru.

Nel tantra dell’Anuttarayoga la parola assoluto assume due significati: sia la vacuità, sunyata, sia questa recondita e assoluta coscienza sottile, chiamata rig pa. Questa coscienza è sempre lì anche quando i cinque sensi non sono attivi. I sensi possono arrivare a conoscere in modo diverso, ma questi mezzi sono sempre di natura cognitiva, questo aspetto comune è chiamato shes pa, conoscenza. Il rig pa, questa coscienza sottile, che è consapevolezza, è anch’esso di natura cognitiva. E’ anch’esso un conoscitore come la coscienza visiva, ecc. Perciò sia la coscienza dei sensi grossolani, sia il più sottile rig pa sono di natura cognitiva. Alla morte, o al raggiungimento della buddhità cesseranno tutti i livelli grossolani di coscienza, ma la fondamentale, recondita, assoluta, coscienza sottile rimarrà sempre. Non ha inizio e non avrà fine.

Nell’Anuttarayoga la parola nay lug si riferisce alla parte del soggetto, all’esperienza della vacuità, alla coscienza speciale che capisce la realtà nel sistema tantrico, cioè la chiara luce.
La chiara luce si riferisce a due cose, a un oggetto o a un soggetto. La prima forma di chiara luce è l’oggetto vacuità. La seconda è la coscienza che possiede questa vacuità come suo proprio oggetto, la chiara luce vera e propria. Quando tutte le apparenze dualistiche svaniscono, diviene impossibile distinguire l’oggetto dalla coscienza che lo percepisce. La dualità va perduta.

La buddhità è qualcosa che realizzeremo gradualmente attraverso la sistematica purificazione della nostra mente, che normalmente è sotto l’influsso degli offuscamenti della conoscenza. La mente possiede la natura della purezza essenziale e la più recondita mente di chiara luce che è chiamata “natura buddhica”. Quando la mente è stabile in stato di concentrazione univoca su un oggetto, certi tipi di concetti e fraintendimenti cessano. Per ottenere una mente stabile,  il metodo consiste nel coltivare la saggezza e meditare sulla vacuità. Secondo i Tantra, ed in modo particolare secondo il Guhyasamajatantra, finché non si raggiunge la chiara luce più sottile si continua a soffrire a causa delle apparenze dualistiche.

La dottrina Avcarya Bhavaviveka, accetta la posizione che la coscienza sia la persona, ossia la coscienza è ciò che conosce, il conoscitore. Quando parliamo della mente, è implicito un soggetto esperiente o un possessore, che è il sé, il quale usa e possiede i cinque aggregati, coscienza inclusa. La coscienza è ciò che è usato dal sé e di conseguenza non è il sé. La coscienza è eterna ma non è permanente, in quanto la permanenza implica che qualcosa non cambi da un istante a l’altro. E questo cambio di coscienza c’è, quindi è impermanente ed è anche eterna in quanto la continuità dei momenti non cessa mai. 

Nel buddhismo ci sono due tipi di accumulo: l’accumulo di merito e l’accumulo di saggezza. Allo scopo di conseguire l’omniscienza è necessario ottenere sia il rupakaya, o Corpo di Forma, sia il dharmakaya, o Corpo di verità.  Nel sistema dei sutra, Sutrayana, la generazione di merito e saggezza sono due azioni separate che devono essere compiute in due momenti distinti. Nel tantra, Tantrayana, una sola mente può compiere entrambe le azioni. Assumendo il corpo di un divinità come oggetto referente, conseguiamo l’accumulo di merito; nello stesso tempo se realiziamo che l’aspetto o la qualità del corpo di quella divinità è vacuità, ciò mancanza di vera esistenza, accumuliamo saggezza. Merito e saggezza sono conseguiti simultaneamente.  

Nel Sutrayana, la vipasyana (la visione profonda) è definita come un tipo di meditazione strettamente analitica, mentre lo samatha (la calma dimorante) è definito come un tipo di meditazine strettamente concentrativa. Ma nel sistema dell’Anuttarayogatantra, essendoci una differenza nel metodo di meditazione, si può conseguire la vipasyana semplicemente per mezzo della meditazione concentrativa sui canali energetici e chakra.

Nel buddhismo, non si deve diventare monaco o monaca per raggiungere la piena illuminazione. Il bhiksu, o monaco, una volta che abbia ricevuto la piena ordinazione è autorizzato a possedere, oltre i tre abiti religiosi, solo tredici tipi di oggetti. Questo è molto utile per verificare il desiderio e l’attaccamento. L’essere monaco implica avere più libertà, infatti un Lama sposato deve condividere le decisioni importanti con la propria consorte.

sabato 29 gennaio 2022

Corrado Pensa

Corrado Pensa è uno dei più noti e autorevoli insegnanti di meditazione in Italia, ed ha svolto un ruolo storico molto importante nella diffusione delle pratiche di tradizione buddhista nel nostro Paese. Con l’organizzazione da lui fondata a Roma – l’A.Me.Co. (Associazione per la Meditazione di consapevolezza) – ha portato in Italia e fatto conoscere molti insegnanti e maestri di dharma di fama internazionale.  Insieme alla moglie Neva Papachristou dirige l’A.Me.Co. e conduce ritiri intensivi di varia durata, sempre molto frequentati.  Ha insegnato Religioni e Filosofie dell'India presso l'università "La Sapienza" di Roma ed è stato un psicoterapeuta junghiano.

Intervista a Corrado Pensa   https://digilander.libero.it/Ameco/sati961/corrado1.htm 

link al sito dell'A.Me.Co  https://www.associazioneameco.it/

All'università studiò con il grande esploratore ed orientalista Giuseppe Tucci, che lo introdusse alla saggezza orientale, e alla cultura buddhista.  Tucci influenzò notevolmente Corrado Pensa nelle sue future scelte e gli trasmise l'amore verso il buddhismo. Dopo questi incontri cominciò a pensare ad un lavoro di trasformazione interiore.  
Corrado Pensa fu anche attratto dall'opera di Jung e per un periodo cominciò a fare una psicoterapia e le prime meditazione.  Dopo avere fatto esperienze di meditazione in India, la vera e propria iniziazione alla meditazione la fece in un ritiro Zen con S. Suzuki Roshi a San Francisco.  Dopo aver assistito agli insegnamenti  del buddhismo tibetano  con Tarthang Tulku a Berkeley,  si avvicinò alla meditazione di consapevolezza (vipassanâ) in un ritiro condotto da Jack Kornfield.   Poi, nel 1976 iniziò il rapporto con l’Insight Meditation Society (I.M.S.) in Massachusetts, fondato da Joseph Goldstein (uno dei primi insegnanti di meditazione vipassanā negli USA), Jack Kornfield e Sharon Salzberg.  
Corrado Pensa, dopo aver portato a termine un periodo di apprendistato presso l’I.M.S. è stato nominato senior teacher presso quella istituzione. L’Insight Meditation Society è uno dei più importanti centri di riferimento mondiali per la Vipassana.
Corrado Pensa continua ad insegnare il Dharma in Europa. Scrive regolarmente per SATI, la rivista dell’A.Me.Co. Ha pubblicato numerosi testi sul Buddhismo e sulla pratica della meditazione di consapevolezza (Vipassanā).

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Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi personali.  Nel blog c...