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lunedì 12 giugno 2023

Nauli

Hatha Yoga Pradipika afferma che Nauli stimola il fuoco digestivo, elimina le tossine, l’indigestione e la stitichezza. È considerato uno Shat Karma (o Shatkriya, Il kriya è un'azione di purificazione mentale e fisica), ovvero “una delle purificazioni interne” aiuta a rimuovere l’eccesso di catarro, muco e grasso.
Il Gheranda Samhita invece descrive Nauli nel seguente modo: “Con grande forza muovi lo stomaco e l’intestino da una parte all’altra” e afferma che distrugge tutte le malattie del corpo. 

Vediamo insieme come  effettuare l'esercizio più potente dello Hatha Yoga passo per passo;  perché e quando praticarlo:  https://www.youtube.com/watch?v=sw0x4Pv4_z0

Parti del video:
01:44 uddiyana bandha (ritirare l'addome verso l'alto)
03:10 agni sara dhauti
04:00 isolamento retti addominali
04:21 isolamento obliqui addominali
04:47 il ruolo delle mani nelle esecuzione di nauli
05:25 esecuzione nauli
06:25 il ruolo dell'espirazione
07:35 consigli per l'esecuzione

Inizialmente fare rotazioni da sinistra a destra a polmoni vuoti.

Testi consigliati e citati nel video:

  • Asana Pranayama Mudra Bandha - Satyananda Edizioni; è un buon manuale completo di yoga ed è bene descritto anche il procedimento per praticare nauli
  • Gheranda samhita. La scienza dello yoga 
  • Hathapradipika. La luce dell'Hathayoga  

This Is Our Yoga - Antonio Nuzzo

   "This Is Our Yoga" è un documentario realizzato da ReYoga che ci porta a scoprire, attraverso diversi stili di Yoga e le storie di chi li insegna, il panorama Yogico Italiano.   

Vedi http:// www.reyoga.it                           https://www.youtube.com/watch?v=y-t9vKBtmhE

https://www.youtube.com/results?search_query=%22This+Is+Our+Yoga%22%2C+realizzato+da+ReYoga.

This Is Our Yoga - Intervento del Maestro Antonio Nuzzo - Hatha Yoga Inspired   https://youtu.be/nvAiIkVO5iI

Il primo libro letto dal Maestro Antonio Nuzzo sullo yoga è Imparo lo yoga di André Van Lysebeth. Per il Maestro Antonio Nuzzo, lo yoga è un modo per imparare a cambiare i processi interni condizionanti; infatti, l'energia dell'uomo è condizionata dal pensiero, se il pensiero è puro, l'energia è pura. Nello yoga dobbiamo usare l'intero corpo, l'essere nella sua interezza, educare il respiro e il corpo per poter sviluppare un pensiero spirituale.  Il pensiero spirituale è libero dall'azione.  Lo yoga è educarsi a vivere. 

  • Lo yoga non appare come lo si vede, non è una forma, un atteggiamento, un comportamento, un’immaginazione, non è imitare qualcun altro…    Lo yoga è fare e non fare, agire e non agire, è unirsi alla giusta intenzione con disciplina, determinazione e perseveranza…
  • La giusta intenzione non si crea, non si inventa, non si sogna… si studia, si scopre e si adotta.

Post di Antonio Nuzzo su Facebook:  Sono in tanti a pensare che nello haṭha-yoga ci siano tantissime pratiche fisiche senza considerare i capitoli dei tanti prāṇāyāma, delle svariate mudrā e di specifiche meditazioni!                        Interessante è leggere i commenti al post:

  • Giulio Polo. Le masse vedono solo il corpo e il gesto atletico....allenano la carcassa yantra....occidentalis karma😵‍💫😔🙃😑😢
  • Rita Lazzaro. Asana, pranayama, Mantras, pensiero positivo, alimentazione vegetariana/vegan
  • Alberto Mazzanti. Ma non c'è nulla di strano! Lo yoga è un processo intimo evolutivo. In questa evoluzione ognuno si evolve o si ferma dove meglio crede, lo yoga deve essere principalmente "libertà" non imposizioni.
  • Giulia Viero. Alberto Mazzanti proprio lo yoga però a me ha insegnato che la disciplina in realtà ci rende liberi, perché la libertà è la scelta di compromettersi ad un cammino, la libertà del "faccio quello che voglio, quando voglio e va bene tutto" direi che è più figlia della società dei consumi capitalistica attuale.
  • Rita Lazzaro. Alberto Mazzanti importante che non diventa ego
  • Paola de Simone. Non ti curar di lor ma guarda e passa. Continua a seguire gli antichi dettami del raja yoga e di Patanjali . Continua ad insegnare ciò che hai assorbito nei decenni......Il resto è noia.
  • Arianne Santiapichi. Quello non fa spettacolo sui Social
  • Loredana Sansavini. Sì, perché sono tanti gli insegnanti formati solo a questo e trasmettono così.. Penso che ognuno di noi abbia una grande responsabilità per la situazione che è venuta a crearsi. Si è fatto poco....
  • Maria Pia Tosti. Maestro Antonio, i tuoi corsi di pranayama che ho seguito mi hanno illuminato. Non sanno cosa perdono, nel mio piccolo lo dico a tutti ma dagli asana vanno (o tentano di andare) direttamente in meditazione in shavasana. Pochi seguono la via indicata da Patanjali, purtroppo. Speriamo che le cose cambino ma mi sembra che vadano sempre peggio.
  • Amalia Cornale. Per questo è importante divulgare e insegnare correttamente tutti i contenuti del percorso.
  • Luciana Pigeon. So di non sapere. Lo yoga è un infinito mondo tutto da esplorare che va sicuramente oltre il corpo fisico.
  • Rita Lazzaro. Bisogna eliminare il Business delle scuole per insegnante yoga, trent'anni fa occorrevano anni di pratica prima di avviarsi al percorso formativo, oggi i corsi di formazione sono aperti a chiunque voglia. 
Post di Antonio Nuzzo su Facebook:   Veramente oggi si arriva, persino, a pensare che lo yoga sia la stessa cosa del pilates e del fitness?          Commenti:
  • Simonetta Caruso Puglielli. Purtroppo
  • Laura Biolghini. Quando lo yoga diventa vita non può più essere confuso per ginnastica.
  • Sta a noi insegnanti continuare a coglierlo ed aiutare gli altri a coglierlo nei piccoli frammenti della quotidianità della vita di tutti i giorni e non solo in una pratica settimanale sopra un tappetino. Questo è ciò che credo, nel profondo del mio cuore. Grazie per avermi dato la possibilità di condividerlo. Laura
  • Alexandra van Oosterum. insegno dal 1986, ne ho visto di cambiamento. a settembre il nostro ultimo incontro formazione. non mi va di salire sulla barca, preferisco dedicarmi alla mia pratica e alle allieve ed allievi che mi seguono, ho chiuso la scuola formazione perché non voglio fare concessioni alle tendenze moderne, farò per i pochi interessati degli incontri a tema.
  • Sibilla Leanza. E la cosa più triste che per fare gruppo si insegna tutto in un'ora yoga e pilates insieme, Diciamo un minestrone
  • Monica Zocco. Vedo corpi che si annodano e si contorcono esibendo elasticità perfette. Ma siamo purtroppo molto lontano dal significato di yoga e dalla sua essenza. Chi la sperimenta non può far altro che mantenere nell' insegnamento un ascolto profondo all' altro, un rispetto totale verso la complessità dell'essere umano. Umilmente, senza gridare ma accompagnando ad ascoltare il silenzio.
  • Antonella Trezzi. Caro Antonio, molte posizioni del pilates ricordano le asana e se non si va oltre la forma, non si vede la differenza.
  • Monia Luzi. Troppe persone che fanno yoga, ma che non vivono lo yoga e questo crea molta confusione
  • Patrizia Braidi.  Esatto! Dove andiamo a finire?
  • Emanuela Tofoni.  Purtroppo si.  Pochi sanno che Pilates si è curato con lo yoga ....
  • Rossana Castelluccio. È verissimo Antonio, è questo che sta accadendo. Però ci sono tante persone che amano lo yoga che proponi tu e che continuiamo ad insegnare anche nel mio centro. È importante dare ancora un senso alla parola yoga tramite una corretta trasmissione. Per sempre grata🙏
  • Gloria Arnoldi.  Quando si arriva ad unire yoga a culatello, si resta senza parole, Potrebbe essere un'immagine raffigurante  lo yoga il seguente testo "Da Saltrio alla Big bench con yoga, lambrusco e culatello, mix perfetto... Sabato 3 giugno l'associazione Amici del..."
  • Anna Lozza. Ma come si può sostenere una simile bestialità? Lo yoga è un percorso spirituale!
  • Siamo chiamati a mantenere sana, integra e salda la madre di tutte le discipline. 🙏
  • Marina Francese. Noooooooooo! No, no. Le semplificazioni servono come avvicinamento, approccio molto da lontano, alla semina. Del raccolto, non v'è certezza. 💩🌱🪷
  • Anna Pagliai. Lo Yoga quello vero ti entra nel cuore e non ti lascia più.
  • Marzia Padeletti. Troppe persone che Credono di fare yoga, in realtà fanno delle belle posizioni e sequenze a livello estetico, d'altronde personalmente insegno e pratico da quasi trent'anni e Non smetto mai di confrontarmi con me stessa, le emozioni, le sensazioni quando pratico quindi sempre perché lo yoga, quello autentico, si sperimenta sempre anche al di là del tappetino
  • Cinzia Arcasi. .... secondo me non è tanto importante dare un nome a ciò che si fa e si pratica, Ma è importante l'intenzione e la consapevolezza di ciò che si fa'! Joseph Pilates si è ispirato alle asana per creare la sua disciplina,.....poi però la consapevolezza e il sentire fanno la differenza
  • Benedetta Spada. purtroppo è peggio, si pensa che lo yoga sia un sottoprodotto del pilates e che tutti lo possano insegnare dopo un weekend o 1 mese di formazione.... La via dello yoga non è per tutti e di tutti è una scelta di ricerca consapevole continua rivelazione tra mente, corpo e spirito.
  • Elisabetta Erba. Dipende anche tanto da come l'insegnante di Yoga si presenta... Purtroppo molti insegnanti si presentano come cultori del corpo fisico basti guardare l' abbigliamento mentre si fa lezione, se guardiamo le bacheche vediamo modelli di insegnanti un po' lontani dagli antichi Rishi..
  • Antonella Narciso. Verissimo. Ho avuto esperienze dirette di chi si è presentato in sala dichiarando di aver bisogno di fermarsi e fare qualcosa di calmo, ma nel momento in cui si sono trovati difronte al silenzio, all'ascolto interiore, al rallentamento dei ritmi e soprattutto alla riabilitazione del respiro, al termine della sessione, in alcuni casi dopo qualche sessione, mi sono sentita dire "ah però mi aspettavo qualcosa di diverso, di più dinamico, più acrobatico " Mi sono sentita solo di rispondere che forse avevano sbagliato disciplina e che lo yoga è altro rispetto alle loro aspettative. Salviamo e tuteliamo lo yoga🧘‍♀️  Om shanti🙏
  • Cristina Rapisarda Sassoon. La visione dello Yoga è universale. La si trova ovunque si cerchi una via per ri-educare la mente e il cuore. Si perde del tutto quando prevale la dimensione commerciale dell’esperienza. Quando viene tradotta in business. Il punto è qui e riguarda anche alcuni grandi interpreti della disciplina di ieri e di oggi. Restare in pochi non è un problema, purché uniti e consapevoli. 🪷🕉🪷
  • Shambhavi Manu Franzoni. ... non tutti associano pilates a yoga per fortuna. In molti insegnano le due discipline per ciò che sono differenti e con rispetto per entrambe. Il pilates inoltre non prende spunto solo dallo yoga ma anche da altro. Se si sa ciò che si fa e si lavora su di se non c'è bisogno di disapprovare l'altro, ma sicuro fare chiarezza è buona cosa
  • Adele Urpi. purtroppo mi sono imbattuta anche in chi sfrutta lo yoga per far fruttare quattrini e quello è yoga….. chi invece ha Praticato posture e insegnato Pilates con lo spirito da yogin riflettiamo,  Sono solo nomi e parole.  Al di là c’è un energia che spiega tutto. Chi pratica yoga anche in modo molto sottile sa che non deve giudicare e che nessuno di noi è veramente maestro ovvero lo siamo tutti …   Uno è uno Tutto e’ uno anche quella parte è una parte de…Insomma lo dice anche una un po’ streghetta nell’ambiente yoga   Con la preferenza per un lignaggio è vero ma che cerca di essere aperta.  Ho scritto anche in un romanzo a me caro un paio di capitoli dedicati solo allo yoga e una protagonista che è bel dissidio vivente tra cio che pensa sia lo yoga e ciò che esperisce realmente Sono onesta. Prima anche a me premeva veder brutto e male qui e la’ ora non m’importa più lascio scorrere, Panta rei, Un aiuto sicuramente è venuto dalla B. Gīta, Ognuno deve percepire quello che riesce, Molti falsi maestri yoga s’incontrano. (Per non parlare di persone rese schiave da ciò che alcuni maestri dicono che su deve fare o non fare e il lavaggio del cervello fino anche a morire come e’ capitato a quella ragazza in Liguria !!!)  che una buona lezione di pilates o simili fanno meglio Ci vuole un po’ di fluidità, Onestà. E lasciar vivere. Questo sarebbe già abbastanza yogici.
  • Alessandro Veronesi. Arrivare a pensare che il pilates o il fitness o qualsiasi altra ginnastica o sport sia qualcosa di avvicinabile allo Yoga e come confondere la scorreggia di un ubriaco con la toccata e fuga di Bach...🤔
  • Franco Di Mantova. Purtroppo accade anche...questo...Pensate che nella mia scuola è successo che qualcuno mi ha chiesto " Scusi che cosa posso praticare dalle 19,00 alle 20,00 tanto per me è lo stesso..." ...Incredibile ...Che pazienza ci vuole con certe persone... 🙏
  • Piergiorgio Cusinato. Sì, lo yoga ha toccato il fondo.
  • Sibilla Vecchiarino. Lo Yoga per me è karma yoga .. servizio e dono disinteressato.. distacco dal frutto delle azioni.
  • Lidia Iannetti. Se ci sono insegnanti così è perché ci sono allievi così, ognuno incontra l'insegnante che merita o cerca, i maestri sono per pochi fortunati. La Vita è sempre giusta se la si guarda bene.

venerdì 2 giugno 2023

Testi del grande Maestro Sivananda scaricabili gratuitamente

In questo sito  https://www.cyswamivishnu.com/letture-consigliate potete scaricare gratuitamente alcuni importanti testi del Maestro Sivananda. 

Satyananda Saraswati

Satyananda Saraswati (1923-2009), era un Sanyasi, insegnante di yoga e guru sia nella sua nativa India che in Occidente. Era uno studente di Sivananda Saraswati, il fondatore della Divine Life Society, e ha fondato la Bihar School of Yoga nel 1964.

La tradizione del Satyananda Yoga (o Bihar Yoga) è il sistema di yoga sviluppato, esposto e trasmesso da Swami Satyananda Saraswati e dal suo successore Swami Niranjanananda Saraswati, basato sui testi e sugli insegnamenti delle tradizioni di Samkhya, Vedanta, Yoga e Tantra che giungono attraverso l’antico lignaggio di sannyasa.

Il Satyananda Yoga è una scienza completa per una vita armoniosa, adatta a tutti, indipendentemente da età, genere, condizione mentale e livello di forma fisica. Rivolgendosi alla persona nella sua interezza, il Satyananda Yoga offre un metodo sistematico di integrazione di mente, corpo e spirito e un procedimento di sviluppo delle facoltà fisiche, mentali, emozionali e spirituali nella vita; integrando la profonda essenza delle diverse forme di yoga si rivela utile nella vita quotidiana e appropriato per i bisogni della società moderna.

Questa tradizione include i sistemi classici di hatha, raja, karma, bhakti, gyana, mantra, kriya e kundalini yoga, e di altre branche dello yoga. La conoscenza o gyana, l’azione o karma e la devozione o bhakti non sono separati uno dall’altro e non si può ottenere uno sviluppo integrale se uno di questi aspetti della personalità viene trascurato. L’ideale dello yoga è divenire armoniosamente equilibrati in tutte queste direzioni.

Lezioni di Satyananda Yoga sono attualmente condotte in differenti parti del mondo, negli ospedali, scuole, università, centri sociali, centri di cura, uffici governativi, istituzioni sportive e prigioni. Tramite la pratica regolare, gli allievi possono fare esperienza di una maggiore stabilità, pace, forza, salute e benessere. Stress, preoccupazioni ed ansia spesso sono il risultato di uno stile di vita focalizzato su eventi passati o futuri ed ampiamente privo di contatto con la realtà presente.

Satyananda Yoga non richiede alcun credo politico o religioso e fornisce a chiunque, indipendentemente dallo stato sociale, gli strumenti per lo sviluppo della personalità così da divenire stabili e sicuri in se stessi.  Il Satyananda Yoga è un sistema olistico che promuove uno sviluppo ottimale del potenziale umano a tutti i livelli: fisico, mentale, emozionale, psichico e spirituale. 

Gli insegnamenti del Satyananda Yoga offrono un sistema olistico adatto al modo di pensare della moderna umanità e alla sue necessità. È importante sapere che non è necessario cambiare il proprio stile di vita per praticare yoga, ma è sufficiente solo introdurlo nella propria vita quotidiana per generare un cambiamento armonioso.  Lo yoga ci insegna che per poter scoprire e risvegliare il nostro potenziale interiore latente, abbiamo bisogno di comprendere le differenti dimensioni della nostra personalità che sono:

  • Dinamica/fisica: istintiva, dinamica, energetica, ecc. interagisce con il corpo, i sensi e l’ambiente;
  • Mentale/razionale: riflessiva, pensierosa; contemplativa, intellettuale, logica, analitica, razionale, focalizzata, ecc.
  • Emozionale: sensibile, premurosa, affettuosa, gentile, empatica, compassionevole, tenera. ecc.
  • Psichica: vuole scoprire la natura e il potenziale interiore latente, le dimensioni nascoste della coscienza, la relazione fra vita individuale ed esistenza, ecc.
 Una lezione comprende la pratica delle posizioni (asana), tecniche per lo sviluppo della respirazione e per l’energia vitale (pranayama), rilassamento guidato (yoga nidra) e tecniche di concentrazione e meditazione, ponendo l’accento sullo sviluppo della consapevolezza.
Satyananda Yoga per il sostegno di persone affette da fibromialgia:   https://www.satyanandaitalia.net/yoga-nel-sociale/satyananda-yoga-per-il-sostegno-di-persone-affette-da-fibromialgia/ 

Il mantra Om Namah Shivaya

Il mantra Om Namah Shivaya è uno dei più conosciuti, recitati e, per questo, famosi, il cui significato è il seguente: “Mi inchino con profondo rispetto; salute a te, Shiva!”
(Namah in sanscrito significa abbandonarsi, arrendersi; Shivaya fa riferimento a Shiva, il Dio della dissoluzione, più che della distruzione, è il simbolo della fine e del corrispondente nuovo inizio).

Il mantra dedicato a Shiva è composto da sei sillabe (le più importanti secondo il pensiero filosofico indiano): Om, Na, Mah, Si, Va, Ja.

  • Om è la sillaba sacra, il suono originale da cui tutto ebbe inizio.
  • Na appresenta la Terra, le radici (che corrispondono alle nostre gambe che supportano il corpo)
  • Mah rappresenta l’elemento Acqua, corrispondente allo stomaco e, quindi al mondo manifesto.
  • Si è il Fuoco, che troviamo nel nostro corpo nella zona delle spalle, corrisponde anche a Shiva Nataraja, il signore della danza.
  • Va è l’elemento Aria, che trova corrispondenza nella zona della bocca.
  • Ja, o Ya è lo spazio, il simbolo dell’anima individuale.

Questa che lega le sillabe agli elementi, non è però l’unica interpretazione. Infatti, ne esiste un’altra, collegata alla danza del “Dio Shiva”, la Tandava, dove troviamo un gesto corrispondente ad ogni sillaba.

  • Na è il potere della distruzione, simboleggiato dalla mano sinistra che tiene in fuoco.
  • Ma invece è lo svelamento, che corrisponde al piede destro che schiaccia la testa del nano simbolo dell’ignoranza, Avidya.
  • Si è la creazione, la mano destra che fa suonare il tamburo.
  • Va è considerato la grazia, ovvero il piede sinistro, sospeso a mezz’aria, tra cielo e terra.
  • Ya corrisponde al mantenimento (Sthiti) mano destra davanti in Abhaya mudra, il gesto che allontana le paure.

Queste sillabe, sono quindi considerate miracolose e permetterebbero di attivare i centri energetici del nostro corpo, in modo da abbandonare tutto ciò che è superfluo e abbracciare la nostra vera identità spirituale.Shiva è il simbolo del ciclo distruzione-rinascita, per fare spazio al nuovo è necessario che il vecchio soccomba. Questo è uno dei tanti insegnamenti dello yoga, legato al non attaccamento (ai beni materiali, al lavoro, alle altre persone). Non attaccamento, però, non significa essere totalmente indifferenti a questi aspetti (lo Yoga ci insegna, anche l’arte dell’attenzione e della cura), ma esprime il concetto di non concedere a niente e nessuno di renderci infelici se una di queste cose ci viene sottratta.

Recitando il mantra Om Namah Shivaya chiediamo a Shiva di eliminare inquietudini, dubbi, distrazioni, ignoranza dal nostro cammino. Shiva, è l’Eternamente benevolo, portatore di felicità. Quindi possiamo recitare i l mantra dedicato a Shiva per liberarci dalle negatività, dalle illusioni e per ritrovare la gioia.


Perché il mantra sia efficace (questo nello specifico, così come qualsiasi altro mantra), non dev’essere recitato in modo sporadico, è infatti necessario per vederne i benefici recitarlo per 30 minuti al giorno, ogni giorno (anche dividendo le recitazioni in 2, 3 momenti) per 42 giorni, senza interruzioni. Se la pratica viene interrotta, sarebbe bene ricominciare da capo.


I benefici della recitazione del mantra sono innumerevoli, a livello fisico:

  • – Respirazione diventa calma e profonda
  • – Le tensioni diminuiscono
  • – Viene stimolato il sistema immunitario (grazie alla respirazione più approfondita, alle cellule arriva più ossigeno)
  • – Si verifica una notevole riduzione dello stress

A livello sottile:

  • – Aumenta la concentrazione
  • – Attiva la produzione di endorfine, quindi ci sentiamo più felici!
  • – Riduce rabbia e paura

Per la crescita spirituale:

  • – Dissolve il vecchio Karma
  • – Aiuta a liberarci dall’attaccamento
  • – Porta maggior equilibrio interiore

Quando meditiamo o recitiamo un mantra con passione e grande concentrazione può capitare di ritrovarci a oscillare e a cullarci e questo movimento aiuta anche a lasciare andare lo stress. Ritroviamo quel movimento calmo, rilassante, ritmico tipico del rapporto madre-bambino, che naturalmente ci dona amore, pace, conforto.
Oltre alla recitazione del mantra se vogliamo liberarci da qualcosa di negativo, che sentiamo il bisogno di dover lasciar andare possiamo rinforzare il nostro proposito con un semplice rituale.
Dopo aver purificato l’ambiente bruciando del palo santo o della salvia bianca possiamo scrivere su un foglietto ciò di cui vogliamo liberarci. Andremo poi a bruciare il foglio (in sicurezza) e potremo spargere la cenere nella terra, in giardino o in un vaso.

sabato 27 maggio 2023

Incontro con Yogaswarupananada all'Accademia Yoga 1969

Swami Yogaswarupananda è il Presidente della “Divine Life Society” di Rishikesh (India) ed uno dei monaci più anziani di questa istituzione yoga caritatevole, fondata nel 1936 dal grande maestro Swami Sivananda Saraswati. Nell’ashram di Rishikesh c'è un ospedale (i servizi offerti sono completamente gratuiti), una casa editrice (la Vedanta Forest Academy), scuole per i meno abbienti e nelle vicinanze un lebbrosario.

Swami é un profondo conoscitore dei testi sacri e di tutti gli aspetti dello Yoga, sia degli aspetti filosofici che di  quelli pratici (hatha yoga, pranayama, meditazione, ecc.). Dopo aver trascorso i suoi primi 45 anni dedicati alla ricerca spirituale, senza mai spostarsi dall’India, ha iniziato a viaggiare per divulgare i principi e la disciplina yoga  nella società moderna che ha fatto del materialismo un fondamentale pilastro su cui sorreggersi, spesso a scapito di principi universali come la pace interiore, principio alla base di una convivenza sociale sana.

Sri Swami Yogaswarupananda insegna yoga presso l’Accademia Reale del Nepal, tiene corsi sulla Bhagavad Gita presso la Yoga Vedanta Forest Academy di Rishikesh, e autore del testo “Guida pratica allo Yoga”.
Il 12 maggio, il giorno del compleanno di Giorgio Furlan (il fondatore dell'Accademia morto il 6 novembre 2021) Swami è intervenuto all'Accademia Yoga ed ha sottolineato come attraverso l'applicazione dei principi universali dello yoga, si possa riequilibrare la propria vita nella società contemporanea.  “Lo Yoga è una scienza sacra e la sua pratica è essenzialmente un processo spirituale, anche se basato sul corpo fisico, sul respiro e sul controllo della mente. Lo scopo di questa scienza è di aiutare l’umanità a raggiungere la pace e la gioia."   Occorre servire Dio attraverso lo yoga. 

La Baghvad Gita è un libro necessario per il successo nella vita e la realizzazione spirituale. E' composto da 18 capitoli. Nel 3 capitolo verso 42 "Si dice che i sensi trascendano gli oggetti sensibili, che la facoltà mentale trascenda i sensi, che la facoltà intellettuale trascenda la facoltà mentale. Ma colui che è al di là della facoltà intellettuale, è esso". Il corpo ha sei aspetti: nasce, muore, cresce, diminuisce, vive esperienze buone e cattive, Ma noi non siamo solo il corpo, quando dormo non c'è corpo, non c'è mente.   La mente è la coscienza. Oltre il corpo ci sono i sensi, oltre i sensi la mente, oltre la mente l'intelletto, oltre l'intelletto la consapevolezza (la coscienza).  Solo gli esseri umani possiedono l'intelletto che permette di avere la possibilità di discriminare.   La mente è chiamata manas quando si collega ai sensi, con la discriminazione la chiamiamo buddhi; il terzo stato è l'ego (ahamkara), in questo stato si dice: io sono il corpo, io sono un indiano, io sono un padre, ecc,  il quarto stato è chitta, il magazzino della memoria, che acquisisce dati. Nel sonno non abbiamo percezione del passato e del futuro.    
Andare oltre i limiti della materia è definito Yoga. Lo yoga è la strada per superare tutte le sofferenze fisiche, dei sensi, mentali, intellettuali. La meditazione è la strada per andare oltre corpo, sensi, mente, intelletto.  Niente passato, niente futuro, solo presente. 

Attraverso il mantra ripetiamo suoni positivi.  Pronunciando i mantra e concentrandosi sull'ombelico, piano, piano si arriverà a livelli profondi di coscienza.
 Il mantra Om Namah Shivaya significa “Mi inchino con profondo rispetto; salute a te, Shiva!”
(Namah in sanscrito significa abbandonarsi, arrendersi; Shivaya fa riferimento a Shiva, il Dio della dissoluzione, più che della distruzione, è il simbolo della fine e del corrispondente nuovo inizio).
 Altro significato: "io saluto l'assoluta luce della coscienza". 
Il mantra dedicato a Shiva è composto da sei sillabe (le più importanti secondo il pensiero filosofico indiano): Om, Na, Mah, Si, Va, Ja.  ** Vediamo nel dettaglio i loro significati.
- Om è la sillaba sacra, il suono originale da cui tutto ebbe inizio.
- Na appresenta la Terra, le radici (che corrispondono alle nostre gambe che supportano il corpo)
- Mah rappresenta l’elemento Acqua, corrispondente allo stomaco e, quindi al mondo manifesto.
- Si è il Fuoco, che troviamo nel nostro corpo nella zona delle spalle, corrisponde anche a Shiva Nataraja, il signore della danza.
- Va è l’elemento Aria, che trova corrispondenza nella zona della bocca.
- Ja, o Ya (come troviamo scritto nell’inno a Rudra dello Yajurveda) è lo Spazio, rappresentato nel corpo fisico come gli occhi, ovvero il simbolo dell’anima individuale.

Altri mantra sono:   OM Namo Narayanaya      e     Ram Ram Ram.
Om Namo Narayanaya è un antico mantra vedico. E' cantato con l'intenzione di inviare effetti positivi a tutte le persone del mondo. Può essere usato come un canto per la pace, la salute e la felicità per tutti. I “sadhu”, ovvero coloro che nel subcontinente indiano si dedicano alla pratica della vita ascetica, usano per esempio salutarsi con la frase “om namo narayanaya”, vale a dire: “Gloria a Dio che si manifesta in te”.
Il  mantra Ram Ram Ram prende il suo nome dalla divinità Rama, che rappresenta colui che riporta ordine nel mondo… ma non solo. Rama infatti è anche la divinità che porta l'armonia, il bene, la lealtà, la verità e l'equilibrio.  Significato del mantra Ram è: Ram è la verità totale, come la terra e l'universo è.  Ram è "la Luce dentro di me, la Luce del mio cuore".       Tutti i sacri misteri vengono dal mantra Ram:  Ram Ram Ram ( Dio Dio Dio ).
Aum  è composto da 3 lettere, i tre aspetti della mente: veglia, sonno, sonno profondo.
 
Lo yoga è comune a tutte le religioni ed è la rimozione della sofferenza. Lo yoga è ciò che rimuove le limitazioni. Noi siamo quella consapevolezza pervadente, per questo ripetere il suono di Dio permette di andare oltre le limitazioni. 
Ci sono tante definizioni dello yoga, ma tutti i vari tipi di yoga dovrebbero portare alla meditazione, ossia portare la mente verso l'interno, in meditazione siamo in piena consapevolezza. Il terzo occhio è la mente, la consapevolezza. "Io sono quello" è il messaggio e il contenuto filosofico del Vedanta.
 
Sivananda ha scritto 565 libri sullo yoga (sono stati scoperti molti testi inediti dopo varie ricerche che sono terminate nel 2010).  Sotto ci sono i maestri che sono stati ospiti all'Accademia Yoga 1969

mercoledì 17 maggio 2023

Lo yoga è diventato un business - Krishnamurti

Oggi, ogni persona sembra terribilmente interessata allo Yoga,
Le persone vogliono mantenersi giovani e in forma.
Lo yoga è diventato un business come tutte le altre cose.
Ci sono insegnanti di yoga in ogni parte del mondo,
e stanno facendo soldi come sempre.
Yoga non significa semplicemente mantenere un corpo sano, normale, attivo e intelligente,
il significato della parola sanscrita yoga significa "unire insieme",   
così dobbiamo avere una vita ordinata, profonda, morale  e etica,
non solo mantenere delle posizioni.
Questo è il reale significato della più alta forma di yoga.

Nei tempi antichi lo yoga era insegnato solo a poche persone.
Facendo yoga altri fattori entravano in gioco, come la meditazione.
Nei tempi antichi, lo yoga aveva la finalità di trovare la verità,                                                                    cercare quale era il modo più consone alla verità.

Adesso yoga è diventato un affare commerciale,
e se tu non sai cosa fare, puoi insegnare yoga. 

Krishnamurti.

 https://www.youtube.com/shorts/MB5NqfLgpdQ   -  https://www.youtube.com/shorts/TwczuLnnt18 

sabato 13 maggio 2023

Indicazioni per praticare yoga correttamente

Indicazioni per praticare correttamente yoga:

1. Praticare “shavasana” alla fine della lezione. Shavasana, che in sanscrito significa “posizione del cadavere”, è la posizione di rilassamento per eccellenza che dovrebbe chiudere, tutte le lezioni di yoga.  Si tratta di un asana di fondamentale importanza poiché permette al corpo di interiorizzare il lavoro svolto e quindi di assorbire gli effetti della pratica sia a livello fisico che energetico.  E' una delle posizioni più difficili da imparare. Rimanendo immobili per qualche tempo, e mantenendo la mente quieta ed in pieno stato di coscienza, si impara a rilassarsi.

2. Non eseguire le posizioni imitando gli altri. Quando ci si avvicina alla pratica dello yoga, si  “pratica per imitazione”.   Molto spesso però il nostro corpo non possiede lo stesso grado di flessibilità e coordinazione di chi ci sta accanto, o di chi ci guida nella pratica. La reazione istintiva a questa sensazione è quella di sforzarci ben oltre i limiti del nostro corpo, rendendo in questo modo le posizioni dolorose, anziché piacevoli, e correndo il rischio di farci anche del male. Il “vero segreto della pratica” è essere capaci di vivere il momento presente, ascoltando con consapevolezza il respiro e  cercare di interiorizzare.  Non è importante eseguire posizioni a livello avanzato.

3. Rispettare i momenti di riposo del corpo. Il nostro corpo, così come il nostro stato d’animo e la nostra energia, cambia costantemente in funzione degli eventi della vita, del susseguirsi delle stagioni, del nostro stile di vita e di mille altre ragioni. Per questo motivo è assolutamente naturale che, praticando la stessa sequenza yoga in momenti diversi, cambi il modo in cui ci rapportiamo ad essa, ed i benefici che ne otteniamo. Soprattutto, succede che alle volte riusciamo ad eseguirla seguendo il ritmo e l’intensità nella quale ci viene proposta, altre volte invece no.  Lo yoga dovrebbe lasciarci una sensazione piacevole di rilassamento mentale e di benessere fisico, che si ottiene solo quando si impara a rispettare i momenti di riposo del corpo. Per questo motivo non è assolutamente necessario eseguire tutte le posizioni o le pratiche che l’insegnante ci propone.  

4. Gli accessori possono essere utili durante la pratica. Secondo gli insegnamenti tradizionali, per praticare yoga è sufficiente avere con sé il proprio corpo, e la propria mente. Oggi, comunque, la maggior parte dei centri yoga sono sempre più spesso attrezzati con accessori come blocchi, cinture, cuscini e molti altri supporti utili a favorire la nostra pratica. Il primo stile di yoga che ha iniziato ad utilizzare gli accessori è stato quello fondato dal maestro Iyengar, che ha introdotto l’utilizzo di accessori per permettere a tutti, indipendentemente dal proprio grado di flessibilità o condizione fisica, di eseguire gli asana mantenendo un corretto allineamento del corpo. Gli accessori potrebbero rendere la pratica più consapevole, e costituire un aiuto per progredire in alcune posizioni senza correre il rischio di danneggiare il corpo.

5. Mantenere le asana con consapevolezza. Lo yoga è una disciplina che lavora con il corpo, ma anche con la mente, e che la presenza, l’attenzione e la consapevolezza con la quale si pratica sono altrettanto importanti dell’intensità con la quale si pratica. La pratica dipende dalla stagione dell’anno in cui ci troviamo e dal nostro stato fisico e mentale. Ci sono giorni in cui abbiamo bisogno di energia, allora possiamo optare per sequenze energiche come la ripetizione del Saluto al Sole, altre volte in cui il corpo ha bisogno di essere trattato con dolcezza, e allora è meglio scegliere di praticare sequenze di yoga gentile, o altre volte abbiamo bisogno è di rilassarci profondamente,  in questo caso la prartica perfetta è Yoga Nidra.  C'è a disposizione una grande grande possibilità di scelta circa le sequenze che devono essere adattate alla condizione psicofisica del praticante.

6. Non fare più lezioni di seguito. E' meglio praticare solo una lezione alla volta, piuttosto che più lezioni consecutive… in quanto lo yoga, oltre che a livello fisico, lavora anche a livello energetico. Questo significa che ogni sequenza è studiata specificatamente per raggiungere un obiettivo, e che il corpo ha bisogno di qualche ora di tempo per assorbire gli effetti delle posizioni e della sequenza.
Nella quotidianità è possibile praticare più volte al giorno, l’importante è lasciar trascorrere qualche ora da una pratica all’altra, e l’ideale sarebbe fare una lezione energizzante la mattina ed una lezione rilassante la sera.

7. Dare importanza all'ambiente in cui si pratica. L’ambiente in cui si pratica, il materiale che si utilizza, e l’abbigliamento che si indossa, sono molto importanti. E’ fondamentale infatti praticare in un ambiente pulito e con abbigliamento comodo.

8. Praticare yoga con un respiro consapevole. Lo yoga è una bellissima armonia di corpo, mente, respiro ed energia. Il respiro è il ponte che la mente al corpo, collega la vita alla coscienza. Ogni volta che, durante la pratica, ci distraiamo dobbiamo riportare l'attenzione sul respiro. Nello yoga la respirazione ha un’importanza fondamentale, ed è proprio la consapevolezza della respirazione che fa di questa disciplina una pratica incredibilmente benefica per il corpo, per la mente e per  spirito.  Occorre cercare di portare la consapevolezza sul respiro durante tutta la lezione,  specialmente quando si praticano le posizioni di equilibrio. Il controllo sul respiro durante la pratica ti aiuterà a gestire lo stress, le emozioni ed a calmare la mente irrequieta.

9. Non paragonarsi agli altri. Nessun pratricante è esattamente uguale all’altro, così come ogni corpo ha le proprie esigenze e caratteristiche. La flessibilità non è l’obiettivo dello yoga e nemmeno una prerogativa per poterlo fare… è piuttosto una conseguenza naturale della pratica.

10. Cercare di praticare regolarmente. Lo yoga è efficace soprattutto se lo si pratica tutti i giorni. Tuttavia non  dovrebbe essere una fonte di frustrazioni. E'  importante rispettare sempre i propri limiti, e i propri tempi, e non focalizzarsi eccessivamente sulla pratica di una o più posizioni avanzate. Comunque, l'esecuzione di asana avanzate porta indubbi benefici, alle ghiandole, agli organi interni, alle articolazioni, alle nostre cellule, ecc.  L'esecuzione di alcune asana avanzate, come ad esempio la posizione del corvo, aiutano ad aumentare la fiducia in se stessi.

 
Per trovare le sequenze più adatte al tuo stato psicofisico vedi il sito Yoga n’ Ride.   Vedi i benefici dello yoga al sito: https://yoganride.com/12-benefici-dello-yoga-sul-corpo-e-sulla-mente/

Jacques Vigne - Psichiatra e Swami

Il dottor Jacques Vigne (1956 - )è uno psichiatra francese formatosi a Parigi. Per 15 mesi ha praticato e insegnato psichiatria in Algeria e, dopo la laurea nel 1986, si è recato in India con una borsa di studio quadriennale del governo francese. Ha studiato yoga e filosofia tradizionale indiana per tre anni presso l'Università indù di Benares, quindi ha vissuto per dieci anni quasi ininterrottamente con il suo maestro Swami Vijayananda, un medico francese che ha vissuto in India per 60 anni e che è stato uno dei più stretti discepoli occidentali di Mâ Anandamayî, una delle più famose donne "sagge" del XX secolo. Per i 12 anni successivi, Jacques Vigne ha trascorso circa un terzo del suo tempo in eremitaggio, tornando regolarmente dal suo maestro per continuare l'insegnamento. Dal 2010 è legato a Tenzin Palmo, che da oltre 50 anni è la più anziana occidentale a diventare monaca tibetana e che ha trascorso, tra l'altro, undici anni e mezzo in meditazione in una grotta dell'Himalaya.

Jacques Vigne ha scritto 17 libri, il cui tema principale è la psicologia spirituale e la meditazione. Nei suoi scritti è particolarmente attento a costruire ponti tra Oriente e Occidente, tra psicologia moderna e spiritualità, tra le pratiche sapienziali dell'India e il cristianesimo. Ha scritto due grandi libri di 400 pagine sulla mistica comparata, uno sul Matrimonio interiore, che cerca di tracciare l'unione dei canali ida e pingala dello yoga in altre tradizioni, e l'altro sulla Mistica del silenzio. Uno dei suoi ultimi libri, Secular Meditation Practice, propone una visione della laicità inclusiva e non esclusiva, rispettando i contributi delle religioni, ma allo stesso tempo sostenendo la diffusione della meditazione per tutti, con la sua serie di benefici per la salute fisica e mentale ormai sempre più scientificamente accertati. I suoi viaggi come testimone dello yoga e della meditazione lo hanno portato in diversi Paesi europei, più volte in Libano, due volte in Marocco, una volta in Tunisia e una volta per tre settimane in Cina. Organizza viaggi spirituali in India, Ladakh, Monte Kailash e Tibet.

Sito: https://www.jacquesvigne.org/
Insegna alla Sarva Yoga University https://www.sarvayogauniversity.com/our_team/dr-jacques-vigne/ in questa importante università on line insegnano anche Mauro Bergonzi e Eros Selvanizza.

venerdì 28 aprile 2023

Yogatattva Upanishad - La vera natura dello yoga

La vera natura dello Yoga - ( del Prof. Marco Pucciarini)

La Yogatattva Upanishad è senza dubbio una delle più interessanti fra le Upanishad dello yoga, e ciò per due ragioni: da una parte essa espone con grande chiarezza gli otto gradi (anga) dello yoga classico, e dall'altra insiste sui vari benefici che ci si può attendere dall'esercizio di questo yoga (non soltanto lo stato d'indipendenza spirituale - kaivalya - ma anche i numerosi poteri soprannaturali (siddhi), dei quali spesso gli altri testi non dicono molto).

La posizione dottrinale dello yoga, inoltre, è nettamente affermata: fede in un Dio personale (qui Vishnu, definito mahā-yogin), volontà di mondarsi dalle macchie del peccato per poter essere liberato dal samsāra (ciclo delle rinascite), assoluto rifiuto delle Scritture vediche come mezzo di ottenere la liberazione, ecc.
La sequenza adottata può dirsi « cronologica » poiché segue fedelmente lo svolgersi delle otto tappe della via dello yoga (Ashtanga). Gli autori cominciano con lo spiegare come l'anima sia caduta in quella condizione di prigionia che le è propria quaggiù (str. 5-6, 9 sgg.); affermano poi che il Veda non serve a liberarla (6 e 7): vi riesce soltanto lo yoga (14-16), nelle sue varie forme (18 sgg.). Di tutte queste forme, la più elevata è l'Hathayoga (in realtà confuso con il Ashtanga yoga, 24 sgg.). Ci si propone d'indicarne i gradi successivi (24-26).
Gli autori accennano rapidamente alle prime tappe (str. 27-31), ma si soffermano in una esposizione minuta del prānāyama (disciplina della respirazione, 27-41) che culmina nel trattenimento prolungato del soffio inspirato (kumbhaka o ghata): a quel punto compaiono i primi fenomeni soprannaturali (per es., la levitazione), descritti per esteso (53-67).  Seguono alla disciplina del soffio, come di consueto, il pratyāhāra (ritrazione dei sensi) - appena accennato (str. 68) - e la dhārana (fissazione del pensiero su un solo punto) che suscita altri poteri soprannaturali (69-75), fra i quali quello di potersi muovere a piacimento nello spazio cosmico (str. 75). Si insegna però allo yogin a esser tanto saggio da non parlare di tali poteri; è meglio passare per idioti (78) che lasciarsi distogliere dal fine supremo per rispondere alle richieste da cui sarebbe inevitabilmente tempestato colui che confessasse la sua potenza. Si parla poi (85-104) di una « quintuplice fissazione » (str. 84) che consente di rendersi padrone dei cinque elementi, prima che si arrivi al dhyāna (105), meditazione profonda che si confonde quasi con l'Enstasi finale (samādhi), furtivamente menzionata alla strofa 106. Lo yogin è giunto allora alla fine, è liberato (benché sia ancora in vita: jīvan-mukta, str. 107) e fruisce, naturalmente, di poteri affatto straordinari, compreso quello d'identificarsi con Vishnu stesso (110).  L’Upanishad passa a insegnare vari « Sigilli » (mudrā) e «contrazioni » (bandha), molti dei quali di carattere nettamente tantrico (Khecarin, Vajrolī, Amarolī). Tali gesti, più o meno acrobatici, hanno lo scopo di facilitare la meditazione e il trattenimento del soffio. 
Al termine della divagazione, gli autori dell'Upanishad ricominciano (130 sgg.) l'evocazione lirica dello stato del liberato in vita. Questo ci procura suggestive descrizioni del ciclo delle morti e delle rinascite (« colei che fu madre è oggi sposa, e la sposa sarà domani madre a sua volta », str. 132), paragonato a una ruota idraulica con molte cassette (133). Le virtù connesse con la sillaba Om sono enumerate ancora una volta (134 sgg.) e il testo si chiude (da str. 135 alla fine) con un breve accenno alla pace (śānti) di cui fruisce « nel deserto » colui che ha conseguito la condizione d'isolamento spirituale (kaivalya) cui tende la pratica dello yoga.

Le Upanishad dello Yoga -1

Dal sito di Gianfranco Bertagni: http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/meditazione/upyoga.pdf
Le Upaniṣad dello Yoga (YU) sono un insieme di testi medievali sincretici estremamente eterogenei, composti in un periodo compreso tra il IX e il XVIII secolo e riuniti per la prima volta sotto questa denominazione dagli studiosi Albrecht Weber e Paul Deussen alla fine dell’Ottocento.
Le 20 (21) Upaniṣad minori classificate sotto l’etichetta di “Upaniṣhad dello Yoga” sono effettivamente accostabili tra loro per una serie di caratteristiche e temi yogici comuni, ma questi necessitano di una cornice storica per essere letti.   Già l’appellativo Upaniṣhad rivela chiaramente il desiderio di mantenersi entro la cornice del Vedānta. -

I contenuti filosofici delle YU sono in linea con la visione non dualista dell’Advaita Vedānta, o  monismo mistico. Si è assistito a una addomesticazione della tradizione haṭha yogica e tantrica messa in atto dall’élite brahmanica a partire dal XVI secolo.
Passando per le Upaniṣhad classiche e la complessa storia dello haṭha yoga, osserveremo l’intrecciarsi e fondersi di pratiche e la nascita, la trasformazione e il declino di alcune delle più importanti tradizioni religiose del sub-continente indiano.  L’unica traduzione completa delle YU è quella redatta in inglese da T.R. Śrīnivāsa Ayyaṇgār (1938).
C’è una continuità espressa dalla denominazione Vedānta con cui sono conosciute le Upaniṣhad in quanto commentari e quindi fine dei Veda. Costituiscono la summa filosofica dei Veda.  Etimologicamente Upaniṣhad significa “connessione”, “omologia”, “equivalenza” e in contesto brahmanico viene a indicare le connessioni esoteriche che sottendono il reale e l’insegnamento segreto.
Nel mondo vedico il sacrificio era la modalità di interazione, il meccanismo mediatore, tra dimensione umana e divina, Col tempo il sacrificio assume sempre maggior valore, fino a diventare (vedi i Brāhmaṇa, Libri Sacerdotali, VIII sec. a.C.) l’atto più importante, la fonte stessa dell’esistente  (è dal sacrificio del Puruṣa che sorge il mondo). Tuttavia non bastava possedere il soma per divenire immortali.
Pur ponendosi in continuità con la tradizione vedica le Upaniṣhad introducono una metafisica non-dualista secondo cui tutti gli esseri partecipano della natura dell’Anima Universale. Secondo questa visione non esisterebbe dunque separazione tra Assoluto e Manifestazione, tra Puruṣa e Prakṛti.  
Teorizzata nei Libri della Foresta e sviluppata nelle Upaniṣad classiche, l’interiorizzazione del sacrificio creò le premesse per lo sviluppo di tutte le tradizioni pratiche successive, tra cui quella nota come haṭha yoga.
Le Upaniṣad hanno dunque una connotazione bivalente. Da un lato rappresentano il vero significato, nascosto ed esoterico, della tradizione vedica e dell’atto rituale che ne costituisce il centro. Dall’altro si sottolinea l’importanza di una conoscenza (e coscienza).
Secondo molti studiosi le Upaniṣhad rappresenterebbero l’espressione testuale di una religiosità kṣatrya antibrahmanica e di una tradizione di ascetismo itinerante, quella śramaṇa, tradizione in cui mossero i loro primi passi Buddhismo, Jainismo e lo stesso Yoga e a cui risalgono concetti chiave trasversali alle tradizioni nate successivamente nel sub-continente indiano quali kārma, mokṣa, māyā. In questo senso rispecchierebbero, come i Libri della Foresta, le esperienze mistiche di saggi-guerrieri esclusi dalla performance del rituale vedico, prerogativa del varna dei brāhmaṇa. Le Upaniṣad classiche sono dunque eredi di tradizioni diverse, ambivalenti e spesso contraddittorie. Nonostante questo furono la base su cui venne fondato il più pervasivo sistema di pensiero indiano fino ad oggi, il Vedānta (Il Vedānta rappresenta in assoluto il darśana dominante dell’Induismo).  
Ciò che si chiama Brahman è lo spazio etereo che sta al di fuori dell’uomo. Lo spazio etereo al di fuori dell’uomo è lo stesso che sta nella cavità del cuore. Esso è il pieno, l’immutabile. Felicità piena, immutabile, acquista colui che così sa. (Chāndogya Upaniṣad 3.12.7-9
Le vie per compiere questo viaggio sono quelle pratiche della meditazione, della rinuncia, della gnosi (jñāna). Attraverso di esse l’anima individuale, l’ātman, immutabile ed imperitura traccia dell’Assoluto dentro di noi, si manifesta.
Una vita condotta nel rispetto del dharma implicava, per il medesimo meccanico principio di causa effetto, una buona rinascita. Le Upaniṣad guardano oltre. Mirano alla liberazione da qualunque forma di rinascita, alla vera immortalità. Si affermano rinuncia e ascetismo.  Il saggio rivolge tutte le sue capacità vitali, sensitive, mentali dall’esterno all’interno, verso il Sé che è l’ātman.
Il corpo umano (inteso olisticamente come complesso corpo-manas-buddhi) diviene la sede stessa del sacrificio, il laboratorio alchemico in cui è possibile superare l’apparente dualità umano-divino, e trasformare l’essere umano in essere divino. La nuova sede del sacrificio, è il corpo umano e nelle Upaniṣad è un universo, abitato dall’ātman e percorso dal prāṇa nelle sue cinque caratterizzazioni, ognuna corrispondente ad una 5 funzione vitale.
Quando [il pensiero] è purificato, risplende allora l’Ātman.”.
La Bṛhadāraṇyaka Upaniṣad (2.1.19) riporta il primo riferimento all’importanza di una rete interna di energia: “Ci sono 72000 vene chiamate hitā. Il cuore, centro da cui si irradia la rete di vene lungo le quali scorrono i fluidi vitali dai cinque colori, è la cavità (guhā) o la grotta nella quale risiede l’ātman.
In questa Upanishad si parla anche della teoria dei quattro stati di coscienza: Il sonno profondo spegne anche la mente e permette di uscire temporaneamente dal manifesto e realizzare l’unione con l’Assoluto: In realtà i primi riferimenti al quarto stato di coscienza sono piuttosto tardi.  L’iniziale identificazione di turiya con la morte si trasforma nel concetto di liberato-in-vita (jīvan-mukti), segnando il passaggio ad una diversa prospettiva: le leggi che regolano la vita e la morte, lo scorrere dei flussi vitali, il riassorbimento del sé nell’Assoluto sono imprescindibili.
Lo strumento principale del saggio è il mantra: egli usa il potere della parola, già teorizzato nei Veda. Il mantra è espressione del Brahman, non uno strumento per invocarlo, ma piuttosto una manifestazione del divino come potere e coscienza. “Il mantra ha infiniti poteri perché è la divinità stessa”. L’ascesa del Sé è resa possibile dalla pratica dei mantra (in particolare del praṇava mantra oṃ) che hanno la qualità di attivare le connessioni tra i soffi vitali e i cinque raggi del sole (l’Assoluto) e rendere possibile la risalita del Sé lungo le canalizzazioni sottili.  Cominciano a comparire i primi termini tecnici fino all’elaborazione del primo sistema yoga a sei limbi. 

In ordine cronologico.
    • Al 8.15 la ChU accenna a ciò che verrà successivamente definito prathyāhāra, dichiarando che il ritiro dei sensi verso il Sé in associazione a regole comportamentali conduce all’uscita dal ciclo delle rinascite e all’unione con l’Assoluto.
    • Māṇḍkūya Upaniṣad – MaU (VIII sec. a.C.) – lunga solo 12 versi, tratta esclusivamente della sillaba OṂ e descrive il collegamento tra essa e i quattro stati di coscienza: le tre componenti del fonema, a, u, m corrispondono rispettivamente allo stato di veglia, sonno, sonno profondo. “L’oṃ senza misura è il Quarto, di là da ogni sviluppo di manifestazione, benefico, non duale. Così la sillaba oṃ è l’ātman. Colui che conosce ciò, immerge l’atmān [manifesto] nell’ātman [supremo]” (1.12)
    • Taittirīya Upaniṣad – TaitU (VI-V sec. a.C.) – compare il termine yoga ātman (2.4.1).
    • Kātha Upaniṣad – Kā hU (V sec. a.C) – compare il termine “adhyātman yoga” per riferirsi ad una pratica il cui fine é la realizzazione del divino (deva) nascosto nel cuore (1.2.12). Si cita anche “il fermo controllo dei sensi che conduce alla ferma attenzione, condizione di equilibrio interiore” (2.3.10–11).
    • Maitrāyaṇiya Upaniṣad – MaitU (II sec. a.C) – primo riferimento a un sistema sestuplice, cinque dei sei elementi preannunciano il sistema a otto lembi di Patañjali. 

Alchimia, tantra e haṭha yoga si combineranno nelle recensioni meridionali con il mantra e tāraka yoga (yoga del suono e della visione) di quelle settentrionali. Il Sāṃkhya, invece, teorizzava l’assoluta separazione tra Spirito e Materia e spiegava il manifesto come il risultato di una progressiva differenziazione della Prakṛti. Al centro della sua teoria era la classificazione (enumerazione) del reale in 25 categorie (tattva), ordinate in cinque classi di cinque. La manifestazione (Prakṛti ) è una catena di legami causali che fluisce dal sottile al grossolano. Questo sistema venne preso in blocco dal Vedānta e ricontestualizzato: il molteplice trae origine da un principio, l'Uno, o da altra realtà prima che esprime da sé il molteplice con assoluta libertà, identica a necessità assoluta. 

Il dualismo sāṃkhyano è riportato nella teoria metafisica esposta negli Yoga Sūtra (III.13-15, III.44) dove si parla di Prāṇa, apāna, udāna, vyāna, samāna. Sostanza e azione non sono separati, ogni termine indica contemporaneamente un soffio vitale e la sua funzione. 

Rendere fedelmente la storia delle Upanishad é opera impossibile: molteplici sono le aree in ombra, numerosissimi i testi che ancora devono passare il vaglio della filologia, molto scarse le fonti consultabili.
Le Upaniṣhad dello Yoga possono essere elencate tra i testi che, a lungo snobbati dall’interesse dei praticanti come degli studiosi di yoga, stanno oggi destando un rinnovato interesse. Come accennato, si tratta di testi ortodossi, redatti in ambiente vedāntino. Una buona parte del contenuto dei testi che costituiscono l’espanso canone meridionale viene estrapolato da opere sanscrite compilate tra XI e XV secolo, opere che descrivono un metodo che pone l’enfasi su una varietà di nuove pratiche fisiche, conosciuto come haṭha yoga. Troviamo il primo riferimento a un metodo chiamato haṭha yoga in un testo sanscrito dell’XI secolo.

Le Upanishad dello yoga - 2

 Dal sito di Gianfranco Bertagni: http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/meditazione/upyoga.pdf

Le Upaniṣad dello Yoga dimostrano la parentela con almeno due tradizioni: le Upaniṣad classiche e i Tantra.
La grande confusione che è stata fatta dagli studiosi nel datare le YU, ha  generato grossi errori interpretativi, e questi preziosi testi sono stati lasciati ai margini degli interessi non solo della ricerca accademica ma anche dei praticanti o studiosi di Yoga. Le Upaniṣad dello Yoga rientrano nella più ampia categoria delle Upaniṣad minori. Le Upaniṣad vengono generalmente classificate in classiche e minori. Le prime risalgono all’era precristiana mentre le minori sono di diversi secoli successive – si tratta per la maggior parte di testi medievali composti tra il IX e il XV (ma fino al XVIII) secolo – e rispecchiano gli insegnamenti esoterici delle tante tradizioni del brahmanesimo medievale.    La data di composizione delle Upaniṣad minori è incerta per quasi tutti i testi. Alcuni studiosi considerano le Upaniṣad dello Yoga e le Samnyāsa Upaniṣad come testi scritti durante il V secolo dell’era cristiana (Yoga: Immortality and Freedom). Però la ricerca successiva ha dimostrato che questo è altamente improbabile, poiché sono troppi i riferimenti a testi medievali.
Una datazione errata può generare una catena di false conclusioni, errori che sconvolgono i flussi d’influenza, alterando completamente la storia dei movimenti religiosi e intellettuali.

Secondo il contesto e la data di creazione le YU sono divisibili in almeno due canoni:                            •canone settentrionale – 11 testi, composti tra IX e XIII secolo nel nord dell'India forse nella zona di Varanasi. I temi sono: mantra yoga, tāraka yoga                                                                                •canone meridionale.

Le Upaniṣad dello Yoga non rappresentano un’unica tradizione o un’unica scuola di pensiero, sono dei testi eterogenei. Ciò che le accomuna è il fatto di iscriversi nella tradizione vedāntina: la verità genuina sperimentata dall’individuo è la verità assoluta di tutto l’esistente. L’intero universo è brahman: aham brahmāsi, “io sono l’essere eterno”, so’ ham “ io sono Quello.
La disciplina dello yoga del suono, mantra e nada yoga, è il tema dominante nei testi del canone settentrionale, il corpo yogico viene descritto in termini di prāṇa (soffio vitale), manas (mente), śikhā (fiamma), vāyu (venti), marman (punti vitali), dvāra (porte del corpo sottile), tutti concetti che risuonano con immagini tantriche e haṭha yogiche dello stesso periodo.  
Lo yoga descritto è, quando specificato, un sistema a sei limbi, uguale a quello che troviamo per la prima volta nella Maitrāyaṇīya Upaniṣad (e successivamente associato allo yoga tantrico buddhista e allo yoga di Gorakh).
Brahmavidyā Upanishad – Gli insegnamenti segreti dell’arcana scienza di Brahman. L’haṃsa che sale e scende 21600 volte al giorno è conosciuta come So’ham, Io sono Quello.
La Kṣurika Upaniṣad si concentra sulla descrizione della pratica e degli effetti della pratica di dhāraṇā, che, come un coltello/rasoio trancia i legami che tengono prigioniera l’anima-haṃsa permettendole di uscire dal ciclo delle rinascite. La pratica inizia in un luogo appartato e silenzioso. Qui l’adepto assume una postura di meditazione e ritira i sensi all’interno (pratyāhāra), proprio come una tartaruga ritira le proprie membra. Grazie allo Yoga delle dodici misure (mātrā) e all’uso della sacra sillaba Oṃ, egli riempie progressivamente il corpo d’aria. Chiude le porte del corpo, trattiene l’aria inspirata, poi l’espira lentamente attraverso le narici, facendola salire verso l’alto. Dominati i sensi, divenuto maestro di sé stesso, pratica il controllo del respiro.
Ci sono 72000 altre nāḍī, l’adepto deve tagliarle con la meditazione, con la pura forza dello yoga, lasciando intatta solo la suṣumṅā. Chi realizza l’identità con il Brahman attraverso la suṣumṅā è liberato dal ciclo delle rinascite. Quando il rasoio della fissazione-della-mente (dhāraṇā), della sillaba Oṃ, affinato dalla pratica del controllo del respiro (prāṇāyama) e affilato sulla pietra della rinuncia, taglia la trama della vita, l’adepto è liberato per sempre dai suoi legami, esce dal ciclo delle trasmigrazioni, diviene immortale.
Nella Nādabindu Upanishad la meditazione non conduce alla condizione di jīvanmukta, liberato in vita, ma “educa”, prepara, ad uno stato che può essere raggiunto solo con la morte (videhamukti). I versi 18-20 spiegano lo yoga come un percorso graduale: la mente (manas) si libera progressivamente dalla tirannia dei guṇa e dei sensi, e si dissolve nella pura coscienza.
Amtabindu Upanishad – il Jiva (cioè il Sè contenuto nel corpo sottile e grossolano) resta immutabile e non viene toccato dai cambiamento.  Questa Upaniṣad porta il lettore nell’universo del mantra yoga proprio della tradizione vedāntina medievale. Ha una vocazione prettamente dottrinale e l’unica tecnica cui fa riferimento è la meditazione sulla sillaba aum (e oṃ). Il punto di partenza della riflessione è la mente (manas): “Della mente si dice che sia di due tipi: pura e impura. Impura se è posseduta dal desiderio, pura se è liberata dal desiderio”. La mente legata agli oggetti dei sensi è causa di schiavitù, la mente libera dal desiderio per gli oggetti dei sensi è alla base della liberazione dell’uomo.
Dhyānabindu Upanishad  -L’oṃ è l’arco, la mente la freccia e il Brahman il bersaglio. Grazie all’attenzione concentrata la mente colpirà come una freccia il bersaglio del Brahman.  Lo Yoga  riguarda la recitazione della sacra sillaba oṃ. Su una scala di importanza ascendente vengono prima i fonemi (akşara) a, u e m, seguono poi ānusvara (il bindu), la risonanza (nāda) e infine il silenzio in cui si dissolve il suono.
Si dice che nello spazio di un giorno e di una notte, il Jīva mormora il mantra Haṃ-sa 21600 volte: respirando ripete incessantemente “Io sono Quello”. Questo è Ajapā Gāyatrī, il mantra che porta gli yogī al nirvana e non ha eguali. Anche kuṇḍalinī viene ricordata: la dea addormentata alla base della suṣumṇā ne chiude con la bocca la base, la porta che conduce alla sede del Brahman. Quando l’unione di agni, manas e prāṇā la risveglia, buca il passaggio e risale verso l’alto. Ottiene la liberazione colui che con le mani unite in preghiera, il corpo stabile in padmāsana, il mento premuto con forza contro il petto, la mente fissa in dhyāna inspira e trattiene in kumbhaka. Quando la kuṇḍalinī sale fino alla gola (al viśuddha cakra) lo yogī fa esperienza delle prime siddhi (poteri soprannaturali). Jālandharabandha impedisce che il nettare cada su agni bija e che vāyu diventi instabile. Viene poi descritta khecarīmudrā che consiste nel portare la lingua indietro e inserirla nella cavità del cranio.
Hamsa Upanishad. Il tema centrale dell’Upaniṣad è la teoria dell’Haṃsavidyā, che viene introdotta attraverso un dialogo tra Gautama e Sanatsujāta. Gautama chiede a Sanatsujāta di spiegarli il cammino della brahmavidyā, l’arcana scienza dell’assoluto e questi gli risponde descrivendogli la teoria dell’Haṃsa. Si tratta di un sapere segreto, un tesoro che porta beatitudine e salvezza e può essere comunicato solo al ricercatore sincero che abbia le passioni sotto controllo, sia devoto al guru e sempre in contemplazione dell’haṃsa. L’haṃsa viene descritta come l’ātman: pervade i corpi delle creature viventi come l’olio è presente nel seme e il fuoco nel combustibile. La conoscenza dell’haṃsa è raggiungibile attraverso lo yoga: contraendo l’ano lo yogī fa risalire il soffio vitale attraverso i sei cakra: mūlādhāra, svādhiṣṭāna, maṇipura, anāhata, viśuddha, e infine ājñā . Qui meditando raggiunge lo stato Nir-vikalpa-samādhi e beve il nettare generato dall’unione di Luna, Sole e Fuoco.
La meditazione sull’ajapā-mantra-haṃsa porta a sperimentare Nāda-Brahman nel centro del cuore (anāhata). Il suono si manifesta in 10 caratterizzazioni diverse, simile a una campana, un flauto, un’arpa, e così via. A ognuna corrispondono effetti precisi ma solo il decimo suono, quando Nāda somiglia al tuono, va tenuto in considerazione: è su di esso che lo yogin deve focalizzarsi per diventare Parabrahman.
 Advayatāraka Upanishad. Il testo espone concisamente e in uno stile simile a quello aforistico delle Upaniṣad settentrionali la dottrina segreta del tāraka yoga, il cui fine è il superamento dei cicli di morte e rinascita  e il raggiungimento dell’Assoluto non duale (advaya).    
Vengono anche elencate le caratteristiche del vero maestro (deve conoscere i Veda, essere devoto di Viṣṇu, libero dalla gelosia, puro, conoscitore dello Yoga e dei suoi intenti) e viene fornita una spiegazione etimologica della parola guru. Gu sono le tenebre, Ru significa distruttore. Il vero Maestro è quindi colui che dissipa le tenebre.
Darśana Upanishad. L'Upanishad inizia con un'invocazione al Divino: Insegnami, o Signore, la scienza dello Yoga, completa dei suoi otto gradini, poiché so che conoscendola posso diventare un liberato-in-vita. Il testo si presenta come una lunga e dettagliata esposizione dell’ottuplice yoga di Patañjali, arricchita con una descrizione della geografia del corpo sottile e della rete delle nāḍī.             Le dieci sezioni (khanda) di cui si compone si dividono nel modo seguente:
1.yama (25 śloka): non violenza, aderenza al Vero (tutto è Brahman), astinenza dal furto, castità, compassione, equanimità, autocontrollo, fermezza (nel considerare i Veda come l’unico modo per superare le sofferenze dell’esistenza e nel credere “Io sono l’ātman e nient’altro”), moderazione nella dieta, pulizia del corpo e della mente (contemplazione)
2. niyama (16 śloka): tapas o penitenze come prescritte nei Veda, soddisfazione, fede nella Śruti e nella Smṛti, generosità, devozione a Īśvara (che significa avere un cuore libero dalle passioni, parlare sincero, azione libera da violenza), fede nelle Scritture, modestia nelle azioni, preghiera
3. āsana (13 śloka): Svastikāsana, Gomukhāsana, Padmāsana, Vīrāsana, Siṃhāsana, Bhadrāsana, Muktāsana, Mayūrāsana, Sukhāsana
4. corpo sottile e nāḍī (63 śloka)
5. estensione del quarto khanda e tecniche di purificazione interiore (14 śloka)
6. prāṇāyāma (51 śloka)
7. pratyāhāra (14 śloka)
8. dhāraṇa (9 śloka)
9. dhyāna (6 śloka)
10. samādhi (12 śloka)
“Bisogna mettere impegno nelle āsana” dice l’Upaniṣad poiché “ad averne la padronanza si regna sui tre mondi; ma poi bisogna provare a padroneggiare il prāṇāyāma” (3.12). Prima di passare al prāṇāyāma il testo si dilunga nella descrizione del corpo sottile e del sistema delle nāḍi. Delle 72000 che percorrono il corpo solo 14 sono importanti: Suṣumṇā, Piṅgalā, Īḍā, Sarasvatī, Pūṣā, Varuṇā, Hastijihvā, Yaśasvinī, Alambusā, Kuhū, Viśvodārā, Payasvinī, Śaṅkhinī e Gāmdhārā. Di queste Suṣumṇā, Piṅgalā e Īḍā sono le più importanti e una è la più importante di tutte: Brahma nāḍi, la Suṣumṇā, corrispondente alla spina dorsale, Vīṇā-daṇḍa.
Durante l’inspirazione (addominale attraverso Īḍā) la mente rimane focalizzata sulla lettera A (del praṇava mantra oṃ), durante la ritenzione sulla lettera U, durante l’espirazione (attraverso Piṅgalā) sulla lettera M. Allo stesso modo si ripete inspirando da Piṅgalā ed espirando da Īḍā, la mente concentrata sulle lettere A-U-M. Questa pratica va ripetuta quotidianamente. La settima sezione è dedicata a pratyāhāra, che consiste nel forzare violentemente i sensi a ritirarsi verso l’interno.
Di dhyāna vengono date nella nona sezione due brevi descrizioni: meditazione sul Brahman qualificato (è la meditazione sul Signore Īśvara, la verità, l’esistenza, il Brahman trascendente, Colui che ha ribaltato verso l’alto il corso del Retas, il seme virile) e sul Brahman non qualificato (la verità non duale , il puro, l’eterno, senza inizio né fine, il non grossolano e il non-sottile, l’intangibile, l’impercettibile, l’immisurabile, che è Essere, Coscienza, Beatitudine. La pratica di dhyāna porta alla conoscenza del Vedānta. Samādhi è la nascita di coscienza relativa all’identità e unità di Jīvātman e Paramātman. Così come lo spazio nel vaso è uguale allo spazio intorno a te, allo stesso modo non c’è che un unico ātman. Così deve ripetersi lo yogī: “Non sono il corpo, né i soffi vitali, né i sensi, né la mente. Io sono il testimone, io sono Śiva”, questo è il Samādhi. Come le onde e la schiuma che sorgono dall’oceano e in esso di nuovo scompaiono, così il mondo nasce e si dissolve in me. La mente separata non esiste. Quando la coscienza risplende nella mente lo Yogin raggiunge il Brahman. Quando vede nel suo ātman tutti gli esseri, e in tutte le creature il suo ātman, egli diviene Brahman.

Per la Tattva Upanishad, la più importante, vedi articolo successivo.

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