Il testo Audace et Compassion di Dilgo Khyentsé
(prima edizione del 1993) riprende gli insegnamenti sulla mente e la bodhicitta del maestro
indiano Atisha (982-1054 maestro all’università Vikramashila e adepto della
regola monastica) e del maestro tibetano Ngultchou Zangpo (1295-1369). I
discepoli di Atisha fondarono la scuola Kadampa e il principale discepolo fu Dromteunpa che trasmise gli insegnamenti a Tchékawa Yéshé Dorjé che li racchiuse in un poema L’Entrainement de l’esprit
en sept point, (un testo radice).
Questi insegnamenti sono stati trasmessi fino ai nostri giorni da
una catena ininterrotta di maestri e sono utilizzati in tutte le tradizioni buddhiste. Sono utilizzati nella tradizione Gelugpa che insegna il cammino
graduale dei tre livelli di comprensione e dei tre aspetti principali della
via, nella tradizione Sakyapa detta
della via e del frutto che prepara alle tre visioni, nella tradizione Kagyupa che include anche gli insegnamenti orali di Milarepa
(1052-1135) sul Mahamoudra, nella
tradizione Nyingmapa associata alla
determinazione di liberarsi dal ciclo delle esistenze. Il maestro di Milarepa è stato allievo di Marpa
(1012-1097) che riportò dall’India numerosi tantra e impiantò in Tibet gli insegnamenti della
tradizione Kagyu. Il discepolo più celebre di Milarepa è stato Gampopa (1079-1153) che fu il fondatore
dell’ordine monastico Kagyu e della
tradizione Dakpo Kagyu. Altri personaggi
molto importanti per lo sviluppo del buddhismo sono stati: - Nagarjuna che visse nel III secolo e
contribuì a diffondere il buddhismo in India. - Shantideva
(690-760) che è stato un celebre maestro indiano, membro dell’università di Nalanda
e la sua opera maggiore è La marche vers l’Eveil un testo molto studiato nel
mondo buddhista.
(Nota: Shantarakshita, abate dell’università di
Nalanda andò a insegnare il buddhsimo in Tibet intorno al 762, ma fu
contrastato da demoni e spiriti locali.
Il re e Shantarakshita invitarono allora Guru Rinpotché che sconfisse le forze
negative e permise al buddhismo di diffondersi e brillare in Tibet.)
Il poema L’Entrainement de l’esprit en sept point (l'allenamento della mente in sette punti) in sintesi : Considerate tutto come un sogno, dopo la meditazione
considerate tutti i fenomeni come illusioni, utilizzate il respiro come
supporto, prendete su di voi la sofferenza, trasformate le avversità nella via
del Risveglio, la vacuità è la protezione suprema, Non giudicate le azioni degli altri, non
aspettate un risultato delle vostre azioni, non rispondete agli insulti, non
sottolineate le debolezze degli altri, non abbiate dei secondi fini nel
compiere le azioni. Non dipendete dalle
condizioni esterne, fate quello che è importante, e siate costanti nella
pratica.
Il testo inizia con un omaggio a Tchenrézi (in tibetano) o
Avalokiteshvara (in sanscrito), il Bodhisattva della compassione perfettamente preparato
al triplo allenamento: disciplina, concentrazione e saggezza.
E’ grazie al maestro Padmasambhava (VIII secolo) che
l’insieme del Dharma (sutra e tantra) si è potuto diffondere in Tibet. Sono tre i cicli di insegnamenti del Buddha
(ogni insegnamento corrisponde a un giro di ruota): 1- il cammino che porta
alla fine della sofferenza, 2- la vacuità, 3- l’unione della vacuità e della
saggezza.
Quelli che vogliono arrivare al Risveglio devono praticare
la bodhicitta relativa ( soprattutto i
debuttanti ) e assoluta. Per poter iniziare questo percorso occorre
padroneggiare sia la comprensione della vacuità, sia la compassione.
Come preliminare agli insegnamenti bisogna esaminare tre
punti: la preziosa vita umana (caratterizzata da 18 aspetti: - 8 libertà, 5
ricchezze estrinseche e 5 intrinseche), l’impermanenza e il tormento del
samsara.
La base per ottenere il Risveglio è la fortuna di avere una
esistenza umana, ma ascoltare gli insegnamenti non ci libera dal samsara,
dobbiamo riuscire a metterli in pratica.
Dobbiamo iniziare a praticare il prima possibile, coltivare le virtù,
controllare la mente, dare il meglio di noi per abbandonare il male e coltivare
il bene. Le esperienze di benessere o sofferenza sono i risultati di atti
positivi o negativi.
Prendete rifugio nei tre gioielli e meditate sul Risveglio,
considerate che tutti gli atti che voi fate con il corpo, la mente e la parola
sono destinati a tutti gli esseri, vasti come lo spazio.
Bodhicitta assoluta. Considerate tutte le cose come un sogno, Non
c’è che una sola cosa nell’esistenza che sia stabile o che duri: tutto è Impermanente. Senza una comprensione
profonda di questo concetto e dell’ineluttabilità della morte è difficile
praticare gli insegnamenti sacri. E’ la
mente che crea l’illusione, prendendo per reale quello che non è. Ma la mente stessa esiste? Il testo radice riporta la seguente frase:
“Analizzate la natura non-nata della coscienza risvegliata”. Se
voi analizzate la mente, vedrete che la mente non ha un inizio, né una fine,
non può essere trovata né dentro, né fuori dal corpo, e non esiste come una
cosa. La mente che pensa “io” è
totalmente sprovvista di esistenza e di carattere sostanziale.
Quando avremo veramente realizzato la vacuità, come Milarepa
(1052-1135), non saremo soggetti al dolore e alla sofferenza. Non saremo sofferenti per il caldo, il freddo, o per la puntura di
insetti. Dopo la meditazione i fenomeni
saranno considerati come illusioni.
Bodhicitta relativa.
Noi attribuiamo una grande importanza ai nostri pensieri e a quello che
consideriamo il mio corpo, la mia mente, ecc.
Il primo passo del cammino verso la bodhicitta è quello di apprendere a
ignorare noi stessi. Noi otterremo il
Risveglio quando saremo capaci di preoccuparci degli altri come di se stessi,
in questo modo anche se rimaniamo nel samsara, saremo liberi da ogni
preoccupazione. E’ grazie a vostra madre che disponete di una preziosa vita umana, e
solo per questo dovremmo sentire verso di lei una infinita riconoscenza e
prendersi cura dei genitori anche in tarda età.
I bodhisattva vengono al mondo per portare il bene di tutti gli
esseri. L’essere capaci di scambiare il nostro benessere contro la
sofferenza degli altri è il cuore della pratica, e questa difficile pratica
sarà facilitata dal respiro, quando espirate, tutto il vostro benessere va agli
altri, quando inspirate assorbite tutte le sofferenze degli altri. Solo praticando con disciplina per anni
riuscirete a familiarizzare con questo concetto. In Tibet questo scambio si
chiama tonglen. Questo aspetto è rafforzato recitando delle preghiere di fronte a Maestri o
statue del Buddha.Un altro aspetto importante della pratica è liberarci dai tre
veleni: l’attaccamento alle persone e agli oggetti che ci piacciono, la collera
verso persone e situazioni antipatiche e l’ignoranza nelle situazioni neutre.
L’altro passo importante è passare dalla bodhicitta in
intenzione alla bodhicitta in azione, utilizzando le situazioni difficili come
via verso il Risveglio. Il vero ostacolo
alla liberazione e al Risveglio è l’attaccamento all’ego. Non dovremmo continuamente essere ripiegati su se
stesi ma mostrarci generosi verso gli
altri, cercare di liberarli dalla sofferenza.
Tutte le sofferenze, le malattie, cattivi pensieri sono il risultato
dell’attaccamento all’io. Dovremmo
rispettare tutti gli esseri nella stessa maniera, andare all’incontro
dell’altro senza fare emergere avversione, invidia, indifferenza. Dovremmo ripeterci la seguente frase: “I miei
problemi e i miei mali dipendono da me, il mio benessere e le mie qualità
dipendono dagli altri”.
Se cerchiamo l’origine dei fenomeni, quali sono le cause, e
a che cosa somigliano le emozioni vedremo che non c’è niente da trovare, questa
assenza è il Corpo assoluto, non nato o dharmakaya. Anche la mente è
introvabile, perché è vacuità. La vacuità è la protezione suprema, le apparenze
illusorie sono percepite come i quattro Corpi.
Facciamo buon uso delle situazioni avverse e meditiamo sinceramente.
Il miglior metodo per la bodhicitta in azione è quello delle
quattro pratiche: l’accumulazione (fare offerte), la purificazione ( essere
pentiti di azioni negative, manifestare la determinazione a migliorare, meditare sulla
vacuità), le offerte alle forze negative (quando provo dolore, mi esercito alla pazienza) e le offerte ai protettori del
Dharma (chiediamo ai Maestri di aiutarci a considerare tutti gli esseri in modo
positivo) .
La bodhicitta si sviluppa in colui che possiede le cinque
forze: la risoluzione e la determinazione, la familiarizzazione con la
meditazione, l’accumulazione dei meriti e grani positivi, il
disgusto (applicare un antidoto prima che l’attaccamento all’ego prenda il
sopravvento) e l’aspirazione al raggiungimento del Risveglio. Le cinque forze sono come la sillaba "Houng"
che nei suoi cinque costituenti riunisce tutti gli insegnamenti. Le istruzioni del Mahayana per prepararci
alla morte sono le cinque forze. Nel momento della morte, ci si distende sul
lato destro, la testa posata sulla mano destra, espiriamo tutto il benessere e
lo offriamo a chi soffre, inaliamo tutte le malattie e le emozioni negative
degli esseri per prenderle su di noi. Poi ci si fisserà sul carattere illusorio
del samsara e del nirvana che sono simili a sogni, scopriamo che tutto è una percezione della
mente. La dove niente esiste, non c’è ragione di aver paura.
Il Buddha ha dato gli 84000 insegnamenti , tutti destinati a
sottomettere l’attaccamento all’ego. Si
riconosce l’uso corretto del Dharma dalla capacità più o meno grande di
disfarsi dell’ego. L’attaccamento
all’ego è tale che se noi possediamo delle piccole qualità le troveremo
immense, e non notiamo i nostri difetti. Se dopo un attento esame, potremo
congiungere le mani davanti al petto e pensare onestamente che tutte le nostre
azioni sono giuste, è il segnale che cominciamo ad acquisire dell’esperienza
nell’allenamento della mente. Se noi
vediamo delle persone nella sofferenza mentale o fisica, o in preda alle
avversità dovremmo imparare a prendere su di noi i loro mali. I Bodhisattva si riconoscono dai seguenti
segni esteriori: calma e serenità che ne attestano la saggezza, l’assenza di emozioni negative che mostra il
progresso sulla via, la perfezione che scaturisce dalle virtù e dagli atti
virtuosi.
I tre principi generali sulla base dei quali bisogna
adattare il nostro comportamento sono: il rispetto degli impegni legati
all’allenamento della mente, l’assenza di ostentazione, e l’imparzialità.
Facciamo in modo che le nostre parole e i nostri atti siano conformi
all’insegnamento e l’amore e la compassione siano universali e identici
per tutti gli esseri. L’allenamento
della mente deve essere fatto con discrezione senza ostentamento, non bisogna
parlare dei difetti degli altri, non avere opinioni sull’atteggiamento delle
persone, si deve lavorare soprattutto sulle emozioni principali senza sperare
in un risultato, non si deve rispondere agli insulti e non si devono sottolineare le
debolezze altrui. Durante tutta la
giornata si deve tenere a mente il concetto di bodhicitta, e cercare di individuare se c’è
qualche segnale di miglioramento in noi. Il corpo, la mente e la parola devono essere
consacrati a delle attività positive e la meditazione deve essere dedicata
all’amore e alla compassione. Il Dharma
ha due aspetti: l’insegnamento e la pratica, spesso molte persone ascoltano gli
insegnamenti, ma poche sono quelle che passano agli atti. Il Dharma
è sintetizzato in queste poche righe: "Tchenrézi personifica tutti i
yidam (storie); un mantra, Mani è la
quintessenza di tutti i mantra; un
insegnamento, la bodhicitta ingloba tutte le pratiche di sviluppo e di
perfezione; conoscendo quello per cui tutto è liberato; recitate il mantra in
sei sillabe". La pratica assidua delle istruzioni del nostro maestro renderà la
nostra comprensione sempre più profonda.
Questo libro è un allenamento alla Bodhicitta ed è il
condensato degli 84.000 insegnamenti del Buddha. Forse non saremo capaci di
esercitare perfettamente la bodhicitta, ma la pratica contribuirà alla nostra
felicità in questa vita. Tra gli insegnamenti vasti e profondi troviamo il
Mahamudra e il Dzoktchen.