martedì 16 novembre 2021

Articolo sullo yoga di Gian Piero Carezzato

 "Andare al di la della Forma, per viaggiare in Sè Stessi".

Gian Piero Carezzato  (1969 -)  pratica yoga da 30 anni  ed è Insegnante di yoga diplomato presso la Federazione Italiana Yoga. Segue il Maestro Antonio Nuzzo. E' responsabile del centroYogabile di Milano. Il centro promuove la diffusione della millenaria disciplina dello Yoga Tradizionale. E' impegnato nel preservare e diffondere lo Yoga Classico, seguendo la tradizione di Svami Sivananda di Rishikesh e dei Maestri Andrè Van Lysebeth e Gerard Blitz. https://www.yogabile.it/    info@yogabile.it 

Ha pubblicato un articolo su Yoga Journal, che ha come tema la sua esperienza personale con lo Yoga, visto come elemento di trasformazione.  L'articolo è il seguente.

Lo Yoga è un valido strumento contro lo stress quotidiano e la sua pratica regolare ci dona maggiore tranquillità e benessere, riportandoci verso una nozione di ritmo più naturale. Assicura benefici a tutto l'organismo, aumentandone la vitalità. Migliora il funzionamento del sistema cardiocircolatorio, aiuta la normalizzazione del ritmo sonno-veglia, favorisce il potenziamento del sistema immunitario. Stimola il drenaggio linfatico ed il deflusso venoso. Lo Yoga è riequilibrio posturale ed è un valido rimedio per contrastare patologie quali mal di schiena e dolori cervicali. 

La sua pratica costante rende il nostro corpo più leggero e flessibile, ma al tempo stesso più tonico. Scioglie tensioni muscolari superficiali e profonde, mantiene efficienti le articolazioni. Migliora il coordinamento e l'equilibrio. Lo Yoga è rieducazione respiratoria, elemento fondamentale per il nostro benessere. Sviluppa una corretta respirazione che tende a sfruttare a pieno la capacità polmonare, passando da una respirazione superficiale ad una respirazione ampia e profonda che fa della respirazione diaframmatica-addominale, completa in tutte e tre le sue fasi, il suo fulcro. Questa respirazione influisce positivamente sul piano mentale, calmandolo, e su tutto il nostro organismo, in particolare sul sistema nervoso. 

Le sedute di Yoga riducono nel tempo l’iper-attività mentale, rendendo più stabile la nostra mente, cosa che migliora la nostra capacità di concentrazione. Caratteristica dello Yoga è l’aspetto non agonistico della disciplina, il cui elemento fondamentale è la progressione, unita al rispetto del proprio limite, attraverso la consapevolezza del movimento, sviluppato nella piena presenza del respiro.  Questa consapevolezza si sviluppa attraverso la pratica e ci insegna a utilizzare meglio il nostro corpo, migliorando la nostra autostima. Lo Yoga ci aiuta a gestire meglio le emozioni, che tanto peso hanno nel nostro quotidiano, consentendoci di acquisire il giusto distacco dagli eventi, rendendoci più stabili e forti. Il respiro, o soffio vitale, unito al movimento ci guida nello stabilire una migliore relazione con il momento presente e favorisce lo sviluppo del potenziale esistenziale e creativo presente in ciascuno di noi, liberando le nostre capacità.         Lo Yoga risveglia la Presenza, l'Osservazione e l'Attenzione.

domenica 14 novembre 2021

Alta fedeltà - Nick Hornby

 Nick Hornby (1957 - ) è uno scrittore, sceneggiatore, paroliere, critico musicale e critico letterario britannico. Alta fedeltà è un romanzo pubblicato nel 1995 dello scrittore inglese Nick Hornby. Nel 2000 il libro è stato adattato per il grande schermo nel film omonimo di Stephen Frears, e nel 2006 è stato adattato in un musical per Broadway.

Un giovane proprietario di un negozio di dischi a Londra, riflette sulla sua relazione. Quelle che seguono sono delle frasi prese dal libro.

Spesso si ha paura di perdere qualcuno, ma l’alternativa è quella di non vivere

Io vedo le coppie che vengono al negozio, quelle che vedo, al pub, sul bus e attraverso la finestra. 

Alcune coppie che parlano, discutono, ridono sono nuove e queste non contano, perché sono all’inizio di una relazione e va sempre bene. Quelle che interessano a me sono quelle che hanno iniziato ad andare incontro alla vita fianco a fianco.

La persona con la quale pensi di poter passare la vita è quella con cui ti senti cosi disperato senza di lei, che non vale la pena di pensare ad altre alternative.

Spesso nella coppia non c’è tempo per pensare, si è sempre occupati, o si lavora o si fa sesso.

Si va la cinema, al ristorante ed è cosi che la gente concepisce una relazione.

E' duro abituarsi all’idea che la visione giovanile e romantica di cenette al lume di candela non ha nessuna base nella realtà.

Ci sono quattro categorie di persone: coppie felici, coppie infelici, singoli, disperati

Le coppie felici sono quelle, in cui non è l’uno o l’altra che conta, in cui è bellissimo osservare l’unità, il modo in cui si trattano rispettivamente, il modo in cui ti fanno sentire al centro del mondo.

giovedì 11 novembre 2021

Parallelismo tra i Vangeli e la Bhagavad Gita di Padre Anthony Elenjimittam

Il parallelismo tra i Vangeli (Nuovo testamento) e la Bhagavad Gita fatto da Padre Anthony Elenjimittam (1915 - 2011). Padre Antony che può essere definito un universalista che ha cercato di conciliare il cristianesimo e il messaggio della Bhagavad Gita che corrisponde al Vangelo indiano. 

Il Nuovo Testamento, è composto dai quattro Vangeli (Marco, Matteo; Luca e Giovanni), dalle lettere dell'Apostolo Paolo, dalle Lettere cattoliche, dagli Atti degli Apostoli e dall'Apocalisse, per un totale di  27 scritti.

Ci sono molte analogie tra gli insegnamenti fondamentali della Gita e il Nuovo Testamento,  e somiglianze tra la dottrina religiosa della Gita e quella del cristianesimo. Le similitudini e le analogie sono da attribuirsi, come asserisce Padre Anthony, all’incontestabile esistenza di un’unica natura umana illuminata da un’unica e universale Luce-Logos “che illumina ogni uomo” che viene in questo mondo.  Padre Anthony ammette comunque, che il cristianesimo e l'induismo si sono profondamente influenzati a vicenda a partire dal I secolo sino ad oggi e la Gita ne è una prova convincente. L’induismo, per sua natura, è in grado di assimilare all’interno del suo credo correnti di pensiero di varia provenienza e di realizzare un sincretismo o un compromesso armonioso con altre religioni.  

La Gita afferma che c’è un Essere assoluto, esistente in se stesso e per se stesso, che non ha rapporti necessari con l’universo creato: “Illuso dalle tre influenze materiali (guna), il mondo intero ignora chi sono Io, l’Inesauribile, che trascende ogni influenza materiale” (Gita, VII, 13).  “Tu sei il Brahman supremo. Dio onnipervadente reggitore dell'universo. Tu sei il Padre di questo mondo, movente e immoto, e il suo adorabile e glorioso maestro. Tu non hai eguali: come potrebbe esserci qualcuno più grande di Te nei tre mondi, o Essere onnipotente e senza pari? Perciò, con obbedienza mi prostro ai tuoi piedi e imploro la tua grazia, o adorabile Signore. Come un padre verso il figlio, un amico verso l’amico, un amante verso l’amata, sii clemente con me, o potente Dio di tutti” (Gita, XI, 43). “Il mio spirito, che è la fonte di tutto, sostiene tutte le cose, ma non risiede in esse. Io sostengo permanentemente l’intero universo con una semplice scintilla della mia persona” (X, 42).   

Non solo per ciò che concerne la natura e gli attributi di Dio, ma anche per quanto riguarda l’origine del mondo, la Gita contiene insegnamenti molto simili a quelli del cristianesimo: “Dio è il padre dell’universo” (VII, 6); “I progenitori del genere umano nacquero dalla mente divina” (X, 6); “Egli è il creatore di tutte le cose, Egli è la fonte di tutto e tutto proviene da lui” (X, 6).

 Le somiglianze dottrinali tra i Vangeli e la Bhagavad-Gita sono costituite da affermazioni della verità religiosa che hanno impressionanti analogie o sono quasi identiche. A titolo esemplificativo ecco alcuni passi della Gita e del Vangelo di Giovanni messi a confronto:

Vangelo secondo Giovanni: Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste (1,3).
Bhagavad-Gita: Tutte le cose scaturiscono da me. È da me che l’universo è stato creato (VII, 6-7). 

Giovanni: E il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne tra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto (1, 10-11).                                                                                    Gita: Gli stolti non conoscono la mia natura trascendente. Quando scendo in questo mondo nella forma umana non mi rendono onore (IX, 10-11). 

Giovanni: Chiunque crede in lui ha la vita eterna (3, 15).Gita:  Chi crede in me non morirà (X, 31). Colui che mi adora verrà a me (IX, 25). 

 Giovanni: Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me (6, 45). Se un uomo osserva la mia parola, non vedrà mai la morte (8, 51). Chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno (11, 26).  Gita: Coloro che credono in me e si rifugiano in me scampano agli anni e alla morte (VII, 29). Io amo coloro che mi sono devoti. Come si abbandonano a me, in proporzione io li ricompenso (IV, 11). 

Giovanni:  Chi mi ama anch’io lo amerò (14, 21); voi in me e io in voi (14, 20).                                        Gita:    Discendo di era in era per proteggere i buoni, per distruggere i malvagi e per ristabilire i principi della religione (IV, 8).

Giovanni; Per questo io sono nato e per questo io sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità… perché il mondo si salvi per mezzo di lui (18,37; 3,17).                                                     Gita:   Chi conosce me, il Signore del mondo, è libero da ogni peccato e ottiene la vita (XIV, 2). Io sono la via… il rifugio, la vita e la morte (IX, 18).     Vangelo secondo Giovanni:  Questa è la vita eterna: che essi conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo (17, 3). Io sono la via, la verità e la vita (14, 6). 

Giovanni 12 :45. "Io ho visto il Signore e voi avete visto me. Così anche voi avete visto il Signore".
La Gita spiega che chi conosce il Signore tramite il Maestro, vede anche il proprio Sé.

Giovanni 8 : 12.  "Sono la luce del mondo; chi seguirà me non rimarrà nel buio e riceverà la luce nella propria vita".
La Gita spiega queste parole dicendo che il buio, di cui parla Giovanni, è la tenebra dell'illusione e che la luce è rappresentata dal conoscere se stessi. Chi seguirà il Maestro non sarà più al buio.

Giovanni 9 : 4-5. "Ognuno esegue ciò per cui è stato mandato sulla terra, finché è giorno, finché è notte e non si può fare niente. Fino a quando sarò sul mondo, sarò la luce del mondo".
La Gita spiega il senso di queste parole, dicendo che si crea karma finché si è in vita e che quando si muore, non lo si crea più, ma si è sotto  l'effetto del buono o del cattivo karma che si è prodotto in vita. 

Giovanni 14 : 6-7.    "Io sono l'unica strada, la verità e la vita; senza di me nessuno può arrivare al Padre. Se voi conoscerete me, potrete conoscere anche il Padre. Fatto ciò, conoscerete lui ed avrete visto".
La Gita spiega il significato di queste parole del Vangelo, dicendo che l'uomo può conoscere solo tramite il Maestro.  Solo il Maestro è la strada e solo il Maestro può insegnare a camminare su questa strada. Chi conosce il Maestro, conosce anche il Signore.  Chi conosce il Maestro, conosce anche colui che lo ha mandato sulla terra. 

Giovanni 16 : 28.  "Sono una manifestazione del Padre; sono venuto nel mondo.  Quando lascerò il mondo, tornerò al Padre".
La Gita spiega che Dio è l'oceano e che ogni singola anima è come una goccia d'acqua; quando la goccia giunge all'oceano, tutto diventa oceano.

Giovanni 17 : 12.   "Quando ero sulla terra, ho connesso loro al Tuo nome.  Il compito che mi hai assegnato nei loro confronti, non è rimasto incompiuto".
La Gita spiega che quando Gesù era sulla terra, ha fatto conoscere Dio alle anime che erano a lui destinate e che Gesù non le ha lasciate nell'illusione.

Vangelo secondo Matteo 11: 25.   "Oh Signore, padrone di tutto l'universo, io ti ringrazio per aver nascosto questo segreto alle persone dotte e per averlo rivelato, invece, solo ai bambini".
La Gita spiega ciò dicendo che questo segreto rimane nascosto alle persone mondane ed intellettuali e che viene rivelato solo ai puri e ai senza furbizia.

Matteo 11 : 28. Gesù dice:"Voi che svolgete un duro lavoro, siete gravati dal suo peso. Venite da me ed io vi darò la pace".
Secondo la Gita, Gesù dice ciò riferendosi a coloro che sono gravati dal peso del karma e dai samskara e dice che li libererà dalla legge del karma, conferendo loro la pace.

Matteo 15 : 14. "Se un cieco segue un altro cieco, cadranno entrambe nel pozzo buio. Se uno dorme, non può svegliare l'altro che dorme".
Ciò, secondo la Gita, significa che solo un Satguru può salvare colui che è risvegliato. Satguru è un Santo commissionato per insegnare il sentiero interiore ai ricercatori della Verità

Vi sono, inoltre, somiglianze tra la vita di Cristo e di Krsna. È probabile che gli abitanti dell’India settentrionale conoscessero le antiche comunità cristiane della Battriana – (dove è storicamente provato che il Vangelo fu predicato sin dai tempi apostolici) e che molte regioni vicine dell’Asia centrale, tenessero il cristianesimo in grande considerazione, ammettendo che i suoi seguaci possedevano una bhakti più perfetta della loro. È possibile, e forse probabile, che l’adorazione di Krsna bambino fosse un adattamento locale dell’adorazione di Cristo bambino introdotto in India dal nord-ovest, così come il rituale della festa della nascita di Krsna fu certamente presa a prestito dal Natale cristiano. Ma fu nell’India meridionale che il cristianesimo esercitò la maggiore influenza sull’induismo. Sebbene il concetto di paternità di Dio e la bhakti fossero originari dell’India, ricevettero un fortissimo impulso dalla fede delle comunità cristiane.  Nel Kerala (India del sud) il cristianesimo è la terza religione per numero di aderenti, rappresentando il 18% della popolazione. Rappresenta la popolazione cristiana proporzionalmente più alta di tutta l'India.

Riferimenti:  Hasting J., “Devotional Paths”, in Jacobi H., Encyclopedia of Religions and Ethycs. Tratto da “Mukti – La liberazione nella filosofia indiana” di Anthony Elenjimittam.

Sulla paura - Jiddu Krishnamurti

L'essere umano per cercare di attutire il dolore provocato dalla paura usa delle strategie, ricerca certe situazioni, la ricchezza, la forza, gli amici, la fama, ecc,  per non curarsen., Far finta che non ci sia,
non guardarla è una strategia per fuggire.
-  Aristotele 

Dove c'è l'esperienza non c'è paura - Kabir     

Il  modo migliore per venirne fuori e sempre buttarsi dentro - Robert Frost

Quando si è nel vedere, che si sia solo nel vedere, immerso totalmente nell'esperienza,  senza dialogo interiore - frase zen

Quando l'oggetto è totalmente immerso nell'esperienza, nel momento presente, il momento fa piazza pulita di qualsiasi altra realtà, e come dice Krishnamurti di qualsiasi spazzatura mentale, emotiva, quella spazzatura che chiamiamo paura. 

Paure di cui non ero consapevole, paure inconsce emergono nella quotidianità al mio ascolto, al mio guardare.  Se ho paura della solitudine, metto in atto una serie di attività nevrotiche, mi cerco un guru, ecc.    Se ho paura di non essere, mi identifico con qualcosa, mi attacco ad un modello.
C'è la possibilità di far finire tutto questo, eliminare la paura alla radice?  Per esplorare i vari rami delle paure non mi basterà una vita.  Non posso fare niente, in quanto è proprio l'io che ha creato la paura.

Prima portavo avanti strategie per sfuggire alla paura, e le energie andavano in molte direzioni, ora con la mente, uso questa grande energia nella pratica dell'osservazione, sono davanti alla paura senza analizzarla, non devo fare null'altro.  Osservo e basta senza porre domande coscientemente.
Vedo il movimento della paura senza pensiero,  è un osservare senza osservatore,
l'osservatore è l'io che ha creato la paura.
Se accolgo la paura, la faccio entrare, non c'è più separazione, non c'è più distanza,  in quel momento non c'è più la paura, la paura si nebulizza, l'esperienza brucia il soggetto che fa l'esperienza,
allora immerso nella realtà, senza giudizi, senza protezione, vivo l'esperienza suprema.

Jiddu Krishnamurti (1895-1986) è stato una delle più grandi figure spirituali del XX secolo, ha ispirato migliaia di persone in ogni parte del mondo. Purtuttavia è sempre vissuto rifiutando l'etichetta di guru, per incoraggiare la ricerca della libertà e della comprensione interiore. Sosteneva che la verità è una "terra senza sentieri" e non la si può raggiungere attraverso un sistema istituzionalizzato, sia questo una religione, una filosofia o un partito politico. "Per ottenere la libertà bisogna fuggire dal conosciuto". Affrontava questioni cruciali come: la morte, la malattia, la libertà, l'amore, la meditazione, la paura, dio, la natura. Restano di lui, oltre a molti libri pubblicati in vita, pagine e pagine di trascrizioni di discorsi tenuti in Europa, India e America, oltre che video, diari, lettere e altro ancora. 

In questo video Krishnamurti parla della paura, in tutte le sue forme, e di come vincerla.  https://www.youtube.com/watch?v=M3BJoU-utzE

Ci sono paure fisiche e psicologiche, psicosomatiche,
si può avere del buio fisicamente, della propria moglie o marito,
di quello che uno dice in pubblico,
di quello che uno fa, del senso di solitudine, della noia della vita
paura di una vita priva di significato,
del futuro, del domani,
della morte,  della fine della propria vita,
ci sono forme di paura, nevrotiche e razionali, se mai la paura può essere razionale,
ma la maggior parte di noi è intimorita dal passato e dal futuro,
da problemi di salute e il desiderio di non dover ripetere l'esperienza della malattia,
si ha paura del tempo di invecchiare, dipendere da un altro,
quindi c'è la paura del tempo del passato e del futuro,
paura di non essere in grado di farcela,
di non diventare qualcuno in questo stupido mondo. 

Ci sono molte paure,
ci sono paure coscienti, paura ignote e inesplorate,
paura delle cose che si sono fatte,
incertezza e insicurezza psicologica e fisica del domani,
paura della solitudine e come sfuggire alla solitudine,
il problema è come affrontare le paure coscienti e quelle che sono nascoste,
la paura è fuga, sfuggire da ciò che realmente è,
il movimento, l'allontanamento porta alla paura,
nessuno di questi problemi possono essere risolti con la volontà dicendo non ho paura,
ciò non ha senso.

Come si è arrivati a questo?
il ricordo provoca la paura, pensando al dolore provato ieri, pensando,
il pensiero provoca la paura, genera la paura,  inoltre il pensiero coltiva il piacere.
per capire la paura dovete capire il piacere, che sono in relazione,
il piacere è l'altra medaglia della paura.
e non potreste riprovare il piacere domani, il pensiero genera paura.
se è il pensiero che genera tutto questo,  
il pensiero ha separato l'analizzatore dall'oggetto analizzato,

la paura come mezzo di evasione, il piacere è un prodotto della mente
è diverso dalla gioia,  la gioia non è prodotta dal pensiero,
la gioia è qualcosa da cui si ricava il piacere.
il pensiero è responsabile del piacere, del dolore e della paura,    
Il pensiero ha creato un centro che si chiama IO
, le mie opinioni, il mio paese, il mio Dio, la mia esperienza, ecc.

L'io è il centro dal quale voi agite, pensate,  ma quel centro divide,
quando la vostra opinione è contro quella di qualcun altro c'è divisione,
il centro divide sempre,
se osservate da quel centro create paura.
dovete superare quel centro.
può la mente osservare la paura senza darle un nome?,
nel momento in cui si nomina qualcosa si crea divisione, conflitto, paura.

Bisogna osservare senza nominare la cosa che si presenta: la paura.
Tutto questo richiede una straordinaria disciplina,
la parola disciplina significa imparare da qualcuno,
dovete imparare da voi stessi,   
per osservare tutto questo con attenzione, concentrazione,  e sentimento,
allora la mente sta osservando senza divisione, senza il centro, senza divisione,
allora c'è la fine della paura sia conscia che inconscia,
la verità è qualcosa che dovete vedere subito,
in questo caso dovete mettere il vostro cuore e la vostra mente, tutto il vostro essere.

Il Sé esiste o non esiste?

 L'argomento del sè o di chi sono io è un argomento molto dibattuto in filosofia, i grandi mistici indiani come Nisargadatta Maharaj e Ramana Maharshi i cui libri  "Chi sono io?" , e "Io sono quello"  minano qualsiasi certezza. Anche il buddhismo con il secondo insegnamento di Buddha, il primo è stato quello sulle quattro  nobili verità, tratta l'argomento del  Non-sè.

Per il buddhismo al centro di questo mondo c'è l'illusione dell'esistenza di un 'sé', l'illusione che ci fa credere di esistere come qualcosa di individuato e separato dal tutto. É un po' come se un'onda credesse di esistere separatamente dal mare. Le onde si raccolgono, si infrangono, si rimescolano nel mare e l’acqua stessa che le forma non è mai la stessa.  
Alla base di questa illusione primaria c'è l'ignoranza: uno stato di offuscamento in cui non siamo in grado di percepire la vera realtà delle cose.  Perduti in questo ciclo del samsara, dell'esistenza illusoria, gli esseri si trascinano di vita in vita.   Tutto ciò che esiste è privo di sé, è vacuità (la vacuità ultima dei fenomeni intrinsechi),
Quindi l'unico modo che abbiamo per annullare tutto ciò, è quello di ottenere la comprensione dell'impermanenza e vacuità o 'Emptiness", che è la realtà ultima. Nāgārjuna, asserisce che, poiché nessun fenomeno possiede una natura indipendente, si può dire che tutto ciò che esiste è vuoto. L'esperienza della vacuità è la via che porta al "Risveglio". Perciò, bisogna capire bene l'origine dipendente. 
L'obiettivo del buddhismo è quindi arrivare al  risveglio, alla bodhi, all'illuminazione o liberazione. 'Risveglio' significa superare lo stato della nostra coscienza ordinaria.  La nostra ordinaria percezione del  mondo è  fondamentalmente 'illusione' come è  illusione l'esistenza di un 'sé', come qualcosa di individuato e separato dal tutto.
Il Dhammapada, il 'Cammino del Dharma', uno dei testi fondamentali del buddhismo conferma ciò ai seguenti versi:
 277.  Ogni cosa esistente è impermanente. Comprendendo ciò, vai al di là della sofferenza. Questo è il cammino della purezza.
278. L’esistenza è sofferenza. Comprendendo ciò, vai al di là della sofferenza. Questo è il cammino della purezza.
279. Nessun essere è dotato di un sé.

Bisogna fare un'importante distinzione tra due modi diversi di cercare di capire l'idea del Non-Sé.      Uno è il modo che potremmo chiamare intellettuale, cercando di arrivare ad un'idea sul sè attraverso la ragione.  L'altro è una comprensione esperienziale. Cioè, sedersi e meditare, e alla fine, forse arrivare a percepire la verità della dottrina, vedere la verità del non sé, convincersi che non c'è nessun sé in noi. 

Il buddhismo considera l'essere umano composto di cinque aggregati (skandha): forma, sensazioni, percezioni, formazioni mentali e coscienza. Il termine Anatman (sanscrito) o Anatta (pali) è usato come aggettivo, specificando l'assenza di un sé permanente e immutabile o di un'anima in ciascuno dei costituenti dell'esistenza empirica: i cinque aggregati (skandha)

Il Buddha dice che il sé non è costituito da nessuno dei 5 aggregati.  Il sè non è né coscienza (vijnana), né forma (o immagine materiale, impressione) (rupa), né le nostre sensazioni o sentimenti (vedana), né le nostre percezioni (samina), né la nostra attività mentale, formazioni mentali o emozioni (sankhara) perché tutti i cinque aggregati sono impermanenti.   Se eliminiamo tutti gli aggregati, cosa rimane in un individuo?
E quindi possiamo dedurne che, il Buddha deve aver pensato che il sé abbia una proprietà all'incirca opposta all'impermanenza. Quando noi pensiamo al sé, in un modo comune, sensitivo, pensiamo a qualcosa di solido, una specie di essenza che dura nel tempo. Ma non è quello che i buddhisti  asseriscono.  Il sé potrebbe riguardare il controllo, essere in un certo senso, una sorta di nucleo solido che persiste nel tempo. E ciò manca in tutti gli aggregati. Questo potrebbe significare che c'è anche un controllore all'interno del sé. Ciò che Buddha dice nel sermone, non lo esclude.
La mia posizione è che esiste qualcosa che va al di là dei cinque aggregati, ma non lo chiamerei Sé individuale, è una parte del tutto, un'onda del mare, o l'atman che è la scintilla del Brahman indiano.  Come direbbe Ramana Maharshi "La mente proietta il mondo fuori di sé e lo risolve di nuovo nel Sé. Quando la mente esce dal Sé, appare il mondo. Pertanto, quando il mondo appare, il Sé non appare; e quando il Sé appare, il mondo non appare."   ...      Per arrivare a sperimentare la felicità, il Sè superiore, si dovrebbe conoscere se stessi. Per raggiungere questo obiettivo, il mezzo principale è il sentiero della conoscenza, la ricerca, l'indagine nella forma di "Chi sono io?".     "Non sono il corpo, non sono i cinque organi di senso, non sono i cinque organi di azione, non sono le cinque energie vitali. Non sono nemmeno la mente che pensa, né la memoria. Dopo aver negato tutto questo, rimane solo quella Consapevolezza: Quello sono io. Immortale coscienza".

lunedì 8 novembre 2021

I Chakra - 2

La crescita spirituale è alla base del concetto di chakra. E' fondamentale incanalare l'energia inferiore verso quella superiore. E' importante praticare le tecniche di purificazione e il risveglio dei chakra, attraverso pratiche basilari  come la meditazione mantrica, e visualizzazioni.  Chakra è un termine che significa "centro", "ruota", "diagramma simbolico". Mandala e Yantra, i diagrammi simbolici, usati per la meditazione si riferiscono ai chakra. In questi centri è situata l'energia vitale o prana. Il prana per poter viaggiare in ogni parte dle corpo, si serve di canali energetici chiamati Nadi.  L'energia che si accumula nei sette chakra ci consente di avere un'attività intellettuale, emotiva e spirituale. Aprire un chakra significa attivare il tipo di energia che si può sprigionare dal singolo centro. Nelle tradizioni orientali, il corpo umano è composto da molti livelli di energia, sia fisici che “sottili”, oltre il corpo grossolano abbiamo anche un corpo sottile chiamato “corpo di vajra” (vajrakõya), regolato da flussi di energia sottile distribuiti lungo canali (nadi) e dentro centri energetici (chakra).
Aprire un chakra significa attivare il tipo di energia che si può sprigionare dal singolo centro. La meditazione, le posizioni yoga, i mantra sono le vie attraverso cui un chakra può aprirsi. Esiste anche una tecnica che consiste nel concentrarsi sul singolo chakra e visualizzare il colore associato. Scopriamo, uno per uno, i sette chakra.    Vedi articolo - 1      Vedi articolo - 2

1° chakra, muladhara o “chakra della radice”
Posizione: nella parte inferiore del bacino, tra coccige e pube, e situato sotto l’osso sacro.
Colore: rosso.    Significato: è la stabilità psichica nelle diverse situazioni della vita, la capacità di governare gli istinti; poiché ha solo un polo, tende ad essere un po' più grande degli altri chakra. È il chakra con cui vengono assorbite le energie della Terra. Questo centro, formato da quattro petali è posto al di fuori della colonna vertebrale e a livello fisico corrisponde al plesso pelvico, che si occupa di tutte le nostre escrezioni, compresa l’attività sessuale. Sebbene la Kundalini passi solo attraverso gli altri sei chakra, il Muladhara chakra supporta la Kundalini nel momento del suo risveglio. L'eccessiva attenzione e indulgenza verso il sesso indebolisce questo centro. Il Muladhara chakra risvegliato porta innocenza e saggezza.  In India, la deità con la testa d’elefante, Shri Ganesha, è considerata come l’essenza dell’innocenza e della saggezza. Egli ha il corpo di un bambino, che simboleggia l’innocenza, e la testa di un elefante, che simboleggia umiltà e saggezza.

2° chakra, svadhistana o chakra sacrale
Posizione: metà inferiore del ventre
Colore: arancio.  Significato: è chiamato anche chakra dell’ombelico, è connesso al cibo, alla gioia di vivere, alla sessualità e al corpo. È in relazione all’elemento acqua e al gusto.
Se questo chakra è equilibrato, stabile e vitale favorisce un buon rapporto con il Sé, con il proprio corpo e con la sessualità, con tutte le conseguenze positive sullo sviluppo interiore. Stimola creatività, sicurezza di sé e vitalità. Dal punto di vista fisico aiuta a prevenire i disturbi mestruali, le malattie degli organi sessuali, i dolori ai reni, l’impotenza. Collegato al sangue e alla linfa, il chakra sacrale dà energia a tutte le funzioni corporee ed è essenziale per il benessere generale dell’organismo. Quando il chakra svadhistana è in grave disequilibrio può dar luogo a gelosie, paure, desideri inappagati e ossessivi, impotenza e frigidità.  Meditare sul secondo chakra ci incoraggia a capire noi stessi nella nostra unicità, a sviluppare il nostro potere creativo, la capacità di amare, si acquista la capacità di vedere e comunicare con il mondo astrale.

3° chakra: manipura o “chakra del plesso solare”
Posizione: metà superiore del ventre, due dita circa sotto l’ombelico
Colore: giallo.   Significato: è la capacità di agire energicamente, rappresenta la volontà, l'autostima e l'autonomia personale. In senso spirituale è l'essenza attiva di cui siamo stati dotati. Se questo chakra è attivo si sviluppa la determinazione e la volontà per affermare le proprie scelte rispetto al mondo.  Qui ha la sede la nostra determinazione nel raggiungere un obiettivo.  “Io voglio, io posso” è l’affermazione di questo chakra. Il nome sanscrito Manipura significa “la città della gemma rilucente”.  L’elemento che richiama e che è ad esso collegato è il fuoco il giallo dell’apice di una fiamma, alla cui base c’è il colore rosso del primo chakra, a salire l’arancione del secondo.  Manipura controlla il potere di digerire e trasformare non solo gli elementi concreti come il cibo, ma anche, a livello sottile, la nostra vita. . Questo terzo chakra è rappresentato da un fiore di loto che ha dieci petali gialli in cui sono scritte dieci lettere e a questo chakra sono collegate dieci nadi. Al centro del fiore c’è un triangolo rosso simbolo del fuoco con la sillaba RAM e un ariete, animale messaggero del signore del fuoco o Agni.  È importante per l’accumulo dell'energia cosmica. È importante anche come centro di diffusione, perché è proprio da qui si diramano le migliaia di canali energetici chiamati nadi, che servono a trasportare l’energia cosmica (o prana) ovunque nel corpo energetico e stimola il risveglio dell’energia kundalini.  La vista è l’organo di senso governato da manipura: c’è infatti un diretto collegamento tra fegato e occhi.
Quando non vi è equilibrio, c’è il rischio di nutrire un Ego smisurato, che ci impedisce di far salire l’energia verso il chakra del cuore, tenendoci prigionieri della parte più materiale di noi stessi. Per questo viene anche chiamato il chakra del guerriero spirituale. 

4° chakra, anahata o “chakra del cuore”
Posizione: zona pettorale del corpo
Colore: verde. Significato: è la capacità di amare emotivamente, provare cioè un sentimento che non parte tanto dalla mente, quanto dal cuore. Occorre ricordare che, nella tradizione yoga, amore e ascolto sono in stretta relazione. Il centro è composto da dodici petali e si trova dietro l’osso dello sterno e corrisponde al  plesso cardiaco. Controlla il respiro regolando il funzionamento di cuore e polmoni. Quando la Kundalini attraversa questo centro, la persona diventa estremamente sicura, moralmente responsabile ed emozionalmente bilanciata. Una persona del genere è benevolente, ama l’umanità disinteressatamente. Nel chakra del Cuore risiede il Sé, lo Spirito, detto Atma in sanscrito. Lo Spirito si manifesta quando il nostro Cuore si apre e a quel punto noi percepiamo la pura gioia dell’esistenza, il senso e lo scopo del nostro posto nella creazione. La qualità del chakra del Cuore è amore puro e incondizionato.

5° chakra, vishuddha o “chakra della gola”
Posizione: nella metà inferiore del collo e a livello delle clavicole
Colore: azzurro. Significato: è la creatività, la comunicazione, la spiccata percezione estetica. Gli artisti sono persone nelle quali il vishuddha è ben sviluppato. In senso spirituale, infatti, rappresenta la connessione con con dimensioni cosmiche.   Il centro d’energia è composto da sedici petali e regola il funzionamento delle orecchie, del naso, della gola, del collo, dei denti, della lingua, delle mani, della gestualità, ecc. Esso è responsabile della comunicazione con gli altri, perché attraverso questi organi noi comunichiamo con le persone. A livello fisico, regola il funzionamento delle ghiandole tiroidee. Il fumo, comportamenti aggressivi e sensi di colpa bloccano questo centro. Quando la Kundalini attraversa questo centro, la persona diventa estremamente sincera, delicata e dolce nella comunicazione, diventa molto diplomatico nel gestire le situazioni, l'ego scompare. Si affronta la vita con leggerezza.

6° chakra, adjnia o “chakra del terzo occhio”
Posizione: grande chakra che si trova al centro della fronte
Colore: indaco.    Significato: è la mente razionale. In senso spirituale è il terzo occhio, come qualità della persona è la fiducia in se stessi. Questo centro dai due petali controlla le ghiandole pituitaria e pineale a livello fisico, manifestandosi nelle due strutture dette ego e super-ego. Dato che questo centro governa i nostri occhi, un impegno visivo esagerato come il computer, la televisione, l’eccessiva lettura, etc. indebolisce questo centro.  L'intellettualizzazione conduce ad un blocco di questo centro e sviluppa la propensione ad esaltare il prioprio Io, ovvero il proprio ego. Quando la Kundalini attraversa questo centro la persona diventa compassionevole, capace di perdonare, arriva a  percepire un meraviglioso senso di pace e sollievo.

7° chakra, sahasrara o “chakra della corona”
Posizione: sopra il cranio
Colore: viola. 
Significato: in senso spirituale è la comunione con il Divino, in senso individuale è l'autorealizzazione. Questo centro dai mille petali è il centro più importante ed è situato nell’area limbica del cervello. I mille petali corrispondono al migliaio di nervi che terminano nell’area limbica e sono sistemati in una struttura a forma di fiore di loto, ogni nervo corrisponde ad un petalo. Quando la Kundalini sale e attraversa questo centro, illumina ogni centro nervoso e la persona  sperimenta la Realizzazione del Sé, l'Unione con l'energia cosmica, con il Divino.  La persona accede ad una nuova dimensione di consapevolezza passando dal relativo all’assoluto. Va oltre il passato, il presente e il futuro in uno stato senza tempo e sperimenta la gioia interiore e la beatitudine del Divino. 

Le sette ghiandole che corrispondono ai sette chakra sono la pineale, la pituitaria, la tiroidea, la para-tiroidea, il timo, il pancreas, le ovaie e i testicoli. La pratica dei chakra stimola queste ghiandole portando il benessere.

Le Nadi

 Nadi è una parola sanscrito che può essere tradotta come  "canale" o "flusso". Si riferisce alla rete di canali attraverso i quali l'energia viaggia attraverso tutto il corpo. Il numero di nadi che si ritiene che il corpo contenga varia a seconda della tradizione, ma tutte le tradizioni confermano che ci sono tre nadi principali che attraversano il midollo spinale e toccano i sette principali centri di energia (chakra).

Nelle tradizioni orientali, come l'Ayurveda, tutti gli esseri viventi funzionano grazie all'energia vitale conosciuta come prana, che circola nel corpo attraverso i percorsi sottili noti come nadi. Il prana può circolare solo quando le nadi sono aperte. Quando questi canali energetici sono bloccati, il prana non può fluire liberamente e la salute fisica e mentale di una persona viene compromessa, e le malattie sono associate a dei blocchi energetici. Uno dei principali obiettivi dell'Hatha yoga è l'equilibrio delle nadi,  le asana, gli esercizi di respirazione (pranayama) e il suono sono tra gli strumenti utilizzati per aiutare a far circolare il prana attraverso le nadi. Uno dei metodi più efficaci per riequilibrare le energie è una forma di pranayama chiamata nadi shodhana, o respirazione alternata delle narici.

I principali canali energetici sono tre: 

  • Il Canale Sinistro (ida nadi);
  • Il Canale Destro (pingala nadi);
  • Il Canale Centrale (sushumna nadi).

Il canale sinistro (ida) corrisponde al nostro passato, alle emozioni, ai desideri ed al nostro attaccamento agli altri. Il canale sinistro  è anche detto canale lunare. La sua terminazione è il superego, che è il deposito di tutti i nostri ricordi, le abitudini e i condizionamenti.  Inizia nel chakra muladhara (radice), scorre verso sinistra e passa nei chakra prima di finire nella narice sinistra. Questa nadi rappresenta l'energia mentale.

Il canale destro (pingala) corrisponde alle nostre azioni, al nostro pianificare e alla nostra attività fisica e mentale. La sua terminazione è l’ego, che ci da l’idea dell’Io, il senso di essere separati dal mondo. Il canale destro è anche chiamato il Canale Solare. Quando la richiesta di energia da questo lato è troppo grande, allora il lato sinistro risulterà indebolito. Inizia nel chakra della radice, ma scorre verso destra, tessendo dentro e fuori dai chakra in un'immagine speculare dell'ida nadi e terminando nella narice destra. 

Il canale centrale è il canale dell’ascesa. E’ il potere che sostiene la nostra evoluzione spirituale e ci guida, consapevolmente o inconsapevolmente. Attraverso il sistema nervoso parasimpatico, di fatto il canale centrale regola tutte le attività involontarie del nostro sistema.  Inizia dal chakra radice, scorre dritto lungo la spina dorsale e attraversa tutti i chakra verso una più alta consapevolezza, fino ad arrivare al Sahasrara (il chakra più in alto).

La Realizzazione del Sé avviene quando la Kundalini viene risvegliata nel sistema sottile, comincia a salire e arriva fino al più elevato dei centri sottili del nostro corpo – il Sahasrara che si trova sulla sommitù della testa ed é la porta he collega l'energia individuale e l'energia cosmica. Si avverte la Kundalini come una brezza fresca emanata sulla sommità della testa e al centro delle mani. Questa esperienza iniziale può essere arricchita e rafforzata attraverso la meditazione quotidiana e la pulizia dei chakra così che la Kundalini possa fluire più agevolmente. Quando meditiamo, la Kundalini comincia a pulire i nostri chakra. I condizionamenti, che sono dannosi per la nostra salute e creano stress e malessere dentro di noi, vengono gradualmente rimossi. Come risultato, noi ci sentiamo più in pace e sereni nella nostra vita quotidiana.

Quando meditiamo, gradualmente diventiamo consapevoli delle vibrazioni sulle nostre mani e nel nostro corpo e cominciamo a percepire calore. Per aumentare la consapevolezza del nostro corpo sottile, e dei punti di energia si può usare  regolarmente la meditazione per almeno 10 o 15 minuti al giorno. La meditazione regolare ci permetterà di essere più rilassato, più sereno ed in pace.  

Esercizi.  Le tecniche riportate di seguito servono per percepire le vibrazioni energetiche. Siediti, ma non in posizione rigida, con le gambe incrociate sul pavimento. Se decidi di sederti su una sedia, metti i piedi un po’ distanziati l’uno dall’altro e senza le scarpe. Poni le tue mani ben aperte, con i palmi verso l’alto, sul grembo. Questa tecnica è molto utile per allenarsi ad andare oltre la nostra mente.   Fa’ un respiro profondo, trattieni il respiro per un paio di secondi e rilascialo. Non avere fretta. Prendi il tuo tempo e ripeti per 7 volte. Nel frattempo, poni la tua attenzione sul respiro. Dopo di ciò, metti la tua mano destra 3-4 centimetri al di sopra della tua testa con il palmo rivolto verso la testa stessa e verifica se percepisci una qualche brezza fresca o calda sul palmo della mano. Cambia la mano e prova a fare lo stesso esercizio con la mano sinistra.   Mantieni la tua attenzione sulla testa e prova a rimanere in questo stato senza pensieri per un paio  di minuti. Potrebbe essere difficile all’inizio, ma sii paziente. Non seguire i tuoi pensieri se arrivano, ma osservali come se fossero davanti ai tuoi occhi e non dentro di te. Dopo un po’ riuscirai a raggiungere questo stato “senza pensieri”. 

Pulizia del canale sinistro.  Mettete la mano destra sul pavimento (o verso terra se state seduti su una sedia) e il palmo sinistro rivolto verso l’alto sul ginocchio. Per un paio di minuti, portate la vostra attenzione sulla mano sinistra e prestate attenzione se sentite fresco o caldo sul palmo. 

Pulizia del canale destro. Portate la mano sinistra sul pavimento (o verso terra se state seduti su una sedia).  Tenete la mano destra sul ginocchio con il palmo rivolto verso l’alto. Per un paio di minuti tenete la vostra attenzione sulla mano destra e prestate attenzione se sentite fresco o caldo sul palmo della mano destra.

I Klesha - Antonio Nuzzo

Articolo sui klesha ripreso da Yoga Journal,  del Maestro Antonio Nuzzo  vedi link: https://www.yogajournal.it/klesha-nodi-della-mente/    .
Lo stress, l’agitazione, il nervosismo, l’ansietà, l’insonnia sono il risultato della goffa abitudine di voler nascondere le nostre debolezze ostentando l’esatto opposto. È necessario scoprire un delicato senso di abbandono alla vita, essere consapevoli dell’incertezza e permettere alla ricerca yoga di visitare quella parte del cuore dove si nasconde l’amore, la tenerezza, l’umiltà, la vulnerabilità, la fiducia, il silenzio.

Coltivare con dedizione quella capacità che permette ad ogni praticante di vivere l’istante con una consapevolezza che non può essere turbata dai preconcetti sul passato o dalle proiezioni sul futuro che il pensiero porta con sé. L’insegnamento e la pratica dello yoga sono un’arte raffinatissima che richiede la conoscenza e lo studio accurato di alcuni testi tradizionali che non devono essere considerati semplici conoscenze intellettuali da sfoggiare nei salotti, ma servire a individuare la modalità giusta per incidere in modo profondo sulla propria pratica quotidiana di yoga e più specificatamente di hatha-yoga. L’introduzione della pratica in Occidente, e in particolare in Italia, è ancora troppo recente e la comunità di yoga non può ancora abbracciare l’immensa dottrina tramandataci dagli antichi Maestri: è come un bambino di pochi mesi che si appresta a camminare.
Inevitabilmente, i suoi primi passi saranno incerti e, presumibilmente, affrettati poiché non si è ancora acquisito equilibrio e stabilità. Così, noi occidentali ci affrettiamo ad apprendere le tecniche fisiche, cercando di esibire movimenti perfetti, come se si trattasse di danza o di ginnastica, per essere giudicati bravi dagli altri, senza aver appreso e applicato l’insegnamento in tutta la sua profondità.

Purifica la mente. Lo yoga innesca un processo di purificazione che non si limita alla semplice pulizia interna ed esterna del corpo attraverso le pratiche fisiche, ma queste assumono il valore di un gesto, di un messaggio simbolico che incita l’individuo a procedere verso una purificazione ben più vasta, verso uno stato di consapevolezza non reattiva, per raggiungere una vera apertura e un fiducioso e totale abbandono alla vita. È importante capire che la pratica di hatha-yoga è solo un’eccellente occasione per imparare con tanta pazienza a osservare, con una coscienza elevata, e comprendere lentamente col tempo, nel rigoroso silenzio della mente, quale testimone, la totalità del processo della vita.
All’inizio del secondo capitolo degli “Yoga Sutra” di Patañjali, dedicato alla sādhanā (pratica), il testo rivela che all’origine dei vortici della mente (le vrtti) ci sono cinque matrici che ne condizionano l’orientamento. Queste matrici si chiamano kleśa  e inducono sofferenza e condizionano le azioni, le scelte di vita e l’orientamento degli stessi processi mentali. Esaminiamole insieme.

Liberati dall’ego. Avidyā è la prima delle cinque afflizioni; è una parola sanscrita composta, che significa condizione interiore di non conoscenza, comunemente tradotta con la parola “ignoranza”. A questo termine non va attribuito il significato che oggi riveste nel linguaggio comune, quello di mancanza d’istruzione, di cultura, o ancora, di mancata acquisizione di una perfetta conoscenza delle supreme e più alte verità filosofiche e religiose. In questo contesto, il termine “ignoranza” indica la diffusa abitudine di non saper collocare gli aspetti prioritari, dal punto di vista della ricerca yoga, rispetto alle priorità derivanti da una visione comune che tende a soddisfare prevalentemente l’ego. Tanto è vero che in sanscrito esiste il termine bhoga, utilizzato dallo stesso Patañjali, che designa esattamente l’azione che ha come priorità quella di soddisfare soltanto il proprio ego, il proprio piacere concreto, materiale, affettivo e psichico.
Con questa affermazione non si vuole indicare che il praticante non dovrà effettuare più nessuna azione che porti al piacere o al proprio vantaggio, ma che dovrà imparare ad attribuire il giusto valore a questo genere di piacere, coltivando parallelamente la priorità assoluta di colui che si sente un vero seguace dello yoga. Applicare questo principio nello hatha-yoga, significa in pratica imparare a individuare, con l’aiuto del proprio istruttore, tutor o maestro, nel procedere della ricerca, tutte le motivazioni che emergeranno in funzione delle varie pratiche sostenute, il vantaggio personale, che sia esso fisico, salutistico o di altro genere. Controllare il livello di interesse che parallelamente si coltiva in funzione della elevata finalità, in modo tale da ridurre il peso di avidyā. Avidyā è rappresentata da Patañjali come un campo dove nascono piante spontanee.   In questo campo vivono gli altri quattro kleśa che rispondono ai nomi di: asmitā, rāga, dvesa, abhinivesha. Essi si espandono, talvolta, al punto tale da sviluppare ossessioni, paure, timori, incertezze, ansie, da un lato, ed effimere gioie, piaceri, soddisfazioni e gratificazioni, dall’altro. Si può imparare a coltivarle in maniera equilibrata e a contenere la loro espansione e la loro crescita. La scelta del modo in cui nutrirle solitamente non è consapevole, ma in chi pratica correttamente lo yoga lo diventa.

La tentazione dell’onnipotenza. Asmitā è uno dei figli di avidyā, il primogenito, è quella matrice che nasce dalla profonda confusione, dal guardare, con la mente condizionata da avidyā, all’io cosciente come a un’identità soprannaturale. Questa credenza porta alla sopravvalutazione di se stessi, all’egocentrismo, all’egoismo, condizione che preclude una visione equilibrata, serena e chiara. Il percorso dello yoga, che si basa sullo sviluppo della consapevolezza e della chiara visione, viene notevolmente inficiato e spesso si entra in un tunnel scuro senza sbocco.

L’illusione del piacere. Rāga e dvesa sono le matrici che fanno emergere le vrtti che affondano le loro profonde e ramificate radici nelle aree più nascoste dell’inconscio, da dove emerge quel desiderio pressante di voler raggiungere a tutti i costi il piacere, la gioia, il divertimento, il benessere, la passione, l’amore e nel contempo di evitare con repulsione, disgusto, ripugnanza tutto ciò che porta dolore, sofferenza, malattia. Ricercare e preferire solo alcuni aspetti della vita e cercare di allontanare illusoriamente gli aspetti che giudichiamo dolorosi e negativi, di cui abbiamo paura e terrore.

L’ultimo ostacolo: la grande paura.  Abhinivesha, l’ultimo dei cinque kleśa, significa letteralmente “gusto che si ha di se stessi”. Potremmo definirlo anche “istinto di conservazione” oppure ancora “testardo attaccamento alla vita” come forza radicata in ogni essere vivente. Abitualmente alla parola abhinivesha si attribuisce il significato più comune: paura della morte.

Abbandonati alla vita.  Da qui si può capire quanto sia inopportuno praticare lo yoga con meccanicità e con false finalità oppure applicare tecniche, anche le più raffinate, con dovizia di particolari tratti dalla fisiologia articolare e dall’anatomia, con informazioni accurate sui benefici e vantaggi, per poterli coltivare nel tempo, come se si volesse, direbbero gli Yogi, sostenere e nutrire i kleśa e le vrtti. Questa potrebbe essere l’ennesima errata strategia messa a punto per distrarre, illudere o velare a noi stessi la paura ed esibire invece l’esatto opposto: il senso di onnipotenza, di forza, di vitalità, di immortalità. Forse tutto ciò rende l’uomo capace di inibire la paura e di vivere eludendola, come se non l’avesse ma, al tempo stesso, lo rende più debole e impreparato, non più nei confronti della paura, ma sicuramente di fronte alla tangibile esperienza della vita.

Al Sutra 2.3 del Secondo Libro Gli Yoga Sutra: Sadhana Pada  – La Via della strategia, Patanjali presenta i cinque Klesha, o afflizioni, indicandoci la necessità del controllo della mente e dei pensieri per poter accedere all’introspezione e all’assorbimento al centro di noi stessi. Ci mostra come il nostro mentale influenzato dai Klesha, le afflizioni, sia condizionato da uno stato di distrazione e ignoranza (Avidyâ).
2.3 –  "Avidya asmita raga dvesa abhinivesah klesah",  -   L’ignoranza, l’egoismo, l’attaccamento, l’odio, e l’eccessivo amore per la vita, sono questi ostacoli che producono dolore. Sono le cinque sofferenze; sono i cinque legami che ci tengono stretti alla vita terrena
  • Avidyâ è il risultato di un accumularsi azioni  che ripetiamo meccanicamente quasi ciecamente per anni, è lo stato d’ignoranza. E’ ciò che ci impedisce di conoscere la realtà poiché preferiamo vederla così come vorremmo che fosse. Ci identifichiamo ai fenomeni impermanenti dell’esistenza, vediamo il tempo che passa, gli esseri e le cose cambiare. vediamo ciò che abbiamo, ciò che perdiamo, ciò che vorremmo. Questo stato, viene chiamato ignoranza, nella filosofia indiana, nasce la mancanza di fiducia in noi stessi, con la conseguenza di generare dolore e identificazioni erronee. Avidyâ è la fonte dell’altro Klesha, Asmitâ.
  • Asmitâ, avendo perduto la fiducia in noi stessi non possiamo fare altro che cercare di proteggerci da ciò nasce il senso di IO, che ci fa confondere l’assoluto che è in noi con il mondo-manifesto. La verità ultima della filosofia indiana è nell’unità nell’UNO, siamo l’UNO, OM, TAT ecc.., i suoi nomi sono multipli. La confusione che ne risulta genera la coscienza, la sensazione di un’esistenza individuale ed autonoma che ci separa dall’assoluto e da origine al senso dell’EGO. C’è di conseguenza dualità tra noi e l’assoluto. Asmitâ, è la fonte di Râga.
  • Râga, l’ego deve alimentarsi per sussistere: il voler possedere, l’avidità, l’attaccamento, il desiderio, il bisogno insaziabile di sicurezza
  • Dvesha è, il rifiuto, il non amore, l’indifferenza agli altri, alla comunicazione alla vita questa sensazione è legata ad una mancanza, ad una frustrazione. Quando non gradiamo, noi rigettiamo, per proteggerci della sofferenza che ne seguirebbe: questo corrisponde al rifiuto di aprirsi a ciò che è, ed a lasciare la presa. Così, l’insoddisfazione diventa permanente.
  • Abhinivesha ad un certo punto ci si può accorgere che queste modalità non conducono in nessun luogo, nasce una frenesia irresistibile di vivere, la paura del divenire, della vecchiaia, della malattia, l’ansietà per la morte, l’attaccamento alla vita, con il suo continuo timore della morte. È la coscienza di sé che rende egoisti. E’ ciò che si nasconde dietro numerose nostre reazioni, come pure dietro a molti meccanismi di stress.  I due klesha  Râga e Dvesha, animano in modo permanente tutti i nostri comportamenti, qualificando le nostre esperienze, secondo la nostra attrazione o la nostra repulsione.

Il matrimonio - Kahlil Gibran

Khalil Gibran (1883 - 1931) fu un poeta, filosofo, pittore libanese e considerato nel mondo arabo il genio della sua epoca. La sua fama si diffuse ben presto oltre i confini del Medio e Vicino Oriente: le sue opere furono tradotte in più di venti lingue e i suoi disegni e dipinti furono esposti nelle grandi capitali del mondo. Divenne un mito per i giovani che considerarono le sue opere come breviari mistici. Gibran ha cercato di unire nelle sue opere la civiltà occidentale e quella orientale. Fra le opere più note: Il Profeta (pubblicato nel 1923) e Massime spirituali.

Tratto da “il Profeta” : Il matrimonio

Voi siete nati insieme, e insieme starete per sempre.

Voi sarete insieme quando le bianche ali della morte disperderanno i vostri giorni.

Sì, insieme anche nella tacita memoria di Dio.

Ma vi siano spazi nella vostra unione,  e fate che i celesti venti danzino tra voi.

Amatevi reciprocamente, ma non fate dell'amore un laccio.

Lasciate piuttosto che vi sia un mare in moto tra le sponde delle vostre anime.

Riempa ognuno la coppa dell'altro, ma non bevete da una coppa sola.

Scambiatevi il pane, ma non mangiate dalla stessa pagnotta.

Cantate e danzate e siate gioiosi insieme, ma che ognuno di voi resti solo, così come le corde di un liuto son sole benchè vibrino della stessa musica.

Datevi il cuore, ma l'uno non sia in custodia dell'altro.

Poichè solo la mano della Vita può contenere entrambi i cuori.

E restate uniti, benchè non troppo vicini insieme, poichè le colonne del tempio restano tra loro distanti,

e la quercia e il cipresso non crescono l'una all'ombra dell'altro.

venerdì 5 novembre 2021

Yoga e ginocchia

 Praticare yoga se si hanno problemi alle ginocchia. 

Lo yoga, è una disciplina accessibile a chiunque, a persone di ogni età e di qualsiasi preparazione fisica. Non è necessario essere in forma, sarà poi lo yoga a insegnare a rispettare il proprio corpo, a esserne più consapevoli. Se si hanno problemi fisici però è importante non ignorarli ed occorre prestare attenzione e ascoltare cosa ci suggerisce il corpo.

Ricordiamo brevemente che lo yoga porta con sé numerosi benefici nel tempo per la mente, il corpo e lo spirito. Rimanendo sul piano fisico, anche dopo solo poche lezioni, chi pratica yoga si sente più flessibile, più elastico. Ben presto si rafforza la muscolatura della schiena e si migliora la postura con  riduzione dei dolori muscolari.  Sempre sul piano fisico, lo yoga è considerato una disciplina “amica” del cuore perché abbassa la pressione sanguigna e rallenta i battiti. Alcuni studi mettono in evidenza anche gli effetti antiossidanti e la stimolazione positiva del sistema immunitario.   Si possono praticare anche esercizi contro il mal di schiena. Lo yoga infatti è un alleato per chi soffre di mal di schiena perché “stira” tutti i muscoli e allinea le ossa in maniera tale da migliorare la postura.

L’allenamento all’ascolto del proprio corpo permette di portare ciò che si impara e si sperimenta sul tappetino, anche nella vita di tutti i giorni; ciò comporta che le posizioni corrette apprese durante la pratica diventano sempre più naturali e spontanee. Insomma, si impara a conoscersi e a capire quando è il caso di evitare di fare determinati movimenti. Perché ormai è risaputo che una postura scorretta – e aggiungiamo, inconsapevole – può portare a problemi a diverse parti del corpo, e tra queste le ginocchia sono tra le prime. Spessissimo gli ortopedici diagnosticano come causa di un dolore alle ginocchia proprio una postura scorretta.

Può capitare di avvertire dolore durante la pratica degli asana, soprattutto se ti sei avvicinato allo yoga da poco tempo. Se dovesse capitarti, significa che stai sbagliando qualche movimento o stai chiedendo troppo al tuo corpo. Ricorda sempre che lo yoga, se eseguito correttamente, non deve causare dolore, se non quello lieve e passeggero come  quando non si è abituati a fare attività fisica. A volte basta modificare l’asana, altre volte invece devi fermarti: se una posizione non ti riesce in nessun modo è inutile forzarsi e sforzarsi, è meglio evitarla. Quanto meno ora, non è detto che più avanti, con maggiore esperienza e pratica, tu riesca tranquillamente a eseguirla.

Adattare le posizioni al proprio corpo non è sbagliato, anzi. Ogni corpo è diverso dall’altro, quindi è normale aiutarsi con supporti per rendere gli asana più confortevoli. Si possono usare cuscini, salviette, blocchi e tutto ciò che serve per essere più a proprio agio in quella posizione.

Quando avverti dolori durante gli asana ricordati di:Rispettare il tuo corpo, Fermarti e cambiare atteggiamento, Avvertire i cambiamenti che avvengono nel tuo corpo, Rilassarsi sempre, prima, durante e dopo la seduta di yoga.

  Ma veniamo allo yoga se si hanno problemi alle ginocchia. Lo yoga fa bene alle ginocchia. Infatti, praticando alcune posizioni specifiche, è possibile rinforzare allungare e migliorare la flessibilità di tutti i muscoli che contribuiscono al corretto funzionamento del ginocchio, quali i quadricipiti, lo psoas e i muscoli posteriori della coscia.  Le ginocchia sono sostenute dai quadricipiti, e quando questi non sono elastici, contribuiscono a spostare verso l’alto la rotula, provocando tensione nell’articolazione. La rotula inoltre può muoversi in modo errato anche quando si verifica un disequilibrio tra i muscoli che sostengono il ginocchio: può accadere quindi che la rotula si muova all’esterno della sua sede, causando consumo della cartilagine e dolore.  Lo psoas, invece, è il muscolo flessore dell’anca, che collega il femore con la zona lombare della schiena. Questo muscolo, pur essendo fondamentale per la mobilità del corpo (lo utilizziamo ogni volta che solleviamo la gamba o che ci mettiamo in posizione seduta), spesso è irrigidito: il perché è da ricercare nel tipo di vita che conduce la maggior parte di noi, una quotidianità sedentaria passata alla scrivania. L’irrigidimento, e quindi la mancanza di elasticità, possono causare tensione nella zona lombare, provocando dolore alla schiena e attrito alle ginocchia.

Come abbiamo detto, la pratica degli asana contribuisce a mantenere le articolazioni lubrificate, a incrementare la circolazione sanguigna (incrementando pertanto l’apporto di ossigeno alle ossa, ai muscoli e ai tessuti) a rinforzare e allungare legamenti e muscoli (e in tal caso la rotula rimane nel suo asse, scivola senza sforzo e la cartilagine non viene consumata). Partendo sempre dal presupposto che nello yoga è fondamentale ascoltare il proprio corpo. Una volta assimilato questo concetto e superata la voglia di essere performante a tutti i costi (che poi lo yoga insegna il contrario, ossia a rispettare i propri limiti) bisogna cercare di mettere in pratica qualche accorgimento per evitare di farsi male.

Innanzitutto verifica il tuo allineamento. Nelle posizioni come il guerriero, che prevede di piegare il ginocchio a 90°, controlla che il ginocchio sia sempre allineato con la caviglia e che la rotula sia in linea con il secondo dito del piede. Nelle posizioni in piedi, verifica che i piedi siano ben paralleli.

Altro consiglio: non estendere troppo il ginocchio. Soprattutto nei piegamenti in avanti da seduti, come la posizione della pinza seduta (pashimottanasana), e da in piedi, come la posizione della pinza in piedi (uttanasana), evita di estendere il ginocchio fino ad avvertire tensione nell’articolazione. Un suggerimento è quello di piegare leggermente le ginocchia.

Come già evidenziato, lo yoga non dovrebbe causare dolori. Se li avverti dopo la pratica, significa che  sei particolarmente stanco, oppure hai eseguito posizioni errate. La pratica deve essere sempre graduale, partendo da asana semplici.  Bisogna affidarsi ad un insegnante qualificato, in grado di capire e indirizzare gli allievi, regolare lo sforzo e trovare una variante diversa per ciascun praticante. 

Corso gratuito su buddhismo e psicologia moderna - Robert Wright

Corso gratuito in inglese su Buddhismo e psicologia moderna tenuto da  Robert Wright della Princeton University.   Robert Wright fa parte del Religion Department and the Center for Human Values.

 Il Dalai Lama ha detto che il buddhismo e la scienza sono profondamente compatibili e ha incoraggiato gli studiosi occidentali a esaminare criticamente, sia la pratica meditativa che le idee buddhiste sulla mente umana. Un certo numero di scienziati e filosofi hanno raccolto questa sfida. Ci sono state scansioni cerebrali di meditatori ed esami filosofici delle dottrine buddhiste. Questo corso esaminerà cosa è il buddhismo e la meditazione,  il rapporto tra buddhismo e neuroscienza.

Il corso potete trovarlo su Coursera, vedi https://www.coursera.org/ e bisogna iscriversi per accedere. E' un MOOC (massive open online course; in italiano «corso online aperto e di massa») è un corso pensato per una formazione a distanza che coinvolga un numero elevato di allievi di diverse nazionalità.

Robert Wright è l'autore, di Why Buddhism is True: The Science and Philosophy of Meditation and Enlightenment (2017). Nel 2009 Wright è stato nominato dalla rivista Foreign Policy come uno dei 100 migliori pensatori globali. È caporedattore del sito web Bloggingheads.tv.  


PsicoNeuroEndocrinoImmunologia (PNEI) - le relazioni mente - corpo

"Tutte le sostanze necessarie al mantenimento della vita dell'organismo, al lavoro psichico, alle funzioni superiori della coscienza e alla crescita dei corpi superiori, sono prodotte dall'organismo a partire dal nutrimento che penetra in esso. "L'organismo umano riceve tre tipi di nutrimento:
1° II cibo che mangiamo. 2° L'aria che respiriamo. 3° Le nostre impressioni.
"Non è difficile capire che l'aria è un genere di alimento per l'organismo, ma può apparire difficile, a prima vista, comprendere come le impressioni possano essere un nutrimento.
"Dobbiamo tuttavia ricordarci che con ogni impressione esterna, sia che prenda la forma di suono, di visione, di odore, noi riceviamo dall'esterno una certa quantità di energia, un certo numero di vibrazioni; questa energia che dall'esterno penetra nell'organismo è un nutrimento.
- Georges Ivanovič Gurdjieff (1866-1949).


Nel Sistema cosmologico tutto è energia e vibrazione, maggiore è la frequenza vibratorio e più sottile è la materia, non c’è divisione tra materia e spirito, ma solo un’infinita gradazione di livelli energetici e non c’è posto per l’onnipotenza divina. L’uomo è uno strumento dell’azione divina e può diventare cosciente, libero ed integrato felicemente nella natura. Dopo il superamento della distinzione tra massa e energia nella teoria relativista si arriva ad una sostanziale identità tra mente, energia, e corpo. 

Nel modello relativistico-quantistico la massa non è che una forma di energia, la quantità di energia racchiusa in una particella. Le particelle subatomiche (elettroni, neutrini, fotoni, bosoni) sono viste come pacchetti di energia senza dimensione che, si diffondono all’infinito nello spazio. . Il fisico Bell (1965) dimostrò l’effettiva esistenza di un mondo non localizzato e che le particelle correlate, separate da enormi distanze, comunicano istantaneamente. L'esperimento di Aspect a Parigi nel 1982 confermò tale teoria. Bohm concluse che la realtà che noi tutti conosciamo non esiste; Nonostante il suo apparente carattere solido e materiale, l’universo è un enorme ologramma. Le energie elettromagnetiche e la realtà fisica sono una pura illusione. Le particelle non sono entità individuali ma condensazioni di uno stesso organismo fondamentale. Questo substrato (campo unificato della coscienza) sarebbe il vero e proprio reale. Una realtà al di fuori dello spazio e del tempo.

Nell’ordine implicato non vi è differenza tra mente e materia, mentre nell’ordine esplicato mente e materia si separano. Nel microcosmo l’ordine implicato emerge, nel macrocosmo prevale l’ordine esplicato. Per Bohr la coscienza coincide con l’ordine implicato. Tutte le manifestazioni della vita provengono da una unica fonte di casualità che include ogni atomo dell’universo, un enorme spazio vuoto, contenente un fondo immenso di energia, la materia è un’onda al di sopra di questo fondo. La coscienza è una forma più sottile di materia. La materia è spirito, lo spirito è materia. Alla base dei piani di esistenza: fisico e spirituale c’è un’unica realtà: l’intelligenza onni-pervadente, la vibrazione originaria che plasma tutte le cose. La psiche individuale è parte di un ologramma in cui tutto è interconnesso, e la coscienza non è che un’apertura ad un livello più elevato di questo continuum. La realtà è maya, un'illusione  e corrisponde a ciò che sostengono da millenni le tradizioni esoteriche. Io e il padre siamo uno, un'unità sopra la molteplicità.

L’apparente struttura fisica del corpo non è altro che la proiezione olografica della coscienza.  Da qui  deriva l'importanza dello stato mentale per la nostra salute e ai fini della guarigione. La psicoenergia ha lo scopo di ricercare l’interdipendenza di forze sia microcosmiche che macrocosmiche. PsicoNeuroEndocrinoImmunologia PNEI studia le connessioni tra le strutture biologiche e la componente psico-spirituale. 

E’ la persona a contrarre la malattia, dopo aver creato le condizioni adatte nel suo organismo. La mente influisce sul sistema immunitario, che se agisce efficacemente, ha il compito di distruggere continuamente le cellule cancerogenee. La depressione del sistema immunitario è dovuto principalmente allo stress.  Lo stress si manifesta soprattutto nei momenti di cambiamenti importanti nella nostra vita ed i fattori psichici influenzano notevolmente la nostra salute. Il cancro può esprimere una richiesta di amore o attenzione da parte degli altri, spesso è un messaggio per spingere a persona ammalata a intraprendere dei cambiamenti. Sono soprattutto i sentimenti inespressi a deprimere le nostre reazioni vitali. L’insorgere della malattia è legato alla perdita di significato della vita, accompagnato spesso da un vuoto interiore e da depressione. Spesso la malattia insorge dopo aver perso il proprio lavoro e aver raggiunto l’età della pensione, la morte del coniuge, una separazione o i figli sono andati via di casa. Altre volte ci ammaliamo quando ci sentiamo in trappola di fronte ad una situazione o a un ruolo che non riusciamo ad accettare. In tali casi si crea un vuoto esistenziale che non si riesce ad accettare. La malattia è un ultimo disperato grido di aiuto, una capitolazione di fronte alla vita.

Ricordiamo che siamo in un tutto unico, inseparabile, interconnesso. Color che antepongono i desideri degli altri ai propri, che non fanno richieste alla vita, che cercano di corrispondere diligentemente alle aspettative altrui, che non riescono a difendere la propria dignità personale,  interrompono il flusso dell’energia vitale nel proprio organismo. Magari sorridono esteriormente, si mostrano affabili, ma dentro sono svuotati e celano un distruttività che non può far altro che rivolgersi verso il proprio sé e il proprio corpo. Lo stato depressivo o la triste rassegnazione può non trovare altra via di uscita che la malattia o la morte stessa. La malattia consiste nell’aver perso l’unità all’interno di noi stessi e per guarire occorre un riallineamento della propria vita alla sorgente dell’essere.

 Spesso lo squilibrio è legato a mancanza di amore, l’amore e soprattutto quello spirituale pacifica la mente, i tessuti del corpo e genera l’energia sanante. L’uomo ordinario spesso è incapace di amare. L’amore deve essere un punto di arrivo del nostro percorso.

Il processo evolutivo dalla Vita alla Via - Gurdjieff

Georges Ivanovič Gurdjieff (1866-1949) è stato un filosofo, scrittore, un sufi, un mistico e "maestro di danze" armeno.  Di origini greco-armene, visse a lungo in Turchia e in Francia.

Il Sufismo è un movimento religioso di carattere mistico e ascetico nato nel mondo islamico a partire dall'XI secolo, in prevalenza fra i sunniti – benché comprenda anche confraternite e membri sciiti.

Secondo Gurdjieff la Pratica psicosintetica viene definita “la scala dalla vita alla via”. L’uomo è in balia di forze esterne, sottoposto ad influenze (la vita) che tendono a soffocare gli influssi che provengono dalla sorgente dell’Essere. Il primo gradino della scala è trovare un maestro, quando l’allievo è pronto il maestro arriva. Non è possibile l’ingresso nella via senza un maestro, chiunque è in grado di stimolare l’apprendimento ad un determinato stadio, può essere un maestro o una guida. Questa guida può collocarsi ad uno stadio di coscienza più o meno elevato che corrisponda al livello dell’allievo. Più il maestro è grande, più è difficile seguirlo, e l’allievo troverebbe delle difficoltà insormontabili. Il maestro è indispensabile all’allievo, tanto l’allievo è indispensabile al maestro, il maestro non può progredire senza l’allievo. Senza sintonia tra maestro e allievo l’insegnamento diventa routine ed è male per entrambi. Una volta che ti sei immesso sulla via non puoi più ricadere nella vita ordinaria. Il cercatore sulla via rischia ad ogni passo di perdere l’equilibrio, tra un gradino e l’altro esistono delle barriere che costituiscono punti di non ritorno. 

Come riconoscere il proprio maestro? Se di fronte a lui alterni momenti in cui ti senti disorientato e infastidito ed altri in cui ti senti profondamente appagato è il maestro giusto. Se non provi nulla di tutto ciò, cerca qualcos’altro. Può anche darsi che tu non stia cercando alcun maestro, ma semplicemente un luogo di aggregazione, dove farsi sentire riconosciuto ed accettato. Le persone spesso dimenticano che sono lì per imparare, anzi ci sono una moltitudine di allievi arroganti che pretendono di stabilire il metodo, la frequenza delle lezioni e i sistemi di valutazione.    I veri maestri spirituali non vogliono attrarre persone con le quali sanno che perderebbero solo tempo.   L’allievo deve essere sincero e obbediente, ascoltare con rispetto e attenzione. Il maestro va testato, provocato seriamente, ma una volta fatto questo bisogna lasciarsi andare, non si può rimanere sempre sulla soglia. Se sei in grado di gestirti autonomamente non hai bisogno del maestro, ma sei in grado di farlo? 

Il lavoro in un gruppo è importante per mettere alla prova il nostro ego ed intraprendere uno studio di sé, ed in questo caso i membri del gruppo operano da specchio. Libri, conferenze, seminari servono a preparare il terreno, se gli individui che si definiscono alla “ricerca” non portano avanti questo impegno preliminare non hanno molte possibilità di fare un reale avanzamento. Il gruppo costituisce un’esperienza umana correttiva di eventuali blocchi o traumi psichici e ti fa sentir parte di una unità più vasta. Mentre nei rapporti esclusivi o a due è più difficile mettersi in gioco e in queste dinamiche prevale il narcisismo o l'appoggiarsi all'altro.  E' molto importante, quando si è sul cammino della ricerca conoscersi perchè  a volte, svolgere azioni altruistiche soddisfa gratificazioni puramente egoiche, e si tratta di auto-inganno e ipocrisia.

Spesso per metterci in cammino è necessaria una certa dose di delusione. Spesso si è spinti dal bisogno di considerazione.  La considerazione interiore è una vera e propria schiavitù che nasce dall’estrema importanza che dai all’opinione e al giudizio degli altri. In questo modo l’uomo diventa vulnerabile. Bisogna anche rinunciare al desiderio di conquistarsi un merito nel percorso, perché questo, non fa altro che rendere l’ego ancora più rigido e superbo.

La conoscenza di sé non è qualcosa che si può acquisire attraverso un libro o delle teorie ma nasce dall’esperienza reale dei molti io che tiranneggiano la personalità, è il lucidare lo specchio. Non puoi capire se non hai fatto esperienza. Anche se si fa esperienza non necessariamente si comprende. Chi è allora che diventa illuminato? L’illuminato è colui che fa bene il proprio dovere, rendendosi conto che c’è qualcos’altro oltre l'esperienza ordinaria. L’impegno e la disciplina sono fondamentali nel percorso spirituale, nel Lavoro. La vera disciplina si manifesta in un comportamento che esprime autocontrollo e disciplina interiore. Un obiettivo del percorso spirituale e il raggiungimento di un fondamentale equilibrio secondo le leggi naturali dell’esistenza.

Molte scuole, cosiddette spirituali, sono nate dalla new age, sfruttando l’inquietudine esistenziale dell’uomo contemporaneo per fare soldi, promettono risultati strabilianti senza il minimo sforzo, basta che lasciarsi andare e scoprire la natura divina oppure eliminando i blocchi energetici e ritrovando la spontaneità del vivere. Senza un duro impegno non c'é realizzazione, né spontaneità, né libertà spirituale. La volontà è il segno di un essere che ha un livello di esistenza elevatissimo rispetto all’essere di un uomo ordinario. I rischi in cui incorre una persona elevata spiritualmente, una volta raggiunti determinati obiettivi, è che sviluppi un ego spirituale, un disprezzo, aperto o velato nei confronti dell’uomo ordinario. La disciplina si dice nel Buddhismo è come una zattera che ti permette di attraversare il fiume, una volta raggiunta l’altra sponda la devi abbandonare. Se la tua personalità si è sufficientemente armonizzata, la disciplina non serve più, sei diventato la disciplina.

La disciplina rappresenta uno stadio del Lavoro su di sè, del percorso, che, se non viene al momento opportuno abbandonato, ci invischia in un pantano in cui non c’è movimento, né gioia, né realizzazione. La dieta alimentare, gli esercizi fisici, lo studio accurato, la pratica meditativa si prestano inevitabilmente a costituire una narcisistica autoesaltazione della volontà, cioè dell’ego.

Il maestro spirituale trasmette al discepolo la baraka (il potere spirituale) che lui stesso ha ricevuto dal maestro. Il modo migliore per allenare la volontà è l’attività corporea. Nel lavoro fisico il movimento, la postura, l’espressione emozionale, la percezione del corpo sono uniti in uno sforzo di attenzione e consapevolezza. L'attività corporea è la scuola elementare della volontà, serve come modello per la mente. Il cambiamento nell’atteggiamento psichico porta con sé un cambiamento nel corpo e viceversa i risultati raggiunti con il corpo influenzano il sentimento e la psiche.

Anche l'alimentazione gioca una importanza fondamentale e costituisce un lavoro di consapevolezza di sé. La preparazione del pasto deve essere paragonata ad un'attività sacra. Si deve cucinare con le energie giuste, masticare bene il cibo e respirare profondamente durante la masticazione. Il secondo tipo di nutrimento è la respirazione corretta che genera un adeguato apporto di ossigeno ai tessuti e agli organi. Il terzo tipo di nutrimento sono le impressioni che riceviamo attraverso film, letture, musica, ecc. Questo è il nutrimento più sottile, quello che determina maggiormente il livello d’Essere di un individuo.

Nella fase iniziale il sistema che funziona, poi questo sistema diventa il sistema e viene identificato con la conoscenza, nella fase finale spesso si perde di vista a cosa mirava il sistema e l’obiettivo diventa la perpetuazione del sistema, e non il raggiungimento della conoscenza e della verità.

Il processo evolutivo dalla Vita alla Via consiste nell’acquisizione della disciplina necessaria e un graduale processo di rinuncia alle nostre identificazioni. Meno si è identificati ma non disinteressati, intorno a qualcosa, più si riesce ad imparare dalla situazione. Non bisogna confondere il piano mentale dal piano intellettuale, essere esperti, eruditi, raffinati nelle argomentazioni non significa nulla sul piano spirituale. È necessaria una certa polarizzazione mentale,  espressione per indicare il superamento di un certo livello emotivo e l’acquisizione di un certo distacco psichico. Un altro aspetto importante dell’imparare ad imparare è che il ricercatore deve rinunciare alla propria libertà. L’uomo teme di perdere una parte essenziale di se stesso se rinuncia alle sue opinioni, alle sue scelte, alle sue abitudini, e così via; finché non comprende che in tutto questo di suo c’è ben poco. Senza sacrificio nulla può essere raggiunto, anche se si deve sacrificare solo ciò che immaginiamo di avere e che non possediamo affatto.

Spesso ci mettiamo in relazioni che riflettono sempre gli stessi schemi, relazioni che prima ti entusiasmano, poi conflittuali e sofferte, e spesso si concludono con una rottura. Perché ci riproponiamo lo stesso copione? Che cosa è che ci spinge ad evitare legami intimi, anche se ci sentiamo soli? Non è forse la paura di mettersi in gioco in modo più nuovo e creativo, ed evitare vecchie e nuove ferite? Sembra strano ma è la sofferenza a tenere legato l’uomo ai suoi vecchi schemi di pensiero, agli atteggiamenti autodistruttivi, alla sua incapacità di imparare e amare. Rinunciare alla sofferenza è un impegno ineludibile lungo la Via, più che la rinuncia al desiderio. Il desiderio fa parte della natura umana, la quale reclama giustamente i sui diritti. Basta semplicemente non identificarsi con i bisogni inferiori. I desideri sul piano spirituale non scompaiono, ma non sono più invasivi, non sono più “bisogni”. Anche il ricercatore avanzato prova desideri, come quello di ammirare un tramonto, di gustare un cibo, di fare l’amore, di meditare, ecc.  Questi desideri vengono e vanno, ma la sua vita non è imprigionata da questi desideri. Non facciamo l’errore ascetico secondo il quale i desideri sono sbagliati! Fanno parte della nostra natura umana, perché negarli? Bisogna solo evitare desideri deviati, ossessivi e malsani … che ci fanno perdere la lucidità necessaria.

Il ricercatore deve non essere schiavo della mentalità ordinaria, pur essendo nel mondo. Significa che deve essere nel mondo e non rinunciare ad esso, ad esempio deve cercare di eccellere nel proprio lavoro, di essere un buon padre, ecc.  La spiritualità non deve essere confusa con un’ascesi alla mortificazione. Non c’è nessun bisogno di rinunciare alla carne, alla lettura, ai normali impegni sociali, praticare il celibato. Oggi purtroppo il campo della spiritualità è contaminato da occultisti umili e pronti alla sottomissione, da nevrotici e persone che sentono di dover rinnegare il proprio sviluppo intellettuale, emotivo ed affettivo.

L’apice del percorso spirituale consiste nell’impegno concreto e costruttivo nel mondo attraverso una coscienza rinnovata e tale impegno consente il definitivo ingresso dell’uomo nella Via. Operare nel mondo, assistendo e sostenendo gli altri, dedicarsi allo sviluppo degli altri come un moderno Boddhisattva.

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