sabato 11 dicembre 2021

Un viaggio nel XX secolo - Tiziano Terzani

Tiziano Terzani (1938-2004) nel libro La fine è il mio inizio, come padre racconta al figlio il grande viaggio della vita. Questo testo è anche un viaggio nel XX secolo, nelle "società moderne che disumanizzano l’uomo". Terzani si rese conto che "il Progresso è un andare avanti distruggendo e creando sempre qualcosa di nuovo".

Tiziano Terzani, sapendo di essere arrivato alla fine del suo percorso, parla al figlio Folco di cos’è stata la sua vita e di cos’è la vita: «Se hai capito qualcosa lo vuoi lasciare lì in un pacchetto», dice. Così, all’Orsigna, sotto un albero a due passi dalla gompa, la sua casetta in stile tibetano, in uno stato d’animo meraviglioso, racconta di tutta una vita trascorsa a viaggiare per il mondo, alla ricerca della verità. E cercando il senso delle tante cose che ha fatto e delle tante persone che è stato, delinea un affresco delle grandi passioni del proprio tempo. Ai giovani in particolare ricorda l’importanza della fantasia, della curiosità per il diverso e il coraggio di una vita libera, vera, in cui riconoscersi.  Questo libro è un testo unico, che racchiude tutti i suoi libri precedenti, ma anche li precede e li supera. «Se mi chiedi alla fine cosa lascio, lascio un libro che forse potrà aiutare qualcuno a vedere il mondo in modo migliore, a godere di più della propria vita, a vederla in un contesto più grande, come quello che io sento così forte.» 

Terzani affronta la morte (questo momento lui lo chiama lasciare il corpo) con la serenità di chi non lotta più, felice di un’esistenza fortunata, ricca di avventura e amore. Riconosce che a volte i desideri sono una forma di schiavitù.
Terzani racconta: "Il potere mi è sempre stato alieno, La famiglia mi ha trasmesso valori molto forti come l’onestà e la dignità. Si studiava perché ci si sentiva incaricati di una missione, agire sulla società malata, distrutta, ingiusta e provare a cambiarla".

In quel periodo il terzo mondo veniva decolonizzato e c’erano solo due alternative ideologiche: Mao o Gandhi.  Nel 1965 al XX congresso del PCUS Krusciov rivela i crimini di Stalin. Nello stesso periodo c'è la guerra del Vietnam e la liberazione di Cuba da parte di Fidel Castro e Che Guevara.
Terzani inizia a lavorare all’Olivetti, conosce Pasolini, e nel 1967 a New York inizia a studiare cinese. Viene ucciso Che Guevara  e scoppia il maggio francese nel 1968 a Parigi.
Ottiene il tesserino da giornalista professionista ed inizia a lavorare con il giornale tedesco Der Spiegel.
Nel 1971 a 33 anni parte per Singapore, per seguire la guerra in Vietnam e Indocina. Nel 1972 si stabilì a Singapore come base per i suoi servizi giornalistici. Alla fine del 1975 si trasferì con tutta la famiglia a Hong Kong.
Nel 1975 avviene la presa di Saigon, e la riunificazione del Vietnam da parte di Ho Chi Minh.

La forza del giornalismo era la sua indipendenza e Terzani voleva viaggiare per il mondo alla ricerca della verità, che solo dopo molti anni, si rese conto che non esiste.
Sempre nel 1975 i khmer rossi conquistano Phnom Pen in Cambogia.
Il colpo di stato contro Gorbaciov pone fine all'Unione Sovietica e al sogno del comunismo. Il marxismo leninismo è stata l’arma del momento di molti movimenti nazionalisti e indipendentisti dell’Asia, un’arma ideologica che dava disciplina e una struttura di riferimento.  Oggi il riferimento al comunismo è stato sotituito con  l’Islam fondamentalista  di AL Qaeda.  Terzani riconosce nella follia di Mao, Stalin, Pol Pot, una grande ed abberrante logica che manca totalmente al fondamentalismo islamico.
Nel 1978 i vietnamiti entrano in Cambogia e rovesciano i khmer rossi e occupano il Paese.
Terzani, dopo questa disamina storica, conclude che il XX secolo è’ stato un secolo di spaventose delusioni, anche per questo oggi, c’è questo grande disorientamento perchè non c’è più niente a cui attaccarsi minimamente.

Poi Terzani parla della sua esperienza in questi Paesi del Sud-Est asiatico dove ha svolto le funzioni di giornalista. In Cambogia racconta l'uso massiccio dell’oppio che è stata un’esperienza che ha segnato molte persone. In Cina, è  stato tra i primi giornalisti ad intervistare Hua Guofeng il successore di Mao.  Nel libro mette il evidenza il razzismo dei cinesi nei confronti di quelli che non sono della razza Han.  Racconta anche della sua visita del Potala a Lhasa in Tibet.
I viaggiatori, fonte di ispirazione per Terzani sono stati: Harry Franck, Karkgren, Scidmore, Sven Hedin che erano esploratori e gente di grande cultura. Alla base del viaggio c'è il motto : "Bisogna conoscere per trovare".

Terzani parla anche dei libri: "I libri erano i miei migliori compagni di viaggio, Stavano zitti quando volevo che stessero zitti, mi parlavano quando avevo bisogno che mi parlassero. Un compagno di viaggio invece è difficile perché impone la sua presenza, un libro no, tace. Ma è pieno di belle cose".  Tra i libri citati da Terzani troviamo:

  • The Quiet american, l’unico grande romanzo che è stato scritto sulla prima guerra di Indocina.
  • Peking, the city of lingering splendour.
  • My life as explorer - Swen Heidin.

Dopo un viaggio preliminare per Der Spiegel tra fine del 1979 ed i primi giorni del 1980, Terzani riuscì a stabilirsi definitivamente a Pechino come primo corrispondente di un magazine occidentale. Terzani ha fatto studiare i figli nella scuola cinese  per conoscere realmente la Cina, ha imposto loro la Cina. In Cina esisteva la delazione, e si viveva con la paura di essere ascoltati e spiati. L’immagine della Cina eroica, lavoratrice faceva acqua da tutte le parti. Scoprì che la vita dei cinesi in quel periodo è stata un incubo. Mao prende il potere nel 1949 e nel 1966 comincia la rivoluzione culturale.
C’è una natura umana che è individualista, che è egoista e non accetta la limitazione dei propri diritti. Così quelli che credono nel sistema  arrivano alla violenza per reprimere quelli che lo minano. Per questo ci sono stati i massacri di Pol Pot, i gulag sovietici, i campi di lavoro cinesi.
Poi in Cina, nel 1978,  prende il potere Deng Xiaoping che dice Essere ricchi è glorioso e Terzani osserva questi avvenimenti e pone la seguente domanda: "Cinquanta anni di storia e di morti per nullaDeng Xiaoping dopo avere ricoperto ruoli direttivi nel Partito Comunista Cinese a più riprese nell'era di Mao Zedong, divenne leader de facto della Cina dal 1978 al 1992. Era conosciuto come il "capo architetto" della riforma economica cinese.   A partire da Deng Xiaoping  la Cina diventa una brutta imitazione di Hong Kong dove tutti corrono a fare soldi. Saigon  diventerà una città occidentale. Allora a che servono tutte queste rivoluzioni?
La guerra di Mao, forse era più che giusta, ma per arrivare a cosa?
Terzani arriva a dire: "Per me queste rivoluzioni non servono e da qui il passo verso l’unica rivoluzione che serve, quella dentro di te". 
Vedi che le rivoluzioni si alternano e si ripetono in maniera costante, perché al fondo c’è la natura dell’uomo. Se l’uomo non cambia, se l’uomo non fa questo salto di qualità, se l’uomo non rinuncia alla violenza, al dominio della materia, al profitto, tutto si ripete, si ripete, si ripete.
Poi viene arrestato dalla polizia cinese, e poi espulso e si trasferisce in Giappone.
Il Giappone  era molto diverso dalla Cina, il Giappone rappresentava l’aspetto positivo di questo continente, rappresentava l’Asia che ce l’aveva fatta ad uscire dal sottosviluppo e a diventare moderna. Terzani dice: "Venivo dalla civiltà della grandezza della Cina alla cultura del piccolo e del dettaglio in Giappone, dove tutto è raffinato; questa cultura mi angosciava, solo nella morte sentivi la grandezza".
In Giappone si  entra in contatto non con delle persone, ma con il ruolo che svolgevano nella società.
Rendendosi conto che con le loro forze e con le loro tradizioni non sarebbero mai riusciti a resistere all’Occidente, i giapponesi decisero che l’unico modo di sopravvivere era di occidentalizzarsi.
L’imperatore Meiji (1867-1912) persegui con tenacia l’occidentalizzazione, venivano invitati stranieri chiamati yatoi, perché insegnassero a fare le cose all’occidentale, fino a diventare una grande potenza economica e militare.
Si assiste all'allegro suicidio dell’Asia in favore di un modello di sviluppo occidentale per il quale questi Paesi rinunciano al proprio. Abbiamo fatto credere loro che la modernità, può essere solo di tipo occidentale.
Il  Giappone oggi è diventato una società disumanizzata, dove c’è un modo di vivere spaventoso, orari di lavoro inconcepibili nelle fabbriche e nelle aziende.
Le società, le civiltà si valutano non solo per la loro struttura economica, ma soprattutto dal tipo di uomo che producono e dal tipo di vita che gli fanno fare. I piccoli negozi devono lasciare il posto a fabbriche o supermercati, e così sta succedendo anche in Italia.
Terzani racconta: "Lì è cominciata la storia della mia depressione, l’angoscia davanti alla società moderna che disumanizza l’uomo".  La famiglia di Terzani viveva in una piccola casa nella foresta Daigo ai piedi del monte Fuji.
Nel 1990 per Der spiegel si trasferisce a Bangkok per creare un nuovo ufficio da dove seguire le vicende dell’Asia, la situazione in Birmania, la guerra delle tigri Tamil in Sri Lanka. La famiglia Terzani viveva in una piccola casa, dove nel giardino risiedeva una tartaruga gigante, l’ultimo grido di un’Asia che stava scomparendo.
Racconta che ha continuato a viaggiare in Asia nel 1993 con mezzi pubblici, dormire in alberghi che costavano meno di cinque dollari, perché un indovino aveva previsto che sarebbe morto se avesse preso un aereo.  In quel periodo si mise di nuovo a scrivere articoli  e  a raccontare quell’Asia che mi aveva affascinato, quella delle superstizioni, delle storie fantastiche, della tradizione. In questo periodo ha fatto un corso di meditazione con John Coleman, in un ashram dove si mangiava vegetariano,  e si partecipava alle sedute in totale silenzio. Racconta questa esperienza in questo modo: "Nella meditazione il problema, non è stare seduto, ma entrare in una dimensione interiore in cui senti che le cose non sono come appaiono, che c’è un altro livello.  Concentrandoti e lasciando fuori tutto quello che è fuori,  piano piano rimane ed emerge questo nucleo vuoto, che sei tu. Quel tu,  che è parte di questa cosa, che non è nemmeno l’umanità, è il cosmo. E quando cominci a vederle così, le cose cambiano".
Nel 1994 con la scrittura del libro Un indovino mi disse Terzani comincia a staccarsi dal giornalismo.
Ancora Terzani racconta: "Non ho mai avuto un grande amico nel senso dell’amicizia come sponda e rifugio, ho avuto molti compagni di gioco e di viaggio, ma non delle vere presenze che avevano un grande valore nell’economia della mia esistenza".
"Tua madre era il contrario di tutto quello che erano le altre. Eravamo orgogliosi, perché sapevamo di avere qualcosa che i soldi non comprano ed era la cultura. Tua madre è stata quella che il grande poeta bengalese descrive come il palo al quale l’elefante si fa legare con un filo di seta. E’ stata il grande punto fermo della mia vita. Non l’ho mai messa in dubbio. E’ stata una grande compagna, compagna di viaggio, una grande amica, consigliera, partner di tutto".
"Ci sono tre cose importanti nella mia vita: l’Orsigna, Der Spiegel e la mamma"
.
Terzani in questo periodo è stato anche nel Nepal, nella regione del Mustang, che era una isolata regione, alle pendici dell'Himalaya, dove è andato a cavallo fino a Lomantang la capitale.
Durante questi anni si rese conto che "il Progresso è un andare avanti distruggendo e creando sempre qualcosa di nuovo".   La testa di ponte per lo sbarco della modernità è spesso la medicina. Anche lo stesso giornalista, mette in moto quel processo di modernizzazione di quei posti semplicemente andandoci, con giacca a vento ed  occhiali da sole, che diventano un'aspirazione per le persone.
In Asia oggi resta solo la Birmania attaccata alle tradizioni, se Aung Suu Kyi prenderà il potere, con la democrazia, la Birmania diventerà come la Thailandia, piena di bordelli, grattacieli, coca cola e jeans.
In Cina adesso hanno tutti la cintura di Pierre Cardin, i cinesi che avevano scoperto  che, secondo il Taoismo, non bisognava mai legarsi niente attorno alla pancia perché ferma il Qi, l’energia vitale.
Con il progresso eliminiamo la diversità che è il fondamento della vita. Adesso i tedeschi vengono in elicottero per visitare il Mustang.
Come dicono i sadhu, "se non vai a piedi dove vuoi andare, non vedrai quello che vuoi trovare".
Se guardiamo oggi la nostra vita, ci accorgiamo che non è più felice di quella degli uomini del Mustang.
Dov’è la via di mezzo allora?
Oggi la società contemporanea è caratterizzata dalla mancanza di eroi, la mancanza di grandi uomini. Non ci sono più figure come Madre Teresa, Albert Schweitzer,  pianista e filosofo, a 40 anni si mette a studiare medicina per andare ad aprire un’ospedale in Africa, o Bernard Russel.
Restano pochi esempi di una vita misteriosa.  Come quel vecchio che Terzani ha incontrato in cima all’Himalaya, che con un tocco magico ti permetteva di intravedere per un attimo quello che non hai mai visto. E una volta che l’hai visto non puoi più vivere normalmente.

Oggi qualsiasi idea, se si istituzionalizza si incancrenisce. L’idea del socialismo era semplice: creare una società in cui non ci fossero padroni che controllano i mezzi di produzione con i quali impongono la schiavitù alla gente.  Il comunismo ha invece tentato di istituzionalizzare l’aspirazione socialista creando istituzioni e controlli.
Speriamo che l’idea del socialismo sopravviverà a questo periodo egoista e capitalista.
Poi Terzani parla della sua Himalaya, dell'Orsigna in Toscana, l’abetone dei poveri, dove passava le vacanze quando era bambino e dove ha deciso di finire i suoi giorni.  Tutti i posti all’Orsigna hanno una storia magica, come in India o Tibet dove ogni sasso è un dio, e su ogni pietra trovi un’iscrizione.
Racconta: "trovo bello finire il mio viaggio in questo posto dove a suo modo con la magia ha qualcosa a che vedere".  "Questo mondo è una meraviglia. E se riesci a sentirti parte di questa meraviglia, cosa vuoi di più.
Io ho sempre cercato un altro punto di vista, Viviamo delle vite troppo di corsa, troppo piene di stimoli, continuamente distratti dal lavoro, dal telefono, televisione, giornali, da quelli che ci vengono a trovare.
Sei tu che devi decidere se andare a mangiare la pizza o portare il bambino a vedere le lucciole
".

Ha festeggiato il  40 compleanno in India dove era andato a mettere i semi della sua vita futura in quel mistico Paese.  E in questa parte del libro comincia a parlare dell'India.
Il vecchio con cui ho vissuto alle pendici dell'Himalaya diceva: "voi i rishi li avete dimenticati e ne avete fatto dei libri, noi li viviamo". In Occidente non trovi più persone con quell’ampiezza di vedute sull’universo e il tempo. Un giorno a Delhi, davanti al Sai Baba mandir usciva un bell’indiano con i baffi, forse avvocato o ingegnere, con una grande collana di fiori arancioni appesa al collo, e mi passò accanto, mormorando qualche mantra. Ma con un sorriso così sereno, così beato che pensai: "quello sa qualcosa che noi non sappiamo". "Ecco il senso di stare in India, e i miei anni seguenti li ho dedicati a scoprire cosa sapeva quel tale".
Charan Das il sadhu americano, mi ha portato nella piana di Kurukshetra ad assistere al Kumba Mela, in questo posto c’erano migliaia di sadhu ed ognuno con il suo tridente segnava il proprio territorio, migliaia di pazzi scatenati che mi sono sembrati una sorta di garanzia che l’India non diventerà mai un Paese come gli altri. Una società che si inchina ai loro piedi non diventerà mai completamente materialista.
Nel suo libro Terzani parla del grande scrittore francese Romain Rolland che si mette a fare il biografo di Vivekananda e del giovane Gandhi, che mangiava una ciotola di riso al giorno, e quando si ammalava invece di prendere medicine faceva il digiuno.

Ppi Terzani comincia a fare una serie di riflessioni personali profonde sulla società contemporanea, che ho veramente apprezzato.  Qui di seguito riporto le sue riflessioni.
Cos’è la vera civiltà? La civiltà nasce da un tipo di comportamento che indica all’uomo il sentiero del dovere e l’osservanza della moralità. Raggiungere la moralità significa raggiungere la padronanza della nostra mente e delle nostre passioni.
Gandhi non voleva il progresso di tipo occidentale che è misurato dal numero di abiti, e quanto velocemente ci si sposa, ma basava tutto sul villaggio e la comunità, dove c’è condivisione. L’educazione dovrebbe iniziare con l’insegnare il valore della non violenza. Occorre un grande ripensamento, un grande risveglio in Occidente.   
L’uomo è una strana creatura, la più distruttiva che sia mai comparsa sulla faccia della terra. É arrivato sulla luna, ha allungato la sua vita, ma non ha fatto nessun progresso dal punto di vista spirituale. Come dice Aurobindo l’uomo deve fare un altro passo.
Krishnamurti amava ripetere: "la conoscenza è il nostro più grande limite, bisogna liberarsi della conoscenza".    L’inizio del processo spirituale è il silenzio, dobbiamo gioire del silenzio, oggi il silenzio non esiste più. L’uomo ha perso la sua connessione cosmica. La Bhagavad Gita, il vangelo degli indiani, incita a fare il proprio dovere, il destino del mondo non è nelle nostre mani.

Terzani dice "Vedo un grande caos e una de-civilizzazione dell’umanità irreversibile. L’uomo ha una natura assassina, Come fallì la Lega delle Nazioni ora falliscono le Nazioni Unite".  Solo l’uomo a contatto con la natura è un vero uomo.  "Oggi gli uomini sono distratti dalle distrazioni che li distraggono" (T.S. Elliot). Gli uomini non si chiedono chi sono, Gli pare di essere il vestito di Armani o la motocicletta.  Un sadhu mi diceva che 98 pensieri dei 100 che una persona occidentale ha, li ha già avuti.  Poi parla della sua malattia e del  percorso spirituale che aveva intrapreso quando aveva capito che non avreeeb superato la malattia.   

Anche qui le riflessioni di Terzani mi hanno veramente toccato. 
Ho avuto due grandi regali: la pensione e il cancro, mi sono arrivati nello stesso momento. E’ allora che ho mollato il mondo e sono andato a vivere in un ashram con uno swami, anche se non potevo essere uno dei  suoi seguaci che gli toccavano i piedi al mattino, per ricaricarsi delle sue energie. Nel mio percorso spirituale ero sempre in mezzo al guado, non capace di tornare indietro, facevo qualche passo avanti, ma non riuscivo ad arrivare all’altra sponda e dire: "Ecco adesso sono uno di voi".
Ho chiesto al vecchio swami presso il quale ero in ritiro: Come fa  a dedicare tanto del suo tempo alle persone? Il vecchio saggio mi rispose:  "Il mio tempo è tempo degli altri, il tempo per me non ha più valore". Anche lui sapeva qualcosa, come l'ingegnere con la collana di fiori arancioni incontrato fuori dal tempio.
L’identità fisica e psicologica è limitativa, non puoi essere nient’altro. Tutte queste maschere che metti alla fine ti soffocano. Hai la sensazione che non ti tocca più nulla, perché non sei più una di quelle  maschere. Poi lentamente ti allontani dal percorso ordinario per diventare Anam, il senzanome. Senza storia, senza passato.  Anam era il nome dato a Terzani dal vecchio saggio,  presso il quale stava facendo un ritiro spirituale.
La verità che i saggi hanno capito, è che non c’è permanenza; Tutto è impermanente.
Però non posso fare quell’ultimo passo, di scomparire nelle montagne, perché non sono illuminato, e sono uno sempre in mezzo al guado. Non potrei mai fare il guru, il profeta, io sono uno semplice, uno di Monticelli.
Riporta una scena di un film con Charlie Chaplin: quando cade da un camion una bandiera rossa, lui corre dietro al camion per restituirla e dietro di lui corre la folla; questa è l’unica possibilità che ho di guidare una folla.
L’India è il posto dove uno può imparare a morire. L’illuminazione è un illusione, che però ti tiene in riga, ti dà una speranza; è quel viaggio, quell’aspirare a una visione diversa del mondo.
La folgorazione d’immenso tocca a molti, in quell’attimo pensi di aver capito tutto. Forse vedevo la realtà per la prima volta, come un vuoto di luce.
Cosa può esserci di più interiore dell’accettare la morte? Ancora più completo è l’integrare il male con il bene, la morte con la vita. Se lo hai capito non soltanto con la testa, se davvero riesci a integrarli, allora hai sentito col cuore, con l’intuizione, la quintessenza dell’universo.
Forse l’illuminazione è proprio guardare il mondo così com’è e vederlo come perfetto.
Anche nella mia aspirazione a un uomo migliore, più spirituale, c’è desiderio, c’è divenire.

Nel 2000 sono  arrivato a quell'eremo sul crinale sull’Himalaya ed dopo tre mesi ero un altro. Mi stavo distaccando da tutto, non volevo vedere nessuno, avevo questo immenso oceano di pace davanti a me. La natura dell’Himalaya ha agito in parallelo con il vecchio. Quei tre mesi in ritiro in una casetta in Himalaya con il vecchio saggio furono magici, mi rovesciarono come un guanto. Tutto mi apparve in un’altra luce, tutto cominciò ad avere un altro significato. Il vecchio è stato anche crudele a volte, e mi diceva: Il giorno che riuscirò a rompere il tuo ego, il puzzo arriverà fino al cielo. 
Abbandona tutto, abbandona tutto quello che conosci, abbandona, abbandona, abbandona, E non aver paura di rimanere senza niente, perché alla fine quel niente è quello che ti sostiene.  Contemplando la natura mi sentivo pieno d’immenso, su quel crinale mi ha colpito un maggiolino, da un filo d’erba quel piccolo insetto ha aperto le sue piccole ali verso l’infinito. E allora ho sentito che la mia vita era parte del tutto. 

Il mio ruolo di padre era quello di uno che seminava bei ricordi, che seminava esperienze. Ai figli va lasciata la liberà, libertà e felicità non vanno di pari passo, bisogna studiare per la cultura, non per cercare un lavoro. E' importante essere quello che vuoi, fare una vera vita in cui ti riconosci. E' importante far conoscere ai figli le diversità, ho proposto loro dei viaggi in Asia, li ho portati a conoscere Medici senza Frontiere, C’è tanto volontariato nel mondo, il volontariato toglieva molti giovani occidentali dalla banalità delle loro routine e li coinvolgeva per un certo periodo in un’operazione che cambiava la loro vita.  La cosa più bella che un giovane possa fare è inventarsi un lavoro che corrisponda ai suoi talenti, alle sue aspirazioni, alla sua gioia e senza quella arrendevolezza che sembra così necessaria per sopravvivere. 

Un saggio  mi ha detto: "Cammina e trovi, Se rimani nel conosciuto non scoprirai niente di nuovo. Se hai delle garanzie non sei libero, perché ogni garanzia è una limitazione".  Khrisnamurti diceva "La verità è una terra senza confini".   I sadhu sono l'esempio vivente che è possibile vivere senza attaccamento e senza niente. Ma come si fa a resistere alla trappola di ricerca delle garanzie? Con la rinuncia ai troppi desideri.
Abbiamo paura della morte perché dobbiamo abbandonare tutto quello che conosciamo. Ma se impari prima a rinunciare ai desideri, impari a distaccarti da tutto, non perderai niente quando morirai, perché l’hai già perso.
La sofferenza viene dall’essere attaccato alle cose e alle persone. Il Buddha ha detto:  "se hai una cosa, hai paura di perderla, se non ce l’hai, la vuoi avere".  I Lama tibetani quando sentono arrivare la morte rimangono da soli.
Ho deciso di non rinunciare all’ultimo desiderio che è quello di rimanere con la famiglia. Una decisione che ho preso col disprezzo del vecchio che mi diceva: "Che non ero uno forte se cedevo a questo richiamo". Penso che gli estremisti totali sono sbagliati, la giusta via è quella di mezzo, tra edonismo e ascetismo,  non puoi vivere nell’ascetismo più totale.
Il Buddha quando intraprese la via dell’ascetismo si reso conto che il suo corpo, ridotto in quel modo era diventato un ostacolo alla liberazione.  

Il rapporto con il Divino oggi è scomparso, ed è difficilissimo abbandonare questa cosa così pesante che è l’identità, e vivere qui ed ora, considerando il passato come un semplice  ricordo. Il Dio Krishna dice: "Tutto quello che nasce muore, tutto quello che muore nasce". Sento la fine come un inizio, L’inizio è la mia fine e la fine il mio inizio.
L’immagine che mi viene in mente nell’abbandonare il mio corpo è quella di un monaco zen, che traccia su una carta di riso, con un pennello intriso nella china, un cerchio che si chiude.
I tre mesi da eremita in Himalaya, mi hanno messo in contatto con il senso dell’incredibile impermanenza di tutto, mi hanno fatto accettare quello che l’Asia ha capito da tempo, che non c’è gioia senza dolore, che non c’è piacere senza dispiacere.  Allora ti stacchi, ti allontani, non con indifferenza nei confronti degli altri, che puoi anche amare, ma senza esserne schiavo, perché anche la vita di quelli che ami passa.   Sono stato tante cose, ma alla fine non sono nessuno.
Guardi la bellezza della terra e vedi l’unità di questa, senza più conflitto.

La malattia e la medicina alternativa - Tiziano Terzani

Tiziano Terzani (1938 -2004) in questo testo Un altro giro di giostra, viaggio nel male e nel bene del nostro tempo, racconta gli ultimi anni della sua vita, dopo che gli era stato diagnosticato un tumore allo stomaco.   Vedi link http://www.tizianoterzani.com

 
Viaggiare, è sempre stato per Tiziano Terzani un modo di vivere e così, quando gli viene annunciato che ha un tumore e che la sua vita è in pericolo, mettersi in viaggio alla ricerca di una soluzione è la sua risposta istintiva. 
Dopo aver fatto l’operazione allo stomaco e la radioterapia gli vengono concessi tre mesi (ossia un altro giro di giostra che è la vita) che utilizza per scoprire il mondo delle medicine alternative alla medicina allopatica. Solo che questo è un viaggio diverso da tutti gli altri, e anche il più difficile perché ogni passo, ogni scelta - a volte fra ragione e follia, fra scienza e magia - ha a che fare con la sua sopravvivenza. Alla fine il viaggio esterno alla ricerca di una cura si trasforma in un viaggio interiore, il viaggio di ritorno alle radici divine dell'uomo. Un libro sull'America, un libro sull'India, un libro sulla medicina classica e quella alternativa, un libro sulla ricerca della propria identità.

Terzani nel libro racconta:  Cercavo qualcosa di complementare alla scienza tradizionale. Quello è stato il periodo più divino della mia vita. Mi parve che tutta la mia vita fosse stata come su una giostra, ora passava il controllore e pagavo il dovuto e, se mi andava bene, magari riuscivo a fare … un altro giro di giostra. L’uomo occidentale imboccando l’autostrada della scienza, ha troppo facilmente dimenticato i sentieri della vecchia saggezza. L’aver fiducia nella cura e in chi la somministra è un fattore importantissimo, fondamentale in un processo di guarigione. Questo periodo mi ha fatto ricordare la transitorietà del tutto; nella vecchia Cina, i cinesi per ricordarselo tenevano in casa la loro bara.
I maestri zen la raccontano la transitorietà con la storia dell’uomo, che rincorso da una tigre scivola in un baratro, cadendo nel vuoto il poveretto riesce ad aggrapparsi ad un arbusto, da una parte il vuoto, dall’altra la tigre. In quel momento, tra i sassi vede una bella fragola rossa e fresca, La coglie e … mai una fragola gli parve così dolce come quest’ultima.
Terzani si interroga anche come una malattia può svilupparsi, quali sono i fattori che contribuiscono al suo sviluppo: Che cosa porta quella cellula ad abbandonare la sua funzione vitale per trasformarsi in una tale minaccia alla vita? Che ruolo ho avuto? Noi siamo un corpo ma anche una mente. Purtroppo noi siamo intrappolati in una visione meccanicistica del problema.
Thich Nhat Hahn il Maestro buddhista vietnamita diceva: "la mattina quando vi svegliate fate un sorriso al vostro cuore, al vostro stomaco, ai vostri polmoni e al vostro fegato: Dopo tutto, molto dipende da loro".
Compito dell'essere umano è scoprire il divino nella sofferenza. Terzani racconta la storia del mussulmano che, cacciato dalla moschea, ruzzola giù per la scalinata. Ad ogni scalino in cui picchiava sentiva male, soffriva e pensava a Dio. Ma quando finalmente arrivò in fondo gli dispiacque che non ci fossero più scalini.  Si tratta solo di capire che la vita e la morte sono due aspetti della stessa realtà. Occorre riflettere sul senso della vita, cercando di essere se stessi e sentirne la melodia. Ho sempre trovato convincente l’idea che con una forte volontà si possa essere liberi anche in una prigione, vedi esempio del monaco buddhista Palden Gyatso che ha resistito a 33 anni di torture nelle prigioni cinesi.
Ma in che misura si riesce a essere liberi quando si è prigionieri del proprio corpo? Che rapporto c’è tra corpo e mente?   Cos’è questa benedetta libertà di cui tutti parlano?  Terzano fornisce la risposta tramite una storia vecchia di secoli che circola in Asia: Un suddito chiese: "Sire cosa è la libertà nella vita?" Il re rispose:  "Quante gambe hai?"  " Due."   "Sei capace di stare su una?"  "Certo." L’uomo si mette in piedi su una gamba.    "Bene, ed ora tira su l’altra",      " Come? È impossibile" . il re allora disse: "Vedi, questa è la libertà, sei libero, ma solo di prendere la prima decisione, poi non più".

Per Terzani, la prima tappa di questo percorso alternativo alla medicina ufficiale è stata la meditazione. La prima esperienza fu un corso di meditazione vipassana con John Coleman. Con la meditazione avevo imparato che, per acquietare la mente, la cosa più importante non è resistere ai pensieri che insorgono, ma prenderne coscienza, accettare che ci sono: è più facile che se ne vadano così, piuttosto che cercando di cacciarli. Oggi purtroppo la meditazione ha subito un processo di trivializzazione che fa di ogni cosa l'oggetto di una moda, un prodotto da mettere in vendita. Prima un discepolo doveva seguire e servire il suo Maestro per anni, adesso tutto è diventato istantaneo.            Poi passa alla scienza dell'alimentazione. Il 97% di quel che siamo è quel che mangiamo, se siamo vegetariani occorre mangiare noci, pinoli, mandorle, semi di zucca e girasole. Frutta e verdura sono fibre che aiutano a regolare l’intestino. E' consigliabile cucinare con padelle in ferro per aumentare l'acquisizione di ferro. I bramini più ortodossi mangiano solo quello che hanno cucinato in recipienti che loro stessi hanno lavato. Chi cucina, può mettere nel cibo, una carica negativa che passerà a chi lo mangia.  Scientificamente non si può misurare questa carica, ma non per questo si può dire che la carica è inesistente.
La scienza è relativa, la storia della scienza è tutta una sequenza di verità che si dimostrano presto errori, alla luce di nuovi fatti e di nuove verità.
Poi fa esperienza con il qi gong e la pranoterapia il cui fondatore è stato  Master Choa Kok Sui.  Il qi gong che come il pranayama in India, è l’arte di controllare il proprio respiro e di indirizzarne la forza vitale nelle varie parti del corpo. Un esercizio particolare è quello di stare con le ginocchia leggermente piegate, i piedi separati, in linea con le spalle, e di tenere un’immaginaria palla di energia tra le mani immobili, sospese all’altezza dell’ombelico.
In tutti questi percorsi alternativi ci sono molti ciarlatani. Terzano fa l'esempio di un certo Master Hu che cercava di diventare famoso, e la sua sola moralità era quella del profitto. L'obiettivo era di provare a vendere il bene più richiesto: la speranza. Una consultazione costava 150 dollari.
Era colpa del qi gong se molti occidentali mettevano le loro vite in mano a ciarlatani?  Queste pratiche, se hanno un valore, ce l’hanno se restano difficili, esoteriche, irraggiungibili ai comuni mortali e si conquistano al costo di grandi sacrifici e dedizioni. Una volta che queste pratiche diventano accessibili a tutti perdono il loro significato e la loro eventuale efficacia.

Tutte le antiche civiltà hanno studiato il potere del respiro, e hanno intravisto il rapporto tra il respiro e la mente, e forse l’anima. Gli yogi avendo notato, che molti animali capaci di respirare lentamente come l'elefante e il serpente vivono più a lungo di altri, hanno speso anni ad escogitare specialissimi esercizi intesi a rallentare il ritmo della propria respirazione, prolungando la propria vita. In India il tempo assegnatoci si misura in respiri e non in giorni, in questo contesto, rallentare il ritmo del respiro significa allungarsi la vita.
La decisione di passare questo periodo della malattia da solo, lontano dalla famiglia, riducendo all’essenziale i rapporti umani era stata istintivamente saggia. Che assurda abitudine, questa nostra, di socializzare, conoscere gente, o lavorare … mangiando. Che alternativa avevo, a parte quella di fare o non fare la vittima? Per istinto preferivo non farla.  Tenevo a mente i versi di un monaco zen del secolo scorso :   "Non chiedere di avere una salute perfetta, sarebbe avidità,  fai della sofferenza la tua medicina e non aspettarti una vita senza ostacoli,    senza quel fuoco la tua luce si spegnerebbe,   usa la tempesta per liberarti".
Forse c’era un messaggio segreto nella malattia, m’era venuta perché capissi qualcosa, Arrivai a pensare che quel cancro, inconsciamente, l’avevo voluto io, per uscire dalla routine e rallentare il ritmo delle mie giornate. Per scoprire un altro modo di guardare le cose, fare un’altra vita.
Cercare di scoprire chi ero io, ma quale io? Ero totalmente cambiato anche nel corpo.
Fra i vari esercizi ai cui vengono sottoposti i giovani tibetani a Dharamsala è quello di stabilire dove sta il nostro io, poi il Lama prende un fiore, stacca un petalo dopo l’altro e rimane solo lo stelo, Non è lo stesso per Noi? Noi siamo fatti di tanti pezzi, ognuno dei quali però non ci rappresenta.
Dalla medicina occidentale venivo trattato come un insieme di pezzi, ma mai come unità, ciò mi lasciava perplesso. Mi domandavo se la scienza non era cieca, come i cinque ciechi protagonisti di una storia a cui viene chiesto di descrivere un elefante. Il primo cieco tocca le gambe, è dice che l’elefante è come un tempio, il secondo tocca la proboscide, e dice che è come un serpente, il terzo tocca la pancia e dice che è come una montagna, il quarto tocca un un orecchio e dice che è come un ventaglio, il quinto tocca la coda e dice che è come una frusta.
La scienza si comporta nello stesso modo. Il mondo che ci descrive con i suoi strumenti non è il mondo, è una sua parziale rappresentazione, un'astrazione che in verità non esiste.
La figura di medico che conosce bene non solo la sua materia, ma anche la vita, e che in Occidente non esiste più. Il paziente è un portatore di un male, non una persona inserita in un suo mondo, con o senza famiglia, felice o infelice nel suo lavoro. Per questo sempre più persone si rivolgono alla medicina alternativa, che dà al paziente l'impressione di considerarlo nel suo insieme, reintroducendo nel rapporto medico-malato quell'elemento di mistero e magia.
Il problema è che oggi non ci sono più filtri e controlli, tutti credono di sapere tutto, e purtroppo Internet ha creato quell'ormai diffusissimo sapere a metà, che è la peggiore e la più pericolosa forma di ignoranza: In questo vuoto di vera e onesta conoscenza, persino il buon senso viene meno e ogni ciarlatano finisce per avere buon gioco con la gente. Chiunque venda speranza ha clienti.
Uno degli aspetti interessanti della medicina alternativa è che il paziente deve partecipare al processo di guarigione, che molto dipende da lui, dalla sua volontà. Questo però vuol dire anche che, se qualcosa non funziona, non lo si può imputare alla cura: è lui che non ce l'ha messa tutta. I ciarlatani hanno così una perfetta giustificazione per la loro inefficienza.
Il mio amico Dan Reid diventato esperto di taoismo, buddhismo, di qi gong, ecc, mi ha detto che ero pazzo a essermi messo nelle mani degli assassini in camice bianco.
La vita che uno ha fatto deve aver lasciato qualche traccia nelle sue cellule, e mi chiedevo che se avevo avuto un ruolo a scatenare il cancro, ora potevo avere un ruolo nel metterlo sotto controllo.
Forse c'è davvero qualcosa nelle nostre vite che il senno non capisce, qualcosa che sfugge all'ovvio e che sfugge alla ragione.
L'ultima volta che ho incontrato il Dalai Lama gli chiesi “Santità lei si cura con la medicina tibetana o occidentale?” Lui rispose “Con tutte e due”.
Avevo comunque intuito la possibilità di usare la mente per controllare il corpo e questa mi era parsa un'arte da mettere da parte. Concentrarsi sul respiro, tutto è impermanente, tutto viene e va, anche il dolore. Nelle grandi tradizioni il dolore è visto come una parte della vita.
Milarepa, uno dei grandi yogi, era in grado di trasferire il dolore fuori da sé, eventualmente su un oggetto.
L'Omeopatia mi avrebbe aiutato a ritrovare la forza vitale e l'equilibrio. Malattia in inglese significa disagio, il corpo ha un disagio, i detrattori paragonano l'omeopatia alla magia, spesso noi chiamiamo magia quello che non capiamo.   Spesso anche una frase presa da libri può aiutare qualcuno a migliorare un po' la propria vita, Non è magia questa?
Il segreto che tutti i medici, da Ippocrate in poi, hanno tenuto per sé è il seguente: Il vero medico è quello che abbiamo dentro di noi.
Le goccioline omeopatiche potevano stimolare la mia forza vitale e ridare equilibrio e saggezza al mio sistema immunitario impazzito?
L'omeopatia nasce tra il settecento e l'ottocento come senso di repulsione contro il modo in cui venivano trattati i malati. Nel 1755 Samuel Hahnemann, medico tedesco, mette a punto un metodo la cui base è curare il simile con il simile. In India è nota la storia di Bhima che si salva da un avvelenamento facendosi mordere da un serpente velenoso. Somministrando una piccola quantità di malattia si fanno insorgere i sintomi e con ciò si stimola il corpo a difendersi e a guarire (è la base dei vaccini). Ogni persona reagisce differentemente agli eventi della vita, alla malattia stessa. Da qui deriva la regola dell'omeopatia: occuparsi del malato, dei suoi sintomi, della sua percezione della malattia e non della malattia in sé.  È il paziente ad essere ammalato e non i suoi organi. Nel 1810 Hahnemann scrive che la forza vitale-spirituale anima il corpo materiale, per lui il corpo era molto più di una macchina.
Più è diluita una sostanza, più è efficace grazie alla memoria dell'acqua. I detrattori parlano di effetto placebo. Una persona credendo di venire curata, si cura da sé, Non è questa la prova lampante del potere della mente sulla materia? La diagnosi fa fatta non della malattia, ma del malato.
All’inizio novecento il 20% dei medici americani utilizzavano l'omeopatia, poi dopo vari attacchi l'omeopatia venne relegata tra le non-scienze.
In India arrivò con i missionari tedeschi, Gandhi la definì il sistema più raffinato ed economico e meno violento per trattare i pazienti, e suggeri di adottarla come medicina ufficiale. Nel 1973 l'omeopatia in India è stata riconosciuta come uno dei sistemi ufficiali di medicina. Gandhi suggeri al governo di appoggiarla e diffonderla, oggi 163 università offrono dei corsi di omeopatia.
In Occidente, dove la scienza è diventata una sorta di nuova religione, l'omeopatia ha sofferto dell'impossibilità di dimostrare scientificamente la propria efficacia.
Rupert Sheldrake nell'ashram Shantivanam, tenuto da un padre benedettino nel Tamil Nadu, ha scritto un saggio A new science of life. Esiste una sorta di accumulazione dell'esperienza a distanza, sia di tempo che di spazio, che lui la chiama risonanza morfica. Questo potrebbe essere applicata all'acqua, che avrebbe una memoria e giustificherebbe l'efficacia della medicina omeopatica.

La medicina allopatica americana a cui mi ero affidato era interventista, aggressiva, distruttiva come la civiltà americana. L'America ha sfruttato il resto del mondo e le risorse altrui, ed ha una società basata sul sistema moderno delle caste: i portoricani,i  neri, i latino americani gestiscono tutto ciò che è a terra: spazzatura, gabinetti, bagagli ecc, come gli intoccabili in India. Appena sopra c'è la casta dei falliti, di quelli che non ce l'hanno fatta. Il segreto è che tutti sono convinti di essere liberi e cittadini del migliore dei mondi possibili. Tutto è una questione di prospettiva. Ogni volta che la visione del mondo si rimpiccolisce, i nostri problemi o i nostri mali ci sembrano importantissimi, la nostra morte orribile, impensabile.
Se la visione si allarga e si riesce a vedere il mondo nella sua interezza e magnificenza, il nostro stato, pur penoso che sia, diventa parte di quella vastità, di quell'eterno, naturale arrovellarsi dell'uomo.
L'arte ci cura. Noi non siamo solo quel che mangiamo e l'aria che respiriamo. Siamo anche le storie che abbiamo sentito, le favole con cui ci siamo addormentati da bambini, i libri che abbiamo letto, la musica che abbiamo ascoltato e le emozioni che un quadro, una statua, una poesia, un concerto ci hanno dato.
"La guarigione viene dalle piante, e dal coltello. Da una persona retta e santa e dai mantra che uno canta". Frase di Zarathushtra del VI secolo a.c.    Lo zoroastrismo è una religione al cui centro sta il fuoco, il fuoco che purifica rimanendo sempre puro. Le scritture sacre dello zoroastrismo scomparvero nel 330 a.c. quando Alessandro il Macedone dette alle fiamme la biblioteca di Persepoli, il resto scomparve nel VII secolo d.c. quando gli arabi convertiti all’islam da Maometto diedero fuoco alla Persia. La più grande comunità si trova a Bombay dove si ereggono le torri del silenzio; i morti, dopo i riti funebri vengono lasciati agli avvoltoi.
James S. Lee scrisse il libro The underworld of the East, dove l'uomo scopre l’elisir della vita, e viene presentata la Teoria di Gaia, un grande e complesso essere vivente. L’uomo con la sua avidità non ha alcun rispetto per la terra, e questa si difende contro questo parassita mandandogli contro malattie, terremoti, inondazioni, tifoni e incendi. 

Le erbe sono un mezzo per guarire e un modo per disintossicarmi in modo naturale.
Per i cinesi il ginseng prima di essere coltivato artificialmente era l’essenza della terra in forma umana, un toccasana contro mille mali. Per gli indiani la soma, l’erba dell’immortalità di cui si parla anche nei Veda e che gli yogi usavano per vivere fino a duecento anni, sarebbe stato un rampicante che cresceva al di sopra dei 4000 metri nell’Himalaya, ma purtroppo oggi nessuno la trova più.
In Germania si trattano alcuni tumori con un estratto delle bacche di vischio.
Le piante sono un modo per riprendere il contatto con il divino, purtroppo l’ortodossia religiosa e la scienza hanno represso tutte le fedi animistiche come quelle dei pellirossa d’America ed hanno tagliato i nostri legami con il mondo che ci circonda.

Il Reiki è rappresentato da due ideogrammi che significano energia universale, e fu fondato da un giapponese centocinquanta anni fa.  Partecipai in India a dei corsi di reiki, i corsisti erano occidentali, e persone della classe borghese della nuova India, persone insoddisfatte, in crisi, sole.
Il Reiki oggi cura l’ipertensione e l’insonnia, il principio di fondo è il mantenimento di equilibrio fra i vari elementi del corpo. La terapia si fonda su una dieta vegetariana e i medici si chiamano akim, ce ne sono 50.000 in india.  Il reiki vuole ristabilire l’equilibrio fra i diversi livelli dell’essere fisico, mentale, emotivo e spirituale. In Giappone, nel 1865 nasce Mikao Usui, va in ritiro sul monte Kuram, in meditazione vede arrivare contro di lui una grande palla di luce ed energia che lo colpisce. Quando riprende i sensi ha trovato la risposta, quella è l’energia universale fonte di tutte le guarigioni, e deve essere gestita imponendo le mani. Nel 1926 muore, viene eretta una stele nel tempio Saijoji fuori Tokio. Una sua discepola Hawayo Takata si mette ad insegnare il reiki negli Stati Uniti e da qui si diffonde nel mondo. Tutte le malattie nascono da uno scompenso fisico o emotivo, e come terapia preventiva si consigliano tre abbracci al giorno. Durante la cerimonia della sintonizzazione, il maestro sintonizza le forze che ognuno ha dentro di sé con la forza universale. Mi incuriosiva constatare, che tutto fosse nato in Giappone.       Tutto iniziò con la Setta dei Mahikari, chi ne diventava membro acquisiva il potere di guarire gli altri con l’imposizione delle mani. Oggi tutti possono in pochi giorni acquisire questo potere indipendentemente dalle loro qualità psichiche e morali. Mikao Usui nonostante la stele a lui dedicata forse non è mai esistito.
I saggi taoisti dicono che solo un uomo di grande spiritualità e di animo puro poteva avere questo tocco magico; se l’uomo sbagliato usa i mezzi giusti, i mezzi giusti agiscono in modo sbagliato.

Terzani, poi conosce l'ayurveda attraverso il medico ayurvedico Visakhapatnam che operava nel golfo del Bengala. Ammalato, si era curato con l’ayuerveda ed era diventato un guaritore. Da poco era diventato bramacharya, aveva preso il voto di castità, era convinto che negli shastra, le antiche scritture sacre, c’era l’interpretazione di tutti i fenomeni dell’universo.
Esisteva un mondo, tenuto assieme da fili che non erano quelli dell’efficienza, un mondo di vecchi bramini pii ed ortodossi, la cui unica attività era quella di celebrare con regolarità e precisione gli immutabili riti. Per l’ayurveda tutto è interdipendente, tutto è parte di una totalità indivisibile e l’uomo, essendo non solo corpo ma anche mente ed anima, non può essere curato, quando si ammala, solo nella parte fisica.
Fisica e metafisica nella visione indiana si integrano, e l’astrologia è la più antica di tutte le scienze e resta parte della scienza medica.
Ayuh in sanscrito è il periodo che intercorre tra la vita e la morte, veda significa conoscenza. Ayurveda è la scienza della vita, il congiungere le mani per salutarsi significa anche trasmissione di energia. Toccare i piedi di qualcuno serve a caricarsi della sua energia, nell'ayurveda si instaura un rapporto tra suoni sacri e salute, fra piante e pianeti.
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Quello che di buono c’era nella medicina tibetana, veniva dall’ayurveda. Anche Heinrich Harrer di Sette anni in Tibet non ha una sola buona parola sulla medicina tibetana. Lo stesso Dalai Lama intervistato ha dichiarato che si curava anche con la medicina allopatica.
Alcuni esempi: Se il paziente entra nella stanza del medico con il piede sinistro la cura avrà effetto. I polsi da auscultare per ogni braccio sono sei, ecc-                                                                              Comunque l’interesse per la medicina tibetana è cresciuto in Occidente di pari passo con la simpatia per la causa tibetana. Il Dalai Lama dice: "L’Occidente è pronto a finanziare tutto quello che ha a che fare con il Tibet, ma non ad aiutare noi tibetani a riconquistare il nostro Tibet."  Dharamsala, la sede del governo tibetano in esilio, oggi è diventata una piccola Disneyland.
Il Karmapa fuggito dalla Cina e possibile successore del Dalai Lama, è la trentesima reincarnazione di un grande maestro. La reincarnazione è il modo più sicuro per mantenere la qualità di una dinastia ed è quello di andare a scegliere come erede del defunto un bambino brillante. La medicina tibetana è per la mente e per l’anima. L’ayurveda è arrivata in Tibet con i monaci buddhisti, poi ha recepito e integrato gli elementi essenziali del Bon, la vecchia fede animistica locale,
La medicina si staccò dalla sua origine indiano-scientifica per diventare sempre più tibetano-religiosa. Il buddhismo si impossessò di tutto, compreso il potere politico, i Lama furono i soli a diventare medici. L’ignoranza dell’io causa la sofferenza, causa i tre veleni della mente: desiderio, rabbia e ottusità che scatenano le malattie del corpo. Solo una continua moralità e meditazione può condurre alla liberazione da ogni male. Il Buddha può essere considerato il fondatore della medicina. Seguire il dharma, la Via, è la sola vera cura di tutti i mali.   Nella medicina tibetana non c’è differenza tra religione e medicina, la malattia è un disordine che nasce nella mente molto prima che nel corpo. La terapia per i tibetani è soprattutto spirituale e consiste essenzialmente nel recitare i mantra.
I tibetani hanno trasferito in contenitori buddhisti i concetti fondamentali dell’ayurveda.
I tre veleni della mente sono associati ai tre diversi tipi di costituzione individuale vata, pitta, e kafa,
Le quattro fasi della pratica ayurveda caratterizzate da: diagnosi, causa, prognosi e trattamento sono associate alle quattro nobili verità: tutto è sofferenza, la causa della sofferenza è nelle passioni, si può mettere fine alla sofferenza, per uscire dalla sofferenza è necessario prendere la Via dell'ottuplice sentiero.
La medicina tibetana ha le stesse otto sezioni della medicina ayurvedica: malattie del corpo, dei bambini, delle donne, provocate dagli spiriti, ferite da armi, avvelenamento, ringiovanimento, fertilità e afrodisiaci.
Tra le varie manifestazioni del Buddha è stato aggiunto quella del Sanghye Men La, il Buddha della medicina, a cui attribuiscono la stesura dei testi sacri, i Gyu Shi, i quattro Tantra, (che invece sono traduzioni dei testi indiani) e il potere di guarire. Questo Buddha ha il corpo dipinto di blu ed è rappresentato nella posizione del loto, coperto da una veste dorata di fronte ad un vassoi di frutti, tra cui l’arura il frutto della perfetta salute. Un frutto che tornerà a crescere quando il nuovo Buddha verrà sulla terra.
Il qi gong è un ottimo sistema per prevenire tantissime malattie, il potere terapeutico del qi gong è dovuto all’ossigenazione del corpo creata dagli esercizi. Nel 1931 Otto Warburg aveva ricevuto il premio Nobel per aver scoperto che le cellule cancerogene ammalate erano, al tempo stesso, affette da una grave mancanza di ossigeno.
Storia zen. Un vecchio monaco stava per morire, si mette a letto e annuncia che entro la sera se ne andrà, tutti i discepoli accorrono al capezzale, solo il più devoto va al mercato ed acquista il dolce preferito del monaco. Si mette a correre per arrivare in tempo, si affaccia alla porta e il monaco apre gli occhi e gli dice: "Finalmente, e il dolce dov’è?"  Ne prende un pezzetto e si mette a mangiarlo con grande gusto. Gli altri chiedono Maestro quale è il tuo ultimo insegnamento? Il Maestro sorride: "Questo dolce è squisito", dice lento soppesando le parole.  La sua ultima lezione è semplice: vivete ora, vivete nel momento, il futuro non esiste.

Ero un realista e basta? O ero in mezzo al guado? Da un lato, convinto che il realismo della ragione non mi bastava più, dall’altro con la paura che spiritualità e misticismo fossero concetti ambigui. Dovevo vincere la mia arroganza, quel senso che questa roba non è per me. Non ero riuscito a scrollarmi di dosso i pregiudizi dell’intelletto che giudica. Una volta accettata l’idea che la morte è parte della nostra vita, si ha l’impressione che nessuno possa avere potere su di noi.                                Storia giapponese. Una giovane guardia del corpo dell’imperatore vuole imparare a combattere con il katana, la spada del samurai, va da un maestro e gli chiede di insegnargli questa nobile arte, il maestro scambia alcuni colpi con il giovane e vede che il giovane risponde colpo su colpo e gli chiede: "In quale scuola sei stato?" Il giovane risponde " In nessuna", "Impossibile tu hai già studiato con qualcuno",  "No, no, ho imparato da solo, da quando sono con l’imperatore mi sono esercitato da solo a non aver paura della morte",   "Ah, ecco, quale è la tua scuola" esclama il vecchio maestro.

Il maestro yoga a San Francisco. Ramananda, era stato allievo di Iyengar, mi parlò del rapporto tra guru e discepolo, il discepolo deve arrendersi, abbandonarsi completamente al Guru. Ramananda credeva nella perseveranza e nella forza di volontà. Tutto sta nel liberare la mente dalla schiavitù delle verità scientifiche che la condizionano. Distenditi, vuota la mente di tutto quello che la occupa, rilassa i muscoli, sciogli tutti i nodi, respira profondamente, il tuo respiro spazza via tutte le impurità, resta lì senza fare niente, senza pensare a nulla, sciogli il groppo che hai in gola per qualcosa che non sei riuscito a fare.   I significativi miglioramenti di un signore semi-paralizzato che Ramananda stava seguendo, mi convinsero sempre di più dello straordinario potere della mente di agire sulla materia. 

Ad Hong Kong, un miliardario cinese sembrava avesse trovato prima di morire una cura contro il cancro, dall’estratto di un fungo, lo yun zhi, il fungo delle nuvole. L’estratto era un coadiuvante alla cura.  Qui veniva praticato il Falun Gong, che vuol dire assimilare le caratteristiche del mondo per entrare in armonia con la legge dell’universo. Il Falun Gong è stato fondato da Li Hongzhi nel nord est della Cina, ed consiste in esercizi simili al qi gong, mani sopra la testa, poi all’altezza degli occhi, poi davanti alla pancia a reggere l’immaginaria palla di energia cosmica.
Li si inspirava al testo sacro della setta del fiore d’oro, che era stata distrutta nel 1891 dal governo imperiale di Pechino. Li poi scappò nel 1996 in America.

Derisanamscope è il posto in cui abitava il dottor L. Mahadevan, il giovane medico ayurvedico conosciuto all’ashram. Quel posto faceva parte dell’India genuina, semplice e intatta.
Il medico ayurvedico durante la consultazione sentiva il polso, alle donne quello di sinistra, agli uomini quello di destra. l’ayurveda è una medicina diversa da quella occidentale, con basi filosofiche diverse, lo strumento di conoscenza sono gli shastra, le scritture sacre lasciateci dai rishi. Noi umani siamo microcosmi niente affatto separati dal macrocosmo, sottoposti alle stesse leggi cosmiche. Perchè una malattia colpisce una persona piuttosto che un’altra, la causa è la differenza dei geni? La causa ultima è il karma. La medicina moderna comincia e finisce nel corpo fisico, l’ayurveda va oltre il corpo. Gli shastra parlano di terapie a livello fisico, psicologico e spirituale. Le tre vanno di pari passo. Curarsi vuol dire purificare la propria mente e usarla per sostenere il processo di guarigione, Prevenire la malattia con il corpo in armonia e la mente in pace.
L’ayurveda non cura le malattie ma le persone, la persona è sana quando è in stato di swasta, quando tutti gli elementi vitali, il fuoco e le funzioni sono in equilibrio; quando le escrezioni sono regolari, quando la mente, i sensi e l’anima sono tranquilli. Swasta significa armonia, stabilità nella realizzazione del sé. Questa è la vera salute.
Se devi fare il tuo dovere nel mondo, se vuoi arricchirti, se vuoi godere dei piaceri sensuali, o se vuoi conoscere il sé, sempre il tuo corpo deve essere sano.
L’ayurveda deve decidere quale è il modello costituzionale della persona.
Tutto l’universo compreso l’uomo è costituito dai 5 elementi: terra, aria, etere, fuoco, acqua.
Nel corpo umano questi elementi si manifestano nel tridosha, i tre principi funzionali vata, pita e kafa.   Etere e aria sono elementi privi di forma e rappresentano nel corpo ciò che è instabile e inquieto: vata; dal fuoco viene pita; dall’acqua e dalla terra viene kafa. Nel corpo uno di questi finisce per prevalere sugli altri, oppure due insieme prevalgono sull’altro. Quell’elemento predominante è importantissimo nel determinare il modello costituzionale.

  • Una persona vata è magra, non ha grasso, ha pochi capelli, secchi e forforosi, lunghe estremità, sistema immunitario debole. Instabile, inquieta, non sta mai ferma, è indecisa, ha difficoltà a dormire, parla molto, non tollera il freddo.
  • Una persona pitta è piena di energia, calda, oleosa, intellettuale, grande appetito, difficoltà a dormire, suda molto, capelli grigi, irascibile.
  • Kafa è l’opposto di vata, un individuo kafa è grasso, obeso, un perfezionista, calmo, tollerante.

Quando uno di questi elementi prevale rispetto agli altri insorge la malattia. Le cause possono essere una dieta o stile di vita sbagliata, un trauma, un fattore esterno. Le emozioni come il cibo hanno i loro sapori che influenzano i tre elementi. Il dolore è amaro, il desiderio è dolce, la rabbia è piccante, l’ingordigia è salata.  Anche la tradizione medica cinese diceva di fare attenzione alle emozioni; rabbia, paura, odio, gelosia contribuiscono alla cattiva salute; la carità, la gioia, la compassione o come aveva scoperto Norman Cousins le matte risate contribuiscono a stare bene.
Il trattamento ayurvedico consiste nel ristabilire l’equilibrio tra i tre elementi pitta, kafa, vata. La cura è di segno opposto alla personalità: il modo migliore è prevenire le malattie.
I veda stabilivano con estrema precisione le regole di ogni attività, la soluzione per ogni circostanza, attenersi a quel codice di condotta significava garantirsi l’ordine, l’armonia e appunto la salute.
L’ayurveda è divisa in otto sezioni. Più la gente si allontana dalla natura più si ammala.
Secondo i rishi per tenersi in salute bisogna fare una vita giusta.
Possiamo affidarci ad una medicina olistica senza fare una vita olistica? Bere tisane, fare yoga e curarsi con le erbe al trentesimo piano di un grattacielo a New York o in un appartamento elegante di Milano? Fare trattamenti di purificazione, i panchakarma a base di oli e massaggi, secondo il principio dello yoga di rafforzare il corpo per dedicarsi meglio alla liberazione.

I guaritori filippini sono maghi, e conoscono abilissimi trucchi, i filippini sono i più latini d’oriente. Padre Jaime Bulatao, ottantenne gesuita, è stato il fondatore della prima facoltà di psicologia delle Filippine. Tutto comincia e finisce nella mente, mente e corpo non sono due entità separate. Come ha creduto Cartesio, mente e corpo sono integrati e la mente controlla la materia. Il nostro corpo ha un suo sistema di autocura, va semplicemente attivato. Occorre uno stimolo che può essere lo yoga, la meditazione, l’imposizione delle mani, la fede, un guaritore, la preghiera.  Per Kierkegaard ci sono due modi per farsi ingannare: uno è credere in qualcosa che non è vero, l’altro è non credere in qualcosa che è vero.
 
Andando in giro a incontrare medici, maghi e maestri avevo capito che era inutile continuare a viaggiare, che la cura delle cure non esiste, e che la sola cosa da fare è vivere il più coscientemente possibile, il più naturalmente possibile, vivere in maniera semplice, mangiando poco, respirando bene, riducendo i propri bisogni, limitando al massimo i consumi, controllando i propri desideri e allargando così i margini della propria libertà.
Vaidya Belendu Prakash, un altro medico la cui fama era cominciato nel 1987 quando era riuscito a curare di leucemia un bambino pakistano di due anni dato per spacciato da un grande ospedale di Londra, nella sua terapia usava esclusivamente metalli. Con un complicatissimo sistema descritto negli antichi libri di ayurveda riduceva i metalli in polvere e li dava da bere ai pazienti. L’alchimia era conosciuta anche nella Cina taoista e in Europa dove si preparavano medicine usando la pietra filosofale.
Aveva preso la Laurea in Ayurveda e conseguito il titolo di Vaidya, dottore. Una malattia come il cancro era per lui uno squilibrio tra i principali metalli essenziali: rame, argento, piombo, oro, ferro, stagno, zinco e mercurio, la terapia consisteva nel ristabilire questo equilibrio nel corpo. I testi ayurvedici relativi al’’uso dei metalli vanno sotto il nome di Rasashastra VIII secolo d.c. dove veniva indicato che il rame aveva proprietà antiinfiammatorie.

Il ritiro sull'Himalaya - Tiziano Terzani

 Tiziano Terzani (1938 -2004) in questo testo Un altro giro di giostra, viaggio nel male e nel bene del nostro tempo, racconta gli ultimi anni della sua vita, dopo che gli era stato diagnosticato un tumore allo stomaco.   Vedi link http://www.tizianoterzani.com

 
Queste righe riportano la parte del libro riguardante il suo ritiro nell'Himalaya ad Almora.

Almora, un posto dove l’India confina con il Tibet e il Nepal, si trova al centro di un triangolo tantrico, ed aveva la fama di posto particolarmente adatto alla meditazione e alla vita spirituale. Aveva attirato anche molti stranieri. Come ad esempio Evan Wentz un teosofo a cui dobbiamo la prima edizione del libro tibetano dei morti e la vita di Milarepa, e Lama Govinda Anagarika.   "Qualcosa è nascosto, vai a cercarlo, vai e guarda dietro ai monti, qualcosa è perso dietro ai monti, vai, è perso ed aspetta te".
Qualcuno mi aveva detto che sul crinale di quelle montagne viveva ancora un Vecchio. Aveva ottant’anni e una memoria formidabile. Era un pittore, aveva bruciato tutti i suoi quadri e si era dedicato a mettere a fuoco la mente, ad andare al di là. Quando incontrai il vecchio gli dissi solo che in tutta la mia vita non avevo fatto che viaggiare e che ora volevo fermarmi. E’ il solo modo per conoscersi, commentò. E disse anche "Il Vedanta è troppo intellettuale ma è un ottimo punto di partenza. La vera conoscenza non viene dai libri, neppure quelli sacri, ma dall’esperienza, il miglior modo per capire la realtà è attraverso i sentimenti, l’intuizione, non attraverso l’intelletto. L’intelletto è limitato".
"Ciò che è fuori è anche dentro, e ciò che non è dentro non è da nessuna parte. Per questo viaggiare non serve, se uno non ha niente dentro, non troverà mai niente fuori, è inutile andare a cercare nel mondo quello che non si riesce a trovare dentro di sé". Mi sentii colpito, aveva ragione.
Stavamo davanti al massiccio di Nanda Devi, una gloriosa natura vivente che mutava sotto i nostri occhi, nella capanna dove vivevo gli inglesi aveva tenuto prigioniero Nehru.
Quando l’allievo è pronto il maestro compare. Lo stesso è vero di un amore, di un posto, di un avvenimento che solo in certe condizioni diventa importante. Inutile cercarne le ragioni, c’è una realtà al di là dei sensi.
Il pellegrino, il pellegrinaggio e il cammino: niente altro che me verso me stesso, Era un viaggio che non si poteva fare in due. Angela mi moglie capì e fu generosissima, mi lasciò partire da solo.
Non volevo morire senza aver capito perché ero vissuto, o molto più semplicemente dovevo trovare dentro di me il seme di una pace che poi avrei potuto far germogliare ovunque. I sanyasin quando lasciano il mondo tagliano tutti i legami, muoiono nei confronti del loro passato, io non volevo arrivare al quel punto, volevo prendere la distanza, per provare quel solitario viaggio di cui sentivo il bisogno. Hima è la neve, alaya dimora delle nevi, quelle montagne sono state il simbolo dell’aspirazione umana al divino. L’Himalaya era la sede di tutti i miti, la fonte della vita e della conoscenza, li nascono tutti i sacri fiumi, lì i rishi concepirono i Veda, lì Vyasa scrisse la Gita e il Mahabharata, bisognava salire su quelle vette per esserne conquistati, le persone che erano lì, non avevano più nulla a cui pensare, tranne che al Sè.
Anche il mio era un allegorico rito di rinuncia al mondo della materia e di iniziazione a quello dello spirito. Il Vecchio raccontava continuamente storie, prese a volte dai Pancatantra. I Pancatantra sono una divertente collezione di storie di animali scritte 1500 anni fa da un eremita per dare a tre figli ignoranti e svogliati di un re alcune fondamentali lezioni di vita e prepararli alla successione. Secondo alcuni, dietro il leggendario autore Vishnu Sharma si nasconderebbe Chanakya, il Macchiavelli indiano autore del trattato Arthashastra, sull’arte del governare.    

Una storia del Pancatantra. una tigre aveva due seguaci, un leopardo e uno sciacallo, ogni volta che la tigre azzannava una preda, mangiava e lasciava i resti agli altri. Un giorno la tigre uccise tre animali, uno grande, uno medio e uno piccolo, e chiese “come li dividiamo?” Semplice, rispose il leopardo, tu prendi il grande, io il medio e lo sciacallo il piccolo. La tigre non disse nulla, ma con una zampata uccise il leopardo, e chiese allo sciacallo di nuovo “come li dividiamo?” Oh, tu prendi il piccolo per colazione, il medio per cena e il grande per pranzo. Dimmi sciacallo da chi hai imparato tanta saggezza?  Dal leopardo Maestà.

Altra storiella dei Pancatantra. Un vecchio leone andava a fare un sonnellino ma era regolarmente disturbato da un topo, il leone non riusciva ad acchiappare quel minuscolo animale. Chiese ad un gatto da fargli da guardiano e in cambio gli avrebbe dato da mangiare, il topo vedendo il gatto non uscì dal suo buco, il leone dormiva tranquillo e il gatto mangiava a sazietà. Un giorno il topo ormai affamato uscì dal suo buco e il gatto senza pensarci due volte lo ammazzò. Da quel giorno il comportamento del leone cambiò, non diede più da mangiare al gatto e non gli parlò più. Il gatto non capiva, ho fatto il mio dovere perché mi tratti così? Misera piccola bestia, sei un servo che non serve più, vattene e lasciami dormire.
Storia di animali per suggerire un fine più alto nella vita. Un'allegoria del messaggio dei Veda.
Un falco un giorno, vede un pesce su uno stagno, lo prende col becco e vola via, una banda di corvi che ha seguito la scena si precipita su di lui e cerca di portargli via il suo boccone, sono in tanti petulanti e rumorosi. Il falco cerca di alzarsi in aria, ma i corvi gli sono addosso, lo attaccano, lo beccano e non gli danno tregua. Quando il falco si accorge che tutto questo succede perché lui resta attaccato alla preda, la lascia andare. I corvi si precipitano verso il pesce e il falco vola via, leggero.
Niente e nessuno può distrarlo più e finalmente può salire, sempre più in alto, verso l’infinito, è libero e in pace.  La verità è senza limiti, è come la bellezza, non può essere imprigionata nelle parole e nelle forme. La verità è senza fine.   Storiella. Un discepolo va dal suo guru e gli dice che vuole la verità più di ogni cosa, il maestro non risponde, lo prende per il collo, lo trascina al vicino torrente e gli tiene la testa sott’acqua finché il poveretto sta per soffocare. All’ultimo momento lo tira fuori. "Allora cos’è che volevi più di ogni cosa quand’eri sott’acqua?"  "L’aria" risponde con un filo di voce. "Bene, quando vorrai la verità come un secondo fa volevi l’aria, sarai pronto ad imparare".   Ero pronto io? Non siamo noi a trovare la verità, è la verità a trovare noi, dobbiamo solo prepararci.

Il Vecchio disse di averla intravista alcune volte per un attimo. Ma quell’attimo gli era bastato per capire che non veniva dalla fede ma dall’esperienza. Non di altri, ma la sua. Era quella certezza a tenerlo legato alla ricerca. Swami Sathyananada gli aveva aperto la testa, Khrisna Prem l’inglese che era diventato sanyasin gli aveva aperto il cuore.
Quella dei libri è conoscenza di seconda mano, conoscenza presa in prestito, non vale un granché.
Il vero capire non avviene con la testa, ma col cuore, con l’esperienza diretta. Lui usava il trucco della candela, restare davanti ad una candela accesa tutti i giorni per almeno 10 minuti. Con il passare del tempo quei 10 minuti erano diventati ore, ma non aveva dimenticato l’importanza di quel primo passo. Prima, devi calmare la tua mente, solo allora potrai ascoltare la Voce che hai dentro di te. Quella voce che ti parla è la voce dell’uomo Cosmico, del Sè.  Sappi che c’è e che quello è il vero Sè. Perché tu e Quello non siete due, Tu sei Quello.
I giorni cominciarono a scorrere, l’uno dopo l’altro in assoluta pace, senza programmi, senza aspettative, senza scadenze tranne quelle del sorgere e tramontare del sole. Ascoltando le nostre esigenze, le esigenze del nostro corpo ci impediamo di vedere il mondo e noi stessi, in modo diverso dal solito. Importante è svuotare la testa dalle nostre conoscenze e ritornare ad essere un foglio bianco su cui poter scrivere qualcosa di completamente nuovo.
Storiella zen: Un colto professore va a trovare un monaco e gli chiede, "dimmi, che cosa è lo zen?"
Il monaco non risponde, lo invita a sedersi, gli mette dinanzi una tazza e comincia a versarci del tè,
la tazza si riempe, ma imperterrito il monaco continua a versare tè, il professore è interdetto, per un po’ non dice nulla, poi vedendo che il monaco continua lo avverte “E’ piena, è piena!”
Già risponde il monaco, "anche tu sei pieno di opinioni e pregiudizi. Come posso dirti che cosa è lo zen se prima non vuoti la tua testa?"
Non ho mai sognato tanto come lassù, mi spurgavo, mi ripulivo, ma nell’intestino profondo della memoria. Usavo il trucco della candela, di fronte a quella piccola fiamma arancione, di notte, chiudevo gli occhi e osservavo con indifferenza, senza intervenire, senza provare a cacciare i pensieri, i ricordi, le immagini. Li osservavo senza identificarmi con loro, come non avessero niente da fare con me, io non ero quei pensieri. Rimanevo nel silenzio, lassù il silenzio diventava suono. Solo nel silenzio è possibile tornare in sintonia con noi stessi.
Una vecchia storia indiana:  Un re va da un famoso rishi nella foresta, e gli chiede: "Dimmi quale è la natura del sé?"   Il vecchio lo guarda e non risponde, il re chiede ancora, ma il rishi resta muto, il re chiede ancora ma non ha una risposta, a questo punto il re si arrabbia e urla “Io chiedo e tu non rispondi!”  "Tre volte ti ho risposto ma tu non stai a sentire", dice calmo il rishi, "La natura del Sè è il silenzio".
Il mistico Ramana Maharshi diceva “Ci sono vari modi di comunicare con qualcuno: toccandolo, parlandogli, ma soprattutto col silenzio”. Il silenzio di Ramana era potentissimo e molti visitatori era sopraffatti dalla sua semplice presenza. Somerset Maugham, lo scrittore inglese entrò nella stanza e svenne, Jung aveva chiesto un appuntamento ma all’ultimo momento decise di non incontrarlo. Forse temette che il semplice silenzio di Ramana facesse crollare la sua teoria sulla psiche.
Il silenzio mi dava momenti di vera esaltazione. Mai come oggi il mondo avrebbe bisogno di maestri di silenzio e mai come oggi ce ne sono pochi. L’altra grande esperienza del mio stare lassù era la natura. C’è qualcosa di intimamente sacro nella natura in cui l’uomo non ha ancora messo le mani per sfruttarla e piegarla ai sui fini.
Per il Vecchio tutto era legato, era convinto che tutto quel che ci succede ha un senso, anche se il più delle volte siamo incapaci di vederlo.
C’è un albero che ha le sue radici in cielo e le fronde vanno verso la terra, quello è l’albero della vita spirituale che parte dalla materia, per risalire al cielo, appunto alle sue radici divine. E’ quella, la vita spirituale che conta. È il primo passo il più difficile, si tratta di staccarsi dalla terra, dalle certezze che abbiamo, si tratta di evitare la trappola dell’intelletto.
Il fine dello yoga è mettersi in contatto con la coscienza cosmica. Una volta che ci riesci non c’è più tempo, non c’è più morte.  Gli indiani svilupparono l’hatha yoga copiando quattro importanti attività degli animali: lo stiramento, la pulizia, la respirazione e il riposo. La vita degli animali e in perfetta sintonia con la natura, la nostra un po' meno. Il Vecchio aveva capito che il divino è ciò in cui coesistono gli opposti: tutto e il contrario di tutto, la bellezza e l’orrore, l’odio e l’amore. E’ tutto lì, non c’è dualità. I rishi ebbero il coraggio di vedere il male come parte di Dio. Anche Kali la dea distruttrice è rappresenta il male dell’universo.

 Per il Vecchio c’era un nesso che legava i vari personaggi di vari millenni e vari continenti come Platone, Gurdjieff, Plotino, Aurobindo, Meister Eckhart, Ramana Maharshi e Krishna Pen. Sono tutti sulla stessa via spirituale e si sono posti la stessa domanda “Chi sono io?”
Incontravo ad Almora molti occidentali che avevano passato anni nei vari ashram dell’India (Osho o altro), quello che mi colpiva da questi incontri era la dipendenza psicologia di quella gente dai loro guru. Valeva la pena di vivere per anni in un ashram, seguire un maestro se non era per liberarsi, ma per diventarne schiavi?                             Il Vecchio mi rispose con una storia.
Un uomo si sveglia una mattina in catene, non sa come togliersele. Per anni cerca qualcuno che lo liberi, poi un giorno passa davanti alla bottega di un fabbro e gli chiede di aiutarlo. Il fabbro con due colpi rompe le catene, l’uomo gli è gratissimo, si mette a lavorare per lui, diventa il suo servo, il suo schiavo, e per il resto della vita rimane … incatenato al fabbro.
Il guru è importante, ti indica la luna, ma guai a confondere il suo dito con la luna. Il guru ti fa vedere la strada, ma quella la devi percorrere tu … da solo.
Il vero guru è quello che sta dentro di te, qui. Non cercare fuori di tè, Tutto quello che potrai trovare fuori è per sua natura mutevole. La sola stabilità che può aiutarti davvero è quella interiore. E i guru che si rendono indispensabili servono il proprio Io e non la ricerca dei propri discepoli.
Quando Buddha sta per morire, circondato dal gruppo ristretto di discepoli in lacrime, Ananda, suo cugino gli chiede “ E ora chi ci guiderà”, il Buddha rispose: "Siate la luce di voi stessi, rifugiatevi nel Sè." 
Il solo viaggio che mi incuriosiva era quello interiore.
La leggenda descrive Lao tzu, il vecchio filosofo cinese in groppa al suo bufalo sotto l’Himalaya, il guardiano del passo Han gli disse che lo avrebbe lasciato passare e scomparire dalla Cina solo a condizione che gli scrivesse i suoi più importanti pensieri. E così sarebbe nato il Tao te Ching che inizia con il famoso verso “Il Tao che può essere descritto non è il vero Tao”.
Chi pratica il Tao non può che essere in pace con se stesso, perché …
Senza uscire dalla porta conosce tutto quel che c’è da conoscere,
senza guardare dalla finestra, vede le vie del cielo,
perché più lontano si va, meno si capisce,
Il saggio arriva senza partire, vede senza guardare, fa senza fare.
Tao in cinese vuol dire la Via, lo stesso significato di dharma dei veda e del buddhismo.

Una mattina mentre mi chinavo a raccogliere un fiore, mi accorsi che l’erba intorno era piena di maggiolini, mi misi ad osservarne uno, scalava i fili d’erba uno dopo l’altro, appoggiato alla punta di un filo d’erba che si piegava sotto il suo peso passava ad un altro filo d’erba, ad un certo punto ha aperto le sue minuscole ali trasparenti e volò via, via in alto, nel cielo verso le montagne, verso l’infinito. Non era quello un miracolo? Non occorre andare a cercare lo straordinario quando l’ordinario, se osservato davvero, ha in sé tanto di sorprendente e di divino.

I koan zen, sono un paradosso con cui la mente razionale non riesce a fare i conti. La storia del più noto koan è questa: un giovane monaco chiede all’abate di poter partecipare alla seduta di meditazione, l'abate gli disse "tu sai ascoltare il suono di due mani che applaudono? Bene, qual’è, allora il suono di una sola mano che applaude? Torna quando avrai la risposta".
Il giovane è perplesso e ogni giorno torna dal maestro con una risposta diversa ma sempre errata, il suono di una goccia d’acqua, il canto di una locusta, il canto di una geisha, ecc …
il giovane monaco soffre, pensa e si dispera per un anno. Ogni giorno ripassa i suoni fino a che un giorno ha un’intuizione, Maestro, ho trovato: "il suono che non ha suoni, è il silenzio".
E’ stato difficilissimo arrivare alla soluzione, il giovane monaco ha dovuto affrontare varie emozioni: la rabbia, la disperazione, l’odio fino ad arrivare alla serenità che ha spinto la mente al di là del solito lineare modo di ragionare. Di pensare diversamente, di non pensare, di vedere finalmente come sono veramente le cose, una sola mano non fa alcun suono.
Io, chi sono? Era il koan dei koan. La risposta dei Veda e Upanishad è stata:  "Tu sei quello", quel che innescava era di dubitare della propria identità. La risposta è senza parole, è nell’immergersi silenzioso dell’Io nel Sè.
Un giorno chiesi al vecchio cosa pensava delle pratiche che tendevano a distruggere il proprio Io,
mi rispose con una storia che raccontava Ramakrishna.
Fuori da un villaggio viveva un terribile serpente che assale e morde chi gli va vicino, e anche da lontano terrorizzava la gente con il suo sibilo. Il villaggio non sa più cosa fare, un giorno passa di lì un sadhu e gli viene chiesto di intervenire, Il sadhu parla gentilmente con il serpente e gli dice “ Devi lasciare in pace quei contadini, non terrorizzarli, fallo per me, smettila.” il serpente si commuove e acconsente. Un anno dopo il sadhu nel suo vagabondaggio ripassa dal villaggio e rivede il serpente, messo veramente male. Tutto il corpo coperto di ferite, sanguina dalla bocca, l’occhio chiuso. "Che ti è successo?" chiede il sadhu. "Le tue parole mi hanno davvero cambiato Maestro, ho fatto esattamente quello che mi hai chiesto, adesso vengono anche i bambini a tirarmi i sassi",  Cretino! Sbotta il sadhu, "non ti ho detto di smettere anche di sibilare". Quello che voleva dire Ramakhrishna è che l’io può essere utile, per stare nel mondo. Un po' di io è indispensabile.

La morte non è negativa, può essere utile, è grazie alla morte che ci poniamo le grandi domande della vita. Nella katha upanishad, il giovane Naciketas va dalla morte e la implora di insegnargli cosa è la verità. E’ la lezione del vedanta, tutto ciò che nasce muore, tutto ciò che muore rinasce, solo il Sè, la coscienza pura, che non è mai nata e che è fuori dal tempo, resta.
La storia su che cosa è Maya. Narada è un seguace fedelissimo di Vishnu, e gli chiede la differenza tra il mondo dell’illusione maya e la verità, Vishnu lo manda a prendere un bicchiere d’acqua al fiume, Narada arriva ad un villaggio, incontra una ragazza bellissima e se innamora, fanno dei figli, passano dodici anni ed arriva un uragano sul villaggio. Il fiume straripa, le case vengono trascinate via, ed uno dopo l’altro la moglie e i figli vengono trascinati via, lui sta lottando di salvare il più piccolo ed invoca Vishnu, ti prego signore aiutami, e subito tra i tuoni e i lampi tuona una voce “e il bicchiere d’acqua?” Il villaggio, la ragazza, i figli tutto questo è maya, fa parte del mutamento, del divenire, in questo modo Vishnu ha fatto capire a Narada la differenza.

Ritornato ad Orsigna, temevo tantissimo il ritorno alla routine del quotidiano, avevo paura di perdermi. I tanti mesi di solitudine era serviti solo a rendermi più insopportabile, non ne era valsa la pena di passare tanto tempo nell'eremo. Dipendere dalla solitudine per essere in pace era una forma di immaturità, ma esserne cosciente non bastava. Nell’Himalaya avevo trovato il silenzio fuori, ma non avevo fatto pace dentro di me. Pensavo solo a ritornare lassù per rimettermi al lavoro.
La goccia che fece traboccare il vaso fu il carrello del supermercato di Maresca, vedevo quella gente che riempiva il carrello e stava in fila per pagare e non ce la feci più, Ero pazzo io o il mondo? Lasciai il carrello e il giorno dopo ripresi l’aereo per Delhi e due giorni dopo ero di nuovo nell’Himalaya.
Chi fa sacrifici e rinuncia ai piaceri del mondo sviluppa, come per compensazione, un senso di superiorità, e se non è in fondo umile, finisce anche per credersi santo.
Gli indiani conoscono bene questo meccanismo e raccontano la storia dello yogi. Dopo anni di dure prove e privazioni uno yogi aveva acquisito i poteri a cui aspirava. Si prepara a lasciare il suo eremo nella foresta quando un uccellino gli fa la popo in testa, lo yogi con uno sguardo lo incenerisce, contento di essere riuscito nel suo intento si avvia verso il villaggio e bussa ad una porta per chiedere da mangiare. Da dentro la casa una voce di donna gli chiede di aspettare, il santone comincia ad irritarsi e quando la donna apre, la guarda male, Ehi, io non sono come quell’uccellino che hai appena incenerito, e lo yogi esterrefatto capisce che ci sono diversi modi per ottenere i poteri.
Angela, mia moglie, senza essersi isolata, senza aver tagliato i ponti con nulla e nessuno, mi sembrava di gran lunga più equilibrata e più in pace di me. Questo non faceva che aumentare la mia frustrazione. La vedevo a volte come un ostacolo, in quarantanni quello fu il momento più duro del nostro rapporto, il fiume non va spinto, scorre da sé, Angela lo aveva capito, mi lascio ripartire senza condizioni, senza scadenze.
Uno degli indovini Rajamanickam di Singapore mi aveva predetto che tra i cinquantanove e i sessantadue anni avrei dovuto affrontare una strettoia nella vita e forse anche un’operazione, ma era stato il solo, gli altri indovini mi avevano dato per longevo.
Riuscire a staccarsi dalle cose del mondo vuol dire diventare indifferenti o solo non esserne schiavi? Io mi sarei riconosciuto solo nel secondo caso.
La storia di Tagore dell’aspirante asceta, un uomo decide di lasciare la famiglia per farsi sannyasin, una notte quando di nascosto sta per partire, getta un ultimo sguardo alla moglie e ai figli addormentati e rivolto a loro chiede: "chi siete voi per tenermi qui incatenato?" Una voce nel buio risponde: "loro sono me, sono Dio", l’uomo non fa attenzione, non ascolta e parte, e a Dio non resta che concludere: "Ecco, uno che per cercarmi mi abbandona".
Non ero fatto per l’ascetismo, la vita era ancora per me qualcosa di meraviglioso, un richiamo forte.
L’11 settembre 2001 fu uno spartiacque nella vita di tutti e anche nella mia. Nella solitudine del cercare me stesso, sentivo qualcosa di profondamente arido, come nell’amore predicato dai sacerdoti. Mi sentivo ancora parte del mondo e volevo cercare di viverci meglio, era il momento di rendere un po’ di quello che avevo preso, accendere una piccola luce affinché il mondo fosse un po’ meno nell’oscurità. Scrissi  Le lettere contro la guerra, dedicato a mio nipote,
Nei tre mesi che rimasi in Pakistan e Afghanistan pensavo alla casa di pietra e al vecchio.
Lo immaginavo sorridere al mio ardore per la causa della non violenza, lo sentivo dire che tutto quello che facevo non serviva a nulla, che questa civiltà non è degna di essere salvata e certo non è correndo qua e là tappando i buchi che si salva una nave che sta per affondare.
Lui era convinto che, l’umanità impegnata solo a perseguire i piaceri dei sensi, era alla vigilia di una grande nevrosi, e vedeva tutto quello che succedeva sulla scala dell’eternità in cui il mondo era nato sette volte e sette volte era stato distrutto.
Anche il mistico Gurdjieff asseriva che sarebbero bastate 200 persone illuminate a cambiare la storia dell’umanità. Meglio cercare di diventare una di quelle.
Sentivo che il vecchio diceva, che l’essere è di gran lunga migliore del fare, ma io pensavo che ci sono momenti nella vita in cui bisogna anche fare per poter essere. In quelle circostanze l’inazione era un’azione che mi pareva immorale. Ritornai a trovare il Vecchio che mi chiese: "Con questo libro che stai scrivendo, lavori per Lui o per te?" Ossia scrivevo perché pensavo di avvicinarmi alla Verità o perché mi piaceva vedere il mio nome nei giornali e avere della gente che veniva ad ascoltarmi?
Sarebbe stato molto meglio se fossi rimasto a scavare in un posto solo, invece d’andare a giro a raccogliere ciottoli credendo che erano pietre preziose.
Il vecchio mi disse: "Finirai per trovarla la Via … se prima hai il coraggio di perderti."
Mi aveva fatto capire che non dovevo dipendere da nessuna idea altrui, da nessun guru, tanto meno da lui e che in ogni cosa dovevo fare io direttamente, sulla mia pelle l’esperienza.
Dovevo mettermi in ascolto della Voce, non farmela riferire da altri. Il motore doveva essere l'Eterno bisogno di sapere come mai siamo al mondo e come entrare in contatto con quello che ci ha messo qui.
In India, le varie risposte sono nella bocca della gente, sono nel loro modo di vivere, ma non occorre andare in India, non occorre andare lontano, fuori di sé per capire: Chi muore davvero di questa sete di sapere, non ha che da riscoprire la fonte, la propria fonte. L’acqua è sempre la stessa.
A che serve stare per ore e ore seduto sui talloni per ore a meditare? Se non si è diventati un po' migliori?
Sul mio rifugio a tremila metri, la contraddizione tra quel che pensavo e quel che facevo non si poneva mai. Ogni episodio potrebbe essere un bene o un male, una fortuna o una sfortuna.
Alla visita di controllo, i medici avevano accertato che il tumore si era diffuso ancora, e mi avevano diagnosticato un anno di vita.
I vecchi maestri sufi consideravano la morte improvvisa una disgrazia, perché impediva loro di prepararcisi e apprezzarla. Nel mondo notavo dei segni di una nuova coscienza, da quella nuova coscienza forse verrà la guida spirituale del futuro.
Bisogna resistere alle tentazioni del benessere e della felicità impacchettata. Dovremmo vivere più naturalmente possibile, desiderare di meno, amare di più e anche i malanni come il mio diminuiranno. Sono andato sul mio eremo himalayano a scrivere questo libro. Se uno vive senza mai chiedersi perché vive, spreca una grande occasione, e solo il dolore spinge a porsi la domanda. Nascere uomini è forse un privilegio.  Importante è capire il significato della vita. Occorre fare l’esperienza per capire.
Gandhi conosceva questa verità e la praticava. Un giorno una madre gli portò suo figlio. Aveva quindici anni e il medico gli aveva ordinato di non mangiare più zucchero altrimenti al sua vita sarebbe stata in pericolo. Il ragazzo continuava a rimpinzarsi di dolci e la madre sperava che Gandhi la potesse aiutare. Gandhi disse “Ora non posso farci niente. Tornate fra una settimana”.
Quando tornarono Gandhi prese da parte il ragazzo e gli parlò, Da allora il ragazzo non toccò più dolci, la madre chiese a Gandhi "Come ha fatto?"  Gandhi rispose: "Semplice, per una settimana io stesso non ho toccato zucchero e così sapevo cosa dire a quel ragazzo".  Il messaggio di Gandhi è: " La mia vita è il mio messaggio".
Sulla strada da Delhi a Almora, c’è un ashram di un grande sadhu di nome Nim Karoli Baba, e molti occidentali sono diventati suoi discepoli fra cui Richard Alpert.
E’ dal continuare a distinguere tra ciò che ci piace e ciò che non ci piace, che nasce la nostra infelicità, solo accettando che tutto è Uno, senza rifiutare nulla riusciremo forse a calmare la nostra mente e acquietare l’angoscia.
Anche io non sono indifferente a quel che mi succede, cerco solo di non esserne schiavo e vorrei davvero arrivare a quel famoso distacco dalle cose. Continuo a fare quello che mi pare giusto fare, senza aspettarmi un risultato, senza sperare in ricompense, senza formulare desideri … tranne quello di arrivare a non avere più bisogno di tempo per me e dedicare quello che mi resta agli altri. Ed è quello che era riuscito a fare lo swami. 

I guru, i libri, le religioni servono a indicarci il cammino, ma l’ultimo pezzo di strada, quella scaletta che conduce al tetto dal quale si vede il mondo o sul quale ci si può distendere e diventare una nuvola, quell’ultimo pezzo del cammino va fatto da soli.
A volte anche una sola parola, un gesto possono bastare a far cambiare direzione a una vita e tanti, specie fra i giovani,  cercano quest’occasione. Vivo con la sensazione che l’universo è straordinario, che niente mai ci succede per caso e che la vita è una continua scoperta. Io sono fortunato perché ora più che mai, ogni giorno è davvero un altro giro di giostra.

Terzani e la società occidentale

 Tiziano Terzani (1938 -2004) in questo testo Un altro giro di giostra, viaggio nel male e nel bene del nostro tempo, racconta gli ultimi anni della sua vita, dopo che gli era stato diagnosticato un tumore allo stomaco.   Vedi link http://www.tizianoterzani.com

 

Terzani in questo testo si pone anche domande sulla nostra civilizzazione, e sul modo di vivere all'occidentale.
Uno studio della London School of economics sulla felicità asseriva che gli americani erano al 46 posto. Quando vivevo a New York, a volte avevo l’impressione che a goderci la bellezza della città eravamo in pochi, gli altri mi parevano impegnati solo a sopravvivere. La maggior parte della gente parlava di soldi, conflitti e di problemi. La vita diventava un continuo proteggersi da qualcuno o da qualcosa. Vedevo intorno una grande infelicità. Da un po’ di tempo si è sviluppata la perversa idea di eliminare le differenze, più le donne sviluppavano muscoli ed arroganza, più gli uomini si facevano impauriti e titubanti. Mi venivano spesso in mente le donne indiane, ancora oggi così femminili, così diversamente sicure di sé, così più donne a quaranta o cinquant’anni che a venti. Mai sole, sempre parte di un contesto familiare, parte di un gruppo, mai abbandonate a se stesse.
Nel Ladakh molte malattie non esistono, le persone vivono all’aria aperta, fanno esercizi fisici camminando e lavorando tutto il giorno, ed hanno una grande pace d’animo. Questa società è descritta da Helena Norberg Hodge nel suo bel libro Futuro arcaico.
Invece la società americana, nonostante le pretese di democraticità, è ancora una società divisa ed ineguale. E’ il prezzo che dobbiamo pagare al progresso, per andare avanti, ma dove? Una società, fatta di gente più mutata di me, e che stava progressivamente impazzendo.
Trovare una cura per il cancro è più facile che trovarne la causa. Così si continua a respirare, a mangiare, a lavorare, a vivere nelle stesse condizioni che, indubbiamente provocano il cancro, ma non si fa nulla per cambiare queste condizioni. Con la scoperta della malattia, io e mia moglie appartenevamo a due mondi completamente diversi, io a quello dei malati.
Il solo pensiero di una persona, la cui esistenza giustifica la propria, è di per sé una medicina che prolunga la vita. La distanza che si crea tra i sani e i malati mette alla prova i rapporti tra le persone, la malattia rompe un ordine.   Tra le storie di malattie, Terzani presenta l'autografia dello scrittore Paul Zweig, che quando si ammala di tumore, la moglie lo abbandona e gli presenta la richiesta di divorzio.

L’Occidente è al momento, il miglior punto di partenza per raggiungere l’illuminazione. Mai, in nessuna parte del mondo, l’uomo è stato così vicino al Nirvana come lo è oggi in America: qui si capisce bene il significato del vuoto, del nulla; siamo nulla, le nostre relazioni umane sono nulla e prendiamo chiunque altro per nulla. Salutiamo chiunque incontriamo: Hei John, Hei Jim. Si certo, siamo calorosissimi nel salutarci, ma in verità non ci importa nulla dell’altro.
La società in cui viviamo è demenziale perché il nocciolo è fatto di puro materialismo, nega quello che noi siamo: i resti di tante vite. C’era una fronda di persone che non accettava la banale materialità del vivere quotidiano, che aspirava ad altro, che, anche assurdamente, cercava altre vie, gente che a suo modo resisteva. Questa ricerca è sfociata nella new age. Il New York center era diventato il supermercato dell’alternativo, proponeva vari corsi, meditazione, ecc.
I sufi, i mistici mussulmani influenzati dal buddhismo e dall’induismo, nei balli dervisci, grazie alle vertigini provocate dal continuo roteare e volteggiare, creerebbero uno stato d’estasi e metterebbero l’uomo in diretto contatto con il divino. Il ruotare è la condizione fondamentale dell’esistenza, intorno all’atomo ruotano protoni e neutroni, nel cosmo ruotano gli astri, i pianeti e le stelle, noi ruotiamo sulla terra.
Il divino mancava anche a me che, fino ad allora, non ne avevo sentito un gran bisogno. 

A New York vedevo nelle palestre decine di uomini e donne che correvano, correvano restando però li dove erano, giovani che correvano a smaltire frustrazioni e grasso, questa immagine sembrava riassumere tutto il senso di quella civiltà: correre, correre, andare per non arrivare da nessuna parte.
Mi ricorda la storia che mi raccontò il fratello del Dalai Lama: nel 1950 una delegazione di tibetani che stavano visitando Londra, con i loro accompagnatori si ritrovarono nella metropolitana, e videro uomini vestiti di nero, una folla accalcata nei corridoi, e nessuno sorrideva:  Il capo della delegazione tibetana pieno di compassione chiese: Cosa possiamo fare per voi?
Adesso forse quei tibetani non esistono più e forse sognano solo di vivere a Londra ma la domanda di fondo resta, “Chi è più primitivo? Noi o loro?
Tutto quel che vedevo a New York mi pareva perverso: una società in cui non si rispetta niente e nessuno, ma in cui tutti credono di essere liberi e di avere diritto a tutto, per finire soli e tristi.
Una vita normale? Era l’ultima cosa che volevo fare, ero convinto che il cancro era legato alla vita che avevo fatto prima. Adesso pensavo diversamente, sentivo diversamente. Il mio rapporto col resto del mondo era ormai diverso.
Quando Terrzani fu ospite di Kofi Annan il segretario delle nazioni unite e di sua moglie, gli chiese di rimettere la moralità avanti alla politica e all’economia. Bisognava che qualcuno parlasse di istanze più alte della propria famiglia, della propria azienda o del proprio paese. Lui era in una posizione unica per farlo. Avevano entrambi 60 anni, e questo è il momento della vita in cui ci si può togliere dalla mischia e si possono guardare le cose dall’alto. Questo è il momento in cui, qualunque sia il suo ruolo, un uomo deve fare quel che è giusto e non quello che gli conviene.

Il senso del viaggiare, l’andare continuamente fuori in cerca di qualcosa era semplice, io non avevo niente dentro di me, ero vuoto. Non avessi viaggiato, non avrei avuto niente da raccontare, niente su cui riflettere. Viaggiare mi esaltava, mi ricaricava, mi dava da pensare, mi faceva vivere.
Il viaggio è considerato anche un mezzo di crescita spirituale, i sadhu, i santi mendicanti, debbono essere come l’acqua e muoversi in continuazione.
Secondo la Terapia regressiva del dottor Brian Weiss, un malanno come il mio di oggi ha le sue radici in qualche trauma subito anni fa.
Forse ero solo stanco, ma il pensiero che fosse venuto anche per me il momento di fermarsi non era più così ripugnante.

L’America ci avvelena con la sua cultura globalizzata dell’ultra materialismo, e l’America ci offre come antidoto la sua controcultura spirituale della new age. A noi tocca consumare o l’uno o l’altro. L’irrazionale, come soluzione allo strapotere della ragione, elimina le ultime tracce di buon senso: E la fine del buon senso è la fine della libertà.
L’unico modo per non farsi consumare dal consumismo, è quello di digiunare, digiunare da qualsiasi cosa che non sia assolutamente indispensabile, digiunare dal comprare il superfluo. L’idea degli economisti che solo consumando si progredisce è pura follia.  Gandhi diceva “La terra ha abbastanza per il bisogno di tutti, ma non per l’ingordigia di tutti”.
Basta rinunciare a una cosa oggi, un’altra domani. Basta ridurre i cosiddetti bisogni di cui presto ci si accorge di non averne affatto bisogno. Questo sarebbe il solo modo di salvarsi. Questa è la vera libertà: non la libertà di scegliere, ma la libertà di essere. Quello di cui abbiamo bisogno oggi è la fantasia per ripensare la nostra vita. Occorre l’ardire di inventare qualcosa di nuovo.
In India nel cinquantesimo anniversario di Gandhi, fu chiesto ai bambini delle scuole elementari Cosa faresti se tu avessi il potere assoluto nel paese?
Le risposte più frequenti furono: “darei casa ai poveri, farei pulire le strade, eliminerei i politici corrotti, pianterei più alberi, ridurrei la popolazione”.
L’Oriente diventava sempre di più una brutta copia di casa nostra e quel tesoro di diversità che ci aveva attratto, stava rapidamente scomparendo soffocato dal progresso.
Solo in India le forze dello spirito sembravano ancora fare quadrato contro quelle della materia. Oriente e Occidente erano state due diverse visioni della vita: una basata sull’esplorazione del mondo interiore, l’altra tutta diretta al dominio del mondo esterno. La speranza era di quella di creare una sinergia tra i due mondi.
Invece la forza materiale della visione occidentale ha travolto quella orientale e l’Asia.

Quale è la situazione del mondo attuale? Il marxismo è stato il Titanic che si è scontrato con un iceberg ed è in poco tempo affondato, i sopravvissuti, nel buio della notte hanno visto le luci scintillanti di un altro transatlantico che passava, hanno nuotato verso quello e si sono salvati. Ora tutti ballano insieme nel salone delle feste al ritmo della stessa orchestra. Ma anche quel transatlantico, il capitalismo, è un Titanic che navigando nello stesso mare, finirà presto per schiantarsi contro un altro iceberg.
Io spero nell’affermarsi di una nuova coscienza. Il grande pericolo del momento è la rinuncia alla speranza.
L’incubo di Confucio si è realizzato: Anche in Cina i mercanti sono al potere ed ora non c’è più alcun rispetto per i sapienti o i sacerdoti. Dalla Cina tradizionale ho preso quello che ho potuto, l’arte del tè, il qi gong, la medicina, l’erboristeria, il taoismo.

Negli Stati Uniti, il centro Commonweal è un centro per malati di cancro. Qui ho partecipato ad un corso avente come fine il ridurre l’angoscia provocata dalla malattia. Ed ho scoperto la differenza tra la cura e la guarigione; la cura è soprattutto fisica e viene da fattori esterni, la guarigione è il processo con cui si ristabilisce l’equilibrio della persona ammalata.
Tutti i partecipanti erano in situazioni personali instabili e segnate da grandi delusioni e conflitti. Con quale metro si misura la ricchezza di avere nella propria vita una persona su cui poter contare, e con cui sarebbe bello invecchiare?
Nella meditazione si cerca di trovare nel silenzio, quello spazio di pace nel quale poterci rifugiare. Un luogo sacro dove infinito e finito si incontrano.
In tutta la vita ho sempre avuto un problema con il Noi, con quel naturale tentativo che l’uomo è solito fare per sentirsi parte di una comunità. Quel Noi mi ha sempre messo in disagio. Provavo la stessa cosa con i partecipanti al ritiro, ma non per arroganza. Non riuscivo a sentirmi parte di quella che Albert Schweitzer, chiamava la comunità di quelli segnati dalla sofferenza.     Non avevo mai pensato seriamente alla morte. Per spiegare la morte Terzani fa ricorso ad un Episodio del Mahabharata. I cinque fratelli Pandava stavano andando a caccia, si fermano esausti, il primo va allo stagno e non ritorna, così il secondo, il terzo, il quarto. Il quinto va allo stagno e trova una cicogna che gli dice, "Se bevi morirai come i tuoi fratelli. Rispondi alla mia domanda. Dimmi quale è l’aspetto più sorprendente della vita?"  Il  giovane Pandava rispose: "Che l’uomo vede la morte mietere innumerevoli vite intorno a sé, ma non pensa mai che la morte verrà anche per lui". Rispose toccando i cadaveri dei suoi fratelli. La risposta è esatta, l’incantesimo è rotto e i suoi fratelli ritornano in vita.

venerdì 10 dicembre 2021

Nobel per la pace a giornalisti ed estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti

Ma molti si chiedono,  e anche il team legale di Assange, "Come possono questi tribunali approvare una richiesta di estradizione in queste condizioni? Come possono accettare un'estradizione nel Paese che ha complottato per uccidere Julian, che montato accuse infondate di stupro, che ha complottato per uccidere un editore a causa di ciò che ha pubblicato?”   Assange è attualmente detenuto nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh a Londra.

Vedi anche articoli precedenti:

Julian Assange - The saga continues

Julian Assange è incarcerato da due anni e mezzo nella prigione di massima sicurezza di Londra che doveva diventare la Guantanamo inglese: Belmarsh. Ha perso la libertà il 7 dicembre 2010: da allora non l’ha più riacquistata. Sono passati 11 anni. Domani mattina ( ottobre 2021) alla High Court di Londra si apre il processo di appello per decidere se Julian Assange verrà estradato negli Stati Uniti, dove rischia una condanna a 175 anni da scontare, in tutta probabilità, nel carcere americano più estremo: l’ADX Florence, in Colorado, dove sono rinchiusi criminali del calibro del re del narcotraffico, El Chapo Guzman.

Il processo che si apre domani a Londra durerà due giorni, ma la sentenza richiederà settimane, se non mesi. Nel gennaio scorso, il giudice inglese Vanessa Baraitser aveva rigettato la richiesta di estradizione delle autorità americane solo ed esclusivamente sulla base delle condizioni di salute del fondatore di WikiLeaks.
Baraitser aveva ritenuto fondato il rischio che, se trasferito in America e rinchiuso in una prigione tanto estrema come l’ADX Florence, sotto il regime speciale di detenzione SAM, caratterizzato da un feroce isolamento, Julian Assange potrebbe suicidarsi. Ma gli Stati Uniti hanno presentato appello contro questa sentenza di primo grado e nell’agosto scorso hanno ottenuto di rimettere in discussione lo stato di salute di Assange e, in particolare, le perizie psichiatriche della difesa che, invece, il giudice Baraitser aveva ritenuto ben fondate.  Nel processo di appello si deciderà su queste argomentazioni dell’accusa e della difesa e, forse, potrebbero giocare un ruolo anche i fatti emersi negli ultimi mesi. Come le rivelazioni di Yahoo! News che, in un’inchiesta basata su trenta fonti interne al governo e all’intelligence degli Stati Uniti, ha fatto emergere come nel 2017 la Cia – allora guidata da Mike Pompeo, nominato da Donald Trump – avesse pianificato di uccidere o anche di rapire Julian Assange e altri giornalisti di WikiLeaks.

Questi tentativi erano già emersi attraverso la deposizione di alcuni testimoni protetti in Spagna, dove è in corso un’indagine da parte dell’autorità giudiziaria, l’Audiencia Nacional, sulla UC Global, l’azienda spagnola che il governo dell’Ecuador aveva arruolato per proteggere la sua ambasciata di Londra, subito dopo che il fondatore di WikiLeaks vi si era rifugiato nel giugno del 2012 e vi era rimasto confinato per sei anni e otto mesi. Assange si era rifugiato all'ambasciato dopo aver pubblicato documenti che hanno permesso di rivelare crimini di guerra, torture, uccisioni stragiudiziali con i droni. Ma mentre i criminali di guerra e i torturatori non hanno fatto una sola ora di prigione, Julian Assange non ha più conosciuto la libertà, dopo averli pubblicati.
E' rimasto nell'ambasciata dell'Equador fino a quando non è stato arrestato dalla polizia inglese per accuse di stupro, poi smentite.
Tutte le principali organizzazioni per la difesa dei diritti umani e della libertà di stampa, da Amnesty International e Human Rights Watch a Reporters Sans Frontières, si oppongono all’estradizione. E proprio ieri il Segretario Generale di Amnesty International, Agnès Callamard, ha chiesto pubblicamente agli Stati Uniti di annullare la richiesta di rinvio a giudizio, di non estradarlo e di consentire il suo rilascio immediato dalla prigione di Belmarsh.

Per Stella Moris, la compagna di Julian Assange,  “C’è stata una grande cospirazione, un piano per tirarlo fuori dall’ambasciata, dove era protetto, e farlo finire in prigione, possibilmente negli Stati Uniti, per il resto della sua vita”.


Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel blog ci sono ci...