mercoledì 13 settembre 2023

Come lo yoga ha conquistato il mondo

Fino alla fine del XX secolo, la scena dello yoga è puramente indiana e asiatica, le pratiche degli yogi e i testi sui quali esse si appoggiano sono di un esoterismo disorientante per gli occidentali. Nonostante questo lo yoga riesce a svilupparsi in Occidente e creare un legame tra l’India depositaria di saggezza, e un Occidente razionale e materialista. Un successo sorprendente, imprevedibile, che si può riportare a due tappe differenti.


La prima mondializzazione dello yoga (1893-1968), gli anni 1890-1930 hanno segnato una svolta con la presenza di Vivekananda al Parlamento delle religioni durante l’esposizione universale di Chicago nel 1893. I primi guru di yoga viaggiano verso l’Ovest per creare delle scuole, negli Stati Uniti, poi in Europa occidentale, vengono a colmare la richiesta di spiritualità alternativa al cristianesimo istituzionale e alla razionalità moderna.  In India, lo hatha yoga è di origine tantrica, dove il lavoro fisico giocava un ruolo secondario, poi si è a poco a poco trasformato in una disciplina posturale ricca e varia. Nella seconda metà del XIX secolo, quando i Britannici misero sotto controllo la società indiana, molti yogi furono le vittime di una forma di persecuzione; nel 1961 durante il primo censimento gli yogi furono classificati come vagabondi diversi, privandoli delle loro risorse.  Anche gli intellettuali indiani che avevano ricevuto un’educazione occidentale nei collegi britannici, in particolare a Calcutta, che fu il luogo di un ricco incontro interculturale, interiorizzarono questa svalutazione dello yoga. Comunque le performance fisiche e le dimostrazioni di poteri sovrannaturali fecero breccia nei cerchi esoterici occidentali. I maestri che si installarono negli Stati Uniti e in Europa negli anni 1920-1940 fondarono il loro successo insegnando uno yoga esigente sul piano posturale, accordando tutto lo spazio al corpo, promettendo la salute fisica e mentale, un stato di benessere durabile, e aperti a una realizzazione integrale del Sé. Questa reinterpretazione accompagnerà negli anni 1960 l’emergenza di rivendicazioni nuove, nella gioventù nord-americana, poi europea. Una gioventù in rivolta contro la tutela della famiglia e della morale cristiana, contro l’imperialismo materialista di produzione delle società moderne, contro la violenza delle guerre. Una gioventù che milita per una liberazione del corpo e un altro approccio all’esistenza, sotto il segno del de-condizionamento dell’ego. Lo yoga gioca un ruolo importante, come disciplina totale, allo stesso tempo fisica e mistica, porta aperta sugli stati alterati di coscienza, che si possono trovare anche con l’uso delle droghe. I guru indiani, di preferenza, venerati a volte come delle reincarnazioni divine, forniscono le risposte a queste ricerche, adattano i loro discorsi e le loro pratiche a queste attese, si sostituiscono alle autorità educative e ai detentori del sapere accademico. Rappresentativo di questa fase è il soggiorno dei Beatles all’ashram di Maharishi Mahesh a Rishikesh. Soggiorno che segnerà poi la rottura con il loro maestroi.

Le cose si sarebbero potute fermare là, ma durante gli anni 1980, la pratica e l’insegnamento dello yoga conoscono un sviluppo inatteso. Questa seconda mondializzazione si inscrive nel solco della prima, è il frutto di diversi elementi: lo yoga è praticato dalle star americane (Madonna, Sting), poi da influencer che utilizzano i social media, per mettere in moto una potenza economica impressionante che si rivolge ai milioni di praticanti nel mondo. Questi yogi privilegiano la pratica posturale basata sulla costruzione del corpo ideale, la ricerca di una buona salute e di un'armonia tra individuo e l’ambiente. Si pratica yoga ovunque, nei club, nelle palestre, nella case di riposo, negli ospedali, scuole, prigioni, la pratica perde la sua natura contestatrice e emancipatrice e accompagna la vita più che trasformarne il significato.

Bisogna includere in questo contesto la rivalutazione di questa disciplina in India. Dopo l’indipendenza del 1947, la costruzione della cultura nazionale si è appoggiata sulla rivalorizzazione delle grandi tradizioni di saggezza come lo yoga.  All’arivo al potere di Narendra Modi, che ha segnato il trionfo dell’ideologia nazionalista, questa riappropriazione prende un aspetto politico. Nel 2014, un ministro indipendente si occupa dello yoga, così come delle medicine autoctone, tra cui l'Ayurveda.  Frutto di una intensa mediazione diplomatica, la giornata internazionale dello yoga approvata dall’ONU fa in modo che ogni 21 giugno ci sia la proiezione di un’India ideale che partecipa alla costruzione della pace mondiale. La strumentazione di una antica disciplina di liberazione spirituale a scopi identitari è inedita e pone una serie di domande per quanto riguarda l’avvenire. Infine, le crisi successive che segnano i primi decenni del XXI secolo rimettono fortemente in primo piano la richiesta di senso, le rivendicazioni di una realizzazioni di sé, con l’adozione di una disciplina globale corpo/mente la ricerca di un’etica nell’azione, le preoccupazioni ecologiche, il bisogno di spiritualità, in senso largo. Questi piani meno visibili, più profondi, continuano di fare dello yoga una risorsa, una potenzialità di resilienza che spiega largamente il suo successo mondiale. 

Lo Yoga è una disciplina nata in India, ma negli ultimi dieci anni ha conquistato letteralmente tutto il mondo. Secondo il Financial Times, dal 2008 è diventata la disciplina più praticata al mondo, sia dalle donne che da gli uomini. Basti pensare che in Italia sono oltre 2 milioni le persone che hanno abbracciato questa attività.

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