lunedì 30 ottobre 2023

The Monk and the gun

The Monk and the Gun, film diretto da Pawo Choyning Dorji, è ambientato nel 2006, anno in cui il Regno del Bhutan ha dato inizio alla sua transizione in favore della democrazia, segnando a una vera e propria svolta storica per il Paese. Il film contiene una satira antimilitare sul Bhutan in transito, con diffidenza, dalla ruralità alla modernità; su questa democrazia neonata, che non ha mai conosciuto un'elezione e deve educare il popolo al voto. Un popolo, quello del Bhutan, in cui le persone non sanno neppure la loro data di nascita e si ritrovano ora a dover essere censite.            

I protagonisti, monaci, insegnanti, banconisti, perfino il Lama (tutti attori per necessità, non per professione) abituati da secoli ad affidarsi totalmente al loro Re, diffidano delle elezioni.
Vengono raccontate diverse storie: dal monaco (Tandin Wangchuk), che è incaricato di procurarsi delle pistole, a Benji (Tandin Sonam), che accetta di lavorare come interprete per Ron (Harry Einhorn), un collezionista americano di armi antiche, giunto nel Paese per acquistare un fucile risalente al XIX secolo.

Pawo Choyning Dorji, già regista candidato all’Oscar con Lunana, spiazza il pubblico e ci propone che il denaro non ha valore in sé, che la democrazia americana  forse non val bene una monarchia ultra centenaria. Gli Stati Uniti," un paese con più armi che persone”, non hanno niente da proporre al Bhutan, un paese dove la pace regna sovrana. I cittadini non conoscono l’odio e, con poco, vivono sereni. Tanto che il benessere viene calcolato attraverso un indicatore chiamato "felicità interna lorda".   

Fa riflettere il fatto che nell’ancestrale, ultra-monarchico Buthan la democrazia sia arrivata solo nel 2006. E con lei la tv, internet, il cinema. Insomma, tutti i simulacri consumistici della modernità occidentale. Eppure non è detto che sia un bene. 

Nel film si cerca proprio di mettere in evidenza che la democrazia potrebbe non essere il migliore dei sistemi politici, e per farla funzionare occorrono tempi lunghissimi, fondandola su una coscienza civile che per attuarsi ha bisogno di decenni (secoli per guardare in casa nostra).  Emerge, inoltre, il rimpianto conservativo verso un patrimonio di tradizioni destinato a scomparire a suon di Coca Cola e film di James Bon 

Il film è ambientato nel 2006 ad Ura, nel Bhutan.  Un Lama, maestro di Dharma, è in ritiro spirituale. Mentre ascolta la radio, apprende la notizia dell’arrivo delle elezioni ad Ura. Ordina allora ad un monaco, di procurargli due pistole entro l’arrivo della luna piena. Un’impresa che, si rivelerà fin da subito, non facile. Molti dei cittadini, infatti, non avevano nemmeno mai visto una pistola in vita loro. Nel frattempo, un americano, coinvolto nel traffico d’armi, atterra in Bhutan, con l’obiettivo di comprare un fucile pregiato. 

FIL (felicità interna lorda)  e PIL (prodotto interno lordo).    Il Bhutan occupa il 160° posto nella classifica mondiale del PIL, che misura la ricchezza economica. Eppure i suoi abitanti sono felici, tanto che il benessere viene calcolato attraverso un indicatore chiamato GHN che sta per Gross National Happiness, che possiamo tradurre alla lettera come “felicità interna lorda”.  Si tratta infatti di un indicatore che misura il benessere di un popolo attraverso la felicità e la consapevolezza e non calcolando la ricchezza economica. 

Il GNH riguarda lo sviluppo olistico dell’Uomo grazie al bilanciamento del benessere materiale e spirituale dei bhutanesi. La crescita del GNH si misura attraverso l’incremento o il decremento della felicità sociale e diventa così indice di progresso. Se un bhutanese ha dal 50% al 65% delle condizioni a sua disposizione nei nove domini allora accede al livello di persona appena felice. Se queste condizioni si verificano in una percentuale dal 66% al 76%, è abbastanza felice. Se questa percentuale supera il 76% è profondamente felice. Non consideriamo la felicità soggettiva, che è individuale, effimera e momentanea – la felicità misurata dal GNH è servire gli altri, vivere in armonia con la Natura e realizzare la bontà dei valori e della saggezza delle persone.  Uno dei nove domini del GNH è lo stile di vita e mira a un concetto sostenibile di PIL: crescere ma in modo sensato e non essere solo dei voraci consumatori.

Il GNH si basa su un’economia fondata sui bisogni e non sull’avidità e di una crescita sostenibile che prosegua anche quando arriveranno le generazioni future.  D’altra parte, il PIL si basa sulla distruzione e sull’eccessivo consumo delle risorse naturali. L’80% del territorio del Bhutan è verde e il 72% è coperto da foreste. Gli alberi vivi non hanno valore secondo la logica del PIL, ma se li uccidiamo e li abbattiamo gli indicatori economici salgono improvvisamente… ma qual è il prezzo da pagare in termini di equilibrio biologico e biodiversità? Allo stesso tempo, per esempio, se ci sono dei conflitti, se cresce il consumo di droghe, l’alcolismo, il fumo, allora la compravendita di armi e di sostanze che creano dipendenza fa aumentare automaticamente il PIL. E ancora: se uno dei due genitori smette di lavorare e rimane a casa per curare il futuro del Paese, che sono i figli, non c’è alcuna crescita economica. In altre parole, come abbiamo visto, ciò che fa progredire l’economia non si traduce in felicità e benessere per le persone.

Il PIL può continuare a crescere, nella misura in cui ha una ricaduta positiva sull’Uomo e sulla Natura, sulla lotta ai combustibili fossili o sul contenimento delle emissioni, in modo che il riscaldamento globale si riduca.

Se smettessimo di mangiare carne e altri prodotti di origine animale, restituiremmo alla Natura questo 80% di terra fertile ed essa si rigenererebbe. Il 20% della superficie coltivata secondo metodi biologici sarebbe sufficiente per mantenere il triplo dell’attuale popolazione terrestre. Questo è stato dimostrato dalla dottoressa Vandana Shiva presso la fattoria Navdanya dell’Università della Terra nel Deharadun indiano e dal professor Ganesh Bagaria dell’Istituto Indiano di Tecnologia di Kanpur attraverso il concetto del valore umano. Ciò che l’America Settentrionale e l’Europa sprecano ogni anno sarebbe abbastanza per il fabbisogno di tre anni dell’intera popolazione mondiale.

Dobbiamo anche placare la nostra sete di consumo, cercare di usare di più il trasporto pubblico (quando è possibile), utilizzare la corrente elettrica il minimo indispensabile, non comprare una quantità eccessiva di vestiti, scarpe e altri oggetti – prima di acquistarle dobbiamo chiederci se ne abbiamo davvero bisogno, mangiare per nutrire il nostro corpo e smetterla con il cibo spazzatura… e molte altre cose!

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