Lo zen è unico. I jhana, ossia gli stadi di coscienza per arrivare all'illuminazione, sono progressivi, mentre i risultati della meditazione zen appaiono con sorprendente subitaneità. Tutti i metodi devono essere giudicati secondo un unico criterio: producono o non producono l'illuminazione.
La
caratteristica dello zen è l'uso degli esasperati paradossi, il
disprezzo per il convenzionale, la sua impazienza nei confronti delle
dottrine formulate, i metodi curiosi e talvolta violenti usati dai
maestri zen per aiutare i discepoli a liberarsi, almeno in parte, dai suoi attaccamenti.
Quali sono gli insegnamenti dello zen? "Una speciale trasmissione al di fuori delle Scritture. Nessuna dipendenza dalle parole e dai concetti. Puntare direttamente all'anima dell'uomo. Vedere nella propria natura."
Una verità spiegata è una verità non più vera. Lo zen sta oltre l'intelletto, la ragione cessa di dominare, e i soli mezzi di comunicazione sono il paradosso e il simbolo, e la comunione delle menti illuminate. Le verità più alte, non sono contenute nelle scritture, ma trasmesse nei secoli da maestro a discepolo. I maestri zen dicono che l'insegnamento di Buddha è stato trasmesso con questo metodo.
Ogni manifestazione è illusione, poichè l'essenza della vita è tathata, una pienezza che nel contempo è un vuoto. Ogni forma di vita, anche la più minuta è l'Universo in miniatura, e nel conseguire l'illuminazione ogni cosa vivente obbedisce al comandamento: "divieni ciò che sei", vale a dire: "Guarda dentro di te... tu sei il Buddha". Per ciò che concerne la natura di Buddha, non c'è alcuna differenza tra un ignorante e un illuminato, la differenza è che uno se ne rende conto e l'altro no. Il consiglio del maestro rinzai è: "interiormente ed esteriormente se incontri ostacoli uccidili subito, se incontri il Buddha uccidilo, se incontri il patriarca uccidilo". Non attaccatevi a nessun oggetto, passate oltre, e sarete liberi. Il consiglio della Voce del silenzio è : "La mente è il grande uccisore del Reale. Il discepolo deve uccidere l'uccisore".
Forse è questa semplicità diretta che affascina molti occidentali. Molti percorsi spirituali cercano di aggiungere delle qualità all'uomo, solo il buddhismo nega l'esistenza stessa dell'individuo. Lo zen consiglia di eliminare e abbandonare ogni qualità o attributo fino a quando non resta nulla, tranne la sua faccia originale, cioè la sua natura essenziale, che è la natura di Buddha.
Tecnica zen. La meditazione zen può essere considerata sotto quattro aspetti, e cioè la sua continuità, e la natura dello za-zen, del koan e del mondo, e del satori.
1- La meditazione zen deve essere continua, per questo molti monasteri zen ospitano anche visitatori per periodi più o meno lunghi; residenti (monaci) e visitatori condividono la stessa disciplina e possono una volta ristorati e purificati nel corpo e nella mente ritornare ai doveri della vita quotidiana.
2- Lo za-zen (letteralmente seduta zen). In tutti i monasteri zen i monaci siedono inseme nelal sala della meditazione , ognuno sul proprio cuscino e meditano sul tema (o sul koan) assegnato loro separatamente dal Roshi, il maestro zen. Lo za-zen è solo una parte della routine quotidiana, nei monasteri chi non lavora, non mangia. Lo zen santifica il lavoro manuale e nello stesso tempo sfida quegli ordini che vivono di carità. I maestri zen insistono con particolare enfasi "nel servire gli altri, lavorare per gli altri, non ostentatamente ma in segreto, senza che gli altri lo sappiano" - da Saggi sul buddhismo zen.
3- Il koan è unico nello zen, così come è unico. L'esercizio koan ha salvato lo zen quale eredità unica per la cultura dell'Estremo Oriente. Il koan è una frase, un detto che sfida l'analisi intellettuale. Sono espressioni del satori, senza meditazioni intellettuali, perciò sono rozzi e incomprensibili. Per comprendere un koan dovremmo rifare nascere in noi le condizioni che lo hanno fatto nascere. Per risolvere questi koan lo studente deve avere il coraggio di abbandonare tutto, e uccidere il pensiero, e nella morte del pensiero trovare la nascita dell'illuminazione. Bisogna lasciare andare; la meditazione zen richiede una determinazione ferrea e una volontà indomabile, che sono perfettamente compatibili con la quiete interiore. "In te possono trovare posto tanto l'azione che la non azione, il tuo corpo è agitato, la tua mente tranquilla, la tua anima è limpida come un lago montano". Questo tipo di sforzo mentale richiede l'apertura di nuove vie nel cervello; se lo sforzo è fatto senza criterio, può provocare problemi e causare serie lesioni fisiche al cervello.
La mente è concentrata sul koan fino a quando l'intelletto è completamente esaurito, si arriva così a una sospensione delle funzioni in un vuoto senza nome, un lasciarsi andare e solo allora arriva la risposta, un lampo di comprensione parziale o completo. I grandi maestri zen persistono nel loro scopo senza mai desistere. Il mondo diventa un rapido scambio di domande e risposte tra maestro e allievo. Domande e risposte devono essre considerate come un tutto. Spesso anche il Buddha rifiutava di rispondere a parole a delle domande e manteneva un nobile silenzio. I koan hanno tutti un fine comune, il conseguimento dell'illuminazione mediante l'azione diretta.
4- Il satori è la ragione di essere dello zen, lo scopo dell'esercizio koan. Un guardare intuitivamente (al di là della dualità) nella natura delle cose, distinto dalla comprensione analitica e logica. Nel koan, i due poli: pensatore e pensiero si fondono nell'unità e si entra nel regno del terzo superiore, il punto di vista unificante al di sopra di tutti gli opposti. Viene raggiuntosolo con un immane sforzo; il vuoto, di cui è il risultato, è l'antitesi stessa della pura e semplice vacuità. E' il risultato della povertà spirituale raggiunta nello za-zen. "Rinuncia alla tua vita se vuoi vivere".
Eppure la pienezza del satori, che viene dopo il vuoto totale raggiunto nello za-zen, è una pienezza senza limiti, una fusione della scintilla con la fiamma, dell'individuo con la coscienza universale. In termini psicologici, è una fusione delle parti diverse di un individuo, l'inconscio, il conscio e il superconscio, nell'unità conscia. Attraverso gli esercizi del koan, l'attività più superficiale della mente viene messa a riposo, affinchè le sue parti centrali e profonde, che di solito sono sepolte, vengano spinte a svolgere le loro funzioni native. I koan sono stati messi a punto per innalzare la coscienza al di sopra della dualità, indicando la via dell'esperienza diretta. Nell'assoluto non ci sono distinzione e relazioni.
Ci sono diversi gradi di satori che vanno da un lampo di comprensione alla piena illuminazione. Via via che vengono risolti i koan più ostili, l'inconscio pervade sempre più la mente conscia. Bisogna fare attenzione all'auto suggestione e ai falsi satori, perchè spesso la meravigliosa esperienza spirituale è soltanto un frutto della fantasia. Lo schiudersi del satori è il rifacimento della vita stessa. L'esperienza autentica porta a una semplicità d'azione, all'ampiezza della visione, a una quiete interiore, ad una assolutà onestà di pensiero e linguaggio. L'effetto cumulativo degli esercizi koan innalza il centro spirituale di gravità dal mondo dell'ambizione dell'io al mondo dell'assenza dell'io. E' questa la rinascita degli antichi Misteri.
Il segreto dello zen è usare la mente per superare la mente, la sola preoccupazione dello zen è arrivare all'illuminazione. Con l'allievo non si sprecano parole, la meta gli viene additata, gli vengono mostrati gli ostacoli; "Il resto è silenzio... e un dito indica la Via".
Dal libro: Guida alla meditazione, manuale di evoluzione mentale di Christmas Humphreys.
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