sabato 10 luglio 2021

Yama e Niyama

Andrè Van Lysebeth asserisce  “Per praticare yama e niyama La cosa più semplice è seguire la propria morale, in funzione della filosofia e delle credenze che ci fanno da guida". La morale ordinaria è sufficiente per metterci in linea con yama e niyama. "È il grado minimo per poterci introdurre nello yoga e trarne buoni frutti: una moralità trascendente è però necessaria per raggiungere livelli superiori”.

Yama e niyama, ci danno consigli per lo stile di vita e per il comportamento: i cinque yama sono le cose da non fare; i cinque niyama sono le cose da fare. Gli yama rappresentano un po’ la qualità della relazione che intratteniamo con gli altri; i niyama la qualità della relazione che intratteniamo con noi stessi.
Gli yama sono cinque regole etiche e morali universali, cinque freni o “astinenze” che limitano i comportamenti dannosi e distruttivi per lo yogi e per le sue relazioni con gli altri:
  • Ahimsa (Nonviolenza),
  • Satya (Sincerità),
  • Asteya (Onestà),
  • Brahmacharya (Continenza sessuale),
  • Aparigraha (Non avidità nel possedere).
I cinque niyama sono virtù e comportamenti positivi legati allo stile di vita del singolo individuo, da coltivare per migliorare sé stessi:
  • Shaucha (purificazione). Le impurità presenti nel nostro corpo e nell’ambiente in cui viviamo condizionano la nostra capacità di pensiero e la possibilità di raggiungere la vera saggezza e la liberazione spirituale.
  • Samtosha (contentezza). La felicità reale si ottiene quando si smette di desiderare ciò che non si possiede.
  • Tapa (autodisciplina). Questo principio ha a che fare con il potenziamento della forza di volontà.
  • Svadhyaya (studio e conoscenza di sé). Analizzare sé stessi, la propria vita, i propri errori e le proprie debolezze. “Chi sono io?”
  • Ishvara Pranidhana (devozione). “Non devi credere in una rappresentazione antropomorfica di Dio per accettare che esiste un disegno divino, un’essenza benevola nell’universo”,
È proprio attraverso lo Yoga e la meditazione che si conosce e si addestra la mente. Grazie alla pratica costante si possono superare gli ostacoli che offuscano la calma interiore. I cinque ostacoli detti Klesha sono:
  •     Avidya: indica l’ignoranza o la falsa comprensione della vera natura delle cose.
  •     Asmita: si riferisce alla coscienza del proprio sé che provoca egoismo.
  •     Raga: è l’attaccamento nei confronti delle idee o degli oggetti.
  •     Dvesha: è l’avversione verso quei pensieri legati a esperienze dolorose vissute nel corso dell’esistenza.
  •     Abhinivesha: indica sia l’attaccamento istintivo alla vita, sia la paura della morte.

YAMA in dettaglio.

Ahimsâ - la non violenza, un atteggiamento globale, onnicomprensivo rispetto a ciò che può «ferire l'altro» - l'uomo, l'animale, l'ambiente, tutte le cose che possono perdere la loro identità e la loro funzione. Dunque ahimsâ va ben oltre il concetto di «non uccidere»; bisogna comprendere che la freddezza nella comunicazione uccide tanto quanto un pugnale, che la crudeltà mentale è una grandissima forma di violenza così come l'indifferenza, una certa forma infida di ironia, il non saper ascoltare, non voler vedere... Pertanto l'ahimsâ rappresenta il grado più alto di inoffensività. Difficile da mettere in pratica... ma vero!

Satya - la verità, sempre, in ogni momento. Lo stolto mente con facilità, esagera nei suoi racconti, lascia intendere cose diverse dalla realtà dei fatti e in definitiva mente a sé stesso perché si pone in una condizione diversa rispetto alle esigenze della sua stessa anima. Poi, secondo Taimni, la menzogna offusca la buddhi (la pura coscienza), ovvero ottenebra quella limpida intuizione necessaria all'evoluzione. E ancora: una menzogna tira l'altra e il fardello diventa pesante e ingestibile quando si vuol procedere spediti verso l'illuminazione.

Asteya - non solo non rubare! Ma nemmeno ricercare privilegi che non ci spettano, attenzioni particolari in virtù di una posizione sociale o economica che permetterebbe, in determinate situazioni, un salvacondotto, un lasciapassare, una bustarella. Niente di niente. Bastare a sé stessi e cercare di comprendere sempre di più e sempre meglio «il nostro ruolo in questa vita», con tutto quello che ne deriva.

Brahmacharya - la continenza. Una vita sessuale smodata che genera attaccamenti di ogni tipo è contro ogni forma di igiene mentale. Ma non l'astinenza assoluta, semplicemente, il giusto distacco e l'atteggiamento appropriato in un piacevole aspetto della vita.  E' evidente invece che ad un livello avanzato di ricerca personale, spontaneamente diminuiscano gli appetiti sessuali, tanto grande e desiderabile appare il contatto con l'Assoluto che via via si è rivelato e che sappiamo essere «l'Unica Mèta».

Aparigraha - il non possesso. Pensare di possedere qualcosa, o qualcuno, è pura illusione. 

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Mentre riferendoci a yama pensiamo a cinque precetti che vietano comportamenti dannosi per l'evoluzione personale e per l'armoniosa convivenza con il genere umano, se parliamo di niyama osserviamo che si tratta di indicazioni disciplinari, costruttive, in vista di una vera vita yogica: da una sana, parca dieta alla molteplicità dei neti, dei dhauti e dei prânâyâma purificanti e ossigenanti.  Contemporaneamente, depurati dalla spazzatura altamente inquinante dei pensieri abituali che affollano la mente e su cui di solito non si ha alcun potere di controllo, avvicinandoci alla meditazione osserviamo l'alba del nostro riscatto, la luce radiosa dell'Eterno che si fa strada. La meditazione dunque come panacea e come espressione di una Realtà vera, senza ambiguità.

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NIYAMA  in dettaglio

Sauca - la purezza, la pulizia del pensiero, delle intenzioni e anche dell'abito che si indossa, della nostra pelle e in generale del corpo, come si evince dalle scrupolose attenzioni che lo Yoga dedica all'organismo tutto.  

Samtosa - l'appagamento, proprio il contrario della frustrazione (sentimento assai diffuso che fa apparire l'erba del vicino sempre più verde). Samtosa rende assai bene l'idea di quiete, di pacificazione allorché si capisca che la fortuna e la sfortuna non esistono e tutto deriva da un Principio Originario sat-cit-ânanda. E noi siamo QUELLO.

Tapas - la fede, il fuoco ardente dell'Amore per il Divino che consuma e rigenera. Questa fiamma va mantenuta costantemente viva, a qualunque costo, ed è la base per una sana spiritualità fatta di gioiosa consapevolezza e di allegra condivisione.

Svâdhyâya - lo studio di sé e del Sé. Uno studio non in chiave psicologica ma logico e deduttivo. Qui possono essere di aiuto le biografie dei santi e degli illuminati, di coloro che hanno ottenuto la liberazione in vita! Hanno annientato il proprio ego, si sono purificati, hanno superato sé stessi e hanno ottenuto la libertà: il kaivalya.

Îsvara pranidhâna - la resa: l'abbandono a Dio quale Ente Supremo, solo conoscitore della «Legge di causa ed effetto» e dunque il reggitore stesso della vita nella molteplicità delle sue espressioni. L'abbandono alla volontà suprema è la più alta forma di ascesi ed è ciò che contraddistingue il vero illuminato. Affrontare il proprio percorso spirituale secondo questo principio garantisce, senza ombra di dubbio, la conoscenza e la liberazione in vita.

lunedì 5 luglio 2021

La vita di David Gale

The Life of David Gale è un bel film del 2003 diretto da Alan Parker, qui al suo ultimo lavoro come regista, e scritto da Charles Randolph. Il film è incentrato sulla pena capitale, soprattutto sulla sua applicazione negli Stati Uniti,  e sulla sua fallibilità.  ( Il film si può trovare su Netflix).

Il film, al di là di quello che potrebbe far pensare il titolo, non è una storia vera. Nella pellicola cinematografica, il regista invita a riflettere sulla pena di morte, che a volte può rivelarsi totalmente sbagliata e priva di ogni fondamenta, interrogando lo spettatore sul ruolo dell'attivismo e sul confine tra passione ideologica e fanatismo, servendo un paradigmatico finale.

La trama, abbastanza articolata e presentata sotto forma di flashback, gira intorno alla vita di un professore universitario, David Gale (Kevin Spacey) attivista contro la pena capitale, e condannato a morte per stupro e omicidio della sua collaboratrice Constance Harraway (Laura Linney)

Tre giorni prima della sua esecuzione, Gale decide di concedere un'intervista in esclusiva alla giornalista Elisabeth 'Bitsey' Bloom (Kate Winslet).  Bitsey si rende conto che questo incarico è molto più di quanto si aspettasse e che la vita di un uomo è nelle sue mani. Arrivando a mettere in pericolo la sua esistenza cercherà di ricostruire gli eventi riguardanti il delitto cercando di far luce sulla faccenda prima che sia troppo tardi e la pena venga eseguita.

sabato 3 luglio 2021

Per un'etica responsabile: la concezione teosofica del Karma

  Per un'etica responsabile: la concezione teosofica del Karma.     Articolo scritto dal mio amico Robero Fantini e pubblicato sul sito  Flipnews il 21/06/2021     Vedi articolo

Uno dei cardini teoretici e pratici del pensiero orientale (indiano in particolare) e di quella che è stata definita la Religione-Saggezza universale è indubbiamente rappresentato dalla concezione del Karma, inteso come una legge cosmica, anzi come la LEGGE fondamentale dell’intera realtà, ovvero la legge per eccellenza, la vera e propria pietra angolare su cui poggia l’intima architettura dell’universo.

Helena Petrovna Blavatsky, figura principale del moderno movimento teosofico (1) e personalità fra le più straordinarie ed affascinanti della seconda metà dell’Ottocento, nella Chiave della Teosofia la definisce la “Legge Ultima” della Vita universale, “la sorgente, l’origine e la fonte da cui derivano tutte le altre”, la legge infallibile “che adatta con sapienza, intelligenza ed equità ogni effetto della sua causa”. (2)
In sanscrito karman significa “azione”. Come spiega W. Q. Judge (uno dei principali collaboratori della  Blavatsky), karma andrebbe inteso come “l’effetto che sgorga fuori della sua causa, l’azione e la reazione, l’esatto risultato di ogni pensiero ed azione.” (3)  Considerando infatti l’Universo come una unità organica e intelligente, ogni movimento all’interno di esso risulta essere un’azione che conduce a risultati a loro volta causa di altri risultati.
Karma è una legge che, nella sua essenza noumenica, risulta oltrepassare le umane possibilità di comprensione, ma che è facilmente esperibile sul piano delle sue manifestazioni fenomeniche.
Karma – dice sempre la Blavatsky – è in se stesso inconoscibile, ma la sua azione è percettibile”.
E si tratta, ovviamente, di qualcosa di immensamente più complesso di quanto potrebbero indurci a  credere le banalizzazioni attualmente assai diffuse, tant’è che essa stessa arrivò a definirla “la più difficile” fra tutte le dottrine teosofiche.( 4)
Ma se inespugnabile ci appare la sua vera natura sotto il profilo strettamente ontologico (fisico e metafisico), la sua dignità concettuale risulta filosoficamente ben comprensibile, sia sul piano logico sia su quello etico.
Se si applica alla vita morale dell’uomo – scrive ancora Judge – Karma è la legge della causalità etica, della giustizia, della ricompensa e della punizione; la causa della nascita e della rinascita, ma allo stesso tempo il mezzo per cui si può sfuggire all’incarnazione.” (5)
E, come tale, può essere ritenuta la “dottrina gemella” di quella della Reincarnazione, tanto da non poter prendere in considerazione l’una senza contemplare anche l’altra.
La concezione di una Giustizia assoluta immanente all’ordine delle cose, inesorabile nel suo manifestarsi, è facilmente rintracciabile  (come le altre dottrine proposte dalla moderna letteratura teosofica) in tutti i grandi testi sapienziali del mondo antico.
Basti pensare, ad esempio, al Dhammapada buddhista e ai libri del Nuovo (o Secondo) Testamento.
Nel primo, già nei versetti iniziali, possiamo leggere:
“Gli elementi della realtà hanno la mente come principio, hanno la mente come elemento essenziale e sono costituiti di mente.
Chi parli oppure operi con mente corrotta,
lui segue la sventura come ruota segue il piede (dell’animale che traina il veicolo).
(…) Chi parli oppure operi con mente serena,
lui segue la felicità come l’ombra che non si diparte.” (6)
“Il peccatore in questo mondo si affligge, in entrambi i mondi si affligge (…).
Chi ha fatto il bene in questo mondo si rallegra, una volta
trapassato si rallegra, in entrambi i mondi si rallegra.” (7)
Nel secondo, spesso incontriamo affermazioni quali:
“non v’ingannate, Dio non si può beffare, perché ciò che l’uomo semina quello pure raccoglierà” (8);
“Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (9);
“non giudicate, per non essere giudicati” (10);
“un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni
.” (11)

Nella coscienza di chi accetta di lasciarsi conquistare da questa rigorosamente logica visione del mondo può venirsi a produrre una rivoluzione mentale e morale sommamente benefica, capace di svolgere una funzione profondamente  rigeneratrice, liberandoci da una serie di opinioni di carattere materialistico e fideistico. 

Come il ritenere: che nel mondo regni suprema l’ingiustizia, che tutto sia privo di senso, che tutto sia dominato dall’ Assurdo;
che il mondo sia totalmente sottoposto al volere di una o più divinità, il cui operare sarebbe o del tutto inspiegabile e incontrollabile, oppure condizionabile e orientabile grazie a determinate strategie magico-cultuali.
Ovverosia: che non sussista alcuna possibilità di controllare e dirigere il proprio cammino nel mondo, oppure che il nostro vivere sia continuamente subordinato al potere di forze a noi superiori a cui dovremmo, di conseguenza, pienamente sottometterci e che dovremmo cercare, ricorrendo a modalità varie (preghiere, sacrifici, penitenze, ecc.), di ingraziarci.
Atteggiamenti mentali e morali entrambi destinati a favorire, sia a livello individuale che collettivo, un forte e deleterio effetto deresponsabilizzante.
Scrive H.P.B. che “non vi è che la preziosa conoscenza della legge del karma che c’impedisce di maledire la vita, gli uomini ed il loro supposto creatore.” (12)
Infatti, tale concezione, se correttamente intesa, ci mette al riparo sia da forme di grossolano nichilismo, sia da forme di fideismo cieco e fatalisticamente accecante, mettendoci in condizione di accettare
- che il nostro attuale cammino sia il frutto di nostri innumerevoli precedenti cammini;
- che il nostro pensare e il nostro agire siano sempre, in ogni istante, ricchi di valore;
- che tutto quello che facciamo, anche le cose apparentemente più piccole e irrilevanti, abbiano un immenso significato.
Secondo la visione karmica, infatti, tutto quello che produciamo, sia sul piano della res cogitans, sia su quello della res extensa, viaggerà in eterno con noi, dentro di noi e fuori di noi, producendo infiniti effetti tra loro ineluttabilmente correlati.
Continuamente costruiamo noi stessi. Continuamente contribuiamo nella costruzione delle vite di tutti gli infiniti esseri che ci vivono e che ci vivranno accanto, nell’infinito viaggio che conduciamo e condurremo nell’infinito spazio.
Perché potremo sentirci come lavoratori all’opera nella vigna immensa della Vita Universale, chiamati a scegliere, attimo per attimo, cosa, come, dove, quanto e quando seminare, chiamati a scegliere fra le varie metodologie di aratura, concimazione, potatura, ecc.
Lavoratori sempre in grado di migliorare i propri orti e i propri frutteti, sempre in grado di eliminare erbacce, di dare più acqua, di dare (soprattutto) più amore a tutto ciò che faremo germogliare, sbocciare, maturare …
Lavoratori saggiamente consapevoli che tutto quello che andremo a fare, e a non fare, lascerà un segno indelebile sul corso degli eventi, che nulla potrà essere mai cancellato, azzerato, riportato indietro nel tempo. Ma anche consapevoli che sempre i nostri (inevitabili) errori e mancanze potranno essere curati, corretti, sanati. Ogni giorno un poco. Grazie ai nostri sforzi, al nostro impegno, alla nostra volontà e alla nostra capacità di oltrepassare i propri limiti, di imparare di più e meglio.
Grazie, soprattutto, alla nostra convinzione di non essere mai sconfitti del tutto e definitivamente, mai condannati ad arrenderci e a firmare rassegnatamente una resa totale e senza condizioni.
Il concetto di karma ci libera dall’insignificanza, dallo svuotamento di senso, dalla logica  degradante del “do ut des”, dall’imbarbarimento morale di tutte le “vendite di indulgenze”, nonché dalla paura dell’ignoto, dalla tirannia del caso e dell’arbitrio divino.
Il concetto di karma ci rende padroni di noi stessi. Ci obbliga all’autocoscienza, all’autoesame severo, a lavorare responsabilmente su di noi per trovare sempre più e sempre meglio in noi stessi la luce necessaria per guidare i nostri passi verso una luce sempre più ampia e sempre più forte.
Il concetto di karma rende obsolete le tradizionali e riduttive categorie di “ottimismo” e  di “pessimismo”.

Il karma – scrive Madame Blavatsky nella Dottrina Segreta – non cerca mai di distruggere la libertà intellettuale e individuale, come il Dio inventato dai monoteisti. Non ha avvolto di proposito i suoi decreti nella tenebra per rendere perplesso l’uomo, né punisce colui che osa scrutare i suoi misteri. Al contrario, colui che per mezzo dello studio e della meditazione svela i suoi intricati sentieri e getta una luce su quelle vie oscure, nei meandri delle quali periscono tanti uomini a causa della loro ignoranza del labirinto della vita, opera per il bene dei suoi fratelli. Il karma è una legge assoluta ed eterna nel mondo della manifestazione e siccome vi può essere soltanto una Causa assoluta, eterna e onnipresente, i credenti nel karma non possono essere considerati atei o materialisti e meno ancora come fatalisti, perché il karma è uno con l’Inconoscibile ed il mondo fenomenico è uno dei suoi aspetti.” (13)

Una filosofia di vita fondata sul principio karmico costituisce una scuola di autoconsapevolezza e di autodisciplina, di libertà mentale e morale. Conferisce alla persona umana una centrale dignità, liberandoci da millenarie paure e umilianti sudditanze, ci rende protagonisti della storia, ci rende, come direbbe Giordano Bruno, cittadini dell’infinito e naviganti dell’eternità.
In Iside Svelata, H.P.B., riferendosi, in particolar modo, alla dottrina buddhista, scrive: “L’uomo il quale apprende che a meno che egli stesso non s’affatichi soffrirà la fame e si rende conto che non vi è alcuna scappatoia, alcun capro espiatorio che porti per lui il suo fardello di iniquità, diviene dieci volte migliore di colui al quale s’insegna che l’assassinio, il furto, la nequizia, possono venire perdonati in un istante purché si creda in un Dio che (per dirla con una frase del Volney) ‘nutritosi una volta sulla terra, diviene alimento del suo popolo.’” (14)
Il mondo – scriverà poi Annie Bésant, succeduta alla Blavatsky alla guida della Società Teosofica – dovrebbe conoscere e sentire quale forza deriva da quest’adesione alla Legge. (…) La forza di una credenza (…) si misura dall’influenza che questa ha sulla condotta e la credenza nel “karma” dovrebbe rendere la vita pura, forte, serena, lieta.
Soltanto le nostre azioni ci possono ostacolare e soltanto la nostra volontà ci incatena. Quando gli uomini riconosceranno questa Legge, suonerà l’ora della loro liberazione.
La natura non può rendere schiava l’anima che con la Saggezza ha raggiunto la Potenza e usa entrambe con Amore.
” (15)

NOTE

  1. Helena Petrovna Blavatsky (1831-1891) nasce da una nobile famiglia russa. Appassionata studiosa di filosofia, religioni e scienze esoteriche, ha viaggiato in moltissimi paesi alla ricerca della conoscenza occulta, delle leggi inesplicate della Natura e dei poteri latenti dell'uomo. Nel 1875, fondò a New York, con il colonnello Henry S. Olcott e altri, la Società Teosofica, un movimento di ricerca spirituale ancora oggi diffuso in tutto il mondo, animato dai seguenti scopi:                                                                                                                                                    1. Formare un nucleo della Fratellanza Universale dell’umanità, senza distinzione di razza, di credo, di sesso, di casta o di colore.
     2. Incoraggiare lo studio comparato delle religioni, filosofie e delle scienze.
     3. Investigare le leggi inesplicate della natura, e le facoltà latenti nell’uomo.
  2. Helena Petrovna Blavatsky, La Chiave della Teosofia , Editrice Libraria “Sirio”, p. 178, Trieste 1966. La Chiave della Teosofia è senza dubbio una delle opere della letteratura teosofica, il cui scopo era sia quello di sintetizzare e chiarire una serie di concetti della chiave letteratura teosofica dell'epoca, sia quello di fornire una vera e propria "chiave" in grado di schiudere le porte di una più approfondita conoscenza della Teosofia. Il libro, strutturato in forma dialogica, risulta particolarmente adatto a coloro che, dopo una prima presa di visione sui temi teosofici e sull'attività della Società Teosofica, vogliano passare ad una fase di approfondimento e di miglior orientamento sui grandi temi dell'Unità della Vita e della Fratellanza Universale senza distinzioni. L'opera è oggi reperibile sia nell'edizione di Astrolabio-Ubaldini del 1982, sia nelle Edizioni Teosofiche Italiane (2009).
  3. William Q. Judge, L'Oceano della Teosofia , Editrice libraria “Sirio”, p. 125, Trieste 1964. Nelle prime righe della sua prefazione, l'Autore fissa con chiarezza l'obiettivo del suo sforzo: “ Nelle pagine di questo libro è stato compiuto un tentativo di scrivere sulla Teosofia in modo tale da rendere il soggetto comprensibile al lettore ordinario”. Opera quindi di carattere divulgativo, affronta in maniera lineare e organica temi che vanno prevalentemente dalla costituzione settenaria dell'uomo alla concezione ciclica dell'universo, dalla reincarnazione agli stati post-mortem, ecc. Reperibile nelle Edizioni Teosofiche Italiane (2008).
  4. HP Blavatsky, op. cit., p. 183.
  5. William Q. Giudice, ibidem.
  6. Dhammapada , I, 1-2, in Canone buddhista , Utet, Torino …
  7. Ivi, I, 15-16.
  8. Galati, 6, 7.
  9. Matteo, 5, 7.
  10. Ivi, 7, 1.
  11. Ivi, 7, 18.
  12. H.P. Blavatsky, op. cit., p. 187.
  13. H.P. Blavatsky, La Dottrina Segreta, vol. III, pag. 306, V ed. di Adyar. L'opera è, in primo luogo la trascrizione monumentale di insegnamenti, appresi da H.P. Blavatsky durante il suo soggiorno in Tibet. Si tratta di un Commentario alle Stanze di Dzyan , la versione tibetana di antichissime, arcaiche tradizioni esoteriche sulla nascita del mondo, sulla formazione e sullo sviluppo dell'umanità. Al suo primo apparire, La Dottrina  Segreta si esaurì in pochi giorni e suscitò polemiche, soprattutto tra gli scienziati positivisti. La terza edizione in otto volumi (2002) è attualmente reperibile nelle Edizioni Teosofiche Italiane.
  14. H.P. Blavatsky, Iside Svelata, La Teologia, Primo volume, p. 404, Edizioni Teosofiche Italiane, Vicenza 2019. L'opera, apparsa nel 1877 e sottotitolata “Chiave universale ai misteri della scienza e della teologia antiche e moderne”, rappresenta una delle pietre miliari della letteratura teosofica e venne dedicata dall'autrice proprio alla Società Teosofica. Si tratta di un lavoro monumentale di circa 2000 pagine, salutato fin dall'inizio da un grande successo, correlato all'ampiezza dei contenuti, in grado di attirare l'attenzione del mondo occidentale sugli insegnamenti delle tradizioni orientali, sull'autentica grandezza del pensiero “pagano”, sulle vere origini del cristianesimo, nonché sugli innumerevoli fenomeni misteriosi della Natura.
  15. Annie Besant, Il Karma o l'Enigma del Destino, Editrice Libraria “Sirio”, Trieste 1967, p. 90. La Besant, donna dotata di esuberante intelligenza e di straordinarie doti oratorie, è stata a lungo impegnata sul fronte del libertarismo, del laicismo e del femminismo. Dopo il suo incontro con Helena P. Blavatsky (1890), entrò a far parte della Società Teosofica, divenendone ben presto uno dei membri di maggiore importanza. Si dedicò, inoltre, attivamente a favore della causa dell'indipendenza dell'India.

giovedì 1 luglio 2021

Christophe André - Meditare, giorno dopo giorno

 

Christophe André (1956 - ), é medico psichiatra all'ospedale Sainte-Anne a Parigi ed è specializzato nella psicologia delle emozioni. È stato tra i primi medici ad offrire approcci di meditazione laica (la Mindfulness) ai suoi pazienti, a partire dal 2004. Nel 2016, ha ricevuto il premio Jean Bernard dalla Fondazione per la ricerca medica. I suoi libri per il grande pubblico hanno un enorme successo in Francia e all'estero.  Sito ufficiale https://www.christopheandre.com/

Méditer, jour après jour, è un testo di  Christophe Andrè del 2011 che è stato tradotto in moltissime lingue ed ha avuto un successo planetario.

Introduzione. Voi avete sicuramente delle cose più importanti che sedervi, chiudere gli occhi e meditare, non é mai urgente di meditare, importante è trovare il tempo per farlo regolarmente.    Meditare è come passeggiare nella natura, lasciare passare le nuvole, ascoltare il suono del vento, non è mai urgente, è solo importante e molto interessante.    Che cosa è la piena coscienza o Mindfulness? E’ una forma di meditazione, un modo di lenire i nostri dolori, una maniera di vivere, dare più senso alla nostra esistenza. Praticare la piena coscienza ci invita a fare una scelta: la scelta di arrestarci dall’agire e correre, semplicemente sentirci vivi qui ed adesso. Ci invita durante la giornata, regolarmente,  a prendere il tempo di sentire che esistiamo. Per questo la piena coscienza ci suggerisce di lasciare per un momento il futuro e il passato spesso sorgenti di tormento e di rivolgerci dolcemente verso l’istante presente.  Spesso soono i nostri automatismi  che imprigionano il nostro mentale.

Durante la meditazione, noi rinunceremo a giudicare, se quello che noi facciamo è bene o male,  semplicemente osserviamo, rinunceremo ad ottenere qualcosa di preciso, o piuttosto cercheremo di renderci presenti a quello che succede qui ed adesso. Rinunceremo a scegliere, ad accogliere il buono e il gradevole e rigettare lo sgradevole, o piuttosto cercheremo di forzarci a non scegliere. Di accogliere tutto in noi, la piena coscienza è benefica per noi, alla nostra salute, alla nostra mente, al nostro equilibrio emozionale. Oggi numerosi studi scientifici lo dimostrano, ma è la pratica della piena coscienza che ci fa del bene, e non solo la conoscenza o il concetto della piena coscienza.

Il concetto della bici è interessante ma è il pedalare che ci fa bene; il concetto del cibo è gradevole ma è l’atto stesso di mangiare che ci nutre, non il pensiero del cibo; ed è lo stesso per la piena coscienza.  Cerco di aiutarvi a praticare la piena coscienza, di aiutarvi a cominciare, di aiutarvi a continuare, di aiutarvi a ritornare. 

Tutti gli esercizi proposti devono essere praticati seduti, gli occhi chiusi, e anche possibile esercitarsi in piedi o distesi. Un ultimo punto: la piena coscienza non è un’attività in più da aggiungere a tutte le altre nostre attività, ma è uno stato mentale, un’attitudine dell’anima e del corpo di attraversare la vita, non un’attitudine permanente, certo, ma una base, un rifugio sempre disponibile dove noi potremo sempre ricaricarci, un’attitudine che consiste nell’essere coscienti e presenti il più spesso possibile, un’attitudine semplice, importante, facile, diciamo, tanto più facile se ci saremo preparati ed allenati praticando regolarmente tutti gli esercizi contenuti nel CD allegato al libro.

 Vi propongo degli esercizi di meditazione guidata basata sulla Mindfulness e contenuti nel CD.

Introduzione alla respirazione. Seguire la propria respirazione. Si pensa spesso che non abbiamo molto da guadagnare ed apprendere da un fenomeno cosi’ familiare, ordinario ed automatico come la respirazione. Che errore !!!! Ci sono dei grandi benefici a prendere coscienza della respirazione, conscienza della sua presenza, senza cercare di modificarla, ma sforzandosi giusto di prestargli attenzione quando siamo felici, quando siamo infelici, senza aspettarsi niente, senza domandare alla respirazione di risolvere i nostri problemi, ma comprendendo che se non arriviamo a risolverli è mille volte più salutare rivolgere la nostra attenzione al respiro che alla nostra ruminazione.

Seguire la propria respirazione.  Vedi link il suono della campanella - din, din , din.  Dolcemente, dopo aver adottato una posizione confortevole, e chiuso gli occhi, prendo coscienza del mio respiro, coscienza dei movimenti della mia respirazione, inspirazione, espirazione.     Lascio il mio respiro andare e venire, mi accontento di osservarlo e accompagnarlo, di lasciargli tutto il posto, tutto lo spazio, osservo come il torace e l’addome vanno e vengono sotto l’effetto della respirazione.        Osservo il movimento dell’aria che entra nel mio corpo e che poi esce dal mio corpo, percepisco il passaggio di quest’aria nel mio naso, la gola, e all’inizio dei miei bronchi, forse, osservo la differenza di temperatura tra l’aria che inspiro e quella che espiro, nel momento che inspiro posso immaginare che l’aria entra nel mio corpo tutto intero, percorre il mio busto, le mie gambe, le mie braccia, e al momento che espiro,  immagina che l’aria esce dal corpo, dalle gambe, dalle braccia, dal mio busto, osservo il movimento dell’aria nel mio corpo in misura dei movimenti del mio respiro, sento che tutto il mio corpo respira, non cerco di respirare in un certo modo e nell’altro, a volte è utile e necessario respirare più lentamente, per esempio, ma nella piena coscienza lascio giusto il mio respiro esistere come vuole, respirare come vuole, permetto al mio respiro di essere il mio respiro, come preferisce, lo lascio fare, evito di controllarlo.               Se i mie pensieri mi portono fuori dall’esercizio, se il mio mentale mi fa degli scherzi, non mi faccio problemi, non me lo rimprovero, è un fenomeno normale, benvenuto nel club, abbiamo tutti questa difficoltà, allora quando prendo consapevolezza che non sono più nel mio respiro, ma altrove, nei miei pensieri, quando me ne rendo conto, sorrido e ritorno al mio respiro, riparto nei miei pensieri e dolcemente ritorno alla respirazione, dieci volte, cento volte, mille volte, attraverso tutti questi andirivieni tra il mio respiro e i miei pensieri, sono esattamente nel cuore della pratica della piena coscienza.         Continuo a portare dolcemente la mia coscienza su ogni respiro, uno dopo l’altro, il più importante è quello attuale, lascio passare il passato, il respiro appena passato, lascio passare il futuro, e il respiro futuro, sono nel presente, qui, adesso, respirazione dopo respirazione. Fra poco quando sentiro’ il suono della campanella, lascero’ dolcemente l’esercizio, lasciando l’esercizio non lascero’ il mio respiro, ritornerò al respiro durante la giornata, per alcuni momenti, regolarmente, al centro di tutte le mie attività prenderò del tempo per sentire la mia respirazione, per sentire che esisto.                             
il suono della campanella - din, din , din.

Introduzione alla coscienza del corpo. Prendere coscienza del corpo. I non meditanti pensano spesso che la meditazione sia un’attività della mente, è invece in realtà un percorso soprattutto fisico, si tratta di collegarsi al proprio corpo e prestargli coscienza e attenzione, non si tratta di pensare al proprio corpo e giudicare cosa sta succedendo, non si tratta di provare a rilassarlo, ma semplicemente di entrare in contatto con lui, di esaminarlo tranquillamente, quando ci addormentiamo, quando ci risvegliamo, quando abbiamo un po’ di tempo libero, nei momenti in cui ci sentiamo perduti o alla deriva, la piena coscienza raccomanda allora di fare una deviazione nel nostro corpo, di prendere il tempo di sentire cosa sta succedendo, senza cercare niente di particolare.

Prendere coscienza del corpo. Vedi link  il suono della campanella - din, din , din.    Per cominciare, prendo del tempo per aprirmi al respiro, metterlo dolcemente al centro della mia esperienza e della mia coscienza, poi porto l’attenzione verso il corpo, meglio che posso, comincio ad allargare la coscienza al centro del mio corpo, prendo coscienza della mia posizione, permetto al mio busto di essere il più dritto possibile, sensa rigidità, lascio i miei reni incavarsi leggermente, le spalle aprirsi dolcemente, la mia nuca e la mia testa restano dritte e dignitose, come se un piccolo filo le tirava leggermente verso l’alto, come l’immagine di una marionetta dolcemente raddrizzata verso il cielo,                lascio le mie mani posarsi sulle coscie, nel modo più confortevole possibile, sento le dita, le mani, le braccia, prendo veramente il tempo di percepirle, non è la stessa cosa di dirsi : si, si, si le mie mani e le mie braccia sono là, evidentemente …                 nel modo migliore che posso, mi metto all’ascolto delle mie percezioni, sia se c’è poco o tanto a risentire, nello stesso modo prendo coscienza delle mie gambe, quello che sto percependo nelle mie caviglie, nei miei piedi, nei miei polpacci, nelle mie coscie,                    faccio attenzione a quello che sento nel basso ventre, nell’addome, nel torace, percepisco il mio cuore che è là, che batte,                                 prendo coscienza del mio dorso, di tutto il mio dorso, risalgo ai reni, fino alle spalle e alla nuca, poi porto l’attenzione al mio viso, prendo dolcemente coscienza dei muscoli delle mie mascelle, delle labbra, delle palpebre, della fronte, di tutta la testa, prendo coscienza di tutto il mio corpo,                      coscienza globale di tutto il mio corpo che è là, radicato nell’istante presente, che respira tranquillamente,                             se durante l’esercizio avverto un dolore, un disagio legato alla mia posizione cattura la mia attenzione, prendo il tempo di osservare e sentire cosa sta accadendo prima di reagire, il tempo di osservare il dolore o il disagio, in quale parte del mio corpo si manifesta, è fisso o mutevole ? che cosa succede se indirizzo la respirazione in quel punto, quali pensieri queste sensazioni sgradevoli fanno nascere nella mia mente, quali impulsi a muovermi, a cambiare posizione, a grattarmi, a interrompere l’esercizio,                              prendo coscienza di tutto questo, e decido, in piena coscienza che cosa voglio fare adesso: muovermi, grattarmi, interrompere l’esercizio oppure continuare l’esercizio tranquillamente, accettando che il disagio resti là, presente in un angolo della mia coscienza,                              lascio la mia attenzione percorrere tutto il corpo, prendendo coscienza dai piedi alla testa, al mio ritmo,                  certi giorni prendo il mio tempo, prendo piacere ad andare dolcemente, un altro giorno vado più veloce, è come una passeggiata in un posto che amo, foresta, campagna, al bordo del mare, di una riviera, di un lago,              percorro i sentieri del mio corpo come un posto che mi piace, e dove mi sento bene, fra poco, quando la campana suonerà, lascerò dolcemente l’esercizio, ma non lascero’ il mio corpo, ritornero’ regolarmente verso di lui durante la giornata, per alcuni istanti, anche durante le mie attività, per ascoltarlo e sentirlo, e prendermi cura di lui,                     il suono della campanella - din, din , din.

Introduzione ad accogliere i suoni. Accogliere i suoni. Fermatevi, chiudete gli occhi, ascoltate, accogliete tutti i suoni, quelli che arrivano dall’esterno, quelli piacevoli: un uccello che canta, o sgradevoli: un motore in funzione, e quelli che vengono da me, che mi soddisfano come la respirazione, o mi danno fastidio, come l’acufene, o i vari brontolii. Lo scopo di questi momenti di piena coscienza uditiva, non è di farmi del bene, non direttamente, ma aprire la mia coscienza all’esistenza di queste basi sonore, e alle emozioni, impulsioni, pensieri che scaturiscono in me, e poi, sicuramente, apprendere ad apprezzare i silenzi.

Accogliere i suoni. il suono della campanella - din, din , din.  Vedi link   Per cominciare prendo un momento per collegarmi al respiro, poi, meglio che posso prendo coscienza del mio corpo, cosi’ come è, qui e adesso, lascio il mio corpo respirare, mi metto all’ascolto di tutto quello che provo, e poi, dolcemente, vado ad accogliere alla coscienza i suoni, tutti i suoni che mi circondano,                       prendo coscienza del mio ambiente sonoro, di questo bagno costante di rumore, che arriva alle mie orecchie,                     certi suoni mi sembrano piacevoli: il canto degli uccelli, il vento, le onde, la musica, delle parole che vengono da lontano,        degli altri mi sembrano sgradevoli: il rumore di un motore, di martello, la suoneria telefonica, una voce troppo alta o forte, sia che li percepiscono come gradevoli o sgradevoli questi suoni, questi rumori sono là, arrivano alla mia coscienza, allora li accolgo senza dire niente, ne gioire,                li accolgo perchè sono già là, quale che sia il mio giudizio su di loro, i suoni che mi vengono in mente sono come l’immagine degli avvenimenti della mia vita, a volte gradevoli, a volte no, non posso impedire che qualche suono sgradevole sia là, come non posso impedire che certi avvenimenti sgradevoli arrivino, posso comunque rispondere, in un altro modo che quello dell’irritazione o della angoscia,                          allora li accolgo nella mia mente, tutti questi rumori, questi suoni, li accolgo,          perchè meditare non è isolarsi dal mondo ma di collegarmi al mondo, anche se è complicato o doloroso, la realtà è a volto complicata o dolorosa, e la piena coscienza puo’ aiutarmi a stabilire un rapporto pacifico e lucido con essa,                     l’accogliere i suoni mi apprende questo, posso osservare secondo l’esperienza in questo istante, ora, come è dififcile accogliere i suoni, senza pensare, senza giudicare, senza dar loro delle etichette, senza che richiamino delle immagini o dei pensieri,                     allora ogni volta che prendo coscienza che il mio mentale mi ha coinvolto, ritorno al suono stesso, giusto a quello che è, a questa caratteristica sia intensa, sia debole, continua o discontinua, si avvicina o si allontana,     e poi ci sono i silenzi tra i suoni, prendo coscienza della loro presenza, prendo i suoni giusto per quello che sono, lasciando l’esercizio non lascierò i suoni, ritornerò regolarmente ad essi durante la giornata, per momenti, in mezzo alle mie attività, cesserò di parlare, spegnerò la musica, ed ascolterò il mormorio dei luoghi, per prendere coscienza di questo fatto meraviglioso, io sto vivendo.   il suono della campanella - din, din , din.

Introduzione al distacco dai pensieri. Distaccarsi dai propri pensieri, quando chiudo gli occhi, e prendo coscienza del mio respiro, noto che rapidamente la mia mente se ne va, o piuttosto che i miei pensieri si riposizionano al centro della mia attenzione, come dei bambini capricciosi, pensare sulle cose da fare, pensare alla mia difficoltà di rimanere nell’esercizio. Ecco, il lavoro della piena coscienza sui pensieri consiste semplicemente a prendere coscienza del mormorio inarrestabile della mente e coscienza anche del suo potere di attrazione, per momenti, non osservero’ più i miei pensieri, ma saro’ dentro di essi, allenarmi incessantemente ad osservare come i miei pensieri possano prendersi gioco di me, e coinvolgermi, è quello che si chiama distacco e lucidità, cio’ necessita un lavoro regolare e continuo.

Distaccarsi dai pensieri. il suono della campanella - din, din , din. Vedi link Per lavorare sui pensieri, devo prima prestare attenzione a tutto il resto, ad esempio la respirazione, prendo un momento per collegarmi al mio respiro, poi, meglio che posso, prendo coscienza dell’insieme del mio corpo, come è, qui ed adesso, e poi dolcemente accolgo alla mia coscienza tutti i suoni che mi circondano, lascio il mio corpo respirare, risentire, ascoltare, ancora, ed ancora,             e ad un certo momento, ineluttabilmente, partirò nei miei pensieri, il vagabondaggio del pensiero è normale, non è un segno di sconfitta della mia meditazione, non è un avvenimento indesiderabile che poco a poco devo eliminare,                        NO, il vagabondaggio dei miei pensieri, il chiacchiericcio della mente, è un fenomeno normale, normale e abituale, talmente abituale che lo dimentico, e che improvvisamente mi fondo con i miei pensieri, li confondo con la realtà,                 la piena coscienza mi permette di osservare chiaramente questo fenomeno, e di allenarmi tranquillamente a prendere le distanze dal chiacchiericcio della mente, allora, appena realizzo che sono partito, e ripartito nel mentale, appena realizzo che non sono più centrato sull’istante presente, ma che sto per pianificare, prevedere, programmare, rimuginare, immaginare, giudicare,                              appena realizzo che sono uscito dalla piena coscienza dell’esercizio, appena prendo coscienza di tutto questo,                           allora, mi fermo, e ritorno a me, il vagabondaggio della mia mente non è un problema, è un’occasione di comprendere e di lavorare, quando vedo di essere uscito dall’esercizio per seguire un pensiero,         sono già ritornato nell’esercizio,                 questo movimento di distrazione e di ritorno nella pratica è il migliore degli allenamenti, è la base della piena coscienza,                    più medito, più ne sono a conoscenza, questa dispersione non è un ostacolo ma un regalo prezioso,                un monito,  un ricordo permanente della maniera in cui funziona la nostra mente,                 … certi pensieri e emozioni sono cosi’ convincenti e potenti che si presentano come la stessa realtà, se un pensiero mi dice « non ci riusciro’ » allora reagisco come se fosse vero e il mio corpo, il mio cuore reagisce come se fosse vero, se un’emozione di angoscia o di disperazione mi sommerge, se ho il sentimento che è la catastrofe, allora reagisco come se fosse vero, e il mio corpo, il mio cuore reagisce come se fosse vero, e questo mi fa soffrire, ….                               Ma spesso i miei pensieri e le mie emozioni sbagliano, e si prendono gioco di me, molto spesso, la pratica della piena coscienza mi aiuta a considerare i miei pensieri come ho considerato il mio respiro, le sensazioni del mio corpo, la mia reazione al suono,                  molti dei miei pensieri sono dei fenomeni che vanno e vengono, appaiono e spariscono, se mi accontento di osservarli, cosi’ come osservo le nuvole che passano nel cielo, le foglie al vento, posso osservare i miei pensieri.           Dopo l’esercizio conserverò in me questo rapporto amichevole, di curiosità e benevolenza, di prudenza e distanza con i miei pensieri,              gli automatismi della mente possono nello stesso tempo aiutarmi o prendermi in giro, devo solo sforzarmi di essere il più possibile cosciente di questo. il suono della campanella - din, din , din.

Riferimenti.

  •  Video su Youtube - I poteri insospettabili della meditazione - Vedi link
  • Tal Ben Shahar (1970 -), il professore del benessere, è un insegnante e scrittore americano-israeliano specializzato nel campo della psicologia positiva e della leadership, ed autore del libro: Choisir sa vie e L'apprentissage du bonheur.
  • Marie-Laurence Cattoire ha creato nel 2014 Meditation & Action è un blog sulla pratica meditativa che colora tutti gli aspetti della vita, al lavoro, in famiglia, nella società. Nel blog Marie-Laurence Cattoire racconta i suoi incontri con maestri, insegnanti e autori eccezionali e la sua esperienza di meditazione nella vita quotidiana.  Vedli link
  • Sharon Salzberg (1952-) è una scrittrice americana, autrice di best-seller e specialista in meditazione buddista. Autrice del libro L'amour qui guèrit, se non ci amiamo la nostra volontà di fare del bene si trasforma in sacrificio.
  • Evelyne Bissone Jeufroy, autrice del libro Quatre plaisirs par jour, au minimum! les bienfaits du plaisir sur le corps et l'esprit.  Il piacere ci ricarica in energia, è una via di accesso alla spiritualità, la visualizzazione di un progetto gradevole è suscettibile di accrescere le difese immunitarie. Fare una lista di 25 piaceri personali. Spesso si instaura una resistenza al piacere, dando troppa importanza all’intelletto, bisogna cessare di essere saggi ed essere entusiasti. Le ricerche di Carl Simonton sul tumore hanno messo in evidenza che i malati di tumore hanno spesso un eccessivo senso del dovere, senso di colpabilità, sono alla ricerca della perfezione.
  • Chade-Meng Tan (1971-) è un ex ingegnere informatico e motivatore di Google noto soprattutto per salutare le celebrità che visitano il campus di Google. Meng è leader di pensiero e filantropo, ed anche  autore di bestseller internazionali come Search Inside Yourself: The Secret to Unbreakable Concentration, Complete Relaxation and Effortless Self-Control.
  • Fabrice Midal (1967 - ) è un filosofo francese, fondatore della Scuola occidentale di meditazione. Rivendica la pratica di un buddhismo laico ed è l'autore del libro Frappe le ciel, écoute le bruit: ce que vingt-cinq ans de méditation m'ont appris.

La storia zen del contadino saggio.

Questa è una tra le storie zen che mi hanno colpito maggiormente. E’ un racconto che ci mostra come le apparenze possono ingannare e di come il bene e il male possono essere solo una temporanea apparenza.  Ecco la storia del contadino saggio.

C’era una volta, in un villaggio cinese, un vecchio contadino che viveva con suo figlio e un cavallo, che era la loro unica fonte di sostentamento. Un giorno, il cavallo scappò lasciando l’uomo senza possibilità di lavorare la terra.
I suoi vicini accorsero da lui per mostrargli la loro solidarietà dicendosi dispiaciuti per l’accaduto.
Lui li ringraziò per la visita, ma domandò loro: “Come fate a sapere se ciò che mi è successo è un bene o un male per me? Chi lo sa!
I vicini, perplessi dall’atteggiamento del vecchio contadino, andarono via.

Una settimana dopo, il cavallo ritornò alla stalla, accompagnato da una grande mandria di cavalli. Giunta la notizia agli abitanti del villaggio, questi tornarono a casa del contadino, congratulandosi con lui per la buona sorte.
Prima avevi solo un cavallo ed ora ne hai molti, è una grande ricchezza. Che fortuna!”, dissero.
Grazie per la visita e per la vostra solidarietà”, rispose lui, ma come fate a sapere che questo è un bene o un male per me?
I vicini, ancora una volta rimasero sconcertati dalla risposta del vecchio contadino e se ne andarono via.

Qualche tempo dopo, il figlio del contadino, nel tentativo di addomesticare uno dei nuovi cavalli arrivati, cadde da cavallo rompendosi una gamba.
I vicini premurosi tornarono a far visita al contadino dimostrandosi molto dispiaciuti per la disgrazia.
L’uomo ringraziò per la visita e l’affetto di tutti e nuovamente domandò: “Come potete sapere se l’accaduto è una disgrazia per me? Aspettiamo e vediamo cosa succederà nel tempo.
Ancora una volta la frase del vecchio contadino lasciò tutti stupefatti e senza parole se ne andarono increduli.

Trascorsero alcuni mesi ed il Giappone dichiarò guerra alla Cina. Il governo inviò i propri emissari in tutto il paese alla ricerca di giovani in buona salute da inviare al fronte in battaglia. Arrivarono al villaggio e reclutarono tutti i giovani, eccetto il figlio del contadino che aveva la gamba rotta.
Nessuno dei ragazzi ritornò vivo. Il figlio del contadino invece guarì e i cavalli furono venduti procurando una buona rendita.

Il saggio contadino passò a visitare i suoi vicini per consolarli ed aiutarli, come loro si erano mostrati solidali con lui in ogni situazione.
Ogni volta che qualcuno di loro si lamentava, il saggio contadino diceva: “Come sai se questo è un male?”. Se qualcuno si rallegrava troppo, gli domandava: “Come sai se questo è un bene?

Gli uomini di quel villaggio capirono allora l’insegnamento del saggio contadino che li esortava a non esaltarsi e a non lasciarsi abbattere dagli eventi, accogliendo sempre ciò che è, consapevoli del fatto che – al di là del bene e del male – tutto potrebbe rivelarsi diverso da come appare.

martedì 29 giugno 2021

Il misticismo quantico

Mai nessuna scoperta scientifica si è dimostrata così vicina a certe idee spirituali come la teoria della fisica quantistica. Il misticismo quantistico è un insieme di credenze metafisiche e pratiche associate che cercano di collegare la coscienza, l’intelligenza, la spiritualità o mistiche visioni del mondo alle idee della meccanica quantistica e alle sue interpretazioni.   Vedi l'interessantissimo articolo sul misticismo quantico

   
Il misticismo quantistico, nel senso di coscienza che ha un ruolo nella teoria dei quanti, è apparso per la prima volta in Germania negli anni ’20, quando alcuni dei principali fisici quantistici, come Erwin Schrödinger, si sono spinti verso tali interpretazioni delle loro teorie. Altri, come Albert Einstein e Max Planck, si opposero a queste interpretazioni. Nonostante l’accusa di misticismo da parte di Einstein, Niels Bohr negò l’accusa, attribuendola a equivoci. 

Nella seconda metà del XX secolo, la polemica aveva fatto il suo corso -le conferenze di Schrödinger del 1958 si dice che “segnano l’ultima di una generazione vissuta con la controversia sul misticismo”- e oggi la maggior parte dei fisici sono realisti che non credono che la teoria quantistica sia coinvolta con la coscienza. Nel 1961, Eugene Wigner scrisse un articolo, intitolato “Osservazioni sulla questione mente-corpo”, in cui suggerisce che l’osservatore cosciente giochi un ruolo fondamentale nella meccanica quantistica e sia capace di creare la realtà. Mentre il suo lavoro sarebbe servito da ispirazione per successivi lavori mistici, le idee di Wigner erano principalmente filosofiche. Come si è chiesto una volta Einstein (un fermo realista): la luna esiste solo se guardata? Anche se un tale punto di vista sembra improbabile nelle nostre vite quotidiane, nella meccanica quantistica le osservazioni dei fisici possono talvolta influenzare ciò che stanno osservando su una scala quantistica. Come sostiene la famosa interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica, non dovremmo parlare di una realtà oggettiva diversa da quella che viene rivelata attraverso la misurazione e l’osservazione. Ma questo non era il pensiero ermetico.

Scienza e coscienza. Il dibattito sulla coscienza nella teoria quantistica iniziò intorno al 1927, allorchè Einstein accusò Neils Bohr di introdurre un misticismo incompatibile con la scienza. Bohr negò l’accusa e accusò a sua volta Einstein di fraintenderlo nella sua ipotesi secondo cui gli umani sono sia attori che osservatori nel mondo. Eppure, mentre Bohr credeva che i processi quantici si verificassero senza la necessità di osservatori, egli simpatizzò anche con l’idea che un’estensione della teoria dei quanti potesse aiutare a comprendere la coscienza. Einstein, da parte sua, si oppose categoricamente a qualsiasi soggettività nella scienza. Era in disaccordo con l’opinione di Bohr che non è scientifico chiedere se il gatto di Schrödinger in una scatola sia vivo o morto prima che venga fatta un’osservazione. Einstein dedicò gran parte della sua vita successiva alla ricerca di elementi della realtà per fare della meccanica quantistica una teoria basata sul realismo. Per esempio, l’esperimento mentale noto come Paradosso EPR (paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen), nel 1935, tentò di ripristinare il realismo e la causalità della teoria. D’altra parte, Wolfgang Pauli fece proprie alcune delle opinioni di cui Einstein accusò Bohr. Pauli favorì l’ipotesi del “misticismo lucido”, una sintesi tra razionalità e religione, e ipotizzò che la teoria dei quanti potesse unificare gli approcci psicologici/scientifici e filosofici/mistici alla coscienza. La prospettiva di Pauli fu influenzata dal filosofo Arthur Schopenhauer, le cui opinioni sulla realtà furono a loro volta influenzate dalle religioni orientali e dalla loro certezza che questa realtà fisico-sensoriale fosse pura illusione. Altri fisici avevano opinioni diverse. Max Planck, aderente al cristianesimo, inquadrava la controversia come l’obiettività della scienza e del cristianesimo contro il misticismo di Schopenhauer e la sua divulgazione del buddismo e dell’induismo. Planck considerava la religione (il cristianesimo) e la scienza compatibili sulla base della sua opinione secondo cui entrambi sono basati sull’oggettività, ma si riferiscono a distinti aspetti della realtà. Nel frattempo, Paul Dirac ha respinto ogni tipo di vocabolario religioso, sostenendo che “la religione è un miscuglio di false affermazioni senza basi nella realtà”. Negli anni successivi Werner Heisenberg e Erwin Schrödinger si sporsero verso il lato del misticismo, irritando Einstein e Planck. Per gli altri, la scelta non era chiara. Il matematico John Von Neumann intenzionalmente usò termini ambigui per discutere la filosofia delle equazioni quantistiche, il che significa che poteva adattarsi ad entrambe le parti. Nel 1958 Schrödinger, ispirato da Schopenhauer, pubblicò le sue lezioni “Mind and Matter”, sostenendo la differenza tra gli strumenti di misura e l’osservazione umana: la registrazione di un termometro non può essere considerata un atto di osservazione, in quanto non contiene alcun significato in sé. Quindi, la consapevolezza è necessaria per rendere significativa la realtà fisica: “Alcuni di voi, sono sicuro, chiameranno ciò ‘misticismo’; quindi, con tutto il dovuto riconoscimento del fatto che la teoria fisica sia sempre relativa, nel senso che dipende da alcune ipotesi di base, possiamo asserire che la teoria fisica nella sua fase attuale suggerisca fortemente l’indistruttibilità della Mente dal Tempo”. Le lezioni di Schrödinger segnano l’ultima fase di una generazione caratterizzata dalla controversia sul misticismo. La meccanica quantistica, fino alla seconda guerra mondiale, esisteva in un contesto prevalentemente tedesco, e questa cultura ha contribuito a formare il mistico zeitgeist dell’epoca. La polemica morì nella seconda metà del secolo, quando la cultura della fisica passò nell’area anglo-americana. La maggior parte dei fisici contemporanei sono, come Einstein, realisti e non credono che la coscienza abbia un ruolo nella teoria dei quanti. La visione moderna dominante è che un’osservazione non fa sì che un atomo esista nella posizione osservata, ma che l’osservatore trovi la posizione di quell’atomo. Quindi, la realtà non dipende dall’osservatore ed è di per sè. La controversia sul misticismo in meccanica quantistica non ha coinvolto solo pochi fisici e mistici (come sembra oggi), ma un tempo ha attratto la comunità della fisica in generale. Alcune delle idee di allora sono riemerse, come nel libro del 1961 di Eugene Wigner sull’argomento, che ha ispirato libri popolari come The Tao of Physics e The Dancing Wu Li Masters, che cercano di coniugare fisica quantistica e misticismo orientale per una nuova generazione, insieme al recente film What the Bleep Do We Know?. Oggi è scienza contro religione, ma al tempo della fondazione della meccanica quantistica non lo era. C’erano fisici religiosi su entrambi i lati della querelle. La maggior parte dei fisici rilevanti possedeva quelle che potremmo chiamare oggi credenze religiose, sia occidentali che orientali. Quando parliamo oggi delle “due culture”, scienza e scienze umane, ci riferiamo alla famosa lezione dei primi anni ‘50 di CP Snow, in Gran Bretagna, che lamentava la divisione. I pensatori tedeschi dei decenni precedenti erano a malapena in quella fase di specializzazione della disciplina. Tra le teorie attuali sul campo quantistico, le teorie più importanti sono in debito con il lavoro di [Hermann] Weyl e Dieter Pauli. Eppure molti fisici oggi sarebbero scioccati se avessero saputo come Weyl e Pauli siano giunti a capire il concetto di “campo” quando hanno scritto i loro articoli classici. Entrambi erano immersi nel misticismo, alla ricerca di un modo per unificare la mente e la fisica. Weyl pubblicò una conferenza in cui concludeva appoggiando il misticismo cristiano-matematico di Niccolò Cusano. Inoltre, l’articolo pubblicato da Pauli su Keplero lo presenta come parte della tradizione mistica occidentale che studiò.

Appropriazione da parte del pensiero New Age. All’inizio degli anni ‘70, la cultura New Age, ostile alla scienza ortodossa quanto la scienza lo è a tutto il cosiddetto irrazionale, comincia a incorporare idee dalla fisica quantistica, a partire dai libri di Arthur Koestler, Lawrence LeShan e altri, che suggerivano che i presunti fenomeni parapsicologici potessero essere spiegati dalla meccanica quantistica. In questo decennio, emerge il gruppo Fundamental Fysiks, un gruppo di fisici che abbraccia la mistica quantistica impegnandosi in parapsicologia, meditazione trascendentale e varie pratiche mistiche orientali e New Age.. Ispirato in parte da Eugene Wigner, Fritjof Capra, un membro del gruppo Fundamental Fysik scrive Il Tao della fisica: Un’esplorazione dei paralleli tra fisica moderna e misticismo orientale (1975), un libro che abbraccia la fisica quantistica New Age e che guadagna presto popolarità tra il pubblico non scientifico. I principali scrittori del settore non erano stravaganti autori di New Age ma fisici molto esperti come il citato Capra, David Bohm, John Wheeler e Paul Davies. Questi fisici iniziarono a interpretare la teoria quantistica da una prospettiva filosofico-idealista, secondo cui la mente produce materia. La fisica della coscienza è ora un ramo importante e rispettato della teoria dei quanti. Nel 1979, arriva la pubblicazione di The Dancing Wu Li Masters di Gary Zukav, il maggior successo tra seguaci di Capra. Intanto, il gruppo Fundamental Fysiks viene accusato dagli scientisti di essere uno degli agenti responsabili della “enorme quantità di sciocchezze pseudoscientifiche” che circonda le interpretazioni della meccanica quantistica. La ricerca seria in quest’area viene ora svolta in modo trasversale da molti Fisici. Il modello Bootstrap, formulato da Geoffrey Chew, ha avviato importanti interpretazioni teoriche in questo ambito, seguito dal lavoro di David Bohm, che era stato uno studente di Einstein. La sua teoria dell’Ordine Implicito, espressa in Universo, mente e materia postula l’idea che le particelle siano in effetti “raccoglitori di intelligenza” e che si comportino come la mente. Questa teoria rese il “misticismo quantistico” un ramo importante. Bohm fu professore di fisica teorica all’Università di Londra prima della sua morte nel 1993 e fu un forte sostenitore dell’Induismo, che si basa sulla nozione di la mente produce materia. I suoi numerosi libri svilupparono enormemente quest’area. La teoria delle superstringhe e la teoria M continuarono a sviluppare il “misticismo quantistico” ad un nuovo livello. Altri scienziati tra cui il fisico Paul Davies,il cui best-seller The Mind of God è diventato un testo classico in quest’area. Gli scrittori sul misticismo quantistico hanno fatto tutta una serie di asserzioni che sono state fatte proprie dal movimento New Age, le cui teorie e soprattutto pratiche sono l’applicazione delle specifiche affermazioni filosofiche del misticismo quantistico con l’intenzione di produrre o mantenere cambiamenti positivi: non c’è osservatore separato dalla realtà … non c’è una realtà separata dall’osservatore. Come osservatori, siamo personalmente coinvolti nella creazione della nostra realtà. I fisici sono costretti ad ammettere che l’universo è una costruzione “mentale”. Il flusso di conoscenza si sta dirigendo verso una realtà non meccanica; l’universo comincia a sembrare più un grande pensiero che una grande macchina. La mente non sembra più un intruso accidentale nel regno della materia, dovremmo piuttosto chiamarlo il creatore e il governatore del regno della materia. L’universo è immateriale, mentale e spirituale. Max Planck, padre della teoria quantistica, disse: “Considero la coscienza fondamentale. Considero la materia come derivata dalla coscienza. Non possiamo rimanere indietro alla coscienza. Tutto ciò di cui parliamo, tutto ciò che consideriamo esistente, postula la coscienza”. Lo stesso Einstein, disse: “La realtà è semplicemente un’illusione, anche se molto persistente”. Il mondo e gli oggetti nel mondo non hanno un’esistenza indipendente dalla coscienza umana. Il filosofo irlandese del XVIII secolo George Berkeley anticipò i quantistici affermando: “esse est percipi” ovvero “essere significa essere percepiti”. Berkeley aderiva all’Immaterialismo ovvero alla dottrina per cui nulla esiste al di fuori della mente: non esiste la materia, ma solo Dio e gli spiriti umani. Come Platone, il re dei filosofi idealisti, anche Berkeley credeva che la realtà si risolve in una serie di idee che esistono solo quando vengono percepite da uno spirito umano. Ma se Berkeley metteva Dio al centro della percezione, Dio nell’uomo, la New Age pone solo la coscienza. Inoltre, il corpo è fondamentalmente fatto di informazioni ed energia, e percepito come materia solida. La mente e il corpo sono la stessa cosa e non sono divisibili. Le reazioni biochimiche del corpo sono un prodotto della consapevolezza. La percezione della realtà è un comportamento appreso. Questo cambiamento di pensieri può mutare il corpo. C’è una coscienza o un’intelligenza sottostante che connette tutti. Il tempo è una percezione umana, non una realtà.

La Guarigione quantica.
Tra le varie tecniche New Age, la guarigione quantica è una pratica che comporta l’alterazione della percezione e dei pensieri dell’individuo in modo da trasformare il corpo in modo positivo e curativo. La pratica si basa sul principio che il corpo esiste in stati indeterminati, come determinato dalla coscienza soggettiva della mente. Si basa anche sull’affermazione che risultati positivi per la salute possono essere raggiunti indirizzando la percezione soggettiva della realtà da parte dell’individuo. Viene detta quantum woo la giustificazione delle credenze spirituali mediante un riferimento confuso alla fisica quantistica. Parole chiave come “campo energetico”, “onda di probabilità” o “dualità onda-particella” sono usate per trasformare magicamente i pensieri in qualcosa di tangibile per influenzare direttamente l’universo e la materia e le nostre vite. Ciò si traduce, come detto, nella Legge di Attrazione o nella guarigione quantica. Alcuni hanno trasformato il quantum in una carriera, come Deepak Chopra , che spesso presenta concetti mal definiti della fisica quantistica come prova per Dio e per altri pensieri magici. Quando un’idea sembra troppo folle da credere, il proponente spesso fa appello alla fisica quantistica come spiegazione. Non è qui in discussione la possibile interazione tra scienza quantistica e spiritualità, ma l’uso indiscriminato che si fa del termine “quantistico” nella New Age per vendere ogni genere di prodotto o servizio. C’è veramente di tutto: dal reiki quantistico, al massaggio quantistico, allo shiatsu quantistico fino all’ipnosi quantistica. “Quantistico” è diventato uno specchio per le allodole, perchè sembra offrire un attributo di grande serietà e innovazione ad una certa pratica in oggetto. La verità è che nè gli autori o i guru cd quantistici nè i loro lettori e allievi conoscono veramente la meccanica dei quanti. D’altronde, la quantistica che promette di “creare ciò che si pensa e si osserva in primo luogo nella mente” offre un formidabile destro alla teorie New Age del “pensiero positivo” e della “legge di attrazione” che sembrerebbero essere dimostrate dalla prima.  Ci si chiede perché molti hanno tratto conclusioni mistiche dalla meccanica quantistica.  Per sua natura, il quantum disegna un velo quasi “mistico” sulla realtà fisica che vediamo. Le cose interagiscono attraverso l’entanglement: non esistono realmente in un punto preciso nello spazio e così via. Questi sono attraenti addentellati per “spiegare” perché la gente dice di sapere quando il loro partner è morto, o ha avuto un’esperienza fuori dal corpo o altro. Anche perché è complicato e quando proviamo a usare le parole, usiamo parole che sono facilmente dirottate. Ad esempio, “entanglement” ha proprietà ben definite e obbedisce a leggi severe , ma suona anche come una specie di unione, un altro ingresso nella stranezza. Fondamentalmente, non è facilmente comprensibile dal pubblico, quindi soggetto a incomprensioni. La teoria quantistica non può essere interpretata in termini di nozioni di senso comune (è incompatibile con il realismo locale). Non esiste un’interpretazione consensuale della teoria quantistica (perché l’interpretazione è fondamentalmente una questione filosofica che non può essere decisa dall’esperimento), per cui molte interpretazioni diverse e incompatibili spesso aggiungono confusione. In primo luogo, vi è una tendenza comune a confondere le interpretazioni della teoria dei quanti con la teoria quantistica stessa, errore compiuto da molti fisici. Inoltre, alcuni fisici importanti e rispettati (ad esempio, Wigner, von Neumann) hanno adottato interpretazioni che collegano esplicitamente la misurazione quantistica con la coscienza, che è essa stessa un mistero (o almeno un “problema difficile”).

Contro il misticismo quantistico. L’americano Daniel Pinchbeck, peraltro esperto di sciamanesimo, ha scritto a favore della joint “misticismo-fisica dei quanti” qualcosa di ampiamente condivisibile: “gli esperimenti di fisica quantistica supportano la prospettiva mistica orientale secondo cui l’universo è una proiezione di una singola coscienza, Brahma o Atman. Quella coscienza è infinita, senza limiti nel suo potenziale creativo, giocando costantemente a nascondino con noi attraverso il suo dispiegarsi (l’universo stesso è Maya, un’illusione magica, e Lila, gioco divino). Il fatto che sempre più persone stiano vivendo e riconoscendo la sincronicità fa parte dell’evoluzione continua della coscienza verso una nuova realizzazione, che integra scienza e misticismo. Può darsi che, se un numero sufficiente di noi si rende conto che siamo quella coscienza che esplora e sperimenta se stessa, possiamo fare un salto quantico o una mutazione spontanea nella coscienza della nostra specie nel suo insieme – un fenomeno di punto di svolta, dove otteniamo l’accesso diretto a capacità psichiche che sono ora disponibili ma in qualche modo da noi protette e bloccate”. Se un uomo di scienza dovesse confutare tale asserzione, direbbe che gli esperimenti quantistici non supporterebbero affatto la prospettiva mistica e speculazioni esplicitamente metafisiche. Essi non supporterebbero nulla senza interpretazione, e quegli esperimenti hanno spazi relativamente ristretti di contesto applicabile che devono essere sostenuti affinché i risultati siano interpretabili. Gli esperimenti producono risultati. I risultati vengono interpretati in base allo scopo. Non possiamo semplicemente sostituire quelli della scienza con la metafisica e quindi pretendere prove sperimentali per congetture astratte. Questa, secondo l’ortodossia scientifica, è una mossa ben nota in cui si cerca di acquisire l’autorità della verità dalla scienza per un’asserzione metafisica altrimenti maldestra. Alcuni arrivano al punto di usare la parola “dimostrare”, affermando che “la fisica quantistica dimostra che …”. Chi vuole coniugare la coscienza col quantum, spiegando il matrimonio in termini mistici, non conosce in effetti nè la coscienza, che è un mistero di per sè, nè la neuroscienza nè il cervello, o i modi specifici con cui questo organo si relaziona e media le nostre esperienze di coscienza. Le persone senza alcuna comprensione delle neuroscienze, con poca conoscenza formale della natura della coscienza e nessuna consapevolezza del contesto o delle specifiche della fisica quantistica non dovrebbero probabilmente dirci della natura della coscienza e della fisica quantistica. Quando lo fanno, ciò che troveremo è un’illusione selvaggia e vertiginosa. Ma il positivista e la scienza non ammettono che la mente non sia localizzata nel cervello nè coincida con esso, nè ammettono l’esistenza dell’anima, in quanto, come l’idea di Dio, non scientificamente dimostrabile.

Cos'è la coscienza secondo i fisici?

“Cos’è la coscienza? Con la scoperta del campo unificato, il cosiddetto campo della superstringa, anche se non da tutti accettato, siamo in grado di comprendere che la vita è fondamentalmente ‘Uno’.    

Nessuna scoperta scientifica si è dimostrata così vicina a certe idee spirituali come la teoria della fisica quantistica. Il misticismo quantistico è un insieme di credenze metafisiche e pratiche associate che cercano di collegare la coscienza, l’intelligenza, la spiritualità o mistiche visioni del mondo alle idee della meccanica quantistica e alle sue interpretazioni.  Nel 1961, Eugene Wigner scrisse un articolo, intitolato “Osservazioni sulla questione mente-corpo”, in cui suggerisce che l’osservatore cosciente giochi un ruolo fondamentale nella meccanica quantistica e sia capace di creare la realtà. Negli anni settanta si forma il gruppo Fundamental Fysiks, un gruppo di fisici che abbraccia la mistica quantistica impegnandosi in parapsicologia, meditazione trascendentale e varie pratiche mistiche orientali. Molti fisici esperti Fritjof Capra, David Bohm, John Wheeler e Paul Davies aderirono a questo movimento. Capra scrive Il Tao della fisica: Un’esplorazione dei paralleli tra fisica moderna e misticismo orientale (1975).     Vedi l'interessantissimo articolo sul misticismo quantico

Alla base della diversità della vita c’è ‘Unità’ di mente e materia, e questa è la coscienza universale. La coscienza non è creata dal cervello, non è semplicemente il risultato di una reazione molecolare, di processi chimici nel cervello, ma è l’aspetto fondamentale in natura, ed è chiamato il ‘campo unificato’.”

John Hagelin (1954) è un fisico teorico quantistico statunitense di fama mondiale, specializzato nella teoria delle superstringhe, noto per le sue ricerche nelle teorie di unificazione dei campi asserisce: “Tutta la materia origina ed esiste solo in virtù di una forza, che porta la particella di un atomo allo stato vibrazionale, e che tiene assieme questo piccolissimo sistema solare dell’atomo. Dobbiamo assumere, dietro a questa forza, l’esistenza di una mente cosciente ed intelligente. Questa mente è la matrice di tutta la materia.”

Max Planck (1858 – 1947), il fisico tedesco che ha ideato la teoria dei quanti e la meccanica quantistica che, insieme con la teoria della relatività di Albert Einstein, è uno dei pilastri della fisica moderna diceva  "Considero la coscienza come fondamentale e la materia come derivata dalla Coscienza. Non possiamo andare oltre la Coscienza e tutto ciò di cui parliamo, tutto ciò che consideriamo esistente, postula la "Coscienza".  “Ad un livello molto profondo la materia e la coscienza sono completamente inseparabili e interconnesse, proprio come in un videogame il giocatore e lo schermo sono uniti dalla partecipazione in un processo comune. In questa visione, la mente e la materia sono due aspetti di un unico tutto e non sono più separabili di quanto non lo siano la forma e il contenuto. A livelli molto profondi la coscienza dell’umanità è Una. Questa è una certezza virtuale perché anche nel vuoto la materia è una, e se noi non vediamo questo, è perché siamo ciechi di fronte a questa realtà.Vorrei dire che nel mio lavoro scientifico e filosofico il mio principale interesse è stato di comprendere la natura della realtà in generale e della coscienza in particolare come un tutto coerente, che non è mai statico o completo ma che è un processo senza fine di movimento e di apertura".

David Bohm (1917 – 1992)  fisico e filosofo statunitense, ha elaborato la cosiddetta interpretazione della meccanica quantistica. Bohm ha inoltre elaborato la cosiddetta teoria olografica, per cui nell’universo esisterebbe un ordine implicito, che non vediamo e che Bohm paragona ad un ologramma, nel quale la sua struttura complessiva è identificabile in quella di ogni sua singola parte. “La coscienza è il recipiente che contiene tutto, assolutamente tutto quanto avviene nell’Universo, e al di fuori del quale non esiste nulla.  La sola possibilità è di accettare l’esperienza immediata che la coscienza è un singolare di cui non si conosce plurale; che esiste una sola cosa, e ciò che sembra una pluralità non è altro che una serie di aspetti differenti della stessa cosa, prodotta da un’illusione (il maya indiano); la stessa illusione è prodotta da una serie di specchi, e allo stesso modo Gaurisankar e il monte Everest risultano essere la stessa vetta vista da differenti vallate.

Erwin Schrödinger (1887 – 1961) è stato un fisico e matematico austriaco. È noto per i suoi contributi alla meccanica quantistica, in particolare per l’equazione d’onda, poi chiamata equazione di Schrödinger in suo onore, per la quale vinse il Premio Nobel per la fisica nel 1933, e per il famoso esperimento mentale del gatto di Schrödinger.  La coscienza è il fondamento dell’esistenza al di là del cervello e di qualsiasi e di qualsiasi cosa possiamo immaginare, ipotizzare o intuire. È incredibile, per me, che tutte quelle persone intelligenti capaci di costruire grandi acceleratori e condurre ricerche, diciamo così, avventurose, non nutrano poi il minimo dubbio sulla loro metafisica di base, secondo la quale tutto è solo e unicamente materia.   La mente, la consapevolezza, non sono altro che epifenomeni del cervello. La fisica quantistica  afferma che se la materia consiste in possibilità di consapevolezza, allora anche la mente, le energie vitali che percepiamo e gli archetipi che intuiamo possono rientrare tra le possibilità della consapevolezza...  La consapevolezza è il fondamento di tutto l’essere, inclusa la materia. La materia consiste di onde di possibilità tra cui la consapevolezza può scegliere.

Amit Goswami (1936-), fisico quantistico nato in India, ha conseguito il dottorato in Fisica nucleare teorica all’Università di Calcutta nel 1964. È stato professore di Fisica all’Università dell’Oregon fino al 1968. Il professor Goswami è pioniere di un paradigma scientifico multidisciplinare fondato sul primato della coscienza, conosciuto come Scienza all'interno della Coscienza. La sua ricerca è stata pubblicata nelle riviste scientifiche in tre diversi campi, fisica, biologia e psicologia.  Nella sua essenza la quantistica è la fisica delle possibilità. Qualunque oggetto è fatto di possibilità.  La coscienza non è materiale. Il cervello non crea la coscienza perché essa non è un fenomeno cerebrale. In fisica quantistica, continua il professor Goswami, abbiamo delle possibilità, di conseguenza possiamo dire che abbiamo possibili particelle elementari che creano possibili atomi, che compongono possibili molecole, che a loro volta, creano possibili reti neurali che formano un possibile cervello che ci dà una possibile coscienza.  Chiediamoci allora in che modo la coscienza interagisce con la materia... Dobbiamo ritenere la coscienza, non la materia, come fondamento dell’esistenza. È un cambio radicale di paradigma. E se pensiamo che la materia sia fatta di possibilità di coscienza, allora dobbiamo ritenere che non sia il cervello a creare la coscienza, bensì che sia contrario: è la coscienza stessa a creare il cervello. È evidente allora come in questo modo possa comprendersi che la scelta di coscienza non è più un atto dualistico di coscienza e materia. Il dualismo scompare perché la coscienza nell’interagire con il campo quantico sta scegliendo una sola possibilità che di per sé è la propria possibilità. 

Fred Alan Wolf (1934 - ) oltre ad essere un fisico quantistico e uno scrittore, ha insegnato in numerose università, in USA e in Europa. La sua passione e la sua competenza nell’ambito della fisica quantistica e negli studi sulla coscienza emergono con evidenza dalle sue numerose pubblicazioni scientifiche. Fred Alan Wolf durante la sua vita ha incontrato e collaborato con alcuni dei più famosi scienziati del nostro tempo, tra cui David Bohm, Richard Feynman e Werner Karl  Heisenberg (vedi in fondo all'articolo)Dai più profondi strati della fisica, passando per la  metafisica approdò al misticismo e alla spiritualità. Uno dei temi piu’ affascinanti della nuova fisica quantica è l’idea che la realtà fa capolino allorché la tocchi con la coscienza e sparisce dall’esistenza quando la privi della tua coscienza. Se segui questo fino alla sua conclusione logica vedi che c’è una sola Anima nell’universo. Una Coscienza capace di far venire alla luce una realtà e toglierla dalla manifestazione. Se hai questa esperienza è perché ti sei identificato o stai lavorando per riconoscere questo tipo specifico di consapevolezza o ne fai parte. Questo accendersi e spegnersi della realtà è una parte molto importante: indica che la mente o questa Mente unica fa parte del mondo fisico.  Se il mondo fisico è maya, illusione, che cos’è reale? Questa è la domanda che ci fa impazzire. Ma la realtà non è solo il mondo fisico, è la relazione della mente con il mondo fisico che ci procura la percezione della realtà. Non c’è realtà senza la percezione di quella realtà. , lo esamini e cerchi di capire come funziona, concludi scientificamente che la fisica quantica governa queste leggi operative. Esiste da più di 100 anni e le sue leggi funzionano universalmente. Il mondo non è come sembra apparire. Ci sono strani accavallamenti di realtà, realtà parallele e oggetti che esistono in due luoghi allo stesso tempo e questo tipo di cose...  Se accetti l’Uno, allora la sola possibilità dell’illusione di separazione dall’Uno è di basare il ragionamento sulla dualità. La dualità è molto più di due. Dualità è tutto quello che sembra esistere al di fuori dell’Uno o separata dall’Uno.  Questa unità è inconcepibile e inavvicinabile. Non può essere definita, poiché il solo atto di definizione è distinguere qualcosa da qualcos’altro è di per sé dualistico, è dualità, separazione. 

Tutti questi fisici hanno avuto molti contatti con l'India ed i suoi filosofi.

Abert Einstein nel 1930 si incontra a Berlino con il premio Nobel per la letteratura Rabindranath Tagore grazie al dott. Mendel amico comune. Il loro incontro è ricordato come un chiaro se no di vicinanza tra scienza e spiritualità, due mondi che possono coesistere nel mondo e nell'uomo.

Werner Karl Heisenberg (1901-1976) è stato un fisico tedesco. Fu uno dei principali artefici della meccanica quantistica. Dalle parole di Fritjof Capra: "Nel 1929 Heisenberg trascorse un periodo in India, ospite del celebre poeta indiano Rabindranath Tagore, con il quale ebbe lunghe conversazioni sulla scienza e sulla filosofia indiana. Questa introduzione al pensiero indiano portò a Heisenberg grande conforto, mi disse. Cominciò a vedere che il riconoscimento della relatività, dell'interconnessione e dell'impermanenza come aspetti fondamentali della realtà fisica, che era stato così difficile per lui e i suoi colleghi fisici, era la base stessa delle tradizioni spirituali indiane. Dopo queste conversazioni con Tagore", ha detto, "alcune delle idee che erano sembrate così folli improvvisamente avevano molto più senso. Questo è stato un grande aiuto per me".

John Hagelin é noto anche per essere un esponente del Transcendental Meditation movement. 

Max Planck aveva la convinzione dell'impossibilità di «giungere all'eliminazione completa di ogni elemento metafisico dall'epistemologia della fisica».
L'attività scientifica non trova in sé i propri presupposti e richiede «la fede in qualcosa di extrascientifico» richiede, come minimo, un'opzione preliminare circa l'esistenza di un mondo esterno, indipendentemente dal ricercatore, di «un ordine universale che possiamo conoscere in certa misura». 

David Bohm ha avuto molti contati con il grande Maestro spirituale J. Krisnamurti ed hanno scritto insieme un testo Dove il tempo finisce.

Erwin Schrödinger entrò in contatto con la filosofia indiana intorno al 1918, attraverso gli scritti di Schopenhauer. Ardente studente delle Upanishad, Schopenhauer aveva dichiarato: "In tutto il mondo non c'è studio così benefico e così elevato come quello delle Upanishad. È stato il conforto della mia vita. Sarà il conforto della mia morte".  L'Isha Upanishad afferma: "il Brahman forma tutto ciò che è vivente o non vivente... il saggio sa che tutti gli esseri sono identici al suo sé, e il suo sé è il sé di tutti gli esseri".  Schrödinger era affascinato da questo pensiero. Secondo il libro di Subhash Kak The Wishing Tree (2008), Schrödinger chiamò il suo cane Atman, e le sue conferenze finivano spesso con l'affermazione "Atman=Brahman", che lui chiamava - con un certo orgoglio - la seconda equazione di Schrödinger. La fisica quantistica elimina il divario tra l'osservatore e l'osservato. Le Upanishad dicono che l'osservatore e l'osservato sono le stesse cose. Nel suo libro del 1944 Che cos'è la vita?,  si chiede "Se il mondo è davvero creato dal nostro atto di osservazione, ci dovrebbero essere miliardi di questi mondi, uno per ciascuno di noi. Come mai il tuo mondo e il mio mondo sono uguali? Se succede qualcosa nel mio mondo, succede anche nel tuo? Cosa fa sì che tutti questi mondi si sincronizzino tra loro?"  Trovò la sua risposta, di nuovo, nelle Upanishad. "C'è ovviamente una sola alternativa", scrisse, "Cioè l'unificazione delle menti o delle coscienze. La loro molteplicità è solo apparente, in verità c'è una sola mente. Questa è la dottrina delle Upanishad".

Amit Goswami insegna in vari Istituti e al Sivananda International Yoga and Vedanta Centers.  

Fred Alan Wolf  ha scritto il testo The yoga of time travel.

 Richard Phillips Feynman (1918-1988) è stato un fisico e divulgatore scientifico statunitense, Premio Nobel per la fisica nel 1965 per l'elaborazione dell'elettrodinamica quantistica.

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