giovedì 23 maggio 2024

Rencontres altruistes a Parigi

Sabato 25 e domenica 26 maggio 2024 si svolgerà a Parigi la terza edizione dei Rencontres Altruistes organizzata dall'associazione Karuna Shechen fondata da Matthieu Ricard, presso la Fondazione GoodPlanet (Bois de Boulogne). 

Un fine settimana dedicato alla riflessione, all'ispirazione e all'azione altruistica, che riunisce persone impegnate a costruire un mondo più unito e pacifico. 

Dal locale al globale: un weekend per coltivare l'impegno altruistico a ogni livello. 

 In programma: tavole rotonde, meditazioni e workshop, condotti da esperti e agenti di cambiamento.

Tra i relatori ci saranno:

 


 La joie de se tourner vers les autres 

Christophe André et Matthieu Ricard ont dialogué sur le double bienfait de l'altruisme à la fois pour les autres mais aussi pour nous-mêmes.

 
Voir la vidéo


 


 L'altruisme au travail 

Une discussion sur les différentes dimensions du sens au travail, cherchant à trouver l’équilibre entre nos aspirations, notre bien-être et notre contribution au bien commun avec Inès Vanderschelden, Fabien Secherre et Ludovic de Gromard.

 
Voir la vidéo


 


 Imaginons une société altruiste 

Une discussion stimulante sur la façon dont nous pouvons contribuer à créer un monde plus compatissant et solidaire pour les générations à venir avec Matthieu Ricard, Ilios Kotsou et Magali Payen.

 
Voir la vidéo

Rencontres Altruistes

(Re)vivre le week-end en vidéo

 

Samedi 25 et dimanche 26 mai, nous avons eu le plaisir d'organiser la troisième édition des Rencontres Altruistes à la Fondation GoodPlanet. Ce week-end, dédié à la réflexion, à l’inspiration et à l’action altruiste, a été un véritable succès.

 

Nous vous proposons de revivre quelques moments forts : un échange inédit entre Matthieu Ricard et Christophe André, une discussion sur la place de l'altruisme au travail et une table-ronde pour imaginer les contours d'une société altruiste.

 
Visionner les tables-rondes
 

Lo yoga cura il corpo e rilassa la mente

La pratica dello yoga ci permette di portare alla superficie le nostre qualità positive innate come benevolenza, compassione, altruismo, tolleranza, atteggiamento non giudicante e pace e utilizzarle nelle nostre relazioni quotidiane. Diventare un miglior essere umano è un obiettivo molto ambizioso ma non è il vero scopo dello yoga.  Lo scopo principale dello yoga è il conseguimento della trasformazione della coscienza, è un cammino verso elevati stati di consapevolezza e coscienza. Lo Yoga è una forma di unione tra se stessi e l'universo. Una forma di presenza assoluta. 

È l'unione dei vari piani dell'esistenza: un'armonia di corpo, mente e respiro e energia. E' l'abbandonarsi al Tutto, al Divino (Ishvara pranidhana), il sentire di far parte di qualcosa di più grande. È soprattutto un percorso psico-fisico ed energetico, di allineamento, espressione ed espansione del corpo, dell'anima e della mente attraverso l'unione di movimento, respiro e silenzio.   

Questo cammino include la pratica di posizioni fisiche (asana), respirazioni (pranayama), meditazioni, comportamenti etici che includono il rispetto per ogni forma di vita e un’alimentazione sana e rispettosa della natura. Il benessere psico-fisico è un semplice effetto collaterale, la mera conseguenza di trattare il corpo come un dono sacro (nello yoga il corpo è il tempio su cui costruire il percorso).

Lo Yoga è una disciplina che cura il corpo e rilassa la mente; con la pratica regolare e costante sentiamo affiorare in noi benessere, calma e lucidità mentale. Si sviluppa un atteggiamento di maggiore responsabilità e equanimità, per affrontare al meglio le prove e le sfide della vita quotidiana.   E' un’educazione dolce all’ascolto profondo di sé. Ciò vuol dire allenarsi a tirare fuori la potenzialità positiva della mente, mettendola in condizione di fare il miglior lavoro possibile per raggiungere il benessere psicofisico, utilizzando gli strumenti che si hanno a disposizione nelle circostanze attuali, qui e ora.
Lavorando sul piano psico-emozionale, il praticante di Yoga riesce a definire meglio il proprio cammino esistenziale.   

Lo Yoga investe il corpo e la mente  in senso pratico, al fine di rendere la mente duttile attraverso l’addestramento fisico, e viceversa. 

La pratica dello yoga è caratterizzata da una serie di tecniche corporee statiche e dinamiche: posture fisse, respirazione, meditazione, ripetizione di mantra, tecniche di purificazione. Permette di conseguire efficaci benefici a livello fisico sciogliendo le tensioni, tonificando la muscolatura, curando la salute delle articolazioni e degli organi interni, migliorando la circolazione, la postura, la capacità polmonare e rafforzando il sistema immunitario. Inoltre, con l’assiduità e la costanza di una pratica regolare, lo Yoga estende i suoi benefici oltre il corpo fisico: permette di concentrare la mente e di rilassarla, riducendo notevolmente lo stress.
Le posizioni dello Yoga (in sanscrito: asana), concepite per aumentare la flessibilità del corpo e il tono muscolare, attivano il sistema cardio-circolatorio, tonificano il sistema nervoso e favoriscono conseguentemente il controllo delle proprie emozioni e la concentrazione. L’esecuzione di asana si accompagna a un senso di benessere e di stabilità fisica e mentale, porta  ad una maggiore consapevolezza dei processi fisici e psichici.
Le numerose tecniche di respirazione (pranayama) ci aiutano a contrastare l’eccesso di stress, ridurre i disturbi del sonno, aumentare la facoltà di controllo e gestione della sfera psico-emotiva.
Allo scopo di calmare l’iperattività e la dispersione della mente vengono insegnati metodi di rilassamento psico-fisico e, in seguito, specifiche tecniche di concentrazione e meditazione.
Con la pratica costante e regolare, la meditazione attiva la sfera intuitiva e aumenta la creatività personale e  quindi si rivelano le grandi potenzialità latenti in ognuno di noi.

Benché il suo scopo originario non sia il miglioramento dello stato di salute ma la realizzazione spirituale, il benessere fisico che deriva dalla pratica dello Yoga non è secondario, al punto che il suo valore terapeutico oggi è riconosciuto e attestato.   Lo Yoga può essere praticato da tutti senza difficoltà, così, si ricorre allo Yoga per curare le patologie più diverse, rendendolo di fatto praticato in tutto il pianeta e generando una miriade di pratiche particolari, tra gli altri, la ginnastica dolce, lo stretching e il Pilates.
"Se si pratica lo yoga con costanza nel tempo, ne risulta di solito una maggiore ampiezza di movimento di molte articolazioni, un’accresciuta libertà di movimento del corpo tutto e anche più forza e più equilibrio nel compiere i movimenti stessi". (Jon Kabat-Zinn).

Questo cammino è caratterizzato da una disciplina articolata attorno a quattro livelli di interiorizzazione:

  • il livello somatico, che ha come obiettivo la purificazione del corpo,
  • il livello etico, volto alla purificazione e stabilizzazione della mente,
  • il livello “psicologico”, che comporta un attacco alla mente empirica, che deve essere trascesa,
  • il livello metafisico, cioè la realizzazione trascendentale del Sé.

Questi livelli ruotano attorno a:

  • alcune prassi fisiche e respiratorie (asana e pranayama),
  • prescrizioni etiche (yama, che comprende la non violenza, l’onestà, l’assenza di desiderio, la purezza del cuore e la non passività),
  • osservanze morali (niyama, che comprendono purezza, appagamento, ardore per la pratica, studio e conoscenza di sé, abbandono alla trascendenza),
  • abilità psicologiche e introspettive (pratyahara),
  • vari livelli di concentrazione meditativa: dharana, dhyana e samadhi, il raccoglimento profondo che implica quiescenza e capacità di vedere la verità dell’esistenza.

Lo Yoga promuove il benessere generale del praticante e agevola il processo riabilitativo dalle malattie e da eventi fisici traumatici, se si pratica con costanza e tenacia. Lo Yoga è una medicina lenta e il cambiamento avviene un poco alla volta, essendo concepito come un percorso per gradi sin dall’origine. Attraverso una pratica costante la trasformazione psicofisica comincia a manifestarsi: si respira meglio, il corpo è più armonico, si affronta meglio la fatica, la mente beneficia di un profondo rilassamento. 

Sulla sponda di un torrente, seduti per il tempo necessario, si può osservare l’acqua che leviga le rocce. Allo stesso modo, con pazienza e per il tempo che ci occorre e modulando lo Yoga nello sforzo possibile per ciascuno di noi, la disciplina cambia la vita esteriore e interiore, levigandone le asprezze come l’acqua sulla pietra.

venerdì 10 maggio 2024

Liberarsi del superfluo

Liberarsi del superfluo è utile per semplificare la routine ed avere più tempo per noi stessi. Applicare un approccio minimalista a tutti gli aspetti del quotidiano è la soluzione definitiva per liberare la mente e avere una vita più tranquilla.
Il minimalismo psicologico si riferisce alla tendenza a semplificare il nostro stile di vita. Dal punto di vista emotivo, si tratta di cercare di affrontare i sentimenti così come sono. A livello cognitivo si tratta di tenere i pensieri concentrati sul presente.


I protagonisti del documentario di Netflix, Minimalismo. Il meno è ora, sono Joshua Fields Millburn e Ryan Nicodemus, una coppia di amici che ha creato il blog The Minimalists che è il portabandiera dello stile di vita “semplificato”. Nel documentario i due protagonisti espongono il “gioco dei 30 giorni minimalisti”, una pratica apparentemente semplice: nel primo di questi 30 giorni ci si sbarazza di una cosa, nel secondo di due, nel terzo di tre e così via, fino a raggiungere il 30° giorno. Con il passare dei giorni la sfida diventa sempre più difficile e impegnativa. Il loro consiglio è quello di condividere la sfida con un amico o un familiare e agire sempre alla stessa ora e prima di mezzanotte.

I due amici hanno cominciato con una variante "soft" della sfida, che è consistita nello sbarazzarsi di una cosa al giorno. In otto mesi, si sono liberati di oltre il 90% delle cose che possedevano, finendo per conservare solo quelle che avevano una reale funzione.

Nel documentario vengono riportati alcuni dati statistici, come il fatto che in una casa americana si accumulano in media 300mila oggetti o che, sempre negli Stati Uniti, si spende ogni anno più denaro per l'acquisto di scarpe, gioielli e vestiti di quanto ne venga investito nell'istruzione superiore. Il paradosso consiste nel fatto che si tratta perlopiù di oggetti assolutamente inutili.

«Il minimalismo ci porta ad avere poche cose e a goderne, perché sono effettivamente necessarie», dice lo psicologo José Elias. «Al contrario, essere circondati da tante cose costituisce unicamente una fonte di preoccupazione, dato che la loro gestione – si tratti anche solo di tenerle pulite – ci sottrae tempo che potremmo dedicare a noi stessi, anche senza fare nulla».
Semplificato la vita e limitando gli acquisti  si guadagna tempo per le relazioni, gli interessi personali, la creatività, le finanze... Sbarazzandosi di tante cose e tanti problemi si riesce anche a dedicarsi di più agli altri. Dopo aver fatto pulizia in casa e alleggerito il guardaroba, si prova un senso di sollievo mentale. Inoltre, questo esercizio porta a riflettere sul reale valore delle cose che possediamo e a dedicare più tempo al benessere emotivo, che tendiamo a ignorare a beneficio delle preoccupazioni materiali.

“Più si ha, più si vorrebbe” può anche essere un detto popolare, ma la verità è che il nostro cervello funziona esattamente così. «Quando otteniamo tutto ciò che desideriamo, ci rendiamo conto di esserci sbagliati nel ritenere che questo ci avrebbe reso felici, perché il cervello normalizza la nuova situazione», dice T.K. Coleman, direttore della Foundation for Economic Education, durante un intervento all'interno del documentario. «In breve tempo, ci ritroviamo a pensare: “D'accordo, ho ottenuto quello che volevo, ma adesso voglio qualcos'altro". Ed ecco che quello che prima era il vertice dei nostri desideri diventa solo un altro gradino di un'infinita scala aspirazionale». 

Nel documentario di Netflix, Minimalismo. Il meno è ora, viene presentata la “regola dei 30 giorni”.   

giovedì 9 maggio 2024

Il sito Buddhism Today

Il sito Buddhism Today cerca di mostrare come l'insegnamento buddhista (il dharma) integri il miglior pensiero contemporaneo. Sul sito si trovano interventi di lama e di praticanti buddisti,  ma anche gli scritti di scienziati, psicologi, artisti e altri pensatori critici e creativi.

Buddhism Today è anche una pubblicazione che si propone di fornire informazioni sul Buddhismo tibetano della scuola Karma Kagyu. Questa tradizione autentica e viva è stata trasmessa da maestro a studente, attraverso i secoli, per oltre 2.500 anni.

Vedi:   https://buddhism-today.org/

venerdì 3 maggio 2024

Tipi di meditazione

La meditazione come pratica spirituale è una pratica millenaria, di origini induista - buddhista, cristiana, mussulmana, ebraica. Prima era praticata in ambienti segreti come monasteri, poi a partire dagli anni 60,  la meditazione trascendentale ha cominciato a diffondersi presso il largo pubblico, praticata anche dai Beatles presso l'ashram indiano di Maharishi Mahesh Yogi.


Nel 1975, Thich Nhat Hanh pubblica il libro Il miracolo della presenza mentale. Come ebbe a dire Jon Kabat-Zinn (biologo e scrittore statunitense, professore emerito di medicina, e appassionato di yoga, zen e pratiche meditative), è stato “il primo libro che abbia portato all’attenzione di un ampio pubblico di lettori l’argomento della consapevolezza. Ha aperto nuovi orizzonti nella scena della meditazione della fine degli anni Settanta e dei primi anni Ottanta, portando la pratica fuori dalla sala di meditazione e mostrando in che modo la consapevolezza potesse trovare applicazione nella vita di tutti i giorni”.

Alla fine degli anni '90 Jon-Kabat-Zinn,  facendo riferimento alla meditazione di consapevolezza di Thich Nhat Hanh, introduce un modo di meditare che poteva essere praticato senza convertirsi, senza fare una cerimonia di iniziazione o diventare discepolo di un guru.  Il programma MBSR creato e messo a punto da Jon Kabat-Zinn ha lo scopo di aiutare le persone a ridurre il dolore e lo stress attraverso un percorso strutturato, in cui si uniscono la tecnica mindfulness ad aspetti scientifici e psicoeducativi. Lo stesso ha fatto il psichiatra Christophe André in Francia.

La pratica meditativa continua e intensa trasforma il nostro corpo e la nostra mente, questo è stato dimostrato dagli esperimenti condotti da Matthieu Ricard (un monaco buddhista e grande meditante) e Richard Davidson, uno dei massimi specialisti nelle neuroscienze. Insieme hanno sperimentato e documentato come cambia la struttura del cervello quando siamo in meditazione e in contemplazione. 

 La meditazione regolare modifica la neuroplasticità del cervello, alcune parti del cervello aumentano di volume, si attivano, si restringono, come ad esempio l'amigdala. E' stato scientificamente provato anche l’effetto positivo della meditazione sui telomeri, che sono tappi di protezione alle estremità dei cromosomi che diventano più brevi ad ogni divisione cellulare.

Definizione di meditazione.  

Per i buddhisti:  La parola sanscrita per meditazione, “bhavana”, significa “coltivare” e la parola tibetana “gom” significa “familiarizzare”. Così, in un certo senso, la meditazione si riferisce all’allenamento della mente, coltivando qualità salutari, come la presenza attenta e l’amore altruistico, e in un altro modo si riferisce al diventare più familiare con il funzionamento della nostra mente e, infine, con la vera natura della mente, che è sia consapevole che priva di esistenza intrinseca. Si possono anche distinguere due tipi principali di meditazione: analitica e contemplativa. La prima si usa per esempio quando si de-costruisce la nozione di un “sé” indipendente, unitario e duraturo o quando si medita sull’impermanenza e l’interdipendenza di tutti i fenomeni (interessere di Thay) ; la seconda è quella di riposare nella natura ultima della mente, nell’unione di apparenza e vuoto.
Gli insegnamenti buddhisti e la meditazione buddhista hanno come obiettivo di dimostrare l'impermanenza, il non sé (o l’inconsistenza del sè) e arrivare al nirvana (eliminazione della sofferenza o dukkha). Qualsiasi insegnamento che non rechi questi tre sigilli non può essere considerato un insegnamento buddhista. Nulla ha un'esistenza separata o un sé separato. Ogni cosa deve interagire con tutte le altre.

Nirvana significa estinzione, soprattutto estinzione delle idee - le idee di nascita e morte, esistenza e non esistenza, andare e venire, sé e altro, uno e molti. Tutte queste idee ci fanno soffrire. La meditazione buddhista, (vedi Thich Nhat Hanh) è comunque sempre socialmente impegnata, cerca di ridurre la sofferenza e le diseguaglianze nella società.

Nel buddhismo ci sono due tappe: quella del rilassamento o calma mentale (samatha), attraverso la quale si può accedere ad uno stato di visione profonda (vipassanā),  per entrare così in contatto con la vera realtà, senza mediazioni, e dunque comprenderla e accettarla per quello che è. Entrambe si basano sull’attenzione e sul controllo del respiro. All’inizio la mente osserva la respirazione o i movimenti del corpo, poi  diviene un tutt’uno con questi.

Per la Mindfulness:   La meditazione non è pensare con gli occhi chiusi o schiarirsi le idee. La meditazione è un allenamento per coltivare una visione calma e lucida del mondo e di se stessi. È un allenamento della mente per andare verso questo. La meditazione mindfulness segue un percorso che passa attraverso il momento presente: ci centriamo sulla nostra esperienza del momento, che osserviamo con distacco (respiro, corpo, suoni, pensieri); poi, da questo punto di ancoraggio nel presente e nella realtà, osserviamo il funzionamento della nostra mente, del nostro corpo e la nostra connessione con il mondo.   La mindfulness viene utilizzata negli ospedali per affrontare lo stress, la depressione, per affrontare meglio il dolore. Uno degli obiettivi della Mindfulness è riuscire a stare meglio con se stessi.

I tre punti che spiegano il successo della meditazione di piena coscienza (o mindfulness) sono:   le tecniche sono state laicizzate, (propongono un modo diverso di quello di essere in un monastero, con la relativa visione del mondo filosofica o religiosa);  le tecniche sono state semplificate e codificate, (eliminati gli aspetti esoterici, iniziazione, ecc,);  sono state validate dalla ricerca scientifica con l'obiettivo di integrarle nella nostra società Occidentale.
Cotituiscono una porta di entrata alla meditazione che potrà poi essere approfondita. Oggi, nella società occidentale, la meditazione è stata integrata alle cure mediche, introdotta nelle scuole, nelle carceri, nelle aziende.  La  pratica della meditazione porta ad una stabilizzazione emozionale,  ed ha un impatto favorevole sulla salute.

Per lo Yoga :  La meditazione è, tra l’altro, l’importante opportunità di incontrare la propria realtà non fisica, il proprio Sé, e non è, quello che a volte si pensa, una forma di suggestione. La meditazione porta con sé grandi possibilità di trasformazione ed opera sul piano dell’intuizione, della percezione, della presenza.   Ci permette di entrare in contatto con la nostra parte non fisica e di tornare a vedere che i nostri strumenti non sono solo i sensi, ma anche la coscienza. Ci aiuta a conoscere e quindi imparare a gestire la realtà senziente della nostra costituzione; gestire le molteplici impressioni immagazzinate a vari livelli nel conscio, subconscio e inconscio, durante tutta la nostra esistenza, a volte causa di problemi e instabilità mentale; favorisce, altresì, la salute psicofisica aiutandoci a mantenere un costante contatto con il nostro Sé; ci insegna ad essere spettatori dis-identificati della nostra esistenza e come pratica conseguenza ad essere riflessivi, calmi e positivi.
 Ciò che l’orientale intende conseguire con le sue pratiche interiori è sicuramente volto in altre direzioni: sperimentare il mentale nel tentativo di superarlo e giungere a stadi “sovraordinari” di contemplazione che coincidano con stati di coscienza diversi da quelli comuni, nei quali l’uomo si identifica con il contenuto della sua mente.
"La parola meditare è spesso usata impropriamente; per l'occidentale meditare si riferisce a mens, al mentale e alla sua attività. Invece, per l'orientale, la pratica è rivolta in altre dimensioni, per superare il mentale, per arrivare a stati superiori di coscienza e contemplazione, degli stati di coscienza diversi dal comune per entrare in contatto con la parte più spirituale dell'essere, al nostro vero Sé. L'uomo vive identificato con i contenuti della mente, creati soprattutto dalle emozioni, è un'esperienza ricolorata dal mentale, si producono così immagini distorte scambiate per realtà e ci si allontana dalla visione oggettiva".        Per prima cosa occorre suddividere le meditazione in due tipi: di suggestione e di conoscenza, sono di suggestione la maggior parte delle meditazioni praticate in Occidente e non sono il linea con la meditazione orientale. Queste meditazioni guidate e accompagnate da suoni sono considerate propedeutiche, favoriscono le condizioni, per eventualmente andare oltre e possono aiutare a far sorgere le qualità necessarie per la meditazione di conoscenza. In questa meditazione il meditante è solo, nemmeno con un maestro. I sensi sono totalmente annichiliti, e si utilizza l'unico strumento idoneo che è la coscienza, per andare a conoscere quella realtà che il nostro vero Sè.  Occorre diventare spettatori del corpo, del respiro, delle emozioni,  e acquisire consapevolezza dei pensieri e del contenuto della mente.
Lo yoga è anche cercare un contatto con il Divino, è Isvara (o Ishvara) pranidhana, abbandonarsi al Divino, sentirsi parte di un Tutto, di qualcosa di più grande.  Isvara Pranidhana è l'ultimo dei Niyama descritti da Patanjali e significa abbandono, resa al divino. Si deve riconoscere la nostra parte divina e applicare questo principio nella vita.

I 5 kosha e i 3 corpi

La filosofia dello yoga ci insegna che l'essere umano non è solo un corpo fisico fatto di ossa, muscoli e sangue, ma tre corpi complessi (il corpo fisico, il corpo astrale e il corpo spirituale, comunemente conosciuto come anima) collegati tra loro attraverso l'energia vitale (il prana) e composti da molteplici strati  chiamati kosha.

  • 1. Il corpo fisico chiamato anche "corpo grossolano", comprende i muscoli, le ossa, gli organi e tutte le altre parti che compongono la tua forma fisica. E' composto da cinque elementi primari: terra, acqua, fuoco, aria  ed etere. Ecco perché abbiamo bisogno di un apporto quotidiano di questi cinque elementi per mantenere il nostro corpo fisico. L'antica scienza dell'Ayurveda si basa sul principio che questi cinque elementi devono essere rinfrescati regolarmente per mantenere il corpo sano e libero da malattie. Nello yoga, si praticamo asana (posizioni yoga) e meditazione per bilanciare gli elementi e mantenere la salute e la vitalità del corpo fisico.
  • 2. Il corpo astrale o energetico è il corpo sottile che sta alla base del corpo fisico ed è il ponte tra il corpo fisico e quello spirituale. I canali di energia sottile e i centri di energia noti come nadi e chakra si trovano in questo corpo. 

Il corpo sottile è composto da 19 elementi in totale:

  • 5 organi d'azione (Karma indriyas):     organo della parola   mani piedi  genitali ano, l'organo di escrezione
  • 5 sensi della conoscenza:    sentire     gustare    annusare     ascoltare  vedere
  • 4 strumenti interiori:     Mente     Intelletto     Subconscio     Ego
  • 5 prana:     Udana     Prana     Samana     Apana     Vyana

I prana sono le energie sottili di cui abbiamo bisogno per le attività della vita come pensare, parlare, muoversi, digerire, ecc. ed esistono cinque tipi di prana principali:

  • 1- L'Udana prana si riferisce all'energia o alla forza vitale situata sopra il cuore. Udana controlla i processi corporei in questa regione, come il cervello, gli occhi, il naso e le mani. Il prana udana proviene dall'elemento spazio.
  • 2- Il prana prana funziona esplicitamente nella regione del cuore ed è responsabile della regolazione del battito cardiaco. Quindi, possiamo ringraziare il prana prana per la salute del cuore. Il prana si ottiene attraverso l'elemento aria. Attraverso la pratica del pranayama, puoi imparare a controllare il respiro e a migliorare il flusso di prana verso il cuore. Questo può favorire la salute cardiovascolare e il benessere emotivo.
  • 3- Il Samana prana è la forza vitale responsabile di facilitare la digestione e il metabolismo nel corpo umano. Questa energia proviene dal sole e dall'esercizio fisico. Samana si trova nel plesso solare, quattro dita sopra l'ombelico, appena sotto la gabbia toracica.
  • 4 - Il Vyana prana è  responsabile della circolazione del sangue e degli altri fluidi corporei in tutto il corpo. Questo prana viene ricavato dall'acqua, che è fondamentale per mantenere l'equilibrio dei fluidi nel corpo. Il Vyana si trova tre dita sotto l'ombelico, anche se l'Ayurveda riconosce il cuore come sua sede principale.
  • 5. L'Apana Prana è la forza dell'escrezione. Questo prana elimina ed espelle le scorie e le tossine dal corpo. Possiamo ottenere l'apana consumando cibi terrosi, come ortaggi a radice, cereali e legumi. Apana si trova nella regione pelvica, che comprende il basso addome, i fianchi e gli organi riproduttivi.
  • 3. Il corpo spirituale o causale è il corpo seme. Questo corpo continua a vivere per tutte le vite e immagazzina le impressioni sottili, sotto forma di karma, di tutto ciò che ti è accaduto in questa vita e nelle vite passate. Ciò significa che il corpo causale determina lo sviluppo dei corpi grossolani e sottili nella vita successiva. Quando moriamo, il corpo spirituale assume un nuovo corpo fisico e astrale. Questo processo è chiamato reincarnazione, che significa "di nuovo in carne e ossa".  Il corpo spirituale è anche il corpo che ci connette al divino. Di conseguenza, possiamo usarlo come veicolo per raggiungere l'obiettivo finale della nostra pratica: l'illuminazione o l'autorealizzazione. Gli elementi del corpo spirituale sono:     Anima      Conto Karma      Libero arbitrio      Samskara (impronte lasciate sulla mente dalle azioni).

I 5 kosha si trovano all'interno dei 3 corpi. Kosha in sanscrito significa "guaina" o "copertura", i kosha sono cinque strati che racchiudono la Pura Coscienza (Purusha) o Sé (atman).  In sanscrito sono chiamati Annamaya Kosha (guaina del cibo), Pranamaya Kosha (guaina del prana o della vita), Manomaya Kosha (guaina della mente), Vijnanamaya Kosha (guaina della conoscenza o della saggezza) e Anandamaya Kosha (guaina della beatitudine). I 5 kosha, o strati, fungono da tabella di marcia per il nostro viaggio alla scoperta di noi stessi. Comprendendo e lavorando attraverso ciascuno di questi strati, possiamo gradualmente muoverci verso uno stato di maggiore consapevolezza e autorealizzazione.
1. Annamaya Kosha: guaina del cibo. Il primo e più esterno strato del Sé è Annamaya Kosha, che letteralmente significa guaina alimentare. Si tratta del corpo fisico fatto di materia, che comprende la pelle, le ossa, i muscoli, gli organi e altri tessuti. Questo kosha è responsabile dei nostri bisogni primari di sopravvivenza, come cibo, acqua e riparo. È attraverso l'Annamaya Kosha che sperimentiamo il mondo fisico e interagiamo con l'ambiente naturale che ci circonda.
2. Pranamaya kosha: guaina vitale,   Il Pranamaya kosha è la guaina energetica del corpo. Questo kosha è composto dai cinque prana principali menzionati in precedenza e aiuta a far fluire l'energia vitale in tutto il corpo. Di conseguenza, il Pranamaya kosha svolge un ruolo importante nelle funzioni vitali di cui abbiamo bisogno per restare in vita, come la respirazione, la digestione e la circolazione.
3. Manomaya kosha: guaina mentale,  manas significa mente. Questo kosha è l'involucro mentale del corpo ed è costituito da sentimenti, pensieri, emozioni, memoria e immaginazione. Questo kosha è responsabile delle nostre funzioni cognitive, come la memoria, la percezione e il ragionamento, ed è il luogo in cui elaboriamo le nostre esperienze ed emozioni.
4. Vijnanamaya kosha: guaina intellettuale,  Vijnanamaya, che significa conoscenza o saggezza, è la guaina che distingue gli esseri umani dagli animali. Sebbene entrambi possiamo provare emozioni e legami profondi, solo gli esseri umani hanno la capacità intellettuale di determinare il bene dal male e l'eterno dall'illusorio.  L'intelletto, l'intuizione e la saggezza interiore fanno tutti parte del Vijnanamaya kosha, il che lo rende un fattore chiave per la nostra crescita e il nostro sviluppo spirituale. Questo kosha è anche il luogo in cui ci connettiamo con il nostro io più profondo e sperimentiamo un senso di unità con l'universo.
5. Anandamaya kosha: guaina beata,  Anandamaya kosha è la guaina piena di beatitudine. È il velo più fine e sottile che copre il Sé (atman) ed è anche conosciuto come il livello dell'anima. La guaina della beatitudine è ciò che ci permette di provare gioia, amore e felicità. È anche responsabile dell'appagamento e della liberazione spirituale ed è il luogo in cui sperimentiamo la nostra interconnessione con tutte le cose.

Come trascendere i 5 kosha. La prima menzione dei 5 kosha può essere fatta risalire a uno dei più antichi testi sanscriti, la Taittiriya Upanishad. La Taittiriya Upanishad ci insegna che l'obiettivo della vita umana è trascendere questi 5 kosha e realizzare la vera natura del Sé, che è al di là di tutti gli strati dell'esistenza.

Solo immergendoci nei 3 corpi e rimuovendo i kosha possiamo trovare la nostra vera natura e accedere a livelli più profondi di coscienza e realizzazione. Poiché ogni guaina è completamente diversa, utilizziamo metodi diversi per trascendere il suo strato e viaggiare ulteriormente verso il Sé.

  • Trascendere l'Annamaya kosha significa capire che sei più del tuo corpo e che puoi andare oltre i limiti del corpo fisico. Possiamo attingere a livelli più profondi della nostra coscienza attraverso la pratica regolare delle asana e una dieta corretta.
  • Trascendere il Pranamaya kosha significa capire che sei più delle tue energie. Attraverso la pratica regolare del pranayama, puoi sviluppare una maggiore consapevolezza del respiro e dell'energia sottile del corpo. Questo può portare a una comprensione più profonda della connessione tra gli aspetti fisici, mentali e spirituali del tuo essere. Inoltre, aiuta a calmare la mente , a ridurre lo stress e l'ansia e a migliorare la salute e il benessere generale.
  • Trascendere attraverso Manomaya kosha significa capire che sei più della tua mente. Praticare yamasyama e niyama e impegnarsi nel servizio altruistico può aiutarti a trascendere i confini del Manomaya kosha e ad accedere a livelli di coscienza più profondi. In questo modo puoi ottenere un maggiore senso di pace interiore, compassione e unità con te stesso e con gli altri.
  • Trascendere attraverso il Vijnanamaya kosha significa capire che sei più del tuo intelletto e della tua capacità di analisi. Lo studio delle scritture, la giusta indagine (Chi sono io?) e la meditazione sono tutti metodi comuni per penetrare e superare il Vijnanamaya kosha. Lo studio delle scritture e la pratica dell'auto-indagine ci permettono di coltivare la saggezza e di comprendere la natura della realtà e lo scopo dell'esistenza. La meditazione è anche un potente strumento per calmare l'intelletto e andare oltre le limitazioni del corpo e della mente. 
  • Il samadhi è un modo efficace per trascendere l'Anandamaya kosha. Il samadhi è uno stato di meditazione profonda in cui si viene completamente assorbiti dal Sé e si sperimenta uno stato di pura coscienza. In questo stato, puoi trascendere le limitazioni della maya (illusione) e sperimentare la vera natura del Sé. La pratica del samadhi richiede anni di pratica dedicata e la guida di un insegnante esperto. Non è qualcosa che si può ottenere da un giorno all'altro. 

I chakra sono 7 centri energetici situati lungo la colonna vertebrale che mantengono l'equilibrio dei diversi aspetti fisici ed emotivi del Sé. Si tratta di Chakra della radice, Chakra sacrale, Chakra del plesso solare, Chakra del cuore, Chakra della gola, Chakra del terzo occhio e Chakra della corona.
Sebbene sia i kosha che i chakra descrivano aspetti diversi del corpo umano e della coscienza, i kosha si concentrano maggiormente sugli strati che ricoprono il Sé, mentre i chakra si concentrano sui centri energetici del corpo sottile. Entrambi i concetti sono importanti nella pratica yogica e possono essere esplorati attraverso varie tecniche, come asana, pranayama, mudra, meditazione e canti.
Attraverso questa pratica si può arrivare ad uno stato di coscienza più profondo e scoprire così la nostra vera natura.  Lavorando sui kosha, sui corpi, sui chakra possiamo gradualmente rimuovere gli strati di illusione e avvicinarci a sperimentare la vera essenza del nostro essere. 

Dal sito  https://www.arhantayoga.org/it/i-5-kosha-e-i-3-corpi/

mercoledì 1 maggio 2024

Prana Vidya dagli insegnamenti di Swami Satyananda Saraswati

 Prana vidya, letteralmente "la scienza della forza vitale" ha fatto parte di ogni tradizione spirituale da tempi immemorabili. Referenze al prana vydya possono essere trovate nelle Upanishad che datano 500 anni prima di Cristo. I differenti maestri usavano metodi diversi per entrare in contatto con questa energia latente e gestirla. La tradizione tantrica, ad esempio, mise a punto il prorpio sistema per risvegliare l'energia usando lo schema dei chakra (i centri di energia) e delle nadi (i canali dove circola l'energia).

Nel 20' secolo Swami Satyananda Saraswati, ispirandosi a pratiche esoteriche prese da antichi testi mise a punto un metodo per gestire questa forza vitale. Questo include pratiche strutturate come yoga nidra, pranayama, ajapa, japa, antar mouna, pawanmuktasana, shankhaprakshalana e soprattutto prana vidya.  L'approccio al prana vidya si basa sul tantra e quindi sulla scienza dei chakra, nadi e mantra per identificare e influenzare i percorsi di energia nel corpo.  Questo a un primo livello porta al praticante una grande vitalità, salute e stabilità mentale. Ad un secondo livello il praticante può sperimentare il prana come pura luce connettendolo alla sorgente della vita e della coscienza. La pratica porta come risultato finale a fondersi con il Mahaprana, l'energia cosmica. 

Queste tecniche vengono illustrate nel primo libro di Satyananda, Prana Vidya del 1976. Poi verranno messe a punto e ampliate e costituiranno il contenuto del testo Prana and pranayama.

Il testo Prana Vidya è diviso a sua volta in due parti: la prima mette a punto una tecnica di meditazione per venire a contatto con il prana e risvegliarlo. La seconda presenta una serie di esercizi per preparare il corpo, mente e prana al Prana vidya (consocenza della forza vitale).

Cap. 1.  Ci sono due principi base nell'universo; prana shakti (energia) e chitta shakti (coscienza). Il tantra lavora sul concetto che l'espansione della coscienza porta alla liberazione dell'energia.  Tuttavia, solo con la  liberazione dell'energia si può arrivare a stati elevati di coscienza. Questo ultimo aspetto è l'obiettivo del tantra e del Prana vidya .  La persona che fa pratyahara (il ritiro dei sensi) indirizzando il prana da un punto all'altro, distrugge tutte le malattie.

Secondo lo yoga, un essere umano è capace di sperimentare cinque dimensione dell'esistenza che sono chiamati pancha kosha o cinque strati.  annamaya kosha (copro fisico), pranayama kosha (corpo energetico), manomaya kosha (corpo mentale), vijnamaya kosha (corpo psichico), e anandamaya kosha (il corpo di beatitudine).   Il corpo energetico è costituito da sei centri di energia, i chakra e i canali dove circola l'energia, le nadi.  I sei centri sono mooladhar a (situato all'altezza del perineo (uomo), cervix (donne), swadhisthana all'altezza del coccige, manipura (ombelico), anahata (cuore), vishuddhi (gola), ajna (tra le sopracciglia). Poi ci sono i centri di energia bindu (in alto dietro la testa) e sahasrara (alla sommità della testa). Ci sono 72.000 canali, oltre questi ci sono tre importanti e principali canali sushunma (lungo la colonna) e ida e pingala che sono intorno alla sushumna ma in direzioni opposte convergendo ad ogni chakra. Rappresentano le due forze: energia mentale e energia vitale fisica. Convergono all'altezza del chakra ajna e poi salgono fino al sahasrara.  Il prana si avverte con sensazioni di calore e formicolio, poi si riesce a visualizzarlo come particelle di luce.  Il testo Yoga Vasishtha descrive la sottile natura delle nadi che costituisce il corpo pranico luminoso (3,19). 

Prana vidya è una potente tecnica per gestire l'energia; il centro dove si genera il prana è mooladhara chakra, il centro dove è immagazzinata l'energia è il manipura chakra, e il centro di distribuzione è ajna. La nadi pingala è la nadi per aumentare il prana, Un principiante non deve usare ida nadi per aumentare il prana, perchè c'è il rischio che le forze mentali diventano dominanti e potrebbero soggiogare l'energia vitale. Il pranayama è il primo passo per il prana vidya. E' il controllo del respiro che porta indirettamente al risveglio e all'espansione del prana. Il prana e il respiro si muovono come un'unica forza su e giù lungo la colonna.  La ritenzione del respiro è necessaria per immagazzinare il prana nell'ajna chakra.  Ujjayi pranayama porta a un sottile stato della mente e sensibilità psichica. Si inala con entrambe le narici e si esala con entrambe le narici e kumbhaka è omesso.  Portando gradualmente la consapevolezza del respiro sulle varie parti del corpo, la mente diventa sensibile al flusso di energia.  E' importante conoscere la costituzione interna del corpo, perchè portare la consapevolezza mentale sui vari organi richiede una buona conoscenza.  Con questa finalità lo yoga nidra è un buona pratica preparatoria.   I blocchi di energia vengono eliminati quando il prana circola liberamente e abbondantemente, così come gli stati  mentali negativi e le tensioni emotive sono superate. Il prana può anche essere indirizzato in un oggetto devozionale o un posto sacro attraverso la pratica di prana pratisha.

Cap. 2. La prartica di meditazione è un continuo processo mentale che rilascia le tensioni mentali e elimina i blocchi di energia. Patanjali ha indicato il percorso spirituale costituito da otto aspetti; i primi quattro sono conosciuti come bahiranga o esterni e gli altri quattro come antaranga. Quando si è in meditazione solo tre cose rimangono consapevoli: il meditante, l'oggetto di meditazione, e l'atto di meditare. Ci sono molti esercizi di pratyahara che possono essere usati: yoga nidra, prana nidra, antar mouna (silenzio interiore), trataka, nada yoga, japa e kirtan. Queste tecniche allenano la mente a diventare consapevole del mondo interiore.  Questo porta al Dharana: "la concentrazione è il legare la mente a un posto".  Fondamentale è abhyasa, una costante, regolare, e ininterrotta pratica per un lungo periodo di tempo.  Dhyana è un interrotto flusso di coscienza, ossia una totale, non duale, assoluta consapevolezza.

Quando i confini tra  il meditante, l'oggetto di meditazione, e l'atto di meditare sono rimossi, il tempo dell'esistenza individuale si dissolve, si entra in samadhi ( nirvana o emancipazione).

Prana vidya è una pratica di meditazione sulla forza vitale presente nel corpo. Vidya è tradotta spesso come "conoscenza spirituale",  ossia la saggezza acquisita per conoscere il prana.  Attraverso la meditazione il prana viene visualizzato come un fascio di luce di particelle che sono dentro le nadi.

Cap. 3.  Il corpo fisico è un magazzino di energia pranica, e il suo funzionamento dipende dal prana. Il corpo pranico, con i suoi centri e i suoi canali può essere paragonato ad un sistema elettrico, e la malattia può essere spiegata in termini di blocchi di energia. Il prana che scorre nel corpo è diviso in pancha prana, cinque campi di energia nel corpo: prana, apana, samana (energia che governa il sistema digestivo), vyana e udana. Lo squilibrio di energia nei chakra porta malattie. Squilibrio nel Vishuddi chakra porta problemi a occhi, naso, gola, tiroide, il manipura chakra regola la digestione, swadhistana chakra regola il funzionamento degli organi uro-sessuali.  

Il Pranic Healing (la guarigione con il prana) è stato studiato a partire dagli anni '70 in Russia, Bulgaria e Yogoslavia, dai guaritori in Tibet, Cina e in India (in particolare al Kolkata ospedale) dove viene utilizzato come approccio olisitico per combattere i tumori. Pranic healing viene descritto in tanti modi come qigong medico, reiki, ecc... Nelle filippine i corpi pranici sono descritti come auree.  Nel 1882 il dott. Mikao Usui utilizzò i sette livelli tantrici per trasformarli in Reiki (rei significa universale e ki forza vitale), c'è un guaritore che fa da tramite tra l'energia cosmica e il paziente, e attivando i giusti canali fa entrare tale forze nel corpo del paziente. Ci sono persone che possono sentire e vedere questo prana (vedi ricerche su Kirlian photography). L'Atharva veda contiene concetti tantrici come ad esempio che una infinita energia pervade l'universo, come l'uso dei mantra aiutano a entrare in contatto con questa energia, come conservarla, ecc... e connettersi così con il divino e sperimentare la gioia di vivere.

Cap 4.  In India ci sono guaritori classici chiamati Ojha che manipolano l'energia sottile per pulire, attivare e riallineare il corpo pranico. In Rajastan i Bhopas usano danze sacre, oppure altri guaritori recitano preghiere nei tempi, oppure cospargono di ceneri i pazienti. E' importante avere fede, altrimenti il trattamento non funzionerà.

Cap. 5. Prana pratishtha è uno dei più esoterici vidya ed è un'inseparabile parte del tantra. Attraverso un elaborato sistema di rituali, un oggetto di culto diventa il tramite (il medium) tra l'energia cosmica e il malato.  La murti o immagine viene trasformata in presenza divina. Il Lingam rappresenta l'infusione della energia cosmica (Shakti) nella pura coscienza (Shiva). I mantra sono cantati e invocati per risvegliare l'energia divina.  Il potere dei mantra influenza il prana che guarisce il corpo e trasforma la mente.  In India la visita di templi sacri, l'ascoltare la vibrazione dei mantra è importante per evolvere, per capire se stessi e il cosmo, e connettersi al divino.

Cap. 6. Molti studi hanno rivelato che il suono, come il colore sono prodotti da una particolare frequenza di vibrazione di energia. Lo stato dell'energia pranica nel corpo è collegata alla salute fisica. Per questo molti guaritori, per secoli, hanno usato la vibrazione di energia nella forma di colori, magneti, agopuntura, massaggi per portare vitalità e equilibrio al corpo pranico.

Preparazione al prana vidya.  In yoga nidra la persona si rilassa a un livello molto profondo: non solo a livello fisico, ma anche a livello del corpo pranico, emozioni, mente e psiche. Quando ci sono tensioni nel corpo, emozioni e mente il flusso di energia è bloccato. Questo blocco può portare ad essere malato cronico. Il prana nidra è una tecnica di pratyahara che lavora sul corpo pranico. La mente si ritira dai sensi. Japa (ripetizione dei mantra sottovoce), meditazione, visualizzazione e concentrazione aiutano e preparano alla circolazione del prana.  Il prana è diviso in prana (dal diaframma alla gola), apana (dall'ombelico al perineo), samana (nell'addome da lato a lato), udana (flusso di energia a spirale nelle estremità), vyana (il flusso di energia che pervade tutto).

La pratica pancha prana dirige la consapevolezza dei cinque tipi di prana in un unico flusso. 1- Rilassa  tutto il corpo, poi porta l'attenzione sui suoni che provengono dal corpo, il suono del respiro, del cuore, della digestione. Poi abbandona i suoni e cerca di essere consapevole dell'immobilità del corpo e del silenzio del corpo.   2- Nel silenzio pronuncia il tuo sankalpa (tuo desiderio) e ripetilo per tre volte con energia. 3- Poi si fa un viaggio di consapevolezza su tutte le parti del corpo.  4- Poi si passa alla consapevolezza del respiro, diventa consapevole del ritmo del respiro, della temperatura del respiro, il respiro che sale e scende dalla colonna. Respira a narici alternate contantdo fino a 8-9, ecc... 5- poi si passa alla visualizzazione degli organi interni. 6- si ripete il sankalpa. 7- Fine della pratica, si diventa consapevoli del respiro naturale, si rilassa tutto il corpo, si diventa consapevole dello spazio che circonda il corpo, si visualizza la stanza nel quale si pratica, piano, piano si diventa consapevoli del suono nell'ambiente,  si esternalizza la consapevolezza. Quando la pratica di yoga nidra è conclusa si riporta la consapevolezza sul corpo, si muovono le mani, i piedi, si muove la testa a destra e a sinistra, si portano le mani oltre la testa e piano piano ci si siede.  Altre pratiche sono quella di portare la consapevolezza sul passaggio del prana nei vari canali, e un'altra pratica è quella di portare la consapevolezza sui chakra (centri di energia).

Per sviluppare la consapevolezza e il controllo  del prana si può passare attraverso questi stadi: 

  • attraverso la pratica di yoga nidra si prende consapevolezza del corpo; si divide nelle seguenti fasi: 1- preparazione alla consapevolezza dell'intero corpo, 2- poi sankalpa (si pensa fotemente a qualcosa da realizzare) 3- poi la rotazione della coscienza sulle varie parti del corpo, 4- consapevolezza del respiro, 5- visualizzazione del corpo interno, 6- ripetere di nuovo il sankalpa, 7- fine della pratica e ritorno alla consapevolezza dell'ambiente esterno
  • si sviluppa la consapevolezza del passaggio psichico; 1-prima consapevolezza sul passaggio fisico frontale, concentrazione sul respiro, poi si prova a immaginare un fascio di luce dalla gola all'ombelico, due forze stanno muovendosi nel passaggio fisico frontale: il respiro e la consapevolezza (o forza mentale). 2- Poi si porta la consapevolezza sul passaggio fisico della spina dorsale (sushumna nadi) tra muladhara e ajna chakra ) e si connettono tutti i chakra insieme. Prana e consapevolezza si muovono lungo la colonna. Il corpo fisico si abbandona al respiro. Poi si diventa consapevoli di tutto il corpo.
  • si porta la consapevolezza sui chakra; si visualizza un canale di colore trasparente bianco-argento che collega la corona della testa alla base della colonna. Muladhara è situato all'interno del perineo ( tra  lo scroto e l'ano negli uomini o la parte posteriore della cervix nelle donne), poi swadisthana, come un punto di luce intensa a livello del coccige, poi dietro l'ombelico, manipura un punto di luce che si irradia, e così via salendo si toccano tutti i chakra fino al bindu alla sommità della parte posteriore della testa, poi si esala, l'esalazione deve concludersi in muladhara chakra. Bisogna portare tutta la concentrazione su questo processo. Poi a poco a poco si diventa coscienti del corpo fisico, dei suoni, degli odori, quando si conclude  l'esternalizzazione , si possono aprire gli occhi.
  • si sviluppa la consapevolezza del pancha prana; 1- dopo aver praticato per un pò di tempo ujjayi pranayama, si deve iniziare a visualizzare il corpo, esaminando il corpo dall'interno, si divenata consapevoli dello spazio interno;  2- si respira attraverso i pori.  3- si sviluppa la consapevolezza del prana (vyana) e si prova a visualizzarlo. 4- si porta la consapevolezza all'estremita degli arti (questo aspetto del prana è chiamato udana), e si cerca di visualizza le forme di energia circolare nelle gambe e nelle braccia. poi si porta il focus sulla testa e si sperimenta il prana che parte dalla gola e arriva alla sommità della testa. 5- si diventa consapevoli dell'energia tra l'ombelico e la cassa toracica (questo prana è chiamato samana). 6- si porta la consapevolezza sull'energia localizzata tra l'ombelico e il perineo (apana)  7- si porta la consapevolezza sull'energia che si trova nella regione  toracica che si chiama prana e si muove dal diaframma alla gola.  8- alla fine della pratica, si cerca di esternalizzare la coscienza eriprendere consapevolezza dell'ambiente esterno.
  • si sviluppa la consapevolezza del pranayama kosha. 1- fase preparatoria, si cerca di prendere consapevolezza del vuoto interno, si prende consapevolezza dello spazio che include l'essere  individuale. 2- si passa all'espansione e contrazione dello spazio interno. Si  respira con tutto il corpo, con tutti i pori, l'intero spazio interno si  espande all'esterno in ogni direzione. 3- si comincia a essere consapevoli del prana sotto forma di luce che pervade il nostro spazio interno, quando inspiri questo corpo di luce si espande, quando esali si contrae, il pranayama kosha si muove al ritmo del respiro, 4- fine della pratica. Si lascia la visualizzazioen del corpo di luce, si lascia andare l'esperienza di respirare attraverso i pori, si lascia la consapevolezza dello spazio vuoto all'interno del corpo e si ritorna all'annamaya kosha, al corpo fisico grossolano. Si porta l'attenzione sul respiro focalizzandosi sulla punta del naso e sentendo  il respiro entrare e lasciare le narici. Si diventa consapevoli dei suoni esterni,  si muovono piedi e mani, testa. Si riporta l'attenzione sul corpo fisico e al termine della pratica si aprono gli occhi

Claude Maréchal e il Viniyoga

"Lo yoga ha iniziato a svilupparsi in Europa negli anni ‘70, e fin dall'inizio c'è stata una vera e propria passione per questa visione del mondo venuta dall’Oriente. Da allora sono successe molte cose. Ora è giunto il momento per gli insegnanti occidentali che hanno studiato e compreso i principi dello Yoga di fare il loro lavoro correttamente e in modo indipendente. Questo è oggi il miglior significato della parola Viniyoga".  - Claude Maréchal

Nato in Belgio nel 1938, dal 1957 al 1964 Claude Maréchal ha studiato medicina all'Università di Lovanio ed ha poi conseguito la laurea in Educazione Fisica presso l'Università di Liegi.


È attraverso un libro che, nel 1958, ha scoperto lo yoga ed ha iniziato a praticare ogni giorno da autodidatta.   Divenuto assistente presso l'Istituto di Educazione Fisica dell'Università di Liegi, inizia ad insegnare yoga sollecitato da alcuni amici. 
Sempre più incuriosito e attratto dalla disciplina, nel 1969 decide di recarsi in India per andare alla scoperta delle fonti ed è a Madras che incontra il figlio di Sri T. Kṛishnamacharya, T.K.V. Desikachar, che sarà il suo unico insegnante per trentacinque anni.

Da quel momento Claude Maréchal abbandona il suo posto presso l'Università per dedicarsi all'insegnamento dello yoga, tornando ogni anno per più settimane in India: tra il 1969 e il 2002 farà oltre 40 soggiorni a Madras, trascorrendovi complessivamente almeno sei anni per approfondire tutti gli aspetti dello yoga e adattarli, nel modo più corretto possibile, alla società occidentale.

Dal 1971, attraverso ETY (Etude et Transmission du Yoga), la scuola da lui fondata, continua a condurre decine di corsi di formazione per insegnanti di Yoga. La scuola ha contribuito instancabilmente a diffondere gli insegnamenti Viniyoga in Belgio, Francia, Québec, Olanda, Spagna, Svizzera, Portogallo e Italia. La scuola ETY Viniyoga ha formato più di un migliaio di insegnanti che trasmettono la Yoga seguendo questa tradizione.

Claude Maréchal è  editore responsabile della rivista Viniyoga, dalla sua creazione nel 1983 al 2010, ultimo anno di pubblicazione. 

"A livello pratico, il Viniyoga consiste nel rispettare con grande attenzione la persona: età, sesso, stato di salute, costituzione, professione, luogo di residenza, stile di vita, le risorse e le debolezze, le credenze... Affinché la disciplina porti tutti i suoi frutti, è fondamentale scegliere le tecniche appropriate, il che implica un’attenzione costantemente rinnovata".

La sequenza di asana

Nella tradizione Yoga, la costruzione di una sequenza di āsana è un aspetto centrale nella programmazione e nello sviluppo della pratica.

Di nessuna postura, infatti, si può affermare che abbia determinati effetti, positivi o negativi, a prescindere dal suo inserimento all'interno della sequenza. Ogni āsana potrà produrre effetti diversi a seconda di cosa lo precede o lo segue: dovrà essere preparato progressivamente per poter trarne giovamento, così come dovrà essere compensato per riequilibrare il corpo, riportarlo ad una condizione di normalità e minimizzare potenziali rischi o effetti negativi. L'obiettivo è quello di proporre una serie che sia un insieme ordinato e organico, in cui gli āsana si preparano, si sommano e si compensano reciprocamente, mantenendo insieme le qualità di sthira – la stabilità, la fermezza – e sukha – il benessere, l'agio.


Per costruire una sequenza sarà quindi necessario tenere conto del punto di partenza dell’allievo, delle sue condizioni psico-fisiche, del momento della giornata in cui si fa la pratica e dell'obiettivo prefissato; scegliere in funzione di quest'ultimo la successione delle posture, adattandola alle capacità e ai bisogni individuali.

La sequenza deve prevedere le seguenti fasi: una fase ascendente, una fase centrale – e una discendente. In ognuno di questi tre momenti, bisognerà anche tenere in considerazione due azioni: l'azione compensatrice – o controposizione – e l'azione di transizione tra le varie fasi.

  • 1. La fase ascendente. È la fase iniziale della sequenza che, partendo con un breve momento di osservazione iniziale, prevede dei movimenti che preparano tutto il corpo, riscaldando i muscoli e sciogliendo le articolazioni. Si tratta in genere di posizioni in piedi, spesso eseguite in dinamica. A seguire, sarà utile scegliere altre posizioni che, tramite apposite varianti, preparano alla fase successiva della sequenza, il cuore. In questa fase l'attenzione mentale sarà diretta a tutte le reazioni del corpo e, in particolare, al respiro.
  • 2. Il cuore. La fase centrale di una sequenza sarà quella che comprende una o più posizioni, adeguatamente preparate dalla fase ascendente, dalle caratteristiche di maggiore intensità e/o difficoltà. Le posizioni "cuore" saranno eseguite sia in dinamica che in statica, per un certo numero di respiri, e spesso accompagnate da specifici atteggiamenti mentali (bhāvana). È attorno a questa fase, alle sue caratteristiche e finalità, che viene costruita tutta la sequenza.
  • 3. La fase discendente. Porta alla conclusione della pratica di āsana, propriamente detta, e accompagna alla fase successiva che può essere costituita dal prāṇāyāma e/o dal rilassamento sdraiati a terra sulla schiena e/o dalla meditazione: svolgerà quindi un'azione prevalentemente di compensazione del lavoro svolto nella fase centrale, di riaggiustamento, caratterizzata da agio, morbidezza e dolcezza e di transizione e preparazione verso uno o più aspetti della fase finale.

Il pranayama. Se la sequenza prevede il prāṇāyāma, a volte, potranno essere inseriti particolari ritmi respiratori e posizioni sedute che facilitano ulteriormente l'assunzione della posizione più idonea alla pratica del prāṇāyāma. Se, invece, non si prevede il prāṇāyāma, la sequenza potrà concludersi con il rilassamento finale sdraiati sulla schiena (śavasana), e/o con la meditazione oppure a movimenti che riportano il corpo nella posizione in piedi e alla ripresa delle attività della giornata.

L'azione compensatrice. Per poter ridurre al minimo i potenziali rischi e mantenere, invece, tutti i benefici che una o più posizioni possono apportare durante la pratica, bisogna porre una particolare attenzione all'azione di compensazione.  La controposizione seguirà la posizione che necessita di compensazione, oppure un breve momento di riposo in śavasana. Generalmente – ma non sempre – la controposizione appartiene alla stessa classe della posizione che compensa (posizioni in piedi, sedute, sdraiate sul dorso ecc.) ed è eseguita in dinamica in versioni modificate e/o semplificate. Non si tratta necessariamente di un movimento opposto a quello che si intende compensare: l'intento è piuttosto di riequilibrare e mobilizzare i segmenti del corpo; di riallineare e riportare simmetria, in particolare a livello della colonna vertebrale; privilegia l'agio, la distensione, la rilassatezza ed è in genere priva di controllo respiratorio o del mantenimento di un particolare atteggiamento mentale.

La posizione statica del rilassamento, śavasana, può in certi casi rappresentare l'unica azione di compensazione utilizzata ed è in ogni caso un momento di transizione che è possibile inserire prima dell'azione di compensazione vera e propria.

L'azione di transizione.  Tra le varie fasi della sequenza o tra i vari momenti all'interno delle stesse fasi, è utile inserire una posizione o più posizioni in funzione di collegamento tra due azioni più importanti. Combinando intelligentemente azioni compensatrici, correttive o riequilibranti, e insieme preparando la posizione successiva – dal punto di vista fisico, respiratorio e mentale – è possibile rendere la pratica di āsana equilibrata e fluida.

Altri elementi da considerare nella sequenza.

  • Forza: per rinforzare tutta la muscolatura del corpo, degli arti ma in modo particolare del tronco, evidenziando l'importanza del movimento di raddrizzamento dorsale.
  • Agilità: sollecitare le articolazioni e i muscoli attraverso degli stiramenti aiuta a conservare l'elasticità.
  • Rilassamento: si dovrà eliminare ogni sforzo inutile, così come nei momenti dedicati al riposo completo di corpo e mente.
  • Correzione / Allineamento: l'allineamento e la simmetria mirano alla correzione delle naturali asimmetrie del corpo ma anche dell'allineamento a livello sottile, per favorire il fluire del prāṇa.
  • Fuoco digestivo: la stimolazione del metabolismo generale del corpo (chiamato fuoco digestivo o agni) è molto importante per assicurare le funzioni metaboliche e mantenere uno stato di buona salute e gioventù.
  • Concentrazione / Interiorizzazione: l'interiorizzazione parte dal corpo, dalle sue percezioni e sensazioni, dai suoi bisogni. Il lavoro costante di attenzione è un allenamento alla concentrazione mentale e la prima tappa per la conoscenza profonda di sé e di una ricerca spirituale.

Come costruire una sequenza

 “Il corpo è l’arpa della tua anima, sta a te soltanto trarne dolci melodie o suoni confusi.” (Kahlil Gibran)

Praticare yoga da soli può sembrare semplice in teoria, ma è piuttosto complesso selezionare le posizioni da praticare e organizzarle in una sequenza efficace.    

Per cominciare qualsiasi sequenza di yoga, deve essere associata al respiro; ciò aiuterà a lasciare alle spalle le distrazioni, la fatica della giornata trascorsa. Non una sofisticata tecnica di pranayama, ma una respirazione consapevole: osservando il respiro che entra e che esce dalle narici, inspirando ed espirando profondamente, lentamente e in maniera ritmica, mentre si tiene una posizione. Bisogna cercare di ridurre al minimo i movimenti inutili e non fare un continuo sali-e-scendi dal pavimento, si può scegliere di partire in piedi, sdraiati o seduti.

Il riscaldamento nello yoga è importante; Serve a preparare il corpo per la pratica aumentando l’apporto di ossigeno, la temperatura e il flusso di sangue ai muscoli e alle articolazioni, riducendo così i dolori, i crampi o gli strappi. Ma i benefici non riguardano solo il corpo: le posizioni di riscaldamento  aumentano la consapevolezza di sé e del proprio corpo, favoriscono la concentrazione e la presenza mentale. Le asana di riscaldamento spesso sono dinamiche, cioè prevedono dei movimenti di allungamento, flessione e piegamento. Puoi scegliere di eseguirle in piedi, seduto o sdraiato – in ogni caso, occorre evitare posizioni complicate o troppo faticose.
Ecco alcuni esempi di asana ed esercizi di riscaldamento:

  • asana di riscaldamento in piedi: tadasana (la montagna); uttanasana (flessione in avanti); allungamento di braccia e colonna vertebrale verso l’alto; rotazione delle spalle;
  • asana di riscaldamento a terra: partendo da savasana, allungamento di braccia, colonna e collo; ginocchia al petto, per distendere la schiena; estensione delle gambe; setubanda-asana (il ponte);

Una sequenza di Hatha Yoga equilibrata dovrebbe includere:

  • asana in piedi: per esempio tadasana, uttanasana, i triangoli, virabhadrasana (il guerriero); ardha utkasana (la mezza sedia);
  • asana di equilibrio: vriksahana (l’albero), la variante virabhadrasana (il guerriero);
  • asana che lavorano sugli addominali: navasana (la barca); i cosiddetti “addominali yogici”, sollevando le gambe di 30°, 60° e 90°;
  • asana capovolte: dalle posizioni più semplici con le gambe sollevate su una sedia o contro il muro, alla candela e all’aratro;
  • flessioni all’indietro: bhujungasana (il cobra), la sfinge, shalabhasana (la locusta);
  • flessioni in avanti: pachimottanasana (la pinza), mahamudra (il grande sigillo con la chiusura dei tre bandha);
  • torsioni: dalle semplici torsioni sedute, vakrasana, a marichiasana, a jathara parivritti (torsione supina) e le sue varianti.

Non è detto che una sequenza di yoga equilibrata debba per forza includere tutti i passaggi di questa formula, che è ideale per una pratica di circa un’ora; se hai meno tempo a disposizione, puoi optare per una sequenza più breve, per esempio senza posizioni di equilibrio o posizioni capovolte, che sono considerate “opzionali”. 

Dopo le asana impegnative, come le flessioni all’indietro, le torsioni o le posizioni capovolte, esegui una posizione di compensazione. Le asana di compensazione svolgono due funzioni principali: riequilibrano le tensioni che possono essersi create mentre pratichi una posizione impegnativa (per esempio, dopo una flessione all’indietro come la posizione del cobra è utile compensare lo sforzo con una posizione che stira la schiena nell’altro senso, come ad esempio balasana (la posizione del bambino).

Concludi sempre la sequenza dedicando alcuni minuti al rilassamento finale che ti permette di assimilare e integrare gli effetti dello yoga. Mettiti in una posizione di rilassamento come savasana (sdraiato a terra) e dedica al riposo come minimo il tempo di 6 respiri lunghi, profondi e consapevoli.

Una sequenza di yoga ben costruita dovrebbe riscaldare gradualmente i muscoli in modo sicuro, aumentare gradualmente l'intensità fino alle posizioni più avanzate e poi portarti dolcemente in un finale rilassato.

Le sequenze di yoga sono spesso strutturate in 8 gruppi di posizioni: di apertura, Saluti al Sole, in piedi, inversioni, piegamenti all’indietro, torsioni, piegamenti in avanti e posizioni di chiusura, concludendo con savasana (posizione del cadavere). Ogni posizione e ogni gruppo di posizioni prepara il corpo e la mente per la successiva, creando un flusso armonioso.  

Ecco una possibile sequenza:

  1. Posizioni di apertura: Queste posizioni risvegliano le fasce muscolari importanti e preparano il corpo per la pratica interna.  Si può cominciare con alcuni minuti di meditazione seduta. Poi si eseguono alcune posizioni di riscaldamento; ponendo particolare attenzione a spalle, anche e spina dorsale; per cui è una buona idea inserire alcune posizioni che cominciano a risvegliare i gruppi muscolari di queste aree, inoltre, quasi tutte le posizioni richiedono addominali forti e centratura, quindi si possono proporre degli allungamenti addominali (posizione del cammello) per prendere coscienza del “centro”. Poi si potrà scegliere una sequenza per focalizzarsi su aree precise, ad esempio, in una sequenza che pone l’accento sulle anche, si può cominciare con una posizione del piccione o un piegamento in avanti a gambe incrociate.

  2. Saluti al Sole: Integrano movimento e respirazione, apportando calore e vitalità al corpo.

  3. Posizioni in piedi: Creano forza, flessibilità ed energia. È buona norma includere almeno 4 posizioni in piedi in ogni sequenza; il metodo più saggio è quello di organizzarle in modo tale che siano complementari l’una all’altra. Ad esempio, le posizioni del guerriero ruotando il bacino in maniera differente, per cui combinandole si crea un’azione bilanciata. Allo stesso modo, il triangolo e il triangolo ruotato si complementano poiché allungano fasce muscolari contrapposte. Un altro metodo è quello di scegliere le posizioni in piedi in relazione alle posture che farai successivamente. Ad esempio, se vuoi concentrarti sulle torsioni, potresti scegliere il triangolo ruotato, che già include una torsione. 

  4. Inversioni: Rinforzano e allungano la parte alta del corpo, stimolano il sistema nervoso.  Queste posizioni stimolano il sistema nervoso, sono fisicamente ed energeticamente molto impegnative; quindi possono essere il momento di maggiore intensità dell’intera sequenza.  Si può saltare questo gruppo di posizioni ed eseguire abbastanza a lungo il cane a testa in giù.

  5. Piegamenti all'indietro: Favoriscono la flessibilità della colonna vertebrale e rafforzano la schiena.

  6. Torsioni: Rilasciano tensioni e migliorano la flessibilità della colonna vertebrale.

  7. Piegamenti in avanti: Favoriscono il rilassamento e l'allungamento dei muscoli posteriori del corpo.

  8. Posizioni di chiusura e savasana: Portano il corpo gradualmente al riposo e alla consapevolezza.

E' importante ascoltare il corpo durante la pratica e modificare le posizioni se necessario. Con il tempo e la pratica costante, si potranno programmare sequenze yoga personalizzate e più impegnative.   

Manuali di yoga che possono aiutare  a capire meglio le asana, i loro raggruppamenti e come metterle in sequenza:

  • Asana: Le Posizioni Base Dello Yoga di Swami Kuvalayananda è un manuale storico, che ci riporta direttamente la voce di uno dei maestri indiani che hanno fatto la storia dello yoga moderno, Swami Kuvalayananda, che tra i primi studiò lo yoga in relazione alla salute e alla medicina occidentale.
  • Asana, pranayama, mudra, bandha di Swami Satyananda. Uno dei manuali sistematici sullo yoga più completi che puoi trovare. Sono spiegate in dettaglio non solo asana, ma tutti gli elementi fondamentali dell’Hatha Yoga: dal pranayama ai mudra, ai bandha e alla meditazione.
  • Hatha yoga L'equilibrio in piedi  di F.N.E.Y.  Questo libro fa parte di una bella serie di manuali della federazione francese degli insegnanti di yoga.

martedì 30 aprile 2024

Sequenze di posizioni yoga per persone anziane

 
Puoi usare questo sito per costruire la tua sequenza:
  • https://www.tummee.com/it/yoga-poses/viniyoga-yoga-poses
  • https://www.tummee.com/it/yoga-sequences/senior-yoga-sequences
  • https://www.tummee.com/yoga/poses/library

mercoledì 10 aprile 2024

Il Dhammapada commentato da Thomas Cleary

"Mediante l'energia, la vigilanza, l'autocontrollo e la padronanza di sè, il saggio fa di se stesso un'isola che le ondate non possono travolgere"

Il Dhammapada, gli elementi della dottrina, è costituito da una raccolta popolare dei detti del Buddha, una delle più antiche, un'antologia di affermazioni basilari della dottrina buddhista. Il testo originale è diviso in 423 aforismi,  divisi in XXVI capitoli.

Il Buddha non insegnò né rituali né dogmi, ripudiò il sistema ariano delle classi, e abbandonò le cerimonie e i culti degli antichi sacerdoti. Molti yogi e asceti entrarono nel nuovo movimento attirati dalla calma e dalla  chiarezza della via buddhista.

Gli insegnamenti furono trasmessi da monaci questuanti e dai cosiddetti dharmahara, detentori dell'insegnamento. La tradizione orale fu messa per  iscritto in Pali (sintesi delle lingue parlate dai primi buddhisti). Il centro dell'insegnamento del buddhismo è la purificazione del sè e la liberazione.

Nel contesto delle varie forme di buddhismo il processo di liberazione individuale e di pacificazione mentale delineato negli insegnamenti del Dhammapada, viene definito il viaggio Minore. La meta è chiamata Città magica. Da qui si apre la prospettiva del viaggio Maggiore la cui meta la conoscenza e la visione illuminante è definita Terra dei tesori. Poi c'è il Tantra. Il viaggio Minore è preparatorio e comunque sin dall'inizio i seguaci di questa via rifiutarono il Grande Veicolo.  Questa traduzione è stata fatta seguendo il punto di vista del Grande Veicolo.   

Thomas Cleary (1949-2021) è uno dei più noti orientalisti occidentali, ha insegnato lingua  e civiltà orientali a Harward. Ha tradotto in lingua inglese più di 25 opere di filosofia orientale, soprattutto zen.  Ha studiato i koan per trent'anni. Le sue traduzioni sono note per la loro eccezionale lucidità.

Il cap 1. Parla della contrapposizione tra bene e male,  Sii tu  a dominare la mente, non farti dominare da essa. L'illusione nasce quando ci si attacca a una realtà immaginaria creata dai sensi e dalle parole.  La contemplazione dell'impermanenza porta naturalmente all'aspirazione, all'illuminazione e alla liberazione.

Chi non di disciplina sarà sopraffatto dai tormenti causati da avidità, odio, illusione, orgoglio, dubbio e azioni arbitrarie. E causati dalla morte.  Se qualcuno parla molto del bene, ma non lo mette in pratica è negligente; se qualcuno parla poco del bene, ma si comporta nettamente, è giusto. C'è chi manca di autocontrollo e non è sincero, non si merita la veste gialla... L'avatamsaka-sutra paragona coloro che non praticano ciò che predicano a dei musicisti sordi o a pittori ciechi.   

 Il cap 2. La vigilanza.   Nirvana significa estinzione, ossia la fine delle afflizioni: avidità, odio, illusione, orgoglio, dubbio, opinioni arbitrarie. Mediante l'energia, la vigilanza, l'autocontrollo, e la padronanza di sè, il saggio fa di sé stesso un'isola che le ondate non possono travolgere. 

Cap 3. Stabilizzare la mente. Essere al di là della virtù e del peccato significa aver abbandonato ogni impulso a compiere il male, e ogni desiderio di ricompensa per le buone azioni. La compassione verso gli altri non è di nessuna utilità se non si è capaci di padroneggiare prima se stessi.  

Cap. 4. I fiori. Come l'ape secchia il nettare dei fiori senza danneggiare colore e profumo, così dovrebbe vivere il saggio nel suo villaggio.   Non guardare gli errori degli altri, o ciò che hanno fatto o non fatto, osserva ciò che tu stesso hai fatto o non fatto. Le belle parole sono come un meraviglioso fiore colorato ma privo di profumo, non recano frutto a chi non le mette in pratica. 

Cap. 5. Lo stolto. La compagnia degli stolti è dannosa. Le conoscenze di uno stolto tendono ad essere nocive. "Ho figli, ho denaro... ";  lo stolto soffre per questi pensieri. Ma se egli non appartiene nemmeno a se stesso, come potrebbero allora appartenergli i figli e il denaro? Dice il Corano "La competizione per avere di più vi distrae fino al momento in cui finite nella tomba".

Cap. 6. Il saggio. Non è l'uomo amato da tutti, ma l'individuo che predica e vive la verità. Il saggio è maestro di se stesso, non abbraccia le opinioni altrui, ha la mente chiara, segue i propri principi ed è libero da condizionamenti.      Se vedi un uomo che ti indica i difetti e ciò che è biasimevole, seguilo come un saggio intelligente, come uno scopritore di tesori.    A chi segue un simile individuo verrà bene, non male.  Il Tao te Ching dice: "Chi vince gli altri è potente, chi vince se stesso è invincibile"  I saggi non si fanno condizionare dalle parole.

Chi possiede una mente ben esercitata, libero dagli attaccamenti e legami, chi ha eliminato ogni condizionamento, ottiene il Nirvana in questo modo.   I fattori dell'illuminazione sono sette: raccoglimento, investigazione della realtà, diligenza, gioia, calma, concentrazione, equanimità.

Cap.7. Il santo. questo capitolo descrive l'arhat, l'individuo che ha completato il Viaggio Minore ed ha ottenuto la pace interiore del nirvana.

Cap. 8. Le migliaia. La consapevolezza dell'impermanenza dà spessore all'esperienza del mondo:  E' meglio vivere un giorno consapevoli dello stato immortale (nirvana) che cento anni senza esserne cosscienti. L'equanimità porta a vedere ciò che è presente in questa vita e ciò che è reale e vero in senso assoluto.

Cap. 9. Il male.  Non c'è posto dove si possa sfuggire alle conseguenze delle proprie azioni, ovvero alle leggi naturali di casualità.

Cap. 10. La violenza. Il capitolo parla della compassione, incoraggia la non-violenza e l'autocontrollo. Parla anche dell'inutilità delle pratiche ascetiche e della necessità di una vera trasformazione interiore. "Non l'andare nudo, non il digiuno, nè lo stare immobile, purificheranno il mortale che non abbia superato dubbio e desiderio..."    " Se uno, pur essendo ben ornato, è equanime, tranquillo, controllato, disciplinato e casto, egli è un sacerdote, un religioso, un monaco..."

Cap. 11. La vecchiaia.  Capitolo per preparare l'individuo ad affrontare la morte, a scomparire dopo aver realmente vissuto.  "Una persona che ha imparato poco invecchia come un bue, cresce la sua carne ma non la sua saggezza"   "io ho vissuto numerose rinascite cercando senza trovarlo il costruttore di questa casa; è penoso ricominciare sempre daccapo".

Cap. 12. Il sè.       Il capitolo sottolinea l'importanza di dominare se stessi prima di aiutare gli altri. Se l'individuo non si è reso psicologicamente indipendente, la compassione degenera in un inutile sentimentalismo. Ciò è visibile ad ogni livello, da quello dei rapporti individuali ai rapporti internazionali. 

Se ciò che si insegna agli altri si vuole diventare, prima occorre controllarsi, perchè il sè è difficile da domare.    Il sè è maestro di sè; chi altri potrebbe esserne il maestro?         Dal proprio sè il male è fatto, dal proprio sè si è danneggiati, dal proprio sè il male è disfatto, dal proprio sè si è purificati. Purezza e impurezza sono questioni personali; nessuno può purificare un altro. questi versi ammoniscono le persone che hanno fretta a trovare un maestro che risolva i loro problemi.   "Non si trascuri il proprio bene per quello degli altri, per quanto grande sia: riconosciuto il proprio bene, si cerchi di perseguirlo.  Non possiamo veramente aiutare gli altri se non abbiamo sufficientemente sviluppato la nostra comprensione e le nostre capacità. Dare una mano agli altri soltanto "per sentirsi buoni", non è un'azione altruistica, ma una forma di egocentrismo.  Persone superficiali che ascoltano queste affermazioni del Dhammapada hanno tipiche reazioni di insofferenza.

Cap. 13. Il mondo.  Se non si considera il mondo in qualcosa di transitorio e instabile si finisce nella delusione e nella sofferenza, condizioni che il buddhismo combatte per mezzo della consapevolezza e della sofferenza.

 Cap. 14. L'illuminato.  La paziente sopportazione è la suprema ascesi che il Buddha chiama Nirvana, non è un anacoreta colui che offende gli altri, non è un asceta colui che danneggia gli altri.

Non insultare, non danneggiare, sii controllato, sii moderato, vivi in solitudine, esercitati in meditazione: questo è l'insegnamento del Buddha.  I desideri non si saziano mai, nemmeno con una pioggia di monete. Chi sa che i desideri portano molta sofferenza e poca gioia, questi è un saggio.

Cap.15, La felicità.  Viviamo dunque felici, liberi da odio, malattie, ansie, senza possedere nulla; nutriamoci di gioia come degli esseri luminosi.   La vittoria provoca odio perchè lo sconfitto giace sofferente. Chi ha raggiunto la calma, vive serenamente, avendo superato vittoria e sconfitta.

Cap. 16. Il piacere. Non attaccarti a ciò che è piacevole, né a ciò che è spiacevole,   la sofferenza nasce dal desiderio. Per chi si è liberato del desiderio non c'è sofferenza.

Cap.17. L'ira.  Abbandona l'ira, scaccia l'orgoglio, vinci tutti gli attaccamenti, nessuna sofferenza colpisce chi non si attacca né a nome, né a forma.

Cap. 18. L'impurità.  Non c'è strada in cielo, non c'è ascetismo nelle pratiche esteriori; non c'è permanenza nelle cose condizionate, non c'è incertezza nei Buddha.

Cap.19. Il giusto. Un uomo non è saggio perchè parla molto; è saggio quando è calmo e privo di ostilità e paura.  Colui nel quale esistono verità, giustizia, non-violenza, autodisciplina e controllo, questi è davvero libero da impurità e saggio...   Non con le regole di condotta, non con le osservanze religiose, non con l'erudizione, non con la concentrazione e non con la vita solitaria raggiungerai la gioia della liberazione che sfugge all'uomo comune.

Cap. 20. La via.  Sei tu che devi compiere lo sforzo; i Buddha ti indicano come devi procedere.    Quando si vede in meditazione che tutte le cose sono insostanziali, ci si libera della sofferenza; questa è la via della purezza.   La saggezza si costruisce con l'impegno; senza sforzo essa scompare.   Cura la via che porta alla pace interiore, al nirvana indicato dal Felice (uno degli epiteti del Buddha).

Cap 21. Miscellanea.  Sedendo solo, dormendo solo, agendo da solo, l'uomo diligente si goda la foresta, dominando il sè.

Cap. 22. L'inferno.   Come un filo d'erba mal afferrato taglia la mano, così l'ascetismo mal perseguito porta all'inferno.    (L'ascetismo degli egocentrici, invece di ridurre i loro difetti, accresce orgoglio e presunzione)    Chi abbraccia false dottrine finisce male...

Cap. 23. L'elefante.  Chi è riuscito a vincere se stesso è paragonato a un elefante domato.  La mente era solita vagare là dove desiderava, là dove voleva, là dove le piaceva; ora la controllerò con saggezza, come il conducente controlla con l'uncino l'elefante.   Se trovi un compagno prudente, una persona saggia che si comporta bene, avendo superato ogni ostacolo, viaggia con lui, contento e consapevole;   altrimenti viaggia da solo.      E' meglio procedere da solo; uno stolto non è una buona compagnia.     Va' da solo, come un elefante nella foresta, con pochi desideri, senza compiere il male.

Cap. 24. Il desiderio. Il desiderio di un uomo che agisce senza attenzione cresce come una liana. egli salta qua e là, come una scimmia che cerca frutti nella foresta.     Proprio come un albero ricresce dopo essere stato tagliato, poichè le sue radici non sono state divelte e sono salde, così questa sofferenza ricresce finchè non sia stato sradicato il desiderio.   Liberati dal passato, liberati dal futuro, liberati dal presente, tendi alla trascendenza.  Quando la tua mente sarà del tutto libera, non sarai più soggetto a nascita e a vecchiaia.      Ho vinto tutto, conosco tutto, non sono influenzato da nessuna cosa. Abbandonando tutto, avendo distrutto ogni desiderio, sono libero.  - Perchè ho compreso da solo, chi altri potrebbe essermi maestro?

Cap. 25. Il monaco.   Buddha parlò più di qualità spirituali che di comportamenti rituali o di condizioni sociali.   Chi è libero da possessività verso ogni forma e nome non soffre, perchè non ha nulla: costui è chiamato monaco.   Il monaco che vive con benevolenza, con fede consapevole nell'insegnamento dell'Illuminato, raggiungerà la condizione della pace, la beatitudine in cui cessa ogni condizionamento.   Vuota questa barca, o monaco, quando sarà vuota, viaggerà più leggera. Sradicando passioni e odio, raggiungerai il nirvana.   Non c'è meditazione senza saggezza, non c'è saggezza senza meditazione.  Chi abbia sia la meditazione, sia la saggezza è davvero vicino al nirvana.   La meditazione senza la saggezza non solo è inutile, ma è anche pericolosa. come il gelsomino lascia cadere i fiori appassiti, così voi, o monaci, dovete lasciar cadere le passioni e l'odio.

Cap. 26. Il sacerdote. Nel sacerdote che ha raggiunto la metà mediante i due principi (fermare samatha e vedere vipassana), in lui che sa, tutti i legami giungeranno alla fine.  Colui per cui non c'è né l'altra sponda né questa sponda, né la trascendenza, né l'immanenza, colui che è libero dalla sofferenza, svincolato, questi io chiamo sacerdote.    Chi possiede verità e rettitudine, questi è benedetto, questi è sacerdote.    Evidentemente il Buddha non pensava che rifugiarsi in meravigliosi ashram portasse alla pace interiore....

Questa non è la fine del Dhammapada. Il Dhammapada è una ruota, non una linea. Ora torniamo all'inizio del testo...

Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono ci...