sabato 14 dicembre 2024

L'Induismo

Dio è uno ma i saggi lo chiamano con molti nome" - (Rig Veda).     L’induismo è una religione monoteista e un modo di vivere. La sua pratica non si basa su rigidi dogmi e pur vantando una storia di grandi speculazioni filosofiche e teologiche, predilige un approccio esperienziale quindi una ricerca diretta della Realtà. L’induismo è la terza religione più diffusa al mondo, con circa 950 milioni di aderenti in tutto il mondo. Non fa proselitismo, poiché riconosce valide tutte le strade per arrivare alla Verità.  Alla definizione di “induismo”, tradizionalmente, si preferiscono quelle di sanatana dharma, “la norma eterna”; vaidika dharma, la religione del Veda; matrka dharma, la Madre di ogni norma. Denominatore comune è il termine dharma ovvero l’ordine cosmico di tutta la realtà.

Il termine Induismo è una parola inventata verso la fine del 18° secolo dagli inglesi ‒ per indicare la religione praticata dagli Indiani (parola la cui origine è a sua volta legata al fiume Indo).
L'induismo non si basa sulla rivelazione di un singolo profeta o fondatore. Dal vasto oceano della Conoscenza senza fine, gli antichi veggenti, rishi, ricavarono un'essenza da trasmettere all'umanità per favorire il benessere e la felicità dell'uomo. Tale conoscenza eterna è il Veda.  Isvara (nelle sue innumerevoli forme e nomi) costituisce l'aspetto supremo di Dio presso i principali culti devozionali (Bhakti) monoteisti, ovvero Shivaismo (monoteismo di Shiva), Vaishnavismo (monoteismo di Visnù/Krishna) e Shaktismo (monoteismo di Devī, la Madre Divina, chiamata anche Shakti).

Il  Sanatana Dharma  (la Religione o Legge Universale ed Eterna) trova espressione nei testi sacri dell’antica Tradizione Vedica…nei santi, negli yogi e nei mistici di tutti i tempi e di tutte le tradizioni che ne incarnano i principi fondamentali. L’espressione Sanatana Dharma indica ciò che non ha origine se non in se stesso, ciò che non è stato comunicato da nessun essere vivente, che non ha un fondatore, che esiste sin dall’inizio di ogni ciclo di tempo (kalpa) e che perennemente È.  Il significato di Sanatana è eterno, “ciò che non ha inizio né fine, ciò che È e sempre sarà”.    Da questo punto di partenza nascono i sei darshana bramanici - sei  visioni, da cui derivano le principali correnti del moderno pensiero indiano.     Delle sei filosofie, quelle che si sono affermate nel tempo sono il Vedanta e il Raja yoga riportato negli Yoga sutra di Patanjali.   

Il termine Vedanta, dal sanscrito, vuol dire "fine dei Veda", intende indicare sia le Upaniṣhad, per l'appunto parte finale del corpus vedico, sia il fatto che esse rappresentino il culmine dello stesso corpus nel senso che indirizzano al fine ultimo dello stesso, il mokṣa ("liberazione"), sia nel senso che tale letteratura viene studiata per ultimo, dopo gli altri testi. Vedanta è conoscenza metafisica, sapienza, scienza, e deriva dalla radice vid (da cui Veda) che significa "vedere", "sapere".  L'alveo dottrinale del Vedanta fa particolare riferimento a un "triplice canone" prasthanātraya , che corrisponde alle Upaniṣhad, alla Bhagavad Gītā, al Brahmasūtra di Bādarāyaṇa.   La Gita viene considerata il quinto Veda. 

Tradizionalmente sono sei le principali correnti (sampradāya) indicate come Vedānta le quali, pur radicandosi nel prasthanātraya, offrono dottrine e teologie assolutamente diverse tra loro:

  •     Advaita Vedānta di Śaṅkara (VI-VII secolo)
  •     Śrī Vaiṣṇava di Rāmānuja (XI secolo)
  •     Madhva sampradāy di Madhva (XIII secolo)
  •     Nimbārka sampradāya di Nimbārka (XIV secolo)
  •     Vallabha sampradāya di Vallabha (XV-XVI secolo)
  •     Viṣṇuismo gauḍīya di Caitanya (XVI secolo).

Di queste filosofie, quella che si è più affermata è l'Advaita Vedanta di Adi Shankara.  Shankara, filosofo e teologo, è noto per i suoi commentari sul Brahma-sutra e sulle Upanishad principali, affermano l'esistenza di una realtà eterna e immutabile (Brahman) e l' illusione della molteplicità e della differenziazione.   Vedi https://vedanta.it/

Il termine Dharma  deriva dalla radice  ‘dr ‘, che vuol dire ‘supportare, sostenere’, ‘legare, unire’. La sua radice indica “ciò che sostiene la nostra esistenza“. 

La letteratura indiana si divide in Shruti  e Smirti.  Shruti è ciò che si è sentito,  contiene valori universali validi in eterno. Shruti è ciò che si è sentito, ciò che hanno sentito i rishi. Sono considerati shruti, i Veda e le Upanishad. La Smriti si basa sull'autorità della shruti, ma è stata compilata dall'uomo; in questa categoria rientrano i due poemi epici come il Ramayana e il Mahabaratha. In questi due poemi sono protagonisti Rama e Krishna che sono degli avatar di Vishnu.   Krishna spiega lo yoga dell'azione, della devozione e della ricerca interiore. 

Il Raja yoga si fa risalire a Shiva che spiega a sua moglie Parvati che cosa è lo yoga, insegnamento poi trasmesso dai maestri, l'ultimo di questa tradizione è stato  Sivananda con i suoi discepoli Satyananda Saraswati e Vishnudevananda.   Shiva e Krishna sono i signori dello yoga.  Lo svara yoga (scienza yogica) è la conoscenza dei ritmi e dei flussi del prana attraverso lo studio del respiro. In questo yoga confluiscono elaborate conoscenze trasmesse da maestro a discepolo.

Lo scopo del Vedanta  è la conoscenza del divino ed arrivare al samadhi, dove non c'è più nulla da conoscere,  I Veda sono la conoscenza necessaria per intraprendere questo cammino. 

Yug significa unione tra Atman (jiva - anima individuale ) e Brahman (anima cosmica). Atman e Brahman sono la stessa cosa.  Lo scopo dello Yoga e del Vedanta è quello di portare alla consapevolezza dell'unione; Noi siamo già uniti al divino, non lo vediamo,nonlo percepiamo perchè c'è maya.   Il divino cosmico è reale, la natura sensibile è irreale.  La realtà di Brahman è sempre esistita, le altre realtà sono temporanee, sono emanazioni del divino. 

Il Vedanta riconosce tre corpi: 1- Corpo fisico: Sthula Sharira costituito dai cinque elementi ; 2- Corpo sottile o Corpo astrale: Sukshma Sharira  costituito dall'essenza dei sensi, mente, intelletto, memoria, chitta.; 3- Corpo causale che tiene tutto legato..

Secondo la filosofia Vedānta, l'essenza spirituale dell'uomo (detta Ātman) è rivestita da cinque involucri o guaine, chiamati Kosha. Essi sono i corpi di cui è composto l'"io" fenomenico, che separano la coscienza (il proprio Ātman, il proprio Sé) dal Brahman indifferenziato. I cinque Kosha sono presenti in tutti i piani o corpi (grossolano, sottile e causale), partendo da quello più materiale per arrivare a quello più spirituale e sono i seguenti:

  • La prima guaina Annamayakosa è quella del corpo grossolano,
  • La seconda guaina Pranamayakosa è quella dell'energia vitale,
  • Il terzo involucro Manomayakosa è quello che concerne il mentale,
  • La quarta guaina Vijnanamayakosa è detta guaina dell'intelletto,
  • L'ultima guaina e quella più interna Anandamayakosa è quella della beatitudine.

Quando si muore i corpi astrale e causale vanno nei sette loka, nelle sette dimensioni, il corpo si posizionerà in uno di questi loka a seconda delle vibrazioni sottili, si determina la permanenza nei loka, e poi l'anima si reincarna in una situazione equivalente al suo percorso spirituale.   Non sarà mai perduto ciò che è stato fatto nella vita, lo dice anche Krishna nella Gita. Si continua da dove si erano trovati a livelllo vibratorio il corpo astrale e il corpo causale.

Loka  è un termine sanscrito che significa dimora, luogo, regno, mondo, cioè uno dei piani di esistenza o livelli di manifestazione nella cosmologia induista e in quella buddhista.  Il loka per eccellenza, in particolare nei testi giainisti, è la sfera mondana o terrestre, abitata dagli umani, contrapposta a quella trascendente. I Purana ne menzionano sette, mentre in Samkhya e Vedanta ve ne sono otto, con denominazioni diverse.  Oltre che dei luoghi fisici, i vari loka rappresentano soprattutto degli stati di coscienza, attraverso i quali tutti gli uomini devono passare, e in particolare i chela, cioè i discepoli spirituali nel loro cammino.

Le Vritti sono le alterazioni della mente, le Vasana sono le abitudini che scavano un solco e determinano la personalità e i Sanskara sono i tratti del carattere. Ad un certo punto tutti questi elementi si esauriscono.   Rendendosi conto dei nostri sanskara attraverso la meditazione possiamo agire tramite le vritti opposte per riequilibrare la nostra personalità e far prevalere gli aspetti positivi. Yama e niyama sono importanti per aggiustare le nostre attitudini.  Svadiaya  significa studio del sè, e si appoggia sia sullo studio dei testi che permettono al praticante di orientarsi sul cammino, sia sulla presenza di un Maestro. Gandhi diceva: con i tuoi pensieri costruisci il tuo carattere, con il tuo carattere costruisci il tuo destino. Alla morte, a livello fisico e mentale il sè incarnato entra in nuovi corpi; lo scopo di ogni vita è progredire nel percorso spirituale accumulando capitali per arrivare al samadhi. 

I guna sono le tre qualità di cui fa parte la natura (Prakriti).  Nella Cosmogonia indiana, quando Vishnu è disteso su un serpente sull'oceano, i tre guna sono in equilibrio, poi iniziano a vibrare, da questa vibrazione sorge il suono divino da cui nascono i 5 elementi etere, aria, fuoco acqua e terra. I tre guna pervadono l'universo: Il satva di colore bianco, il rajas rosso, il tamas nero. In ogni cosa e in ogni persona c'è una combinazione delle tre qualità, che possono cambiare anche a seconda delle circostanze e lo stile di vita. Le tre qualità determinano il carattere e la personalità degli individui, ad esempio chi è caratterizzato da rajas e satva farà del volontariato.  Il momento del cambiamento  è chiamato Brahmamurta.  Nel  XVII capitolo della Gita, il Dio Krishna spiega ad Arjuna i guna. 

Le pratiche di yoga portano alla fede che è il motore del cammino spirituale, cuore e mente ti portano più avanti, ti permettono di passare dal tamas al rajas poi al satva (che rappresenta l'energia neutra). All'inizio della pratica yoga si lavora sulle parti basse del corpo (sui 3 chakra più bassi che caratterizzano il tamas) poi si passa al rajas, e al satva.  

Vivere una vita etica, propugnata dagli Yama e Niyama  è propedeutico al percorso spirituale; La meditazione è necessaria alla moksa (liberazione) e porta dall'ignoranza alla conoscenza e alla felicità, la nostra vera natura è ananda (felicità).  

La parola Karma corrisponde ad azione, e ad ogni azione corrisponde una reazione ->  Ciò è gestito dalla legge di causalità. In ogni nostra azione c'è il libero arbitrio o c'è una predestinazione?  Il karma permettere di conciliare queste due posizioni.    La tua natura ti porta a incarnarti in certi luoghi, con un certo fisico, in una certa classe sociale.     Dove inizia l'azione o la reazione? Inizio e fine sono lo stesso punto, così come salita e discesa sono la stessa cosa, ogni cosa ha in se la sua reazione, l'albero e il seme,   esiste una continua trasformazione,  che apporta una continuazione.    Non c'è inizio e non c'è fine. Ananta ("Senza fine") è un termine sanscrito e principalmente un epiteto di Visnù. Ananta è anche il nome di Shesha, il serpente celeste, sul quale Visnù si adagia nell'oceano cosmico.

La legge di causalità è costituita da tre aspetti; 1- legge di azione e reazione,  Dio non è parziale, nè giusto,  non premia i virtuosi e non punisce i malvagi, 2- legge di compensazione,  3- legge del castigo.

Perchè mi succede questo?  Perchè è quello di cui hai esattamente bisogno. 

Esistono tre tipi di karma:   1- Sanchita karma = il tuo karma totale accumulato da milioni di vite (passato) , 2-     Prarabhda Karma = una piccola parte del tuo sanchita karma responsabile della tua vita attuale (attuale) 3-     Agami Karma = il karma che generi nella tua vita attuale; verrà aggiunto al tuo sanchita karma quando morirai (futuro).

Le azioni compiute con libero arbitrio determinano la vita di oggi con la quale creiamo la vita futura,   L'attuale karma non possono cambiarlo nemmeno gli Dei. Il karma a volte è buono, a volte è spiacevole, dobbiamo accettarlo perchè sono cose che abbiamo creato, dobbiamo cambiare vritti, carattere  usare gli eventi negativi per crescere, le persone che vivono in condizioni difficili sono le più generose, le più felici. Il bilancio esce dal misto delle tue azioni.  Ma non è l'azione che conta, ma l'intenzione.  

Nello yoga esistono tre fasi nel fare un'azione: 1-  il desiderio e volontà per fare l'azione, 2- la conoscenza per fare l'azione, 3- l'azione stessa.  Dall'azione spesso ci aspettiamo i frutti, mentre il karma yoga è caratterizzato dall'azione disinteressata, offrirla al divino senza desiderio.

il nostro  Prarabhda è creato dalle nostre scelte, lo scopo della vita crea il karma, il dharma regola la vita, e ciò che ti avvicina al progresso spirituale    Adharma è ciò che ti impedisce il samadhi.

Il puruṣārtha (obiettivo della ricerca umana) rappresenta, nella cultura induista, i quattro scopi della vita di un uomo: dharma (valori morali), artha (benessere economico), kāma (piacere) e il mokṣa (liberazione spirituale, desiderio di liberazione).     
Faro che illumina tutto è il dharma, il giusto modo di comportarsi, la deontologia. Godere di beni materiali, sempre in armonia con i principi etici del dharma, è artha. Soddisfare la sfera sensoriale e sensuale senza esserne condizionati è kama. Questi tre sono gli scopi definiti pravritti, “verso il mondo”. Il quarto scopo moksha, è l’emancipazione dai vincoli dell’ignoranza e la realizzazione dell’Assoluto. Questa è la via nivritti, la via del monaco che rinuncia al mondo. Il monaco offre la sua vita alla ricerca di Dio e al servizio verso tutti gli esseri. In generale, tutti e quattro rivestono un ruolo fondamentale nella vita di un uomo, ma in tempo di guerra il dharma ricoprirebbe un ruolo più rilevante di artha e kāma, mentre l'ultimo, il mokṣa, rappresenta la realizzazione finale nella vita di un uomo.  

Svadharma è un termine che, nell'Induismo, designa i doveri di un individuo, secondo le sue modalità di natura materiale o disposizione naturale, che deve seguire. Seguire il proprio swadharma è il cuore della Gita.   Krishna nella Gita dice ad Arjuna che deve combattere e seguire il suo swadharma, kukushreta è il campo di battaglia dell'uomo, Krishna deve agire per mantenere l'ordine costituito. Krishna poi però dice anche abbandona i frutti della tua azione  e abbandonati a dio.  Tutti i piaceri spirituali sono ananda, la mente fa da barriera fumogena.  Anche Ahimsha  la nonviolenza, è un aspetto importante per il progresso spirituale.  

Sempre nell'induismo il comportamento di un individuo è determinato dal purusartha dai varna ossia dalla casta di appartenenza e dagli stadi della vita, ashrama. 

I varna (parola che letteralmente significa "colore") sono le quattro categorie sociali (caste) principali della tradizione indu: sacerdoti, guerrieri, commercianti e contadini (oltre ai "fuori-casta" o "intoccabili", i paria). 

La vita degli esseri umani è idealmente suddivisa in quattro stadi (ashrama): brahmacharya, grihastha, vanaprastha e samnyasa. Considerando idealmente di cento anni la durata della vita, ai primi venticinque corrisponde il periodo dello studentato in cui si studiano le Scritture presso la casa di un Maestro e si osserva la castità. Nei successivi venticinque anni, si entra nello stadio famigliare in cui si assolvono i compiti domestici e si partecipa attivamente al benessere economico della società. Il quarto stadio (a 60 anni) prevede il ritiro nella foresta, un ritiro parziale dalla vita del mondo, in cui si approfondiscono le Scritture e si intensificano le pratiche ascetiche e meditative. Il quarto stadio (oltre gli 80 anni) è la totale rinuncia al mondo, è la via del monaco.

I testi dicono che noi veniamo dal mondo materiale, poi nel processo si passa al mondo vegetale dove possiamo vedere la presenza di coscienza anche nelle piante (ad esempio il girasole che si rivolge al sole, la pianta verso la luce, ecc) poi la consapevolezza aumenta e si passa al mondo animale, poi all'essere umano, da dove inizia il percorso di purificazione. Il percorso spirituale è un percorso di consapevolezza, ritrovare la consapevolezza della nostra natura divina.  Krishna, sempre nella Giata,  dice a Arjuna: "la nostra vita è il frutto delle nostre innumerevoli vite  delle precedenti".

Vedi testo: Molte vite, un'anima sola. Il potere di guarigione delle vite future e la terapia della progressione ; Autore, Brian L. Weiss ;

Vedi link:   https://www.induismo.it/induismo-cosa/

venerdì 13 dicembre 2024

U.N. - meditation day

Il 6 dicembre 2024, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha fatto al mondo un “regalo di meditazione” adottando una risoluzione che dichiara il 21 dicembre “Giornata mondiale della meditazione”.    Riconoscendo che la meditazione può contribuire alla salute e al benessere.

Riconoscendo inoltre che una più ampia diffusione delle informazioni sui benefici della meditazione sarebbe benefica per la salute e il benessere delle persone in tutto il mondo.


Link al testo della risoluzione

Yoga e meditazione in biblioteca

Nella prospettiva dell’Agenda 2030 le biblioteche hanno un ruolo chiave nel Sistema del Benessere, in qualità di infrastrutture culturale di prossimità, rappresentando un “punto di riferimento” fondamentale per la crescità culturale delle persone che le frequentano. Lo yoga, che racchiude pratiche meditative, ricerca una serenità fisica e spirituale, inserendosi quindi a sua volta in quelle pratiche volte alla ricerca di benessere.
 
La proposta della Biblioteca Vaccheria Nardi va proprio in questa direzione: durante il quarto incontro della rassegna Percorsi di ricerca spirituale  giovedì 12 dicembre alle ore 17.30 sarà presentato il libro Helena Petrovna Blavatsky e la teosofia. Una sintesi del suo pensiero di Roberto Fantini, Efesto 2024, con intervento dell'autore.
 
E ancora, alla Biblioteca Laurentina  lunedì 16 dicembre alle ore 10.30 si svolgerà l’ultimo incontro con lezione di yoga tradizionale condotto da Cesare Maramici, nell'ambito della rassegna  Yoga tradizionale.
L'attività è gratuita e si consiglia la prenotazione: per info e contatti chiamare lo 06/45460760 o scrivere a laurentina@bibliotechediroma.it 

Incontri e corsi:   https://www.bibliotechediroma.it/opac/news/yoga-e-meditazione-in-biblioteca/36133


 

venerdì 6 dicembre 2024

L'amore dimenticato

Il film L'amore dimenticato è del regista Michal Gazda.    E' ditribuito sulla piattaforma NetFlix a partire dal settembre 2023

Il professor Rafał Wilczur, uno stimato chirurgo nella Polonia degli anni '20, viene abbandonato dalla moglie, che porta via con sè la loro figlioletta Marysia. Nel tentativo di rintracciare i loro movimenti, l'uomo finisce in un losco quartiere dove viene aggredito e selvaggiamente picchiato.

Scomparso, viene dato per morto suicida, quando in realtà, in conseguenza del trauma cranico, ha avuto un'amnesia, che lo ha condotto, attraverso un vagabondaggio senza meta, a stabilirsi quindici anni dopo in un villaggio dove lavora come mugnaio. Con la nuova identità di Antoni Kosiba, il professore inizia a curare gli abitanti del luogo dove, restata sola al mondo, si è stabilita anche la giovane figlia Marysia che lavora come cameriera in una locanda ebraica per potersi pagare gli studi universitari.

mercoledì 4 dicembre 2024

Camminare per la pace e la felicità

 Dal sito di Flip News - Articolo di Roberto Fantini      https://www.flipnews.org/index.php/life-styles/spirituality/item/4168-camminare-per-la-pace-e-la-felicita-l-insegnamento-di-thich-nhat-hanh.htm

Prendi la mia mano
Cammineremo.
Semplicemente cammineremo.
Ci godremo il camminare
Senza pensare di arrivare da nessuna parte.
Cammina serenamente.
Cammina gioiosamente.
La nostra è una camminata di pace.
E’ una camminata di felicità.   
            -   Thich Nhat Hanh

Innumerevoli sono i doni lasciateci dal pensiero e dall’insegnamento del Maestro Zen vietnamita Thich Nhat Hanh. Alla base di tutti, credo sia possibile individuare un fondamentale minimo comun denominatore:  la volontà di travasare, nell’alienata ed alienante vita quotidiana del mondo contemporaneo, i grandi tesori della spiritualità buddhista, in maniera semplificata e laicizzata, rendendoli, perciò, più facilmente comprensibili e condivisibili.

In questo modo, benché tutta la vera anima del suo pensiero sia indissolubilmente connessa con la migliore tradizione buddhista, è riuscito a proporci un’etica ed una prassi educativa di universale respiro, volte a superare la visione di noi stessi come enti separati dagli altri individui e dall’intera realtà, e riuscendo così a farsi comprendere ed amare anche da chi si riconosce in altre esperienze religiose, nonché da chi si dichiara agnostico o ateo.

Thich Nhat Hanh (Thay per i suoi seguaci ed amici) è conosciuto, in particolar modo, per le pratiche di meditazione introdotte e diffuse nel mondo occidentale, oggi adottate (anche se non sempre in maniera adeguata) da un numero sempre crescente di persone alla ricerca di un maggiore equilibrio interiore e di una maggiore armonia psicofisica.   

Il grande monaco vietnamita iniziò a proporre insegnamenti in Occidente già all’inizio degli anni Settanta: fondamentale risultò l’apparizione di un suo libro nel 1975, intitolato The Miracle of Mindfulness (pubblicato poi in Italia da Ubaldini-Astrolabio, con il titolo di Il miracolo della presenza mentale), nel quale venivano presentate nuove pratiche meditative da lui sviluppate. Fra di esse, una che è stata accolta con favore da molti occidentali avvicinatisi al suo pensiero è la Meditazione camminata.
“Questa particolare modalità meditativa (forse la pratica che meglio incarna l’intima poesia e la delicata mitezza dell’animo dello straordinario maestro zen) è nata dalla constatazione che, nella nostra vita quotidiana, siamo prevalentemente dominati dall’”abitudine di correre”: “Ricerchiamo la pace, il successo, l’amore – sempre di corsa – e i nostri passi sono uno dei mezzi con i quali scappiamo dal momento presente.

Ma la vita e la pace sono disponibili soltanto nel momento presente.
Per quelli come noi – ci spiega Thay – che hanno l’abitudine di correre sempre, fare un passo smettendo di correre è una rivoluzione.” E la pace diventa disponibile se saremo in grado di entrare in contatto con la Terra, toccandola con i piedi “con molta dolcezza e felicità”, riuscendo ad immergerci a fondo nel qui e ora.
La meditazione camminata (da praticare non soltanto nei parchi e in luoghi isolati, ma anche nel trambusto delle grandi città, in casa, al lavoro, ecc.) è proposta come una vera forma di “resistenza” nei confronti di un intero sistema di vita collettiva imperniato sul correre frenetico e alienante in vista di innumerevoli obiettivi fuori e lontani da noi. Come un modo per “recuperare la nostra sovranità su noi stessi, rivendicare la nostra libertà e camminare sulla Terra da persone libere.”

Ogni nostro passo (compiuto da soli o con altri meditanti) può trasformarsi, quindi, in un atto di resistenza, anzi in un atto di vera liberazione: si cammina  per camminare, non per arrivare, per “godere di camminare”, per godere del fatto che ogni passo ci avvicina sempre più alla nostra vera casa, quella del qui e ora. Ognuno di noi, camminando su questa Terra, in “consapevolezza, concentrazione e visione profonda”, è in grado di compiere uno straordinario “miracolo”, quello di “diventare pienamente vivo e rendere possibili la gioia e la felicità” ”  *

In questa prospettiva, nella mattinata di sabato scorso 30 novembre, nel cuore di Villa Borghese (Roma)    si è svolta una Meditazione Camminata Internazionale sul tema “Entrare in contatto con la semplicità”, a cui hanno aderito diverse decine di persone, in contatto spirituale con innumerevoli altri partecipanti presenti in almeno altre 56 città di altri 21 Paesi, da Amsterdam a Bogotà, da Parigi a Vienna e Phnom Phen.**

In questo tipo di esperienze, ogni passo è destinato a trasformarsi in un vero e proprio liberatorio atto di ribellione e noncollaborazione nei confronti di un sistema reificante e mercificante che ci rapina del nostro tempo, della nostra capacità di empatizzare con il nostro prossimo e con le infinite manifestazioni della Vita.

Indubbiamente efficace per illustrare lo spirito che pervade simili iniziative è la poesia del nostro monaco intitolata “Contemplazioni sulla semplicità”.

Che io possa rendermi conto che nella mia vita ci sono già condizioni più che sufficienti per essere felice.
Che io possa paragonarmi meno agli altri e trovare la mia misura.
Che io possa semplicemente camminare, lasciando che preoccupazioni e paure si calmino.
Che io possa imparare a lasciar andare le mie richieste e aspettative.
Che io possa entrare in contatto con la gioia e la libertà di una vita semplice scelta da me stesso.
Che io possa lasciare andare le cose inutili e liberarmi dal bagaglio interiore.
Che io possa sperimentare la gioia di dare senza aspettative.
Che io possa dimorare semplicemente e felicemente nel momento presente, notando che non c’è nulla che io debba fare.
Che io possa invitare le persone che raramente sono soddisfatte a unirsi a me nello spirito durante la camminata.
Che tutti gli esseri siano felici
.

Note:  *Roberto Fantini e Cesare Maramici, THICH NHAT HANH UN SENTIERO TRA LE STELLE, Edizioni Efesto, Roma 2024, pp. 34-5.

**Le meditazioni camminate internazionali sono organizzate da sangha e gruppi Wake Up nella tradizione di Thich Nhat Hanh, dall’Ordine dell’Interessere e da gruppi locali del Network for Mindful Business, spesso in collaborazione con altri gruppi locali che amano la meditazione camminata e sono ispirati dal tema.

giovedì 21 novembre 2024

Letture Luminose - Presentazione On Line del libro La Fine è il mio Inizio

Questo mercoledì 27.11.2024 alle ore 18,30  presentazione ON LINE su piattaforma ZOOM 

del libro di Tiziano Terzani, La fine è il mio inizio,  a cura di Cesare Maramici  

nell'ambito dell'iniziativa   LETTURE LUMINOSE 2024-2025.   

La nostra iniziativa è ormai al quinto anno. Con il tempo ci è sembrato sempre più evidente che incontrarsi e conversare partendo da un testo di ispirazione sia un’attività particolarmente preziosa in un’epoca in cui non solo i valori e la cultura, ma addirittura il buon senso, si stanno progressivamente sgretolando. 

L'iniziativa, è  totalmente GRATUITA.  Per iscriversi occorre mandare una mail a fpistolato@yahoo.it con la dicitura: CICLO LETTURE LUMINOSE 2024-2025. Il link di accesso verrà fornito alla vigilia di ogni incontro, che verrà registrato e inviato poi a tutti gli iscritti, i quali potranno seguire comunque il ciclo, qualora non sia stato loro possibile partecipare alla diretta.

mercoledì 20 novembre 2024

Percorsi di ricerca spirituale

Novembre - dicembre 2024.  Alla Biblioteca Vaccheria Nardi  -   Indirizzo e contatti
Via Grotta di Gregna, 37, 00155, ROMA Tel. 0645460490 - vaccherianardi@bibliotechediroma.it
Metro B  direzione Rebibbia ..  Fermata   Santa Maria del soccorso     Contatti:  s.luzzi@bibliotechediroma.it    

Nel mondo contemporaneo, in cui domina la religione dell'Avere, si va facendo sempre più strada il bisogno di una spiritualità aperta, capace di promuovere e affermare un'autentica filosofia dell'Essere". E molti sono i sentieri e le esperienze culturali che concorrono nel favorire un clima di rinnovata ricerca interiore.
In questa prospettiva viene proposto un breve ciclo di incontri mirato a favorire lo scambio di conoscenze e di punti di vista, fra persone interessate a portare avanti un cammino di indagini e di esplorazioni di carattere spirituale.   

Vedi link: https://www.bibliotechediroma.it/opac/news/percorsi-di-ricerca-spirituale/35720


Bonnard, Pierre et Martha - regia di Martin Provost

Pierre Bonnard è noto per i colori audaci delle sue opere e per una predilezione per la pittura di elementi della vita quotidiana. Con i suoi colleghi pittori, Pierre Bonnard formò nel 1888 il gruppo di giovani artisti francesi noto come “Les Nabis”.      Soprannominato «le poète de l’intime», egli eccelle nella rappresentazione dell’intimità domestica, dedicando numerose tele a soggetti femminili e maschili colti nella nudità di momenti quotidiani come il risveglio o la toilette. Nel 1891 decide di abbandonare l’attività forense per dedicarsi completamente alla pittura e nello stesso anno espone per la prima volta al Salon des Indépendants.   

Il film Bonnard, Pierre e Marthe del regista Martin Provost è la storia di un grande amore.  Racconta la relazione passionale e artistica tra il celebre pittore Pierre Bonnard e la sua compagna di arte e vita, Marthe de Méligny, interpretati da una formidabile coppia di attori: Vincent Macaigne e Cécile De France.

Una passione travolgente, un’unione indissolubile, un amore fuori da ogni schema. Quando Pierre Bonnard - amico di Degas e Renoir - incontra Marthe, cerca solo una modella disposta a posare per lui. Quello che trova è molto più di una musa: Marthe si rivela un’anima affine, una compagna d’arte e di vita, una donna dallo spirito moderno e indipendente. Compare in oltre un terzo delle opere di Bonnard.

Pierre e Marthe si conoscono a fine 1800; Marthe però non sembra essere interessata alla vita parigina e dopo alcuni anni convince Pierre a trasferirsi in Normandia. La villa che occupano è soprannominata la “Roulette” e non è lontana dall’abitazione di Claude Monet che gli fa spesso visita, come viene ben narrato nel film.   Nel film viene anche narrato il dramma che ha vissuto la coppia. Renée Monchaty, una giovane studentessa di belle arti che posava saltuariamente come modella per Pierre diventa la sua amante. E poi questo rapporto si trasforma in un rapporto a tre insieme a Marthe.  Poi Renée chiede a Pierre di scegliere tra lei e Marthe. Pierre inizialmente promette a Renée di sposarsi, andando addirittura insieme a Roma.  L’artista però sceglierà alla fine di tornare con la compagna di una vita: Marthe. Sopraffatta dal dolore la giovane Renée si toglierà la vita.   

Marthe morirà, cinque anni prima di Bonnard, con cui alla fine convolò a nozze nel 1925, trasferendosi in una villa a Le Cannet, nel sud della Francia.   Nel villaggio provenzale  Pierre Bonnard coltiverà il proprio isolamento, come Claude Monet o Paul Cézanne prima di lui, rispettivamente a Giverny e ad Aix-en-Provence.

Il regista, in questo film,  ritrova i temi che gli sono più cari: il rapporto tra vita e creazione, ma soprattutto l’emancipazione femminile, il rapporto delle donne in relazione al mondo dell’arte e delle istituzioni. 

Arati - L' eliminazione delle tenebre

Dal sito    https://www.cyswamivishnu.com/

Arati vuol dire "eliminazione delle tenebre" ed è un rituale induista nel quale la luce, emessa da una o cinque fiamme, viene offerta al Divino. All’ondeggiare della fiamma della lampada davanti agli idoli si accompagna la recitazione di Mantra e frasi rituali.          

Nel caso delle cinque luci, esse simboleggiano i cinque elementi della terra, dell'aria, del fuoco, dell'acqua e dell'etere, rappresentando quindi la totalità del Cosmo. Le luci vengono mosse con una rotazione in senso orario davanti all'immagine della divinità. L'offerta della luce viene fatta con la mano destra. La lampada ha cinque uscite ed è alimentata da canfora, olio o burro. 

Arati è anche il canto devozionale tradizionalmente intonato durante il rituale. L'Arati viene eseguita solitamente al mattino e alla sera, o come conclusione di una pūjā (atto rituale diretto alla divinità, con offerte di fiori e cibo) o di una sessione di bhajan (è un particolare tipo di canto devozionale della tradizione Induista), di cui l'Arati rappresenta il momento culminante.  L'offerta della fiamma di canfora ha un preciso significato simbolico: poiché arde senza lasciare residui, essa rappresenta l'ego che, una volta raggiunta la realizzazione spirituale, scompare senza lasciare alcuna traccia. 

Ci sono vari tipi di Arati. Prenderemo in esame quella proposta dal Maestro Swami Vishnudevananda. È un interessante panoramica sul variegato mondo delle Divinità indiane, con aspetti spirituali molto profondi.

  Testo del canto devozionale -  Arati
-   Jaya jaya arati Vighnavinayaka 
    Vighnavinayaka sri Ganesha.
Il Dio Ganesha viene invocato per primo, figlio di Shiva e Parvati,  concepito dal sudore di Parvati a Kailasha. Shiva decapita il figlio, e quando lo scopre sostituisce la testa tagliata con la testa del primo animale che si incontra nella foresta con la testa rivolta verso Est.  Ganesha è colui che rimuove tutti gli ostacoli. Testa tagliata significa tagliare l'ego.
 
-   Jaya jaya arati Subrahmanya 
    Subrahmanya kartikeya 
Kartikeya è il fratello di Ganesha, nato da 6 goccie, sempre eternamente giovane, capo dei Deva e degli angeli
 
-  Jaya jaya arati Venugopala 
   Venugopala Venulola 
   Papavidura navanita cora 
“Venu” significa “flauto di bambù” e “gopal” che significa “colui che protegge il bestiame” e quindi fa riferimento a Krishna. Krishan è un Avatar (reincarnazione di Visnu) e viene rappresentato in tutte le sue fasi di vita. Papavidura significa peccato. 
 
-   Jaya jaya arati Venkataramana 
    Venkataramana shankataharana 
   Sita Rama Radhe shyama 
Venkataramana è un rishi,  c'è  un tempio a lui dedicato a Mangalore. 
Rama e Ravana il demone con 11 teste (rappresentano i 10 sensi + la mente), 9 porte rappresentano i nostri orifizi, la battaglia rappresenta la lotta tra la nostra parte spirituale e la parte materiale.
 
-   Jaya jaya arati Gauri manohara 
   Gauri manohara bhavani shankara 
   Samba Sadashiva Uma Maheshvara 
Gauri significa bianca e rappresenta la Dea Parvati, il principio femminile. Nel tantrismo Shakti il principio femminile.    Shankara è l'aspetto benevolo di Shiva. Shiva e Parvati diventano una unica persona, i due principi che danno vita all'umanità.L'energia divina prende la forma sonora sotto forma di mantra, prende la forma sottile sotto forma di yantra. 
 
-   Jaya jaya arati Raja Rajeshvari 
   Raja Rajeshvari Tripura Sundari 
   Maha Lakshmi Maha Sarasvati 
   Maha Kali Maha Shakti 
Saraswati è lo studio, e la conoscenza.   Kali ha varie braccia che portano delle teste tagliate degli Asura (demoni) che sono le energie negative in noi. Kali è la distruttrice del male e  noi siamo immersi nella Maya (il mondo illusorio).  La felicità è la nostra dimensione naturale, dobbiamo solo scoprirla in noi; ma non ricreandoci ogni volta nuovi obiettivi.  Dovremmo solo cercare di morire di come siamo nati.   L'energia negativa dovremmo contrastarla con l'amore, i cattivi hanno paura solo dell'amore.  Per avanzare nel cammino spirituale occorre forza della volontà, conoscenza e azione. 
 
-   Jaya jaya arati Anjaneya 
   Anjaneya Hanumanta 
   Jaya jaya arati Dattatreya 
  Dattatreya Trimurti avatara
Pronunciando il nome di Rama si prendono poteri (siddhi).  La devozione di Hanuman verso Rama lo porta a diventare un semidio. 
Dattatreya è il dono fatto a Atri. Surya è una delle 12 divinità solari, fonte di vita.  A livello nutritivo la pianta assorbe direttamente l'energia dal sole per questo è consigliata una alimentazione vegetariana.
 
-   Jaya jaya arati Adityaya 
   Adityaya Bhaskaraya 
   Jaya jaya arati Senishvaraya 
   Senishvaraya Bhaskaraya 
 
-   Jaya jaya arati Shankaracharya 
    Shankaracharya advaita gurave
Shankaracharya significa gioiello della discriminazione. Si usa la ragione per superare la ragione.
Shankaracharya  è colui che ha inventato la filosofia Advaita Vedanta,  Vedanta significa fine dei Veda; ossia la parte finale dei Veda, la parte filosofica (le Upanishad) oppure la fine del Vedanta significa illuminazione.  Nell'Advaita Vedanta c'è una sola realtà, con la lama della discriminazione si riesce a discriminare tra il reale e il Non reale, si arriva alla realtà ultima (oltre la realtà).
Controlla il corpo, e poi vai oltre.
Controlla il respiro, e poi vai oltre.
Controlla la realtà con la mente, e poi vai oltre.
 
Poi iniza il saluto ai Maestri 
 
-  Jaya jaya arati Sadguru natha 
   Sadguru natha Sivananda

-  Jaya jaya arati Vishnudevananda 
Vishnudevananda sri guru natha 
 
- Jaya jaya arati agastya munaye 
Agastya munaye shri rama priyaye
Agastya fu un guru, i Deva esseri luminosi legati ai cicli cosmici, cercano l'amrita nell'oceano del latte immortale. Gli Asura sono alla ricerca dell'immortalità, Monte meru, il serpente, la tartaruga. 
 
- Jaya jaya arati ayappa swamiye 
Ayappa swamiye dharmashastave 
Ayappa è figlio di Shiva e Vishnu e protettore del Dharma (leggi).  Tempio dedicato a Bhrama a Puskar. Essendo Brahma il creatore della natura (maya) non ci sono molti templi a lui dedicati, perchè si cerca di distaccarsi dalla natura. 
Gli Asura ricevono i poteri da Brahma.  Narashima, Mezzo uomo e mezzo leone, uccide l'asura che voleva l'immortalità.
 
- Jaya jaya arati jesus gurave 
moses gurave buddha gurave 
Jaya jaya arati mohammed gurave 
Guru nanak gurave samasta 
gurubhyoh namah 
Jaya jaya arati venugopala 
 
- Om na tatra suryo bhati na chandra tarakam 
Nema vidyuto bhanti kuto yamagnaih 
Tameva bhantam anubhati sarvam 
Tasya bhasa sarvamidam vibhati 
 
Il saluto ai fiumi sacri 
 
- Om gange ca yamune caiva godavari 
sarasvati narmade sindhu kaveri 
namastubhyam namo namah 
 
. Tvam eva mata ca pita tvam eva 
Tvam eva bandhush ca sakha tvam eva 
Tvam eva vidya dravinam tvam eva 
Tvam eva sarvam mama deva deva 
 
. Kayena vaca manasendryairva 
Buddhiatman va prakritessvabhavat 
Karomi yadyat sakalam parasmai 
 Narayanayeti samarpayami
 
- Sarva dharma parityajya 
mamekam sharanam vraja 
Aham tva sarva papebhyo 
mokshashyishyami ma suchah

Per essere Liberi bisogna avere tempo

 “Non mi stancherò mai di spiegare che per essere liberi bisogna avere tempo, da spendere nelle cose che ci piacciono, poiché la libertà è il tempo della vita che se ne va e che spendiamo nelle cose che ci motivano.

Mentre sei obbligato a lavorare per sopperire alle tue necessità materiali, non sei libero, sei schiavo della vecchia legge della necessità.   Ora, se non poni un limite alle tue necessità, questo tempo diventa infinito.

Detto più chiaramente: se non ti abitui a vivere con poco, con il giusto, dovrai vivere cercando di avere molte cose e vivrai solo in funzione di questo.

Ma la vita se ne sarà andata via…

Oggi la gente sembra non accorgersene e si preoccupa soltanto di comprare e comprare e comprare, in una corsa infinita…”

José "Pepe" Mujica 

José Alberto Mujica Cordano detto "Pepe" è un politico uruguaiano, Presidente dell'Uruguay dal 1º marzo 2010 al 1º marzo 2015.

Bisogna lavorare per vivere e non vivere per lavorare, non serve riempirsi di oggetti che ci danno una felicità solo apparente e che probabilmente non utilizzeremo mai, la vera felicità sta nelle cose semplici ed in quello che non si può comprare.

Respirare - di Federico Dainin Jôkô Sensei

Federico Dainin Joko Sensei ha ricevuto lo shiho, la certificazione da cuore a cuore dal suo maestro Pierre Taigu Sensei ed è diventato maestro zen e il 93esimo patriarca della tradizione Soto.   In questo breve testo spiega l'importanza del respiro nella pratica dello Zazen (sedersi in meditazione).

Nel praticare Zazen è importante, prima di iniziare, salutare lo spazio in cui ci sediamo per prendere coscienza che ci siamo; per educarci ad essere consapevoli di ciò che andremo a fare, del luogo in cui ci troviamo e dove posiamo la nostra presenza.   
Salutiamo il cuscino e in seguito ci giriamo di 180 gradi e salutiamo coloro che sono di fronte al nostro cuscino. È un gesto rituale che ci fa salutare il luogo in cui ci troviamo senza dimenticare che in un altro posto vicino così come lontano, visibile e invisibile, altri luoghi diversi dal nostro meritano la nostra attenzione e il nostro rispetto.   In questo modo salutiamo la presenza del mondo intero; con la stessa intensità, la stessa profondità, con la stessa fede, lo stesso coinvolgimento del corpo e dello spirito.

Il cuscino, sia pulito o pieno di polvere, ben centrato sulla stuoia o un po’ di traverso, ci ricorda come è la nostra vita, magari perfetta in una giornata briosa, oppure in una giornata grigia, in un momento di felicità o infelicità, di dolore o di gioia, salutiamo questa vita che è lì in quel momento, così com’è.     

Tutto questo (salutare il cuscino, quindi voltarsi e salutare tutte le persone sedute e tutte quelle presenti nel mondo) rappresenta molto più di un semplice gesto rituale; con questi gesti esprimiamo la fede nello Zazen e coltiviamo l'entusiasmo, perché salutando ogni volta che ci sediamo e che ci alziamo, riconosciamo che non è più lo stesso cuscino e non c’è più la presenza di poco prima. Gli altri, tutt’intorno a noi, non sono più gli stessi e tutto ricomincia da capo.   Questo semplice gesto invita ad avere fiducia in tutto ciò che accadrà.

Se è vero che nel Buddismo Zen non c’è una credenza particolare e un Dio, c’è comunque una nozione di fede. Una fede nell’eterno cambiamento delle cose, nell’eterno stato di novità delle cose, a condizione d’essere presenti e coscienti in quel preciso momento.  La fede che tutto andrà bene, e anche quando tutto sembra non andare, tutto va bene così com’è. Perché anche in questi “non va” le cose sono esattamente così come dovrebbero esistere in quel momento.

Poi, la prima cosa che facciamo dopo questo rituale è sederci. Avviciniamo le nostre gambe, se possiamo, in mezzo Loto o in Loto completo e ci abbandoniamo alla terra, semplicemente abbandonando tutto. E in questo corpo seduto in contatto con la terra, iniziamo prendere coscienza che il mondo in cui viviamo ci permette di essere vivi, semplicemente.
Seduti, realizziamo il miracolo profondo d’essere qui, su questa terra, poiché il vero miracolo non è quello di camminare sull’acqua, ma è quello di poter camminare in questa terra. Questa vita non è che una continua scoperta miracolosa, perché non ci è dovuto l’essere presenti in questa terra, non è per forza un nostro diritto. E’ prima di tutto, un dono, una possibilità, un’opportunità, una fortuna. 

In una postura dritta cominceremo davvero respirare con il ventre e riempire il corpo d’aria. Ad ogni inspirazione andiamo sempre più profondamente dentro di noi, ad ogni espirazione andremo e sempre più intensamente, verso il vuoto.

E'  l’attività stessa della nostra vita, che rallenta e che scende in profondità, sempre più in profondità. Nel più profondo del profondo, come una pietra che cade nell’oceano... fino a quando non ci sarà più niente, solo un profondo senso di vacua serenità.

Questa grande profondità in noi è sempre stata calma e pacifica. L'unica differenza tra l'ordinario e la meditazione è che in meditazione iniziamo davvero a frequentare questa pace e più la frequentiamo, più questa si sviluppa.  Il cuore dello Zazen è riuscire a distribuire correttamente il respiro. Il buon respiro è naturale ed estremamente profondo. In realtà, non abbiamo bisogno di nient'altro. Tutto ciò che conta è in questo respiro. L'inspirazione non è comandata, ma naturale, a seconda della gabbia toracica, e l’espirazione è controllata, profonda e attiva.

Ad ogni ispirazione, riporremo l’attenzione su tutto ciò che attraversa la nostra vita. Tutto. I suoni del cortile, i suoni del nostro cuore, la musica, il vicino che si muove, i rumori interni, i pensieri, le immagini ecc ... Osserviamo. E mentre espiriamo, affideremo al respiro tutto ciò che abbiamo osservato e che ci osserva e lo lanceremo nel vuoto. Non lo rifiutiamo, lo rilasciamo nel vuoto e lo liberiamo. Così, respiro dopo respiro, impariamo a liberarci di tutte le cose, di tutti gli esseri, di tutto ciò che abita dentro di noi.

Questo è il cuore di Zazen, pratica di liberazione e libertà, che passa per il respiro. Non abbiamo bisogno del maestro per questo, dobbiamo solo meditare davvero con il respiro costantemente e seriamente. La prima cosa che facciamo quando veniamo al mondo è un’ispirazione molto violenta e forte. I polmoni si aprono in un colpo solo ed è impressionante al punto da farci piangere. L’ultima cosa che facciamo prima di andarcene, di lasciare questa vita, è un’espirazione.
Il respiro è il fulcro della nostra vita. Perché tra questo primo e l'ultimo momento, la nostra vita sarà solo una serie di ispirazioni ed espirazioni.

Lo Zazen è solo questo. E’ coltivare l’attività dell’essere vivi. Potremmo porre fine a tutte le cerimonie, tutti i canti, tutte le pratiche formali, tutti gli insegnamenti dei maestri in Kesa rosso, lasciare cadere tutto e la sola cosa che resterebbe di questa pratica di Zazen, è coltivare il respiro che viene, che ci rende coscienti, che va e che ci libera.
Quando sono davvero consapevole del mio respiro, quando mi capita, mentre medito, di essere davvero consapevole di ciò che osservo, come se fossi davvero un tutt’uno con ciò che mi attraversa, e consapevole di avere questo potere di lasciare andare tutto nel respiro, e quando entro, quando lo provo tutto questo, ne sono incredibilmente scosso. E’ qualcosa che mi nutre per settimane. Questa consapevolezza che la vita è in me, mi rende sensibile, mi rende disponibile a tutto e allo stesso tempo mi libera da tutto. È meraviglioso.
E’ questo il risveglio. Questa vita che mi abita, che da’ il ritmo alla mia esistenza, sia che sia stato buono o cattivo. Attraverso lo Zazen viviamo l’esperienza di questa vita che va e viene in noi….

Film Touch - regia di Baltasar Kormákur

- Looking back as days gone, by precious to my hearth, such sweet memories
stay with me day and night. so ever, I never forgot.
- Ripensando ai giorni passati, preziosi al mio cuore, questi dolci ricordi
mi accompagnano giorno e notte, per sempre. Non li ho mai dimenticati.

Il film Touch è un film del 2024 con la regia di Baltasar Kormákur. Gli interpreti sono Egill Ólafsson, Masahiro Motoki, Yoko Narahashi, Ruth Sheen, Masatoshi Nakamura.
Kristofer (interpretato da
Egill Ólafsson) è un signore anziano islandese che scopre di avere una malattia neurologica degenerativa. Il medico gli consiglia di chiudere i conti in sospeso, così decide di partire e dall'Islanda prima va a Londra e poi in Giappone alla ricerca di una donna che non ha mai dimenticato. In tutto questo, sua figlia, preoccupata, continua a chiamarlo. Un viaggio suggestivo nel tempo e in culture lontane e diverse tra loro. Un film emozionante e esteticamente poetico che parla di amore, memoria, radici, discriminazioni, ritorni, malattia. 

Kristofer è il protagonista di un viaggio di ritorno nei ricordi di giovinezza. Lo rivediamo giovane intento a imparare i segreti della cucina giapponese in un ristorante di Londra a conduzione familiare. Si scopre segretamente innamorato dell'affascinante Miko, la figlia del responsabile del ristorante.  Una relazione calata in una serie di eventi storicamente importanti (si sfiora l'argomento scottante di Hiroshima e dei traumi dei sopravvissuti alla bomba atomica) con dettagli sulla società del tempo (patriarcato paterno giapponese compreso).  Unire la poesia alla quotidianità, un lavaggio di piatti a una dichiarazione d'amore è la caratteristica di questo film che riesce ad emozionare lo spettatore.

venerdì 1 novembre 2024

George Harrison - My Sweet Lord: la Via della Spiritualità

Il libro George Harrison - My Sweet Lord: la Via della Spiritualità - di Sergio d’Alesio descrive la via alla spiritualità che George Harrison ha percorso, in parte anche insieme ai Beatles. Questo percorso è corredato da tantissime notizie e racconti inediti. 
E' un libro che ci racconta il viaggio dell'artista in ogni angolo dell’India, cercando il significato della propria esistenza, studiando l’induismo e manifestando nell’arte e nella vita questa sua ricerca del trascendente e il massimo rispetto verso ogni creatura, religione e cultura. Questo rispetto nasce dalla consapevolezza che DIO è uno solo e noi tutti siamo una goccia nell’oceano dell’universo. 
 
La ricerca spirituale che stiamo vivendo, e che coinvolge  da qualche decennio milioni di persone in tutto il mondo, è dovuta in parte al percorso di  George Harrison...
Quando i Beatles raggiunsero il culmine della fama, le sue esperienze con la musica indiana e lo studio del sitar lo spinsero a cercare l’onnipresenza di Dio nella musica (nada brahma). L’aspetto meditativo trascendentale insito nelle atmosfere del mondo orientale influenzò profondamente il ritmo e la melodia di “Within You Without You” nell’album Sgt Pepper del 1967. L'artista rimase folgorato da una lezione tenuta da Maharishi Manesh Yogi a Londra sulla meditazione trascendentale. Partì per  tre mesi in  ritiro spirituale a  Rishikesh (nel febbraio 1968) insieme agli altri Beatles, per apprendere l’arte della meditazione trascendentale. Nell'ashram George Harrison,  John Lennon, Paul McCartney, e Ringo Star passarono settimane a scrivere canzoni.
 
Nel luglio del 1968, la sua ricerca spirituale divenne l'emblema dei disegni animati psichedelici di Yellow Submarine: dove George appare come il Beatle mistico, seduto nella posizione del loto indossando una collana di grani di legno.
I dieci brani del Cd allegato "In The Garden Of George Harrison" interpretati da artisti di etnie e nazionalità completamente differenti come Deva Raja, Swami, Hariprasad, Capitanata e Thea Crudi, sono un funzionale supporto per la meditazione e lo yoga.
La musica propone atmosfere profonde e meditative di grande suggestione emotiva che donano all’ascoltatore la possibilità di portare alla luce la scintilla divina che plasma l’anima umana. Un vero e proprio tributo alla “vita straordinaria” dell’artista, universalmente giudicato il padre della world music.
Al di là di ogni riferimento al misticismo induista, In The Garden Of George Harrison si sottolinea il concetto che tutti noi siamo UNO: una sola anima, un solo cuore, una sola palpitante emozione nata in simbiosi con le vibrazioni dell’universo.
L'ascolto consapevole di queste musiche ci conduce ad uno stato di leggerezza mentale e di benessere psicofisico e ci accompagna dolcemente, ad una energia rinnovata.
L'ascolto sonoro attivo del CD è un potente mezzo di rilassamento e di esplorazione interiore, in grado di armonizzare e riportare in equilibrio le frequenze energetiche del corpo, donandoci pace e benessere, mantenendoci sani e felici.
I suoni della natura di questo CD sono stati registrati al Sun Temple situato nello stato dell’Orissa in India, vicino alla sacra città di Puri, nel Tempio dedicato a “Surya” il dio sole, a Rishikesh, Benares, e sulle rive del Gange.  Titoli dei brani del CD:
  •     Wonderful future - Deva Raja
  •     Rishikesh - Swamy
  •     Maharishi - Hariprasad
  •     Sun meditation - Capitanata
  •     Peace on earth - Hariprasad
  •     Benares sunset - Capitanata
  •     Puja - Deva Raja
  •     Kriya Yoga - Swamy
  •     Krishna - Capitanata
  •     Mahamantra - Capitanata & Thea Crudi

Amare in consapevolezza - Thich Nhat Hanh

 “In Asia per tradizione si tratta il partner con lo stesso rispetto che si riserverebbe a un ospite. E’ così anche per chi sta insieme da tantissimo tempo: l’altro merita sempre il tuo pieno rispetto. Il rispetto è la vera natura del nostro amore”

“Quando impariamo ad amare e comprendere noi stessi, a essere veramente compassionevoli nei nostri confronti, allora sì che possiamo amare e comprendere davvero un’ altra persona!”

“La comprensione è la vera natura dell’amore. Il regalo migliore che puoi fare a una persona è comprenderne la sofferenza. Se non comprendi non puoi amare”

“Quando nutriamo la felicità in noi e le diamo sostegno, in quel momento stiamo alimentando la nostra capacità di amare. Per questo, amare significa imparare l’arte di alimentare la propria felicità”

“Amare non significa possedere l’altra persona o consumare per intero la sua attenzione e il suo amore: amare significa offrire all’altro la gioia e un balsamo per la sua sofferenza. Questa è la capacità che dobbiamo imparare a coltivare”

“Quando sai generare gioia, questa nutre te e anche l’altro; la tua presenza è un’ offerta, come l’aria fresca, come i fiori primaverili o il cielo limpido e azzurro”

“Spiritualità non significa una fede cieca in un insegnamento spirituale: quella spirituale è una pratica che porta sollievo, comunicazione e trasformazione. Tutti hanno bisogno di una dimensione spirituale nella vita; senza una dimensione spirituale, affrontare le difficoltà che incontriamo tutti quotidianamente è una dura sfida”

Dal testo di Thich Nhat Hanh – Amare in consapevolezza.

Vedi breve sintesi del testo:   https://www.google.it/books/edition/Amare_in_consapevolezza/yopwDQAAQBAJ?hl=it&gbpv=1&pg=PT6&printsec=frontcover

L'essentiel c'est Dieu - Georges Vandamme (2)

Seconda parte del libro  L'essentiel c'est Dieu - Nouveaux rapports de la Science et de la philosophie à l'aube du 21e siècle jusqu'au seuil de la foi chrétienne scritto da Georges Vandamme e pubblicato nel 2011.    

Jacques Monod  sviluppa una filosofia dell'assurdo basata sulla obiettività della natura, in questo contesto l'uomo scopre la sua totale solitudine e estraneità radicale, è solo nell'immensità indifferente dell'universo da dove è emerso per caso. Il suo destino non è scritto da nessuna parte. Questo materialismo filosofico non-marxista si distingue dal finalismo e dal materialismo marxista.  

Francosis Jacob anche lui si rivela materialista e partigiano del caso: "Quello che dimostra la biologia, è che non esiste una entità metafisica che si nasconde dietro la parola vita" E' difficile descrivere l'orientazione della selezione naturale, così le parole progresso, perfezione non possono rappresentarla. 


Karl Popper nella sua opera La logica della scoperta s'interroga sul metodo scientifico induttivo, che va dal particolare al generale, dall'esperienza all'ipotesi e alla teoria. Popper preconizza un nuovo metodo che è esattamento l'opposto, il metodo deduttivo che parte da una idea nuova, da un'ipotesi per arrivare a conclusioni logiche (vedi la legge della relatività di Einstein) e verificare se  esistono delle relazioni tra di loro. Con questo nuovo approccio però si tolgono le barriere che separano la scienza dalla speculazione metafisica.  Il problema è distinguere le scienze empiriche (sperimentali) da una parte e i sistemi matematici e logici (concettuali) dall'altra e di fissare dei confini ben definiti.

Il criterio di demarcazione si situa al livello della confutabilità, una teoria è valida fino a quando non è dimostrato il contrario.  Una teoria è considerato confermata fino a quando passa le verifiche e i test con successo. Per questo è importante che la teoria scientifica possa essere sottoposta a dei test. Ne consegue che ogni evento che si produce una sola volta e non può riprodursi non può essere considerato dalla scienza. 

Il XX secolo ha messo in discussione le nostre certezze.  Con Einstein le due relatività ristrette e generali, il tempo e lo spazio sono confluiti in una entità a quattro dimensioni, con Bohr e i fisici quantisti, la materia è uscita dal campo della nostra prevedibilità, con Hubble l'universo stabile ha fatto posto a un cosmo in espansione la cui storia è cominciato con il mitico Big-bang. Con Godel la logica è stata messa in secondo piano per lasciare il posto all'indicibile, con Crick e Warson il mistero della vita è stato associato al gioco banale delle forze elementari nel cuore della molecola.  Ciò ci ha portato ad accettare che non c'è niente di definitivo, soprattutto senza prove decisive. Bisogna abbandonare anche la speranza di capire il Big-bang e l'origine dell'universo perchè rientra nelle ipotesi inverificabili. Anche  Dio che per definizione non è un oggetto ma uno Spirito non può essere analizzato con il linguaggio matematico.

E' conferamto da varie teorie che i principi quantici (indeterminismo) hanno la supremazia sui principi della relatività ( determinismo).  Il principio di indeterminazione di Heisemberg regola le interazioni tra l'emittente e il ricevente, che sono i soli a condividere la chiave e il messaggio. Se qualcuno prova di decifrare questo messaggio perturba lo stato dei protoni ed è impossibile rinviare una copia del messaggio. I ricercatori hanno battezzato questo teorema di "non-clonaggio quantico".  Il principio quantico inizialmente aveva come campo di applicazione la microfisica, potrebbe applicarsi anche alla macro-fisica. Il principio di causalità ha perso il suo carattere assoluto con l'avvento dell'indeterminismo nella microfisica.

Claude Allegre affermava: "La fisica è essenzialmente la scienza che per comprendere la natura del mondo fisico e le sue leggi, usa il linguaggio matematico deduttico". E questi linguaggi non sono sostituibili se si vuole parlare di scienza.

Stephen Hawking scrive nel suo libro Una breve storia del tempo: "Se l'universo  ha un inizio (Big-bang) noi potremmo supporre che c'è un creatore. Ma se realmente l'universo si contiene tutto intero, non essendoci nè frontiere, nè bordi, non dovrebbe avere nè inizio, nè fine, dovrebbe semplicemente essere. Che posto resterebbe per un Creatore?"

L'universo dipende dalle quattro leggi  fisiche che sono:  interazione debole, interazione forte, interazione elettromagnetica, e la relatività generale, esse costitutiscono la base di tutti i fenomeni conosciuti nell'universo. 

Secondo Alfred Kastler (nel libro Questa strana materia) in microfisica fotoni, neutroni, protoni, atomi o molecole non possiedono quella che possiamo chiamare "esistenza permanente". La scienza non può conoscere che degli istanti di esistenza e non degli Esseri.

Karl Popper dice: "Bisogna rigettare l'idea di un universo causalmente chiuso ma anche di un universo probabilistico (uscito dal caso). Il nostro universo è parzialmente causale, parzialmente probabilistico e parzialmente aperto. E' Emergente. In ogni momento infinitesimale tutto quello che sembra esistere si trasforma, e riempe così tutte le caratteristiche dell'Essente (ètant). L'essere è la coscienza di esistere, Un essente (ètant) è un essere attuale che diviene tale solo nel momento che pensa di esistere".

Se facciamo riferimento a una nozione metafisica di un Creatore, potremmo dire che l'universo e tutta la creazione sono nella durata e nello spazio l'Essendo dell'Essere Divino"  Partecipano in un presente assoluto al suo pensiero creatore. 

Hubert Reeves dichiara che l'universo "ruisselle" d'intelligenza, ma da dove viene questa intelligenza? Ciò implica l'idea di un finalismo spiritualista, che ha come scopo il far emergere una intellligenza riflessiva in ciascun essere umano sotto forme diverse. Questo principio di finalità spiritualista prevale sulla causalità.

Kark Popper diceva: "l'evento che si produce una sola volta non può essere consderato dalla scienza". Bisogna distinguere tra Teodicea che cerca l'accesso alla conoscenza di Dio attraverso la via della ragione e la Teologia che è una riflessione su Dio fatta alla luce della Rivelazione ( antico e nuovo testamento). 

Più tardi la scolastica medioevale considera la metafisica come lo studio dell'esistenza di Dio, dei suoi attributi e dei suoi rapporti con le creature. Poi Descartes orienta la metafisica verso l 'analisi del pensiero e nel XVII e XVIII secolo si considera che il problema fondamentale della metafisica è quello dell'esistenza del mondo. Nel XX secolo appaiono la fenomenologia e l'esistenzialismo  e l'oggetto della riflessione è la natura dell'uomo (o antropologia filosofica).  Si vede quindi che il concetto di metafisica cambia durante i veri periodi storici. 

Oggi ci sono delle difficoltà per portare avanti concetti metafisici, ad esempio una stessa parola Causalità esprime due concetti: la causa prima e le cause secondarie, queste ultime entrano in contraddizione con la prima.  I fisici domandano che la riflessione metafisica ( o una nuova-metafisica)  si appoggi sulle quattro leggi fondamentali (interazione debole, interazione forte, e interazione elettromagnetica nel campo quantico da una parte e la relatività generale dall'altra parte), leggi che regolano tutti i fenomeni conosciuti nell'universo.   La scienza può dire quello che l'uomo può fare, ma non quello che deve fare ( che rientra nel campo dell'etica o della politica). 

Nel contesto attuale la tendenza filosofica si divide in due: da una parte i materialisti che propugnano l'auto-organizzazione e dall'altra quelli che portano avanti il principio antropico che include la questione del senso (le leggi della fisica sono quelle che hanno permesso alla vita di manifestarsi).    Gli scienziati non concepiscono l'universo, lo osservano.

Alfred Kastel, nel testo Questa strana materia esprime la seguente idea: "L'apparizione della vita sul nostro pianeta è il risultato di una sequenza di eventi altamente improbabili. Una tale successione ha ben poche possibilità di riprodursi una seconda volta". 

Esistono due formulazione del principio antropico: debole e forte. Il principio antropico debole cerca tutte le limitazione e aggiustamenti che si devono imporre alle leggi della fisica (le 4 leggi fondamentali)  per permettere l'apparizione della vita. Il principio forte enuncia che sono talmente tante le coincidenze  e le costanti fondamentali necessarie all'apparizione della vita che non può essere il frutto del solo caso e quindi l'apparizione della vita potrebbe costituire una finalità dell'evoluzione cosmica. Ed entriamo quindi nella formulazione metafisica.

La scienza moderna sa bene che l'osservazione dell'universo è il risultato di un compromesso tra determinismo e indeterminismo, a dei momenti successivi nel tempo e nello spazio, e dunque è estremamente difficile sapere dove e quando si sono prodotti.

Henry Atlan afferma : "Non abbiamo bisogno di supporre l'esistenza di un essere intelligente per produrre degi esseri intelligenti".  Con questa frase riafferma la sua opposizione all'esistenza di un essere creatore.

Anche Edgar Morin esprime la sua opinione sul senso dell'universo: "Non voglio credere a un disegno intelligente che avrebbe spinto l'universo a esistere. Penso che l'universo si è auto-prodotto, si è auto-creato". Il grando mistero dell'universo è questa capacità di organizzazione che crea delle qualità nuove, non esistenti separatamente negli elementi che riunisce tra i quali c'è la finalità. Non è l'organizzazione che nasce dal disegno, ma il disegno che nasce dall'organizzazione. 

Jacques Monod chiama teleonomia questa finalità di sopravvivenza dello sviluppo e della riproduzione. Non credo che ci sia un disegno intelligente, ma dal momento che si è creata la vita si sono creati miriadi di disegni intelligenti, con la volontà di esistere e riprodursi. Così l'auto-organizzazione resiste alla morte e si serve della morte delle cellule per crearne di nuove e rigenerarsi...  Queste auto-organizzazioni giocano un ruolo nell'ordine biologico - Alfred Kastler.

Hubert Reeves ci parla di un mondo che è pieno di intelligenze, riconosce che l'intelligenza esiste e che la creazione ne è la manifestazione. Ma quale intelligenza?  Quella dei piccoli disegni o quella di una intelligenza creatrice?  Forse l'intelligenza come capacità di adattazione a situazioni nuove ma unicamente a queste e senza un disegno o progetto a livello di scelta. Ma questa non è una intelligenza cognitiva.

Francosis Jacob mantiene il concetto di caso ma lo inquadra nel gioco delle possibilità. 

Molti intellettuali adottano questo approccio come giustificativo dell'inutilità di una Intelligenza creatrice.  H. Atlan dichiara: La materia inanimata e la materia animata sono la stessa materia, ma organizzate diversamente.  C'è il passaggio dalla materia inerte retta dalle leggi dell'universo a una biosfera che utilizza le potenzialità che gli sono offerte nella cornice del gioco del possibile,  di cui l'indeterminismo fisico che è essenziale per ottenere una creazione per evoluzione. La formazione di una galassia per esempio non ha niente a che vedere con la modifica del genoma. C'è solo una differenza di scala di funzionamento.

Si può arrivare anche a pensare che l'inerte attivo è indispensabile all'esistenza del vivente, questa subordinazione postula qualcosa di diverso da un auto-organizzazione cieca e senza disegno per spiegare l'origine dell'universo e la sua esistenza permanente.  Ciò ci porta a pensare che possa esistere una finalità spiritualista globale.  Un essere divino che avrebbe programmato in dettaglio lo sviluppo della storia umana.

Per Huber Reeves, l'universo possiede dalla notte dei tempi le proprietà richieste (le leggi fondamentali dell'universo)  per condurre la materia ad arrivare alle tappe della complessità.  La specie umana domina le altre specie animali grazie alla forma particolare della sua intelligenza, una intelligenza riflessiva, capace di pensieri astratti che danno accesso alla coscienza

Nel dibattito tra chi sostiene l'auto-organizzazione e chi adotta il principio antropico forte, asserendo che l'universo risponde a un progetto che include l'esistenza di un essere Divino, gioca un ruolo importante l'apparizione della coscienza riflessiva nella specie umana.

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