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venerdì 14 gennaio 2022

Nisargadatta Maharaj - Mauro Bergonzi

"Ma cos'e' che stai cercando? Non c'e' niente, c'e' solo il processo della ricerca, la tua vita e' solo il tuo esistere, il mondo oggettivo e' fatto di dualita', nel mondo oggettivo c'e' soltanto dipendenza. Solo la coscienza e' indipendente, ed e' solo un minuscolo granello, ma tutto questo mondo illusorio nasce da essa".    Nisargadatta Maharaj

Mauro Bergonzi incontra per caso Nisargadatta a Bombay nel 1980, un incontro che, come lui dice spesso, lo trasformò completamente.  Mauro racconta: Ero consapevole che i pensieri e le sensazioni del corpo e della mente vanno e vengono senza motivo e mi identificavo con la coscienza.  Quando incontrai Nisargadatta, nel retro della sua abitazione che usava come ashram,  mi fece la domanda:  "Che cosa c’è oltre la coscienza? Quando lasci andare anche la consapevolezza cosa resta? Questa è l’unica domanda che conta".  Nisargadatta continuò: "La c’è l’assoluto, dove tu non sai, la c’è l’ignoto. Non ti perdere nei mille rami, dalle mille domande, ma vai alla radice, alla domanda che conta e resta fisso lì, finché non muore il cercatore ed allora ti troverai al di là, nell’ignoto".  Nisargadatta piantò dei semi che stanno ancora lavorando. 

Il saggio Nisargadatta Maharaj il cui vero nome è Maruti Shivrampant Kambli (1897 - 1981) nacque il 17 aprile 1897 a Bombay da genitori profondamente religiosi, Shivrampant Kambli e Parvatibai. La sua famiglia era composta da due fratelli e quattro sorelle. Il padre era un assistente domestico ed in seguito agricoltore, con un'educazione indù. Alla sua morte Maruti - che allora aveva 18 anni - dovette lasciare la famiglia per lavorare a Mumbai come tabaccaio. Nel 1924 sposò Sumatibai da cui ebbe tre figlie ed un figlio. Nel 1933 conobbe il suo guru Sri Siddharameshwar Maharaj che gli insegnò a concentrarsi sul mantra "Aham Brahmasmi"  che significa "Sono il Supremo", "Io sono divino". Quando reciti questo mantra, si  riconosce che sei il mondo, sei tutto e contemporaneamente affermi che in realtà non esiste un'entità come te.    Seguendo le istruzioni del suo guru di concentrarsi sul senso di "Io sono", usava tutto il suo tempo libero per ritrovarsi in silenzio, e rimase in questo stato per tre anni, praticando la meditazione e i canti devozionali (bhajan).  Alla morte del suo guru, nel 1936,  Maruti aveva riacquistato la coscienza del Sé. Presto ricevette un nuovo nome, "Nisargadatta" che significa "uno che vive nello stato naturale". Fu anche nominato leader spirituale del ramo di Inchegeri Sampradaya Navnath, la tradizione dei Nove Maestri, un posto che mantenne per tutta la vita.  Nel 1937 lasciò Mumbai e viaggiò attraverso l'India. Rendendosi conto della debolezza di una vita distaccata da questo mondo, e dei benefici spirituali delle azioni disinteressate, tornò finalmente alla sua famiglia a Mumbai nel 1938. Fu lì che trascorse il resto della sua vita, lavorando come venditore di bidi ( sigarette di foglie arrotolate) nel suo negozio, e dando lezioni a casa durante il suo tempo libero.   Tra il 1942-1948, soffrì due perdite personali, prima la morte di sua moglie, Sumatibai, seguita dalla morte di una figlia. Iniziò a prendere discepoli nel 1951, solo dopo una rivelazione del suo guru Sri Siddharameshwar Maharaj.  Morì di cancro alla gola nel 1981.  

Nisargadatta è considerato uno dei più rappresentativi esponenti della scuola non dualistica del Vedānta,  rispettato e venerato anche in Occidente. Si può condensare il suo pensiero con il Mahavakya  o "Gran Verdetto": "Tat tvam asi"  ossia "Quello tu sei". Il suo commento in proposito era: "Il Gran Verdetto è verace, ma le tue idee sono false, perché tutte le idee lo sono".

venerdì 24 novembre 2023

Riassunto del libro I mille volti della meditazione

Gli autori del testo sono Roberto Fantini e Cesare Maramici. vedi link: https://www.edizioniefesto.it/collane/lumen/665-i-mille-volti-della-meditazione   Se qualcuno è interessato al testo può contattarmi per e-mail:  maramicicesare4@gmail.com       

Oggi le discipline orientali sono molto diffuse in Occidente, tra queste lo yoga e la meditazione. Il testo è la risultanza degli incontri che gli autori hanno avuto con grandi meditanti, con molti dei quali hanno seguito dei corsi.

Spesso c’è molta confusione nel mondo della meditazione, e si sceglie un percorso senza nemmeno documentarsi sul contesto sapienziale di riferimento. Questo libro ha l’obiettivo di provare a fare un po’ di chiarezza tra le miriadi di proposte.

Essenzialmente ci sono due tipi di percorsi: un percorso molto serio in una tradizione ben strutturata, con cerimonie di iniziazioni, discepolato, ecc. o l’altro percorso un po’ più leggero, in cui attraverso la meditazione si cercano attimi di pace e serenità, e soprattutto benessere. Oggi, è proprio il culto del benessere che si sta instaurando nella nostra società, il benessere a tutti i costi e per tutte le borse.

Il libro si articola soprattutto intorno alle tre proposte di meditazione più diffuse in Occidente, la meditazione buddhista tibetana (vedi il Dalai Lama), la meditazione yoga (che è una tappa del percorso) e la meditazione Mindfulness (la meditazione laica, depurata dagli aspetti esoterici e i cui risultati sono comprovati dalla ricerca scientifica).  


I personaggi intorno a cui si sviluppa il testo sono: Matthieu Ricard (uno dei monaci buddhisti più conosciuti in Occidente), Christophe Andrè (uno dei psichiatri più conosciuti in Francia) e Amadio Bianchi (il Presidente della Federazione Europea di Yoga che ha collaborato alla stesura del libro). Il libro inizia proprio con le loro interviste dove rispondono ad una serie di domande sulla meditazione. 

Poi c’è un colloquio simulato tra un esperto meditante e un sincero ricercatore; attraverso una serie di domande e risposte si cerca di guidare il lettore nel mondo della meditazione. Che cosa è, quali tecniche di meditazione sono più conosciute, ecc. 

I meditanti di cui si parla nel testo sono ancora, quasi tutti, in vita (molti fanno parte dell’universo italiano e francese) e potrebbero essere un punto di riferimento per iniziare un cammino. Sono riportate anche personalità che hanno provato a trovare un punto d’incontro tra i vari sentieri spirituali (vedi pag. 111).  Tra queste personalità abbiamo presentato Padre Anthony Elenjimittam, Padre Mariano Ballester e Padre Antonio Gentili.

Sua Santità il Dalai Lama esorta in continuazione di sperimentare un percorso e scegliere quello a cui ci sentiamo più vicini, e soprattutto ricorda che per avere dei risultati occorre disciplina e perseveranza. Gli occidentali gli chiedono spesso quale sia la forma di meditazione che permette di ottenere risultati in breve tempo e soprattutto a poco prezzo (pag. 60). Il Buddha stesso ha detto ai suoi discepoli: “Prova una via e vedi che cosa succede, se per te funziona usala, altrimenti scartala e cerca qualcos’altro”. Tutte le ricerche hanno confermato che per ottenere dei risultati occorre praticare per lunghi periodi. Le ricerche hanno anche confermato che il nostro cervello possiede una proprietà fantastica chiamata neuro-plasticità: la capacità, cioè, di cambiare forma e funzionamento anche in tarda età. Questi studi ebbero inizio con il famoso caso di Phineas Gage, un operaio a cui un incidente aveva distrutto l’area prefrontale del cervello (nel 1848).

Fu Matthieu Ricard, che aveva ottenuto un dottorato in biologia molecolare, a creare un ponte tra la meditazione buddhista e la ricerca scientifica, accettando di sottoporsi ad una serie di esperimenti scientifici a partire dal 2000 (pag. 43) con Richard Davidson.

Quali sono i benefici della meditazione? I risultati di questi studi sono i seguenti: il meditare produce una maggiore attivazione della corteccia prefrontale sinistra, quella associata alle emozioni positive, alla resilienza e al benessere. Rafforza le risposte del sistema immunitario - dimostrando una relazione tra cervello e sistema immunitario. Riduce l’attività della corteccia prefrontale destra, collegata alle emozioni negative. Altre ricerche hanno dimostrato che la meditazione aiuta a sviluppare qualità come l’attenzione focalizzata, l’empatia e la compassione, che sono le caratteristiche della meditazione buddhista (pag. 43). 

Per Matthieu Ricardla meditazione non è un vuotarsi la testa, ma diventare a poco a poco un miglior essere umano. Occorre praticare la meditazione per individuare le cause e le tossine mentali che ci perturbano, per liberarsi dai conflitti interiori”  (pag. 71).

Altro aspetto importante è che tutte queste tecniche, un tempo considerate esoteriche, come  meditazione, ipnosi, respirazione olotropica, ascolto di suoni e mantra, riti o psicologia sciamanica, tecniche che combinano respiro, musica evocativa, lavoro corporeo focalizzato al rilascio energetico, espressione artistica e integrazione di gruppo, sono oggi accettate in ambienti medici scientifici. La meditazione e l’ipnosi sono spesso proposte a pazienti malati di tumore o depressi, e spesso accompagnano il paziente nella fase di convalescenza. Jon Kabat-Zinn e Christophe André usano tecniche mindfulness negli ospedali da molti anni. Il controllo della mente ha un effetto sul corpo e un impatto favorevole sulla salute ed è per questo che oggi, nella società occidentale, la meditazione è stata integrata alle cure mediche. Inoltre, negli ultimi decenni è stata introdotta nelle scuole, nelle carceri, nelle aziende, in quanto apporta un miglioramento sul piano emozionale. La meditazione rallenta l’invecchiamento. E' stato scientificamente provato l’effetto positivo della meditazione sui telomeri, che sono tappi di protezione alle estremità dei cromosomi che diventano più brevi ad ogni divisione cellulare.

Le tappe importanti nello sviluppo del rapporto tra scienza e meditazione sono: - la creazione dell’istituto Mind and Life, - Matthieu Ricard ha fatto da cavia alle prime scannerizzazioni del cervello, - un altro monaco esperto meditante, Yongey Mingyur Rimpoche, è stato sottoposto a controlli per  circa 15 anni (pag. 45). Questo studio, che è stato pubblicato da Live Science nel 2020, ha rivelato che il cervello di Mingyur Rinpoche sembrava rallentare nel suo invecchiamento. -  La comunità europea ha stanziato circa 7 milioni di euro per un progetto chiamato Sylver Santé per verificare, con dati attendibili, se la meditazione può ritardare il processo di invecchiamento.

"La parola meditare è spesso usata impropriamente; per l'occidentale meditare si riferisce a mens, al mentale e alla sua attività. Invece, per l'orientale, la pratica è rivolta in altre dimensioni, per superare il mentale, per arrivare a stati superiori di coscienza e contemplazione, degli stati di coscienza diversi dal comune per entrare in contatto con la parte più spirituale dell'essere, al nostro vero Sé. L'uomo vive identificato con i contenuti della mente, creati soprattutto dalle emozioni, è un'esperienza ricolorata dal mentale, si producono così immagini distorte scambiate per realtà e ci si allontana dalla visione oggettiva". - Amadio Bianchi.

Per prima cosa occorre suddividere le meditazione in due tipi: di suggestione e di conoscenza, sono di suggestione la maggior parte delle meditazioni praticate in Occidente e non sono il linea con la meditazione orientale. Queste meditazioni guidate e accompagnate da suoni sono considerate propedeutiche, favoriscono le condizioni, per eventualmente andare oltre e possono aiutare a far sorgere le qualità necessarie per la meditazione di conoscenza. In questa meditazione il meditante è solo, nemmeno con un maestro. I sensi sono totalmente annichiliti, e si utilizza l'unico strumento idoneo che è la coscienza, per andare a conoscere quella realtà che il nostro Sè.  Occorre diventare spettatori del corpo, del respiro, delle emozioni,  e acquisire consapevolezza dei pensieri e del contenuto della mente. 

Gli insegnamenti buddhisti e la meditazione buddhista hanno come obiettivo di dimostrare l'impermanenza, il non sé (o l’inconsistenza del sè) e arrivare al nirvana (eliminazione della sofferenza o dukkha). Qualsiasi insegnamento che non rechi questi tre sigilli non può essere considerato un insegnamento buddhista. Nulla ha un'esistenza separata o un sé separato. Ogni cosa deve interagire con tutte le altre.
Nirvana significa estinzione, soprattutto estinzione delle idee - le idee di nascita e morte, esistenza e non esistenza, andare e venire, sé e altro, uno e molti. Tutte queste idee ci fanno soffrire.

Nel buddhismo ci sono due tappe: quella del rilassamento o calma mentale (samatha), attraverso la quale si può accedere ad uno stato di visione profonda (vipassanā),  per entrare così in contatto con la vera realtà, senza mediazioni, e dunque comprenderla e accettarla per quello che è. Entrambe si basano sull’attenzione e sul controllo del respiro. All’inizio la mente osserva la respirazione o i movimenti del corpo, poi  diviene un tutt’uno con questi.

Alcune citazioni riportate nel testo. 

"La meditazione è un percorso per entrare in contatto con il sacro, la nostra parte divina, con il nostro vero Sé".

Meditare è una grande occasione, una porta aperta verso infinite possibilità e potenzialità. Qualcosa, peraltro, che è alla portata di tutti, giovani e vecchi, colti e meno colti, sani o meno sani che siano. A tutti la meditazione porta benefici, a livello fisico, mentale, spirituale. Attraverso la meditazione è possibile ritrovare se stessi, recuperare armonia e cimentarsi in un ben preciso cammino di auto realizzazione”. Paola Giovetti (pag. 9)

Alla fine del Ventesimo secolo la meditazione era una bella addormentata: si praticava solo nel silenzio e nel segreto dei monasteri, o in gruppetti di iniziati o di esaltati. Oggi, nel terzo millennio, è cambiato tutto: la meditazione è diventata un fenomeno alla moda e un fatto sociale. Si pratica sotto gli occhi di tutti, in ospedali e scuole, in aziende e circoli artistici o politici ”. Christophe André (pag. 12)

Il più delle volte, la nostra ricerca istintiva e maldestra della felicità si basa su inganni e illusioni, piuttosto che sulla realtà, e così ci sfianchiamo nel tentativo di modellare il mondo per farlo combaciare con le nostre fantasticherie, o alteriamo artificialmente i nostri stati di coscienza. Non sarebbe meglio trasformare la nostra mente?Matthieu Ricard (pag. 15)

Non dimenticate mai che la vostra vita passa così veloce, come un lampo nel cielo d’estate o come un segno della mano. Ora che avete la possibilità di praticare, non perdete un istante. Consacrate tutta la vostra energia al cammino spirituale”. Dilgo Khyentsé Rinpoche (pag. 31)

La meditazione o altre discipline permettono all’uomo di accedere, tappa dopo tappa, alla Via, alla sua vera natura, alla natura di Buddha, e attraverso questo percorso l’uomo può liberare il suo vero Essere. È una via verso lo stato più elevato di coscienza a cui l’uomo può arrivare, e attraverso il quale si apre al contatto con l’Assoluto vivente nel suo nucleo essenziale. E’ attraverso una severa disciplina e un’azione umilmente ripetuta senza sosta che l’uomo diviene poco a poco permeato dell’Essenza vivente di tutte le cose nella profondità incosciente del suo sé individuale e si prepara alla Grande Unione col Tutto”. Karlfried Graf Durckheim (pag. 34)

“La consapevolezza dell’interconnessione del tutto col tutto, non potrà che portare ad una profonda e compassionevole responsabilità civile e sociale”. “Nella meditazione non ci deve essere separazione tra soggetto ed oggetto, tra dentro e fuori. Quindi, quando sediamo in zazen, siamo già dentro, non c’è un dentro e un fuori, e ci riconosciamo Uno con il tutto”. Dario Doshin Girolami (pag. 90)

Che il nostro messaggio sia la nostra stessa vita.” “Mindfulnees è la piena consapevolezza del momento presente ”. “La meditazione non è un’evasione ma un incontro sereno con la realtà Thich Nhat Hanh (pag. 93)

In realtà, tu sei anche i tuoi pensieri, il tuo credo, ecc., ma non solo quelli: sei soprattutto la coscienza in cui appaiono. Tu sei Tutto: l’osservatore e l’osservato, ciò che cambia (i pensieri, le percezioni, le sensazioni) e ciò che non cambia (la coscienza), tu sei il mare e le ondeMauro Bergonzi (pag. 118)

Per Papa Francesco, meditare significa “andare all’incontro con Gesù, sempre però guidati dallo Spirito Santo”. Insomma, qualche esperienza metodologica proveniente da altri universi religiosi potrà pur essere accolta all’interno della pratica della preghiera cristiana, ma ciò non dovrà minimamente introdurre diverse prospettive dottrinali, né insinuare dubbi teologici, né contaminare o illanguidire i contenuti del Credo cattolico dogmaticamente definiti. (pag. 111)

"La meditazione è la medicina della mente, una tecnica per tornare dallo stato artificiale (la mente che mente) allo stato naturale" (pag. 120).

L’obiettivo della meditazione è arrivare ad uno stato di risveglio, a percepire la realtà in modo diverso e ad un’esperienza conosciuta come illuminazione, che comporta una visione perfettamente chiara delle cose.  

Nel presentare i vari meditanti, oltre che inserirli in un contesto di riferimento, abbiamo cercato di far emergere le varie sfumature della meditazione.

Personaggi come Tony Parsons, uno degli esponenti più radicali del non dualismo, hanno un messaggio semplice, chiaro e diretto: non esiste nessuno all’interno del corpo-mente chiamato “me”, non esiste l’individuo, ma esiste un unico Sé che vive attraverso diverse forme (pag. 122).

Per Eckhart Tolle l’’obiettivo della meditazione è questo: ri-scoprire la Presenza, la luce della Presenza in noi, nella nostra realtà interiore. Ciò ci permette di vedere in modo distaccato pensieri, sensazioni, ecc, «di essere consapevoli, che siamo consapevoli» (pag. 138).

Abbiamo anche parlato del ruolo del maestro nella meditazione, del rapporto tra meditazione e scienza e tra buddhismo e scienza, del rapporto tra la meditazione e la morte.

La meditazione ci aiuta sicuramente ad affrontare la morte in quanto ci esorta a vivere pienamente la vita, sia se siamo giovani, sia se siamo anziani. Quello che conta veramente nell’esistenza è utilizzare il tempo che ci resta nel modo più fruttuoso possibile, per il nostro bene e quello degli altri. Nel libro è riportato il pensiero di Gampopa, un saggio buddhista: “All’inizio si dovrebbe essere perseguitati dalla paura della morte come un cervo che sfugge a una trappola; a metà strada non si dovrebbe avere nulla da rimpiangere, come il contadino che ha lavorato il suo campo con cura. Alla fine, si dovrebbe essere felici come chi ha portato a termine una grande impresa” (pag. 53).

Il punto d'incontro tra buddhismo e scienza è dato dal fatto che hanno come cardine principale la sperimentazione. Diceva Richard Feynman: “Il principio della scienza è il seguente: Il testo della conoscenza è l’esperimento; è il solo giudice della verità scientifica”. Ed ecco come il Dalai Lama gli fa eco: “Quando si pone il problema della validazione della verità di una certa asserzione, il buddhismo pone l’autorità più grande nell’esperienza, poi nella ragione, e per ultimo nelle Scritture” (pag. 163).

Molti grandi fisici e premi Nobel del ventesimo secolo hanno posto la coscienza come fondamento del mondo, la considerano un qualcosa che ingloba tutto.

La conoscenza assoluta è un’esperienza della realtà totalmente non intellettuale, un’esperienza che nasce da uno stato di coscienza non ordinario, che può essere chiamato uno stato meditativo o misticoFritjof Capra.

"Dobbiamo assumere l’esistenza di una mente cosciente ed intelligente. Questa mente è la matrice di tutta la materia.John Hagelin.

Considero la coscienza come fondamentale e la materia come derivata dalla coscienza. Non possiamo andare oltre la coscienza e tutto ciò di cui parliamo, tutto ciò che consideriamo esistente, postula la Coscienza”.  Max Planck.

La coscienza è il recipiente che contiene tutto, assolutamente tutto quanto avviene nell’universo, e al di fuori del quale non esiste nulla”. David Bohm.

La coscienza è il fondamento dell’esistenza al di là del cervello e di qualsiasi cosa possiamo immaginare, ipotizzare o intuire”. Erwin Schrödinger.

giovedì 24 giugno 2021

The open secret di Tony Parsons

The open secret - Tutto ciò che è. è un bestseller di fama mondiale scritto  nel 1995 da Tony Parsons (1953 - ) . Sito : https://www.theopensecret.com    http://www.non-dualita.it/tony-parsons/   vedi testo   vedi intervista

Altro testo consigliato è All there is, una raccolta di trascrizioni degli incontri sul tema del risveglio, tenuti in questi anni in varie parti in Europa da Tony Parsons.

Tony Parsons è un giornalista e un conduttore televisivo ed è uno dei principali assertori della Non dualità.  Tony Parsons in The Open Secret racconta la storia del suo risveglio, della sua illuminazione, della sua perdita di dualità con straordinaria semplicità, umanità e profondità portando il lettore a riconoscere  ciò  che in realtà vive attraverso la nostra forma, il nostro vero Sé.      Anni fa, camminando in un parco, Tony ha vissuto una straordinaria esperienza in cui ha avvertito la Coscienza riconoscere se stessa attraverso quel corpo-mente chiamato Tony Parsons. Durante quella breve esperienza c'era solo la presenza, una presenza che era stata sempre lì, in osservazione di ogni momento della vita di quella forma, inclusi i tentativi di scoprire un segreto che sembrava nascosto.

Nel suo libro e nelle sue conferenze Tony ha cercato di trasmettere e testimoniare questo evento con acume ed intelligenza, e dalle sue parole traspaiono una vera libertà e autentico amore incondizionato vissuti da chi ha completamente realizzato il Sé. Senza nessun compromesso per la mente e l'ego, Tony parla con l'ironia e grazia di un vero maestro di Advaita, anche se si discosta completamente dal clichè del guru e si pone da amico, annullando così ogni illusione di apparente separazione.

Il suo messaggio è semplice, chiaro e diretto: non esiste nessuno all'interno del corpo-mente chiamato "me", non esiste l'individuo, ma esiste un unico Sè che vive attraverso diverse forme. Il Tutto è il divino che si manifesta e da nessuna parte esiste qualcosa che sia separato. Ogni ricerca spirituale è completamente inutile, perché presuppone l'idea che ci sia qualcosa da trovare, qualcosa di perduto. Nulla è perduto, l'ovvio segreto è sempre pronto ad essere scoperto e l'invito del divino perché questo accada è costante, basta solo riconoscerlo. E come puntualizza Tony, nulla si può fare a riguardo, perché quell'invito sarà colto solo quando è arrivato il tempo giusto.

La ricerca spirituale termina, non perché qualcosa è stato trovato, ma perché si riconosce che non c'è nessuno che possa trovare niente. Questo riconoscimento che è al di là della possibilità dell'immaginario individuo accade per grazia; una grazia che, Tony precisa, è sempre disponibile.

Si tratta di una delle posizioni più radicali del messaggio Advaita e tra le più pure che si possano trovare nel cosiddetto panorama spirituale. Tony Parsons non nega le caratteristiche dell'individuo, anzi ci invita a celebrare la propria unicità come forme, riconoscendo allo stesso tempo come non ci sia nessuno che le vive. La forma è solo testimoniata da questo Sé che osserva ogni cosa, che appare e scompare. La nostra natura originaria è dunque un nulla che è anche ogni cosa.

Secondo Tony Parsons nessuno diventa illuminato.  Riporto alcune delle sue frasi: "Una volta credevo veramente che le persone diventassero illuminate e che quell'evento fosse simile a qualcuno che vince il primo premio alla lotteria nazionale. Una volta vinto il premio, il beneficiario avrebbe avuto garantita beatitudine permanente, infallibilità e incorruttibile bontà. Nella mia ignoranza pensavo che queste persone avessero ottenuto e possedessero qualcosa che le rendesse speciali e totalmente diverse da me. Questa idea illusoria aveva rinforzato in me la credenza che l’illuminazione fosse virtualmente impossibile da ottenere eccetto che per poche persone elette e straordinarie. Questi malintesi sorgevano da qualche immagine che mantenevo riguardo a come dovesse essere uno stato di perfezione. Non ero ancora in grado di vedere che l’illuminazione non ha nulla a che fare con la perfezione. Queste credenze erano rafforzate nel momento in cui comparavo la mia immaginaria inadeguatezza con l’immagine che intrattenevo di qualunque “eroe spirituale” verso cui in quel momento mi sentissi attratto.  Sento che la maggior parte delle persone vedono l’illuminazione in modo simile. Certamente ci sono state molte persone, e ancora ce ne sono, che cercano di incoraggiare tali credenze e che, in effetti, reclamano di essere illuminate. 

Ora posso vedere come questa sia una dichiarazione senza senso, come quella di un qualcuno che proclami al mondo di essere in grado di respirare. Essenzialmente la realizzazione dell’illuminazione porta con sé l’improvvisa comprensione che non ci sia nessuno e nulla che si illumini. L’Illuminazione semplicemente è. Non può essere posseduta, così come non può essere raggiunta o vinta come se fosse un trofeo.

Tutto e ogni cosa sono l’Uno, e tutto ciò che facciamo è metterci di mezzo attraverso il nostro cercare di arrivare a questo uno.

Coloro che reclamano l’illuminazione o prendono tale posizione, semplicemente non ne hanno realizzato la natura paradossale e presumono di possedere uno stato che immaginano di aver raggiunto. Essi hanno probabilmente avuto una profonda esperienza personale di qualche natura, ma questa non supporta assolutamente nessuna relazione con l’illuminazione. Di conseguenza resteranno ingabbiati nei propri concetti individualistici basati sul loro particolare sistema di credenze.

Queste persone hanno spesso bisogno di intraprendere il ruolo di “insegnanti spirituali” o “maestri illuminati” e inevitabilmente attraggono coloro che hanno bisogno di essere studenti o discepoli. I loro insegnamenti, ancora radicati nel dualismo, promuovono una netta e incolmabile scissione tra l’“insegnante” e chi segue l’insegnamento". 

"Uno dei sintomi più classici, quando il ruolo di Guru è stato adottato, è di evitare qualunque ammissione o segno di “umana debolezza”. Inoltre, di solito si crea una certa distanza tra il “maestro” e i suoi seguaci. Man mano che l’essere speciale del “maestro” diventa sempre più effettivo e le richieste da parte dei seguaci divengono sempre più grandi, invariabilmente gli insegnamenti diventano più oscuri e contorti. Quando l’oscurità degli insegnamenti cresce, anche la scissione diventa più ampia e molti dei seguaci spesso diventano più confusi e sottomessi. L’effetto tipico su coloro che ne restano coinvolti, può essere di indiscussa adulazione, disillusione, o un risveglio e un andare oltre".

Coloro che hanno pienamente compreso e abbracciato l’illuminazione non hanno assolutamente nulla da vendere. Quando condividono la loro realizzazione, non hanno bisogno di abbellirsi o di abbellire quello che condividono. Né hanno alcun interesse nell’essere delle madri, dei padri o degli insegnanti.

L'individuo da quando viene al mondo, ha una sensazione di perdita che non lo lascia mai. (Questo punto di partenza è molto simile da quanto asserisce Mauro Bergonzi nel libro Il sorriso segreto dell'essere. Mauro è un ex docente universitario di Filosofie orientali assertore anche lui del Non dualismo. Vedi Post) Per sopperire a questa mancanza proviamo ad inventarci degli obiettivi, a costruire un mondo o un’esistenza nelle quali ci consoliamo. Questo prende diverse forme: denaro, lavoro, marito, moglie, figli… Ma niente serve. Qualsiasi cosa capiti, qualunque sia la riuscita che ci accreditiamo, rimane una sensazione di mancanza, qualcosa di cui siamo alla ricerca. Quando, malgrado tutti  i nostri sforzi, niente di ciò che facciamo ci riempie, allora ci rivolgiamo alla religione.  Quando anche questo fallisce, alcuni si orientano verso le terapie… e quando anche lì c’è un fallimento, un piccolo numero di noi si mette in cerca di qualcosa chiamato illuminazione

La maggior parte del tempo ci rivolgiamo ad esperti di illuminazione che presumono l’esistenza di un’entità separata, che, propongono di fare qualcosa per avere l’illuminazione… Così la ricerca prosegue, fortificata dall’idea che ci sia qualcuno che può aspirare a qualcosa chiamata illuminazione… Tutta questa idea è radicata nell’ignoranza e non fa che rinforzare la ricerca e intensifica la sensazione dell’io o del me che cerca.

Ora, svelato il segreto, il messaggio è che c'è solo il Sé. La conseguenza di questa realizzazione è il ricordo di una percezione, ma non solo per qualcuno, che niente può essere fatto e che non può essere operata nessuna scelta per raggiungere l’illuminazione. E’ altrettanto chiaro che non c’è niente da diventare, nessun luogo dove andare e niente da scoprire.

sabato 8 gennaio 2022

Alle radici dello Yoga – Mauro Bergonzi

Mauro Bergonzi è stato docente di “Religioni e Filosofie dell’India” presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, è socio ordinario della International Association for Analytical Psychology (I.A.A.P.) e psicologo analista didatta del Centro Italiano di Psicologia Analitica (C.I.P.A.). Ha pubblicato articoli e saggi sui processi meditativi nel buddhismo antico, sulla psicologia del misticismo, sul simbolismo religioso, sul comparativismo filosofico, sugli aspetti transpersonali nella psicologia analitica di C.G.Jung, sul pensiero filosofico non-dualista, sull’incontro tra Oriente religioso e Occidente contemporaneo e sul dialogo interculturale fra psicologie sapienziali orientali e psicologia occidentale. Da diversi anni conduce gruppi di “condivisione dell’essere” a Roma, Bologna e Rimini secondo una prospettiva non dualista e non confessionale.

 Nel 2017 il prof. Mauro Bergonzi è stato ospite a Ravenna per una conferenza pubblica sul tema “Il silenzio della mente e la luce della coscienza: alle radici dello yoga”.       https://www.youtube.com/watch?v=Uc5uOmY_Xy4

Durante la conferenza il prof. Mauro Bergonzi ha trattato gli aspetti essenziali dello yoga, non solo come sistema filosofico, ma anche come sistema di salvezza e le sue origini.  "Yug" significa unire, mettere insieme, quindi yoga è l’unione del sé individuale con il sé universale, questa definizione è comunque restrittiva e si applica solo ad alcune forme di yoga che si trovano nell’ambito di scuole come il Vedanta. Lo yoga come sistema a sé, indica da un lato un sistema di salvezza indiano che si fonda sugli Yoga sutra di Patanjali (II e III secolo d.C. , lo yoga è uno dei sei darshana, i sentieri filosofici indiani) e dall’altro c’è un modo di intendere la parola yoga, paleo indiana che esisteva dalla notte dei tempi ed ha influito sul pensiero indiano, infatti c’è stato uno yoga buddhista, yoga jainista, yoga vedanta.   Yoga è quindi una parola molto più ampia e più antica.

Le origini dello yoga. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che lo yoga è un portato delle civiltà pre-arie, dal 1500 a.c. , questa civiltà indo-europea si diffonde in tutta l’India per poi diventare una religione, il bramanesimo che ha prodotto i Veda (la letteratura sanscrita più antica che abbiamo). Altri studiosi hanno ipotizzato che lo yoga potrebbe essere anche più antico, 2500 a.c. quando esisteva la civiltà dell’Indo. Di questa civiltà, sono stati trovati diversi sigilli di divinità associate allo yoga, come la statuetta a gambe incrociate e fallo eretto, che è stato supposto essere un proto- shiva, che unisce gli opposti, l'eros e l'ascesi.  I Veda sono stati tramandati oralmente e ancora oggi molti indiani sono in grado di recitarli interamente a memoria. La scrittura dei Veda inizia nel 1500 a.C e finisce nel 4-5 secolo a.C.  Nella parte più recente della letteratura vedica, le Upanishad, che sono la matrice seminale di tutti i sistemi filosofici indiani, compare la parola yoga.  Le Upanishad parlano per intuizioni mistiche, in molte parti di questi testi compare la domanda fondamentale:“Chi sono io?”  Una domanda che tutti i sistemi sapienziali pongono, da non confondere con una ricerca psicologica, che ha come obiettivo di conoscere la propria psiche, le sue dinamiche, le parti inconsce per riuscire a vivere una vita nella sua pienezza, evitando conflitti.  La domanda posta nelle Upanishad è "Quale è la mia l’essenza, la mia identità, se scarto tutte le manifestazioni esteriori?" Noi soffriamo perché in realtà non sappiamo chi siamo. Quello che sono io, è questa sorgente misteriosa da cui proviene il mio sguardo sul mondo. Quello che vede tutto, quello che percepisce tutto è l’atman e coincide con tutto quello che appare, con il fondamento della realtà, io non sono solo questo corpo, questa mente, io sono l’universo intero, sono il Brahman.

L’insegnamento mistico centrale delle upanishad. (VIII – V secolo a.C.)
.  Il Brahman è la sostanza con cui è fatto tutto, il fondamento di tutto, noi non lo vediamo perché non ha forma, ma assume tutte le forme. E' come l’oro che può assumere tutte le forme. L’atman è collegato al respiro, quando non respiriamo più non c’è più identità. Il vero sé esiste quando scarto tutto quello che non sono. Cosa è quella cosa che c’è sempre, nonostante i cambiamenti? Se scarto tutto quello che cambia: i vestiti, il corpo, le emozioni, i pensieri,  resto sempre io. Quale è il residuo che rimane invariato?  

In India c'è un racconto che dà una risposta a questa domanda: Un re incontra un saggio brahmano e gli chiede il permesso di fargli delle domande. In India, il brahmano è superiore al re, e il saggio glielo concede. Il re chiede: Quale luce illumina l’uomo? Il saggio risponde: Il sole,  Il re chiede:   Si, ma durante la notte? Il saggio risponde: La luna.  Il re chiede: E quando è tramontato il sole e la luna non c’è? Il saggio risponde: Il fuoco.  Il re chiede:  E quando il sole e tramontato, la luna non c’è?  Il saggio risponde: Il fuoco illumina l’uomo.    Il re chiede: Ma quando il sole non c’è, la luna non c’è, il fuoco non c’è, che cosa illumina l’uomo? Il saggio risponde: La parola.  Il re continuò a domandare: Ma quando c’è silenzio, quale è la luce che illumina l’uomo?  Il saggio risponde: “l’atman”, ed il re allora chiese: Cosa è l’atman?  Il saggio risponde: E' quell’essenza che noi chiamiamo coscienza.

Quando noi abbiamo eliminato tutto ciò che cambia, rimangono due cose, quello che rimane è il fatto che ci sono, e sono cosciente. Se non sono cosciente, non appare niente. Nel sonno profondo sparisce tutto.  Bisogna fare una distinzione tra la coscienza e i contenuti della coscienza. Per lo yoga è importante la distinzione tra le cose di cui sono cosciente: percezioni, sensazioni, pensieri e la coscienza in sé, l’osservatore. Le sensazioni appaiono e scompaiono, l’osservatore non cambia.  Esempio del sonno: Nel sonno, uno si identifica con il personaggio del sogno, il dormiente, identificandosi con questo personaggio sembra che tutto il resto sia esterno a sé, il dormiente non sa che le montagne, fiumi, ecc, che percepisce sono della stessa sostanza di cui è fatto lui, la coscienza. La coscienza che abita in lui, è la stessa che abita tutto il sogno. Il personaggio del sogno pensa di essere una coscienza separata da tutto il resto, se qualcuno lo insegue scappa, ecc. Secondo questi sistemi, l’illusione di essere un io separato nello stato di veglia è identica a quella del sogno; Jiva è l’illusione di essere un io separato, illusorio, il campo corpo-mente che appare nella coscienza. L'Uno è anche quel corpo-mente, ma non è solo quel corpo-mente, è tutto l’universo. Queste considerazioni portano ad una differenza enorme nella percezione, se mi identifico con il corpo che si ammala, ho il terrore della morte, se invece penso di essere la coscienza dove tutto appare, è totalmente diverso. Quando ci mettiamo alla ricerca di questo sé, dobbiamo solo partire dalla considerazione che il sé è qui e adesso, ed eliminare tutte le distrazioni. Anche la meditazione può essere male interpretata, può essere considerata come un processo, dal più semplice al più complesso, come lo studio della matematica. La meditazione parte dalle nostre complicazioni della vita e dovrebbe andare verso la semplicità, quindi non è un costruire, ma un decostruire, non è fare, ma lasciare andare, fino ad arrivare alla semplicità del Sé, che sta sotto tutte le complicazioni. Bisognerebbe semplificare e lasciare andare tutti i pensieri.

 C’è un detto taoista: "l’uomo dotto apprende una cosa al giorno, l’uomo del tao dimentica una cosa al giorno fino a che non raggiunge il non fare". Il silenzio della mente è importante per trovare la coscienza. Nello yoga si inizia la meditazione concentrandosi su un punto, se tu metti l’attenzione sul punto, escludi tutto il resto.  Rimani in silenzio, ed osserva il respiro continuamente, vedrai tutte le sensazioni ed i pensieri che vanno e vengono in periferia. Nella Chandoya Upanishad questo processo si presenta sotto forma di allegoria: "Come un uccello legato ad una corda volando qua e la, e non trovando sostegno, si rifugia dove è legato, quindi sul palo, il pensiero divaga qua e  la e non trovando rifugio da nessuna parte si appoggia sul respiro, al respiro è legato il pensiero".   Nella Kata Upanishad, appare per la prima volta la parola yoga legata ad un percorso interiore e meditativo, ci troviamo di fronte ad un proto yoga che attua il silenzio della mente, con un ri-orientamento dell’attenzione. La luce della coscienza che di solito si proietta all’esterno tramite i sensi, viene ruotata di 180 gradi, e rivolta all’interno alla ricerca della sua stessa sorgente, che è il Sé. Cito dalla Kata upanishad: "L’essere in sé effettuò l’apertura verso l’esterno, ma di tanto in tanto, alcuni spiriti arditi, desiderando l’immortalità, hanno rivolto lo sguardo all’interno trovando se stessi. Gli uomini guardando all’esterno incappano nella rete della morte, ma i saggi avendo visto l’immortalità non cercano le cose qua, che sono transitorie, ma conoscendo il grande Sé, ciò che è sempre presente, nella veglia e nel sonno, i saggi non hanno nessuna paura". Quindi i sensi e il pensiero discorsivo vanno acquietati, ciò che nel sistema classico sarà chiamato pratyahara.  Si tratta di portare l’attenzione della coscienza all’interno ed investigare sulla sorgente da cui sgorga la mente stessa. Il saggio controlla dunque il pensiero e la parola, la mente la faccia rientrare nel pensiero razionale, poi rinunci anche a questo, faccia rientrare la ragione nel grande Sé, nel Sé pacificato.  Il saggio avendo intuito che l’origine dei sensi è diversa da quella della coscienza, ed avendo intuito che i sensi sorgono e spariscono indistintamente dalla coscienza, non ha più paura:  "Quando i cinque sensi e la mente cessano la propria attività, la ragione non opera più, allora si dice che questa è la meta più alta, questo fermo dominio dei sensi lo chiamano yoga". Questa é la prima definizione di yoga nella letteratura sanscrita come un sistema di meditazione. Poi, dopo le Upanishad, la parola yoga apparirà nei grandi poemi epici come il Maharabhatta e nella Bhagavad Gita (canto sesto di questo poema), e spesso associata alla concezione della scuola Sankya.

La scuola (o filosofia)  Sankya sostiene la distinzione tra l’osservatore e l’osservato, ossia è un sistema dualista che assomiglia al sistema di Cartesio res cogita, res extensa. Per il Sankya da una parte c’è la prakrti, la materia, che si muove, ma non è cosciente e forma la natura che ha livelli diversi di intensità, anche i nostri pensieri sono materia sottile. Dall’altra parte c’è il purusha, che è sola coscienza, è immateriale, non fa niente, osserva, ed è il nostro vero Sé. Secondo questa scuola, se uno fosse liberato si renderebbe conto di essere una coscienza eterna che osserva lo spettacolo della materia e della mente.  Esempio della proiezione del film: Il purusha, la coscienza è lo schermo, la prakrti è il film, e  accade tutto nel film.   Noi ci identifichiamo con il corpo e con la mente e quello che succede al corpo e alla mente, pensiamo accada anche a noi.  Perché si verifica questa falsa identificazione?   Perchè la buddhi (l'intelletto) paragonata ad un computer non cosciente, che discrimina ciò che vede, determinando se è vero o falso,  essendo coperta da tante scorie, non funziona bene, e non riesce a percepire il vero Sé.  Per il Sankhya la buddhi (l'intelletto) è la parte della materia più sottile e trasparente ma non cosciente, quando il Sé osserva la materia, tra cui la buddhi, la trasparenza della buddhi crea la confusione, tra coscienza e quello che fa la buddhi. Per spiegarlo gli indiani usano l’immagine del cristallo, su una mano ho un cristallo, dall’altra un fiore di ibisco rosso acceso, quando il fiore, passa dietro e si allinea al cristallo, sembra che il cristallo sia di colore rosso, il rosso sia dentro. L’incomprensione nasce quando la coscienza del Sé (il fiore) attraversa la buddhi (il cristallo) e si crea l’idea sbagliata che la buddhi sia cosciente. In questo caso quando ci si chiede "Chi sono io?",  si risponde: io sono un corpo, una mente cosciente e si crea tutta l’identificazione che ci fa soffrire, per tutto quello che succede al corpo e alla mente. Quando prevalgono gli elementi satvici, più puri, le scorie sono rimosse, la buddhi funziona meglio e si accorge dell’errore attraverso la discriminazione, ed avviene la liberazione.   Questa è la base del sistema sankya, che sottolineava l’importanza di capire la differenza tra la mia identità come osservatore e il mondo esterno. Se riesco a capirlo bene, sono libero.  

 Lo yoga usa le stesse categorie, però in modo diverso;  Non è convinto che il metodo Sankya, ossia del ragionamento logico e delle considerazioni, possa portare alla liberazione. Infatti, il Sankya non parla di meditazione e di azioni. Queste considerazioni non bastano per lo yoga, in quanto siamo fortemente condizionati dal nostro passato, che inconsciamente distorce la nostra percezione, quindi occorre un grosso lavoro (meditazione ed altro) per disinnescare questi condizionamenti, e quindi non basta il ragionamento logico.  Lo yoga ritiene che occorra fare un’esperienza di cosa è la pura coscienza indipendentemente dal ragionamento logico. Esempio della proiezione del film: Se stanno proiettando un film dove ci sono scene di paura, panico ecc, il Samkya dice "guarda che è solo un film", e lo spettatore non ha più paura.  Lo yoga invece ti spegne il proiettore per un po’, così capisci che l’unica cosa reale è uno schermo bianco, non ci sono paure, pallottole, ecc.   Perché ci sia una reale trasformazione e una reale comprensione,  devo spegnere per un po’ il proiettore, per vedere cosa c’è realmente. Una cosa è dire: io sono la coscienza, una cosa è fare meditazione, ed eliminare le sensazioni fisiche, i pensieri, i ricordi. Quando è stato eliminato tutto, il meditante si accorge, che quando spegne il corpo e la mente, lui c’è, come pura coscienza di esserci. Ha coscienza di cosa resta, quando si rimette in modo il film è più consapevole.

All’inizio del testo Yoga sutra di Patanjali, su cui è fondato lo yoga come sentiero filosofico, i primi versi spiegano brillantemente questo concetto.

  •     1 verso:  “yoga citta vritti nirodha”, citta indica la mente, lo psichico che è la materia sottile, vritti, vorticare, un girare continuo, l’attività della mente, nirodha bloccare, arrestare,
  •     2 verso: perché allora l’osservatore, il purusha, il sé, la coscienza, dimora nello swarupa, dimora nella vera forma, essenza,
  •     3 verso: altrimenti assume la forma della attività mentali.

Lo yoga è fermare le attività della mente, solo in questa dimensione il purusha, il sé, la coscienza dimora nella sua vera forma, altrimenti assume la forma delle attività mentali. Lo yoga è fermare il film, allora lo schermo diventa visibile nella sua vera forma, altrimenti assume la forma del film. Questo approccio pone la centralità del purusha, del testimone, che rimane allo stato puro quando si raggiunge il samadhi. Nello yoga, la pratica del samadhi è una tecnica estremamente avanzata in cui la mente è ferma e dimora quieta, assapora ciò che rimane dopo avere eliminato l'eliminabile e se una cosa si può togliere, significa che non è la parte essenziale di te. Lo yoga asserisce che se non si arriva al samadhi, non ci si può convincere. L'Essenza non  può essere percepita solo razionalmente o intellettualmente e mentalmente.   Lo yoga è un fermare tutto, anche l’asana, la postura, il respiro.

Successivamente, lo yoga tantrico ha introdotto l’hatha yoga che lavora sulle energie sottili ed ha moltiplicato le forme fisiche per lavorare sul corpo e sul respiro.  In realtà  i praticanti dello yoga originario pensavano solo alla meditazione, non gli importava niente delle posizioni. Nel testo Yoga sutra le posizioni non sono nemmeno accennate, ti dicono solo che la posizione (di meditazione) deve essere comoda e confortevole, tenuta a lungo. Come si fa ad arrivare ad una quieta profonda tenendo una posizione scomoda?  E' come combattere per la pace.

Dobbiamo fermare il corpo, fermare il respiro, Il pranayama è infatti la sospensione del respiro, il ritirare i sensi, e tutto questo per raggiungere la quieta profonda. A furia di spegnere il film, riesci a capire che dietro c’è solo lo schermo, alla fine si arriva ad una comprensione profonda. Anche per lo yoga, come tutte le correnti soteriologiche ( dottrina o idea di salvezza) dal Vedanta al buddhismo, ecc, il vero nemico è avydia, spessa tradotta con l’ignoranza, ma in realtà viene da a - privativo e - vydia vedere.  Quindi avydia vuol dire non vedere, è l’inconsapevolezza di quello che ci manovra alle spalle. La conoscenza ordinaria diretta, invece, si basa sul "conosco perché vedo".  Un maestro vedantico del secolo scorso affermò: "Noi possiamo essere liberi solo da ciò che conosciamo, ciò che non conosciamo ci prende alle spalle e ci travolge".

Il soggetto della liberazione è la buddhi? Secondo il Sankhya il nostro vero sé è sempre libero, noi siamo sempre liberi, la sofferenza nasce da una confusione che si crea nella buddhi (l'intelletto) quando si identifica con l'io. La cosiddetta liberazione è una rettifica della visione della buddhi. La materia è composta dai guna, ossia dai tre fattori: satva, rajas, tamas. Il satva è collegato alla trasparenza, leggerezza, lucidità; Quando nella buddhi prevale il satva, la buddhi viene liberata dalle tante scorie e comincia a funzionare meglio, in questo modo è più facile percepire il vero Sé, e correggere l’errore.  Il sistema sankya è un sistema dualista, l’universo è costituito da queste due cose, la natura, la prakti e il Sé cosciente, il purusha  sin dall’origine. Si usa spesso per spiegare questo concetto l'esempio del cieco che porta sulle spalle uno zoppo, la natura non è cosciente ma si muove; invece il sé cosciente, non si muove, non fa niente. Al Sankya non interessa mettere all’origine un Dio, è un sistema ateo, e non pone nessun principio prima di queste due cose.

Questa dicotomia tra osservatore e osservato, purusha e prakrti, è ripreso dallo yoga.  Per lo yoga è utile distinguere i contenuti della coscienza, dalla coscienza stessa, e nello yoga la liberazione è chiamata kailasha che vuol dire, isolamento, ciò vuol dire che il purusha si isola dalla prakrti, ma potrebbe anche voler dire che nell’immagine che ho di me stesso, isolo ciò che veramente sono (la nostra parte divina Atman che è un'emanazione del Brahman), da quello che credevo di essere, ma non ero. Non si è arrivati mai ad una chiara metafisica dello yoga perché il testo Yoga sutra è più di pratica meditativa, che di filosofia ontologica e non dice molto sulla concezione dell’universo. Si potrebbe solo arrivare a dedurre che il sistema Yoga non è ateo.    

Domande e risposte.

Domanda: Lo yoga di Patanjali si differenzia dagli altri tipi di yoga che lavorano sulle energie sottili, posizioni ecc, quando c’è stato questo spartiacque?
Risposta di Mauro: E’ uno sviluppo, un processo, intanto lo yoga inteso come insieme di pratiche meditative, e liberazione è tipicamente indiano, c’è uno yoga buddhista molto più antico di Patanjali, ad esempio negli Yoga sutra ci sono molti influssi buddhisti, nella terminologia, nirodha viene dal buddhismo,  e prima del risveglio il Buddha andò da due maestri che insegnavano una meditazione sulla linea dello yoga. Il Buddha ha imparat da altri la pratica meditativa basata sulla concentrazione e la quiete. Gli Yoga sutra si affermano in un periodo in cui prevale la purificazione della mente, per avere una chiarezza della buddhi tale da arrivare alla liberazione, l’individuo deve purificarsi di tutto quello che è negativo: le emozioni negative, ecc, una via basata sull’ascesi. All’epoca chi praticava lo yoga, lo faceva full time, non ti sposavi, oppure eri arrivato ad un periodo in cui lasciavi la famiglia ed andavi in questi luoghi di comunità di meditanti e facevi yoga dalla mattina alla sera. In una prospettiva ascetica, dove si lasciava una vita operativa per una vita contemplativa.  C’erano comunque altre vie, nella Bagvad Gita si parla di tre yoga, ma qui la parola yoga non è specifica come quella che abbiamo usato; yoga vuol dire via, tre vie di cui solo una, lo jnana yoga, lo yoga della conoscenza corrisponde a quello di cui abbiamo parlato fino adesso, il karma yoga ad esempio non prevede l’abbandono della vita attiva, hai una famiglia, ecc… quindi non si deve rinunciare all’azione, ma al frutto delle azioni, quello di trarne un vantaggio egoico. Lo yoga è comunque la via della purificazione, nel tempo, lo yoga viene ad assumere tanti altri aspetti, quello delle scuole vedantiche, l’aspirazione verso l’Uno, la comunione con Shiva, Vishnu, fino ad un certo periodo, da dove inizia un fenomeno chiamato tantrismo, che ha la caratteristica di sostituire il concetto di purificazione con quello di trasformazione delle energie.

Il tantrismo dice che la via della purificazione va bene, mi devo liberare da odio, paura, attrazione, desiderio, confusione, queste cose le devo eliminare gradualmente attraverso un tragitto lunghissimo per avere una mente pura ed arrivare alla liberazione. Ognuna di queste cose negative, paura, ira, è abitata da una energia neutra che poi diventa negativa, perché sei coinvolto, se impari a svincolare l’energia dal contesto in cui avviene l’emozione, tu la puoi cavalcare verso la liberazione, accelerando i tempi. Da qui si rivalutano tutte quelle cose considerate impure dalla cultura pragmatica, come il corpo. Nella visione purificatrice, il corpo non deve darci fastidio, per il tantrismo il corpo è uno scrigno sacro pieno di energie che collegano il micro e macro cosmo, che possono essere usate, trasformando i processi fisici, usando anche il sesso.  Nello yoga viene applicato il brahmacharia, l’energia sessuale va usata ma non dispersa, nel tantrismo l’energia sessuale va cavalcata e gestita.  Nel tantrismo, questo processo di controllo delle energie è molto pericoloso, ecco perché nel tantrismo assume importanza la figura del guru, perchè ci vuole un controllo stretto quando si manipolano certi tipi di energie, l'energia è come un serpente in una canna di bambù, può andare verso l’alto o verso il basso, in questo caso diventa pericoloso. Un maestro tibetano scappava inseguito da un allievo fuori di testa con un’ascia, il maestro si volta e dice: "fermati e guardati, adesso tu sei compiuto nell’ira". L’allievo si guarda lascia cadere l’ascia e comincia a danzare. L’osservazione del maestro si sposa con l’auto osservazione, l’energia della rabbia cade e diventa danza.  All'avvento del Tantrismo non c’è stata una scissione netta tra questi diversi indirizzi di yoga.  Lo yoga ascetico ha continuato a coesistere insieme a certe forme di tantrismo.  La scuola tantrica dopo qualche secolo si è estinta, ma lo yoga no. Nel libro Yoga sutra si parla di energie sottili, ma questo aspetto non è stato poi sviluppato. Si tratta, soprattutto, l’aspetto spirituale psicologico. Esiste una correlazione tra energie e cosmo, e la conoscenza delle energie sottili in India è molto antica, già nei Veda e in molte Upanishad c’è il riferimento alle nadi collegate al sole, ecc.     Invito a leggere gli Yoga sutra con commenti affidabili, suggerisco il commento di Vyasa, che data circa 100 anni dopo la stesura finale degli Yoga sutra, che poi è stato a sua volta commentato. E' il più affidabile, essendo il più cronologicamente vicino agli Yoga sutra, si suppone che possa darne una spiegazione che rifletta meglio quello che voleva dire l’autore. Gli autori che nei secoli successivi hanno citato gli Yoga sutra intendono anche il commento di Vyasa, lo trattano come un unico testo, ed è cominciata ad emergere l’idea che il commento lo avesse fatto lo stesso Patanjali, Vyasa vuol dire anche compilatore. A volte il commento forza il sutra per interpretarlo. L’ipotesi più accreditata è quella del Prof. Raffaele Torella, il quale asserisce che Patanjali è l’autore dei commenti e non del testo Yoga sutra, nel senso che lui, volendo fondare una sintesi sullo yoga, è andato a scegliere uno per uno questi sutra da testi esistenti che datano al massimo un secolo prima. Leggendo gli Yoga sutra con commento di Vyasa si evita di fare elucubrazioni e proiezioni.

Domanda: Quando inizia questa separazione tra l’Io e il Tutto?
Risposta: Nella scienza moderna si è sviluppato moltissimo quello che viene chiamato pensiero sistemico, si vede l’universo come un solo processo, un sistema solo, dove astrattamente puoi separare una cosa per studiarla, ma ogni cosa è una manifestazione di questa corrente interattiva, chiamata universo. Come individuo biologico non sono separabile dall’aria che respiro, faccio parte di questo flusso continuo, se qualcuno mi chiede "chi sono io?" dovrei rispondere: sono l’universo, perché non c’è nessun pezzo staccabile dall’universo e dire io sono solo questo, io sono tutto questo. Un individuo complesso crea un sé per coordinare il tutto, attualmente le neuro scienze non hanno identificato un punto del cervello che corrisponde al sé, ma emerge come una costruzione mentale che, è utile a coordinare le parti e a dare risposte veloci. Il punto è se la coscienza può ridursi a questo sé, la coscienza purtroppo non è studiabile, non è un processo. Puoi studiare i contenuti che appaiono alla coscienza, puoi studiare i pensieri, cosa succede se tocco quell’area del cervello, ecc.   Le scuole filosofiche indiane non dualiste, dicono che l’universo è un’esplosione di differenze, ma non c’è nessuna reale separazione, le differenze non vengono negate, ma non sono separate. Un giorno Dio che è il tutto, si annoiava, voleva giocare a nascondino, creò delle parti di sé, che si dimenticassero di essere lui, in modo che Lui si nascondesse a loro in loro, quelle parti siamo noi che ci siamo dimenticati di essere Dio. Il senso è quello di fare tana e ricordarci che, noi siamo sempre stati Lui. Si parla di cuore del riconoscimento, uno si accorge che pur essendo anche un corpo, una mente, ecc. è Shiva, è sempre stato Shiva.
Il tutto, l’universo che senso ha? Per dare un senso dovremmo collegarlo a qualcosa di esterno, ma se dico il tutto, non c’è un fuori. In India inventano la danza, c’è il piacere di muoversi fine a se stesso, è la danza stessa il senso del sé, l’universo viene visto come la danza di Shiva. Alan Watts dice: noi viviamo la vita come un viaggio, questo è il problema, ci dicono che il traguardo è quando andremo a scuola, alle elementari, alle medie, alle superiori, all’università, laurea, lavoro, successo nel lavoro, ecc; e quando arriva il successo ti accorgi che sei infelice come lo eri prima, il traguardo diventa la pensione, dove ti potrai godere la vita, poi ti accorgi che sei senza capelli. La prostata ingrossata, non puoi più fare niente. Alan Watts dice: Tutto avrebbe potuto essere la stessa cosa, ma non come un viaggio, ma come una musica, che va cantata o danzata in momento in momento, e vivere quello che facciamo.  La metafora indiana della danza di Shiva rispecchia proprio questo approccio. Trova senso in se stessa, nella danza stessa, non in altro.

Domanda: Che giudizio dà sui tipi di yoga attualmente in Occidente?
Risposta: Non ho approfondito molto questa questione, ma so che studi recenti ritengono che gran parte dello yoga che è arrivato in Occidente,  ha delle origini molto ristrette, non è il panorama dello yoga che c’è in India, ma è soltanto una parte della tradizione, quindi non abbiamo coscienza della ricchezza della vastità dello yoga. Lo yoga che è pervenuto in Occidente è uno yoga tardo tantrico, derivante dai testi tantrici, ed in particolare dal testo Hatha yoga pradipika.  Non c’è connessione tra gli studi accademici da una parte, e i praticanti e i maestri dall’altra. Occorre che l’accademico non insegni soltanto ma impari dalle scuole yoga, le scuole yoga invece, hanno bisogno di una visione più obiettiva, spesso maestri che commentano gli yoga sutra, dicono tante stupidaggini. Poi le forme occidentali in cui lo yoga è usato per altro, non le demonizzo, ma ad esempio la concentrazione, il rilassamento, il lavoro sul corpo di per sè non sono aspetti spirituali. Lo yoga è stato concepito come una via, in cui il corpo ha la sua importanza, come forma di conoscenza diretta, che non passa per la testa, per il pensiero, è un via spirituale, di liberazione, non dai conflitti psichici, ma liberazione da ciò che nasce e che muore.  Sono perplesso e contrario a ridurre lo yoga a quello del trekking, ecc.

Molto belle le considerazioni di un partecipante alla conferenza e di seguito riportate: Salve professore, ho ascoltato con molta attenzione la sua conferenza e devo farle i complimenti per la profondità dei contenuti e la chiarezza della sua esposizione, devo però dissentire su una conclusione che lei cita in merito alla “liberazione” cui arrivano la maggior parte degli autori che scrivono in materia, e cioè: “…il meditante, che grazie allo yoga è riuscito a interrompere il film mentale, ha un'esperienza diversa rispetto a quella del Samkhya, dove invece nella migliore delle ipotesi lo studioso comprende solo razionalmente di essere il Purusha!”     Tutto questo è senz'altro vero ma secondo me è errato pensare che a furia di ripetere l'esperienza diciamo del “samadhi” , cioè continuando a interrompere il film mentale prima o poi si ottenga “la liberazione”. La realtà credo sia diversa e la si può comprendere
solo se si fa la distinzione tra “illuminazione” e “realizzazione”. L'illuminazione non è il risultato finale come tanti pensano del percorso yogico (di qualsiasi tipo esso sia); di fatto esistono molte forme di illuminazione che consistono nei diversi gradi della presa di coscienza di essere il Purusha. Come anticipato, lei ne ha accennate due: quella del Samkhya dove il soggetto arriva a comprendere: "Io sono Io! E questo che vedo è solo un film!" e quello dello Yoga dove il soggetto che riesce a spegnere addirittura il film dice: "Io sono Io! E questo era solo un film!".    Posso ammettere che siano magari due livelli di illuminazione di intensità diversi (come due lampadine a diverso voltaggio) ma tutt'e due sono “solo” illuminazioni, “la liberazione vera” invece si ottiene solo quando questa presa di coscienza viene messa in pratica e cioè trasferita nella pratica quotidiana. In che modo? I modi sono tanti, per esempio il Buddha, preso spesso come parametro di riferimento, non si è liberato dopo aver ottenuto l'illuminazione, per liberarsi ha dovuto realizzare questa sua presa di coscienza. Come? Ritornando alla vita sociale e iniziando la divulgazione del suo sapere, attraverso l'insegnamento e la costituzione di gruppi orientati a rifare il suo percorso. In questo modo la liberazione (il Nirvana), l'ha poi verosimilmente ottenuto dopo la sua morte naturale. Tutto questo per dire di non fare lo stesso errore della psicoanalisi, o della psicologia in genere, dove molti credono che la guarigione dalla malattia mentale avvenga già solo con la presa di coscienza delle proprie problematiche. No, la guarigione si ottiene soltanto mettendo in pratica ciò che si è capito e, nel caso dello Yoga, la liberazioe si ottiene mettendo in pratica la consapevolezza di essere tutti Uno (ovvero che noi e gli altri siamo davvero la stessa entità) il che significa, o si traduce con, il mettersi al servizio degli altri in maniera altruistica e disinteressata (in molti modi come ho detto), come se gli altri fossero noi stessi, proprio come ha fatto il Buddha.

sabato 16 ottobre 2021

Il nuovo misticismo - Mauro Bergonzi

Il testo Inchiesta sul nuovo misticismo è stato scritto da Mauro Bergonzi e pubblicato negli  anni ottanta ma il contenuto è ancora molto attuale.       La nostra civiltà non reprime soltanto gli istinti e la sessualità ma anche ogni forma di trascendenza.  Ronald Laing. ..

 
Negli ultimi decenni si assiste al risveglio di una nuova sensibilità spirituale nonostante che il razionalismo positivista consideri l’interiorità come qualcosa di irreale e soggettivo. Questa tendenza è spesso frutto di uno sperimentalismo selvaggio, ci si avvicina senza nemmeno conoscere i rudimenti del contesto sapienziale di riferimento. I movimenti filo orientali si mostrano in genere critici nei confronti della società e della religione ufficiale.   Spesso, questo porta ad una sorta di settarismo, ad una netta separazione tra noi e loro, il rifiuto di aprirsi al nuovo, ossia a qualsiasi trasformazione dei punti di vista. Il proprio gruppo religioso diventa allora l’unica vera chiesa, il gruppo è vissuto come alternativa alla famiglia e come una ricerca di protezione dal mondo. Si assiste anche alla tendenza di integrare le pratiche spirituali nelle strutture del consumismo. L'Astrologia, I king e lo yoga vengono utilizzati nei modi più disparati: per dimagrire e per rilassarsi. Emergono anche vari settarismi e il fascino per il guru.

Questi fenomeni possono essere divisi nelle seguenti categorie:

  •  la prima, i sistemi filosofico orientali sono trapiantati in occidente senza subire grosse mutazioni, come ad esempio lo zen con la sua freschezza e semplicità, il buddhismo tibetano, dopo il viaggio di David-Neel in Tibet e l'invasione del Tibet da parte della Cina nel 1950.
  •  la seconda, le filosofie hanno subito rilevanti modificazioni. Si verifica un assorbimento da parte della cultura occidentale: gli esercizi meditativi ridotti a pre-tecniche,  mercificazione e degradazione del sacro, Maharaj-ji ha creato un vero impero finanziario. 
  • la terza, sono stati fatti molti tentativi sincretici di unificazione Oriente – Occidente, come da parte della società Teosofica e da Osho Raineesh. Rainesh ha tentato una mediazione anche a livello delle tecniche. 
  • Molte persone sulla scia di Khrishnamurti si sono disidentificati da ogni  cultura codificata.

Molte religioni orientali hanno un carattere antropocentrico, secondo cui l’uomo può entrare in contatto con l’Assoluto attraverso una appassionata ricerca nelle profondità del proprio essere, in quanto la dimensione del sacro risiede in ognuno. In Occidente questa ricerca è spesso stata offuscata da egocentrismo, attaccamento, avversione. Decongestionare la mente significa svincolare la mente dall’incapsulamento in un falso concetto dell’Io, inteso come un’entità solida, permanente e separata dal resto dell’universo. Il che implica relativizzare l’ordinaria percezione dualistica della realtà basata sulle distinzioni, io/altro, soggetto/oggetto ecc. L’ordinaria percezione della realtà è maya, avidya.

I principali  movimenti spirituali nati in quegli anni sono:

Nel 1966 A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada fondò gli Hare krsna. I mezzi di liberazione sono essenzialmente due: lo yoga della devozione o bhakti yoga, o lo yoga dell'azione o karma yoga. Il fine della pratica spirituale consiste nell’abbandonarsi completamente a Dio, cercando di restare consapevoli della sua presenza ad ogni istante. Qui c'è una convergenza con la tradizione cristiana di un Dio personale, con la credenza di un’anima individuale eterna, abbandonarsi alla grazia divina, unica depositaria della verità. Cantando il nome di Dio, Hare Krsna, Hare Rama le nostre qualità spirituali si risveglieranno. Hare = energia, Krsna= infinitamente affascinante, Rama= fonte di beatitudine.

Maharishi Mahesh Yogi fondatore della TM (meditazione trascendentale) diventa guru dei Beatles. La realtà è vista come molteplici livelli stratificati: dal manifesto all’immanifesto, in corrispondenza degli strati di coscienza che vanno dalla superficie alla profondità dell’Essere. La continua vibrazione acustica di un mantra diventa un veicolo capace di condurre la mente verso strati sempre più profondi e rarefatti della coscienza. Con la meditazione si arriva al Campo della Trascendenza, dove la mente possiede la massima espansione e la minima attività, il massimo riposo e la consapevolezza più totale. La meditazione porta ad una maggiore partecipazione alla realtà, perché maggiore è la partecipazione del reale. La meditazione fornisce all’individuo un riposo superiore alla tensione accumulatasi.

Le scuole di Yoga che fanno riferimento al testo Gli yogasutra di Patanjali. Uno dei maestri di riferimento in quel periodo è starto il Maestro Kaushik. Il Dottor R. P. Kaushik è stato un filosofo nel senso originale del termine, un ricercatore della verità. L'assunto fondamentale dei suoi insegnamenti era che la realtà costituisce qualcosa di vivo e dinamico, che non si può racchiudere in una formula.  L’esperienza di liberazione è intesa come il trascendimento di ogni dualismo, queste pratiche non sono fughe dalla realtà, ma permettono all'unomo di vivere la realtà  nella sua totalità e di sperimentarla in tutta la sua pienezza. Perciò la vera spiritualità è proprio un tuffo nella realtà. Bisogna mantenere un certo spirito critico e libertario dentro di sé. Lo yoga parte dal presupposto che esista uno spirito universale (paramatma) di cui una scintilla è presente in ognuno di noi (jivatma). Ricongiungere il jivatma con lo spirito universale è lo scopo dello yoga. Lo yoga è un sistema di auto realizzazione che può essere praticato da chiunque,  credente o ateo. La realtà dell’uomo è vivere nella sua totalità e di sperimentarlo in tutta la sua pienezza. Perciò la vera spiritualità è proprio un tuffo nella realtà. Tutto ciò che si percepisce come divisione è illusorio, c’è una sola ed unica realtà, esiste una unica energia che permea tutto il creato. Il succo del Vedanta si trova nel mantra “aham brhman asmi” ossia “Io sono il Brahman”. Il Raja yoga è il percorso più complesso, dentro di te esiste la luce, guarda dentro di te per trovare questa luce, si rivolge a persone introspettive, le vie per guardare dentro se stessi sono: 

  • il mantra-yoga, recitazione di suoni, 
  • il purna yoga ossia lo yoga integrale di Aurobindo, 
  • il laya yoga, ascolto di suoni, 
  • il kundalini yoga o risveglio dell’energia. 

L'illuminazione o samadhi, ossia l'essere consapevole di essere Brahman” e di tre tipi: 1- savikalpa samadhi con seme in cui si mantiene un contatto con la realtà e la percezione dell'oggetto osservato, 2 - nievikalpa samadhi in cui scompare l’oggetto osservato per brevi periodi, 3 -sahaja samadhi, ossia  l'unione continua tra individuo e Assoluto. Il vero maestro non impone nulla, risveglia l’intelligenza dell’allievo e lascia che quest'ultimo trovi la propria strada.

Gli arancioni di Raineesh (1931-1990) è un movimento ispirato ad un forte sincretismo in quanto ingloba anche le tecniche di Gurdjeff  ed è caratterizzato da un rigetto dell’ascetismo. Secondo Rainesh la via della ricerca interiore non ammette alcuna disciplina, nè alcuna repressione, la ricerca deve avere un carattere gioioso per sciogliere i blocchi interiori. Rajneesh ha elaborato una quantità enorme di esercizi pratici (meditazione dinamica, kundalini, ecc.) e parallelamente proponeva un lavoro psicoterapeutico di gruppo. L'obiettivo è quello di arrivare ad una esplosione interiore dove l’ego possa essere trasceso. Il motto di questo movimento può sintetizzarsi in questo modo: Prima volevo modificare gli altri, e così facendo pensavo di modificare anche me stesso: adesso punto molto di più su di me, perché mi sembra che solo volendo bene interamente a me stesso, riesco ad aprirmi agli altri. Ha creato a Poona (vicino a Mumbai) un ashram di ampie dimensioni con il nome Osho International Meditation Resort.

Gli amici del Dott. Kaushik.  Kaushik fa parte di quella esigua schiera di orientali che hanno preferito rinunciare ad ogni tradizione codificata. Come dice Khrishnamurti la "Verità costituisce qualcosa di vivo e dinamico, qualsiasi sforzo per raggiungerla è destinato a fallire". Chi si muove nella sfera mentale deve essere ben consapevole di non poterla trascendere. Se riesce ad attraversare questa notte oscura dell’anima in cui tutto è vano ed insignificante, alla fine la mente rinuncia a ogni sforzo, si placa e da quel silenzio scaturisce un’energia incommensurabile, al di là dell’ego, carica di amore e consapevolezza.    Kaushik a differenza di Krishnamurti consiglia in qualche modo una forma pratica di meditazione: mettersi seduti prestando completa attenzione a ciò che avviene nel momento presente. Lasciandosi andare spontaneamente al flusso della realtà senza fuggire al passato o futuro, poi la mente arriverà ad uno stato di silenzio. Questo tipo di meditazione presenta molte affinità con le tecniche della vipassana o dello zen. Solo attraverso un assiduo esercizio è possibile creare l’occasione propizia per l’emergere spontaneo di un silenzio della mente. L’insegnamento consiste in due parole: abbandono e amore. Non ci si può appoggiare a niente, siamo completamente soli. Bisogna coltivare l’Arte di osservare. A volte ti accorgi che tra un pensiero ed un altro c’è un momento di pausa, che i pensieri non sono mai continui, quando ci si rende conto della meccanicità dei pensieri, questi si fermano ed emerge l’inconscio. Ogni volta che sia ha un’aspettativa o un’immagine di un’altra persone è difficile comunicarci. Tra maestro e discepolo non c’è separazione, sono una persona unica. Se la vita non ti porta a contatto con un maestro va bene così: allora vuol dire che non hai bisogno di un maestro.

Il Buddhismo. In Italia si è sviluppato soprattutto lo zen e il vajrayana tibetano. Il buddhismo punta allo sviluppo di una conoscenza salvifica e trasformativa capace di bruciare ogni forma accumulata di attaccamento. Nella pratica, sono collegate insieme posizioni fisiche (mudra e asana), formule vocali (mantra) e visualizzazioni al fine di attivare ogni energia disponibile a livello di mente, parola e corpo. Nell’impostazione tantrica si sottolinea il carattere sacrale anche di ciò che sembra profano come il sesso. I mandala sono strumenti rituali capaci di indurre profonde mutazioni degli stati di coscienza. 

Lo zen è l’adesione all’attimo presente, al di là di ogni infrastruttura concettuale. I maestri si adoperano di smantellare nel discepolo ogni aspettativa, ogni tentativo di incasellare in schemi precostituiti il flusso mutevole e variegato della vita. La comune esperienza umana si carica in questo modo di intensa sacralità. I monasteri diventano dei semplici luoghi di lavoro e meditazione. Lo zen ha due filoni: 

  • lo zen Soto,
  • lo zen Rinzai.  
Il tiro con l’arco, la cerimonia del thè, l'ikebana, ecc venivano concepite come vie per realizzare lo Zen attraverso uno sviluppo della consapevolezza e della concentrazione. Lo zen è il mezzo e il fine in se stesso. Lo zazen (meditazione) è tra l’altro un metodo terapeutico con cui si ottiene l’equilibrio fisico, respiratorio e mentale. Lo zen è la natura di Buddha che agisce in ogni nostra azione, nel Rinzai viene usato il koan per arrivare al satori. Il satori, nella pratica del Buddismo Zen indica l'esperienza dell'illuminazione, del risveglio inteso in senso spirituale, nel quale non ci sarebbe più alcuna differenza tra colui che si "rende conto" e l'oggetto dell'osservazione. Con lo zen si diventa capaci di affrontare ogni difficoltà, di stare tra la gente, vivere liberamente. Per il Buddha non c’è nulla da cambiare, basta vedere la realtà, ossia come le cose sono realmente. Il nuovo è in ogni momento, Krishnamurti dice: non vivete nel futuro, né nel passato: vivete nel presente, nel presente c’è l’Eterno. Il satori è l'equivalente e si realizza quando si riesce a vedere la vita istante per istante, ossia vivere nell’Eterno.  In Italia negli anni ottanta era molto conosciuto il Monastero Rinzai di Scaramuccia – vicino ad Orvieto.   Un altro centro importante era il Centro Soto Milano. Nello zen Soto c'è un maggiore adattamento all’Occidente. Cìè una maggiore dimensione di consapevolezza: non fare e lasciar essere, cercando di vivere l'esperienza dell’attimo presente. Uno dei maestri più conosciuti in Occidente è il Maestro Shunryu Suzuki. 
Shunryu Suzuki era un monaco e insegnante Zen Sōtō che aiutò a diffondere il buddismo Zen negli Stati Uniti, ed è rinomato per aver fondato il primo monastero buddhista Zen fuori dall'Asia.

Il buddhismo tibetano in Italia ha due filoni: 

  • rNin ma pa del gruppo Nankai Norbu, grande maestro tantrico Padmasambhava, 
  • dGe lugs pa o berretti gialli ( XIV e XV secolo) del riformatore Tsong-kha-pa. In Italia è stato creato l'Istituto Lama Tsong Khapa a Pomaia vicino Pistoia. 

Norbu arriva in Italia nel 1960 e collabora con il grande orientalista Giuseppe Tucci. Se un occidentale è interessato a cercare lo spirito dell'Oriente troverà la risposta e quando l’avrà trovata non si potrà allineare con nessuna determinata tradizione o filosofia o scuola, non deve arrivare ad una scuola ma deve arrivare a se stesso.  Gli dGe lugs pa insistono sulla gradualità della via, sulle pratiche meditative preliminari prima di poter accedere senza rischi ai segreti tantrici dell’iniziazione. Le visualizzazioni su certe precise iconografie e su determinati mantra hanno un grande valore perché posseggono un tipo di energia spirituale ad esse immanente. Meditare equivale a fuggire dalla realtà?    Di fatto si medita per essere più capaci di vivere nella realtà, in modo coerente ed equilibrato: meditare significa cercare di conoscere meglio se stessi per smettere di continuare a farsi del male e a far del male agli altri.

Sempre negli anni ottanta, facendo riferimento, a volte in modo completamente inappropriato, alla Società Teosofica si sono formati gruppi e gruppuscoli che hanno incrementato la ricerca del magico e del soprannaturale. La Società Teosofica è un'organizzazione internazionale fondata nel 1875 a New York, dedita allo studio e alla divulgazione della teosofia e delle scienze esoteriche in generale. La teosofia sostiene che tutte le religioni hanno un'unica origine e cerca di condurre l'uomo alla verità tramite una conoscenza esoterica della divinità.

Nuova sinistra ed Oriente. C’è da chiedersi come la generazione dell’antiautoritarismo abbia finito per ricreare altre autorità. Come Rainesh-Osho a Puna, o Aurobindo a Pondicherry. In più veniva recuperato un fattore sociale importante: la creazione di comunità. Per molti giovani del 68 e 77, la Chiesa ha significato proprio la perdita di una qualsiasi autentica tradizione spirituale. Alcuni studiosi ritengono questa ricerca della spiritualità in Occidente una fuga dalla realtà, anche se negli stili di vita occidentali esistono ben più macroscopiche strategie di fuga dalla realtà come tv, droga, viaggio organizzati, ecc.  

Per iniziare un percorso spirituale occorre il coraggio di abbandonare le vecchie certezze e una continua disponibilità al cambiamento. Spesso la ricerca del Guru è stato un pretesto per deresponsabilizzarsi. Mentre nel buddhismo non ci sono guru, c'è il maestro, che in questa tradizione è l’amico spirituale, il  kalyanamitta, ed il maestro indica soltanto la via. Krishnamurti, un'altra figura spirituale molto seguita negli anni ottanta asseriva: la verità non ha sentieri. Importante nel percorso spirituale, il passaggio dal guru esterno al guru interno, si deve diventare maestri di se stessi. Se incontri un Buddha fuori di te uccidilo.

In Occidente si è creato un consumismo spirituale, una banalizzazione della ricerca, una riduzione a slogan, ad una ipersemplificazione dei problemi connessi con la ricerca interiore. Invece occorre un notevole coraggio per aprirsi all’ignoto, per confrontarsi con aree dolorose di sé. In molti casi prima di iniziare il percorso occorrerebbe un personale trattamento psicoterapeutico. L’apertura alla dimensione trans personale è spesso come una fuga dal personale. Il salto nella dimensione spirituale può avvenire in maniera proficua, solamente quando la dimensione personale abbia messo profonde radici nell’humus della vita, così come un saldo senso di identità personale può permettere una vera apertura al rapporto con gli altri e col mondo. Spesso si usano le pratiche orientali come strumento di repressione e controllo delle energie interiori e si instaura una falsa maschera di calma e posatezza. Il prezzo che si paga è il disseccarsi di ogni creatività e spontaneità. La vera calma meditativa si ha quando c’è una viva consapevolezza del propria essere, attraverso cui i conflitti inconsci possono essere riconosciuti, accettati e trasformati. Spesso le frasi “tutto è illusione, tutto è mente“ diventano vuoti slogan in nome dei quali adottare una deresponsabilizzazione nei rapporti col mondo. L’Oriente viene usato spesso come anestetico. Sono sviluppati modelli di derivazione cristiana atti a denigrare i valori della carne per esaltare quelli dello spirito. Se da una parte molti movimenti presentano tendenze ascetiche, molti si propongono proprio il superamento di queste dicotomie. Essere e Non Essere sorgono simultaneamente.

Nel Buddhismo si usa dire: ridere senza lasciarsi alle spalle alcuna traccia di riso, piangere senza che poi resti traccia di lacrima, godere senza che alcunché di quel godimento resti indietro, questo è una stato di leggerezza.  Il buddhismo usa come modalità di conoscenza l'intuizione e il paradosso. Il concetto buddhista di anatmata si basa sulla constatazione empirica, attraverso lo strumento meditativo, che non è possibile percepire direttamente alcuna entità separata e permanente definibile come un “Io”. Il conflitto e la sofferenza nascono quando ci si identifica con questo Io. Occorre trasferire la consapevolezza del mutamento continuo (anityatvam) dal livello intellettuale a quello esperienziale. Un’esperienza intuitiva capace di trascendere i limiti egoici e l’attaccamento porta il meditante ad una dimensione di armonia con la totalità dell’esistenza. Nel Buddhismo si cerca di arrivare ad un decondizionamento e sviluppare la tendenza a relativizzare ogni certezza. La meditazione consiste proprio nell’abbandonare gli schemi precostituiti ed aprirsi alla totalità dell’esperienza attraverso l’intensificazione della consapevolezza. 

Un'altra corrente spirituale molto conosciuta negli anno ottanta è il Taoismo.  Il Taoismo è una dottrina filosofica, che ha origini in Cina ed enfatizza il concetto di vivere in armonia con il Tao, cioè la via. Nel taoismo il Wu wei è un particolare tipo di azione, in cui l’individuo assume una posizione di vigile ricettività.  Per Alan Watts il taoismo rappresenta l'arte di veleggiare, di scorrere spontaneamente, senza attrito, in sinergia con l’universo intero, abbandonandosi con intelligenza alle correnti della vita. La via è la meta, che è anche un libro di Watts.  Il Tao non fa nulla e tuttavia non vi è nulla che non sia fatto.

lunedì 12 giugno 2023

Summary of the book "The thousand faces of meditation"

 The authors are Roberto Fantini e Cesare Maramici. See: https://www.edizioniefesto.it/collane/lumen/665-i-mille-volti-della-meditazione  If someone is interested in the text,  can contact me by e-mail: maramicicesare4@gmail.com      

Nowadays oriental disciplines are very popular in the West, among them yoga and meditation. This text  reflects the outcome of the meetings I have had with great meditators, many of whom I have followed courses with.
People often choose a particular path in meditation without getting information on the relevant context. This book aims at throwing a light on a multitude of proposals.

According to Matthieu Ricard, "meditation is not about emptying one's head, but about gradually becoming a better human being. It is necessary to practice meditation in order to identify the causes and mental toxins which are disturbing, and to free ourselves from inner conflicts" (p. 71).

There are essentially two paths: the first one requires a very serious engagement in a well-structured tradition, with initiation ceremonies, discipleship, etc..., while the other path is a little lighter;  through meditation, one usually looks for moments of peace and serenity and above all, well-being. Nowadays it is the pursuit of well-being that is taking hold in our society, a well-being at any cost and to suit everyone's budget.
The book is mainly structured around the three most popular meditation proposals in the West, Tibetan Buddhist meditation (see the Dalai Lama), yoga meditation (which is a step along the way of samadhi) and Mindfulness meditation (a secular meditation, purified of any esoteric aspect and the results of which are evidenced by scientific research). The main characters around which the text is developped are: Matthieu Ricard (a buddhist monk), Christophe Andrè (a psychiatrist) and Amadio Bianchi (a yoga master). The book begins with their interviews where they answer  a series of questions about meditation. Then there is a simulated interview between an experienced meditator and a sincere researcher; through a series of questions and answers, an attempt is made to guide the reader into the world of meditation. What is meditation, what are the main techniques of meditation, etc.

We refer to meditators who are still, almost all of them, alive (many are part of the Italian and French universe) and could be a reference point to start a path. We will also introduce personalities who have tried to find a meeting point between the various spiritual paths (see p. 111). Among these, Father Anthony Elenjimittam and the mandala of the eight paths,  Father Mariano Ballester who created the non-profit association 'Deep Meditation and Self-Awareness (MPA)', and Father Antonio Gentili.

The Dalai Lama invites us continuously to experience various paths and choose the one we feel closest to, and above all he reminds us that discipline and perseverance are needed to get results. Westerners often enquire which is the form of meditation that can bring out results in a short period of time and above all at little cost (p. 60). The Buddha himself told his disciples: "Try one path and see what happens, if it works out for you, use it, otherwise discard it and look for something else".  All researches have confirmed that people need practicing for long periods to get results. Researchs also confirmed that our brain possesses a fantastic property called neuro-plasticity: the ability to change shape and function even in later life. This was demonstrated, among other studies, by the famous case of Phineas Gage, a worker whose prefrontal area of the brain was destroyed in an accident (1848). In 2000, Matthieu Ricard, who  obtained a doctorate in molecular biology, agreed to undergo a series of scientific experiments with Richard Davidson (p. 43), thus creating a bridge between Buddhist meditation and scientific research.

What are the benefits of meditation? The results of these studies are as follows: meditating produces greater activation of the left prefrontal cortex, the one associated with positive emotions, resilience and well-being. It strengthens immune system responses - demonstrating a relationship between the brain and the immune system. It reduces the activity of the right prefrontal cortex, which is linked to negative emotions. Other research has shown that meditation helps develop qualities such as focused attention, empathy and compassion, which are characteristics of Buddhist meditation (p. 43).
Another important aspect is that all these techniques, once considered esoteric, such as meditation, hypnosis, holotropic breathing, listening to sounds and mantras, rituals or shamanic psychology, techniques that combine breath, evocative music, bodywork focused on energy release, artistic expression and group integration, are now accepted in scientific medical circles. Meditation and hypnosis are often offered to cancer patients, and often accompany the patient in the convalescence phase.                                                                                                                                                                   Jon Kabat-Zinn and Christophe André have been using mindfulness techniques in hospitals for many years. Mindfulness has an effect on the body and a favourable impact on health, which is why meditation has been integrated into medical care in Western society today. Moreover, in recent decades it has been introduced in schools, prisons, and companies, as it brings improvement on an emotional level. Meditation also slows down the ageing process. Indeed, the positive effect of meditation on telomeres has been scientifically evidenced. Telomeres are protective caps at the ends of chromosomes that become shorter with each cell division.

There are some important milestones in the development of the relationship between science and meditation: first the creation of the Mind and Life institute, then the experiments conducted with and on Matthieu Ricard in the first brain scans, as well as on another monk Yongey Mingyur Rimpoche, who was subject to brain scanning for 15 years (p. 45). The study that was published by Live Science in 2020, revealed that Mingyur Rinpoche's brain ageing process appeared to have slown down. The European community has allocated around 7 million euros for a project called Sylver Santé to test with reliable data whether meditation can delay the ageing process.

Now let us try to get into details about meditation using the words of Amadio Bianchi (he is the President of the European Yoga Federation and has contributed to a few paragraphs of the book):  The word meditate is often misused; for the Westerner, meditate refers to "mens" , the mental and its activity. Instead, for the Easterner, the practice gets at going beyond the mental, in order to reach higher and extra-ordinary states of consciousness and contemplation and to get in touch with the most spiritual part of our being, to our true Self. We live identifying ourselves with the contents of our mind, created above all by emotions; it is an experience shaped by the mental; distorted images are produced which are mistaken for reality, and so we move away from an objective vision. 

How can meditation help us? Meditation can help bring man back to the present. The most important practice is to develop detachment, to contemplate our mind without being involved in it: it is called the way of knowledge, to observe our thoughts and return to the present reality. Meditation, however, is a means to better experience the present. Meditation, by reducing mental activity, helps regenerate us, as our cells achieve almost complete immobility. Meditation can increase our ability to focus and concentrate; we are able to achieve physical and material results, but above all, it helps us reconnect with our self. The path is difficult, and it takes trust, perseverance, and an approach to meditation devoid of expectation.

What does a person need to meditate? One needs a suitable environment, dimmed light, silence, finding the right time, having completed one's daily duties, and  a blanket because there is a slowing down of body activities. Meditation is an invitation to prepare oneself to listen, it involves an awakening of the state of attention, attention will turn into awareness, and awareness will lead us to consciousness. Life consumed without awareness is like  having never lived through it, or having lived  in the dream state; the moments of meditation are the most intensely experienced moments .

First, meditations must be divided into two types: meditation of suggestion and meditation of knowledge;  meditations practised in the West are suggestion meditations and are not in line with oriental meditation. These sound-accompanied guided meditations are considered propaedeutic, they produce the right conditions to eventually go further and can help  bring about the qualities necessary for knowledge meditation. During this later meditation, the meditator is alone, not even with a teacher. The senses are totally annihilated and one uses the only suitable instrument - consciousness -, to get to know the reality which is our Self. The Self is the part of us that we have in common with all manifestations, it is the only reality; everything else is impermanent and does not belong to us, nothing belongs to us, we leave everything behind when we die. We only leave  with the drop called our self. And with this drop, man goes to meet his divine part, he tries to come into contact and know this divine part, this is the goal of knowledge meditation.

The correct path would consist of three steps with practical exercises:
- awakening of attention;
- attention that transforms into awareness;
- awareness leading to consciousness; consciousness is the appropriate tool provided by nature for the practice of meditation.

Disidentification. You should become a spectator of the body, of the breath, become aware of the emotions,  of your thoughts and the content of your mind. "I am not the body, I am not the breath, I am not my emotions, I am not the mind, but I am also the mind, the emotions, the breath, the body". The next degree is to become aware of being aware. The one who is making this statement is the witness within you. The witness is a quality of your self, recognise the self and repeat 'I am the self, I am the self, I am self'.
Buddhist teachings aim to demonstrate impermanence, non-self (or inconsistency of self) and nirvana (elimination of suffering or dukkha). Any teaching that does not bear these three principles cannot be considered as a buddhism teaching. Nothing has a separate existence or a separate self. Everything has to interact with everything else. 

Nirvana means extinction, especially extinction of ideas - the ideas of birth and death, existence and non-existence, coming and going, self and other, one and many. All these ideas make us suffer. 

The Four Noble Truths are:
- The Existence of Suffering.
- The Emergence of Suffering.
- The ending of Suffering
- The Emergence of Well-Being. 

There is a noble path (the Eightfold Path) that leads to well-being.
They specify that in Buddhism there are two paths: that of relaxation, samatha (mental calmness) which should be associated with deep insight, vipassanā. (pg.151) - Only through calmness,  one could access to a state of deep vision, to get directly in touch with true reality,  and thus understand and accept it for what it is. Both are based on attention and breath control. At first, the mind observes the breathing or the movements of the body, then it becomes one with them.
Following the Western point of view, the central point of meditation consists of three stages: concentration, i.e. focusing all attention on an object which is usually the breath, then letting the mind calm down and then moving on to introspection.

Citations.  "Meditation is a path to connect with the sacred, our divine part, with our true Self".

 "Meditating is a great opportunity, an open door to infinite possibilities and potential. Something, moreover, that is within the reach of everyone, young and old, educated and less educated, healthy or unhealthy. To all, meditation brings benefits, physically, mentally, spiritually. Through meditation it is possible to rediscover oneself, recover harmony and embark on a very specific path of self-realisation' - Paola Giovetti (p. 9)

"At the end of the 20th century, meditation was a sleeping beauty: it was only practised in the silence and secrecy of monasteries, or in small groups of initiates or the exalted. Today, in the third millennium, everything has changed: meditation has become a fashionable phenomenon and a social fact. It is practised in full view of everyone, in hospitals and schools, in companies and artistic or political circles' - Christophe André (p. 12)

"Most of the time, our instinctive and clumsy search for happiness is based on deceptions and illusions, rather than on reality, and so we wear ourselves out trying to shape the world to make it fit our fantasies, or we artificially alter our states of consciousness. Would it not be better to transform our minds?"  -  Matthieu Ricard (p. 15)

"Never forget that your life passes so quickly, like a flash in the summer sky or a hand sign. Now that you have the opportunity to practise, do not waste a moment. Consecrate all your energy to the spiritual path”. - Dilgo Khyentsé Rinpoche (p. 31)

"Meditation or other disciplines enable man to access, step by step, the way, his true nature, the Buddha nature, and through this path man can liberate his true Being. It is a path to the highest state of consciousness to which man can attain, and through which he opens himself to contact with the living Absolute in its essential core. It is through severe discipline and humbly repeated action without ceasing that man gradually becomes imbued with the living Essence of all things in the unconscious depths of his individual self and prepares himself for the Great Union with the Whole" - Karlfried Graf Durckheim (p. 34)

"Awareness of the interconnectedness of the whole with the whole can only lead to deep and compassionate civic and social responsibility." "In meditation there must be no separation between subject and object, between inside and outside. So when we sit in zazen, we are already inside, there is no inside and outside, and we recognise ourselves as One with the whole" - Dario Doshin Girolami (p. 90)

"Let our message be our own life." "Mindfulness is the full awareness of the present moment". "Meditation is not an escape from, but a peaceful encounter with reality" - Thich Nhat Hanh (p. 93)

 'In reality, you are also your thoughts, your beliefs, etc., but not only those: you are above all the consciousness in which they appear. You are Everything: the observer and the observed, what changes (thoughts, perceptions, sensations) and what does not change (consciousness), you are the sea and the waves'  - Mauro Bergonzi (p. 118)

For Pope Francis, in fact, meditating must mean "going to the encounter with Jesus, but always guided by the Holy Spirit". In short, some methodological experience coming from other religious universes may well be welcomed within the practice of Christian prayer, but this must not in any way introduce different doctrinal perspectives, nor insinuate theological doubts, nor contaminate or languish the dogmatically defined contents of the Catholic Creed. (p. 111). 

Meditation is the medicine of the mind, a technique for returning from the artificial state (the mind that lies) to the natural state (p. 120).

In presenting the various meditators, as well as putting them in context, we have tried to point out the various nuances of meditation.

People like Tony Parsons, one of the most radical exponents of non-dualism, have a simple, clear and direct message: there is no one within the body-mind called 'me', there is no individual, but there is a single Self that lives through different forms (p. 122).

For Eckhart Tolle, the goal of meditation is this: to re-discover Presence, the light of Presence in us, in our inner reality. This allows us to see thoughts, feelings, etc. in a detached way, 'to be aware, that we are aware' (p. 138).

Some meditators depart from the three most common approaches to meditation teaching: the first consists of observing the thoughts that pass through our mind without dwelling on them; the second consists of trying to control the mind, to empty our thoughts through techniques of focusing on a precise point, e.g. a statue, a candle, the breath, etc., to the exclusion of all else; the third approach is to merge with the divine. They propose a different and revolutionary approach to meditation, sitting without expecting anything, without anything to seek. They propose developing an attitude of full presence and letting go of the emotions you are experiencing here and now  (p. 140).

The book also talks about the role of the teacher in meditation, the relationship between meditation and science, between Buddhism and science, and the relationship between meditation and death.

Meditation certainly helps us to face death as it urges us to live life to the full, whether we are young or old. What really matters in existence is to use the time we have left as fruitfully as possible, for our own good and that of others. I quote the thought of Gampopa, a Buddhist sage: 'At the beginning, one should be haunted by the fear of death like a deer escaping a trap; halfway through, one should have nothing to regret, like the farmer who tilled his field with care. In the end, one should be as happy as one who has accomplished a great feat' (p. 53).

A possible meeting point is the fact that both Buddhism and science have experimentation as their main focus. Richard Feynman said: 'The principle of science is as follows: The text of knowledge is the experiment; it is the sole judge of scientific truth'. And here is how the Dalai Lama echoes him: 'When the question of validating the truth of a certain assertion arises, Buddhism places the greatest authority in experience, then in reason, and lastly in scripture' (p. 163).

The goal of meditation is to arrive at a state of awakening, to perceive reality differently and to an experience known as enlightenment, which involves a perfectly clear vision of things. 

The regular practice of meditation leads to a personal condition described by all meditators in terms of four elements: the absence of a kind of outer self, emptiness, the absence of a kind of inner self and impermanence. (p. 168). This approach converges with Buddhist thinking of the lack of a controlling self. It is also possible to see a correspondence between this theory of forms in modern psychology and the impermanent character that Buddha attributed to the five aggregates. In Buddhist doctrine, the five skandhas or aggregates are the constituents of the empirical person, namely: form (rūpa); sensation (vedanā); perception (saññā); karmic formations such as habits, unconscious reflexes, (saṅkhāra); consciousness (viññāna). 

Relationship between science and meditation. Many great physicists and Nobel laureates of the 20th century consider consciousness as the foundation of the world, something that includes everything.

"Absolute knowledge is a totally non-intellectual experience of reality, an experience that arises from a non-ordinary state of consciousness, which can be called a meditative or mystical state" - Fritjof Capra (p.169). He wrote the Tao of Physics and sentences from this text are written at CERN in Geneva (The European Organisation for Nuclear Research) under a statue of Shiva Nataraja donated by the Indian government.

John Hagelin (1954 -) is a world-renowned American quantum physicist, and says: "We must assume the existence of a conscious, intelligent mind. This mind is the matrix of all matter."                           Max Planck (1858-1947) asserted: "The consciousness is the main  basis and matter is a derived from consciousness. We cannot go beyond consciousness and everything we talk about, everything we consider to exist, postulates consciousness."   

David Bohm (1917-1992), an American physicist and philosopher wrote, with Jiddu Krisnamurti, the book Where Time Ends. He said: "Consciousness is the vessel that contains everything, absolutely everything that happens in the universe, and outside of it nothing exists".  

Erwin Schrödinger (1887-1961), Nobel Prize winner for physics came into contact with Indian philosophy around 1918, through the writings of Schopenhauer. He said 'Consciousness is the foundation of existence beyond the brain and whatever we can imagine, hypothesise or intuit'.                Amit Goswami (1936 - ), Indian quantum physicist, is the pioneer of a multidisciplinary scientific paradigm based on the primacy of consciousness, known as 'Science within consciousness'.  

Werner Karl Heisenberg (1901-1976) was a German physicist. and one of the main originators of quantum mechanics.  Fritjof Capra says about him: In 1929 Heisenberg spent time in India, as a guest of the famous Indian poet Rabindranath Tagore, with whom he had long conversations about Indian science and philosophy. This introduction to Indian thought brought Heisenberg great comfort, he told me. He began to see that the recognition of relativity, interconnectedness and impermanence as fundamental aspects of physical reality, which had been so difficult for him and his fellow physicists, was the very basis of Indian spiritual traditions. After these conversations with Tagore, he said, "some of the ideas that had seemed so crazy suddenly made a lot more sense. This was a great help to me'. 

 Fred Alan Wolf wrote the text The yoga of time travel: How the mind can defeat time.                           Albert Einstein in 1930, met Nobel Prize winner for literature Rabindranath Tagore in Berlin, thanks to their mutual friend Dr. Mendel.

 

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Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel blog ci sono ci...