venerdì 2 giugno 2023

La vita di Thich Nhat Hanh

Il buddhismo in Vietnam e la vita di Thich Nhat Hanh.

Un approccio sincretistico ancora più pronunciato è rinvenibile negli insegnamenti di un’altra figura di spicco della scuola Lin Chi del Ch’an, considerato da molti la voce più importante del buddhismo contemporaneo dopo il Dalai Lama: il maestro vietnamita Trung Quang Nhat Hanh (al secolo Nguyen Xuan Bao, nato nel 1926; come di uso per i monaci nella sua patria, al nome viene premesso l’epiteto onorifico Thich, che denota l’appartenenza al clan gentilizio degli Śākya, il lignaggio del Buddha). La sua esistenza s’intreccia con le vicende del buddhismo del Vietnam. Fattosi monaco nel 1949 nel tempio di Tu Hieu presso l’antica capitale imperiale di Hue, si scontrò con gli ambienti più conservatori, finendo per stabilirsi in un monastero abbandonato nei dintorni di Saigon. In seguito divenne direttore dell’organo ufficiale della General association of Vietnamese buddhists (GAVB) costituita nel 1951. La sua entusiastica predicazione di un buddhismo unificato, disapprovata dai più, portò alla chiusura del periodico. L’incessante attività del personaggio in quest’epoca comprende la fondazione del monastero delle Foglie di palma fragranti (Phuong Boi) nel Vietnam centrale, della casa editrice La Boi e della prima Scuola superiore buddhistica del Vietnam, in grado di fornire un’alternativa alle strutture educative francesi. Con la partizione sancita dagli accordi di Ginevra, nel nord la General association of Vietnamese buddhists veniva disciolta d’autorità nel 1957 e i suoi fautori imprigionati o soppressi, mentre una Association of unified Vietnamese buddhists, creata sul modello cinese, garantiva il controllo del Partito comunista su strutture e istituzioni buddhistiche nella neonata Repubblica del Vietnam. A sud il prestigio internazionale del Thich Nhat Hanh, che per due anni si era distinto studiando religioni comparate a Princeton e insegnando alla Columbia university, gli valse alla fine una legittimazione da parte dell’establishment monacale e fu chiamato a contribuire alla fondazione, nel 1964, dell’università buddhistica di Saigon, che prendeva nome dal vicino tempio delle Mille benedizioni (Van Hanh), ed era destinata a divenire un prestigioso focolaio di iniziative politiche e culturali. Validamente coadiuvato dalla sua discepola Cao Ngoc Phuong (nata nel 1938), ritornata allora in patria dopo essersi laureata in biologia a Parigi, egli creava altresì, con un gruppo di professori e studenti, la School of youth for social service, un corpo di 10.000 volontari operante nelle aree arretrate e martoriate dalla guerra del Paese, per la riedificazione di villaggi distrutti, per la costruzione di scuole e ospedali e per l’insegnamento delle tecniche agricole progredite ai contadini. Una tale attività appariva filocomunista agli occhi del governo e non mancarono arresti ed esecuzioni sommarie di attivisti. Nel 1964, simultaneamente alla trasformazione della General association of Vietnamese buddhists nell’Unified buddhist church of Vietnam (il Vien Hoa Dao), il maestro fondava l’Order of interbeing (Tiep Hien), termine da lui coniato per rendere la catena di cause e condizioni che nella visione buddhistica forma l’orizzonte del divenire impermanente, qui considerata sotto un profilo decisamente positivo. Di lì a poco il Thich Nhat Hanh ritornava negli Stati Uniti, chiamato dalla Fellowship of reconciliation per rendere edotto il pubblico americano sui terribili effetti della guerra, contro la quale si era battuto per anni attirandosi odi e diffidenze nei due campi avversi. Le sue posizioni emergono da una conferenza stampa del 1° giugno 1966 indirizzata al presidente Lyndon B. Johnson e al suo Gabinetto: egli richiedeva che gli Stati Uniti sospendessero i bombardamenti, riducessero o arrestassero temporaneamente le altre azioni militari e, nel caso di una risposta positiva dei Vietcong a queste iniziative, annunciassero il ritiro delle loro truppe dal Vietnam. In seguito essi avrebbero sia dovuto comprendere che la dittatura militare non era l’unica alternativa al comunismo sia sostenere il popolo vietnamita nel suo desiderio di un governo nazionalista conforme alle loro aspirazioni, non compromesso con la persecuzione dei buddhisti; questi non consideravano gli Stati Uniti come un nemico, ma come un alleato, un alleato per la pace e non per la guerra. Nel 1965 aveva scritto a Martin Luther King una lettera aperta intitolata Searching for the enemy of man, giustificando il suicidio con il fuoco di alcuni suoi confratelli, tra cui il venerabile Thich Quang Duc (1897-1963), per protestare contro la discriminazione nei confronti della maggioranza dei vietnamiti (fra il 70 e il 90% a seconda delle stime) costituita dai buddhisti, da parte del dittatore cattolico Ngo Dinh Diem. Dopo l’incontro King si impegnò a osteggiare la guerra nel Vietnam, avanzando nel 1967 la candidatura di Nhat Hanh al premio Nobel per la pace, che non gli fu conferito in quanto quell’anno non fu scelto alcun candidato. La giustificazione fornita fu che lo stesso King aveva pregiudicato la nomina preannunciandone pubblicamente l’esito. Nel 1969 Nhat Hanh ottenne il ruolo di principale esponente della delegazione per la pace della Unified buddhist church of Vietnam, che a Parigi partecipava ai colloqui destinati a porre fine al conflitto; contemporaneamente teneva lezioni alla Sorbona. In Francia fondò quello stesso anno una sua Église bouddhique unifiée. Nel 1973, una volta giunti alla pace, il maestro, considerato assieme a Chan Khong, che nel frattempo l’aveva raggiunto, persona non grata dal governo vietnamita, fu di fatto esiliato. Quando, nel 1975, ebbe luogo la riunificazione del Vietnam sotto il regime comunista trionfante, la sua situazione non mutò. Ponendo come suo quartier generale la Communauté des patates douces, situata in una fattoria non lontano dalla capitale dove teneva frequentatissimi corsi di meditazione, egli si era adoperato per organizzare aiuti ai profughi che cercavano di fuggire per mare dal Vietnam del Sud, dalla Cambogia e dal Laos, i cosiddetti boat people, desistendo alla fine a causa dell’ostruzionismo dei governi del Sud-Est asiatico coinvolti nella vicenda. Mentre il suo prestigio restava intatto, come provano i riconoscimenti internazionali che si sono susseguiti negli anni dell’esilio, la sfera d’influenza del personaggio andava restringendosi, anche perché veniva meno il ruolo pubblico della Unified buddhist church of Vietnam, fatta oggetto di dure repressioni nel tentativo di estendere il controllo, già vigente al nord del paese, alle strutture e istituzioni buddhistiche del sud. A questo fine veniva creata, nel 1981, la Vietnam buddhist church (VBC) poi ribattezzata Vietnam buddhist Sangha, organo del Fronte patriottico del Partito comunista del Vietnam e sola voce ufficiale dei buddhisti vietnamiti in patria e all’estero.

A partire dal 1982, trasferito il centro della sua organizzazione al Village des pruniers in Dordogna, il Thich Nhat Hanh è venuto accrescendo la propria attività in Occidente. Accanto ai programmi di insegnamento estivi in Francia, seguiti da 2000 persone all’anno, ha intrapreso diversi viaggi, segnatamente negli Stati Uniti, fondando 230 centri di meditazione. Lo troviamo tra i promotori della dichiarazione da parte dell’Assemblea generale dell’ONU del periodo dal 2001 al 2010 (International decade for a culture of peace and non-violence for the children of the world) e, in collaborazione con diversi assegnatari di premi Nobel per la pace tra i redattori del Manifesto 2000 dell’UNESCO sulla pratica di tali valori. I libri scritti e dettati dal maestro, che è anche poeta, sono circa 40, inclusa una voluminosa vita romanzata del Buddha, Old path white clouds. Walking the footsteps of the Buddha (1991). La sua carica rivoluzionaria, che cerca una sintesi tra le posizioni delle diverse scuole soprattutto in una ortoprassi rinnovata secondo le esigenze del mondo contemporaneo, si può cogliere dall’attenta revisione durata cinque anni dell’intero Vinaya (il minuzioso codice formato da prescrizioni ascritte al Buddha in persona che regola ogni aspetto della condotta degli asceti) da parte del Concilio dei maestri del Dharma (Dharmācārya) del Village des pruniers presieduto dallo stesso Thich Nhat Hanh. Il risultato è stato promulgato solennemente il 31 marzo 2003 alla Choong Ang Sangha university di Seoul.

Dopo trentanove anni d’esilio, nel 2005 Nhat Hanh è finalmente ritornato in Vietnam. Le sue condizioni per avvalersi del visto finalmente concesso dalle autorità, desiderose di migliorare la propria immagine presso l’opinione mondiale, comprendevano l’essere accompagnato da un seguito di duecento tra monaci e monache e la facoltà di parlare in pubblico. Ciò gli è stato accordato sotto forma di una conferenza da tenersi presso la Scuola dei quadri del Partito comunista, seguita, grazie all’approccio conciliante del maestro nei confronti dell’ideologia dominante, da una serie d’incontri coronati da un certo successo, durati quattro mesi. Un suo nuovo viaggio in Vietnam ha avuto luogo nel 2007, con una cerimonia pubblica di ‘gran compianto’ per i caduti della guerra, da lui stesso officiata. La sua intesa abbastanza cordiale con il regime ha portato a critiche da parte degli esponenti della Unified buddhist church of Vietnam, tuttora sotto attacco da parte dello Stato e considerata ormai espressione di una minoranza tra i dieci milioni di buddhisti vietnamiti.

Reincarnazione o rinascita?

Il Buddhismo asserisce la rinascita, ossia Il continuum mentale di un individuo, con i suoi istinti, talenti, e così via, proviene da vite passate e prosegue in vite future. In base alle proprie azioni e alle propensioni..

 "Nel buddhismo noi possiamo trascendere la nozione di nascita e di morte e utilizziamo il termine: ri-manifestazione".   (Thich Nhat Hanh, 20 agosto 2001).

Di volta in volta noi dobbiamo abbandonare le nostre percezioni e le nostre nozioni e conoscenze in favore di percezioni migliori, di una fede migliore. Non possiamo associarci ad una sola nozione, ad un oggetto unico della nostra fede.

All'inizio quindi è possibile che noi crediamo che il concetto di reincarnazione corrisponda all'idea che un'anima entri nel corpo. Possiamo dire che l'anima è permanente e il corpo impermamente. Allorquando ci sbarazziamo di un corpo possiamo entrare nuovamente in un altro corpo.
L'immortalità dell'anima e l'impermanenza del corpo è forse una prima nozione di reincarnazione.

Può darsi che noi cominciamo in questo modo e che iniziamo a chiamarci buddhisti: è accettato da parte di un debuttante.  Ma se continuate ad essere buddhisti dovete praticare di più, e l'idea di immortalità dell'anima deve lasciare spazio ad un'altra idea più prossima alla realtà.
Se studiate i sutra, se praticate l'osservazione della vostra "mente-cuore", vedrete che non esiste nulla di permanente nell'insieme dei cinque skanda (aggregati): il corpo, le sensazioni, le percezioni, le formazioni mentali e la coscienza.
Tutto cambia costantemente. Non esiste una sola cosa che resti identica per due istanti consecutivi.
Vedete che non solamente il corpo, ma anche l'anima è impermanente, perché anche l'anima è composta da elementi, come le sensazioni, come le percezioni, come le formazioni mentali e come la coscienza.
Al di fuori di questi elementi non vi è nulla che voi possiate chiamare "anima".
L'idea di immortalità dell'anima deve quindi essere rimpiazzata e la vostra comprensione di reincarnazione sarà più prossima alla realtà.

Chiamiamo buddhismo popolare il buddhismo della masse. Ma se continuate, entrate in un altro buddhismo, il buddhismo profondo, ed è il territorio dell'esplorazione. In conseguenza di tale esplorazione siamo più prossimi alla realtà di noi stessi e del Dharma. L'idea di reincarnazione è ancora là, ma la nostra comprensione è differente. Re-in-carn-azione: "carn" è la carne. L'idea consiste nel fatto che vi sia un'anima, un corpo, e l'anima penetra nel corpo. 

Nel buddhismo noi non utilizziamo il termine reincarnazione ma la parola "rinascita", questo perché la nozione di reincarnazione implica l'esistenza di un'anima immortale che entra e esce dal corpo e poi entra di nuovo in un altro corpo.
Non esiste niente di simile a questa anima immortale che esce da un corpo per entrare in un altro.

L'utilizzazione del termine rinascita è percepita come qualcosa di inadeguato perché anche la parola "nascita" rappresenta qualcosa che non esiste veramente, se siamo capaci di toccare la realtà della non-nascita e della non-morte.
Essere, infatti, non significa che a partire da *niente* diventiamo qualche cosa e che a partire da quel *qualche cosa* ridiventiamo niente quando muoriamo.
Esisto per tanti anni e tutt'a un tratto cesso di esistere: questa è la nozione comune di morte e di nascita. Ma osservando bene ed a fondo ciò che ci circonda vediamo chiaramente che proprio niente funziona così.
C'è un fiore, e noi pensiamo che è qualcosa che viene dal niente.
Ma prima della sua nascita il fiore esiste sotto un'altra forma.
Nel buddhismo possiamo trascendere la nozione di nascita e di morte e utilizziamo il termine "RIMANIFESTAZIONE".
La nascita del fiore è un giorno di rimanifestazione.
Il fiore era quindi già lì, sotto una certa forma, ma noi non eravamo capaci di riconoscerlo.

Vishnapti vuol dire manifestarsi in modo tale che le persone possano riconoscere e percepire.
L'idea di manifestazione implica l'idea di una manifestazione anteriore. Questa cosa è sempre là. Se le condizioni sono sufficienti, allora questa cosa può nuovamente rimanifestarsi. E, quando vediamo le cose manifestarsi, diciamo che sono nate, ma in effetti esse non sono nate, ma si sono manifestate. Questo perché essere nati significa essere nati dal nulla. Invece qualcosa esisteva prima che avvenisse la manifestazione.  Le nozioni di nascita, di esistenza, di venire, di comparire sono nozioni che noi applichiamo a una cosa *dopo* che essa si è manifestata. Prima della manifestazione di questo fiore noi non lo vediamo. Allora noi diciamo: il fiore non è ancora nato. E quando invece si manifesta, allora noi diciamo: il fiore è nato, è arrivato.

Essere nato, essere venuto al mondo significa essersi manifestato , allora, quando il fiore - a causa di una mancanza di condizioni necessarie - cessa di manifestarsi noi diciamo che non esiste più.
Quindi tutte le nozioni come la nascita, la morte, l'esistere, il non esistere, arrivare, partire, tutte queste nozioni devono essere trascese. La realtà è al di fuori di queste nozioni.
Dal momento che studiamo il buddhismo e pratichiamo la visione profonda noi ci liberiamo di tutte queste idee.  Noi abbiamo sempre un credo [in questo caso potrebbe essere tradotto indifferentemente come fede, credenza, opinione, ma userei qualcosa come convinzione-visione, qualcosa su cui fare affidamento] ed essa è istante dopo istante sempre più solida e nessuno può privarcene, perché il nostro credo non è fatto di nozioni ma di realtà.

All'inizio possiamo credere alla reincarnazione, e grazie a questo credo avete l'impressione di trovarvi su una certa strada, ma, quando cominciate a praticare, la vostra idea della reincarnazione cambia.
All'inizio avete l'idea di questa anima immortale che entra in un corpo e che ne esce per poi entrare in un altro. Ma appena osservate profondamente all'interno e all'esterno comprendete che questa nozione è un po' naïve. Quindi trascendete questa nozione ed anche la vostra fede si sviluppa.

Poiché il credo della vostra fede è basato sull'osservazione veritiera, voi avrete sempre la vostra fede che continua a portarvi della gioia, e sapete che anche se la vostra opinione domani cambierà voi non avrete paura perché vi state avvicinando sempre di più alla realtà.

Non vi è alcun pericolo di non avere più un vostro credo perché voi avete deciso di essere uno con la realtà. Se invece decidete di attaccarvi ad un concetto rischiate davvero di dover poi dubitare e allora, piomberete nel buio dell'assenza di fede e questo è un momento molto difficile da vivere in un'esistenza umana.

Dal sito di Gianfranco Bertagni:  http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/buddhismo/reincarnazione.htm 

Vedere anche: https://studybuddhism.com/it/buddhismo-tibetano/il-sentiero-per-l-illuminazione/karma-e-rinascita/cos-e-la-rinascita

https://studybuddhism.com/it/studi-avanzati/lam-rim/impermanenza-e-morte/il-tema-della-rinascita-nel-buddhismo

Buddhismo e buddhismi

Gli insegnamenti del Buddha, hanno segnato il destino intellettuale e spirituale dell’Asia. Molte scuole si sono formate differenziandosi sia nella dottrina sia nella prassi sotto numerosissimi aspetti.

Sri Lankha. Molti dotti occidentali come Elena Petrovna Blavatskij (1831-1891) e Henry Steel Olcott (1832-1907), aderirono formalmente al buddhismo e in particolare al Sangha di Sri Lanka 1880. Olcott cercò di ridare respiro alla cultura tradizionale a Colombo e Kandy. David Hewavitarne (1864-1933), divenne monaco con il nome di Dharmapāla e cercò di far affermare il buddhismo al di là dei suoi confini. Nel 1950, veniva fondata a Colombo, sotto gli auspici governativi, la World fellowship of buddhists (WFB), con una decisione sottoscritta dai delegati di 27 nazioni. Il primo presidente fu George Pieris Malalasekera (1899-1973. Dal 1963 la sede della WFB si è trasferita a Bangkok. Nel 1998, venne creata la World buddhist university (WBU). La WFB presenta una struttura imponente, che conta 15 vicepresidenti, con diversi plessi radicati in tutto il mondo (è recente l’istituzione in Tanzania d’un centro regionale per la diffusione del buddhismo in Africa). 

Sempre a Colombo viene fondato nel maggio 1966 il World buddhist sangha council (WBSC), destinato ad affiancare la WFB specialmente nei rapporti e scambi fra le diverse comunità monastiche. Nel 1967, a coronamento del suo primo Congresso, il WBSC promulgava una dichiarazione sui Basic points unifying the Thēravāda and the Mahāyāna, ricorrendo significativamente al lessico sanscrito proprio del Mahāyāna nella recensione in lingua occidentale. I principi sono di seguito elencati:

  • «Il Buddha è il nostro primo Maestro. 
  • Prendiamo rifugio nel Buddha, nel Dharma (il complesso delle dottrine da lui insegnate) e nel Sangha (la comunità dei monaci).
  • Se Dio abbia creato e/o governi il mondo è questione che non tende all’edificazione.
  • Consideriamo fine della vita lo sviluppare la compassione per tutti i viventi senza distinzione e l’operare per il loro bene, felicità e pace, nonché lo sviluppare la saggezza che conduce alla realizzazione della Verità ultima.
  • Siamo guidati dalle quattro nobili verità – la verità sul Duḥkha (il disagio esistenziale), la verità sul sorgere del Duḥkha, la verità sulla cessazione del Duḥkha, la verità sul sentiero che mena alla cessazione del Duḥkha – e dalla legge di causa ed effetto, il Pratītyasamutpāda (il con-sorgere dei fenomeni in presenza di cause e condizioni).
  • Asseriamo che tutti i saṃskāra (le cose condizionate) sono anitya (impermanenti) e duḥkha e che tutti i dharma (le cose condizionate e incondizionate, incluso il Nirvāna) sono anātman (senza sé o non sé).
  • Accettiamo i trentasette bodhipakṣadharma (le qualità che conducono all’Illuminazione) come aspetti diversi della via insegnata dal Buddha che mena all’Illuminazione.
  • Vi sono tre modi d’attingere la Bodhi (l’Illuminazione): come śravaka (uditore, discepolo che l’attinge grazie all’insegnamento altrui), come pratyekabuddha (Buddha per uno che l’attinge per sé stesso e non la insegna ad altri) e come Saṃyaksambuddha (Buddha perfettamente e totalmente illuminato, che l’attinge per sé stesso e la insegna ad altri). Accettiamo come ideale più elevato, più nobile ed eroico il seguire la carriera d’un Bodhisattva (dalla mente tesa all’Illuminazione, un futuro Buddha) e divenire un Saṃyaksambuddha al fine di salvare gli altri.
  • Ammettiamo l’esistenza di differenze in credenze e pratiche buddhistiche in diversi Paesi. Tali forme ed espressioni esteriori non vanno confuse con gli insegnamenti essenziali del Buddha».

Queste iniziative mirano a identificare un minimo comune denominatore tra i diversi ‘buddhismi’ – qui rappresentato dai capisaldi più significativi del Thēravāda, ultima sopravvissuta delle diciotto scuole buddhistiche antiche. I risvolti politici del WBSC appaiono anche dal fatto che alla sua presidenza onoraria sia stato posto un prestigioso esponente dell’establishment buddhistico della diaspora cinese, il venerabile maestro del Dharma Wu Ming.

Negli Stati Uniti gli immigrati dalle diverse zone dell’Asia, che formano la massa dei buddhisti statunitensi (l’80% dei circa sei milioni di persone che si riconoscono tali nei censimenti effettuati sui gruppi religiosi americani), non sembrano sentirne il bisogno di fare riferimento ad una organizzazione internazionale e s’accontentano di far capo a strutture confessionali interne alle rispettive tradizioni delle loro comunità, come l’imponente organizzazione nazionale delle Buddhist churches of America (BCA) che raccoglie i seguaci della scuola della Vera pura terra di Amitābha (Jōdo Shinshū). Le BCA aderiscono direttamente alla WFB; ma ve ne sono, moltissime che l’ignorano.

In Europa è stata fondata nel 1975 la European buddhist union (EBU), che abbraccia comunità e istituzioni buddhistiche d’ogni appartenenza. In origine destinata a raccogliere soltanto l’adesione di confederazioni nazionali – come la Deutsche buddhistische Union E.V. (DBU, fondata nel 1955), la Österreichische buddhistische Union (fondata nel 1976) e l’Unione buddhista italiana (UBI, fondata nel 1985) e riconosciuta dallo Stato italiano con intesa stipulata nel 2007.

Il Friends of the western buddhist order (FWBO) è stato fondato nel 1967-68 a Londra da Dennis Lingwood. Dopo il suo rientro in patria dall’India dopo una serie di iniziazioni al Thēravāda e al Mahāyāna tibetano, ha tentato una sintesi(un sincretismo) tra le diverse esperienze proponendo una versione occidentale del buddhismo.  Un altro alfiere di questa tendenza è lo scozzese Stephen Batchelor, ordinato monaco nella tradizione dei Gelugpa tibetani nel 1978 dopo un duro noviziato – durato otto anni a Dharamshala e in Svizzera. Traduttore dal tibetano e dal coreano e autore del brillante pamphlet che porta il significativo titolo di Buddhism without beliefs. A contemporary guide to awakening (1997), questo ‘buddhista agnostico’, come si autodefinisce, relativizza la maggior parte delle concezioni su cui poggia la visione del mondo delle diverse scuole che si rifanno al Buddha.

I membri effettivi del FWBO ricevono un’iniziazione e s’impegnano a uno stile di vita a metà tra quello tradizionale dei bhikkhu e quello dei laici. Si noterà che, anziché presentarsi come upāsaka (così normalmente nel lessico buddhistico vengono detti i laici), questi ‘buddhisti occidentali’ preferiscono essere chiamati dharmacārin (praticante del Dharma).

La branca indiana del FWBO ha rilevante importanza tra quelle, sempre più numerose, che si sono formate via via in Occidente, in Oceania e nell’Asia meridionale.  Lingwood durante il suo soggiorno indiano aveva incontrato Bhimrao Ramji, poi Babasaheb Ambedkar (1891-1956), uno dei padri della Costituzione dell’India, fondatore dell’Independent labour party e fiero nemico della società tradizionale basata sulle caste – essendo egli stesso un appartenente alla stirpe degli ‘intoccabili’ mahar. Ambedkar ha fondato la Buddhist society of India nel 1955 e  si è fatto iniziare al Thēravāda il 14 ottobre 1956, portando con sé un seguito di quasi mezzo milione di seguaci.  The Buddha and his Dhamma (1957) è il suo testamento spirituale. I seguaci del Navayāna (nuovo veicolo) sarebbero circa cinquanta milioni secondo le stime dei portavoce del movimento, meno di dieci secondo i suoi avversari; il censimento è reso difficile dal fatto che perlopiù continuano a essere registrati all’anagrafe come hindu. Accanto a un esplicito rifiuto dei tradizionali culti indiani e della fede nelle ‘incarnazioni’ di Dio , coloro che pronunciano i ventidue voti dettati da Ambedkar si impegnano a credere nell’eguaglianza tra tutti gli esseri umani e a lottare per stabilirla, oltre ad adottare il Dhamma del Buddha (il termine è in lingua pāli e sottolinea l’appartenenza al Thēravāda) come sola vera religione. Non mancano incidenti con esplosioni di violenza popolare; l’ultima risale al 2006. Chi contesta la figura e gli scritti di Ambedkar talora è minacciato di morte dagli estremisti che si fanno chiamare buddhist panters. Vi sono organizzazioni buddhistiche indiane, che si rifanno espressamente ad Ambedkar, le quali aderiscono alla WBF.

Nel 2007 vi sono state nel Regno Unito interrogazioni parlamentari che hanno espresso preoccupazioni sul presunto carattere settario del FWBO, così come di altri movimenti buddhistici, quali la Soka Gakkai international (UK) e la New Kadampa tradition, che reclutano con successo i loro adepti fra i sudditi britannici, tutti coordinati dal Network of buddhist organisations (UK) (NBO), fondato nel 1993. Il NBO è stato accolto come membro dalla European buddhist union apparentemente sullo stesso piano del FWBO: il che fa pensare che quest’ultimo abbia conservato una certa indipendenza nei confronti del primo.

Il Dalai Lama ricopre un ruolo rilevante nel coordinare e unificare il frammentatissimo panorama delle scuole buddhistiche. Le tappe della vita e delle vicissitudini di tale carismatica figura sono ben note: Lhamo Dondup venne riconosciuto all’età di tre anni come quattordicesimo tülku del Bodhisattva Avalokiteśvara nel ruolo di Dalai Lama. Fu educato nel palazzo-monastero di Potala a Lhasa, venendo da allora in poi designato con gli epiteti onorifici di Jetsun Jamphel Ngawang Lobsang Yeshe Tenzing Gyatso. Il suo insediamento ufficiale ebbe luogo il 17 nov. 1950, un mese dopo l’ingresso in Tibet di un corpo di spedizione cinese di 80.000 uomini. Il nuovo capo di Stato convisse faticosamente con il dominio cinese fino a che fuggì in India (marzo 1958) con un piccolo seguito che, negli anni successivi, venne ingrossandosi fino a contare 85.000 persone. 

Javaharlal Nehru, mentre garantiva a Pechino che l’esule non si sarebbe più occupato di politica, lo sostenne nella formazione di un governo tibetano in esilio. Nel giugno 1959 il Dalai Lama faceva appello all’ONU, in cui invitava a rispettare, così come a non pregiudicare, i diritti umani della sua popolazione. La risoluzione  del 1961 esprimeva allarme per l’esodo dei tibetani e tornava a invitare con forza al rispetto dei loro diritti umani, incluso quello di autodeterminazione. Dopo che la Repubblica popolare cinese all’ONU ha preso il posto della Repubblica di Cina, ridotta a Taiwan, nel 1971 non vi sono state altre prese di posizione da parte dell’Assemblea. L’India, ammise nel 1954 che il Tibet fosse «una regione della Cina», riconoscendone implicitamente la sovranità. Il Dalai Lama, allocato dal governo dell’India a Dharamshala, stilava nel 1955 una Charter of Tibetans in exile. Fino a oggi il Dalai Lama ha compiuto circa 90 viaggi ufficiali, ricevendo lauree honoris causa e onorificenze in numerosi Paesi, conferendo a decine di migliaia di occidentali iniziazioni – segnatamente connesse alla pratica della Mahāmudrā e alla scuola tibetana del Kālacakra – e sovrintendendo alla diffusione delle diverse scuole tibetane, cominciando da quelle della tradizione dei Gelugpa.

Negli Stati Uniti, ha fondato la Foundation for the preservation of the Mahayana tradition (FPMT). Nel 1987 il Dalai Lama ha stilato un Five point peace plan for Tibet, chiedendo: a) la trasformazione dell’intera regione in zona demilitarizzata; b) la cessazione dell’immigrazione massiccia dalla Cina di popolazione Han, mirante a trasformare i tibetani in una minoranza sotto tutela; c) il rispetto dei diritti umani dei tibetani e delle loro libertà democratiche; d) la cessazione dell’uso cinese del Tibet come pattumiera nucleare; e) l’inizio di negoziati con la Cina per arrivare ad una autonomia del Tibet.

Nel 1989 gli venne conferito il premio Nobel per la Pace. Nella documentazione relativa a questa onorificenza gli veniva riconosciuto il ruolo di «capo spirituale e temporale del popolo tibetano», e veniva menzionato per i suoi ripetuti contatti con le autorità religiose di tutto il mondo, sottolineando in particolare i suoi colloqui con Paolo VI, nel 1963, e con Giovanni Paolo II.  Il Dalai Lama tracciava così le linee di un umanesimo universale in cui il retaggio del Buddha è importante, ma tutt’altro che esclusivo. La visibilità internazionale del Dalai Lama si è accresciuta nel tempo soprattutto in Italia, Inghilterra, Francia e Belgio. Nel 2009 è stato insignito della cittadinanza onoraria di Roma e di Venezia. Ha partecipato a sedute plenarie del Parlamento europeo.

Nel Sud-Est asiaticoè presente il buddhismo Thēravāda. Solo nella Thailandia, dove la società si è evoluta senza drammatiche fratture, lo status del Sangha conserva gran parte dell’antico prestigio: la monarchia continua a sostenerlo e a esserne sostenuta. I bhikkhu – possono ritornare allo stato laicale – godono di privilegi come, per es., il trasporto gratuito sui mezzi pubblici, ma vige per essi il divieto di votare e candidarsi a ricoprire ruoli politici. Si registra la presenza di leader monacali con un certo peso nell’opinione popolare come Mongkol Rakpong. Nella sua autobiografia, Truths about my life (1993), egli si presenta come un Bodhisattva con una certa carica di sincretismo.  Il buddhismo thailandese ha avuto molti rapporti con il potere politico in varie occasioni. Il movimento, impegnato nell’istruire i contadini nell’agricoltura alternativa e nel predicare un’ideologia basata sul ‘meritismo’ opposto al capitalismo, ha avuto parte attiva nel Phalang Tham (Partito ‘della Forza del Dhamma’) fondato nel 1988 dall’ex generale Chamlong Srimuang. Una importante scuola è quella della Tradizione della selva. Si tratta di un movimento ascetico originariamente promosso dal monaco Sao Kantasila (1861-1941) e dal suo allievo Mun Bhūridatta (1870-1949).  La disseminazione in Occidente degli insegnamenti di questa scuola si deve a un discepolo di Bhūridatta, Bodhiñāna, più noto come Chah (1918-1992). Dopo avere accolto nel 1966 tra i suoi allievi l’americano Robert Jackman, divenuto bhikkhu con il nome di Luang Por Sumedho, l’anno seguente, il maestro Chah, coadiuvato da costui, cominciò a insegnare a un numero crescente di occidentali, fino a fondare, nel 1975, per accoglierli il Wat Pah Nanachat (Pagoda internazionale della selva). Gli anni successivi li videro viaggiare in Europa, in America e in Oceania, dove sono stati fondati diversi monasteri.

Il buddhismo in Birmania. Esponente del Thēravāda birmano è il famoso maestro Sobhana Mahāthēra (1904-1982), ha creato la scuola della Vipassanā; i centri di meditazione che ne prolungano l’insegnamento sono presenti in tutto il territorio birmano, con più di mezzo milione di praticanti, e all’estero. E' considerata una ‘via birmana al Socialismo’ ed anche Aung San Suu Kyi ha seguito queste pratiche.  Anche qui il buddhismo è legato alla politica; nel settembre-ottobre del 2007 la cosiddetta rivoluzione (in abito color) zafferano (saffron revolution) ha visto i bhikkhu partecipare, sovente nel ruolo di coprotagonisti con laici. Il governo ha listituito nel 1990  uno State Sangga maha nayaka committee che permette di condannare senza esitazioni i bhikkhu sospetti di simpatie antigovernative, dopo averli ridotti allo stato laicale.

La Repubblica popolare cinese fin dalla sua nascita (1949) ha in larga misura osteggiato, in nome dell’ateismo di Stato, le diverse scuole buddhistiche presenti da secoli nel Paese. Fra il 1966 e il 1967 la rivoluzione culturale lanciata da Mao Zedong si accanì tra l’altro contro quel che restava delle strutture buddhistiche cinesi, producendo guasti irreparabili a templi e santuari. Nel solo Tibet i monasteri distrutti furono più di duemila. Ciò era in armonia con la condanna di tutte le forme di religione, accusate di aver causato pregiudizio alla Cina, e il divieto d’ogni pratica a esse relativa. Morto Mao Zedong, nel 1976, ed esauritasi la rivoluzione culturale, la trentennale politica di lotta al buddhismo è stata ufficialmente abbandonata. La nuova Costituzione della Repubblica popolare cinese, con successivi aggiornamenti ed emendamenti) dichiara che «lo Stato tutela i legittimi interessi e diritti delle minoranze nazionali» (art. 4) e sancisce la libertà di credenze religiose». L’eventuale egemonia straniera su organizzazioni e affari di natura religiosa in Cina è formalmente esclusa (art.36). Le statistiche ufficiali parlano dell’8% della popolazione è buddhsita, mentre i simpatizzanti sono in numero assai maggiore. A fini di promozione d’immagine presso gli stranieri molti monasteri sono stati ricostruiti o eretti ex novo, come quello di Nanshan sull’isola di Hainan, terminato nel 1998, e sono divenuti mete turistiche.

A partire dal 1953 tutte le attività buddhistiche dei gruppi di monaci e laici sono state assoggettate al coordinamento della China buddhist association, impegnandone gli aderenti al perseguimento della lotta di classe sotto la guida del Partito comunista cinese. A partire dal 1983, la sua parola d’ordine è stata «coniugare il Ch’an con i lavori agricoli», ponendo sotto questa etichetta qualsiasi attività produttiva rivolta al bene della società: accanto all’esercizio della coltivazione vera e propria, i monasteri sono invitati a creare fabbriche, cliniche e a praticare il commercio.  Ci sono stati molti episodi di repressioni verso i monaci che non erano allineati con la politica governativa (come ad esempio Xu Zhiqiang, il maestro Jiequan, il maestro Shengguan).

A Formosa (Taiwan), dove il governo del Kuo Min Tang si era rifugiato nel 1949, la Buddhist association of the Republic of China è sopravvissuta come unico punto di riferimento dei buddhisti emigrati dal continente. POi cìè stato una ripresa dello sviluppo del buddhismo dal basso. Oggi sono circa 8 milioni (le statistiche ufficiali parlano del 34% della popolazione), di cui 30.000 hanno abbracciato lo stato monacale. Una figura importante in questo processo è stata un esponente della Scuola della pura terra e del Ch’an: il maestro del Dharma Yin Shun (1906-2005) ed autore del testo The Buddha in this world. Tra i suoi discepoli la venerabile maestra Cheng Yenha posto le basi della Buddhist compassion relief (Tzu Chi) foundation, le cui monache rifiutano di ricevere donazioni nel modo tradizionale, tramite la questua e la recitazione dei sūtra, e lavorano per guadagnare risorse destinate all’aiuto delle famiglie non abbienti.  Il movimento conta più di 5 milioni di sostenitori, centocinquanta monache e 30.000 ‘commissari’ laici (solo il 30% maschi) sparsi per il mondo: attività caritatevoli; contributi alla medicina; sviluppo dell’educazione; umanitarismo; assistenza nelle calamità naturali; donazione di midollo; volontariato e riciclaggio. Cheng Yen ha anche dato alle stampe alcuni saggi, tra i quali Still thoughts (1996); The thirty-seven principles of enlightenment (1999) e Three ways to the pure land (2001).   Le tecniche di ‘Ch’an in moto’ insegnate in tali istituzioni affiancano alla meditazione in posizione assisa elementi tratti dal Qigong.

Il Vietnam. Considerato da molti la voce più importante del buddhismo contemporaneo dopo il Dalai Lama: il maestro vietnamita Thich Nhat Hanh (1926-2021) è uno dei massimi esponenti del buddhismo in Vietnam. Fattosi monaco nel 1949 divenne direttore dell’organo ufficiale della General association of Vietnamese buddhists (GAVB) costituita nel 1951 che poi fù chiusa. Veniva istitutita l'Association of unified Vietnamese buddhists, creata sul modello cinese, che garantiva il controllo del Partito comunista su strutture e istituzioni buddhistiche nella neonata Repubblica del Vietnam. Una sua discepola Cao Ngoc Phuong, ritornata allora in patria crea, con un gruppo di professori e studenti, la School of youth for social service, un corpo di 10.000 volontari operante nelle aree arretrate e martoriate dalla guerra del Paese, per la riedificazione di villaggi distrutti, per la costruzione di scuole e ospedali e per l’insegnamento delle tecniche agricole progredite ai contadini. Una tale attività appariva filocomunista agli occhi del governo e non mancarono arresti ed esecuzioni sommarie di attivisti. 

Thich Nhat Hanh prima andò negli Stati Uniti, si incontrò con Martin Luther King, denunciò i terribili effetti della guerra, contro la quale si era battuto per anni attirandosi odi e diffidenze nei due campi avversi. Nel 1967 fù candidato al premio Nobel per la pace, che non gli fu conferito in quanto quell’anno non fu scelto alcun candidato. Costitui la Communauté des patates douces, situata in una fattoria non lontano da Parigi dove teneva corsi di meditazione.  In Vietnam La Unified buddhist church of Vietnam, fu fatta oggetto di dure repressioni e contemporaneamente veniva creata, nel 1981, la Vietnam buddhist Sangha, organo del Fronte patriottico del Partito comunista del Vietnam e sola voce ufficiale dei buddhisti vietnamiti in patria e all’estero. A partire dal 1982, Thich Nhat Hanh ha trasferito la sua organizzazione al Village des pruniers in Dordogna. Accanto ai programmi di insegnamento estivi in Francia, seguiti da 2000 persone all’anno, ha fondato 230 centri di meditazione in America. Dopo trentanove anni d’esilio, nel 2005 a Nhat Hanh è stato concesso di ritornare in Vietnam.

Riferimento: https://www.treccani.it/enciclopedia/buddhismo-e-buddhismi_%28XXI-Secolo%29/

BuddhaNet’s eBook library, http://www.buddhanet.net/

Buddhist publication society, http://www.accesstoinsight.org/lib/

sabato 27 maggio 2023

Incontro con Yogaswarupananada all'Accademia Yoga 1969

Swami Yogaswarupananda è il Presidente della “Divine Life Society” di Rishikesh (India) ed uno dei monaci più anziani di questa istituzione yoga caritatevole, fondata nel 1936 dal grande maestro Swami Sivananda Saraswati. Nell’ashram di Rishikesh c'è un ospedale (i servizi offerti sono completamente gratuiti), una casa editrice (la Vedanta Forest Academy), scuole per i meno abbienti e nelle vicinanze un lebbrosario.

Swami é un profondo conoscitore dei testi sacri e di tutti gli aspetti dello Yoga, sia degli aspetti filosofici che di  quelli pratici (hatha yoga, pranayama, meditazione, ecc.). Dopo aver trascorso i suoi primi 45 anni dedicati alla ricerca spirituale, senza mai spostarsi dall’India, ha iniziato a viaggiare per divulgare i principi e la disciplina yoga  nella società moderna che ha fatto del materialismo un fondamentale pilastro su cui sorreggersi, spesso a scapito di principi universali come la pace interiore, principio alla base di una convivenza sociale sana.

Sri Swami Yogaswarupananda insegna yoga presso l’Accademia Reale del Nepal, tiene corsi sulla Bhagavad Gita presso la Yoga Vedanta Forest Academy di Rishikesh, e autore del testo “Guida pratica allo Yoga”.
Il 12 maggio, il giorno del compleanno di Giorgio Furlan (il fondatore dell'Accademia morto il 6 novembre 2021) Swami è intervenuto all'Accademia Yoga ed ha sottolineato come attraverso l'applicazione dei principi universali dello yoga, si possa riequilibrare la propria vita nella società contemporanea.  “Lo Yoga è una scienza sacra e la sua pratica è essenzialmente un processo spirituale, anche se basato sul corpo fisico, sul respiro e sul controllo della mente. Lo scopo di questa scienza è di aiutare l’umanità a raggiungere la pace e la gioia."   Occorre servire Dio attraverso lo yoga. 

La Baghvad Gita è un libro necessario per il successo nella vita e la realizzazione spirituale. E' composto da 18 capitoli. Nel 3 capitolo verso 42 "Si dice che i sensi trascendano gli oggetti sensibili, che la facoltà mentale trascenda i sensi, che la facoltà intellettuale trascenda la facoltà mentale. Ma colui che è al di là della facoltà intellettuale, è esso". Il corpo ha sei aspetti: nasce, muore, cresce, diminuisce, vive esperienze buone e cattive, Ma noi non siamo solo il corpo, quando dormo non c'è corpo, non c'è mente.   La mente è la coscienza. Oltre il corpo ci sono i sensi, oltre i sensi la mente, oltre la mente l'intelletto, oltre l'intelletto la consapevolezza (la coscienza).  Solo gli esseri umani possiedono l'intelletto che permette di avere la possibilità di discriminare.   La mente è chiamata manas quando si collega ai sensi, con la discriminazione la chiamiamo buddhi; il terzo stato è l'ego (ahamkara), in questo stato si dice: io sono il corpo, io sono un indiano, io sono un padre, ecc,  il quarto stato è chitta, il magazzino della memoria, che acquisisce dati. Nel sonno non abbiamo percezione del passato e del futuro.    
Andare oltre i limiti della materia è definito Yoga. Lo yoga è la strada per superare tutte le sofferenze fisiche, dei sensi, mentali, intellettuali. La meditazione è la strada per andare oltre corpo, sensi, mente, intelletto.  Niente passato, niente futuro, solo presente. 

Attraverso il mantra ripetiamo suoni positivi.  Pronunciando i mantra e concentrandosi sull'ombelico, piano, piano si arriverà a livelli profondi di coscienza.
 Il mantra Om Namah Shivaya significa “Mi inchino con profondo rispetto; salute a te, Shiva!”
(Namah in sanscrito significa abbandonarsi, arrendersi; Shivaya fa riferimento a Shiva, il Dio della dissoluzione, più che della distruzione, è il simbolo della fine e del corrispondente nuovo inizio).
 Altro significato: "io saluto l'assoluta luce della coscienza". 
Il mantra dedicato a Shiva è composto da sei sillabe (le più importanti secondo il pensiero filosofico indiano): Om, Na, Mah, Si, Va, Ja.  ** Vediamo nel dettaglio i loro significati.
- Om è la sillaba sacra, il suono originale da cui tutto ebbe inizio.
- Na appresenta la Terra, le radici (che corrispondono alle nostre gambe che supportano il corpo)
- Mah rappresenta l’elemento Acqua, corrispondente allo stomaco e, quindi al mondo manifesto.
- Si è il Fuoco, che troviamo nel nostro corpo nella zona delle spalle, corrisponde anche a Shiva Nataraja, il signore della danza.
- Va è l’elemento Aria, che trova corrispondenza nella zona della bocca.
- Ja, o Ya (come troviamo scritto nell’inno a Rudra dello Yajurveda) è lo Spazio, rappresentato nel corpo fisico come gli occhi, ovvero il simbolo dell’anima individuale.

Altri mantra sono:   OM Namo Narayanaya      e     Ram Ram Ram.
Om Namo Narayanaya è un antico mantra vedico. E' cantato con l'intenzione di inviare effetti positivi a tutte le persone del mondo. Può essere usato come un canto per la pace, la salute e la felicità per tutti. I “sadhu”, ovvero coloro che nel subcontinente indiano si dedicano alla pratica della vita ascetica, usano per esempio salutarsi con la frase “om namo narayanaya”, vale a dire: “Gloria a Dio che si manifesta in te”.
Il  mantra Ram Ram Ram prende il suo nome dalla divinità Rama, che rappresenta colui che riporta ordine nel mondo… ma non solo. Rama infatti è anche la divinità che porta l'armonia, il bene, la lealtà, la verità e l'equilibrio.  Significato del mantra Ram è: Ram è la verità totale, come la terra e l'universo è.  Ram è "la Luce dentro di me, la Luce del mio cuore".       Tutti i sacri misteri vengono dal mantra Ram:  Ram Ram Ram ( Dio Dio Dio ).
Aum  è composto da 3 lettere, i tre aspetti della mente: veglia, sonno, sonno profondo.
 
Lo yoga è comune a tutte le religioni ed è la rimozione della sofferenza. Lo yoga è ciò che rimuove le limitazioni. Noi siamo quella consapevolezza pervadente, per questo ripetere il suono di Dio permette di andare oltre le limitazioni. 
Ci sono tante definizioni dello yoga, ma tutti i vari tipi di yoga dovrebbero portare alla meditazione, ossia portare la mente verso l'interno, in meditazione siamo in piena consapevolezza. Il terzo occhio è la mente, la consapevolezza. "Io sono quello" è il messaggio e il contenuto filosofico del Vedanta.
 
Sivananda ha scritto 565 libri sullo yoga (sono stati scoperti molti testi inediti dopo varie ricerche che sono terminate nel 2010).  Sotto ci sono i maestri che sono stati ospiti all'Accademia Yoga 1969

La felicità - Mauro Bergonzi

Dalle conferenze del prof. Mauro Bergonzi.-

Alla domanda: Sei felice?  Di solito si risponde:   No, perché...    lo sarei se soltanto...     Si, ma...
Le tre risposte hanno in comune che la felicità dipende da condizioni esterne, se riuscissimo a cambiarle forse potremmo essere felici.
Ciò corrisponde alla storiella del re che fece foderare di cuoio tutte le strade del regno, invece di comprare dei sandali.
Gli eventi esterni sono al di fuori del  nostro controllo, e la felicità, seguendo questa via, diventa irraggiungibile. Però, il rapporto con gli eventi esterni può cambiare. La felicità non è il piacere, felicità e piacere sono due cose diverse.
Quando siamo felici proviamo pace, appagamento, completezza. Il desiderio per arrivare al piacere, invece, è sofferenza e mancanza. In Occidente c’è questa relazione:  desiderio = appagamento e piacere;   Se per un po' di tempo riuscissimo a mettere da parte il desiderio, potrebbe emerge la nostra natura di completezza. Ogni desiderio tende all’autodistruzione  per arrivare alla completezza. Aristofane quando parla di Eros, descrive l’uomo con quattro braccia e quattro gambe che era diventato così presuntuoso, che un giorno Zeus decise di dividerlo in due, ed adesso l'uomo passa la sua vita a cercare di trovare la parte mancante, l’anima gemella per arrivare alla completezza.

A volte, quando siamo a contatto con la natura, e siamo particolarmente tranquilli,  proviamo un senso di infinito e di eternità,  uno sprazzo momentaneo di felicità. 
Anche nella nostra esistenza non felice, la felicità c’è, traspare sempre e a volte può emergere per brevi periodi. 
Al dolore, la mente reagisce, si lamenta, occlude lo spazio del cuore e il dolore diventa insopportabile.
Se la mente, invece, si aprisse all’esperienza del dolore, si potrebbe aprire un varco alla felicità, e poi ci potremmo sentire appagati e felici.  
Dovremmo cercare di osservare un desiderio così come è: una semplice energia che si muove nell’ampio spazio del nostro cuore e quindi diventa una danza gioiosa di energia.
Soltanto un cuore aperto può amare. L’amore o è gratuito o non è amore. Noi pensiamo che siamo esperienza, invece siamo sempre presenti con il nostro vero Sé.
Che cosa c’è sempre nella nostra vita quotidiana?   L'Esistenza –  la Coscienza, il sapere di esserci,  Amiamo esserci e amiamo esistere. Nel Vedanta questo è:  Sat = esistenza,  Cit = Coscienza,  Ananda = beatitudine e felicità, amore come completezza, essere ed essere coscienti di esserci.
L'amore di sé è egoismo ed è una visione sminuita relativa a corpo e mente. Il pensiero ci convince che siamo questo corpo e questa mente. Invece, noi siamo la felicità, ed in questo caso collassa l’idea della felicità esterna a noi.

La liberazione - Mauro Bergonzi

"Chi sono io? Sono un punto nero su uno sfondo bianco o uno sfondo bianco con un puntino nero?" - Ivan Illich.

Il sutra del cuore – il sapore della vacuità, la liberazione dalla sofferenza.  Spiegato da Mauro Bergonzi..

Avidya significa non vedere, inconsapevolezza, non vediamo come sono veramente le cose, ci attacchiamo e soffriamo. L’attaccamento è impossibile, tutto è impermanente, è impossibile attaccarsi ad un oggetto o ad una persona.   Grazie ad avidya l’universo è visto come un’unità permanente e solida, crediamo che le cose siano entità solide dando vita ad angoscia e sofferenza. Occorre decostruire questa visione della realtà. Tutto ciò che nasce, muore. E' difficile attaccarsi a qualcosa, i nomi sono associati a cose messe insieme, l’universo è interamente interattivo, esiste una rete di relazioni, dove ogni cosa condiziona ed è condizionata da altre cose. Il concetto di entità solide e separate non esiste, il mondo non è fatto di cose ferme e statiche.

Il concetto di un "Io" solido e separato è errato, non trovi un "Io", ma cinque flussi (skanda)  che sono: rupa - forma, vedana - sensazione, sanna - percezione, sankhara - formazioni mentali, vinnana - coscienza. Nessuno di questi cinque skanda è permanente, e non abbiamo il controllo su questi skanda, in quanto sono flussi impersonali.  

Cosa è reale e cosa è irreale? Il Buddha critica le convinzioni e dice: "Non c’è verità, il mio insegnamento è una zattera per arrivare alla liberazione, se lo trasformate in convinzioni siete perduti".

Che cosa è il risveglio, viene illustrato con questa storia: "Un barbone si trova sotto un ponte, si ferma una Roll Royce, scende una bellissima donna, che lo porta a casa, gli dà cibo e gli propone di fare l’amore, il poveretto si risveglia e cade nel Tamigi". Viviamo una storia dove c’è illusione e disillusione. Veniamo dal nulla e dal buio, alla nascita siamo gettati nella vita, alla morte si spegne la luce e si ritorna nel buio angoscioso. Tutto questo non ha senso, diventa insopportabile; Allora cerchiamo un senso, ci rivolgiamo alla nostra mente, il nostro pensiero inventa una miriade di storie per dare senso alla nostra vita, ci dimentichiamo della nostra vera esistenza e crediamo che le storie siano vere, si diventa protagonista, e in questo modo è più facile accettare la vita. Cerchiamo ricchezza (solo i ricchi sanno che i soldi non danno la felicità), successo, potere. Siamo fragili, insicuri, abbiamo paura della morte e quando si sente parlare dell’illuminazione, ci si inoltra anche in questo sentiero. Ma quello che si raggiunge si perde, il tuo vero sé è solo qui ed ora.

"L'io sono" viene prima del pensiero "Io sono", io sono adesso, io sono qui, poi viene fuori il nostro universo. La coscienza è il comparire e lo scomparire dell’io, essere e coscienza sono la stessa cosa, non possiamo essere coscienti di essere. Nel sonno senza sogno, nel sonno profondo la coscienza scompare. La coscienza in stato di veglia –  si manifesta con percezioni (suoni, colori, tatto, odori che costituiscono il mondo),  e si manifesta nello spazio sensiente.

Sensazioni e pensieri costituiscono l’io sono, il corpo sta nel mondo, la mente sta nel corpo, non siamo  solo l'io sono, l'esserci c’è sempre. Quando dormo,  spariscono le percezioni, sparisce il mondo e il corpo. Nel sonno profondo spariscono le sensazioni, anche la mente si sospende, resta la coscienza (non c’è niente da ricordare) e la sua essenza sottile è lì.  Bisogna cercare di fermare la mente senza l’utilizzo di tecniche.

In Occidente, si sviluppano difficoltà emotive per mancanza di attaccamento primario nei primi tre anni di vita, se la mamma si allontanata, il bambino subisce dei danni emotivi che difficilmente potranno essere riparati e si creeranno problemi di personalità. Per John Bowlby  (1908 – 1990) è molto importante che il legame di attaccamento si sviluppi in maniera adeguata, poiché da questo dipende un buono sviluppo della personalità.  Stati di angoscia e depressione, in cui un soggetto si può imbattere durante l’età adulta, possono essere ricondotti a periodi in cui la persona ha fatto esperienza di disperazione, angoscia e distacco durante l’infanzia. La persona ipersensibile, ha difficoltà nell’affrontare situazioni nuove. I bambini che sembrano adulti hanno adattato difese psichiche. Molti psicologi e pediatri dichiarano che i bambini possono essere mandati all’asilo a 18 mesi, ma questa è una enorme baggianata. Ciò ha creato un disagio a intere generazioni che cercano di proteggersi con l’intelletto, ed oggi c’è disprezzo della natura e prevale il culto dei soldi e della finanza.
La nostra civiltà compensa con una iper-razionalità le ferite profonde che abbiamo subito nell’infanzia. 

Arnaud Desjardins (uno dei primi studiosi delle filosofie orientali) arriva ad affermare che la gelosia è una malattia,  la maggior parte di noi non ha una personalità matura e nel percorso spirituale non siamo discepoli ma solo aspiranti discepoli. Le persone hanno spostato tutto nel successo individuale, nessuno si complimenta con te se hai un bel rapporto di coppia per esempio. Le emozioni sono un insieme di corpo - mente. Hanno la funzione di adattamento all’ambiente. Forme di emozioni sono: il  desiderio di avere, il  desiderio di fuggire, il desiderio di distruggere, ecc.

Il linguaggio ha la funzione di tramandare esperienze e conoscenze, quindi nell’affrontare le situazioni usiamo conoscenze ed istinto. Il pensiero pensa a minacce future, e si genera così uno stress continuo, e la paura ha perso quel valore adattativo. Le emozioni sono i nostri nemici, sono collegate a neurotrasmettitori e diventi succube delle emozioni. E-movere significa, essere  trascinati da, l'emozione è quindi una specie di sequestro emotivo.  Occorre cercare di vedere le cose senza lasciarsi trascinare dalle emozioni. Le emozioni provate a lungo tendono a generalizzarsi, se provi rabbia ripetuta poi reagisci sempre nello stesso modo. 

L'emozione illude la mente su ciò che conta e ciò che non conta, ciò che si prova poi diventa realtà. L’emozione non è percepibile, si nasconde, non ne siamo consapevoli, e si vede soltanto l’oggetto.

Che strategia usiamo per affrontare in modo corretto le emozioni? Quando proviamo un'emozione negativa o possiamo scaricarla dando sfogo all’emozione e provando sollievo, oppure possiamo rimuoverla, inghiottirla e da ciò nasce la depressione.
La terza via è quella di non scaricarla, di non rimuoverla ma di sentirla fino in fondo prescindendo dall’oggetto (ad esempo contare fino a 10, viverla con leggerezza, ecc). 
Osservare con distacco un'emozione è molto importante.  Se vedi l’emozione, non sei l’emozione (e sorge l’illusione che ci sia un io). Ciò porta però a nascondere il non dualismo. Ma l’io non c’è, è una recita della mente (da una parte c’è l’io dall’altra le emozioni). Invece bisogna vedere che l’io non è separato dalle emozioni, Io sono il tutto comprese le emozioni.

La meditazione Vipassana, termine che significa "vedere le cose in profondità, come realmente sono", è una delle più antiche tecniche di meditazione dell'India. Essa fu riscoperta ed insegnata più di 2500 anni fa come metodo universale per uscire da ogni tipo di sofferenza, un'arte di vivere. E' una meditazione buddhista ispirata alla tradizione Theravada. Nei ritiri vypasana (dove non si parla per giorni) è facile odiare o innamorarsi di una persona di cui non sai assolutamente niente, senti l’emozione come energia e prescindi dall’oggetto. 

La recita della mente avviene alla luce della coscienza sconfinata, se io lascio l’"io" (perchè diventa inconsistente) a quel punto le emozioni manifestano l’energia fluttuante, le vibrazioni, la danza dell’energia, e come vengono se ne vanno, non lasciando traccia. Se invece, si afferma l’"io" le emozioni entrano in contrasto con l’"io" e le vibrazioni si trasformano in tempesta.

mercoledì 17 maggio 2023

Lo yoga è diventato un business - Krishnamurti

Oggi, ogni persona sembra terribilmente interessata allo Yoga,
Le persone vogliono mantenersi giovani e in forma.
Lo yoga è diventato un business come tutte le altre cose.
Ci sono insegnanti di yoga in ogni parte del mondo,
e stanno facendo soldi come sempre.
Yoga non significa semplicemente mantenere un corpo sano, normale, attivo e intelligente,
il significato della parola sanscrita yoga significa "unire insieme",   
così dobbiamo avere una vita ordinata, profonda, morale  e etica,
non solo mantenere delle posizioni.
Questo è il reale significato della più alta forma di yoga.

Nei tempi antichi lo yoga era insegnato solo a poche persone.
Facendo yoga altri fattori entravano in gioco, come la meditazione.
Nei tempi antichi, lo yoga aveva la finalità di trovare la verità,                                                                    cercare quale era il modo più consone alla verità.

Adesso yoga è diventato un affare commerciale,
e se tu non sai cosa fare, puoi insegnare yoga. 

Krishnamurti.

 https://www.youtube.com/shorts/MB5NqfLgpdQ   -  https://www.youtube.com/shorts/TwczuLnnt18 

Il soccombente - Thomas Bernhard

Thomas Bernhard, nato Nicolaas Thomas Bernhard(1931-1989), è stato uno scrittore, drammaturgo, poeta e giornalista austriaco, tra i massimi autori della letteratura del Novecento, non solo di lingua tedesca..

La trama del libro Il soccombente è la seguente: A un corso di Horowitz, a Salisburgo, si incontrano tre giovani pianisti. Due sono brillanti, promettenti. Ma il terzo è Glenn Gould che diventerà uno dei più grandi pianisti mai vissuti grazie alla tecnica eccezionale, alla sensibilità assoluta, qualcuno che non brilla, non promette, perché è. E presto diventerà una leggenda. 

Mentre Gould, un giorno, suona le Variazioni Goldberg di Bach, il suo amico Wertheimer si sente annientato: sa che in quel modo non suonerà mai. E, se così sarà, la sua vita intera si rivelerà essere quella di un soccombente, come Glenn Gould stesso lo aveva chiamato. In questa scena sono racchiusi tutti gli elementi che segneranno il futuro dei tre amici. Gould morirà suonando le Variazioni Goldberg, raggricciato sulla tastiera, nel tentativo sempre rinnovato di essere non già un interprete al pianoforte, ma il pianoforte stesso, il suo Steinway. Wertheimer sarà travolto dalla meccanica feroce dell’emulazione, della debolezza profonda, dell’incapacità di essere unico e della coscienza di non esserlo. Il narratore, che è il terzo pianista, rinuncia anche lui al pianoforte, e scrive questo libro, variazione romanzesca sul tema della grazia e dell’invidia, di Mozart e Salieri, ma ancor più sul tema terribile del non riuscire a essere.

Fin dalle prime frasi, avvertiamo che il libro è la narrazione della Forza e della Debolezza. La Forza è espressa, nella spietata esclusione, da parte di Gould, di tutto ciò che non sia perfetto. La Debolezza è espressa dalle vicende di Wertheimer. Quest’uomo che della debolezza ha la vocazione, è al tempo stesso pieno di talenti, di qualità e di intelligenza. Il suo soccombere è un processo sotterraneo, sottile, che lo distrugge, ma tende a distruggere anche gli altri.  Il soccombente è stato pubblicato in Germania nel 1983.


Simone de Beauvoir – La femme rompue

La femme rompue - Una donna spezzata è una raccolta di racconti del 1967 di Simone de Beauvoir.  Simone de Beauvoir (1908-1986) è stata una scrittrice, saggista, filosofa, insegnante e femminista francese, importante esponente dell'esistenzialismo. E' stata legata sentimentalmente a Sartre..

È il racconto omonimo della raccolta e prende la forma del diario di Monique. Monique è una casalinga che ha puntato tutto sulla sua relazione e sul suo ruolo di madre. Le sue figlie l'hanno lasciata da adulte e lei è preoccupata perché il marito (di professione medico) sembra allontanarsi da lei. Improvvisamente scopre che il marito, Maurice, la tradisce con una donna più giovane e che le è stato infedele per otto anni. Seguendo il consiglio dell'amica, cerca di essere comprensiva nei confronti della situazione. Alla fine, cerca di capire la situazione scrivendo il suo diario.

Questo romanzo è la storia di una coppia, del tradimento di Maurice, e dell’impatto sul rapporto di coppia. Il testo riporta le riflessioni di Monique sull’evento durante i suoi dialoghi con le amiche e le due figlie Colette (una ragazza che timida che ha trovato rifugio nel matrimonio) e Lucienne (una ragazza più sicura di se che ha voglia di conoscere il mondo).

Frasi prese dal testo:  Maurice è cambiato, si è fatto divorare dalla sua professione, non legge più, non ascolta musica, non camminiamo più insieme a Parigi o dintorni.  

Quando ci siamo conosciuti eravamo l’uno per l’altro un’assoluta trasparenza. Dopo 20-25 anni di matrimonio si insinua il silenzio, e questo è molto pericoloso. Penso di essermi troppo occupata delle figlie in questi ultimi anni e Maurice si è buttato sul lavoro.

Dimmi perché rientri così tardi? Cosa succede? C’è una donna nella tua vita?

Si!  Chi è? Perché?   Noellie, giovane, brillante, il tipo di avventura che inorgoglisce un uomo.

Perché non me lo hai detto prima?   Tu mi hai detto che saresti morta di dolore…

Lui per un capriccio ha rotto la nostra intesa …

Le mie amiche diconocChe un uomo abbia una relazione dopo 22 anni di matrimonio è normale, Sono io che sarei anormale. Maurice, come la maggior parte degli uomini, è un adolescente non sicuro di lui stesso, Noellie l’ha rassicurato, Ed è evidentemente una storia di pelle: lei è così appetibile.

Maurice mi ha detto che ero adorabile, E’ comico: mi doveva tradire per far resuscitare le notti della nostra gioventù.

Mia figlia Colette ha sposato Jean-Pierre, un uomo che non si ama, è difficile immaginare che possa essere sufficiente a riempire una vita.

Maurice mi chiede di dormire da Noellie, con il pretesto che dal momento che ho accettato questa relazione mi chiede di fargliela vivere correttamente.   Ho finito per cedere, poiché ho adottato una attitudine comprensiva e conciliante, se gli rovino la sua avventura, la imbellirà a distanza, e avrà dei rimpianti,  se gli permetto di viverla correttamente, se ne stancherà presto. Occorre adottare il metodo della pazienza.

Non sono stata vigile, ho pensato che Maurice cominciava a invecchiare, a lavorare con eccesso, che dovevo accomodarmi al suo tiepido avvicinamento. Si è messo a considerarmi più o meno come una sorella.

Maurice: Adesso che ho iniziato questa storia, bisogna che ne esca senza far male a nessuno.

Mi sembra che con la tipica illogicità maschile trasferisce su di me i rimorsi che prova verso di me.

Una mia amica mi ha detto, che dal momento che il marito si occupa con gentilezza di lei e dei figli, gli è assolutamente indifferente se ha delle relazioni con altre donne.

Noellie ha preso tanto spazio nella sua vita che deve battersi con lei per portarmi un weekend in vacanza?   Se si lascia trasportare da lei, le cose sono più gravi di quello che immaginavo.

Ero così fiera della nostra coppia: una coppia modello, noi dimostravamo che un amore può durare senza affievolirsi, Quante volte ho difeso la fedeltà integrale! La nostra coppia esemplare è a pezzi. Resta un marito che tradisce la moglie e una donna sconvolta a cui si mente.

Non lotterò, ma è possibile che Maurice preferisca questa donna? Mi da fastidio che accetti da questa donna tante cose che io giudico inaccettabili. Per la prima volta, ho realizzato che una distanza si è creata tra di noi.

Mente per gestirmi meglio, se vuole gestirmi significa che tiene ancora a me, sarebbe stato peggio se non gli importava più nulla di me.

Parlandoa Maurice: Si è vero che non mi interesso a quello che fai, ma io ti amo e la mia stima va al di là di quello che potresti fare, se tu diventi un grande sapiente, celebre, ecc, questo non mi stupirebbe, tu ne sei capace, ma devo dirti che questo non aggiungerebbe niente ai miei occhi.

Mentre ascoltavo la musica, delle lacrime scendevano, e dei singhiozzi salivano dalla gola, la musica non è più che un alibi. Noi non abbiamo più niente a dirci, ossessionati dalla stessa storia di cui non voleva parlare. Perché piangi?  Perché ti annoi con me, perché non riusciamo più a parlarci, hai eretto delle barriere tra di noi.

Bisogna vedere le cose in faccia. Non si tratta di un’avventura, Divide la sua vita in due e io non ho la parte migliore, Ne ho abbastanza, è arrivata l’ora di dirgli “ O lei o me!” Tu la preferisci per vanità, sacrifichi il nostro amore alla tua vanità.

Gli ho detto che è diventato snob ed arrivista, che non era più l’uomo che ho amato, che una volta aveva un cuore, che si dedicava agli altri, adesso era sterile, egoista, sola la sua carriera lo interessava.

Mi trovo in una impasse. Se Maurice è un bastardo ho gettato la mia vita ad amarlo: ma forse aveva delle ragioni a non sopportarmi più. Allora devo pensare che mi sono comportata male, sono indifendibile  ma senza sapere perché.  Entrambe le due ipotesi sono atroci.

La mia amica mi ha sempre ripetuto che una fedeltà di 20 anni, non era possibile per un uomo. Gli uomini scelgono la via più facile: è più semplice restare con la sua donna e tradirla che avventurarsi in una vita nuova.

La nostra vita sessuale? Non so più quando ha perduto il suo calore, chi dei due si è stancato per primo.  A volte mi ha dato fastidio la sua indifferenza. Ma forse la mia freddezza l’avevo deluso?

Che cosa può dargli Noelli che io non posso dargli? La novità e il suo grazioso corpo?   Non si capiscono mai gli amori degli altri.

Maurice non ha detto niente in questi anni per assicurare alle figlie un ambiente sereno, Adesso che non sono più con noi ha scelto questo periodo per abbandonarmi.

E’ impossibile per me ammettere che mi sono impegnata tutta la vita in un rapporto con un uomo così egoista?  Le storie di rottura raccontate dalle donne sono spesso incomprensibili, il mistero maschile è molto più impenetrabile che il mistero femminile. L’uomo ha più della donna bisogno di cambiamenti , una fedeltà di 14 anni è già molto rara.

Tutti si credono intelligenti, anche le persone che trovo stupide.

La terribile discesa nel fondo della tristezza. Quando siamo tristi, non si ha più voglia di fare nessuna cosa.

Tengo a te, ma tu non mi ami più di amore.  Ci sono così tanti tipi di amore.

L’idea di un’infedeltà ti angosciava, per questo non ho detto niente.  Perché tutto si svolgesse come se non ti tradivo … Era della magia, e nello stesso tempo avevo vergogna..

Se mi avessi prevenuta, mi sarei fatta una vita indipendente …

In ogni modo, tu non mi ami più come prima, tu tieni a me, si, ma non è più l’amore dei nostri venti anni.     A vent’anni amavo l’amore nello stesso tempo che amavo te.

Abbiamo cercato di dare una spiegazione a ciò che stava accadendo, abbiamo parlato, abbiamo dato altri nomi alle cose, Ma la situazione non è cambiata, Il passato è oscuro e l’avvenire incerto. 

Io non voglio perderti, ma non voglio nemmeno rinunciare a Noellie, per il resto sono confuso…

Ho lasciato perdere di discutere, l’importante è che non vuole rinunciare a Noellie.

Adesso cucinare, ascoltare musica, tutto mi sembra vano. L’amore di Maurice dava importanza a ciascun momento della mia vita. Adesso la mia vita è vuota, tutto è vuoto, gli oggetti, gli istanti ed io.

Questa mattina ho avuto un’illuminazione, il mio errore è stato di non capire che il tempo passa. Passava ed ero presa dall’idea di un marito ideale e una sposa ideale. Immaginavo di aver conservato il mio viso e il mio corpo dei trent’anni, Al posto di rianimare la nostra vita sessuale vivevo dei ricordi delle nostre antiche notti. Ho lasciato il mio viso e il mio corpo rovinarsi invece di frequentare una palestra e un istituto di bellezza, ho lasciato la mia intelligenza atrofizzarsi.

Se ho sbagliato l’educazione delle mie figlie, tutta la mia vita è un fallimento. Non posso crederlo.

E’ per pietà che Maurice resta con me? Se è vero dovrei dirgli di andarsene.

Jean Pierre è molto gentile, in adorazione di fronte a Colette,  ma non sai mai di cosa parlargli. Non escono mai, hanno pochi amici. Una vita molto grigia.

Dopo che Maurice è partito in vacanza con Noellie ho scelto di interrarmi nel mia casa, non conosco più il giorno e la notte, quando sto male prendo tranquillante e alcol.  Quale grado di disperazione si può raggiungere, quando si è completamente soli e sequestrati? Ho quarantaquattro anni, non vivrò senza di lui, ma è troppo presto per morire; è ingiusto;  non voglio morire e non posso più vivere. Quando si scende così in basso, non si può che rimontare. Che stupidità!!! Si può sempre scendere più in basso e ancora più in basso, Non c’è fondo.

Il nostro amore era reale, era solido, indistruttibile come la verità. Solamente il tempo passava e io non lo sapevo. C’è stata una erosione del nostro amore  per l’azione delle acque del tempo. Ma allora perché non è cambiato anche l’amore che provo per lui? Vado a prendere le lettere che ci scrivevamo,  Datano di dieci anni fa. Dopo  i ricordi hanno dato un volto alle cose in modo errato. Il nostro amore era finito dieci anni fa.

Colette: Vista la maniera in cui Papà si comporta con te, dovresti mandarlo al diavolo.

Anche io penso che dovrei dirgli di vivere con Noellie, di essere felice senza di me, ma non ci riesco. C’era un tempo in cui potevo andare al cinema, al teatro da sola. Era perché non ero sola, c’era la sua presenza in me e intorno a me. Adesso quando sono sola, mi dico sono sola e ho paura.

Maurice  pensa che faccio una commedia della disperazione, O almeno non faccio degli sforzi per vivere correttamente la situazione.

Pensa che gli faccio una specie di ricatto sul mio malessere, per terrorizzarlo ed evitare che mi lasci. Forse ha ragione.     Non mi lascerà perché soffre troppo per la pietà che gli faccio???

Lucienne: mamma dopo 15 anni di matrimonio è normale che si cessa di amare la propria donna. Il contrario sarebbe sorprendente!

Io le  rispondo: Ma Ci sono delle persone che si amano tutta la vita.  

Lucienne: Fanno finta. Hai avuto torto a credere che le storie di amore durano. Io l’ho capito, appena comincio ad attaccarmi ad un tipo, ne prendo un altro.

Perché supponi che tuo padre mi abbia lasciato?

Spesso gli uomini a quell’età hanno voglia di cominciare una vita nuova. E si immaginano che sarà nuova per tutta la vita.

Come giudichi tuo padre?  Non si è comportato come un salaud? Non, si è fatto delle illusioni su quella donna, E’ un naif, ma non un salaud.

Pensi che ha il diritto a sacrificarmi?

Evidentemente, è duro per te. Ma perché dovrebbe sacrificarsi lui? Io so bene che non mi sacrificherei per nessuno.

Lucienne mi mette paura, è cattiva, critica, sarcastica, ha il dente avvelenato, io l’ho sempre conosciuta così, ma adesso è con una vera hargne che mette in pezzi le persone che chiama i suoi amici. Si piace a dire loro delle verità sgradevoli. Fa degli sforzi per mostrarmi delle persone, ma in verità vive sola, la cattiveria è la sua difesa, ma contro chi?

Colette ha fatto il matrimonio che doveva fare. Non sognava che all’amore, era fatale che si toque del primo ragazzo che incontrava.

Secondo te, è colpa mia se Colette è così?

Tu  hai un senso molto esagerato delle tue responsabilità, tu sei francese, molto soft come si dice a New York, molto idealista, tu non hai difese, è il tuo solo difetto.

E adesso mi domando, in nome di cosa preferire la via interiore alla vita mondana, la contemplazione alle frivolezze, la devozione all’ambizione? Io non avevo altra possibilità che creare della felicità intorno a me. Non ho reso Maurice felice, e nemmeno le mie figlie sono felici. Allora? Non so più niente. Non solo non so chi sono io, ma neanche come si dovrebbe essere. Il nero e il bianco si confondono, il mondo è un magma ed io non ho più contorni. Come vivere senza credere a niente, nemmeno a se stessi?

Ritorno a casa, immagino una porta chiusa, che non si aprirà se non mi muovo.

Non muoversi, mai. Fermare il tempo e la vita.

Ma io so che mi muoverò, la porta si aprirà lentamente e vedrò che cosa c’è dietro la porta. E’ l’avvenire, La porta dell’avvenire si aprirà, lentamente, implacabilmente. Sono sulla soglia, e non c’è che questa porta e quello che c’è dietro. Ho paura, e non posso chiamare nessuno per aiutarmi. Ho paura.  

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