Secondo il Maestro Antonio Nuzzo "Lo yoga moderno è uno yoga illusorio". Oggi, ci sono troppe distrazioni nella vita quotidiana e spesso non
appare la sofferenza. Per superare la sofferenza occorre fermare la
mente vrittica. All’origine dei vortici della mente (le vrtti) ci sono
cinque matrici (klesha) che
ne condizionano l’orientamento. L’ignoranza, l’egoismo, l’attaccamento,
l’odio, e l’eccessivo amore per la vita, sono questi ostacoli che
producono dolore. Sono le cinque sofferenze; sono i cinque legami che ci
tengono stretti alla vita terrena. Oggi l’uomo viene visto come un'entità
separata (corpo, mente, salute, spirito), mentre un tempo l’uomo era
visto come unità..
Gorakshanâtha un discepolo di Matsyendranâtha, vissuto forse in
epoca precristiana, avrebbe scritto un trattato intitolato Goraksha
Samhitâ. Sulla base di questa opera sarebbero stati scritti
altri trattati, in epoca molto più tarda, come Hatha yoga
pradîpikâ, dal maestro Svâtmârâma (XV°-XVI° sec. d.C.?), Gheranda Samhitâ, e Shiva Samhitâ. Questi testi sono la base del tantrismo che si appoggia sull’hatha
yoga, il tantrico non ha rigettato nulla, la sua biblioteca è
costituita dai testi classici, ma ha integrato le tecniche classiche a
qualcosa di nuovo. Lo yoga è una via spirituale geniale,
prevede di coinvolgere l’individuo nella totalità. Lo yoga è un processo globale dove anche il corpo è coinvolto nel
processo meditativo.
Attualmente si vive un'eccessiva dicotomia tra esperienza e conoscenza:
Il professore universitario che non pratica yoga esalta le differenze,
mentre un vero praticante esalta gli aspetti in comune per arrivare alla
realizzazione. Le parole sono uno strumento convenzionale, quello che è
importante è l’esperienza. Le parole non hanno significato nello yoga.
Un praticante spesso memorizza le parole ripetendo, “Io so!” Assomiglia
al pappagallo
che con la gabbia aperta, rimaneva nella gabbia e ripeteva “libertà”.
Siamo in una gabbia e ripetiamo libertà. Lo yoga ci consentirebbe di
uscire da questa gabbia ma per fare ciò, l’esperienza umana dovrebbe
superare il concetto di tempo e di spazio, si dovrebbe usare il corpo per trascendere il tempo, passare
dal corpo fisico al corpo di energia. Importante è l’esperienza!
Dobbiamo insegnare lo yoga a noi stessi. Lo yoga è una
trasformazione della coscienza umana. Mentre si fa un’asana bisogna liberarsi dai
meccanismi mentali.
Per fare yoga dobbiamo cambiare il modo
di pensare, dobbiamo imparare il metodo per fare yoga. Quando stiamo
in un’asana dobbiamo accettare l’idea che non cerchiamo niente,
siamo soddisfatti, accettiamo la vita, smettiamo di chiedere, diamo
un prezioso senso a quello che abbiamo nel momento presente.
Impariamo a non chiedere. Il risultato che abbiamo acquisito
nelle asana si dovrà mollare prima o poi. La forma è
l’aspetto estetico condizionante, la spiritualità è il contatto
con la dimensione dell’infinito. La vera ricerca nello hatha yoga è la ricerca
spirituale. Spesso c’è l’ossessione del
confronto, il desiderio di cambiare (NON mi accetto) nelle posizioni,
questo modo di vedere le cose ci ammala, noi in questo modo
coltiviamo soltanto il disagio. Importante è trovare la pace dentro di noi, e sviluppare la relazione mente – corpo. Se la mente ascolta il corpo, la
dimensione egoica si spegne. Dobbiamo eliminare ogni falsità
nello yoga e costruire un rapporto sano con il nostro corpo. Dobbiamo
imparare a relazionarci con il nostro corpo che è l’espressione
dell’inconscio. E’ l’inconscio che decide l’abilità del
corpo, la mente a volte vuole piegare l’inconscio alle sue
decisioni. In questo modo si crea quindi un conflitto. Quando c’è coscienza si
crea rigidità. Il peccato è il desiderare il
frutto delle nostre azioni, anche nelle asana. Importante è
lavorare sulla mente e vivere il momento presente. Purificare la
mente significa togliere il demone dell’egogentrismo che è in noi.
L’inconscio è rappresentato dal corpo, le
asana servono per pacificare il corpo e la mente. Praticare yoga
è fare manutenzione ed eliminare l’ego. Durante la pratica
delle asana dobbiamo espandere la coscienza a tutto i corpo e non
fermarci alla parte particolare che è sottoposta a sforzo. Nella sadhana le prime cinque anga sono delle strategie verso un obiettivo: il pratyahara che
significa sensi invertiti o ritiro dei sensi.
Per Andrè Van Lysbeth le asana
devono avere 5 caratteristiche: la posizione deve essere statica, tenuta per lunga
durata, eliminando gli sforzi inutili, il ritmo del respiro deve essere costante
ed armonioso, e si deve arrivare ad un'estensione della coscienza.
Nelle asana c’è una strategia
volontaria. Spesso i cattivi istruttori spiegano la posizione,
vedete come Giovanna fa bene la posizione, fate come Giovanna.
Invece occorrerebbe eliminare la violenza nelle posizioni e rimanere ad osservare
il respiro. L’azione è l’espressione di un
vissuto, la repressione sistematica di emozioni e pulsioni sulla base
di un’idea o un ideale, porta alla malattia. La sessione di yoga è
un laboratorio di nuova coscienza, l’inconscio si impregna di stati
d’animo. Se l’inconscio ci pone un limite, questo è per il
nostro bene, devo sviluppare una relazione amorevole con me stesso,
col corpo, col cuore in pace, in questa condizione vado verso l’inconscio. Se
ridimensioniamo l’ego, riusciamo ad essere in pace con se stessi, gli altri esseri umani e con il
mondo esterno. Durante le sedute di yoga, mentre manteniamo le posizioni non dobbiamo usare violenza
contro noi stessi, dobbiamo dire la verità a noi stessi, riconoscere
le intenzioni e cogliere le sensazioni della mente.
Il senso allo yoga viene dato dall’intenzione e non dall’azione.
Il desiderio, il confronto, ecc. vanno fermati. Lo
yoga oggi si indirizza soprattutto a persone di 30, 40, 50 anni, e purtroppo non si
può riguadagnare il tempo perso a livello fisico. Obiettivo dopo
obiettivo, spendiamo la nostra vita a raggiungere obiettivi. Lo yoga è una disciplina che serve ad incontrare il purusha, a superare il condizionamento degli
opposti: la vita e la morte.
Di stampo dualista, la filosofia samkhya
considera l'universo costituito da due realtà eterne e
auto-esistenti: un testimone non-attivo, pura Coscienza, il Purusha,
e la materia, attiva ma inconscia, la Prakrti. La vicinanza
di Purusha e Prakriti produce uno squilibrio tra le
qualità o guna: sattva, rajas e tamas (purezza, attività e inerzia). Nella Bhagavad gītā leggiamo: «Vi
sono nel mondo due Puruṣa, l’uno distruttibile, l’altro
indistruttibile: il primo è ripartito fra tutti gli esseri, l’altro
è l’immutabile. Ma vi è un altro Puruṣa, il più alto, che si
chiama Paramātmān , e che, Signore imperituro, penetra e sostiene
questi tre mondi. Ora, poiché supero il distruttibile ed anche
l’indistruttibile, io sono celebrato nel mondo e nel Veda col nome
di Purushottama».
La Bhagavad gītā è uno dei testi che
mette in evidenza il punto di vista advaita ed è un episodio presente nell’epopea Mahābhārata. Nella Bhagavad gītā Kṛṣṇa spiega al suo discepolo
Arjuna che cosa è lo yoga durante la grande battaglia sul campo di
kurukshetra o Dharmakshetra, cioè il campo dove si realizza il dharma, si
sfidano due eserciti quello dei Kaurava e i Pāndava. Kṛṣṇa nella
Bhagavadgītā è il «Sè» e come vediamo in diverse raffigurazioni
ha in mano le briglie, simbolo della manas (mente), strumento attraverso cui
può esercitare il controllo dei sensi. Messo volutamente da Arjuna
alla guida del carro che è il «supporto» su cui stanno il «Sè»
( Kṛṣṇa) e l'«Io» (Arjuna) trainato dai cinque cavalli che sono
i sensi.
Nel mondo dello yoga c’è chi pratica
e c’è chi studia, una evidente dicotomia che spesso non si concilia.
Oggi dalla
posizione statica siamo passati al dinamismo. La stabilità fisica
deve essere associata ad una stabilità interiore. Lo scopo dello yoga è
conoscere i 32 Tatva che sono gli elementi costitutivi del corpo. Dobbiamo imparare a conoscere chi
siamo. Il Purusha è l’uomo,
l’essenza dell’uomo che deve purificarsi. L’azione deve essere in
armonia con il progetto, se arrestiamo le vritti entriamo in contato
con il Purusha. La coscienza ha due stati: o riposa nel
purusha o si appoggia sulle vritti. La prkrti è tutta la manifestazione,
la materia, il sentire, tutto ciò che è percepibile.
Purusha e prkrti sono presenti in
tutti i darshana (sentieri filosofici), a questo i tantrici
aggiungono shiva e shakti.
Citta o coscienza è formata da
Ahamkara (ego) Manas (mente) che nasconde le cose, usa gli
strumenti dell’azione, Indriya (i sensi) e Buddhi
(intelletto, intelligenza creativa) che funziona in modo minore. Cit è
l’energia della coscienza, se qualcosa di importante passa
davanti a citta, questo qualcosa viene memorizzato nella memoria.
Lo scopo dello yoga è risvegliare la Buddhi per intuire la
presenza del Purusha.
Il cercare di fare in modo ossessivo le posizioni, aumenta
l'Ahamkara (ego). L’hatha yoga è la via più difficile perché
l’ego si identifica con il corpo. In India per reprimere l’ego
danno a tutti la stessa veste di colore arancione (swai) e fanno fare agli allievi karma yoga. Il karam yoga (lo yoga dell'azione) può portare ad un lavoro
interiore e può sostituire l’hatha yoga. La
grande battaglia della vita (Maharabattha) è fermare le vritti. Il
corpo si deve addormentare in una posizione, deve abbandonare gli
stimoli sensoriali (vritti), per eliminarle devo osservarle, così
spengo Manas e Ahamkara e attivo Chitta.
Nel discorso di apertura al Festival
di Woodstock, Sri Swami Satchidananda, uno dei primi yogi che sono venuti in Occidente, annunciava "Non
combattiamo per la pace, ma troviamo la pace prima in noi stessi".
Lo yogi è capace di mantenere il
livello pranico (energetico) stabile, per tutta la vita, per questo ad 80 anni
gli yogi sono pieni di energia. Non possiamo verificare le intenzioni
di chi compie un’azione. Comunque anche se giudicare gli altri non è possibile, si asserisce che l’intenzione colora l’azione. Dobbiamo cercare la purezza
della ricerca nel tappetino ed imparare
a non giudicare.
L’hatha yoga come ricerca spirituale
è geniale, si esercita una vigilanza cosciente per nutrire la nostra
interiorità con offerta, accoglienza, attesa, benevolenza. Nello
yoga l’educazione al pensare e all’agire devono andare di pari
passo. Ci troviamo su due piani: il primo psicologico, nella
relazione tra manas e ahamkara (energia in movimento) e l’altro
realizzativo.
Durante la pratica dobbiamo sviluppare dei
sankalpa che ci permetteranno di
affrontare la morte. Sankalpa è una parola sanscrita che
letteralmente significa proposito, desiderio o più specificatamente intenzione, ed è la convinzione di poter realizzare ciò che la mente
si propone. Se si riconosce che il pensiero nasce dalla
benevolenza o dall’ego,
per spegnere il pensiero c’è un solo
mezzo: l’immobilità.
Oggi ci sono due dimensioni: la vita e la
ricerca spirituale che spesso non si incontrano. Non dobbiamo essere ossessivi dello yoga nella vita
quotidiana. Noi dobbiamo servire la vita perché abbiamo dei figli, un lavoro, ecc, mentre quando siamo
sul tappetino dobbiamo saper interrompere tutto ed entrare nella ricerca
interiore. E' sul tappetino devo applicare le regole,
e per conoscerle devo leggere ogni singola sutra.
Dopo la nascita c’è
l’interazione con il mondo esterno. Durante tutta la vita continua questa
interazione, e spesso si instaurano dinamiche molto veloci. Purtroppo l’uomo moderno
ha velocizzato lo yoga, il movimento dinamico costituisce un
cuscinetto tra il mondo esterno e lo yoga. Il movimento dinamico ha
senso se si punta alla staticità come prospettiva, altrimenti non saremo in
grado di gustare l’immobilità. Prima di tutto, dobbiamo insegnare lo yoga a noi
stessi in modo graduale, Il maestro non conosce il grado di
vitalità mentale in cui ci si trova quando assumiamo una posizione.
L’immobilità, l’ascolto del respiro ci educa, la pratica deve essere
adattata alla velocità del nostro pensiero. Non è importante trovare
un insegnante, ma capire a quale stato di agitazione ci troviamo. Ognuno
ha il suo yoga. Deve variare a seconda dei giorni, e a seconda
di che cosa ho fatto durante la giornata. Insegnare lo yoga a se
stessi non è facile. Lo yoga è un osservare senza
reagire, è scoprire uno stato
esperienziale nuovo, è entrare in uno stato di meditazione. Lo yoga è salutare per la mente. Il
pranayama permette una decelerazione significativa dell’azione e contribuisce notevolmente ad entrare in questo stato meditativo.
Lo yoga è accogliere, gustare senza reagire, gustare l’aria che
entra nel corpo, percepire l’aria nelle narici, innamorarsi delle
piccole percezioni. La meditazione è un punto di arrivo. La
meditazione non significa recitare un mantra o seguire il respiro.
Ma è l’entrare in una dimensione di silenzio, avere una mente
ricettiva e non reattiva. Relegare la meditazione ad una serie di
esercizi è riduttivo. La pratica è una grande opportunità per entrare in questo stato meditativo, è un lavoro che dobbiamo fare su noi stessi, auto educarci al silenzio, all'immobilità entrando nell’attesa, e quando
l’evento accadrà, ne saremo consapevoli. Con la pratica ci
educhiamo ad assaporare la vita in modo non reattivo.
Ciclo di lezioni febbraio 2018.
________ Antonio Nuzzo è uno dei più autorevoli Maestri yoga italiani. Ha cominciato a praticare
nel 1963 all'età di 16 anni. Nel 1971 è diventato allievo di André Van
Lysebeth, con il quale per 15 anni ha approfondito le tecniche di hatha e
tantra yoga. Un'autorevole voce che da oltre 50 anni pratica, ricerca e insegna
questa disciplina. Nessuno come lui ha vissuto in
maniera onnicomprensiva la ricerca di questa disciplina: dal suo lavoro
come funzionario alla Protezione Civile agli incontri apparentemente
casuali con tutti i più importanti maestri yogi del ‘900. Oggi insegna
in Italia e in Francia, coordina Corsi di Formazione Insegnanti per la
Federazione Mediterranea Yoga e, per la prima volta nella sua vita, è
autore di un libro che incornicia una parte importante di questa lunga
ricerca: “I doni dello Yoga. Per praticare una vita piena” (Yoga Journal
– Morellini Editore).