venerdì 17 giugno 2022

“Un giorno buio per la libertà di stampa” - Estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti.

L’epilogo temuto dai sostenitori del fondatore di Wikileaks, Julian Assange, è diventato realtà.
La Westminster Magistrates’ Court di Londra durante una breve udienza (20/04/2022), durata solo sette minuti, presieduta dal giudice Paul Goldspring ha emesso l’ordine formale di estradizione negli Usa per Julian Assange, a cui l’attivista australiano ha assistito in videocollegamento dalla prigione di massima sicurezza di Belmarsh, dove è rinchiuso da tre anni.   Adesso (17/06/2022) la ministra dell’Interno britannica, Priti Patel, ha ordinato l’estradizione negli Stati Uniti del giornalista e attivista che con la nota piattaforma online svelò documenti secretati del governo americano provando numerosi crimini di guerra commessi dall’esercito di Washington negli anni delle missioni militari in Iraq e Afghanistan. L’attivista australiano rischia di scontare in un carcere Usa una pesantissima condanna, fino a 175 anni di carcere. “Un giorno buio per la libertà di stampa”, ha commentato WikiLeaks appena appresa la notizia.  

L'attivista australiano e il suo entourage legale hanno adesso 14 giorni per presentare ricorso presso l'Alta Corte contro la decisione del governo di Boris Johnson, opzione che verrà esercitata, come confermano anche dall'organizzazione: "Chiunque in questo Paese tenga alla libertà di espressione dovrebbe vergognarsi profondamente".

Anche Amnesty International si è opposta alla decisione dell’esecutivo di Londra: “Consentire che Julian Assange venga estradato negli Stati Uniti significherebbe esporre lui a un grande rischio e mandare un messaggio agghiacciante ai giornalisti di tutto il mondo”, ha dichiarato Agnes Callamard, segretaria generale dell’organizzazione. Secondo l’attivista per i diritti umani le rassicurazioni diplomatiche offerte da Washington sono insufficienti e non credibili, in particolare quelle su “l’isolamento prolungato in carcere, cosa che violerebbe il divieto di tortura e di maltrattamento” dei detenuti, dati “i precedenti della storia giudiziaria” americana.   Firma l'appello di Amnesty https://www.amnesty.it/appelli/annullare-le-accuse-contro-julian-assange/

Le probabilità di successo del ricorso sono però ridotte al minimo dopo il lungo iter legale della magistratura britannica e soprattutto il fatto che il mese scorso la Corte suprema si era rifiutata di riesaminare il caso.
Il Governo Britannico ha affermato che “i tribunali del Regno Unito non hanno ritenuto che sarebbe oppressivo, ingiusto o un abuso processuale estradare Assange. Né hanno ritenuto che l’estradizione sarebbe incompatibile con i suoi diritti umani, compreso il suo diritto a un processo equo e alla libertà di espressione, e che mentre si trova negli Stati Uniti sarà trattato in modo appropriato, anche in relazione alla sua salute”. Garanzie che sono state richieste e, per i giudici, soddisfatte dall’amministrazione di Washington.

La moglie di Assange Stella Moris, e l’organizzazione continuano senza sosta la propria battaglia per chiedere giustizia nei confronti dell’attivista fondatore di Wikileaks. La Moris ha parlato di “un giorno nero” non solo per la libertà d’informazione, ma anche per la “democrazia britannica”. “Julian non ha fatto nulla di sbagliato – ha proseguito – è un giornalista ed editore punito per aver fatto il suo dovere” rivelando documenti riservati e informazioni imbarazzanti su atti compiuti da vari Stati, Usa compresi. “Priti Patel aveva il potere di fare la cosa giusta, invece sarà ricordata come complice degli Stati Uniti, del loro progetto di trasformare del giornalismo investigativo in un’impresa criminale”. Secondo Morris, comunque, anche se “la strada verso la libertà di Julian si fa lunga e tortuosa”, la battaglia “non finisce qua”: a partire “dall’appello che riproporremo all’Alta Corte” di Londra e dall’organizzazione di proteste di piazza. “Non vi sbagliate – conclude -, questo è sempre stato un caso politico, non legale. Julian ha pubblicato prove sui crimini di guerra, le torture, la corruzione di funzionari stranieri commessi dal Paese che sta cercando di farselo consegnare”.

 Dalla stampa italiana: Assange è un criminale.  (articolo preso dal Fatto Quotidiano del 19/06/2022)
La notizia dell’imminente estradizione di Julian Assange da Londra agli Stati Uniti offre l’occasione di una imprevista lezione di giornalismo. Ce la dà Il Foglio, il quale racconta l’avvenimento come un atto di giustizia: “Julian Assange ha fatto molti danni agli interessi americani. I giornalisti non cospirano per decifrare password e postare online materiale classificato non redatto. Non fanno quello che ha fatto Assange, cioè entrare nei computer del governo degli Stati Uniti”. Insomma i giornalisti possono lavorare solo su fonti aperte, magari scopiazzando due tweet. Se ottengono informazioni riservate di enorme interesse pubblico – come quelle di Wikileaks, che hanno svelato l’improvvisazione americana nella guerra in Medio Oriente e poi email imbarazzanti del Comitato democratico per Hillary Clinton – è vietato darle. “Assange non è mai stato un eroe della trasparenza o della responsabilità democratica. I suoi obiettivi erano sempre e soltanto istituzioni o governi democratici, non autoritari. E se è davvero un protettore della trasparenza, non avrà nulla da temere da un processo in America, la patria del giusto processo”. I Paesi democratici, ovvero quelli che condannano un giornalista a 175 anni di carcere, non possono essere messi in difficoltà. A questo punto ci chiediamo: meglio l’analisi del Foglio o meglio Repubblica, che alla notizia ha dedicato tre righe a pagina 7? Due modi diversi per omaggiare la libera stampa.

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