venerdì 28 giugno 2024

Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono circa 750 articoli, la maggioranza dei quali verte su yoga, meditazione, buddhismo, filosofie orientali. Gli articoli sono essenzialmente riassunti di libri che ho letto su questi argomenti e che mi hanno particolarmente colpito.                       

Per ricercare un soggetto specifico si può usare la finestrina a destra, oppure si possono usare le categorie (etichette) che si trovano sulla destra. Sul Blog sono riportati anche i libri che ho scritto sullo yoga e la meditazione e la gallery di alcuni miei viaggi.           

       Buona lettura   

Bhoutan - Dans les pas de Matthieu Ricard

Il monaco buddista Matthieu Ricard torna alle sue radici in Bhutan, il paese dove è stato iniziato dai più grandi maestri. Una ricerca spirituale e una moltitudine di incontri sorprendenti in questo piccolo regno himalayano di sconcertante bellezza, non più completamente al sicuro dai pericoli della modernità.

https://www.arte.tv/fr/videos/111037-000-A/bhoutan-dans-les-pas-de-matthieu-ricard/

Non tornava in Bhutan da sette anni, un'eternità per lui. Questo piccolo regno segreto dell'Himalaya è stato una tappa fondamentale nella vita di Matthieu Ricard, monaco buddista dalla fine degli anni Sessanta e rinomato saggista, fotografo e pensatore. È in Bhutan che è stato iniziato per dieci anni, ricevendo gli insegnamenti più preziosi dal grande maestro Dilgo Khyentse Rinpoche. Dalla terra del Drago Tonante, incastonata tra i giganti della Cina e dell'India ma mai conquistata o annessa, impara a conoscere la cultura e la storia dei suoi abitanti, per non parlare dei suoi paesaggi mozzafiato. Un ritorno alle origini che non potrà che essere inesauribilmente ricco.

La grande festa annuale sugli altipiani, i monasteri fortificati nelle profondità delle montagne, le cerimonie delle monache dai capelli corti, gli stupa dalle cupole scintillanti... Seguire Matthieu Ricard significa avere accesso a eventi segreti nei luoghi più remoti: il suo status di monaco e il suo passato gli aprono le porte di luoghi e rituali normalmente inaccessibili ai turisti. Ma è anche la fiducia che ispira a tutti coloro che incontra che gli permette di portare avanti la sua instancabile attività di fotografo, le cui immagini luminose fanno conoscere al resto del mondo il popolo del Bhutan. Oltre alla sua ricerca spirituale sulle orme del suo grande maestro Rinpoche, il sempre attento viaggiatore settantasettenne è arrivato a dipingere il ritratto di un Paese in cui la modernità e la tecnologia cominciano a influenzare le tradizioni secolari. Viaggiando, Matthieu Ricard osserva i profondi cambiamenti in atto in questa terra, una delle poche al mondo con un'impronta di carbonio positiva, ma minacciata dal cambiamento climatico e dallo scioglimento dei ghiacciai. In Bhutan la natura e il buddismo sono stati finora preservati, ma il futuro appare incerto come altrove...

Molti luoghi descritti nel documentario li ho visitati durante il mio viaggio in Bhutan.   Vedi:            https://maramici.blogspot.com/2021/05/il-mio-viaggio-in-bhutan.html

La nonviolenza come scelta pratica e non solo etica

Intervista al prof di Filosofia Roberto Fantini sugli insegnamenti del monaco buddhista zen Thich Nhat Hanh -     di Giulia Bertotto.

“Thich Nhat Hahn. Un sentiero tra le stelle” (Edizioni Efesto 2024), questo il titolo del luminoso libro dedicato al monaco buddhista vietnamita, scritto da Roberto Fantini, insegnante di filosofia e attivista volontario di Amnesty International e Cesare Maramici, una lunga esperienza nello yoga e tanti anni di volontariato in Ostia per l’Africa e nella Croce Rossa.

Roberto Fantini:  Il lascito di questo maestro è prezioso, secondo gli autori, perché ha saputo divulgare senza banalizzare i principi dell’antica sapienza buddhista, sviluppando i suoi Cinque Addestramenti alla Consapevolezza derivati dai quattro insegnamenti del Buddha sulle Quattro Nobili verità e sul Nobile Ottuplice Sentiero. Al fulcro del suo insegnamento c’è l’arte di vivere consapevolmente. Non mangiare senza assaporare (per poi diventare ingordi), non consumare la sessualità senza creare un legame, camminare cercando di percepire il terreno e non solo calpestandolo, ascoltare disponendosi davvero a intendere la comunicazione dell’interlocutore, rispettare profondamente ogni forma di vita astenendosi da ogni tipo di violenza, sentire il più possibile ogni momento in uno stato di contemplazione dell’esistente. Solo questo modo di vivere può renderci attenti alle nostre emozioni, capaci di riconoscerle, e così di trasformarle; ma se non pratichiamo questo modo di essere presenti a noi stessi verremo inghiottiti dal rancore e gonfiati dalla presunzione, non potremo mai aspirare ad un’armonia in coppia, in famiglia e nel mondo.
Giulia Bertotto.:  Quindi, tutto bene così? Niente affatto, rivolgeremo ad uno dei due autori poche domande, ma dure e spinose.        

L’intervista a Roberto Fantini.

Giulia Bertotto: Sicuramente, il tema della “consapevolezza” occupa un posto di centrale rilievo all’interno del pensiero di Thich Nhat Hanh. Cosa si intende, esattamente, per “Addestramenti alla consapevolezza”?

Roberto Fantini: Secondo Thich Nhat Hanh, i Cinque Addestramenti alla Consapevolezza, da lui formulati sulla base degli insegnamenti fondamentali del Buddhismo, “possono aiutarci a praticare la consapevolezza in ogni momento della giornata: a proteggere la vita e a praticare la vera felicità, il vero amore, l’ascolto profondo, la parola amorosa e il consumo consapevole.”
Essi ci vengono proposti come punti di riferimento di quella che potremmo considerare una sorta di Etica universale, svincolata da credi confessionali e da ideologie dogmatiche, capace di rinnovare in maniera aperta e costruttiva l’esistenza di chiunque desideri una vita ricca di felicità ed armonia.   Eccoli, in estrema sintesi:

  •     Rispetto per la vita: rifiuto di tutto ciò che può produrre sofferenza; coltivare l’apertura, la non discriminazione, il non attaccamento; rifiuto coerente di violenza e fanatismo.
  •     Vera felicità: praticare la generosità nel pensare, nel parlare e nell’agire; impegno a cercare di ridurre la sofferenza di tutti gli esseri viventi.
  •     Vero amore: impegno a coltivare il senso di responsabilità nell’ambito dei rapporti sentimentali e della propria vita sessuale, praticando i quattro elementi del vero amore (gentilezza amorevole, compassione, gioia e inclusività).
  •     Parola amorevole e ascolto profondo: impegno a parlare in modo veritiero, utilizzando parole che ispirino fiducia, gioia e speranza e ad evitare parole che possano favorire discordia.
  •     Nutrimento e guarigione: coltivare la salute sia fisica che mentale, evitare un consumo disattento e orientando le proprie scelte di consumatore nell’ottica dell’“inter-essere”, cercando di favorire il benessere del corpo e della coscienza, sia a livello individuale che collettivo

Giulia Bertotto:  Una domanda di natura etica.  A pag 28, citate palestinesi e israeliani a proposito dei luoghi di ritiro fondati dal nostro monaco: pochi giorni fa, nel mezzo di un genocidio in corso, dopo 75 anni di prigionia a cielo aperto, l’esercito israeliano ha massacrato civili palestinesi e bruciato donne e bambini in una tendopoli. Alcuni obiettano che la filosofia della non violenza è per privilegiati, adatta per coloro che non vivono in prima persona l’oppressione fisica e psicologica. Si può proporre la non violenza ma non si può biasimare la resistenza armata. Cosa ne pensi?

Roberto Fantini:  Un errore che spesso viene compiuto, anche in sincera buona fede, è quello di ritenere che la via della nonviolenza rappresenti qualcosa di poco efficace e di poco realistico, qualcosa di sicuramente molto nobile, ma scarsamente applicabile in un mondo dove dominano in maniera spietata la forza, e la più disumana “volontà di (pre-)potenza”. La scelta nonviolenta è senza alcun dubbio una scelta ardua, che implica un impegno serissimo quanto radicale mirante ad una vera e propria rivoluzione teoretica ed etica, prima ancora che strategica.  Thich Nhat Hanh è arrivato ad abbracciarla, come unica alternativa possibile alla perversa concatenazione (perennemente autoalimentantesi) della violenza, dopo aver sperimentato in prima persona, nel corso degli anni ’60, gli orrori della guerra nel suo Vietnam.  Alla base di ciò possiamo certamente intravedere il concetto filosofico del karma e il valore supremo dell’etica buddhista rappresentato dalla compassione, ma, soprattutto, la consapevolezza estremamente realistica della necessità di creare un argine efficace alla tirannia dilagante della politica delle bombe, dei massacri e dei fiumi di sangue.
Insomma, certamente una via lunga e difficile che richiede pazienza, perseveranza, autocontrollo ed un’enorme dose di coraggio.

Giulia Bertotto:  Una domanda di natura esistenziale. Una delle grandi imprese teoriche e pratiche di Hanh è stata conciliare l’impegno sociale ed etico con la meditazione e l’ascesi. In un certo senso questo potrebbe risultare contraddittorio, poiché il buddhismo insegna a estinguere il desiderio, a non avere più alcuna volontà, educa alla necessità dell’annullamento dell’io e quindi del distacco da ogni causa terrena, anche la più giusta. Non si tratta di valutare il percorso del nostro monaco, ma di un dilemma esistenziale: si può conciliare azione nel mondo e tentativo di slegarsi da esso?

Roberto Fantini: Credo che il nostro maestro zen risponderebbe che il Sutra dei Quattro Fondamenti della Consapevolezza (Satipatthana Sutta), uno dei testi fondamentali della meditazione buddhista, ci esorta a praticare la consapevolezza in ogni momento e in ogni situazione e che, sulla base di questo insegnamento, il “buddhismo impegnato” nato nel corso degli anni Sessanta ha sospinto monaci e monache a soccorrere i rifugiati, i feriti e gli orfani. Questo nella convinzione che, di fronte alle tragedie della storia, un monaco non può certo starsene rinchiuso a meditare, preoccupandosi esclusivamente della propria liberazione dai legami terreni. Il cuore della meditazione buddhista è rappresentato dalla consapevolezza, ovvero dalla energia mentale che ci aiuta a comprendere cosa accade nell’attimo presente. E se, nell’attimo presente, è in atto un’opera di distruzione di vite umane, il compito del monaco è quello di stare dalla parte di chi soffre, accanto a chi soffre per portare aiuto, sollievo e conforto. Il vero messaggio buddhista, secondo TNH (e anche secondo il sottoscritto), non è certo quello della fuga solitaria dal mondo delle vuote apparenze, ma è, prima di ogni altra cosa, un messaggio di compassione, intesa non semplicemente come stato d’animo benevolente, ma come sorgente luminosa a cui attingere per contrastare tutto ciò che genera dolore, e per proteggere le persone, ma anche gli animali e le piante.

Giulia Bertotto:  Una domanda di natura metafisica.  L’odio è il motore della storia, scriveva il filosofo rumeno Cioran: “è l’odio a far andare le cose avanti quaggiù, a impedire che la storia resti a corto di fiato. Sopprimere l’odio significa privarsi di eventi. Odio ed evento sono sinonimi. Dove c’è l’odio succede qualcosa. La bontà, al contrario, è statica; conserva, arresta, frena ogni dinamismo. La bontà non è complice del tempo; mentre l’odio ne è l’essenza”, molti mistici e filosofi (Empedocle, san Paolo, Freud), che ci piaccia o meno, potrebbero mettere la loro firma su queste affermazioni, che sono di natura ontologica e non morale. Nell’ Eterno vi è infatti solo unità e non il principio della divisione, della dualità, della dialettica, il quale è ontologicamente necessario perché si manifesti l’esistenza. Il male dunque non può essere estinto senza nullificare il mondo e il tempo.

Roberto Fantini: Con tutto il rispetto per la sottile intelligenza di Cioran, non ho alcuna difficoltà ad auspicare un mondo liberato dall’odio, anche se questo dovesse veramente (cosa alquanto improbabile) implicare di dover rinunciare ai cosiddetti “eventi” e rendere “corto” il fiato della storia. Discorsi come il suo mi ricordano un certo nefasto giustificazionismo di matrice hegeliana e un certo interventismo bellicista di primo Novecento. Tesi che hanno partorito, direttamente o indirettamente, fanatismi deliranti dalle conseguenze immensamente dolorose.
Con Thich Nhat Hanh e con gli altri grandi maestri della nonviolenza, da Gandhi a Capitini, tenderei a mettere da parte discorsi di carattere metafisico e, in maniera estremamente pragmatica, mi limiterei a dire che, se è pur innegabile che in noi convivano forze di natura opposta, starà sempre e soltanto a noi decidere come schierarci, con chi allearci, cosa rafforzare, cosa alimentare e cosa no. Il nostro monaco buddhista ci dice che dentro di noi ci sono tanti semi di diversa natura e che è nostro irrinunciabile compito saper discernere quali meritino di essere innaffiati con cura, in modo da poter crescere, germogliare e fruttificare.
“Praticando uno stile di vita consapevole, – dice – sappiamo come innaffiare i semi della gioia e trasformare i semi della sofferenza: a quel punto la comprensione e la gentilezza amorevole possono fiorire in noi.”
Insomma, il male sarà forse impossibile da espellere dal nostro mondo, ma certamente possiamo fare molto per contenerlo ed impedirgli di continuare a seminare odio e conflitto nelle nostre esistenze.

mercoledì 26 giugno 2024

Julian Assange è libero, non è chiaro quanto lo sia il giornalismo

La liberazione del fondatore di WikiLeaks è una vittoria per la libertà di informazione, ormai quasi insperata. Il caso legale che lo ha visto protagonista, però, non sarebbe mai dovuto esistere.

Lunedì 24 giugno 2024,  Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks ha visto per la prima volta la libertà dopo oltre un decennio, trascorso prima in detenzione arbitraria – definizione delle Nazioni Unite – nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra dal 2012 e, poi, da detenuto nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh (vicino Londra) dal 2019. 

In tutto questo tempo, e a partire dal 2010, Assange è stato indagato e poi accusato di spionaggio dagli Stati Uniti (sotto le presidenze di Obama, Trump  e Biden) per le pubblicazioni di WikiLeaks avvenute nel medesimo anno, quelle relavite alle guerre in Afghanistan e in Iraq.  Sono stati rivelati crimini di guerra, come l’assassinio di giornalisti a Baghdad e di decine di persone in un bombardamento. In quel contesto, WikiLeaks pubblicò oltre 700mila documenti riservati provenienti dagli archivi dell’esercito e dell’intelligence Usa, forniti da Chelsea Manning. 

Julian Assange trova finalmente la libertà grazie a un patteggiamento che lo vedrà dichiararsi colpevole di un capo di accusa sui 18 che gli erano stati imputati ai sensi dell’Espionage Act. Assange non andrà in carcere per via dei cinque anni che ha trascorso in carcere nel Regno Unito che saranno considerati come periodo di pena.  Dall'isola di Saipan (territorio Usa nell’Oceano Pacifico) il 26 giugno si dichiarerà colpevole, e poi volerà poi nella sua nativa Australia, dove dovrebbe rimanere insieme alla famiglia. 

Chiunque abbia a cuore la libertà di stampa non può che festeggiare, soprattutto perché oggi viene sancita la fine di un’odissea legale e politica che ha visto un giornalista passare cinque anni in un carcere di una capitale europea per aver compiuto degli atti di giornalismo e pubblicato notizie. Mentre gli autori dei crimini narrati, sembrerebbe che non sono stati nemmeno messi sotto accusa. 

martedì 25 giugno 2024

Thomas Merton - Mistici e maestri zen

Thomas Merton (1915-1968)  è stato uno scrittore e monaco cristiano statunitense dell'ordine dei Trappisti, autore di oltre sessanta tra saggi e opere in poesia e in prosa dedicati soprattutto ai temi dell'ecumenismo, del dialogo interreligioso, della pace.  Vedi: https://www.thomasmerton.eu/thomas-merton/         

 In questo testo Mistici e maestri zen,  Thomas Merton presenta il buddhismo e in particolare si sofferma sullo zen.  Il concetto di Bhudda-natura è al centro di tutti gli esseri.

L'Occidente attribuisce al buddhismo l'etichetta di panteismo e nirvana,  e l'idea che la meditazione zen sia un riposo nell'assenza individuale che sopprime tutti i bisogni e interessi nella realtà esterna e storica.

La parola  zen deriva dal cinese ch'an che designa un certo tipo di meditazione, ma lo zen non è un metodo di meditazione, nè una pratica spirituale.  E' un'esperienza, e una vita,  non è una religione, non è una filosofia, non è un sistema di pensiero, né una dottrina, nè un'ascesi.   Daisetz Suzuki ha ripetuto più volte che lo zen non è un misticismo.  Lo Zen ha avversione per ogni forma di dualismo tra materia e spirito, lo zen è volto a un'illuminazione derivante dal superamento di tutte le relazioni e opposizioni soggetto-oggetto in un vuoto puro. Non è una visione di Buddha  o un'esperienza  di una relazione con un Essere supremo considerato oggetto della conoscenza e percezione.  Lo Zen non afferma, nè nega, semplicemente è. Si può dire che sia un'ontologica conoscenza dell'essere puro oltre il soggetto e l'oggetto, un'immediata intuizione dell'essere così com'è.  I maestri zen arrivano a dire "se incontri Buddha uccidilo" ,  e rifiutano di rispondere a domande speculative e metafisiche.  Lo Zen non è un sistema di monitoraggio panteistico, e rifiuta qualsiasi affermazione sulla struttura metafisica dell'essere e sull'esistenza, mirando direttamente all'essere.

Lo zen  è la lenta combinazione del buddhismo Mahayana e del taoismo, e poi portato in Giappone e perfezionato.  Sono le strofe attribuite al mitico Bodhidarma ( sesto secolo d.C.) a definire lo zen: "Una speciale tradizione fuori delle scritture (sutra) con nessuna dipendenza da parole e lettere, occorre mirare direttamente all'anima dell'uomo, vedere dentro la propria natura e così raggiungere la condizione di Buddha".  Lo Zen insiste sulla pratica concreta più che su studio e riflessione intellettuale.    Nello zen si giunge all'essere mente anziché avere la mente. L'insistenza zen è la consapevolezza di una piena realtà spirituale e la realizzazione della vacuità di tutte le realtà limitate o particolareggiate, la mia identità non deve essere ricercata dalla separazione, ma dall'unione con tutto ciò che è.  Non è una negazione ma la più alta affermazione dell'identità, nell'uno e con l'Uno.

Il momento più critico per la storia dello zen cinese è la rottura tra la scuola settentrionale e quella meridionale (settimo secolo), nella scelta del sesto patriarca Hui Neng.       

Shen Hsiu (scuola settentrionale - Soto), uno degli aspiranti al ruolo di patriarca scrisse: "il corpo è l'albero della bodhi, la mente è simile a un limpido specchio diritto, abbi cura di spolverarlo continuamente, fa che nessun grano di polvere vi si posi".

Hui Neng (scuola meridionale - Rinzai) scrisse: "il bodhi non è simile a un albero, il limpido specchio in nessun posto è dritto, fondamentalmente nessuna cosa esiste: dov'è dunque il grano di polvere che deve posarsi?"

Suzuki spiega che quando i sutra affermano che tutte le cose sono vuote, inesistenti e fuori dalla casualità, questa affermazione non è il risultato di un ragionamento metafisico, ma esprime l'esperienza buddhista più profonda. Lo Zen di Hui Neng non è una tecnica di ontroversione, con la quale si cerca di escludere il mondo esterno, eliminare i pensieri inquietanti, stare seduti in meditazione. Lo Zen non è misticismo composto da introversione e rinuncia. Per Hui Neng l'illuminazione sarebbe giunta all'improvviso da sé, tenendo in poco conto la pratica dello zazen (la pratica meditativa), in quanto tutta la vita era zen.  Non c'è nessun raggiungimento, e quindi affannarsi a cercare una "via" al raggiungimento è pura illusione. Non si raggiunge lo zen con la meditazione che spolvera lo specchio, ma con l'oblio di sé nel presente esistenziale della vita qui e ora.

Oggi noi ci tormentiamo con l'eredità di quella autoconsapevolezza cartesiana secondo la quale l'io empirico è il punto di partenza di un progresso intellettuale infallibile verso la verità e lo spirito, sempre più raffinato, astratto e immateriale.

Nello zen ci trasformiamo nella luce (prajna), "diventiamo" quella luce che di fatto "siamo". La relazione soggetto-oggetto che esiste nell'io empirico è soppressa nel vuoto, che però non è negazione. Nella realizzazione il vuoto non può essere opposto al pieno, ma vuoto e pieno sono Uno, Zero equivale all'infinito. Il vuoto di tutte le forme limitate è la pienezza dell'Uno. 

Quando non vi è un dimorare del pensiero in nessun luogo e su nessuna cosa, questo è essere liberi, il non dimorare in nessun luogo è la radice della vita. Un maestro zen ha detto:  " vedere dove non c'è qualcosa, questo è il vero vedere, questo è l'eterno vedere".  La contemplazione del vuoto ha delle affinità ben precise con note testimonianze di mistica cristiana.

Sempre secondo lo zen: "Dal principio nessuna cosa è. È nulla è questo nulla che c'è, è sunyata, vuoto, non-mente, la non oggettiva presenza del non-vedere".

Il vescovo cattolico e missionario francese Padre Domoulin (1808-1838) ci offre una bella immagine del maestro giapponese zen Dogen (tredicesimo secolo) la cui illuminazione avvenne in un austero monastero zen dove si praticava meditazione, dotato di alto spirito etico, praticava un ascetismo gioioso, e meditava sulla transitorie delle cose terrene. Tra i buddhisti la sua dottrina è chiamata la religione del solo zazen ed è considerata un ritorno alla pura tradizione di Buddha. 

Comunque Dogen si avvicina a Hui Neng quando insegna ai monaci zen di non desiderare nessuna speciale esperienza di illuminazione durante lo zazen, in quanto l'illuminazione è già presente nello stesso zazen; Lo zazen contiene in sè le sostanze e la realtà dell'illuminazione ( qui si discosta da Hui Neng). Dogen fa riferimento alla scuola Soto, segue le linee tracciate da Shen Hsiu: ponendo l'enfasi su meditazione, ascetismo e metodo. 

La scuola Rinzai segue le linee di Hui Neng che non esclude la meditazione ma la considera in modo diverso: invece di svuotare la mente dai concetti sedendo quietamente, cerca di immergere il discepolo zen nel satori, in una intuizione metafisica dell'essere col non-vedere e il vuoto, lottando col koan. Non-vedere e non-mente non sono rinunce ma realizzazioni. Il vedere senza soggetto e oggetto è un vedere puro, la mente che è vacuità, vuoto e sunyata è la mente prajna (conoscenza  e contemplazione), il fondo metafisico dell'essere. 

Padre Dumoulin vedeva un vero misticismo nei maestri zen come Dongen, mentre non era ispirato dalla tradizione Rinzai con i koan, con le loro risposte violente e irriverenti del maestro (come bruciare la statua di Buddha per scaldarsi in una notte d'inverno).

Hui Neng quando parla di non-vedere, e di non-mente, non definisce uno stato psicologico, ma un'intuizione metafisica del fondo dell'essere, una autoconsapevolezza dell'essere vuoto che è il prajna mente. Il vuoto è inteso come termine metafisico che designa il vuoto dell'essere puro. Questo vuoto è infinito. Suzuki dice che per lo zen zero, è uguale a infinito. Il vuoto infinito è dunque la totalità e la pienezza infinita. 

Per la scuola meridionale  non si può fare di una regola uno specchio, anche pulendo a fondo, così non si può diventare un Buddha stando seduti in meditazione.  Non esiste Essere che non sia Vedente che è a sua volta Agente, questi tre termini sono sinonimi e intercambiabili. Questa struttura trinitaria suggerisce  una esperienza del fondo dell'essere come vuoto puro (sunyata)  che è luce (prajna) che illumina ogni cosa e atto puro  perchè e pienezza e totalità ( di essere-vuoto senza limitazione di sorta). Il fondo-Essere non si distingue da sé stesso come Luce e come Atto.  Per Daisetz Suzuki che è il più importante interprete della tradizione Rinzai "la cosa più importante di tutte è l'amore", l'adempimento nell'amore che non ci si aspetterebbe di trovare in Hui Neng. 

Lo zen Rinzai e tutt'altro che una mistica di passività e di rinuncia. Non è un calarsi nella propria interiorità, e rinuncia, ma una completa liberazione dalla schiavitù di un interno limitato e soggettivo.  L'obiettivo di Hui Neng è la diretta consapevolezza nella quale si forma la verità che ci rende liberi, non la verità come oggetto di sola conoscenza, ma quella vissuta è sperimentata in consapevolezza concreta ed esistenziale. Per questa ragione le attività e gli interessi esteriori non devono essere considerati ostacoli, al contrario lo zen si manifesta in essi come in ogni altra cosa, compreso il mangiare, il dormire e le più umili funzioni materiali.

Forse Hui Neng non fu il vero autore del testo Scrittura programmata, il manifesto ufficiale della scuola meridionale. È l'unico testo buddhista cinese che si sia affermato come scrittura nel senso dei sutra. Ma non fu mai proposto dai maestri zen ai loro discepoli, in quanto lo zen è un'esperienza che deve essere trasmessa senza i sutra. Comunque nel testo è contenuta la definizione di illuminazione come la intendeva Hui Neng che veniva raggiunta all'improvviso quindi non per gradi e non come risultato di una meditazione o altra disciplina.

Le grandi tradizioni cinesi - Thomas Merton

Thomas Merton (1915-1968)  monaco trappista e poeta, tra il 1944 e il 1968 scrisse qualcosa come cinquanta libri, senza includere le lettere, i diari e i saggi che sono stati pubblicati postumi. E' stato un pensatore che ha fatto scuola nei tre ambiti tematici religiosi più importanti dell’ultima metà del XX secolo: ecumenismo, giustizia sociale e spiritualità contemplativa.    

In Cina ci sono tre grandi tradizioni: confucianesimo, taoismo e buddhismo. Il buddhismo cinese è un amalgama del buddhismo mahayana dell'India e taoismo; portava un grande messaggio di speranza, ma è arrivato tardi e non ha influenzato molto il pensiero cinese.  La scuola più importante in Cina è la scuola Ju fondata da Kung Tzu che i primi missionari chiamarono Confucio. Il discepolo più conosciuto è Meng Tzu conosciuto in Occidente come Mencio.  Il padre del taoismo è stato il mistico Lao Tzu, e la sua affascinante opera, il Tao Te Ching (la via e il suo potere) è stato il classico cinese più tradotto.  Meng Tzu e Lao Tsu vissero entrambi nel sesto secolo A.C. e sono contemporanei di Gautama Buddha.     

Lao Tzu condivideva con Kung Tzu la venerazione del passato e del mondo arcaico, riteneva artificiale ogni sistematizzazione e ordine sociale. Per lui il governo, la politica, gli stessi sistemi etici per quanto buoni potessero essere rappresentavano un pervertimento della naturale semplicità dell'uomo. Rendevano l'uomo competitivo, egoista e aggressivo e portavano a idee illusorie da cui nascevano odi, scismi, guerre e la distruzione della società. L'ideale per il taoismo sono le piccole comunità primitive formate da villaggi, abitati da  uomini semplici, disinteressati in perfetta armonia con il segreto, ineffabile Tao. Il risultato dell'anarchia implicità aveva ben poco da offrire agli uomini che desideravano cambiare e migliorare la vita in società.  

Il fondamento della scuola Ju ossia del confucianesimo è la persona umana e le sue relazioni con le altre persone nella società. Lo Ju è una dottrina umanista, personalista, etica e universale.  Anche i comunisti si richiamano a volte allo Ju sulla formazione della persona e il suo posto in società.  La saggezza di Confucio non risiede tanto nella sua conoscenza della natura umana quanto nella fede nell'uomo. Mincio il suo discepolo immortalò questo concetto nella parabola della montagna Ox:  "questa montagna un tempo era fitta di boschi, vicino a un villaggio, gli uomini tagliato o gli alberi, e quando i germoglio ripresero a crescere portano le greggi. Nessuno credeva che lamontagna fosse stata un tempo così boscosa. Così avviene nell'uomo: è naturalmente incline alla virtù, ma le sue azioni, in una società ingorda e avida, distruggono ogni prova della sua innata bontà così che egli appare naturalmente cattivo".

I confuciani credevano che una società governata da un principe giusto avrebbe riportato alla luce la bontà nascosta dei sudditi. Questa società doveva essere unita da un ordine sociale che trovava forza nei riti liturgici, il Li, che oltre il culto del cielo sono anche l'espressione di quelle relazioni affettive e dell'armonia che legano gli esseri umani. Kung Tzu credeva che gli uomini potessero essere buoni, in una società etica, che rispettasse le loro virtù nascoste; Lo Ju era una specie di umanitarismo con un sacro senso della volontà del cielo che doveva riflettersi nella società umana.  

Se uno doveva essere saggio per vivere secondo il taoismo, doveva essere anche un uomo di profonda umiltà, interiorità e pazienza per soddisfare i principi del confucianesimo.  I taoista hanno meno interesse per l'uomo che per il Tao e diffidano di ogni forma di educazione. Credono che il Tao nascosto possa manifestarsi e realizzare l'intimo e imperscrutabile significato nell'uomo se questo lasciasse tranquillo se stesso e la sua natura. Quindi i mistici predicava un ritorno alle radici e il rispetto della natura al suo stato primitivo. Il taoismo non è non-azione totale, ma piuttosto non-attivismo. 

In contrasto con Meng Tzu erano Mo Tzu e la scuola legalista che sostenevano che l'uomo è fondamentalmente cattivo e doveva essere obbligato a uniformare la sua condotta a un astratto amore universale con la forza della legge, obbedire a un potere arbitrario con la minaccia di punizioni. Il fondatore del legalità fu Hsun Tzu nel terzo secolo avanti Cristo

I legalisti si servivano della cupidigia dell'uomo, dei suoi interessi egoistici, per volgersi ai loro fini politici, al potere (shih). I riti, la saggezza, il sentimento umanitario dello Ju non servono a niente. La legge rimpiazza tutto, inclusa la morale, la religione e la coscienza. Contemplano la minaccia della punizione severa, e l'unica norma è il volere arbitrario del sovrano. Lo scopo del legalismo è rendere lo Stato così potente da eliminare tutti i nemici e allora così ci sarà la pace.  E a poco a poco i legalisti cominciarono ad abolire il confucianesimo, proposero lo sterminio di tutti gli studiosi, di incendiare tutte le biblioteche e così molti libri antichi andarono distrutti. I seguaci della scuola Ju giustiziati.

Fortunatamente la scuola confuciana rinacque sotto la dinastia Han ( secondo secolo a.C.). La filosofia continuò ad essere la forza più vitale della Cina. Per secoli, l'istruzione degli studenti cinesi ebbe come base, legalmente e ufficialmente, lo studio dei quattro classici confuciani: Dissertazioni, la Grande scienza, la Dottrina di mezzo, insieme al libro di Meng Tzu. Per capire la Cina e indispensabile leggere questi quattro libri.  

La base della filosofia di Kung è la legge naturale, il Tao stesso, ma il Tao etico, la via dell'uomo, più che il Tao metafisico o l'imperscrutabile via di Dio.  I taoisti sono interessati alla metafisica i confuciani all'etica Tao.  Questo concetto è spesso confuso, solo nella Dottrina di mezzo è ben evidenziata questa differenza. Il punto di partenza del confucianesimo è che esiste una realtà trascendente e oggettiva chiamata cielo, e ci sono altre realtà, quelle mutevoli e contingenti della terra e dell'uomo  che possono essere in ordine o disordine, sono in ordine quando sono in armonia col cielo, che è la realtà finale. La filosofia di Kung è una sapienza, non una dottrina, ma un modo di vita impregnato di verità. I riti o il Li erano l'espressione visibile della realtà nascosta dell'universo, della sapienza divina  nelle cose umane e nell'ordine sociale. Partecipando ai riti l'uomo acquista coscienza, matura, si trasforma e con lui la società.

La grande Scienza riporta che il giusto agire dipende dalla coscienza della persona che agisce, dalla verità interiore.  Si può raggiungere l'illuminazione con l'azione intelligente. L'etica confuciana è il frutto della coscienza spirituale e del lavoro. Occorre portare l'inconscio e l'oscuro nel fuoco della chiarezza con azione giusta al momento giusto, con consapevezza ispirata ai principi etici e sacri, e sapere cosa si deve fare. Splendido concetto e civile di azione etica. La grande Scienza è la chiave del pensiero classico cinese, in Cina la legge della natura non fu un'astrazione filosofica ma una forza viva che ebbe un richiamo religioso nel cuore e nella coscienza del popolo.  Il punto di partenza dell'educazione confuciana è dunque di coltivare la persona e formare una classe dirigente di discepoli umani e illuminati. Il saggio deve portare la sua saggezza ad agire in armonia con gli atti saggi di coloro che vivono intorno a lui.

Tra i classici cinesi oltre al famoso Tao Te Ching troviamo il Hsiao Ching, che è il classico dell'amore filiale, che rappresenta un testo confuciano di taoismo. Per i confuciani l'amore filiale era la radice principale che penetrava più profondamente nel mistero del Tao etico. "Ching" in Cina è tradotto con "classico" quindi i Ching sono testi autorevoli, perchè ha origine da un'autorità più alta dell'uomo. Il Tao The Ching ditingue un Tao noto da un Tao ignoto e innominato, e ci autorizza a cercare qualcosa che corrisponda alla nostra nozione di Dio al di sopra e al di là del cosmo.  La saggezza del Tao Te Ching conduce allo zen, che è una trasmissione senza nessun Ching che passa inesplicabilmente da maestro a discepolo senza parole ma attraverso koan.

Che cosa è il Tao?  i saggi rispondevano "Non lo so. E' la forma senza forma, l'immagine senza immagine". Il Wu wei è un'espressione tecnica taoista e zen, non è un principio attivo, è l'attività suprema, perchè agisce in stato di riposo, agisce senza sforzo. Il mondo è un vaso sacro che non si deve manomettere, nè cercare di afferrare. Nel capitolo 67esimo del Tao Te Ching ci sono delle affinità col cristianesimo: nel Tao si trovano tre tesori: carità, frugalità, e non voler essere primo nel mondo. Poichè io sono misericordioso, io posso essere bravo... perchè il cielo verrà a salvare i misericordiosi e a proteggerli con la sua misericordia.  "Se uno rinuncia all'amore e al coraggio, rinuncia al controllo e alla riserva di energia, rinuncia a rimanere indietro e si spinge avanti, è un uomo perduto!"

Il testo Hsiao Ching parla della pietà filiale e del fatto che noi siamo accolti come un dono dai nostri genitori, e dobbiamo nutrire la più grande gratitudine verso di loro. Quando i nostri genitori sono vecchi dobbiamo ritornare da loro per assiterli amorevolmente. L'imperatore è al vertice, tutti dipendono da lui, ed egli dovrebbe idealmente essere capace dell'amore più vasto e  illimitato. Non esiste una subordinazione cieca agli anziani, al contrario bisogna correggere il padre quando sbaglia e il ministro deve correggere il principe quando erra.

Buddhsimo Zen.  I monaci zen sono noti per la semplicità e austerità della loro vita, per il lavoro manuale, l'estrema severità nella vita in comune. Il monastero zen ha una sala di meditazione chiamata zendo, il monaco zen non rimane vincolato ad una comunità, ed è libero di andare in un altro monastero. Con la formazione sarà in grado di raggiungere una maturità e libertà spirtuale e potrà proseguire da solo il cammino verso l'illuminazione mediante la pratica dei precetti (sila) , della meditazione (dhyana), e della saggezza (prajna).  Il Buddha  disse al suo discepolo Ananda "Non rifugiarti in niente che sia fuori di te, tieni ferma la verità come una lampada e un rifugio, e non cercare rifugio in qualcosa fuori di te". Occorre essere sempre attivo, padrone di sè e di animo pacato (corrisponde all'ascetismo individualista Theravada ed è un concetto molto lontano dalla fiducia cristiana nella "grazia". Lo zen non fa affidamento all'autorità delle scritture (sutra), nè si affida a regole o metodi.   Nel buddhismo mahayana ci sono esempi di fede profonda nel Buddha come nell'amidismo (buddhsimo della terra Pura).

Bodhidharma (VI secolo dopo Cristo) riassume il programma zen in questo modo: "Una speciale tradizione fuori dalle scritture, nessuna dipendenza da parole e lettere, mirare direttamente all'anima dell'uomo, vedere dentro la propria natura e così raggiungere la condizione di Buddha".

I monaci zen sono accusati di essere Non intellettuali, preferivano l'esperienza diretta alla conoscenza astratta e teorica acquistata leggendo e studiando, ma non negarono mai che la lettura e lo studio al momento opportuno, potessero contribuire a rendere più valido l'addestramento spirituale. I maestri zen evitano accuratamente che i discepoli si attacchino agli insegnamenti di Buddha, per questo molte frasi di maestri sembrano assurdità. spesso erano volutamente privi di senso da un punto di vista logico. Nello zen si pratica un non attaccamento, la via della vacuità, mancanza di oggetto e la non-mente. Hui Neng disse: "se hai nel cuore la nozione di purezza e ti attacchi ad essa, converti la purezza in falsità". 

La vera illuminazione si trova nell'azione, lo zen è una piena consapevolezza del dinamismo e della spontaneità della vita.  Lo zen richiede un'attenzione totale, rivolta alla vita nella sua realtà concreta, esistenziale, qui e ora. La mente ordinaria di ognuno di noi è il Tao.   Bisogna evitare l'illusione di trovare la via nei sutra e nei testi, ma anche l'illusione di trovarla stando seduti in quieta meditaazione.  

L'ordinaria esperienza della vita quotidiana è il luogo dove cercare l'illuminazione. Il mistico zen cerca di sbarazzarsi di quell'io e di tutte le sue attività al fine di scoprire la spontaneità profonda che viene dal fondo dell'Essere (dall'io originale, dalla mente Buddha o prajna,  in termini cinesi dal Tao)  per diventare una lampada per sè bisogna sbarazzarsi del sè empirico.  Spesso i maestri zen trasmettono questi insegnamenti con severità e spietatezza. La vita monastica buddhista è soprattutto una vita di pellegrinaggio (angya) il cui scopo è di convincere il monaco che tutta la sua vita è una ricerca, in esilio, la sua vera casa.  Tutta la vita monastica è un pellegrinaggio, e il soggiorno al monastero è solo un'interruzione. Solo quando è accordato al monaco l'accesso alla sala di meditazione (zendo), il monaco comincia a far parte della comunità. Ed è li che il monaco passa buona parte della giornata. in posizione di loto meditando sul koan (una massima enigmatica) assegnatogli dal roshi ( maestro). I koan sono usati solo nella scuola Rinzai.

Anche se i rituali non sono molto elaborati, sono comunque presenti come mettere per esempio delle candele davanti alla statua di Buddha, anche i sutra a volte vengono letti.  L'addestramento del monaco fatto dal maestro sembra avere come scopo di spingere il monaco in una notte oscura.  Comunque durante la giornata i monaci partecipano alla cerimonia del thè, a incontri di judo tra di loro,  lavorano la terra e vanno in cerca di elemosine. La questua e il lavoro manuale sono importanti per inculcare loro lo spirito di povertà e umiltà. Il monaco sente di non aver diritto di condividere il pane se non c'è in lui l'intenzione ferma di giungere all'illuminazione e aprire il suo occhio spirituale (l'occhio prajna). 

Lo zen è un tipo di  spiritualità filosofica ed esistenzialista capace di portare l'uomo a un vero confronto con se stesso, con la realtà e col suo simile. Comunque senza dimensione religiosa è difficilmente spiegabile di come il monachesimo zen abbia potuto sopravvivere tutti questi secoli. 

Un maestro zen ha detto: " quando avrai raggiunto uno stato di perfetta immobilità e incoscienza, tutti i segni della vita si cancelleranno e ogni traccia di limitazione svanirà, nessun pensiero disturberà la tua coscienza, quando all'improvviso vedrai una luce effondersi in tutto il suo splendore. La tua esistenza è sciolta da ogni limitazione".

Il koan è il cuore dell'insegnamento zen della scuola Rinzai; per arrivare al cuore del koan, per gustarne l'essenza, bisogna penetrare nel cuore della vita stessa quale fondo della propria coscienza. uno sperimenta se stesso come l'interrogativo proposto. Il koan non è diverso dall'io, è una figura criptica dell'io. Nei tuoi interrogativi non avrai più coscienza,  ma avvertirai solo il vuoto. Quando scomparirà anche la consapevolezza del vuoto, capirai che non c'è nessun Buddha al di fuori della mente e nessuna mente al di fuori del Buddha. L'esperienza zen è una liberazione dalla nozione di io e mente, tuttavia non è annullamento e pura incoscienza, ma al contrario una specie di supercoscienza. L'illuminazione in questo senso di una nuova identità e consapevolezza non è la fine ma il vero principio. Il punto di partenza per raggiungere il kensho o l'ulteriore e originale illuminazione, e di farlo verificare dal roshi (maestro).

Il koan tende a liberare anche la coscienza individuale dai desideri dissolvendo proprio la sua individualità. Lo zen perciò nega un valore speciale all'esperienza limitata e transitoria dell'io costituito dal piccolo nodo dei desideri lasciatici in eredità dalla nostra storia morale (karma).  Tende a una coscienza pura non limitata da progetti e desideri.  Senza eliminare quello che noi chiamiamo "io" non si potrà avanzare nella pratica. 

Per riassumere lo scopo del koan zen è di portare lo studioso, mediante una pratica interiore e severa, e con la guida e supervisione del suo roshi, a uno stato di coscienza pura. La meditazione intensa sul koan in un ambiente monastico tende a rompere la continuità storica di un io sociale e convenzionale e iniziare una nuova e più intima storia personale di ricerca. La consapevolezza finale della coscienza zen non è la perdita dell'io, ma la scoperta e la dotazione dell'io in tutto e per tutto. Quando  l'attività della tua mente sarà esausta e la capacità di pensare sarà estinta, sorgerà una grande fiamma di vitalità.

La pratica dello zen mira all'approfondimento, alla purificazione e alla trasformazione della coscienza, opera in profondità e va oltre la psicologia del profondo. 

L'obiettivo dello Zen è quello del buddhismo in generale: "l'emancipazione finale dal dualismo". Il buddhismo non afferma Dio nè lo nega in quanto considera tali affermazioni dualistiche. Il raggiungimento della condizione di Buddha, non è diventare simile a Buddha, ma è un risveglio ontologico al fondo ultimo dell'essere, o al Buddha che ognuno è.  Per lo zen non esiste alcun vero Buddha all'infuori dell'uomo che si sveglia al suo "Vero Io".  Questo "Vero Io" è la mente originale, informale, il nulla, il Sunyata

Accostando questo concetto alla realtà possiamo dire che il cuore dello zen è quella imperturbata percezione dell'Uno nei Più, del Vuoto nella vita quotidiana e del mondo ordinario che ci circonda, è il fondamento dell'umanesimo zen al giorno d'oggi.   Il Nirvana non è che la realizzazione da parte dell'uomo del suo "Vero Io" esistenziale, come fondo sia dell'io ordinario sia del mondo opposto ad esso... il Nirvana non è semplicemente transpersonale, ma anche, al tempo stesso personale.  

Il Nirvana non è un'evasione dai fenomeni e dal mondo d'ogni giorno con i suoi problemi e rischi, ma una realizzazione di quel Vuoto e Vero Io che è il fondo ontologico comune sia della libertà personale sia del mondo oggettivo e problematico.

Riflessioni di THich Nhat Hanh

Thích Nhất Hạnh (1926-2022)  è stato un monaco buddhista, poeta e attivista vietnamita per la pace.    

L'obiettivo essenziale del buddhismo è dare una risposta realistica all'interrogativo di come far fronte alla sofferenza. Fare del partito, della razza, della nazione, o anche della religione ufficiale, altrettanti assoluti, significa erigere barriere di illusione che si frappongono fra l'uomo e il suo "io" e gli impediscono di vedere la realtà nella sua fattualità esistenziale. Le diverse concezioni del mondo, sia religiose che politiche, possono concorrere nell'errore di fornire all'uomo un rifugio e risposte formali stereotipate che sostituiscono il pensiero, la ricerca interiore, l'esperienza e l'amore nella loro genuità. 

L'obiettivo del buddhismo è quindi la creazione di una nuova coscienza, libera di trattare con la vita senza pretesa,  cercando di eliminare dentro di noi le illusioni che ci dividono dagli altri. Solo l'amore può trasformare il mondo, (Thay è un fervido lettore di Camus e di Bonhoeffer).  Per Thay il nirvana non soltanto non è un'evasione dalla vita, ma bisogna cercarlo proprio in mezzo alla vita, alla sofferenza, alla morte. E questa è un'espressione in chiave moderna dell'ideale mahayana del Boddhisattva. 

All'origine della sofferenza c'è l'ignoranza, non riusciamo a comprendere la realtà e la frantumiamo con una serie di pregiudizi. Per capire la realtà si deve riconoscere l'interdipendenza, la precarietà e l'inconsistenza dei fenomeni. In base alla corretta percezione (non interpretazione) si deve poi procedere alla corretta realistica azione. 

Occorre rinnovare radicalmente la concezione empirica buddhista della realtà nel contesto di un impegno per ridurre le diseguaglianza sociali, di una lotta in termini accessibili a coloro che vi partecipano a fondo. Questa formula si applica, non soltanto al buddhsimo, ma a qualsiasi religione che cerchi il suo posto nel mondo d'oggi.  Non si deve credere che il buddhsimo stia predicando una dottrina ingenua e attivistica di rivoluzione con la forza,  in quanto il principio fondamentale del buddhsimo è quello della non violenza. 

Frasi sull'Amicizia

In questo post riporto alcune frasi riguardanti l'amicizia, che mi hanno particolarmente colpito, estrapolate dei libri che ho letto.

"Oggi le relazioni si riducono a semplici connessioni, in un contesto in cui è possibile con pari facilità entrare e uscire, puri contatti senza impegno e responsabilità".  Fabio Guidi

Spesso manchiamo di coerenza nelle nostre relazioni, tanto che finiamo per sviluppare la sindrome "Molte relazioni, nessuna relazione". Avere molte relazioni può sembrare una grande apertura interpersonale, mentre in realtà è una fuga da una vera relazione.

 "Nessuno si interessa più degli altri senza un motivo, e alla fine siamo tutti soli".  Dal film "Toglimi un dubbio" di Carine Tardieu    -         Dal libro L'anomalie - Hervè Le Tellier  


Ormai nessuno ha più tempo per nulla. Neppure di meravigliarsi, inorridirsi, commuoversi, innamorarsi, stare con se stessi. Le scuse per non fermarci e chiederci se questo correre ci rende felici sono migliaia, e se non ci sono, siamo bravissimi a inventarle. Tiziano Terzani

Le relazioni interpersonali sono un momento fondamentale della nostra esistenza. Nessun essere umano può vivere e restare senza amore, senza legami affettivi con gli altri e il mondo.  Essere presenti nelle relazioni è difficile, ma allo stesso tempo nutriente, sia per noi stessi che per gli altri.

Le relazioni sono un potente mezzo di purificazione mentale, e come dice Krishnamurti: "La relazione è un processo di auto-rivelazione, ci rivela a noi stessi".  Dobbiamo scegliere a chi dedicare la nostra attenzione e farlo in profondità.

L'amicizia e l'amore sono una risonanza positiva molto forte con qualcuno, senza attaccamento, nè altra cosa, sono semplicemente un sentimento della nostra umanità comune, e la constatazione di essere felice di stare con questa persona e di essere in relazione con questa persona. Ed è considerata l'emozione suprema perchè è accompagnata da stati mentali positivi che accompagnano come una costellazione questa risonanza positiva con gli altri da cui scaturisce il miglior stato dell'essere umano - Matthieu Ricard.

Spinoza illustrava due percorsi nello sviluppo dell'essere umano: - Il primo cammino consiste nell'andare verso se stessi, è la gioia della liberazione;  - Il secondo consiste ad andare verso gli altri ed essere in armonia con il mondo, e esprimere la gioia della comunione.
Il primo percorso consiste nel diventare pienamente se stessi, con un lavoro di introspezione si elimina ciò che ci è stato imposto dall'esterno e si cerca di sviluppare aspetti che sono stati soffocati. Questo processo di individuazione, come lo definisce Jung, comincia verso i 35 anni, quando abbiamo preso coscienza, confrontandoci con l'esperienza, della nostra vera natura e delle nostre aspirazioni reali. Importante è mantenere i legami con la comunità, la famiglia e avere dei valori. Spinoza direbbe: "osserva quello che ti porta della gioia e quello che ti rende triste".
È impossibile vivere nella gioia se siamo in permanenza dipendenti della critica o del giudizio degli altri.

"Essere capaci di trovare la propria gioia nella gioia dell'altro: ecco il segreto della felicità". - Georges Bernanos.  

Nell'etica a Nicomaque, Aristotele usa la parola philia per descrivere l'amore è l'amicizia. Philia è un amore profondo che unisce sia degli amici che delle coppie, il fondamento di tutte le relazioni umane autentiche: si sceglie una persona per condividere un progetto, o condivisione di scambi, di piaceri e di conoscenze. E' fondata sulla reciprocità, con una persona con la quale ci incoraggiamo mutualmente, ci aiutiamo reciprocamente a svilupparci, a essere pienamente noi stessi.
Philia comporta una dimensione senza la quale nessun amore può essere vero: la gioia di poter essere pienamente se stesso e di aiutare l'altro a essere, anche lui, pienamente se stesso. A volte c'è un amore incondizionato verso l'altro, a volte questo amore è condizionato (genitori che amano i figli se riescono negli studi, il partner che ama il compagno/a se mantiene una certa forma fisica, ecc).  

Aristotele parla di diversi gradi di amicizia, al più alto livello situa l'amicizia che unisce due persone uguali. In questo rapporto i due amici devono arricchirsi reciprocamente senza sfruttarsi. 

La vera amicizia è rara, la sua achimia è complessa e si base sulla simmetria e la complementarietà tra due persone. Spesso è difficile distinguere tra l'amore e l'amicizia. Si parla di amicizia in senso riduttivo o attenuato quando esistono delle affinità, degli interessi comuni, delle possibilità di aiuto reciproco e allora in questo caso, l'amicizia ha una vera funzione sociale.

Frase sull'amicizia: "Gli uomi sono egoisti ed individualisti. Gli amici dovrebbero essere sempre presenti, solidali, confidenti , altruisti, sempre disposti ad ascoltarci, degli angeli!  Tu credi negli angeli?!"

Comunicare l'un l'altro, anche se ci si conosce molto bene, è estremamente difficile. Ci si comprende quando ci si incontra al medesimo livello nel medesimo tempo.    

Non potremo mai stabilire con certezza fino a che punto i nostri rapporti con gli altri siano i risultati dei nostri sentimenti, del nostro amore, del nostro non-amore, del nostro rancore e fino a che punto sono condizionati dal rapporto di forze tra gli individui.   Milan Kundera

Fintanto che le persone sono giovani e la composizione musicale della loro vita è ancora alle prime battute, essi possono scriverla in comune e scambiarsi i temi, ma quando si incontrano in età più matura, la loro composizione musicale è più o meno completa, e ogni parola, ogni oggetto, significano qualcosa di diverso nella composizione di ciascuno. Milan Kundera

Quello che è pericoloso nei rapporti è l'usura e la malinconia della memoria, (dell'infanzia, del non vissuto, ecc.) che possono innestare la necessità di nuovi incontri e di relazioni particolari. Le relazioni particolari sono quelle che nascono quasi inavvertitamente in situazioni particolari, quasi senza intenzione, ma che si trasformano in una sorta di comunione necessaria e naturale, che seleziona e filtra i rapporti con il mondo esterno, che condivide pensieri e atteggiamenti, che sente una unicità della relazione, quasi un possesso. Queste relazioni particolari possono essere rapporti di amicizia, ma anche rapporti di amicizia/amore.

Quando un uomo sa più degli altri diventa solitario. Ma la solitudine non è necessariamente nemica dell’amicizia o dell’amore, poichè nessuno è più sensibile nelle relazioni, di un solitario. C. G. Jung

Se c'è pace nella tua mente, troverai pace con tutti. Se la tua mente è agitata, troverai agitazione ovunque. Quindi prima trova la pace interiore e vedrai questa pace interiore riflessa ovunque. Tu sei questa pace. La pace è come una sorgente che scaturisce dall'interno, non si può ottenerla dal mondo esteriore.

Alla fine quello che importa sono le persone a cui vogliamo bene. Si trova il senso della vita scegliendo dove e come trascorrere  il nostro tempo prezioso. "Quello che si ricorda, sono le persone di cui abbiamo toccato le vite e quelle che hanno cambiato la nostra". Maria Ressa.

Il monaco zen Thich Nhat Hanh ha inventato la meditazione dell'abbraccio "«Inspirando, so che questa persona cara è viva fra le mie braccia. Espirando, so che mi è tanto preziosa». Se respirate profondamente in questo modo, tenendo fra le braccia la persona a cui volete bene, l'energia della cura, dell'amore e della consapevolezza penetrerà in lei e la nutrirà e la farà rifiorire. 

L'amore di sè, è legittimo e necessario  per poter amare gli altri e essere amati da loro. Questo amore è la parte qualitativa della stima di sè basata sulle proprie capacità, potenzialità e risultati. Quando volete bene a qualcuno, non glielo direte mai abbastanza. Molti hanno il pudore a dire "Ti voglio bene", "Tengo a te", "Ti amo", come se svelassero qualcosa di troppo intimo di loro per essere espresso nella quotidianità.

lunedì 24 giugno 2024

Lo yoga, vittima della moda

L'alien yoga, l'HIIT yoga, lo yoga con capre... Non si contano più le declinazioni sempre più stravaganti di questa disciplina millenaria. Alcune associazioni di yoga sono arrivate a definire i praticanti come "clienti".       Se non ti sei iscritto a un corso di yoga a fine agosto, hai fallito nella vita. 

Anni dopo i primi apostoli californiani, l’entusiasmo per questa pratica sembra non volersi esaurire. Lezioni di prova, sessioni gratuite, a volte in luoghi insoliti... Lo yoga conta circa 2 milioni di seguaci in Francia, 36 milioni negli Stati Uniti, e ne attira sempre di più. Foto e video di apprendisti yogi al tramonto invadono (chi ha detto "inquinano"?) ogni estate i social network, mostrando posizioni degne dei migliori contorsionisti. Nell’edizione dell’11 agosto, Elle descrive "il boom dell’ego trip", il dilagare dei soggiorni yoga-disconnessione.

Si celebra in tutto il mondo il 21 giugno la Giornata Mondiale dello Yoga. Proclamata dalle Nazioni Unite su iniziativa del Primo Ministro indiano, Narendra Modi, l’evento ha avuto un successo immediato. Tuttavia, questa giornata, spesso sponsorizzata da marchi di abbigliamento e il cui scopo sembra essere quello di battere record di posture stile Guinness dei Primati, è in contraddizione con l’essenza stessa dello yoga, come lamentano i professionisti. Gli insegnanti guardano con sconcerto le innumerevoli declinazioni della loro disciplina, a volte assurde, che proliferano nelle palestre alla moda.

Bisogna dire che i commercianti di concetti yogici mostrano un’inesauribile inventiva. Citiamo lo yoga-tequila o la sua versione moderata, lo yoga-birra. Ma anche, ultima moda negli Stati Uniti, il goat yoga, ovvero come eseguire le posture circondati da... capre – e talvolta con l’animale sulla schiena, come descritto recentemente da alcune associazioni.  O ancora l’alien yoga, presentato nel quotidiano britannico The Times che consiste nell’aspirare l’addome per lasciare apparire solo un rigonfiamento, stile Ridley Scott. Grazia annunciava il "HIIT yoga", un’invenzione di un club parigino che mescola esercizi cardio e posizioni yoga. Potremmo continuare la lista.

"Lo yoga non è una terapia né una ginnastica, è una filosofia portatrice del senso della vita che permette, in un mondo in totale sconvolgimento, di andare all’essenziale", sottolinea Isabelle Morin-Larbey, presidente della Federazione Nazionale degli Insegnanti di Yoga (FNEY) che ha festeggiato i suoi 50 anni quest’anno.

L’origine dello yoga, parola sanscrita che significa "unire, collegare, congiungere", implica la persona intera riunificando corpo, mente e cuore. Nato migliaia di anni fa in India, questa disciplina designa "l’arresto delle fluttuazioni della mente". In pratica, le posizioni dello yoga (asana) e gli esercizi di respirazione (pranayama) permettono di rafforzare i punti di appoggio fisici e respiratori e di ritrovare un asse, con facilità e fermezza, senza alcun giudizio.

"Oggi, il benessere rappresenta tutto un mercato", osserva la psicanalista Christiane Berthelet Lorelle, autrice di diversi libri sull’argomento. "Dobbiamo quindi trasmettere e trasmettere ancora, riferirci ai testi antichi, continuare a lavorare affinché ogni persona abbia la possibilità di discernere ciò che è una pratica autentica, radicata nella sua etica, da un’altra, votata alla performance ginnica o all’estetizzazione." Agli antipodi di una disciplina express fondata sulla cultura del risultato. "Pazienza, lentezza, perseveranza, umiltà sono le qualità sviluppate sul tappeto", riassume Isabelle Morin-Larbey.

Benefici comprovati.  "Ridurre lo yoga a una tecnica, è riduttivo. Non basta imparare le posizioni. Non è una dimostrazione, è l’esatto opposto. Lo yoga assomiglia più a un approccio olistico, è una disciplina corporea, filosofica e spirituale, che propone di lasciarsi andare", spiega Christophe Pasteur, osteopata, che insegna anatomia presso la Scuola Francese di Yoga di Parigi, che dipende dalla FNEY.

"Si fa dello yoga una soluzione miracolosa per tutto, per dimagrire, mentre lo yoga è proprio il distacco dalle apparenze", sottolinea Patrick Delhumeau, direttore della Scuola Francese di Yoga dell’Ovest. I suoi benefici sulla salute sono provati da numerosi studi scientifici, sia per trattare la depressione, alleviare lo stress, migliorare la digestione, la salute cardiaca... "Fanno parte degli effetti secondari desiderabili dello yoga", descrive poeticamente Delhumeau. Gli studi che lo confermano si moltiplicano; se ne contano migliaia. La pratica è sempre più proposta negli istituti di cura.

Sintomo dei tempi, molti vedono anche nello yoga un aiuto contro la frammentazione del tempo, la corsa frenetica permanente, il sempre di più, il "tutto, subito". Lo yoga permette di prendersi il tempo per sé stessi.

Per l'insegnante e sceneggiatore Gilles Vernet, è "una disciplina che ridà respiro e flessibilità alla nostra esistenza". "È bene crearsi pause volontarie in un mondo che non ce le offre più", dice l’autore del documentario e libro "Tutto accelera" (Eyrolles, 264 pagine, 14,90 €) pubblicato a maggio. "Prendersi il proprio tempo dà spazio, ecco la lezione di questa pratica ancestrale", sottolinea la psicanalista Christiane Berthelet Lorelle.

Lo yoga può anche essere "un rifugio per ritrovare equilibrio", come per Marie, che ha conosciuto rotture affettive e professionali. Ha trovato nello yoga "un modo per respirare e riprendere fiducia in se stessa", senza mai fuggire. "Lo yoga permette di distaccarsi da certi comportamenti, in particolare consumistici", insiste Morin-Larbey. E di liberarsi dal superfluo, andando verso l’essenziale. Inutile caricarsi di una capra, anche se è flessibile.

Articolo di Pascale Santi pubblicato su Le Monde

Lo yoga modifica il cervello e migliora la salute mentale

Negli ultimi dieci anni, lo yoga è diventato di moda, come dimostra la moltiplicazione delle sue declinazioni, più o meno fantasiose, o ancora la creazione, nel 2015, di una "Giornata Internazionale dello Yoga".  

A questa disciplina vengono attribuiti numerosi benefici, e lavori scientifici hanno cercato di valutare i suoi effetti sulla salute, così come la sua capacità di migliorare la situazione di pazienti affetti da varie patologie, come lombalgia, cancro o problemi cardiaci. Le conseguenze della pratica dello yoga sono state studiate non solo nella popolazione generale, ma anche presso popolazioni specifiche: adolescenti, persone con disturbi mentali, ecc.    I risultati sembrano indicare che praticare yoga si traduce effettivamente in vari effetti positivi sulla salute fisica. Questa pratica permette in particolare di migliorare l’equilibrio, la flessibilità, nonché di rafforzare i muscoli e il cuore. Lo yoga potrebbe avere anche un effetto benefico sul sistema immunitario e presentare un interesse nella gestione del dolore.

Lo yoga migliora l'attività cerebrale. Lo yoga presenta la particolarità, rispetto ad altri tipi di attività fisica, di combinare sequenze di movimenti con esercizi di controllo della respirazione e di regolazione dell’attenzione. In una meta-analisi recente, ossia un’analisi statistica dei dati pubblicati nella letteratura scientifica (una "analisi delle analisi"), ricercatori cinesi hanno analizzato i risultati di 15 pubblicazioni scientifiche che hanno studiato gli effetti dello yoga e di pratiche appartenenti allo stesso tipo di attività fisica "mente-corpo" (tai-chi-chuan o taiji, qi gong, baduanjin, wuqinxi…). In questi vari lavori, i ricercatori avevano utilizzato principalmente la risonanza magnetica (RM) per osservare gli effetti dello yoga sul cervello.

L’analisi di tutti i risultati di questi diversi studi mostra diversi miglioramenti nei praticanti di queste attività mente-corpo, tra cui un aumento delle dimensioni di alcune regioni del cervello e della loro attività. Questi cambiamenti avvengono principalmente a livello della corteccia prefrontale, dell’ippocampo, del lobo temporale, dell’insula e della corteccia cingolata, strutture principalmente coinvolte nella regolazione emotiva, nella memoria e nel controllo di sé. I ricercatori hanno osservato anche una migliore connettività funzionale nei circuiti cerebrali di alto livello, come quello del controllo cognitivo (che regola l’attenzione, l’inibizione, la memoria di lavoro, ecc.) e quello della modalità predefinita (rete dei pensieri e delle emozioni di sé e degli altri). Un’altra meta-analisi ha messo in evidenza che i cambiamenti cerebrali osservati tramite RM potrebbero essere collegati a modifiche comportamentali (osservate durante valutazioni psicologiche dei praticanti di yoga tramite questionari, osservazioni o interviste). Come si ripercuotono questi cambiamenti cerebrali sulla loro vita quotidiana?

Lo yoga riduce lo stress. Una meta-analisi su 42 studi ha esaminato l’effetto della pratica dello yoga sullo stress. Lo stress è una risposta biopsicologica che si traduce principalmente in sintomi fisiologici, pensieri negativi e un rallentamento cognitivo. Lo yoga sembra contribuire alla riduzione dello stress diminuendo la quantità di cortisolo, principale ormone dello stress. Questi risultati devono essere contestualizzati e necessitano di studi più approfonditi con un numero maggiore di partecipanti e interventi di maggiore durata per giudicare l’effetto a lungo termine dello yoga sullo stress. Oltre a questo cambiamento ormonale, altri lavori indicano che lo yoga avrebbe un effetto sull’attività della corteccia frontale e della corteccia parietale del cervello. La corteccia frontale è associata al controllo di sé e delle emozioni, mentre la corteccia parietale è responsabile del trattamento e dell’integrazione delle informazioni sensoriali. Questo si spiegherebbe con il fatto che una sessione di yoga è punteggiata da momenti meditativi in cui i praticanti devono frequentemente concentrarsi sulla respirazione, su una parte specifica del corpo o su ciò che sentono in quel momento. Questi momenti di meditazione aiuterebbero a meglio regolare l’attività di queste regioni cerebrali, mentre l’attività associata alla carica mentale o allo stress sarebbe diminuita.

Lo yoga migliora i sintomi ansioso-depressivi. L’ansia è un sovraccarico delle capacità di regolazione emotiva che si manifesta con sintomi simili a quelli dello stress. Assomiglia a una preoccupazione diffusa, associata principalmente a difficoltà di concentrazione e di addormentamento. La depressione è invece un disturbo psichiatrico caratterizzato da un disordine delle emozioni associato a un sentimento di tristezza o disperazione persistente, nonché a una perdita di interesse e a un isolamento. Ansia e depressione sono associate a una modifica dell’attività dell’amigdala, struttura del cervello principalmente coinvolta nelle emozioni negative. Una meta-analisi su 27 studi condotti su bambini e adolescenti ha esaminato gli effetti dello yoga sui sintomi ansioso-depressivi. I partecipanti erano persone tipiche o persone con patologie varie (patologia ovarica, patologia cardiaca, disturbi digestivi, ecc.). Questa analisi ha rivelato che il 70% di questi lavori mostrava un miglioramento della salute mentale dei giovani a seguito della pratica dello yoga, e più precisamente dell’ansia, e questi risultati sono da collegare direttamente alla diminuzione dell’attività dell’amigdala riscontrata nei praticanti adulti. Questi effetti benefici sui sintomi ansioso-depressivi sono stati evidenziati anche negli adulti e nelle persone affette da un disturbo ansioso-depressivo. Gli studi in questo campo di ricerca sono ancora recenti, poco numerosi ed eterogenei nei loro protocolli. È quindi necessario essere cauti nell’interpretazione dei risultati. Inoltre, in caso di disturbo ansioso-depressivo, la pratica dello yoga non sostituisce una presa in carico medica e psicologica. Questi risultati suggeriscono tuttavia che lo yoga potrebbe non solo essere utilizzato come attività fisica, ma anche per migliorare la salute mentale.

Lo yoga migliora anche le prestazioni cognitive. La pratica dello yoga sembra avere un impatto anche sulle prestazioni cognitive. Una meta-analisi pubblicata nel 2020 e riguardante 13 articoli mostra che, a seguito di sessioni di yoga, adulti con o senza disturbi cognitivi presentavano miglioramenti nelle prestazioni di attenzione, memoria e inibizione. Questi miglioramenti potrebbero essere legati alle modifiche cerebrali osservate tramite imaging cerebrale, in particolare l’aumento della quantità di materia grigia nell’ippocampo, nel lobo temporale mediale, nella corteccia prefrontale, nell’insula e nella corteccia cingolata, regioni intimamente legate alle prestazioni cognitive. Inoltre, l’aumento dell’attività delle regioni frontali del cervello è duraturo. Gli autori di questi lavori raccomandano tuttavia di condurre studi più approfonditi, su campioni di maggiore dimensione e secondo protocolli standardizzati (trial randomizzati controllati), per migliorare la quantità e la qualità dei dati disponibili.

È importante notare che i miglioramenti osservati sembrano essere principalmente dovuti agli esercizi di meditazione che fanno parte delle sessioni di yoga. Durante le sessioni, l’uso di questi esercizi potrebbe avere un effetto sinergico essenziale. Ciò potrebbe significare che, per osservare gli effetti dello yoga sui sintomi ansioso-depressivi e sulle prestazioni cognitive, è necessario imparare a dirigere l’attenzione sul momento presente e sulle proprie emozioni. Inoltre, altri fattori come essere in gruppo durante le sessioni e avere interazioni positive potrebbero contribuire alla diminuzione dei sintomi ansioso-depressivi. 

Se desideri praticare lo yoga e constatarne gli effetti, ti resta da rispondere a una domanda: quale scegliere? Tra i numerosi tipi di yoga esistenti, sono frequentemente oggetto di studi l’Hatha yoga e il Kundalini yoga. Se dovessi sceglierne uno per iniziare, probabilmente sarebbe uno di questi... Non resta che trovare un corso vicino a te!

Articolo di Marc Toutain e Anne-Lise Marais pubblicato su The convesation 
https://theconversation.com

venerdì 21 giugno 2024

E' vero che lo yoga risveglierà quell'energia profonda chiamata kundalini? - J. Krishnamurti

Qualcuno chiese a J. Krishnamurti se lo yoga risvegliasse quell'energia prodonda chiamata kundalini, e qui trovate la sua risposta   https://www.youtube.com/watch?v=chPBmSzvStQ

Krishnamurti è considerato in tutto il mondo come uno dei più grandi pensatori e maestri religiosi di tutti i tempi. Egli non teorizzò nessuna filosofia o religione setta o nazione e non era schierato con nessuna scuola di pensiero politico o ideologico; sosteneva che proprio questi sono i fattori che dividono gli esseri umani portando conflitto e guerra. Egli ricordava continuamente che siamo tutti esseri umani e non indù, musulmani o cristiani, che non siamo diversi dal resto dell’umanità.  Raccomandava di camminare con leggerezza su questa terra, senza distruggere noi stessi e l’ambiente; comunicava a tutti un profondo
senso di rispetto per la natura e tutto il creato.  https://www.krishnamurti.it/jiddu-krishnamurti/

Celebrazione della Giornata dello Yoga 2024 - FAO Staff Coop

 

 ----  Per chi volessere vedere la mia presentazione potete accedere al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=1yMqhT1yMg0

12:00 – Opening (presentation by Ms. Radha Gupta, positive thinking teacher) 

12:05 - "The thousand faces of meditation. Meditation in Yoga'' - Lecture by Mr. Cesare Maramici, Hatha Yoga teacher. 

12:25 – ''Vinyasa Yoga Flow For Peace" - Session by teacher Janine Claudia Nizza 

12:45 – Viniyoga Session by teacher Patrizia Labella 

13:05 – Taiji Quan and Qigong Session by teacher Paola Wu Min Yi and her group 

13:25 – ‘’Raja Yoga for Inner Stability’’ - session by teacher Radha Gupta of the Positive Thinking group 

13:45 – Closing (by Janine Claudia Nizza, Vinyasa Yoga Flow teacher) 

Kindly confirm your participation by emailing fao-staff-coop@fao.org

Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono ci...