venerdì 12 dicembre 2025

Introduzione al Blog

  Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono circa 950 articoli, la maggioranza dei quali verte su yoga, meditazione, buddhismo, filosofie orientali.      

Gli articoli sono essenzialmente riassunti di libri che ho letto su questi argomenti e che mi hanno particolarmente colpito.  Per ricercare un soggetto specifico si può usare la finestrina a destra, oppure si possono usare le categorie (etichette) che si trovano sulla destra. Sul Blog sono riportati anche i libri che ho scritto sullo yoga e la meditazione e la gallery di alcuni miei viaggi.                                              

       Buona lettura    

La felicità secondo Matthieu Ricard

Il gusto di essere felici. Saggezza e benessere in ogni momento della vita, di Mathieu Ricard
 (Il titolo originario è Plaidoyer pour le bonheur). Plaidoyer significa “appello” o "impegno". Il libro è del 2003 ed è stato pubblicato in italiano nel 2008.  Matthieu decide di dedicare la vita agli altri «perché l’ego non può condurre all’amore»   


"Cercare la felicità al di fuori di noi è come aspettare il sorgere del sole in una grotta rivolta a nord"
•— Matthieu Ricard —•
 

Matthieu Ricard vive da più di quarant’anni nel monastero di Sechen, sulle montagne del Nepal, ma è tutt’altro che un asceta isolato dal mondo. È coinvolto in progetti umanitari che hanno portato alla costruzione di decine di scuole, ospedali e ponti nelle zone più povere dell’Himalaya. Viaggia per il mondo e partecipa a progetti scientifici, offrendo la sua esperienza unica di filosofo e scienziato. Con questo testo ha deciso di condividere con tutti i risultati di un lunghissimo viaggio spirituale e umano.
«Coltivare allo stesso tempo saggezza e bontà — intesa anche come altruismo — è come avere le due ali che permettono agli uccelli di volare nel cielo, verso la libertà interiore e la liberazione dalla sofferenza».
Matthieu pone la felicità al primo posto nella scala dei sentimenti. Come identificarla, raggiungerla e conservarla? Attraverso un percorso individuale di presa di coscienza interiore e di equilibrio della mente. La felicità è il motore dell’esistenza e rappresenta, più di ogni altro sentimento, l’amore per noi stessi e per il prossimo.

Gli scienziati del Wisconsin, lavorando nel campo della neuroplasticità, hanno studiato la felicità in relazione all’attività cerebrale. Matthieu Ricard ha ottenuto risultati che hanno superato quella che si pensava essere la soglia della felicità: è dunque l’uomo più felice della Terra?
La felicità è associata a una rete di regioni cerebrali che collaborano tra loro, tra cui il sistema limbico (che include amigdala e ippocampo), la corteccia prefrontale e il nucleus accumbens. Un’altra area chiave, scoperta più recentemente, è il precuneo, il cui volume sembra essere collegato all’intensità della felicità e alla capacità di trovare significato nella vita. Matthieu Ricard afferma che, di fronte alla stessa situazione, possiamo reagire in modi molto diversi: la nostra felicità o le nostre sofferenze sono spesso il risultato delle costruzioni mentali che sovrapponiamo alla realtà e delle “tossine” interiori da cui ci lasciamo avvelenare.
La felicità è lo scopo dell’esistenza umana. Essa esprime quanto una persona ama la vita che sta conducendo. È un programma a lungo termine in cui la gioia è percepibile. La persona felice è in armonia con il proprio mondo interiore e con ciò che la circonda. È la serenità imperturbabile dei saggi, che vivono con intensità l’esperienza opposta del dolore e della gioia.
La sofferenza e la gioia dipendono dalle condizioni esterne e dalle emozioni, ma una mente chiara permette di ridurre la distanza tra la realtà e il pensiero che proiettiamo su di essa; così facendo diventiamo meno vulnerabili alle circostanze esterne.

Un re chiese al suo consigliere di riassumere la storia umana in una frase. Il consigliere rispose: «Gli uomini soffrono, mio re».   Esistono diversi tipi di sofferenza; quella nascosta è legata alla nostra maleducazione e al nostro egocentrismo. Molte filosofie occidentali dichiarano che è impossibile raggiungere la felicità e che la sofferenza è inevitabile, e Schopenhauer elogia lo spleen.
Sulla spiaggia ci sono centinaia di stelle marine che stanno morendo al sole. Un uomo, a ogni passo, ne raccoglie una e la rimette in acqua. Un amico lo osserva e dice: «Ci sono milioni di stelle marine su questa spiaggia: i tuoi sforzi sono lodevoli, ma vani». L’uomo, rimettendo in acqua un’altra stella marina, risponde: «Hai ragione. Ma per questa stella marina fa una grande differenza».
Il dolore ci toccherà inevitabilmente quando arriva la morte; in quel caso, il miglior dono che possiamo offrire al nostro defunto è continuare a condurre un’esistenza felice e ricca.

Dobbiamo inoltre evitare di dare la colpa agli altri. Shantideva ha detto: «Se abbiamo un rimedio, perché disperarci? E se non c’è rimedio, perché affliggerci?».
Il Dalai Lama ha affermato: «Cercare la felicità rimanendo indifferenti alla sofferenza degli altri è un tragico errore!». La compassione è fondamentale: è un sentimento che genera responsabilità e rispetto verso la comunità umana.
Il saggio non ha nulla da desiderare, nulla da temere; non gli manca nulla e, di conseguenza, può essere pienamente felice. Non possiamo nascere saggi, ma possiamo diventarlo: è una lunga trasformazione interiore, basata sul lavoro quotidiano.
La realtà è spesso una nostra proiezione mentale: costruiamo la nostra realtà e creiamo confusione sulla base del concetto di identità personale. Un saggio tibetano diceva: «Perché ci crocifiggiamo per qualcosa che non esiste più o per qualcosa che ancora non esiste?».
La libertà interiore ci permette di apprezzare la pura semplicità del presente, liberi dal passato e dal futuro. La meditazione consente di sviluppare una libertà interiore e una forza sempre maggiore: le nostre angosce e paure si attenuano, e la fiducia — basata sulla gioia di vivere — sostituisce l’insicurezza; l’altruismo appassionato prende il posto dell’individualismo cronico.
Dovremmo dedicare tempo a diventare esseri umani migliori ed equilibrati.

Gino Luigi Sansone - Scuola di Yoga Integrale

 " IO SONO l'essere e il non-essere,   ma IO SONO aldilà dell'essere e del non-essere. " Bhagavad Gita    

Gino Luigi Sansone  ( 1958 ) -Ramanuja Acharya Das - è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Napoli in Scenografia, ed ha sviluppato una forte passione per la saggezza dell’Oriente (soprattutto dell’India che visiterà in vari viaggi) e per la pratica della meditazione yoga.
È  insegnante di yoga diplomato alla Yoga Vedanta Forest Academy dello Shivananda Ashram-Divine Life Society di Rishikesh, India. Nel 1986 fonda a Napoli lo Shri Vaishnava Ashrama, la Scuola di Yoga Integrale in Italia – Yoga Sociale ad indirizzo Spirituale, Umanitario, Sociale, Ambientalista, Animalista, con sede in Orbetello (Grosseto), di cui è Presidente e Maestro.
Dal 1986 è membro iniziato dello Shri Vaishnava Sampradaya al Saligram Mandir, Vrindavana, India; nel 2007 ha fondato lo Shri Vaishnava Ashram, di cui è il Maestro riconosciuto dalle autorità spirituali indiane. Attualmente condivide l’insegnamento spirituale della meditazione yoga in tutta Italia tramite corsi, seminari e conferenze. 

La conoscenza del Maestro Gino Sansone spazia in incommensurabili campi, dalla storia alla filosofia, alle diverse tradizioni religiose e spirituali, dall’ Arte alla Poesia, dalla pittura al Teatro, dalla cultura orientale alla cultura occidentale, dalla cucina macrobiotica a quella ayurvedica, dallo Yoga alla Vita.
Gino Sansone ha trasmesso sempre i suoi saperi con esemplare generosità e semplicità, e con quell’allegria che è la perfetta combinazione per far comprendere argomenti profondi e complessi.
In Ashram si apprende la vita persino nell’osservare il Maestro cucinare o fare il pane: ogni azione, ogni parola è ricca di insegnamenti preziosi.  Gino è anche un eccellente Bio-vegan-chef.

Tra gli innumerevoli progetti realizzati citiamo il Corso Gratuito di Formazione Giovani Insegnanti Yoga, ad indirizzo Spirituale, Umanitario, Sociale, Ambientalista, Animalista, della durata triennale; il meraviglioso progetto Lo Yoga per i Musei - I musei per lo Yoga; il progetto Giovani in Yoga. Questi sono solo alcuni dei progetti da lui realizzati con la Scuola che opera, dalla sua fondazione ad oggi, in stretta collaborazione con gli Enti pubblici, Istituzioni ed Istituti scolastici di ogni ordine e grado.

Gino Sansone è anche uno straordinario artista, che ha partecipato a mostre con installazioni e dipinti e dal 1980 è il focalizzatore del Laboratorio di Teatro Yogico-Sciamanico con cui ha realizzato diversi happenings, attività creative e performative in teatri e in luoghi non convenzionali e per la città di Napoli.

Ha avuto qualche problema fisico a partire dal 14 ottobre 2022, a seguito di un grave episodio di salute iniziato con una emorragia cerebrale, che lo ha visto in pericolo di vita. Ha affrontato con successo una grande battaglia per curare il suo corpo.  Sta ricominciando a tenere conferenze e insegnamenti in varie città  d'Italia. 

Vari link:

  • Profilo e Pagina facebook:  Gino Sansone: https://www.facebook.com/sansonegino
  • Scuola di Yoga Integrale: https://www.facebook.com/scuoladiyogaintegrale
  • Link video:   https://youtu.be/RqxuXtgglXw  https://youtu.be/pUbASXiQIDY
  • https://www.facebook.com/1051504586/posts/10222568727100849/?mibextid=o7d1FKF6OwB1pP9P 

Il filosofo, la libido e la relazione logica

Il filosofo preferisce la relazione logica al rapporto sessuale e lo si riconosce dal fatto che, di fronte a un problema sessuale, assume un atteggiamento forzato, e inappropriato. Manifesta una glaciazione quando ci si attendeva un incendio, un incendio quando ci si attendeva una glaciazione. Formula una teoria a chi gli chiede un'emozione, sprofonda in una passione qualunque invece di rispondere razionalmente a una domanda sull'amore.   

Il filosofo è in difficoltà. Di fronte alla pulsione sessuale, nella vita quotidiana il filosofo prospetta soluzioni estreme: la verginità, la castrazione, nel senso della continenza; oppure la dissolutezza, la perversione, nel senso della licenziosità.  Nessuno immagina la castrazione per se stesso; il filosofo si. Può addirittura farvi ricorso. La storia della filosofia annovera due celebri castrati. Il primo è Origene, cristiano inflessibile.  Il secondo filosofo castrato è Abelardo.  

Tra quelli che sono rimasti vergini figurano (per quanto ne sappiamo) Plotino, Ipazia, Tommaso d'Aquino, Erasmo, Paracelso, Spinoza, Pascal, Malebranche, Kant, Lagneau, Simone Weil ("la Vergine rossa"), che non sembra siano stati tormentati dalla "cosa". Il che deve spiegare, in parte, la natura astratta della loro morale.
La vita sessuale di Spinoza, anche a venticinque anni, è un grande vuoto, per passività. Al piacere sessuale Spinoza rimprovera molte cose: tiene "la mente (...) così distratta" che le impedisce di "pensare a un qualche altro bene"; e poi, com'è noto, "dopo il godimento (...) segue una grande tristezza che, se non annienta la mente, tuttavia la turba e la stordisce".

Sull'altro fronte ci sono filosofi che hanno avuto un'esistenza da dissoluti: Tertualliano, Agostino, Lullo e Vanni.  Agostino e Lullo - si presentano come eroi che hanno rinunciato al piacere sessuale. Ma si dedicano all'astinenza dopo aver goduto dell'abbondanza. Ci piacerebbe che avessero coraggiosamente rinunciato al sesso a vent'anni invece che a trentadue ( Agostino) o a trentatré (Lullo). A quel tempo, a trent'anni si era già uomini maturi. Come dice il proverbio, "quando il diavolo invecchia, si fa eremita". Secondo un'ottima raccomandazione dei moralisti, essi non uccidono la libido: sostituiscono alla passione sessuale la passione evangelica. O meglio, poiché nel convertire mettono la stessa foga che avevano messo nel copulare, trasformano la propria libido. E' la medesima energia. Agostino e Lullo sono dei convertiti. La conversione è un'inversione di vapore. Si conserva il vapore, ma lo si dirige altrove.

Ma un'eccezione, un diavolo, si riesce comunque a scovarlo. Esiste un filosofo "dissoluto" (l'aggettivo è di Diderot): La Mettrie, medico materialista del XVIII secolo che difende l'erotismo universale. Osa titoli come L'arte di godere. Innalza questo inno: "Piacere, supremo padrone di tutti gli uomini e degli dei, davanti al quale tutto scompare, persino la ragione stessa, tu sai quanto il mio cuore ti adori". Ai diavoli si può aggiungere Claude Henri de Saint-Simon, di epoca napoleonica, definito "dissoluto". 

Quindi si potrebbe concludere che in Sofia non c'è alcuna depravazione o ce n'è ben poca.  

Vedi:  https://isentieridellaragione.weebly.com/la-libido-il-filosofo-preferisce-la-relazione-logica.html

Relazioni, amicizia e amore

"L'amicizia e l'amore sono una risonanza positiva molto forte con qualcuno, senza attaccamento, nè altra cosa, sono la constatazione di essere felice di stare con questa persona e di essere in relazione con questa persona. Ed è considerata l'emozione suprema perchè è accompagnata da stati mentali positivi che accompagnano come una costellazione questa risonanza positiva con gli altri da cui scaturisce il miglior stato dell'essere umano" - Matthieu Ricard               

  «C'è più testo scritto su un volto che in un volume della Pléiade e quando guardo un volto cerco di leggere tutto , anche le note a piè di pagina. Mi addentro nei volti, come ci si addentra nella nebbia, finché il paesaggio non si illumina nei minimi dettagli. Leggere così l'altro significa favorire il suo respiro, cioè farlo esistere. Forse i pazzi sono persone che nessuno ha mai letto , rese furibonde dal contenere frasi che nessuno sguardo ha mai percorso. Sono come libri chiusi». «L'incontro è lo scopo e il senso di una vita umana. Ci permette di non attraversarla come sonnambuli. Quando i miei occhi si chiuderanno, lo faranno su un'immensa biblioteca costituita da volti che mi hanno commosso, turbato, illuminato.  Un volto è illuminante quando un essere è benevolo e rivolto verso qualcosa di diverso da sé stesso. La cura che ha dell'altro lo illumina, lo rende vivo. Cattura una luce e la riflette. È qualcosa di raro. La ricchezza di questa vita è fatta soprattutto di volti e di poche parole». -  Christian Bobin

Incontrare l'altro... «È estremamente raro incontrare qualcuno, sia che si frequentino molte persone sia che si sia dei cosiddetti solitari. La maggior parte delle persone rende molto difficile incontrarle perché non sono sincere nelle loro parole o perché sono prive di anima.   Io attribuisco sempre all'altro il merito dell'incredibile novità della sua esistenza, ma questo merito si esaurisce se l'altro ha rovinato questa meraviglia per diventare come tutti gli altri.  -  Christian Bobin

Oscar Bonelli, Mauro Tiberi, Pejman Tadayon

 In questa pagina riporto alcuni grandi musicisti che suonano a Roma e propongono percorsi spirituali.  

Danzi nel mio petto, dove nessuno può vederti.  Ma qualche volta io Ti vedo e quella Luce diviene quest’arte.”  (Jalaluddin Rumi)   

Sono convinto che l’Oriente e l’Occidente possano incontrarsi e conoscersi profondamente. E non ho altro che la musica per dimostrarlo.”    (Pejman Tadayon) 

Pejman Tadayon, nato a Esfahan (Iran) nel 1977, è un musicista, compositore e pittore persiano, considerato uno dei massimi esperti di musica persiana e sufi in Italia. Ha studiato l’antico repertorio musicale persiano e strumenti tradizionali come târ e setâr con maestri rinomati. Trasferitosi in Italia nel 2003, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Firenze e studiato musica occidentale. A Roma, ha collaborato con il gruppo Sarawan e fondato il gruppo Navà, incidendo il CD “Viaggio nei colori”. Nel 2009 ha creato il gruppo YAR e pubblicato l’album “Yar Ensemble”.
Nel 2013 ha fondato il Pejman Tadayon Ensemble, componendo musiche ispirate a Rumi e al Sufismo, pubblicando l’album “Universal Sufi Music”. Dal 2014, ha integrato corde nei suoi dipinti, creando opere di pittura sonora esposte nella Galleria Sonora di Roma, dove organizza anche eventi musicali. Tadayon insegna oud, târ, setâr e teoria della musica orientale. Nel 2015 ha co-fondato il progetto Cafè Loti, che unisce musica colta e popolare.
Ha collaborato con vari artisti e partecipato a produzioni teatrali e cinematografiche, tra cui “L’ultimo Pulcinella” e “Polvere di Baghdad”. Ha anche realizzato il docufilm “Quando Rumi incontra Francesco”. Tadayon è promotore del dialogo musicale tra Oriente e Occidente.
Pejman Tadayon continua a essere una figura rispettata nel mondo della musica persiana e un ambasciatore della sua ricca tradizione musicale. La sua passione per il tar e il suo impegno per l’eccellenza musicale lo rendono un artista straordinario e ammirato in tutto il mondo.   Sito web;  https://www.pejmantadayon.com/ 

Oscar Bonelli è un cantante, poli-strumentista e voice, ispirato dal canto armonico della Mongolia e del Tibet; dal canto carmatico indiano; dai canti dei nativi d’America e  africani.   Conduce laboratori di canto energetico e meditazione sul suono.  Comincia la sua ricerca musicale 25 anni fa con l’approccio alla danza africana. 
Lungo il suo percorso incontra numerosi maestri (Francesca Cassio – canto indiano; Nela Bagawath – Mumbay, canto indiano; Tran Quan Gai – Vietnam, canto armonico; Roberto Laneri – canto armonico; Riccardo Misto – Nada Yoga; Giovanni Imparato – drum circle, ecc).  Questi incontri delineano la sua personalità artistica, che Oscar esprime i maniera eccelsa, attraverso un mix di world music, che evoca nell'ascoltatore stati di contemplazione e rapimento spirituale.  La dimensione “cosmica” di musiche ancestrali, creata da Oscar Bonelli si esprime attraverso il suono di strumenti musicali, che giungono da tutte le zone e le culture del mondo.  Strumenti rari che Oscar ci presenta fondendone i suoni, con grande maestria, in un canto che diventa preghiera e devozione verso il divino. 

 Mauro Tiberi è un musicista, polistrumentista e ricercatore vocale, studioso e praticante di canto difonico (canto armonico), vocalità sacra orientale (canto bizantino), di canto indiano negli stili dhrupad, kyal e qawwali, più altri stili antichi di canto indoeuropeo. Organizzatore di concerti e formatore di gruppi di studio su argomenti che vanno dalla musica, alla filosofia della musica e di tecniche vocali per lo sviluppo psicofisico della persona. 

Antonio Olivieri - Centro Studi Viniyogah

Antonio Olivieri, insegna lo Yoga dal 1994. Si è avvicinato allo yoga già alla fine degli anni ottanta, inizialmente per problemi fisici, successivamente per un amore sempre crescente per questa disciplina, che lo ha portato a sperimentare lo Yoga partecipando a corsi, ritiri e seminari sia  in India che nel resto del  mondo.   


Segue la  tradizione di TKV Desikachar (figlio del grande maestro T. Krishnamacharya), con l’utilizzo del metodo di insegnamento Viniyoga nello Yoga. Incontra la sua maestra Chandra Klee  nel 1995, allieva diretta di TKV Desikachar, e si specializza con lei sullo Yoga Individuale e Terapeutico (Cikitsa).

Ha seguito da allora quasi tutti i seminari e gli stage tenuti da Desikachar in Italia ed Europa, fino al suo ultimo corso tenuto in Inghilterra (nel 2010).  

 Insegna Yoga  e dirige  il centro Studi Yoga Viniyogah di Roma che nasce nel febbraio 2002 , seguendo la tradizione e il metodo di insegnamento trasmesso da TKV Desikachar, sia a livello individuale che di gruppo, oltre ad occuparsi della Scuola di Formazione.  Al centro si insegna uno Yoga classico (basato sulla tradizione Viniyoga dello Yoga), accessibile a tutti, ed espressione del lignaggio di Sri Tirumalai Krishnamacharya e di suo figlio TKV Desikachar. 
Il centro si occupa inoltre di Educazione e Formazione dell’individuo ai vari livelli, dal Counseling relazionale  alle Costellazioni Familiari Sistemiche, dai corsi di Canto Vedico a quelli per la Gestione dello Stress, attraverso il  Movimento Psico Corporeo  finalizzato alla salute ed al benessere.

E' socio ed ex Coordinatore Regionale della Yani (Associazione Nazionale Insegnanti di Yoga)
 
Vedi  https://www.ayvi.it/ 

Citazione di Oscar Wilde sulla felicità e sullo “spreco della vita”

 La citazione di Oscar Wilde sulla felicità e sullo “spreco della vita”, può farti vedere la vita con occhi diversi. Amore trattenuto, potere non usato e prudenza evitano il dolore ma spegnono la felicità.   


La frase di Oscar Wilde — “Lo spreco della vita si trova nell’amore che non si è saputo dare... nel potere che non si è saputo utilizzare, nell'egoistica prudenza che ci ha impedito di rischiare e che, evitandoci un dispiacere, ci ha fatto mancare la felicità.” — suona come un invito a smettere di vivere “in modalità risparmio”.   Non parla di fallimenti eclatanti o di cadute spettacolari: mette a fuoco ciò che resta sospeso, le parti di noi che non escono mai allo scoperto perché le blocchiamo per paura, abitudine o eccesso di controllo.

Per Wilde il vero spreco è la rinuncia preventiva: non amare davvero, non usare le proprie risorse, non esporsi mai per evitare di soffrire. Ma una prudenza troppo rigida, se ti protegge da un dispiacere, può anche tenerti lontano dalla felicità e dalla pienezza. È qui il punto centrale: la vita non si “consuma” soltanto nelle scelte sbagliate, ma anche — e spesso di più — nelle scelte che rimandiamo all’infinito e non facciamo mai.  

Un’idea simile l’aveva espressa anche Cicerone molto prima di Wilde: “Chi vive nella gioia vive due volte”. In fondo, il messaggio è lo stesso: non limitarti a sopravvivere con il freno tirato. Coltivare la gioia, prendere iniziativa, dare spazio all’amore e al coraggio è un modo per allargare la vita, giorno dopo giorno.

Qui Wilde non sta celebrando l’amore romantico e basta. Parla dell’amore come energia vitale: affetto, presenza, cura, parole dette al momento giusto, gesti semplici che potrebbero cambiare la giornata di qualcuno (e anche la nostra). “Non si è saputo dare” è interessante: non dice “non si è voluto”, ma “non si è saputo”. Come se l’amore fosse anche una competenza emotiva: imparare a esprimersi, a mostrarsi, a non lasciarsi frenare dall’orgoglio o dalla paura di essere vulnerabili. È lo spreco del “poi glielo dico”, “un giorno mi apro”, “aspetto il momento perfetto”. Il momento perfetto spesso non arriva, e intanto la vita passa. Parole chiave emotive: rimpianto, non detto, potenziale, vulnerabilità, coraggio.

La parola “potere”
può suonare dura, ma qui può essere letta in modo ampio: potere come possibilità di incidere. È il potere di scegliere, di dire no, di cambiare strada, di proteggersi, di creare, di guidare, di usare il proprio talento. Non è necessariamente potere sugli altri: è potere su ciò che possiamo fare della nostra vita. Oscar Wilde suggerisce che sprecare la vita significa anche lasciare il proprio “spazio d’azione” inutilizzato: restare in silenzio quando servirebbe una voce, restare fermi quando servirebbe un passo, restare piccoli per non disturbare. È una critica sottile all’auto-svalutazione e alla delega continua: quando non usiamo le nostre possibilità, non perdiamo solo risultati, perdiamo identità.  Non usare il proprio potenziale per paura del giudizio o per comodità è una forma di rinuncia.

 Oscar Wilde dicendo: “Ciò che non abbiamo osato, lo abbiamo certamente perduto”ci invita ad avere più coraggio nella vita.  “L’egoistica prudenza” spesso si verifica quando la paura si traveste da saggezza. 
Wilde chiama la prudenza “egoistica”. Non perché la prudenza sia sempre sbagliata, ma perché a volte diventa una scusa elegante per non esporsi. Una maschera rispettabile della paura: “Sono fatto così”, “meglio non rischiare”, “non conviene”, “non è il momento”.

E' una prudenza egoistica perché ci mette al centro in modo difensivo, applicando la logica del minimo rischio: non vogliamo soffrire, non vogliamo essere rifiutati, non vogliamo perdere. Così facendo però proteggiamo il noi più fragile, ma affamiamo il noi più vivo. È una prudenza che evita i dispiaceri immediati, ma prepara rimpianti più lunghi.

“Per recuperare la giovinezza basta ripetere le proprie pazzie”e sentirsi così giovani dentro (a ogni età). Scegliere sempre la strada più protetta può ridurre il dolore, sì, ma spesso riduce anche la gioia. Perché molte felicità richiedono una quota di rischio: dire ciò che proviamo, cambiare lavoro, ricominciare, chiedere, provare, esporsi, sbagliare. 

La felicità, in questo senso, non è un premio per chi non sbaglia: è una conseguenza possibile per chi si muove. Wilde non idealizza l’incoscienza. Sta dicendo qualcosa di più psicologico che morale: se vivi con l’obiettivo primario di non soffrire, finisci per non vivere davvero. È una frase che smonta l’illusione del controllo totale: la vita “sicura” spesso è solo una vita rimandata.   

La spiritualità non è religione

Per noi è la spiritualità è un percorso per generare felicità, comprensione e amore, per poter vivere profondamente ogni momento della nostra vita.      

Avere una dimensione spirituale nella nostra vita non significa sfuggire alla vita o abitare in un luogo di beatitudine fuori da questo mondo, ma scoprire modi per gestire le difficoltà della vita e generare pace, gioia e felicità proprio dove siamo, su questa bellissimo pianeta. 

L'ascolto profondo è quel tipo di ascolto che può aiutare ad alleviare le sofferenze di un'altra persona. Puoi chiamarlo ascolto compassionevole. Si ascolta con un solo scopo: aiutare lui o lei a svuotargli il cuore."

ॐ ༺۩༻ Thich Nhat Hanh ॐ ༺۩༻ Maestro Zen 



Introduzione al Blog

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