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mercoledì 22 novembre 2023

Frasi di Thay

Qui di seguito sono riportate alcuni frasi di Thich Nhat Hanh (1926- gennaio 2022). Maestro e monaco Zen, conosciuto in tutto il mondo per i suoi insegnamenti sulla consapevolezza, l’etica globale e la pace. E' stato candidato al Nobel per la Pace.

 

  • “La mattina quando vi alzate, fate un sorriso al vostro cuore, al vostro stomaco, ai vostri polmoni, al vostro fegato. Dopo tutto, molto dipende da loro"
  • “Il regalo più prezioso che possiamo fare a qualcuno è la nostra attenzione.”
  •  “La felicità è possibile solo con il vero amore. Il vero amore ha il potere di guarire e trasformare la nostra condizione e può dare alla nostra vita un significato profondo.”
  • “Se nella nostra vita quotidiana possiamo sorridere, se possiamo essere in pace e felici, non solo noi, ma tutti ne trarranno giovamento. Se noi sappiamo davvero come vivere, quale miglior modo di iniziare la giornata che con un sorriso? Il nostro sorrisoafferma la nostra consapevolezza e determinazione di vivere in pace e gioia."       Dal libro: Il dono del silenzio
  •  “Come possiamo godere dei nostri passi se la nostra attenzione è rivolta a tutto quel chiacchiericcio mentale? È importantediventare consapevoli di cosa sentiamo, non solo di cosa pensiamo. Quando tocchiamo il terreno con il piede dovremmo riuscire a sentire il piede che entra in contatto con esso.     Dal libro: L'arte di comunicare
  •  “Riconoscere le nostre emozioni senza giudicarle o respingerle, abbracciandole con consapevolezza, è un atto di ritorno a casa.”
  •  “Ho guardato nel mio corpo in profondità,  e ho trovato una montagna,  la vetta altissima nascosta da nebbia e nuvole,  ho trovato un fiume che scorre giorno e notte verso il mare, ho trovato una galassia   che si muove silenziosa, con milioni di stelle.”
  •  “Diventare vegetariani è il modo più efficace di combattere il riscaldamento globale. I praticanti buddisti hanno praticato il vegetarianismo nel corso degli ultimi 2000 anni. Noi siamo vegetariani con l’intento di nutrire la nostra misericordia verso gli animali. Ora sappiamo anche che mangiamo vegetariano per proteggere la terra.” 
  •  “Per educare il popolo alla pace, possiamo usare parole o possiamo parlare con le nostre vite"    Dal libro: Il dono del silenzio
  •   “Quando finiamo invischiati in pensieri negativi e preoccupazioni è facile generare malinteso e ansietà. Quando fermiamo il pensare e calmiamo la mente creiamo maggiore spazio e apertura. Dal libro: Il dono del silenzio
  •   “Camminare è un modo magnifico di sgombrare la mente senza tentare di sgombrarla. Non dici: «Ora sto per praticare la meditazione!» o «Ora mi accingo a non pensare!». Ti limiti a camminare e, mentre ti concentri sul camminare, gioia e consapevolezza arrivano naturalmente.”  Dal libro: Il dono del silenzio
  • “La vera solitudine giunge da un saldo cuore che non si lascia trascinare dagli strattoni della folla né da dispiaceri riguardo al passato, preoccupazioni riguardo al futuro, o eccitazione o stress riguardo al presente.”  Dal libro: Spegni il fuoco della rabbia
  •  “Quando ti arrabbi, ritorna a te stesso e prenditi molta cura della tua rabbia. Quando qualcuno ti fa soffrire, ritorna a te stesso e prenditi cura del tuo dolore, della tua collera.”   Dal libro: L'arte di comunicare
  • “Quando inspiri, torni a te stesso. Quando espiri rilasci ogni tensione.”
  •  “Vivere in piena coscienza, rallentare il proprio passo e gustare ogni secondo ed ogni respirazione, questo è sufficiente.”
  • “La meditazione non è un'evasione ma un incontrosereno con la realtà.”
  •  “Ogni settimana, abbiamo bisogno di un giorno di pigrizia.”  Dal libro: L'arte di comunicare
  •  “Se la sofferenza continua, è perché noi continuiamo a nutrirla". Dal libro: L'arte di comunicar
  •  “Con l’inspirazione e l’espirazione, il nostro respiro consapevole, cominciamo a riordinare la nostra casa.” 
  •  “La vita non è un luogo particolare o una destinazione - la vita è un viaggio" Dal libro: L'arte di comunicare
  •  “So che stai soffrendo, questo è il motivo per cui sono qui per te". Dal libro Spegni il fuoco della rabbia
  •  “Se una persona si esprime con rabbia è perché sta soffrendo profondamente".
  •  “Il momento presente è il solo momento di cui disponiamo, è la porta di ogni momento.”
  •  “Se non puoi essere compassionevole verso te stesso, non potrai esserlo verso gli altri.”
  •   “Al mio risveglio, al mattino, io sorrido. Ventiquattr'ore tutte nuove si presentano davanti a me.” Dal libro: Il dono del silenzio
  •  “Se vogliamo essere maggiormente connessi con gli altri non dobbiamo mandare loro più SMS, ma dobbiamo ascoltarli di più.”
  •  “Le cose sono dinamiche e vive mentre i nostri concetti sono statici.”  Dal libro: L'arte di comunicare
  •  “Per tornare a casa è sufficiente mettersi seduti e stare con se stessi, accettare la situazione com’è."    Dal libro: Spegni il fuoco della rabbia
  •  “Con il metodo del respiro consapevole, il metodo della camminataconsapevole, il metodo dell’abbraccio della rabbia, quello dell’osservazione profonda della natura delle nostre percezioni e quello dell’osservazione profonda dell’altro ci rendiamo conto che anche lui soffre e ha bisogno di aiuto.”
  • “Con l’inspirazione e l’espirazione, il nostro respiro consapevole, cominciamo a riordinare la nostra casa". 
  • “Abbi piena coscienza che tutto ciò che è accaduto e tutto ciò che accadrà si trova in ogni tuo passo. Che sempre crescano fiori e frutti nei luoghi che i tuoi piedi hanno toccato.”  Dal libro: Spegni il fuoco della rabbia
  •  “Se la pratica è corretta, se la pratica è buona, per generare una trasformazione e una guarigione non occorrono cinque o dieci anni, possono bastare anche poche ore. Dal libro Spegni il fuoco della rabbia
  •  “Ascolta con un solo scopo: permettere all’altro di esprimere se stesso e di trovare sollievo dalla sua sofferenza. Mantieni viva la compassione per tutto il tempo dell’ascolto". Dal libro: Il dono del silenzio
  • “Noi siamo i nostri pensieri, ma allo stesso tempo siamo ben più dei soli nostri pensieri. Siamo anche i nostri sentimenti, le nostre percezioni, la nostra saggezza, felicità e amore. Quando sappiamo di essere più dei nostri pensieri possiamo decidere di non consentire al nostro pensare di assumere il controllo e dominarci.”    Dal libro: Il dono del silenzio
  •  “Ognuno di noi ha una preoccupazione ultima che non ha nulla a che vedere con questioni materiali o affettive. Cosa vogliamo fare con la nostra vita? Questo è il punto. Siamo qui, ma perché siamo qui? Chi siamo, ognuno di noi individualmente? Sono domande a cui di solito non abbiamo (o non troviamo) il tempo di rispondere.”   Dal libro: Il dono del silenzio
  •  “Siamo quello che sentiamo e percepiamo. Se siamo arrabbiati siamo la rabbia. Se siamo innamorati siamo l’amore. Se guardiamo un innevato picco di montagna siamo la montagna. Mentre sogniamo siamo il sogno.”     Dal libro: Il dono del silenzio
  • “Il silenzio è essenziale. Abbiamo bisogno di silenzio tanto quanto abbiamo bisogno di aria, tanto quanto le piante hanno bisogno di luce. Se la nostra mente è affollata di parole e pensieri, non c’è spazio per noi.”    Dal libro: Il dono del silenzio
  •  “Per esperire pienamente questa vita come esseri umani tutti noi abbiamo bisogno di entrare in comunione con il nostro desiderio di realizzare qualcosa di più ampio del nostro sé individuale. Questa può essere una motivazionesufficiente per modificare le nostre abitudini in modo da potere trovare sollievo dal rumore che riempie la nostra testa.”    Dal libro: Il dono del silenzi
  •  “Un giorno senza il cibo sensoriale di email, video, libri e conversazioni è un’occasione per schiarirci la mente e liberarci dalla paura, dall’ansia e dalla sofferenza che possono introdursi nella nostra coscienza e accumularvisi.”    Dal libro: Il dono del silenzio
  •  “Se ascoltiamo dalla mentesilenziosa, ogni canto di uccello e ogni sussurro dei rami di pino nel vento ci parleranno.”       
  •  “La vita è lo strumento con il quale sperimentiamo la verità.” Dal libro: Spegni il fuoco della rabbia
  •  “Qualunque cosa tu dica o faccia quando sei arrabbiato potrebbe danneggiare ancora di più la tua relazione con l’altro".
  • La nostra vera casa è "l’ora". Vivere l’istante presente è un miracolo".        
  • “Meditare è guardare in profondità nel cuore delle cose".

martedì 29 agosto 2023

Una via occidentale allo zen - Christian Humphreys (parte 1)

Christian Humphreys (1901-1983), l'autore del libro, fondò nel 1924 a Londra la Buddist Società, la più vasta organizzazione d'Europa.

Una buona parte delle citazioni del libro sono di D.T. Suzuki, uno dei massimi studiosi buddhista. Il buddhismo zen è giunto in Occidente nella forma della scuola Rinzai Zen, che fa largo uso del sistema koan. Lo Zen fu fondato nel sesto secolo dopo Cristo e include la scuola Ch'an della Cina e la scuola Zen del Giappone. Lo Zen verte su una sola cosa: la consapevolezza dell'assoluto nel cuore dell'uomo, una delle facoltà importanti per arrivare a questa consapevolezza è prajna o buddhi,  in Occidente l'intuizione. Lo Zen è il sistema di disciplina morale fondato sul satori, dobbiamo spingere lo sviluppo dell'intelletto fino ai suoi limiti e preparare la mente all'esperienza del satori, alla diretta esperienza della realtà non duale. Al momento giusto si scoprirà che il  nirvana è qui e ora. Si potrà così balzare dall'aria dualistica di questo mondo individualista all'altra riva del nirvana.  
Il Buddha trasmise questo messaggio: "non ho maestro, sono il pienamente illuminato, andrò a Benares a mettere in moto la Ruota della legge, percuoterò il tamburo dell'immortalità nell'oscurità del mondo". Questa è l'affermazione su cui poggia il buddhismo. Ciò significa che: 1- il nirvana deve essere ottenuto qui e ora, 2-  quello che un uomo può fare, tutti lo possono fare, 3- l'immortalità, il Non-Nato, il non creato può essere raggiunto dall'uomo, ed è qui e ora. Nel buddhismo non c'è nessun dogma, nessuna affermazione di salvezza, il praticante deve portare il fardello della libertà spirituale. Dobbiamo partire dall'uomo per arrivare a un principio, al principio del Buddha interiore. "Guarda dentro di te, tu sei il Buddha". 
Questo concetto è ereditato dall'induismo dove ogni uomo è già in un certo senso Brahman, in virtù dell'Atman che è  in ogni mente, la cui luce è un raggio del Non Nato. L'elevato stato di coscienza porta all'illuminazione e alla consapevolezza di tutte le cose come parti di un Tutto inseparabile, non c'è separazione e l'anata (il non sè) è sentito come vero. 
Le due colonne del buddhismo sono la saggezza e la compassione e che le due sono una sola; queste due facoltà  vanno messe al servizio del genere umano. I principi della scuola Thevarada furono sviluppati dal pensiero indiano: l'anata fu trasformato in sunyata, la vacuità;   metta l'amicizia fu trasformata in compassione che è  una sola cosa con la saggezza, il Non nato fu visto come una sola cosa con il nato. Il nirvana è qui nel samsara dove sarà conosciuto. 
Siamo già esseri illuminati, ma inconsapevoli, l'avidità, l'ignoranza ci impedisce di vedere. Il buddhista attraverso la compassione è al servizio del genere umano, e alla fine attraverso l'unicità della prajna (saggezza) e karuna (compassione) trova la 'porta senza porte' che conduce all'ultimo sentiero: scoprire che tutti i Buddha e tutti gli esseri senzienti non sono altro che l'Unica Mente oltre la quale nulla esiste.  
Pag. 26.  Tra tutti i percorsi filosofici o religioni, solo il buddhismo conferisce un'importanza fondamentale alla sofferenza. Il Buddha insegnava il dolore è la fine del dolore. Nell'uomo non esiste nessun principio permanente o anima o sè che sia immortale e immutabile; in ogni uomo c'è la scintilla del Divino o Assoluto che il Buddha chiamò il 'Non nato' non originato, non formato, questo principio o atman non è soltanto suo. 
Quale è la causa di tutta questa infelicità? Nel canone Pali si dice: "è quella brama che genera la nuova rinascita, e legata alla lussuria e all'avidità trova, ora qua, ora là, sempre nuovo piacere. Il desiderio, può  comunque essere indirizzato e trasformato in compassione!. 
D. T. Suzuki sottolinea che l'addestramento buddhista consiste nel trasformare il trisna nel karuna, l'amore egocentrico in universale.  Nel processo di crescita l'individuo diventa antisociale, cattivo, sviluppa desideri che portano a sofferenza e la causa è essenzialmente avida, l'ignoranza. 
La grande eresia della separatezza distoglie dal resto. Non ci son altri, non c'è differenza. La totalità del samsara è tutto ciò  che è in esso e  non rivela altro che l'assoluto. Il samsara agli occhi dell'assoluto è maya. 
Ma come posso liberarmi dell'ego? Come posso io liberarmi di me? 
Sempre Sukuzi ha scritto: "l'illuminazione consiste nel vedere l'ego assoluto come riflesso nell'ego relativo è che agisce attraverso di esso". 
Perché  percorriamo il sentiero? Dovremmo cercare di metterci al servizio del genere umano, è  preferibile manifestare amore che ottenere un rapimento estatico, non è un sacrifico ma solo un'opportunità  di servire. Si devono giudicare gli uomini in base ai loro moventi e all'effetto morale delle loro azioni. 
Per quanto riguarda il Sè, la scuola Theravada afferma che non esiste nessun sè di alcun tipo, ma Suzuki sottolinea che la negazione dell'atman si riferisce all'ego relativo e non all'ego assoluto, ossia l'ego dopo l'esperienza dell'illuminazione. Il sentiero dovrebbe essere percorso fin dal principio con una mente che si risveglia alla saggezza e un cuore che si risveglia alla compassione, infatti i due sono uno solo. La scuola della giusta azione sul sentiero è la vita quotidiana. 
Hui-neng il fondatore della scuola Zen dice: coloro che desiderano allenarsi spiritualmente possono farlo in casa, e superfluo vivere nei monasteri. R.B. Blyth dice: 'la perfezione significa non azioni perfette in un mondo perfetto, ma azione appropriata in un mondo imperfetto'. In verità nessuna azione ci lega, ma solo il nostro atteggiamento verso di essa. 
In The root and the flower, l'autore A. L. Myers faceva dire ad un vecchio maestro: "nessun uomo può  dare ai suoi simili maggior beneficio che con la forza del proprio esempio". Prima di meditare dovremmo essere in grado di controllare noi stessi, e questi metodi possono portare a qualche esperienza al di là di tutta la dualità, dell'assoluto, che il Buddha chiamò il Non nato
Esperienza indimenticabile ma incomunicabile. Tutto è nella mente: il percorso,  il pellegrino e la metà. Nulla è tranne la mente del Buddha
E la metà? Silenzio, e un dito indica la Via. Lo scopo del buddhismo è la liberazione dalla rinascita, dall'attaccamento, a cui ci lega il desiderio fino a che è minimamente 'egoistico'. Il discepolo viene allenato a ricordare le proprie vite precedenti. L'uomo non può sfuggire alle sue azioni malvagie, perciò tutto ritorna all'an-atta, il falso sè che costruisce la casa dell'illusione. 
Il Buddha  proponeva la dottrina del nessun Sè e l'impermanenza dell'individuazione e l'altruismo. Mrs Rhys Davids, una delle prime studiose di Pali dice: "l'uomo vero e proprio, sè, spirito, anima, purusa, non è reale". Il primo buddhismo propose una dottrina della rinascita in una forma ben definita. Il sostenere o negare un Sè non conduceva alla pace della mente. Nei cinque skanda (i cinque aggregati sono: forma, rūpa; sensazione, vedanā; percezione, saññā; formazioni karmiche, saṅkhāra; coscienza, viññāna) che sono gli elementi costituenti la personalità, non si può trovare alcun Sè permanente, il resto è silenzio, infatti nulla di utile si può dire del Non Nato, di cui l'Atta è un riflesso. 
Nel canone Pali viene indicato un sè minore e un sè maggiore chiaramente distinti, e il più grande sè è descritto come abitatore dell'incommensurabile. Il sè è signore del sè, e il sè è destinazione del sè.  Il Sè che è in te, sa ciò che è vero e ciò che è falso. 
I primi monaci attaccarono il concetto di atman (degradato ai tempi del Buddha fino a una cosa della dimensione di un pollice, nel cuore umano), si spinsero troppo oltre dichiarando "nessun se, nessun sè" che poi prese piede.  Secondo il Buddha i praticanti dovrebbero dirigersi verso il Più finché non si affrancano dall'attaccamento alla Ruota della rinascita nella conscia consapevolezza dell'immutabile. Allora cosa rinasce? Secondo l'autore potrebbe essere un continuum separato di impulso karma oppure un raggio della luce del Non Nato, Quello che rinasce non è immutabile e quindi non rinasce certo l'anima immortale.  L'uomo è un mero groviglio di skanda, nuovo di momento in momento, di nascita in nascita, (che possiamo chiamare carattere) finché non è disperso con l'estinzione del desiderio. Ma finché ciò non accade l'individuo è un essere con un passato definito che può ricordare grazie a un appropriato allenamento. E' l'individuo che deve compiere lo sforzo, il Buddha indica solo la via. 
La dottrina Anatta non è di alcun impedimento alla dottrina della rinascita. Il Buddha ha insegnato che due sono i sè, Atta e Non-Atta ( il Sè è il signore del sè) ed entrambi sono le manifestazioni, come ogni altra cosa, del Non Nato, Non originato, Non formato, il Parabrahman dell'induismo, lo spirito di San Paolo.  
Il Mahayana non si è mai curato della noiosa questione della scelta tra rinascita e anatta, mentre il Theravada ha molto insistito sul concetto del nessun sè, nessun sè. L'autore preferisce la libertà e la gioia del processo universale, la sua unità vivente con il Non nato da cui proviene.
Il Sè è, e nulla è non sè in essenza e il Sè, l'essenza della Mente pura come l'ha chiamato Hui-neng, è il Buddha interiore, proprio come gli skanda, grevi di illusione, non sono coscientemente il Sè: "questo non è il Sè di me!". 
 

Tre libri sulla vita del Buddha:

  • Life of the Buddha di Mrs Adam Beck;  
  • Life of the Buddha di E. H. Brewster;  
  • The life of Buddha in Legend and History di E. J. Thomas.

Una via occidentale allo zen - Christian Humphreys (parte 2)

Christian Humphreys (1901-1983), l'autore del libro, fondò nel 1924 a Londra la Buddist Società, la più vasta organizzazione d'Europa.    

Verso il buddhismo zen. Oltre gli opposti. Solo la coscienza, dopo vite di sforzo, può venire innalzata a un livello in cui la dualità non ci lega più, che il patriarca Hui-neng chiamò "l'essenza della mente pura". Per conoscere se stesso, il soggetto deve guardare l'oggetto.  Come dice Huang Po: "Tutti i Buddha e tutti gli esseri senzienti non sono altro che l'Unica mente, oltre la quale nulla esiste". Ma noi, abusando del pensiero, dividiamo la Realtà  e la rendiamo due. Dal punto di vista dell'al di là del pensiero anche spirito e materia sono solo aspetti della non dualità. Le parti separate della non dualità non hanno mai cessato di essere Uno. Nella mente si crea una tensione: da una parte la forza vitale, che scorre dal Non Nato attraverso ogni forma o cosa o avvenimento; dall'altra parte il sè-ego, il non-Atman o An-atta accecato dall'illusione dell'esistenza separata e sordo alla voce della Mente del Buddha interiore, combattendo per il sé, e opponendo la propria volontà a quella dell'universo,  è pieno di sofferenza forgiata dai suoi desideri personali. Il condizionamento mentale è dato dalla nascita, dal sesso, dalla religione.

Sulla sommità del pensiero umano, sta ciò che gli hindù chiamano CIÒ, e il Buddha chiamò " il Non Nato, Non Originato, Non Condizionato. Nel Parinirvana sutra è detto: " il solo principio della vita che esista indipendentemente da tutti i fenomeni esterni". I taoisti lo chiamano Tao, da cui viene l'Uno,  Eckhart l'ha definita "Deità al di là  di Dio".  La sua prima emanazione è l'Uno,  un'unità  indivisibile che nel processo della manifestazione si divide in due, e il due diventa tre (in virtù del rapporto tra di loro) e appare come le diecimila cose.  

Essendo la vita una, così è la coscienza che è ugualmente indivisibile e invisibile. C'è un ciclo di incoscienza e coscienza ( io sono), autocoscienza (so di essere io) e infine il nirvana (piena coscienza senza autocoscienza), il mistero ultimo che è il cuore dell'illuminazione. La scuola Theravada proclama la dottrina dell'adattamento: "nessun sè, nessun sè, nel senso di nessun sè separato o essenza in nessuna singola cosa"; e la scuola Mahayana ha ugualmente ragione a proclamare che: "se il Sè è la vita di CIÒ, non esiste nessuna altra cosa".   E' la luce solare della buddhi, dell'intuizione che ci permette di avere delle visioni di un mondo che non conosciamo del qui eterno e ora, in cui la forma è vacuità, e la vacuità è forma, in cui le differenze sono aspetti della Totalità, e la vita in tutte le sue forme è un vasro ciclo del divenire, di nascita e morte, finchè l'universo non ritorna nel seno del Non Nato da cui è venuto. Tutte le scuole buddhiste insegnano l'allenamento del carattere che implica sila, la morale, lo sviluppo della mente, bhavana, e la giusta motivazione, che implica la compassione alla pari della saggezza. Il percorso comprende lo studio, la meditazione e l'autodisciplina, e lo sviluppo dell'intelletto (indicatemi un solo mistico nella storia che non abbia avuto un cervello di prim'ordine). 

Prajna, la saggezza è l'improvvisa e immediata consapevolezza del mondo della non-dualità, è al di là del tempo, è un tocco dell'assoluto, questa consapevolezza è il satori (una percezione intuitiva). L'obiettivo della meditazione, dhyana è il raggiungimento di un atteggiamento che è uno stato di trance, il suo graduale procedere porta a uno stato di coscienza elevato. Uno stato mentale uniforme,  equilibrio e equanimità acquietano le onde del pensiero e dell'emozione della vita quotidiana. Il dhyana conduce al samadhi. I cinesi per il samadhi danno due versioni etimologiche: 1- o equilibrare o giusta accettazione, 2- ricevere le cose come sono.  Il patriarca Hui-neng fù il primo a distinguire prajna e dhyana: la prima improvvisa e indescrivibile, appartenente al mondo della non-dualità, e il secondo, come appartenente alla dualità, la meta gradualmente raggiunta di un processo. Anche al suo sommo, il dhyana nella samadhi non raggiunge la prajna, sebbene possa essere una buona preparazione per quella.  

Prajna sta sotto al dhyana e ne è la base e lo rende possibile. Perciò la preparazione all'illuminazione è necessaria e graduale, ma il momento in cui arriva è improvviso, un balzo dalla dualità alla non-dualità assoluta. Sebbene il samadhi possa essere raggiunto con il dhyana e duri per ore, non è il satori che può venire in qualsiasi momento, ma ciò che conta è l'intensità della volontà.

La nascita dello zen.  Tra i seguaci del Buddha sono nate molte scuole tra cui la scuola Theravada, il cui cnone Pali fu messo per scritto a partire dal  1 secolo a.C., ci sono poi le scuole Mahayana: quella Madyamika, associata la nome di Nagargiuna, e la scuola dell'Unica mente fondata secoli dopo da Asanga e Vasubandhu. L'insegnamento del Buddha passò in Cina dalla via della seta e l'accoglienza fu piuttosto fredda. Verso il 500 d.C. arrivò alla corte dell'imperatore cinese Bodhidharma e i cinesi ne furono conquistati e nacque così la scuola Ch'an che è stata definita la reazione al buddhismo indiano. Dopo vennero una serie di patriarchi, ma fù il sesto, Hui-neng che trasformò l'insegnamento in una scuola organizzata. Per cinquecento anni ci fu una successione di grandi maestri finchè nel 1200 d.C. il buddhismo Ch'an giunse in Giappone con il nome di zen, dove si ebbe lo sviluppo parallelo delle scuole Rinzai e Soto.    L'insegnamento di Hui-neng è quello della saggezza che è andata al di là (prajnaparamita) della scuola Madhyamika, applicata senza compromessi alla vita quotidiana. Deve esserci comunque un'apertura improvvisa del "terzo occhio" dell'intuizione della prajna, per vedere che tutte le cose sono falsamente immaginate e  derivano da un unico principio. Questo ritorno all'insegnamento del Buddha da parte di Hui-neng fu più tardi integrato dal maestro Huang Po, il quale insegnò che "tutti gli esseri senzienti non sono altro che l'Unica mente, oltre la quale nulla esiste". 

Il rinzai zen usa come allenamento per la meditazione il koan, mentre nel soto zen, si medita semplicemente stando seduti. Ma in entrambi i casi presuppone una vita monastica e tempo quasi illimitato. L'autore sostiene che questa via non è percorribile dagli occidentali interessati al buddhismo zen che dovrebbero trovare un'alternativa al tradizionale allenamento giapponese.

pag. 107.  Gli occidentali, in termini buddhisti, dovrebbero costruire il loro Dharma attraverso l'intelletto, uno strumento eccellente per l'acquisizione della verità nel campo della dualità, trascendere attraverso l'intuizione le limitazioni intrinseche e raggiungere una diretta visione della realtà.  Si dovrebbe, lentamente innalzare la coscienza finchè, illuminati progressivamente dalla luce crescente dell'illuminazione, siamo pronti per le prime brevi visioni della nuova consapevolezza (vedere ciò che siamo in essenza la mente del Buddha), e intanto serviamo i bisogni di tutta l'umanità con cuore umile e devoto.  La conoscenza, in questo caso, diventa saggezza e fiorisce nella compassione. Dopo qualche anno di pratica meditativa e allenamento dovremmo riuscire ad essere capaci di sospendere per qualche minuto ogni reazione ad avvenimenti o oggetti esterni, non nella meditazione profonda, ma nella vita normale, interrompere a volontà il chiacchiericcio mentale.  

pag.117 Se descriviamo lo zen come l'apertura del terzo occhio della saggezza- intuizione, e se tale risveglio è considerato la fonte e la meta dell'allenamento zen, possiamo innalzare la coscienza al piano, al livello di questa intuizione attraverso anni e vite di durissimo lavoro, e non restando semplicemnte a sedere e sperare.  I Buddha non fanno altro che indicare la via, ma ognuno deve togliere le bende dai propri occhi. Il vedere deve essere l'atto stesso di colui che ha fatto la scelta. Ognuno deve liberare se stesso dalle catene del pensiero e del presente pensare. Come ha scritto Suzuki: Ciò che distingue lo zen dagli altri insegnamenti spirituali è la perfetta padronanza delle parole o dei concetti, si usano per innalzare la coscienza ai suoi limiti e oltre; la mente va quindi controllata.  Come sarebbe possibile piantare nuovi semi nella nostra mente, anche i semi degli essenziali principi buddhistici, se non teniamo conto dello stato della mente in cui li seminiamo. La mente intrensicamente pura di Hui-neng ti chiede di estirpare dalla mente tutti i pensieri e i molti nomi delle molte cose. Dobbiamo vuotare la nostra mente, per provare ad entrare in una nuova dimensione.  Molto ricorrente è la storiella del maestro che versa del tè, fino a traboccare, nella tazza al discepolo che voleva degli insegnamenti e gli dice: "La tua mente è piena come questa tazza di té e non può accogliere i miei sentimenti".

Contrapporre ciò che ti piace a ciò che non ti piace, questa è la malattia della mente, prova a non cercare il vero, cessa soltanto di nutrire opinioni. Le domande che uno dovrebbe porsi sono: quanto sono ancora condizionato mentalmente?  Quanto sono ancora legato alla mia educazione, cultura, religione, ecc. Sono capace di vedere il punto di vista altrui in qualsiasi questione? Sono capace di vedere una Verità che è al di là di tutte le coppie di opposti? 

Su Dio il Buddha mantenne sempre un nobile silenzio. Dio come prodotto del pensiero è un innocuo abitante del cielo spirituale, infatti nella migliore delle ipotesi Dio è una creazione della mente, e non ha alcuna relazione con la Realtà che il pensiero non può nè raggiungere nè descrivere.  Eckhart disse: "Qualunque cosa tu dica di Dio non è vera"; e come dicono il cinesi "Il Tao che può essere espresso non è il Tao eterno". I buddhisti dicono che c'è un Non Nato, Non divenuto, Non fatto, perchè se non ci fosse non ci sarebbe scampo dalla nascita, dal divenire, dal fare. Su questo Uno che è al di là dell'uno e dei molti, il Buddha osservò un tonante silenzio. Il praticante che è sulla via lascia da parte i pensieri inutili e cerca di sviluppare nella mente la facoltà che sola può conoscere l'Assoluto: l'intuizione, il terzo occhio della consapevolezza diretta in viurù della quale la parte e il tutto sono conosciuti come uno solo, e l'Assoluto è visto in ognuna delle sue infinite e moltepli forme (simile alla concezione hindu delle manifestazioni dell'unico Brahman primordiale).    "Guarda dentro di te; tu sei Buddha, tu hai la natura di Buddha".  Un saggio sufi disse a un altro: "Non ho mai visto nulla senza vedere Dio dentro", L'altro saggio rispose: "Io non ho mai visto altro che Dio".

Lo zen è un modo di vita basato su un nuovo punto di vista, quello della non-dualità, e per raggiungerlo dovremmo ascoltare la Voce del silenzio, attenuare le nostre reazioni allo stimolo esterno (in qualunque forma si manifesti, parole, immagini, messaggi, ecc) e avremo bisogno di tutta la nostra forza mentale per arrivare alla Non-Mente, dimorando consciamente nel centro immobile del mondo che gira.

Ne consegue naturalmente che mentre l'intelletto è una macchina costruita per raggiungere ed esprimere la verità nel mondo della relatività, non potrà mai fondere colui che cerca, la sua ricerca e l'oggetto cercato in una sola intera esperienza. Questa è prerogativa e funzione dell'intuizione.

Nello zen il ruolo della meditazione è centrale. Qui è usata per intendere l'uso deliberato di una mente controllata per uno specifico fine spirituale, il risveglio  della facoltà dell'intuizione della prajna, che è al di là dell'intelletto. La meditazione zen ha lo scopo di identificare il soggetto con la massima realtà. Il sistema dei koan è stato messo a punto proprio per fornire un sostegno alla mente. Huang-po dice: "Tutti i Buddha e tutti gli esseri senzienti non sono altro che l'Unica mente, oltre la quale nulla esiste". Per lo zen quindi non c'è niente da raggiungere e nulla per raggiungerlo. C'è però un lungo viaggio prima di vedere, nella pura esperienza, che ciò è vero. Prima di poter usare la mente per la meditazione occorre porla sotto controllo, e uno dei più noti esercizi per questo fine è quello di sorvegliare il respiro, e calmare la mente. Per Hui-neng "meditare significa realizzare interiormente l'imperturbabilità dell'Essenza della Mente" e concorda con il grande ideale esposto nella Bhagavad Gita di raggiungere un equilibrio spirituale che non si smentisce rispetto agli eventi desiderati come a quelli non desiderati. La meditazione è un mezzo, una dei tanti per risvegliare la Prajna, e sviluppare così un modo interamente diverso di trattare con le cose.  Nella meditazione separi te stesso dal tuo ambiente e realizzi il Buddha in te stesso. Il Maestro è dentro di te, ma devi fare uno sforzo e bussare alla porta del tuo cuore.   

L'intellettualismo è la morte dell'esperienza zen, comunque la filosofia è un necessario sfondo e ingrediente dell'allenamento all'esperienza zen.   Suzuki è stato accusato di aver ridotto lo zen a livello dell'intelletto e aver scritto di ciò che non può essere descritto. La sua risposta è stata. "Per suscitare la prajna (la saggezza), intuizione  intelletto devono procedere di pari passo". L'intelletto è uno strumento magnifico, il suo pensiero eccelso sarà comunque che La verità è al di là di tutto il pensare. Dogen, il fondatore della scuolo Soto zen ha scritto sulla meditazione: "Pensa il Non pensabile". Ossia pensa al di là del pensare e del non pensare.   La mente funziona a due livelli, la mente inferiore opera nella quotidianità, la mente superiore astratta tende sempre alla facoltà più elevata, il piano dell'intuizione. La tensione tra queste due parti è incessante.  Piano piano, attraverso la comprensione, i pensieri superiori sostituiranno i pensieri di valore inferiore e sarà innalzato il livello del pensiero abituale.  Nel buddhismo Mahayana si legge della trinità di Sila (morale, grande integrità morale e forza di carattere), Samadhi  (una profonda quiete della mente che non è però l'obiettivo finale) e Prajna (saggezza dell'improvvisa e immediata consapevolezza del mondo della non-dualità che è la meta), il terzo occhio della consapevolezza zen. Davanti alle coppie di opposti cerchiamo il terzo superiore, al di sopra di entrambi. La prajna scaturisce come un lampo dall'inconscio eppure non lo abbandona mai; ne rimane inconscia.  Questo è il significato del detto: "vedere è non-vedere, e non vedere è vedere". La prajna è il massimo potere spirituale in nostro possesso attraverso il quale vediamo al di là del campo del pensiero o di qualsiasi funzione duale della mente, è molto più del samadhi che è passivo e molto più del dhyana.

Due sono i pilastri del grande edificio del budhhismo: grande saggezza e grande compassione. La saggezza scorre dalla compassione e la compassione dalla saggezza, infatti le due sono una sola; ciascuna è incompleta senza l'altra. Karuna cresce con la morte dell'IO'. Prajna appartiene più alla testa, e karuna più al cuore e corrispondono all'Jnana yoga e al Bhakti yoga.  La saggezza è rivolta all'interno e la compassione è rivolta all'esterno.  La compassione, non ostacolata da avidya (ignoranza) è completamente impersonale, un fatto per molti non facile da digerire. E' colore disinteressato, non conosce senso di separatezza, è senza attaccamento, senza pensiero di sacrificio o dovere, o di ricompensa. L'incarnazione umana della compassione è il Bodhisattva.  Suzuki pronunciò la seguente frase: "la cosa più importante è l'amore".

L'intuizione è il ponte che conduce il pensiero più alto all'Aldilà del pensiero. Occorre una graduale preparazione e consacrare la vita a scopi spirituali, a mano a mano che continueremo a elevare il livello abituale della coscienza per vivere nel Sé superiore, guarderemo con occhio nuovo le verità dello zen. L'intelletto da solo non può mai avere più che una conoscenza delle cose, non può mai sapere.  Possiamo vedere il terzo superiore di ogni coppia solo con una percezione senza mezzo, solo con l'intuizione. L'obiettivo della disciplina zen è proprio questo: prepararci al satori, ci prepariamo senza sosta, e quindi mentre procediamo, aspettiamo. Mentre aspettiamo inerpichiamoci verso il Sè superiore e guardiamo attraverso i suoi occhi. Ogni cosa è relativa e al tempo stesso è assoluta, è entrambe contemporaneamente.  Quando giunge la visione, quando sciogliamo le restrizioni della mente, quando la mente operante è sempre più illuminata dalla luce della mente del Buddha, noi pregustiamo la serenità, quell'equilibrio spirituale di fronte agli eventi (desiderati e indesiderati). E mentre attraversiamo il Ponte che non è, scopriamo la nostra saggezza che svegliandosi funziona in mille utili forme come profonda compassione per tutte le persone, cose e circostanze e,  per noi stessi. 

Quando il soffitto del samsara, il mondo duale dell'irrealtà, è trapassato dalla spada dell'intuizione della prajna, aprendo spiragli che lasciano intravedere un più ampio stato di coscienza, raggiungiamo il vero inizio dell'allenamento zen. Ora vediamo tutto così come è, e tutte le cose sono parti inseparabili della medesima pienezza/vacuità, un allenamento morale basato sull'esperienza del satori. 

Tutti gli esseri sono già illuminati, nella voce del silenzio è scritto "Guarda dentro di te, tu sei Buddha". Dobbiamo solo liberarci della benda che noi stessi ci siamo legati sugli occhi. La suprema scoperta del mistico è : "il discernimento zen non è nostra consapevolezza, ma consapevolezza dell'essere di esso stesso in noi". 

L'illuminazione è improvvisa consapevolezza zen, e lo zen è la luce del Non-nato in manifestazione. Sukuzi dice che la vita dello zen incomincia con l'apertura del satori, e l'obiettivo dello zen è preparare al satori la nostra coscienza relativa.  Arrivare a percepire un nuovo mondo finora non concepito nella confusione di una mente dualistica.  Il satori non può essere trasformato in concetto, è al di là della dualità. Un'esperienza in cui c'è un senso dell'io non è vero satori.  Alan Watts ha dichiarato che lo zen non comporta un abbandono dell'intelletto; l'intelletto deve essere sviluppato fino al suo culmine, fino al punto in cui il processo del ragionamento scompare.

 

giovedì 27 luglio 2023

Seitai - La scuola della respirazione

Il testo La scuola della respirazione di Itsuo Tsusa (1914 – 1984) parla del Movimento rigeneratore e del metodo Seitai, fondato dal maestro Haruchika Nogushi (1911-1976) nella prima metà del XX secolo. L'autore è nato in Corea da una famiglia di samurai ed è stato un filosofo giapponese. Itsuo Tsuda all'età di sedici anni si rivoltò contro la volontà del padre che lo destinava a diventare l'erede dei suoi beni (diritto di primogenitura); lasciò quindi la sua famiglia e si mise a vagabondare, alla ricerca della libertà di pensiero. Dopo essersi riconciliato con il padre, si recò in Francia nel 1934, dove studiò sotto la guida di Marcel Granet (sinologo) e Marcel Mauss (antropologo) fino al 1940, anno del suo ritorno in Giappone. Dopo il 1950 si interessò agli aspetti culturali del Giappone: studiò la recitazione del No con il Maestro Hosada (Scuola Kanze Kasetsu), il Seitai con il Maestro Haruchika Noguchi e l'Aikido con il Maestro Morihei Ueshiba. Itsuo Tsuda tornò in Europa nel 1970 per diffondere il Movimento rigeneratore e le proprie idee sul "ki". Scrisse nove libri sul movimento rigeneratore a partire dal 1973 e poi tradotti in diverse lingue.        

Haruchika Noguchi e Itsuo Tsuda si sono spinti molto oltre nella loro comprensione dell'uomo.  Osservavano gli individui nella loro indivisibile globalità/complessità, Dice Itsuo Tsuda: "Il maestro Noguchi mi ha permesso di vedere le cose in modo molto concreto. Attraverso le manifestazioni di ogni individuo, è possibile vedere cosa c'è dentro. È un approccio completamente diverso da quello analitico: la testa, il cuore, gli organi digestivi, ognuno prende la sua specialità e poi il corpo da una parte, la psiche dall'altra. Il Seitai ha permesso di vedere l'uomo, cioè l'individuo concreto, nella sua interezza; Seitai significa "terreno normalizzato".  "La parola "terreno" è intesa come l'insieme che costituisce l'individuo, psichico e fisico, mentre in Occidente dividiamo sempre in psichico e poi fisico ". 

"La malattia è una cosa naturale, è uno sforzo dell'organismo per ritrovare l'equilibrio perduto [...] È bene che la malattia esista, ma le persone devono liberarsi dal suo asservimento, dalla sua schiavitù. [...]  È così che Noguchi concepisce la nozione di Seitai, la normalizzazione del terreno, se così si può dire. Se non ci si prende cura delle malattie, non ha senso curarle. Se si normalizza il terreno, le malattie scompaiono da sole. Inoltre, si diventa più vigorosi di prima. Addio alla terapia. Basta con la lotta alle malattie ".

L'abbandono della terapia va di pari passo con il desiderio di rompere il rapporto di dipendenza che lega il paziente al terapeuta. Noguchi voleva permettere agli individui di prendere coscienza delle loro capacità inutilizzate, per risvegliarli alla piena fioritura del loro essere. Durante i vent'anni trascorsi insieme, i due uomini parlarono a lungo di filosofia, arte e così via, e Noguchi trovò nella vasta cultura intellettuale di Tsuda qualcosa che alimentava e ampliava le sue osservazioni e riflessioni personali. Tra i due si sviluppò così un rapporto di reciproco arricchimento.  

Per riassumere brevemente il Seitai è un "metodo" o una "filosofia", un'arte di vivere dall'inizio alla fine e rappresenta un'idea molto complessa in quanto non considera il concetto di buona salute, quale sinonimo di assenza di malattia. Per formare un esperto nella tecnica seitai occorrono più di venti anni. Parallelamente a questa tecnica, il maestro Noguchi ha messo a punto un metodo chiamato il movimento rigeneratore che appartiene agli insegnamenti exoterici e dunque aperto a tutti, mentre la tecnica seitai è un insegnamento esoterico.  Il movimento rigeneratore libera la spontaneità repressa.  Per "ki" si intende l'insieme di spontaneità, respirazione  e intuizione. Il movimento rigeneratore è una liberazione generale, mentale e fisica. Il mentale e il fisico sono inseparabili, a meno di separarli per comodità intellettuale. Esiste infatti una poderosa energia nel nostro universo, anche se noi abbiamo imparato a usarne solo una piccolissima parte e la pratica della scuola della respirazione insegna a sviluppare tale energia. Il diffondersi dei medicinali ha provocato malattie sconosciute una decina di anni fa. Nell'applicare il Taiheki (la polarizzazione dell'energia vitale), il maestro Noguchi ha identificato 12 categorie di individui.

Oggi, anche in Giappone, il Seitai ha preso una direzione che lo avvicina alla terapia e a una tecnica da applicare. Sta diventando una sorta di ginnastica "leggera" per il benessere, per il rilassamento. È molto lontana dal risveglio del vivente, dalla capacità di reazione autonoma del corpo che è il tema del Seitai di Haruchika Noguchi.  Inoltre, il termine "Seitai" è abusato e si riferisce a qualsiasi cosa. Alcuni praticanti di terapie manuali si dichiarano troppo facilmente praticanti Seitai (Itsuo Tsuda diceva che ci volevano vent'anni per formare un tecnico in Seitai sōhō!). L'ampiezza dell'arte di vivere, la comprensione globale dell'Uomo nel Seitai sembrano molto lontani. Se tutto ciò che rimane è una tecnica da applicare ai pazienti, l'essenziale è perduto. 

sabato 1 aprile 2023

Engaku Taino, maestro zen dai moltepli volti

Luigi Mario o Engaku Taino (1938-2021) è stato scrittore e filosofo ed uno dei primissimi italiani a recarsi in Giappone per entrare in un tempio delle scuole zen, rispettando la severa disciplina richiesta agli aspiranti monaci, per vivere appieno quell'antica spiritualità. Ha praticato nel monastero giapponese di Shofukuji (Kobe) sotto la guida del roshi Yamada Mumon, della tradizione rinzai, ricevendone l'ordinazione nel 1971. Nel 1974 ha fondato il tempio "Bukkosan Zenshinji" di Scaramuccia, nelle vicinanze di Orvieto.

Engaku Taino è stato marito, padre, nonno, guida alpina, maestro di sci, insegnante di yoga e tai chi chuan. Ha sempre sostenuto di non voler fare il monaco di professione e ha sempre mantenuto la famiglia con attività lavorative diverse.

Taino ha prima contribuito a far radicare lo zen rinzai a Scaramuccia, poi lo ha sottoposto ad una profonda, attenta rivoluzione dalla quale sono fiorite nuove parole. Ha preso consapevolezza che, con i nuovi praticanti  (sempre più giovani, sempre più donne, provenienti da estrazioni sociali e culturali molto diverse e ambienti di lavoro i più disparati) occorrevano nuove procedure. Le prassi dei monasteri giapponesi, sono state costruite pensando a monaci residenti, ma sono inappropriate per le nuove realtà che stanno emergendo; nuovi mondi e nuove sensibilità richiedono nuove forme e nuove prassi.

 L'asse portante della sua azione è stata l'assoluta centralità della meditazione, sia seduta (zazen), sia in movimento (kinhin), sia dei koan (affermazione o domanda paradossale che portava alla riflessione da parte dell'allievo).  La meditazione è lo strumento che permette al praticante di scavare nel suo mondo interiore e di vedere il proprio sè come oggetto e soggetto, e di trascenderlo, riscoprendo la sua originaria unità. 

Progressivamente ha introdotto cambiamenti nel come fare zen: assolutà parità uomo-donna nella gestione del monastero e nell'assunzione di incarichi, durata più ridotta e più intensa dei ritiri di meditazione (sesshin)., eliminazione dell'obbligo di indossare abiti formali, ammissione di posture di meditazione diverse da quelle classiche (del loto e mezzo loto), durata delle meditazioni ridotte, semplificazione dei riti e dei sutra, costruzione di un rapporto maestro-discepolo lontano dall'enfatizzazione magica della guida spirituale. 

Ha creato una raccolta di 116 nuovi koan che hanno formato le raccolte Bukkosan roku e Zenshin roku. Queste raccolte hanno ambientazione e linguaggio moderni e nascondono al loro interno la posizione dello zen rinzai sui nuovi dilemmi del terzo millennio, le nuove macro-sofferenze e le contraddizioni della vita quotidiana.  Affrontano temi del nostro vivere quotidiano come le nuove tecnologie, il fine vita, la globalizzazione, le nuove problematiche familiari e intergenerazionali, ecc. 

Taino ha modellato uno zen rinzai originale alla cui base c'è questo assunto: "il mondo, che è grande e lo sarà sempre, è perfetto così come è, e, dunque, occorre fare ogni sforzo possibile per migliorare il mondo".

mercoledì 21 settembre 2022

Lo Zen secondo Bertagni

In questa ricca pagina di Gianfranco Bertagni c'è tutto il mondo zen, dalla definizione alle varie scuole e sfaccettature, documenti importanti, ecc.

Gianfranco Bertagni è nato il 2 dicembre del 1971 a Palermo, vive a Bologna. Insegna presso la Scuola di Filosofia Orientale (attuali sedi: Bologna, Cagliari, Palermo). Laureato in filosofia e specializzato in storia delle religioni, ha ottenuto una Borsa di studio dell'Accademia dei Lincei per la specializzazione negli studi storico-religiosi.

Il Sutra del Cuore recita che, "Realizzando che non vi è nulla da conseguire si diventa un bodhisattva". Questo è ciò che reputo il nucleo dello zen, veramente interessante e diverso - in questo aspetto - da tutte le altre forme di spiritualità. Non semplicemente lo zen è un percorso per l'eliminazione delle ostruzioni mentali, ma anche la realizzazione della non esistenza di tali ostruzioni. "Poiché tutto è vuoto fin dal principio, su cosa potrà mai cadere la polvere?".
Può essere data una nuova chance al nichilismo e al relativismo contemporanei, ripensandoli attraverso lo zen?


 Vedi link: http://www.gianfrancobertagni.it/Discipline/zen.htm

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› Seijun Ishii, Shushu Itto (Unità e uguaglianza di pratica e realizzazione) (pdf) - da global.sotozen-net.or.jp
› Amanda Morelli, Bodhidharma (pdf) - da thisisyoga.org
› Il kendo e lo zen nel pensiero del maestro Takuan (pdf) - da www.kendoroma.it
› Miriam Muccione, L'espressione dell'infinito nell'arte giapponese (pdf) - da riviste.unimi.it
› Aldo Tollini, Pratica e illuminazione in Dogen (pdf) - da https://iris.unive.it
› Dogen, Genjo Koan (a cura di Kodo Takeuchi) (pdf) - da global.sotozen-net.or.jp
› Giuseppe Tucci, Lo zen e il carattere del popolo giapponese
› L'arte del gatto meraviglioso (a cura di K. Von Dürkheim) (pdf) - da terebess.hu
› Julius Evola, Lo zen (pdf) - da terebess.hu
› Tairyu Tsunoda, Sokushin zebutsu: Proprio questa mente è Buddha (pdf) - da global.sotozen-net.or.jp
› Kenshu Sugawara, Shikantaza: Solo essere seduti (pdf) - da global.sotozen-net.or.jp
› Kodo Takeuchi, Jijuyu Zanmai, Il samadhi accolto e messo in atto in sé (pdf) - da global.sotozen-net.or.jp
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› Tairyu Tsunoda, Sokushin Zebutsu: Proprio questa mente è Buddha (pdf) - da global.sotozen-net.or.jp
› Kenshu Sugawara, Kesa Kudoku: La virtù del Kashaya (pdf) - da global.sotozen-net.or.jp
› Seijun Ishii, Shusho Itto: Unità e uguaglianza di pratica e realizzazione (pdf) - da global.sotozen-net.or.jp
› Tairyu Tsunoda, Hishiryo: non pensato (pdf) - da global.sotozen-net.or.jp
› Kenshū Sugawara, Dojo Daishu Ichinyo: In movimento e in quiete tutt’uno con la comunità (pdf) - da global.sotozen-net.or.jp
› Kodo Takeuchi, Ichibutsu Ryoso: Un Buddha Due Fondatori (pdf) - da global.sotozen-net.or.jp
› Seijun Ishii, Gyoji Dokan: Il Cerchio della Via nella Pratica Continua (pdf) - da global.sotozen-net.or.jp
› Tairyu Tsunoda, Baika: Fiori di Prugno (pdf) - da global.sotozen-net.or.jp
› Kenshu Sugawara, Bussho: natura di Buddha (pdf) - da global.sotozen-net.or.jp
› Seijun Ishii, Uji: Esistenza-tempo (pdf) - da global.sotozen-net.or.jp
› Tairyū Tsunoda, Dōtoku: Capace di dire (pdf) - da global.sotozen-net.or.jp
› Kodo Takeuchi, Byojoshin Zedo: La Mente Ordinaria è la Via (pdf) - da global.sotozen-net.or.jp
› Seijun Ishii, Shobogenzo Nehanmyoshin: Il tesoro dell’occhio del vero Dharma, la mente meravigliosa del Nirvana (pdf) - da global.sotozen-net.or.jp
› Kenshu Sugawara, Zenkai Ichinyo: Unità di Zen e Precetti (pdf)  - da global.sotozen-net.or.jp
› Tairyū Tsunoda, Hotsu Bodaishin: Suscitare l'aspirazione al risveglio (pdf) - da global.sotozen-net.or.jp
› Giada Bosaro, Una riflessione filosofica sullo haiku (tesi di laurea, pdf)
› Dogen, Buddha e natura-di-Buddha nello Shobogenzo (testi scelti) di Aldo Tollini - da arcaold.unive.it
› Mauricio Yushin Marassi, Piccola guida al buddismo zen nelle terre del tramonto (pdf) - da www.lastelladelmattino.org
› Richard Shusterman, Soma e utopia. Riflessioni su un genius loci zen - da www.academia.edu
› Roland Barthes, Haiku, segni, senso
› Francesca Famà Casarin, La poesia di Basho (pdf) - da www.teosofica.org
› Ryokan Daigu, Poesie (a cura di Silvia Masaracchio) (pdf) - da www.zenroma.it
› La raccolta della roccia blu (pdf)
› Daniele Minnone, Le influenze dello zen nel tiro con l'arco giapponese (tesi di laurea) (pdf)
› Marco Filippucci, "In viaggio verso la bellezza. L’esperienza del vuoto nell’architettura giapponese" (pdf)
› Marcello Ghilardi, "L'unità di buono, vero e bello in Nishida Kitaro" (pdf)
› Shobogenzo. Traduzione completa (pdf)
› Kodo Sawaki, Discorsi (pdf)
› Eihei Dogen, Zenki (Il funzionamento integrale) (a cura di Jiso Giuseppe Forzani) (pdf)
› Eihei Dogen, Shoji (Vita e morte) (a cura di Jiso Giuseppe Forzani) (pdf)

venerdì 20 maggio 2022

Mente zen, mente di principiante (1) - Shunryu Suzuki

" E' la saggezza che va in cerca della saggezza".    "Nella mente di principiante ci sono molte possibilità, in quella da esperto poche".

Shunryu Suzuki (1904-1971) era un monaco e insegnante Zen Sōtō che aiutò a diffondere il buddismo Zen negli Stati Uniti, ed è conosciuto per aver fondato il primo monastero buddista Zen fuori dall'Asia.

Secondo Suzuki la nostra 'mente originaria' racchiude tutto il sè, dentro di sè è sempre ricca ed autosufficiente. Ciò non significa una mente chiusa ma una mente vuota e pronta. Quando non abbiamo alcun pensiero di un sè, allora siamo dei veri principianti e possiamo realmente imparare qualcosa. La mente di principiante è la mente della compassione..

La posizione del loto completo durante la meditazione zazen esprime l'unità nella dualità e corpo e mente diventano due aspetti della stessa medaglia. Anche le mani nella mudra cosmica (mano sinistra appoggiata sulla destra, le articolazioni combaciano, i pollici si toccano leggermente) formano un tutto unico. Durante la meditazione non si devono avere aspettative, solo allora saremo presenti con il corpo e la mente. Anche il Buddha quando trovo' se stesso, scoprì che ogni cosa esistente ha la natura di Buddha. Nella meditazione zazen l'unica cosa importante è essere consapevoli del respiro, che è l'attività fondamentale dell'essere umano.

Quando diventiamo noi stessi in modo autentico, si apre uno spazio immenso e siamo completamente indipendenti e tuttavia dipendenti. Questa è la grande mente, ovvero la mente che è in ogni cosa. Durante lo zazen si dovrebbero lasciar andare e venire le immagini mentali e concentrarsi solo sull'atto di inspirare e respirare. In cinque - dieci minuti la nostra mente sarà completamente calma e serena. "Poichè gustiamo con gioia ogni aspetto della vita come manifestazione della grande mente, non ci interessa alcuna gioia straordinaria. In questo modo abbiamo una calma imperturbabile".  E' impossibile, secondo lo zen, arrivare all'assoluta calma mentale senza alcuno sforzo.  Per lo zen occorre tenere la mente ferma sul respiro fino a perderne la consapevolezza, in quel momento corpo e mente diventano puri e si diventa aperti al mondo. Il corpo e la mente hanno l'immenso potere di accogliere le cose così come sono, sia piacevoli, sia spiacevoli. Chiunque può fare zazen, e in modo tale lavorare sui pensieri e accoglierli eliminando il dualismo, la mente pervade il corpo intero e si entra nello stadio di forma è forma, e vuoto è vuoto.   Ciò significa che sapendo di avere una vita breve, riusciamo ad assaporarla con gioia giorno per giorno, attimo per attimo.  Alla fine della pratica zazen, ci si inchina a terra, abbandonando noi stessi e le proprie idee dualistiche. Nella mente zen ogni cosa possiede lo stesso valore ed è il Buddha stesso. Inchinarsi aiuta a sbarazzarsi delle nostre idee egocentriche, e anche qui, quello che conta non è il risultato, ma lo sforzo di migliorarci come esseri umani.  Ciascun inchino esprime uno dei quattro voti buddhisti: 1- Sebbene gli esseri senzienti sono infiniti, faccio voto di salvarli. 2 - Sebbene i nostri cattivi desideri siano illimitati, faccio voto di sbarazzarmene. 3 - Sebbene l'insegnamento sia illimitato, faccio voto di imparare tutto. 4 - Sebbene il buddhismo sia irrealizzabile, faccio voto di realizzarlo.  La pratica zen è la diretta espressione della nostra vera natura di essere umani, ma senza questa pratica è difficile accorgersene.  L'illuminazione è questo; l'illuminazione è qualcosa di straordinario, ma una volta raggiunta, non è niente.

Se qualcosa esiste, ha la propria vera natura, la natura di Buddha. Dunque essere un essere umano significa essere un Buddha.

Mente zen, mente di principiante (2) - Shunryu Suzuki

 "Anche se il sole dovesse sorgere ad Ovest, una sola è la via del Bodhisattva".

Shunryu Suzuki (1904-1971) è stato un monaco e insegnante Zen Sōtō che aiutò a diffondere il buddismo Zen negli Stati Uniti, ed è conosciuto per aver fondato il primo monastero buddista Zen fuori dall'Asia..

 

Qualsiasi cosa facciate è straordinaria, perchè è la vita stessa ad essere straordinaria. Se volete esprimere voi stessi potete farlo in tutte le attività quotidiane. Dovete concedervi tempo in abbondanza in ogni cosa che fate, apprezzare quello che si sta facendo e fare diventare l'attività quotidiana parte della pratica. Non esiste un punto di partenza, nè una meta, non c'è niente da raggiungere. La pratica religiosa in India è fondata sull'ascetismo, una pratica che tende ad indebolire l'aspetto fisico al fine di liberare e rafforzare lo spirito. Ma secondo lo zen questo non porterà a nessun risultato.  Lo zen non è una forma di eccitazione o agitazione, bensì una concentrazione sulla routine di tutti i giorni. Se la mente è calma e costante, potete tenervi lontani dai rumori del mondo anche se ci state in mezzo. Quando la pratica è calma e ordinaria, anche la vita quotidiana stessa diventa una forma di illuminazione.

Nella pratica occorre applicare il retto e perfetto sforzo, per fare questo bisogna sbarazzarsi dell'orgoglio perchè è di troppo.  Di solito se si fa qualcosa,  si attendete un risultato, mentre nello zen bisogna fare qualcosa con lo spirito del non-conseguimento. Quando facciamo qualcosa con mente semplice e spontanea, la nostra attività diventa forte e spontanea. Dobbiamo lasciar andare il passato e il futuro e essere ancorati nel presente. E' importante ricordare ciò che abbiamo fatto, però non dobbiamo attaccarci a questo.

Per raggiungere l'altra sponda del fiume, il nirvana o l'illuminazione, si deve vivere autenticamente ad ogni passo della traversata senza attaccamento. "Dare" e "Fare" per lo zen è semplicemente non attaccarsi a nulla. 

Quando sediamo a gambe incrociate in zazen recuperiamo la nostra attività creativa che consiste nell'essere consapevoli di noi stessi;  il secondo tipo di creatività lo esprimiamo nell'attività quotidiana, quando ad esempio ci concentriamo nella preparazione del tè. Il terzo tipo di creatività consiste nel creare dentro di noi qualcosa come educazione, cultura o arte di un sistema sociale.

Nello zen soto si dà molta importanza allo shikan, ossia il puro e semplice stare seduti in meditazione. Se si insinua qualche idea di conseguimento, la pratica non è pura. In questo caso il praticante ha bisogno di un maestro che in maniera diretta e severa lo rimetterà sul giusto cammino. Il maestro  mostrerà la via verso l'interiorità. Non c'è bisogno di insegnare allo studente, dato che lo studente stesso è Buddha. Quando non ne è consapevole, egli possiede tutto. L'intento del buddhismo è quello di studiare noi stessi e dimenticare noi stessi.  "Quando voi diventate voi, lo zen diventa zen. Quando voi siete voi, vedete le cose così come sono e diventate tutt'uno con ciò che vi circonda.   Il vero zazen è quando voi diventate voi stessi".

Nello zen la pratica migliore e la più alta è quella di praticare e basta.  Nella pratica, aperta a tutti, non ci sono finalità particolari, ci si concentra semplicemente sull'attività che si svolge nel momento presente.

E' nostra abitudine raccogliere informazioni da varie fonti, pensando in tal modo di accrescere la conoscenza. In effetti, seguendo questa via, finiamo per non sapere proprio nulla. Invece di accumulare conoscenze occorre chiarificare la mente. La vera conoscenza dipende dalla vera spontaneità, abbandonando tutte le idee preconcette, e le idee soggettive.

Nello zen vita e morte sono la stessa cosa. Quando ci si rende conto di ciò, non si ha più paura della morte, nè delle difficoltà nella vita. Le cose importanti della pratica sono la posizione fisica e il sistema di respirazione, e lo zen non si interessa troppo dell'aspetto filosofico. 

Per lo zen l'illuminazione è già quì, indipendentemente dalla pratica, in quanto l'essere umano possiede la natura di Buddha; occorre solo effettuare il retto sforzo nel momento presente. Un altro importante punto del buddhismo, e quindi dello zen, è la transitorietà di tutte le cose, tutto è impermanente, e questo è difficile da accettare e porta di conseguenza alla sofferenza. 

Il nulla è sempre presente, e da esso appare ogni cosa. Per apprendere veramente qualcosa si deve fare il vuoto mentale e dimenticare tutte le idee apprese precedentemente. L'intendimento buddhista della vita include sia l'esistenza sia la non-esistenza.  La vera esistenza nasce dal vuoto e fa ritorno al vuoto. Non c'è nessuna via che esista permanentemente, l'individuo deve limitarsi a trovare la propria via, attimo dopo attimo. Dimenticate tutto, e fare quello che si puo' fare. Con la presa di coscienza del vuoto delle cose, tutto diventa reale - non sostanziale. Ed è più facile evitare l'attaccamento e così abbandonare la strada della sofferenza. Comprendere veramente il vuoto, significa capire che tutto è sempre qui, presente. Quando siete pronti ad accogliere tutto ciò che si vede come qualcosa che scaturisce dal vuoto, ed esiste una ragione per cui appare una determinata esistenza con forma e colore, avrete una calma perfetta.  Questo qualcosa che sta alla base dell'esistenza, che non è il vuoto totale, ed è sempre pronto ad assumere una natura particolare, è la natura di Buddha

L'esistenza è la meravigliosa espressione della grande attività di Buddha. Ciascuna esistenza è dipendente da qualcos'altro, ci sono molteplici denominazioni per un'unica esistenza. Varietà ed unità sono la stessa cosa, per cui occorre avvertire l'unità in ciascuna esistenza. Nell'esperienza effettiva, varietà ed unità sono la stessa cosa. Praticare il buddhismo significa studiare se stessi.  Perciò è nella vita quotidiana, e non quando si siede in meditazione, che si scoprirà l'effettivo valore dello zen. Non c'è bisogno di capire intellettualemnte la filosofia zen, perciò la pratica zen consiste nel sedere in meditazione e basta, senza alcuna idea di conseguimento, con l'intenzione pura di restare nello stato di quiete della nostra natura originaria.  Solo quando lasceremo tutto come è, solo allora si manifesterà la mente chiara e vuota. La cosa più importante della pratica è una salda convinzione del vuoto originario della mente, che è l'essenza stessa della vita e della mente.

Quando il Buddha conseguì l'illuminazione disse "E' meraviglioso vedere la natura di Buddha in ogni cosa e in ogni essere". Una volta capito che noi siamo Buddha, abbiamo capito quale è la via. 

venerdì 6 maggio 2022

Thich Nhat Hanh - articolo di Roberto Fantini

 Articolo su Thich Nhat Hanh scritto da Roberto Fantini e pubblicato su FlipNews, Free Lance International Pres   vedi: https://www.flipnews.org

Da alcuni mesi, il monaco buddhista vietnamita Thich Nhat Hanh ha concluso la sua avventura terrena. E ci ha lasciato davvero molte cose preziose.

A tanti, ha tanto insegnato. Fra i grandi suoi insegnamenti, spicca, sopra ogni altro, quello relativo al modo in cui dovremmo rapportarci alla vita, assumendo una prospettiva di massima consapevolezza relativa alla bellezza di quanto riceviamo attimo per attimo, ed alle infinite opportunità che essa generosamente ci regala.

Thich Nhat Hanh è stato, forse, il maestro che più di ogni altro ci ha aiutato, con ferma quanto acuta delicatezza, ad aprire gli occhi e la mente per comprendere quanto le nostre esistenze siano ricche di incalcolabili tesori che troppo spesso, noi, schiacciati dal peso del passato e assillati dai pensieri timorosi e desiderosi sul futuro,  finiamo per ignorare, per dimenticare, per sperperare.

La nostra vera casa – ha scritto – è il momento presente. Vivere nel momento presente è un miracolo. Miracolo non è camminare sull’acqua. Miracolo è camminare sul nostro verde pianeta nel momento presente, per poter apprezzare la pace e la bellezza che ci si offrono proprio ora. La pace è ovunque intorno a noi, nel mondo e nella natura, e dentro di noi, nei nostri corpi e nelle nostre anime. Se solo impariamo a entrare in contatto con questa pace, a toccarla, saremo guariti e trasformati.” (Toccare la pace, Ubaldini Editore, Roma 1994, p. 7)

In definitiva, il messaggio più grande e più bello che ci ha affidato credo sia quello relativo al sentimento di costante gratitudine che dovremmo imparare a nutrire lungo il percorso del nostro cammino quotidiano. Messaggio tutt’altro che facile, scaturito da una esistenza colma di grandi sofferenze e di dolorose tragedie: “Siamo passati – scrive – attraverso sofferenze interminabili, un tunnel infinito di dolore e oscurità” (ivi, p. 105)

Un messaggio che, evidentemente, di tutto ciò proprio si è saputo nutrire, per riuscire a parlare ai nostri cuori, con una forza straordinaria intrisa di lirismo, di Amore e di Gioia … Nonostante tutto …

La pratica della consapevolezza è, infatti, un “importante agente di trasformazione e di guarigione”, che può consentirci di smettere di essere vittime della distrazione,  interrompendo di cercare “la felicità in qualche altro posto, ignorando e distruggendo i preziosi elementi di felicità che sono già presenti dentro di noi e intorno a noi.” La consapevolezza ci permette di cessare di innaffiare i “semi di infelicità” presenti in noi, spingendoci ad  innaffiare, invece, con premurosa cura, “i semi della pace, della gioia e della felicità ”. (ivi, p. 27 )

Ciò al fine di scoprire (o riscoprire) che  “Tutti noi, i bambini come gli adulti, siamo dei bei fiori”, e che, per conservare la giusta freschezza, è necessario apprendere a saper fermare, per il nostro bene e per il bene di chi ci vive accanto, “le preoccupazioni, le ansie, l’agitazione e la tristezza, così da poter trovare pace e felicità e sorridere ancora.” (ivi, p. 15)

Un insegnamento che può essere forse racchiuso efficacemente nell’invito che ci ha voluto rivolgere a renderci capaci di dire “grazie” con sincerità e con vigore per la miracolosa bellezza della Vita. Perché  “Non c’è bisogno di morire per entrare nel Regno dei Cieli. Anzi, dobbiamo essere completamente vivi.” (ivi, p. 13)

Se la ragione, infatti,  ci obbliga ad essere severi nei confronti della realtà in cui viviamo, sia per quel che concerne l’operato umano, sia per il vivere stesso nella sua dimensione più naturale, il cuore di chi ha imparato ad osservare non può non esercitare una continua, sentita “pratica del ringraziamento”. Come un canto di gioia, come una preghiera commossa, come una poesia …

Ringraziamento per mille e mille cose che si verificano o che non si verificano, per tante e tante cose che si sperimentano, che si ricevono in dono …

Quante sono? Quanti di noi se ne accorgono davvero? O almeno un po’? Impossibile accorgersi di tutto quello che meriterebbe un “grazie”, ma dovremmo sforzarci di capire, di percepire …

Insopportabile chi considera tutto “ovvio”, come se tutto fosse “normale” o, addirittura, “dovuto”.

In realtà, se osservassimo attentamente  questa strana e terribile nostra esistenza, dovremmo accorgerci facilmente che nulla è dato per certo, davvero nulla. Da qui, la meraviglia di cui parlava Aristotele e da cui, sempre, bisognerebbe partire per dire qualcosa di sensato sul vivere.

Non è ovvio il fatto che i nostri polmoni funzionino, si allarghino, si riempiano di aria, la spingano fuori, senza fatica, senza dolore, senza rumore, senza comando, che facciano tutto da soli, anche se noi pensiamo ad altro.

Non è ovvio che il sangue ci circoli nelle vene, vada su e giù, irrorando tutto il nostro organismo …

E non è certo ovvio il fatto che  siamo in grado di sperimentare tutto ciò, di comprenderlo anche in parte, di riflettere sul perché, sul come, sul significato, ecc …

E’ tutto immensamente meraviglioso.

E’ tutto immensamente incomprensibile, inspiegabile, incomprensibilmente immenso.

Che tutto questo sia (invece che non essere) dovrebbe farci meditare per una intera vita. Ogni ora ha le sue innumerevoli cose per cui rallegrarsi, per le quali fare un passo di danza, lanciare un inno alto nei cieli …

Bisognerebbe iniziare la giornata ringraziando.

Bisognerebbe coricarsi cantando lodi di ringraziamento.

Non a qualcuno. Alla vita generosa che ci ha donato il respiro e innumerevoli attimi in cui avremmo potuto fare cose importanti e belle. E conta poco se non le abbiamo compiute: la vita ci aveva messo nella condizione di poterle fare …

Assumere l’atteggiamento del ringraziamento addolcisce l’animo, ci rende più attenti, più capaci di comprendere il valore delle cose. Ci aiuta ad assumere un’attenzione quasi religiosa nei confronti della nostra sorte quotidiana, a farci diventare parsimoniosi nell’uso del tempo, a toglierci dalla mente i rimpianti e le lagnanze di ogni tipo.

Ma ringraziare non significa accogliere la vita totalmente e incondizionatamente per quello che è. Non significa accettazione acritica e immobile. Significa cercare di comprendere la natura e il giusto significato degli incommensurabili “talenti” che ogni attimo contiene. E saperli apprezzare al meglio. E saperli ben impiegare, facendoli fruttare in tutto il loro  straordinario insondabile e imprevedibile potenziale.

Nel periodo presente, durissimo e tristissimo, pieno di incognite sommamente inquietanti e angoscianti, riconsiderare con grande attenzione il  messaggio di questo grande mistico vietnamita potrà rappresentare, credo, una fonte preziosa di luce aurorale e di fiduciosa visione del domani.

Il miracolo è camminare sulla Terra”. Questa frase è stata pronunciata dal maestro zen Lin Ci. Miracolo non è camminare sull’acqua, o nell’aria, ma camminare sulla Terra. La Terra è talmente bella. E anche noi siamo belli. Possiamo concederci di camminare in consapevolezza, toccando la Terra, la nostra madre meravigliosa, a ogni passo. Non c’è bisogno di augurare agli amici: “La pace sia con te”. La pace è già con loro. L’unica cosa che dobbiamo fare è aiutarli a coltivare l’abitudine di toccare la pace in ogni momento.” (ivi, p. 13)

Addio a Thich Nhat Hanh, il padre della Mindfulness.

L'articolo "Addio a Thich Nhat Hanh, il padre della Mindfulness" è stato pubblicato sulla FAO Gazette di marzo 2022. Thich Nhat Hanh (1926-2022), morto recentemente, è stato uno dei leader spirituali più influenti del nostro tempo. Era il monaco buddista zen più conosciuto al mondo e il fondatore della Mindfulness.   Il maestro Zen era anche uno scrittore e un poeta.  Ha creato diverse comunità in Europa.
Vedi il sito web: plumvillage.org/gratitude-for-thich-nhat-hanh

Tutta la sua vita è segnata da compassione, umiltà, creatività, profondità di pensiero e amore per tutti gli esseri.  All'età di sedici anni Thich Nhat Hanh fu ordinato monaco buddista Rinzai (una scuola Zen) in Vietnam e da allora promuove il Dharma, cioè l'insegnamento del Buddha, come mezzo per portare pace, riconciliazione e fratellanza nella società.  Nel 1964, durante la guerra del Vietnam, fondò un movimento di resistenza non violenta chiamato "Piccoli Corpi di Pace": gruppi di persone e monaci che andavano nelle campagne per aiutare a ricostruire villaggi, ospedali, scuole e tutto ciò che era stato distrutto dalla guerra.

Nel 1967, Thich Nhat Hanh incontrò Martin Luther King, che lo nominò per il premio Nobel per la pace a causa della sua posizione pubblica contro la guerra in Vietnam. Ha guidato la delegazione buddista per la pace, che ha partecipato ai colloqui di pace di Parigi.   Il suo pacifismo non fu ben visto dal governo vietnamita e alla fine del conflitto fu costretto all'esilio in Francia perché accusato di non sostenere i vietcong (solo nel 2005 poté tornare per la prima volta in patria).  Nel 1982 ha fondato "Plum Village" in Francia, una comunità di monaci e laici vicino a Bordeaux, dove ha vissuto fino al suo definitivo ritorno in Vietnam nel 2018. Dopo aver subito un ictus nel 2014, ha interrotto la sua prolifica attività di insegnamento.

Thich Nhat Hanh è noto per aver "reso popolare" la meditazione Zen, Egli insegna la pratica della mindfulness utilizzando testi del Canone Pali; il suo insegnamento è pienamente inserito nel flusso della tradizione Zen "Rinzai" ed è reso più facile da comprendere dagli occidentali riducendo al minimo il formalismo rituale.  Invece di usare i koan - frasi enigmatiche che i maestri danno ai loro studenti per suscitare il loro risveglio - Thich Nhat Hanh ricorre alle metafore. Non fa proselitismo; le persone possono assistere agli insegnamenti quando vogliono e sono sempre benvenute nel "Sangha", la comunità dei praticanti.   Sostiene che è sbagliato abbandonare la propria religione per abbracciare il buddismo.

Thich Nhat Hanh propone un'etica e un insegnamento universali, volti a superare la visione di noi stessi come entità separate dalle altre persone e dal resto della realtà, che è fonte di enorme sofferenza, sia a livello individuale che collettivo.
Dai precetti buddisti, ha preso gli "Allenamenti alla Coscienza", un insieme di principi etici universali, da proporre all'umanità come comunità e non a un particolare gruppo spirituale. Uno dei temi affrontati, e che l'umanità come comunità deve affrontare, è il degrado ambientale e il riscaldamento globale.
Thích Nhất Hạnh è stato spesso descritto come un uomo in totale pace con se stesso e con gli altri. La sua saggezza e le sue parole sono state una fonte di calore e sostegno per molte persone in tutto il mondo. Attraverso i suoi libri e le sue poesie, ha anche offerto numerose lezioni di vita sul significato dell'esistenza, l'apprezzamento del proprio percorso di vita e come essere felici.   I suoi numerosi libri sono stati tradotti in molte lingue.  Thích Nhất Hạnh diceva spesso: "Il Nirvana è la liberazione da tutte le idee e opinioni: Quando entri in contatto con la realtà non hai più opinioni. Hai la saggezza".
 Il seguente messaggio di Thich Nhat Hanh è veramente appropriato per questi tempi bui, dominati dalla follia, dalla paura e dalla divisione:
Qualcuno mi ha chiesto: "Non sei preoccupato per lo stato del mondo?" Mi sono permesso di respirare e poi ho detto: "La cosa più importante è non permettere alla tua ansia per quello che sta succedendo nel mondo di riempire il tuo cuore. Se il tuo cuore è pieno di ansia, ti ammalerai e non sarai in grado di aiutare".
"Ci sono guerre - grandi e piccole - in molti luoghi, e questo può farci perdere la pace. L'ansia è la malattia della nostra epoca. Ci preoccupiamo di noi stessi, della nostra famiglia, dei nostri amici, del nostro lavoro e dello stato del mondo. Se permettiamo alla preoccupazione di riempire il nostro cuore, prima o poi ci ammaleremo".
"Tutto ciò che rimane della pratica è una pace ben radicata".

Vedi altri articoli su Thich Nhat Hanh https://maramici.blogspot.com/search?q=Thich+Nhat+Hanh

sabato 2 aprile 2022

Il segreto dello zen (2) - Alan W. Watts

Nel testo  Lo zen. Un modo di vita, lavoro e arte in estremo Oriente, Alan Watts illustra il segreto dello zen. Lo zen asserisce che nessun Buddha può rivelare la verità a chi non sa vederla in se stesso. Uno dei principi importanti dello zen è che tutte le cose, anche le più semplici sono aspetti della natura-Buddha. L'uomo sul cammino spirituale non deve far altro che continuare la propria vita così come è. Se tutte le cose sono un aspetto della natura-Buddha o del Tao, perchè sforzarsi di raggiungere il Nirvana? (l'illuminazione). Hui Neng diceva: "la differenza tra un Buddha e un uomo sta nel fatto che il primo sa di essere un Buddha, l'altro non lo sa".  Nello zen è conosciuta la frase "Se incontri il Buddha uccidilo".

Lo zen spazzò via tutte le definizioni, le concezioni, i simboli e le rappresentazioni antropomorfiche del Buddha. Lo zen è un guardare dentro la propria natura senza nessuna dipendenza da concetti e parole. Anche qui troviamo una grande affinità con il taoismo: la vita quotidiana è il vero Tao, il Tao non può essere definito. La vita quotidiana, nella sua ripetizione monotona di eventi è qualcosa di inafferrabile e indefinibile. Più cerchiamo di afferrare il momento presente e più ci sfugge. Lo zen è un dimenticare l'io, un muoversi con la vita, vivere ai suoi ritmi,  senza cercare di interrompere il suo scorrere. La vita per lo zen e per il taoismo è un mutevole processo in continuo movimento. Verità e possesso sono illusori perchè si basano su qualcosa che non muta.  Il non attaccamento significa correre insieme alla vita.. 

Lo zen propone questa via del Buddha: "cessa di fare del male, impara a fare del bene, purifica il tuo cuore". Oltre che l'etica, indispensabile a vivere nella società, per praticare lo zen occorre una ferrea autodisciplina; per questo i maestri zen hanno sempre insistito su un severeo addestrramento preliminare alla pratica dello zen. 

La comprensione dello zen è rappresentata simbolicamente con 10 quadri che illustrano un uomo che cattura e pascola una mucca (che rappresenta simbolicamente la mente).

Lo spirito e la tecnica dello zen sono rimasti immutati nel corso del tempo, fino ad oggi. 
La tecnica zen è caratterizzata da due fattori inseparabili: il satori e il koan. Il satori è un'esperienza improvvisa, un rendersi conto della verità dello zen. Mentre il satori è la misura dello zen, il koan è la misura del satori. Koan letteralmente significa documento pubblico, ma in questo caso è un problema che non ammette una soluzione intellettuale. La risposta non ha nessun rapporto logico con la domanda, e la domanda è tale da mettere in imbarazzo l'intelletto.  Ogni koan  riflette il gigantesco koan della vita, per lo zen il problema della vita è superare le due alternative dell'affermazione e della negazione, che oscurano entrambe la verità. 
Nello zen lavorare sul koan è una forma di meditazione che richiede un grande sforzo mentale e spirituale. Il koan sembra così impenetrabile che il discepolo è stato paragonato ad una zanzara che cerchi di mordere un blocco di ferro. Bisogna dimenticare se stessi per fare il lavoro. In questo approccio si possono riscontrare delle somiglianze all'arrendersi dell'anima al Dio crisitiano o al Krishna indiano della Bhagavad Gita.
Per lo zen, e per tutte le religioni/filosofie orientali è essenziale acquistare il dominio della mente, e questo si consegue in primo luogo con l'esercizio del koan e con la meditazione Za-zen (che probabilmente deriva dallo yoga) per apprende a rilassare il corpo, non disperdere l'energia e dedicarsi alla risoluzione del koan. Lo scopo dello zen è quello di trasmettere ed insegnare saggezza e conoscenza a tutto il mondo, una volta che la si è appresa attraverso il ritiro e la solitaria meditazione.

Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi personali.  Nel blog c...