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giovedì 9 giugno 2022

Il percorso spirituale - Mauro Bergonzi

Mauro Bergonzi ha insegnato Religioni e Filosofie dell’India e Psicologia Generale all’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” dal 1985 al 2017. E’ membro della International Association for Analytical Psychology (I.A.A.P.) e psicologo analista didatta del Centro Italiano di Psicologia Analitica (C.I.P.A.). Ha pubblicato articoli e saggi sui processi meditativi nel buddhismo, sulla psicologia del misticismo, sul comparatismo filosofico e sull’incontro tra Oriente religioso e Occidente contemporaneo, con particolare riferimento al campo della psicologia transpersonale e agli studi sulla coscienza. A partire dagli anni ’70, ha praticato varie forme di meditazione con uno spirito libero da dogmi e adesioni confessionali, approdando infine ad una prospettiva non-dualista, che da diversi anni trasmette attraverso i suoi incontri di ‘condivisione dell’essere’ (sat-sang).


La meditazione non è un fuggire dalla vita.  Dai percorsi spirituali, dalle pratiche di meditazione e di contemplazione si cercava e si cerca una protezione dal dolore, dalla sofferenza. Comunque i grandi saggi dell’umanità non hanno mai promesso che,  raggiunto un certo livello di saggezza, l'individuo sarebbe stato libero dalla sofferenza. Dal momento che abbiamo un corpo e una mente non possiamo esserne immuni.

Tony Parsons, il teorico del non dualismo, parla della via del ghiaccio, che è la via per costruire una protezione alla sofferenza.  Adottare questa via significa adottare la pratica del testimone, mettersi ai margini della vita, ed osservare tutto, anche la sofferenza in maniera impersonale, ma questa via ci isola dalla vera vita, dalle esperienze della vita. L’altra via opposta, di cui parla Tony Parsons, la via del fuoco, è invece quella dell’intimità della vita, strettamente personale.  Finché non avviene questo matrimonio tra le due vie, il fuoco ha paura del ghiaccio e viceversa, se non avviene questo matrimonio, nell'individuo non ci sarà una vera trasformazione interiore.

Mauro durante la conferenza spiega : "Mentre seguivo questi percorsi di trasformazione interiore, e ne ero convinto della loro validità, mi rendevo conto che non era una fuga dal mondo, ma un vivere più consapevole. Sotto sotto, c’era l’idea di essere protetto, percorrevo la via del ghiaccio che è più tipicamente maschile. La via del fuoco, con l’intimità della vita non è avvenuta tramite la meditazione, ma quando mi sono dedicato anima e corpo a mia madre, negli ultimi anni della sua vita. Nella situazione dolorosa mi sono dedicato totalmente a lei, e ho chiuso il cerchio della vita, indipendentemente da tutto,  ha avuto un grande effetto trasformativo".
Se si riesce a vivere l'intimità della vita, e nello stesso tempo agire in maniera impersonale e distaccata, queste due modalità messe insieme, produrranno una grande trasformazione.
Occorre cercare di rimuovere le cause della sofferenza, ed  investigare e cambiare il rapporto con la sofferenza. A secondo del modo con cui ci si rapporta con la sofferenza l’evento diventa più o meno sopportabile. Ad esempio, se la prendiamo come una giusta esplicazione del karma, o come una ingiustizia, il livello di angoscia percepito è diverso.
Questo Io, che si rapporta con la sofferenza è veramente come ce lo immaginiamo?  Pensiamo veramente di essere un io separato dal mondo, dalla sofferenza. Esiste veramente un io separato dalla sofferenza e dall’universo ?  

Se noi interroghiamo la mistica e la scienza tutto questo è un po’ dubbio. Noi siamo costituiti da un flusso sempre cangiante, aria, acqua, sostanze nutritive, che mentre ci attraversano diventano l'Io, quindi il confine tra interno ed esterno è molto labile. Un individuo biologico è considerato come un gorgo d’acqua, i gorghi non sono separati dalla corrente, il gorgo non è una parte della corrente, ma è la corrente del fiume come appare in quel punto. 

La sofferenza è anche una questione d’identità. Ad esempio in una malattia degenerativa, si instaura una perdita di memoria e silenzio, la persona non c’è più, e quello che proviamo è simile alla perdita di una persona cara. Non si è più un figlio, una madre, ecc.

Nei percorsi spirituali e meditativi si cerca di arrivare ad uno stato di coscienza privo di memoria definito come silenzio. Anche se non è la stessa cosa, ci dovrebbe comunque far riflettere.
Bisogna tenere sempre presente la domanda « Chi sono io ? » che è il titolo di un libro scritto da Ramana Maharshi, il grande mistico indiano.

Per rispondere a questa domanda dobbiamo andare verso quello che non cambia: Il corpo, i pensieri, e le percezioni cambiano. Quindi, cosa resta ? La memoria e i ricordi sono gli aspetti più legati all’Io;
Per Nisargadatta Maharaj "L’assenza di memoria non è la prova di inesistenza".
La sola cosa di cui sono certo è il fatto che esisto e che sono cosciente, quello che cambia è di che cosa sono cosciente.
La fisica quantistica sta considerando l’ipotesi che la coscienza sia un dato a priori nella costruzione dell’universo. Se il mio esserci ed essere cosciente non è separabile da quello degli altri, ci permette di sentirci un tutt’uno con gli altri e questo può diventare una manifestazione d’amore. Questa risonanza è possibile sentirla se ci liberiamo dalle false idee su "chi siamo noi".
Nella vita ci sono due dimensioni, una orizzontale che non ha fine, di auto miglioramento, di situazioni che si susseguono, e da queste situazioni di vita possiamo sempre imparare qualcosa.
Poi c’è una dimensione verticale che è l'autorealizzazione che è fuori dal tempo.

Ma cosa è la felicità che cerchiamo tutti? Non è il piacere che può  essere più o meno intenso, la felicità è completezza, il vivere in una situazione in cui non ho bisogno d’altro. La felicità o c’è o non c’è, non è misurabile.
La felicità è un nostro diritto di nascita, ma ci sembra di averlo perso. Shankara, che è stato un teologo e filosofo indiano, nonché il fondatore della scuola dell'advaita vedānta racconta una storiella:  "dieci amici decidono di attraversare un fiume a nuoto. Uno di loro comincia a contare, uno-due, ... nove manca qualcuno, poi vedono un passante a cui chiedono di contare e conta: uno_due_nove ... mette una mano sul cuore e conta dieci".
Se si crede di essere incompleti, si soffre, la causa principale della sofferenza è quando ci si convince di essere un io separato dall’universo. Con il pensiero abbiamo separato il tempo in passato, futuro, presente che intuitivamente dura un secondo.  Questo presente ingloba passato, presente e futuro. Ramana Maharshi diceva: « l’unico ostacolo al risveglio è l’idea di non esserlo già».

Quando tiro una linea tra me e il mondo, inizio la battaglia, e devo necessariamente fare qualcosa per dare un senso alla vita. Ma il fare significa confermare questa distinzione tra me e il mondo, tra me e la vita. Invece io sono totalmente immerso nella vita. Questa sensazione non deriva da una comprensione intellettuale. E' qualcosa che accade. Occorre liberarsi dall’illusione che è quella della separazione, e scoprire quindi il Sé originario, che non è il mio piccolo sé.

Se pensiamo che facciamo tutti parte della coscienza cosmica,  anche l'ira diventa perfettamente inutile. Il taoismo per spiegare questo concetto usa la metafora della barca: Un barcaiolo di notte con la nebbia stava scendendo il fiume, quando vede che un lume in lontananza sta scendendo dalla parta opposta e sta per andargli contro, a quel punto comincia a gridare e ad insultare il presunto barcaiolo, poi la barca si avvicina e si accorge che è vuota….. Si era liberata dagli ormeggi…

Altri interventi di Mauro Bergonzi su varie tematiche.

sabato 18 febbraio 2023

Perché meditare - Mauro Bergonzi

Appunti presi durante gli incontri di ‘condivisione dell’essere’ (sat-sang) organizzati da Mauro Bergonzi.  Mauro Bergonzi è docente di “Religioni e Filosofie dell’India” presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” e socio ordinario della International Association for Analytical Psychology (I.A.A.P.) e del Centro Italiano di Psicologia Analitica(C.I.P.A.). Ha pubblicato articoli e saggi sui processi meditativi nel buddhismo antico, sulla psicologia del misticismo, sul simbolismo religioso, sull’incontro tra Oriente religioso e Occidente contemporaneo e sul dialogo interculturale fra psicologie sapienziali orientali e psicologia occidentale. .

Quando una persona inizia una pratica di meditazione,  deve sapere quale scopo e quale risultato vuole ottenere. Ad esempio nelle pratiche buddhiste, si vuole arrivare ad una quiete e una visione profonda delle cose. Occorre quindi scegliere una pratica per ottenere risultati specifici e praticare assiduamente. Il primo obiettivo della meditazione è arrivare ad una quieta profonda, all’armonia corpo e mente, al risveglio delle energie. Il secondo obiettivo è quello di arrivare al risveglio o alla liberazione, mettersi sul cammino della felicità stabile, incoraggiati dalle persone che hanno sperimentato questo stato. Quando nasciamo, siamo gettati nella vita, proveniamo dal buio e ci troviamo nella luce, ci sentiamo piccoli, fragili, incompleti, cerchiamo la totalità (Dio, l'assoluto, il vero sé).  Ma se il tutto è tutto, come potrebbe non essere già qua?  Questa ricerca rinforza una visione illusoria, posso dire che non so che cosa è il tutto, ma posso asserire con sicurezza che sta già qua. È come la storia della signora che cerca la collana, la cerca dappertutto, ma non l’ha mai persa, in quanto si trova intorno al suo collo. La ricerca è l’ostacolo per trovare ciò che si sta cercando, in quanto noi ci percepiamo come qualcosa di separato dal tutto. Cerco fino a quando non trovo; nella meditazione cerco fino a quando non collasso, ma se non è già qui, non è quello che cerchiamo.

Il piacere della pace profonda, è uno stato costruito della mente, e quindi prima o poi se ne andrà. Si cerca di stare in questo stato finché dura, ma tutto ciò che nasce muore, non c’è eccezione nella natura, se possiamo raggiungere la liberazione possiamo anche perderla. La meditazione è quindi una caccia al tesoro, come il diamante che viene scoperto in tasca, dopo aver fatto varie tappe ed essere ritornati alla casa di partenza, e constato che durante tutto il percorso era già in nostro possesso.

Tony Parsons, uno dei teorici del non dualismo, racconta la storia del monaco che copiava manoscritti, ad un certo punto ha un dubbio su una frase che trova su un manoscritto, va a cercare l’originale e scopre che la parola celibato era stata sostituita con celebrare, quindi scopre che nella vita non bisogna adottare il celibato ma celebrare la vita. La meditazione è la celebrazione della vita, la vita può essere celebrata in diversi modi: con un atto di amore, con una passeggiata nella natura ecc. La meditazione è la celebrazione della vita, l’esplosione della vita nel silenzio.  L’universo o non ha scopo oppure è una danza e un gioco. La vita non si può evitare, la vita è un dato innegabile e sapere di esserci è un fatto incredibile.

La meditazione è un optional, un ornamento per esaltare la vita, è un modo per coprire la nostra nudità. Durante la pratica spirituale occorre decostruire, togliere, smantellare tutti i meccanismi e condizionamenti che ci fanno soffrire. La contemplazione non porta a niente, la meditazione è uno spazio maggiore alla ricettività, ma non aiuta a decostruire l’io. E’ necessaria l’accettazione, puoi arrivare alla comprensione dell’io come costruzione, ma non hai il potere di mostralo ad altri.


Sito http://www.consapevol-mente.it/mauro-bergonzi/     Bergma@libero.it

 Bibliografia

  •  1) “Mandala buddhista e vista simbolica”, Conoscenza religiosa n.1-2 (1979), pp. 174-193.
  •  2) “Osservazioni su samata e vipassanā nel buddhismo theravāda”, Rivista degli Studi Orientali, vol. LIV, fasc. I-II e III-IV (1980), pp. 143-170 e 327-357.
  •  3) Inchiesta sul nuovo misticismo, Roma-Bari 1980 (ed. Laterza).
  •  4) “Il buddhismo in Occidente”, in H.-Ch. Puech (a cura di), Storia del Buddhismo, Roma-Bari 1984 (ed. Laterza), pp. 305-396.
  •  5) "Riflessioni su buddhismo e Occidente contemporaneo", La Critica Sociologica, n°111-112 (ottobre 1994 - febbraio 1995), pp.85-101.
  •  6) "I tre risvegli del Buddha", Atti della Giornata di Studio: "Psicologia e Meditazione: Consapevolezza, Discriminazione, Ascolto. Tre Vie di Accesso al Transpersonale, Torino 1997, pp.14-22.
  •  7) "Adattamento e istinto spirituale", Studi Junghiani 5/6, vol. 3, n. 1/2 (Gennaio-Dicembre 1997), pp.89-92.
  •  8) "La consapevolezza fra psicologia del profondo e meditazione orientale", In/Formazione. Psicologia, psicoterapia, psichiatria, n° 34-35 (maggio 1998 - marzo 1999), pp.6-27).
  • 9) "L'atteggiamento transpersonale", Studi Junghiani 10, vol. 5. n. 2 (luglio-dicembre 1999), pp.91-110.
  •  10) “Prassi psicoanalitica e prassi meditativa orientale: un confronto interculturale”, in Atti del Convegno: “Crisi del freudismo e prospettive della scienza dell’uomo”, Roma 2000 (Nuove edizioni romane), pp. 25-38.
  •  11) “Riflessioni sulla morte nell’India religiosa”, in Aa.Vv. (a cura di L. Crozzoli Aite), Sarà così lasciare la vita?, Milano 2001 (Ed. Paoline), pp. 215-227.
  •  12) “Il Sé come fattore di salute e guarigione”, Studi Junghiani 13, vol. 7. n. 1 (gennaio-giugno 2001),
  •  13) “La dimensione soteriologica nel pensiero filosofico-religioso indiano”, in AA.VV. (a cura di G. D’Erme), Fedi e culture oltre il Dio di Abramo, Napoli (Ed. Guida), 2003, pp.169-183.
  •  14) “Comparatismi e dialogo interculturale fra filosofia occidentale e pensiero indiano”, in Maria Donzelli (a cura di),Comparatismi e filosofia, Liguori Editore, Napoli 2006, pp. 262-295.
  •  15) “Riflessioni sulla psicologia del misticismo”, in R. Conforti e G. Scalera McClintock (a cura di), La mente e l’estasi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2010, pp. 221-297
  •  16) “Psicoanalisi e meditazione orientale. Una prospettiva interculturale”, in Cloe Taddei Ferretti (a cura di), Scienza cognitiva. Un approccio interdisciplinare, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2011, pp. 291-331.
  •  17) Il sorriso segreto dell’essere, Milano 2011 (Mondadori).

lunedì 17 gennaio 2022

20 gennaio 2022: Satsang con Mauro Bergonzi

 

20 gennaio 2022: Satsang con Mauro Bergonzi,   Per ricevere maggiori informazioni e il link d’accesso scrivere a lostudiolo@spaziocorpo.it    https://spaziocorpo.it/studiolo/     Costo 15 euro.        

Mauro Bergonzi ha insegnato Religioni e Filosofie dell’India e Psicologia Generale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” ed è analista didatta del Centro Italiano di Psicologia Analitica (C.I.P.A.). Autore di saggi in campo orientalistico e psicologico, a partire dagli anni ’70 per circa tre decadi ha approfondito i percorsi meditativi di varie tradizioni orientali (vipassana, zen, rdsogs ch’en, advaita-vedanta e taoismo) con uno spirito di ricerca libero da dogmi e adesioni confessionali. 

Dopo una spontanea e naturale dissoluzione della ricerca spirituale e del ‘cercatore’, è rimasto soltanto un puro e radicale non-dualismo. Fondamentale in questo senso è stata la sua assidua frequentazione degli insegnamenti di Nisargadatta Maharaj, Jiddu Krishnamurti e Tony Parsons. 

Da diversi anni conduce gruppi di ‘condivisione dell’essere’ (sat-sang) in varie città italiane. Il suo libro Il sorriso segreto dell’essere (Mondadori 2011) presenta un panorama sintetico della comunicazione che avviene in questi incontri.

giovedì 1 aprile 2021

Incontri di 'condivisione dell'essere' (sat-sang) con Mauro Bergonzi

I prossimi incontri di 'condivisione dell'essere' (sat-sang)  con Mauro Bergonzi si svolgeranno on line nei seguenti giorni  22/4,   27/5,   24/6  ora 20,15 -22,00.

Negli incontri si alternano spazi meditativi, discorsi e dialoghi con i partecipanti, da intendere non come insegnamenti per raggiungere una qualche meta futura, bensì come inviti a condividere nell'immediato presente quella vivida 'risonanza' dell'essere in cui risplende la nostra natura più profonda e inconoscibile.

I temi affrontati sono: Chi sono io? Che cos’è la realtà? Qual è il significato del vivere e del morire? Che cos’è la coscienza? Come sorge l’esperienza di un ‘io’ individuale?

Mauro Bergonzi ha insegnato “Religioni e Filosofie dell’India” e “Psicologia Generale” presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” ed è analista didatta del Centro Italiano di Psicologia Analitica (C.I.P.A.). Autore di saggi in campo orientalistico e psicologico, a  partire dagli anni ’70  per circa tre decadi ha approfondito i percorsi meditativi di varie tradizioni orientali (vipassana, zen, rdsogs ch’en, advaita-vedanta e taoismo) con uno spirito di ricerca libero da dogmi e adesioni confessionali. Dopo una spontanea e naturale dissoluzione della ricerca spirituale e del 'cercatore', è rimasto soltanto un puro e radicale non-dualismo. Fondamentale in questo senso è stata la sua assidua frequentazione degli insegnamenti di Nisargadatta Maharaj, Jiddu Krishnamurti e Tony Parsons. Da diversi anni conduce gruppi di 'condivisione dell’essere' (sat-sang) in varie città italiane. 

Partecipo da vari anni ai suoi incontri ed ogni volta rimango estasiato dalla sua capacità comunicativa, dal come riesce in modo “divino” a esprimere l’inesprimibile  con le parole.

Ha pubblicato per Mondadori nel 2011  “Il sorriso segreto dell’essere. Oltre l'illusione dell'io e della ricerca spirituale", un libro fondamentale nel mio processo di ricerca, che vi consiglio vivamente di leggere e che mi ha "illuminato".


Il sito di Mauro che vi consiglio di visitare è il seguente:  https://sites.google.com/site/ilsorrisodellessere/home

Gli incontri sono organizzati dallo Studiolo di Roma, zona piazza Bologna. https://spaziocorpo.it/studiolo/

Per partecipare agli incontri è necessario prenotarsi scrivendo a lostudiolo@spaziocorpo.it oppure chiamando il 3407772363.

sabato 18 febbraio 2023

La meditazione - Mauro Bergonzi

Mauro Bergonzi ha insegnato Religioni e Filosofie dell’India e Psicologia Generale all’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” dal 1985 al 2017. E’ membro della International Association for Analytical Psychology (I.A.A.P.) e del Centro Italiano di Psicologia Analitica (C.I.P.A.). Ha pubblicato articoli e saggi sui processi meditativi nel buddhismo antico, sulla psicologia del misticismo, sul simbolismo religioso, sull’incontro tra Oriente religioso e Occidente contemporaneo e sul dialogo interculturale fra psicologie sapienziali orientali e psicologia occidentale. A partire dagli anni ’70, ha praticato varie forme di meditazione con uno spirito libero da dogmi e adesioni confessionali, approdando infine ad una prospettiva non-dualista, che da diversi anni trasmette attraverso i suoi incontri di ‘condivisione dell’essere’ (sat-sang).  Sito:  http://www.consapevol-mente.it/mauro-bergonzi/

Appunti presi durante gli incontri di ‘condivisione dell’essere’ (sat-sang). 

Bergonzi comincia ad illustrare che cosa è la meditazione usando il seguente racconto: "Un leoncino viene adottato da un contadino e viene usato insieme agli altri asini per trasportare varie cose e come questi si abitua a mangiare erba. Un giorno arriva un possente leone, gli asini scappano, così pure il leoncino, il leone riesce a prendere il leoncino, lo porta al fiume, lo fa specchiare nel fiume e il leoncino scoprendo la sua vera natura ruggisce". La meditazione è proprio questo: il fermarsi a guardare la nostra immagine riflessa e scoprire la nostra vera natura.  La nostra natura non scompare, il nostro vero sé è già lì ed è un punto fisso. Quello che noi vediamo nella quotidianità, quello che crediamo di essere è la molteplicità in movimento.  Spesso nel nostro cammino spirituale cerchiamo un maestro (un possente leone) e non ci accorgiamo che tra noi e il maestro non c’è nessuna differenza, solo una diversa consapevolezza. Se si vive il rapporto con il maestro, come una differenza, abbiamo perso in partenza.

Quello che viviamo nella quotidianità è la molteplicità in movimento, e spesso l’instabilità ci indebolisce, siamo dilaniati da un conflitto diacronico nel tempo tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere con un consumo enorme di energia.  Dietro a colori, suoni, sensazioni e ricordi comunque c’è sempre un io, ma quando provo ad osservare questa costante, che è la nostra visione del mondo, il nostro sé, la sensazione sfugge perché questa costante non si può osservare, in quanto la costante è l’osservatore con il suo sguardo sul mondo. L’osservatore guarda attraverso la coscienza consapevole che la mente del resto non può afferrare.

Con la meditazione si può arrivare ad un momento di silenzio e a rallentare. E quando si rallenta, si rallenta, gli oggetti a poco a poco scompaiono, e si a rriva ad un punto in cui non ci sono più oggetti ed è più facile identificare la coscienza consapevole, manifestare la vera natura (ruggire), e prendere coscienza di essere sempre stati un leone. Poi al risveglio le forme si rimettono in movimento ed è irrilevante ciò che credo di essere. La differenza tra il risvegliato (l’illuminato, il possente leone) e il non risvegliato (il non illuminato, il leoncino) è che il non risvegliato crede che ci sia ancora una differenza tra di loro.  Nella meditazione c’è l’erronea percezione di poter disciplinarsi, di poter gestire il processo del rallentamento; ma non è così, le cose ad un certo punto accadono e non sei più in grado di gestirle, tutto collassa e ti trovi in un’altra dimensione, in un’altra modalità percettiva e la stanza dove stai meditando non è più una stanza.

 Lo scopo della meditazione è quello di trovare un'armonia corpo mente, di coltivare stati di quiete profonda, essere in armonia con la realtà.  Il primo passo nel cammino della meditazione è la meditazione sul respiro o su un punto tra le sopracciglia, ed è basata sulla concentrazione, un focalizzarsi su un oggetto, in questo caso aumenteranno i sintomi di irrequietezza (deglutire, distrarsi, ecc) poi la mente proverà il gusto della quiete. Il passaggio successivo sarà la concentrazione su un oggetto.

Per ottenere uno stato di quiete profonda occorre: 1) essere in una situazione non conflittuale, 2) meditare per un periodo di tempo lungo, 3) vivere in una situazione particolare, 4) essere guidato da un maestro, 5) star bene fisicamente, 6) non preoccuparsi della quotidianità, 7) la mente del meditante, deve cercare la quiete ed evitare distrazioni. L'iniziazione con un guru crea una implicazione emotiva e può essere la situazione ideale. Il risultato non è condizionato dal tipo di pratica,  il tipo di pratica viene scelto in funzione della propria personalità e i propri interessi.

Favoletta Taoista: "Un uomo ricco viveva al Cairo, ereditò una fortuna ma cedette tutti i suoi beni ai suoi amici, e gli restò soltanto una casa con una veranda, una palma e vicino un pozzo. Una notte sogno il volto di un uomo che emergeva dall’acqua con in bocca una moneta che gli diceva “se vuoi trovare un tesoro, devi andare a Isfarn una città distante dal Cairo e lì sotto gli archi della città troverai indicazioni per un tesoro. L’uomo parte arriva la sera stremato e si sistema per la notte a dormire sotto gli archi, dove dormono anche ladri, borseggiatori ecc,  La polizia fa una retata e dopo avergli dato diverse manganellate lo portano in questura. Qui il commissario lo interroga e ascolta divertita la sua storia, e allora gli rivela “anch’io tutte le sere sogno che qualcuno mi indica di andare al Cairo ed in una casa con la veranda troverò un tesoro in un pozzo vicino ad una palma” ma non è che io vado al Cairo per questo….”  L’uomo capisce il messaggio, ritorna al Cairo e dentro il pozzo trova il tesoro.  Il tesoro ce l’abbiamo in casa, ma spesso in certe situazioni dobbiamo fare un viaggio e poi, semplicemente, ti ritrovi a casa con una maggiore consapevolezza. Applicata alla meditazione questa storiella indica che spesso la meditazione è inutile ma in certi casi occorre seguire questo percorso per arrivare all’illuminazione.

La meditazione è un invito per riconoscere la presenza. Quando le idee collassano, in quel momento, in quel NON tempo, tutto sparisce, e la separazione scompare,  e si manifesta l’amore.

La versione non dualista ti obbliga a stare nella vita. Quale è il ruolo della volontà? Esiste il bene o il male?  Nel mondo delle manifestazioni non dualistiche, le onde oscillano da un punto all’altro e così le vibrazioni.  Il linguaggio separa, è fatto di pieni e vuoti, le frasi separano un opposto dall’altro. Caldo freddo, bene male, ci alleniamo con il bene e speriamo di annientare il male. Gli opposti sono tracciati come linee nella nostra mente, quando traccio un angolo concavo su una lavagna mi ritrovo anche l’angolo convesso.

L’esistenza oscilla tra il momento in cui si vive una coscienza cosmica o si vive un io separato. La dualità è l’essenza della falsità, la realtà è un’infinità di differenze ma non c’è separazione tra l’io e il mondo.  La meditazione è un invito alla non dualità, permette di sperimentare che esserci e essere cosciente sono una unica cosa.

Quando la mente è in stato di galleggiamento spensierato, le idee collassano, in quel momento, in quel NON tempo, tutto sparisce, e la separazione scompare, l’io e il mondo diventano una sola cosa, l’io che abbiamo costruito scompare.  Queste esperienze di sperimentazione del Tutto, della non separazione, della non localizzazione avvengono anche nella quotidianità come ad esempio al mare, di fronte ad un tramonto, ad un concerto.  La mente è in stato di galleggiamento spensierato, fuori dal tempo, e in quello stato la coscienza dell’io scompare. La dualità è l’essenza della falsità, nella realtà infinità di differenze non c’è separazione.

Gesù e il Diavolo stavano parlando, quando videro un uomo che si chinava per raccogliere qualcosa, Gesù disse “ha trovato la verità”, Il diavolo rispose “Bene, allora  potrò così organizzare la verità e creare una  nuova religione, dei riti ecc".

Spesso l’ostacolo a questa esperienza è proprio la ricerca di una tecnica e di un metodo. Il suggerimento è quello di Non cercare di razionalizzare, e di vivere la vita con leggerezza ed allegria, come rappresentata da Shiva nataraja la vita è una danza.

Meditazione 2 - Mauro Bergonzi

Appunti presi durante gli incontri di ‘condivisione dell’essere’ (sat-sang) organizzati da Mauro Bergonzi. Mauro Bergonzi è docente di “Religioni e Filosofie dell’India” presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” e socio ordinario della International Association for Analytical Psychology (I.A.A.P.) e del Centro Italiano di Psicologia Analitica(C.I.P.A.). Ha pubblicato articoli e saggi sui processi meditativi nel buddhismo antico, sulla psicologia del misticismo, sul simbolismo religioso, sull’incontro tra Oriente religioso e Occidente contemporaneo e sul dialogo interculturale fra psicologie sapienziali orientali e psicologia occidentale.

La parola meditazione, dal latino meditare, ha origine indoeuropea, significa Man, ossia misurare con il pensiero; meditare in latino è collegato a mentire, la radice Ma significa misurare, madre, maya, metro, matrice.  Il costruttivismo, è un'esperienza costruita dalla nostra mente, il nome è utile, ci dice a cosa serve un oggetto, con la Ma misuriamo la realtà che diventa una matrice (mappa) della realtà che poi viene scambiata per la realtà, La mente mente, la meditazione è la medicina della mente. La meditazione è una tecnica per tornare dallo stato artificiale (mente che mente) allo stato naturale.

Possiamo identificare tre tipi di meditazione:

  • su un oggetto specifico su cui meditare,  la mente è attratta naturalmente da un oggetto, occorre scegliere un oggetto come supporto meditativo, osservare solo quell’oggetto,  può essere anche una candela, una statua, un mantra ripetuto, il mantra funziona in automatico fino a diventare uno sfondo pervasivo della coscienza e porta pace, col tempo si ha una diminuzione del rumore interno, e diventa indistinguibile la mente dall'oggetto. In questo caso  inizia a svilupparsi una quiete, una voglia di rimanere in questa situazione ed  il resto diventa un disturbo. Se si arriva a questo livello si soffre meno, anche se arriva qualcosa a destabilizzare la mente. Il passaggio successivo è il passaggio dalla mente alla non mente, coltivando la quiete della mente, un processo unstressing per scaricare la tensione. Durante la meditazione, lo stress per la prima volta emerge in maniera pura ed è difficile da controllare. 
  • meditazione di consapevolezza aperta; non si sceglie nessun oggetto ma si pone l’attenzione su quello che emerge di volta in volta nel momento presente, è molto difficile perché si deve essere capaci di mollare l’oggetto su cui siamo concentrati per dedicarci ad un altro più preponderante, fino a raggiungere lo stato di quiete profonda mentale. Nella pratica di consapevolezza aperta non c’è preferenza tra mente quieta e mente agitata.  E' un'esperienze di flusso, dove la realtà compare e scompare.Si può comparare questo tipo di tecnica ad un guardiano sulla soglia del cancello della città.
  • esperienze vibrazionali quando si medita sulle energie, lasciando lavorare le energie positive del corpo, è qualcosa di esperienziale che ha degli effetti anche fisici. Un esempio di questo tipo di meditazione è il Tibao. Il Tibao si può fare in piedi, seduti e sdraiati, durante la pratica la mente galleggia, l’energia si muove, si cerca di sintonizzarsi con uno spensierato galleggiamento.

Cosa si vuole ottenere dalla meditazione?  Coltivare la quiete, far interagire mente e corpo, acquisire maggiore energie, sviluppare il silenzio, sviluppare l’attenzione in azione, vivere meglio nel quotidiano, raggiungere uno stato profondo di beatitudine. La meditazione non ci può dare la felicità con la F maiuscola, può ridurre la sofferenza, si possono ottenere dei vantaggi, ma i vantaggi che raggiungeremo li perderemo.  Esempio del lama tibetano che ha creato Pomaya, devastato dal tumore dopo 40 anni di meditazione si sentiva come foglia al vento.

Dovremmo iniziare ad investigare su ciò che non cambia mai attraverso le varie esperienze, e perché quindi preoccuparci di ciò che va e viene?

Si inizia la meditazione per ottenere la pace, il controllo delle energie utilizzando tecniche diverse. Ma occorre sapere che non ci sono tecniche per raggiunge la liberazione, a volte accade. 

Esistono altri due tipi di meditazione:  sull’oggetto e sul soggetto (ad esempio l'investigazione sul sé nel buddhismo). Secondo Maharishi, si deve indagare sul chi medita (ed è più importante), in quel caso l’attenzione dall’oggetto si orienta sul soggetto, e la  mente ritorna all’interno. Lo stesso avviene nella pratica di meditazione nello Zen, in questo tipo di pratica si deve volgere la luce dell'attenzione all’interno (rotazione a 180 gradi dell’attenzione).

Nisargadattha e Ramakrisna posero spesso la domanda "Chi sono io?"  In questo caso occorre passare dall’attenzione sugli oggetti all'attenzione sull’io sono, il pensiero dell'io sono fa sparire tutti gli altri pensieri. Concentrarsi sul pensiero "io sono" non indica nient’altro che l’esserci (quello che c’è sempre), il foglio dietro le parole, un abisso di meraviglia che può essere assaporato in qualsiasi momento della vita quotidiana.  Dobbiamo lasciare andare l’io sono. Entrare nella nube del non sapere per andare oltre il pensiero e distruggere il pensiero (questo è l'obiettivo degli indiani e dei tibetani ), o non pensare a niente (questo è l'obiettivo dei cinesi). Dobbiamo passare dalla mente distratta alla mente una, poi alla non mente.

La tecnica consiste nel lasciare andare l’oggetto percepito, cercare di percepire il vuoto e poi spostare l’accento su chi percepisce il vuoto. L’investigazione è una pratica ma ci si muove nell’ottica dell’io separato e limitato. Occorre utilizzare dei metodi o tecniche come la meditazione per superare la separazione.

Le pratiche meditative possono muoversi  nella orizzontalità per aiutarci a gestire il dolore (se muore un coniuge, genitore o figlio) imparando qualcosa di nuovo e migliorarsi; questo ci aiuta eliminare tanta sofferenza. Oppure nella verticalità di ciò che siamo, l'apparenza di un io separato è reale come è illusorio che l’io sia veramente separato, la percezione della separazione dell’io separato non altera ciò che lo percepisce. L’io separato che cerca il tutto è un gioco che porta sofferenza.

Un discepolo su un greto del fiume chiede al maestro che siede sull’altra sponda: “come si fa a raggiungere l’altra sponda?” Il maestro rispose “tu sei già sull’altra sponda”.

Io non sono un corpo che cambia, io sono quel quid che non cambia. Se scarto tutto quello che cambia, resta la coscienza di esserci, e l'esserci. Ma la tua coscienza può essere diversa dalla mia? In che cosa è diversa? La differenza può essere nella coscienza del corpo, mente, stato sociale, ecc. La luna che si manifesta in mille riflessi è la stessa luna (vedi la copertina del libro di Bergonzi Il sorriso segreto dell'Essere).

La coscienza di esserci abita tutto, Noi non siamo solo individualità, tu puoi vederti come onda o come mare, l’onda è attività dell’acqua, è mare. Ci sono infinite differenze, ma non reale separazione, il pensiero usato impropriamente crea dualismo, il pensiero viene dalla totalità, e quindi non può portare alla totalità, ci manca la semplicità.

Se io osservo vedo molteplicità in movimento, la costante è l’elemento che non muta, l’osservatore, la coscienza costante e invisibile.  Per percepire il cambiamento c’è bisogno di qualcosa che non cambi, la coscienza che percepisce è vuota e invisibile come lo spazio, quando oggetti molteplici si manifestano la coscienza diventa invisibile. Per definire la coscienza possiamo adottare la metafora dello spazio e del silenzio ( è lo sfondo dove il suono e le cose si manifestano). Quando non ci sono più oggetti è più facile percepire la coscienza (l'io sono).

La vera spiritualità è una forma radicale di democrazia. Ci sforziamo di diventare leoni e cerchiamo il "chi sono io". Ma se scartiamo tutto quello che cambia (corpo, sesso, nazionalità, età), si sgretola l'identità. Ad un certo punto il pensiero deve dire "non so", a quel punto tutto evapora, anche il tempo, resta solo esistenza e coscienza, il pensiero si abbandona, si lascia il filosofo e si scende al cuore e nasce il mistico. La coscienza è lo spazio dove tutto finisce, non si muove niente, non è nel tempo. La coscienza è il non esserci. Per Kant inseriamo le cose in griglie conoscitive di tempo e spazio. La coscienza accetta tutto senza alterarlo. Il libero arbitrio presuppone un io separato dagli altri.

Sei sicuro che esisti evidenza dell’esserci nasce il pensiero, il tempo appare all’interno dell’esperienza, la presenza è qui, e l’io separato va e viene.

L'attività del percepire è caratterizzata da esperienze che appaiono e scompaiono, Per percepire il movimento esterno ci vuole qualcosa che sta fuori. Non c’è una sola percezione che può apparire separatamente dalla coscienza. Quindi coscienza ed esperienza sono la stessa cosa. Io sono il mondo.

La coscienza è uno spazio senziente, una vivida presenza, la coscienza del dormiente crea il sogno, questa coscienza di qualcosa sparisce ogni notte nel sonno profondo. La coscienza se ne va con la morte. Coscienza in sé, è un fatto puro e semplice di essere cosciente. Per Nisargadatta, l'assenza di memoria non è prova di inesistenza. La coscienza è una funzione del cervello? Ma io chi sono in realtà? Il cervello non è la sola somma di neuroni, Da quando ero bambino ad oggi, c’ero e ci sono. Il mio essere cosciente in che cosa mi differenzia da un altro? Esperienze e le emozioni sono diverse ma non la coscienza. C’è una sola coscienza o molte coscienze?

Un sistema auto osservante è costretto a dividersi in due parti: in osservatore e osservato e quindi l’osservazione non sarà mai completa.  La coscienza è invisibile a se stessa, ma è l’unica cosa certa, coscienza e consapevolezza sono sinonimi. L'attenzione è invece diversa dalla coscienza. Per dare attenzione a qualcosa (per avere la coscienza di qualcosa) devi lasciare andare tutto il resto, il resto è sfondo. L’attenzione può esserci solo con la coscienza, la coscienza non puoi espanderla perché è già lì.

Il Monismo è un sistema filosofico, un modo di descrivere la realtà ed afferma l’uno e nega la molteplicità. Nel Non dualismo si afferma che esiste qualcosa che abbraccia tutto, l’uno e i molti, appaiono infinite differenze ma nessuna separazione. Bergonzi aderisce ad un Non dualismo radicale (ma non possiamo definirlo una filosofia). 

Con il pensiero non è possibile descrivere questa meraviglia, non è possibile rappresentare l’infinito, che è caratterizzato dalla famosa frase "Neti, Neti", non è nè questo, nè quello.

Sei sicuro di esserci? Si, quindi ho una consapevolezza concettuale. Se prima non ci sono io niente appare. Essere ed essere cosciente sono la stessa cosa, sono parti di uno stesso io, puoi essere cosciente dell’io sono, del pensiero che io sono. La coscienza è però universale. Absoluto, sciolto da tutto, il sé comprende l’io, il sé comprende il tutto, c’è una sospensione dell’io, il sé è irraggiungibile dall’io, le cose accadono anche senza l’io. Esperienza e realtà sono la stessa cosa?  E' indimostrabile che ci sia un’unica coscienza, quando dormi il mondo non c’è più ma per un altro esiste.

La coscienza è il cervello? E’ una funzione del cervello? La coscienza in sé non è possibile studiarla, è possibile studiare i contenuti della coscienza. La coscienza è un’emergenza del cervello, la coscienza è creata dal cervello, ma così si crea un loop epistemologico. Shrodering  pone le seguenti domande: Come è possibile che migliaia di cellule diano vita ad una sola coscienza?

La vita è corta, se non ha senso e significato che viviamo a fare? Allora cerchiamo delle risposte, le cerchiamo rivolgendoci alla mente, al pensiero. La mente per dare un senso alla vita ci racconta delle storie. Ogni storia ha un protagonista, ci dimentichiamo che le abbiamo inventate, è meglio una brutta storia che l’assenza di storie. Anche l’illuminazione è una storia, e l’illuminazione non può essere definitiva, tutto ciò che possiamo raggiungere poi muore, si perde. Questo è vero ma c’è un’unica eccezione: la liberazione (ci si convince che questa storia non andrà via).

Avidya significa non vedere, non vedere la nostra connessione con il tutto, il senso di qualcosa che è proiettato in qualcosa di più grande, l’universo.  Il movimento dell’universo è simile ad una danza ed un movimento senza finalità.

Solo coloro che hanno tempo per la sapienza dispongono del loro tempo. La solitudine è per lo spirito ciò che il cibo è per il corpo. Frequenta quelli che potranno renderti migliore, accogli quelli che tu potrai rendere migliori. Insegnando gli uomini imparano.   

giovedì 7 aprile 2022

Commento delle Upanishad - Mauro Bergonzi

Evoluzione del pensiero filosofico religioso indiano nella tradizione vedica, lo yoga nella Bhagvad Gita, L’advaita vedanta di Shankara. - Presentazione di Mauro Bergonzi   https://sites.google.com/site/ilsorrisodellessere/satsang

Mauro Bergonzi è stato docente di “Religioni e Filosofie dell’India” presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” e socio ordinario della International Association for Analytical Psychology (I.A.A.P.) e del Centro Italiano di Psicologia Analitica(C.I.P.A.). Ha pubblicato articoli e saggi sui processi meditativi nel buddhismo antico, sulla psicologia del misticismo, sul simbolismo religioso, sull’incontro tra Oriente religioso e Occidente contemporaneo e sul dialogo interculturale fra psicologie sapienziali orientali e psicologia occidentale.

Le Upanishad non hanno una dottrina unica ed esprimono un pensiero connesso alla matrice mistica, nel testo si usa spesso un tono apodittico: "te lo dico, non te lo devo dimostrare". Contengono i semi del pensiero indiano, la Katha upanishad parla dello yoga  (VIII secolo a.c.).  Lo yoga e il proto samkhya (un altro sentiero filosofico indiano) hanno lo stesso substrato metafisico. La ​Bṛhadāraṇyaka e la Chandogya sono le due Upanishad più antiche. 

I due principi filosofici alla base delle Upanishad sono:

  • identità di Atman (il proprio vero sé) e Bhraman (la sostanza dell’universo), Non si può staccare il sé dall’universo, l'obiettivo è scoprire l’assoluto guardando dentro o fuori di noi, il principio dell’Uno – Tutto
  • il principio del karma, trattato nella Bṛhadāraṇyaka (libro 1. capitolo 4. verso 7), qui si  parla anche di nome e forma,  il concetto di nama (nome) e rupa (forma) è trattato anche nel buddhismo antico.

Conoscendo il Sé si conosce l’universo, l’universo è un tutt’uno unico e indivisibile, io mi identifico con la coscienza, il mio sé.   "Chi sono io?"    Sono l’universo che si manifesta con il mio pensiero. Il discorso è fatto di parole, ma le parole e i nomi focalizzano solo una parte della realtà, mentre la realtà non è fatta di pezzi staccati. Il nome mette un confine alla realtà e si perde il tutto, come un punto sulla lavagna. Noi siamo le onde, ed il mare esiste anche senza le onde, l’onda nasce e muore, noi crediamo di vedere solo la forma, ma vediamo la realtà.

Il sé non è una forma, senza l’io non posso percepire il resto, l’io è un esserci cosciente.  La coscienza osserva tutto, ma non può essere osservata, ma è certo che esiste. L’universo è un sistema auto-osservante, una parte che osserva e una parte osservata, ed ogni osservazione è incompleta. La coscienza è vuota di nomi e forme, la vera coscienza non ce la dà il pensiero, non si può separare il vedere dall’essere cosciente.  I sensi ci mostrano in ogni momento che noi siamo il tutto, il vedere e il sentire sono attività della coscienza, e noi ci identifichiamo con le attività della coscienza. Il principio assoluto non può essere rappresentato in una forma particolare. 

Chi è "risvegliato" è più potente degli dei (perché anche gli dei sono una manifestazione del Tutto). La coscienza comprende mondo, mente e corpo. Nella veglia la coscienza attiva la percezione del mondo, la mente con i relativi pensieri, e le sensazioni fisiche del corpo. E poi piano, piano  si comincia a pensare che la mente stia dentro il corpo e il corpo stia dentro il mondo. Nessuna percezione può contenerne un’altra. Quando andiamo a dormire blocchiamo le percezioni, sparisce il mondo, il corpo sta fermo e sparisce, solo la mente agisce nello stato di sonno e a volte crea pensieri. Rimane la coscienza, senza oggetti. Nello stato di sonno profondo senza sogni (rem), la coscienza è invisibile, è un tuffo in un mondo di energia.

I confini del sé sono illusori, in quanto coincidono con il mondo. L’ego è un’illusione. L’egoista ama un falso sé idealizzato, se si presenta in un certo modo, mentre il vero sé autentico è disprezzato. L'amore dal punto di vista monista è espressione di unità e tende ad eliminare il dualismo.

"Con che cosa si potrà conoscere il conoscitore?" Non si può.  Posso avere coscienza di qualcosa soltanto se siamo in due, io e quel qualcosa. La coscienza ci porta a  dire “ io sono questo e non sono quello", in quel momento si è creata la dualità tra mente - corpo e mondo. 

"Io sono, ci sono", questa è un'evidenza innegabile, l’unica cosa che non posso mettere in discussione, quindi  "L'Io sono" è esistenza e consapevolezza. Si manifesta con il corpo e la mente,  e finisce con il corpo.  Ma c’è qualcosa che sa che ci siamo, è questo è il purusha. La ricerca della liberazione ha lo scopo di comprendere che il nostro corpo fa parte di qualcosa di più grande.

Il sogno è collegato al desiderio, nello stato di sonno profondo, si manifesta ananda: che è lo stato di unità e completezza, non c’è più la coscienza di ciò che è interno e ciò che è esterno, i desideri cessano, solo il sé esiste. 

Esistono due livelli di manifestazione: quello del corpo-mente,  dell'io sono, e quello della  consapevolezza pura, dove c'è l'uno senza secondo.

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Che cosa è il purusha? In sanscrito significa "uomo" e "anima". Nel Ṛgveda (X, 81) esso designa il divino uomo primigenio, da cui deriva tutto ciò che fu, è e sarà.
Secondo il sistema filosofico Samkhya, i  due principi eterni, sono il Purusha e la Prakriti.
Il primo, Purusha,  rappresenta l’Energia Cosmica Spirituale, la coscienza cosmica impassibile ed immutabile, di cui nel microcosmo ritroviamo il riflesso nella coscienza di un individuo non identificata nella materia e nell’ego.
Il secondo, Prakriti, è la materia inerte primordiale, l’essenza di tutta la natura materiale.
Tutta la creazione può essere ricondotta a questi due principi, che coesistono in un’eterna dualità, opponendosi ad ogni tentativo di risoluzione o di unione. Per questo il Samkhya viene considerato come una filosofia dualistica (dvaita).
Quando il Purusha e la Prakriti entrano in contatto fra loro si manifesta l’universo.

Video in inglese molto interessante che spiega bene Purusha e Prakriti, vedi link https://www.atuttoyoga.it/purusha-prakriti/

mercoledì 29 settembre 2021

Condivisione dell’essere, SAT-SANG con Mauro Bergonzi

Condivisione dell’essere, SAT-SANG con Mauro Bergonzi giugno 2020, vedi: https://www.youtube.com/watch?v=Lxs1NPeW2-g

Ho seguito con piacere, per quasi tre anni, questi incontri con Mauro Bergonzi, ed è uno dei pochi relatori in grado di esprimere a parole la "Non dualità". 

Mauro Bergonzi è stato docente di Religioni e Filosofie dell'India presso l'Università degli Studi di Napoli “L'Orientale” ed è socio analista del Centro Italiano di Psicologia Analitica (C.I.P.A.) ed è l'autore del bellissimo libro Il sorriso segreto dell'essere.


Secondo Mauro le nostre azioni quotidiane sono dettate dalla paura o dal desiderio (di emergere, di fare carriera, di migliorare la posizione sociale) e sono collegate al dolore (fisico o mentale) o al piacere. Paura e desiderio sono collegate, appaiono sempre insieme, non sono due cose, sono parte di un qualcosa, sono una l’ombra dell’altra, legate al pensiero e al tempo. La paura si genera dalla memoria del dolore, il desiderio si genera dalla memoria del piacere.  Cerchiamo attraverso la conoscenza di superare questa dicotomia e la conoscenza, in questo caso, diventa fonte di  potere.

La coscienza appare con il suono, con la forma, col pensiero, appare e scompare. Quando c'è un’osservazione c’è una coscienza A che si accorge dell’apparire e scomparire delle varie osservazioni della coscienza B, che è effimera, nasce e muore con l’esperienza.

La coscienza A include sia l’osservatore e l’osservato, percepisce l’apparire e lo scomparire della coscienza B. La coscienza A ha come punto di origine il senso di esserci, la presenza consapevole, il punto di partenza perché le esperienze appaiano o scompaiano.

Nisargadatta Maharaj usa una metafora: "quando il sole sorge, le infinite gocce di rugiada cominciano a splendere e, in ognuna di esse compare un puntino luminoso che è il riflesso del sole su ciascuna goccia di rugiada che sembra contenere questo puntino luminoso".

Se consideriamo le gocce come mente – corpo, quella coscienza di esserci, è il riflesso sul corpo-mente di una luce senziente che alcuni chiamano consapevolezza, la quale non ha una localizzazione. Senza una goccia quel puntino non appare, la goccia è necessaria ma non sufficiente. Quando la goccia evapora, per la luce del sole non fa nessuna differenza, quel puntino riflesso fa da ponte tra infinito e finito, da un lato è l’esserci e dall’altro è il testimone, è la luce che permette a questo senso di esserci, di essere cosciente; da quel puntino si dispiega tutto il mondo del conosciuto, ma la conoscenza non può conoscerlo. Si può conoscere il senso di esserci ma non si può conoscere la luce senziente che lo produce.

Noi sappiamo di esserci, se vi chiedete "Io ci sono"? Come fate a negarlo? Per negarlo dovete esserci, è la cosa più evidente che ci sia, ma quando ci mettiamo ad osservare. possiamo avere solo esperienze limitate.  L’occhio vede all’infinito e le forme più varie, ma non può vedere se stesso, ma è innegabile che l’occhio ci sia.

Io posso conoscere un’infinita di cose, anche il fatto di esserci. Cartesio asseriva: "se mi inganno vuol dire che ci sono". Questo esserci viene dalla luce senziente che noi siamo, che non ha limiti e non ha confini. La domanda che possiamo porci è:  “Che cosa posso conoscere? E scartare tutto ciò che conosco perché non è il Tutto, ma è solo un aspetto del tutto.

La paura di diventare nulla dipende da quale grado di identificazione che c’è tra quella luce senziente e  mente - corpo; può diventare nulla, solo ciò che diviene, la paura di morire è la paura di diventare nulla. David Loy, dice che è una paura o una fobia. In psicanalisi, la fobia viene dal fatto che la paura è stata rimossa, è un compromesso tra la vera paura del passato e la coscienza che non vuole conoscerla.

La paura della morte è la fobia per allontanare una paura più grande, quella che non ci siamo nemmeno adesso. Io sparirò fra vent’anni ed ho paura, ma adesso io ci sono, ma questo io è un miraggio. Nasce dall’identificazione della luce senziente con un determinato corpo - mente. E’ solo l’organismo che inserito nel tempo diviene, nasce e muore, ciò di cui è fatto rimane nell’universo, come l’onda del mare, quell’onda particolare svanisce, così le forme appaiono e scompaiono.

L’io separato non esiste nemmeno adesso, appare come un miraggio, ma non c’è separazione con il resto dell’universo, la coscienza che si riflette sulla mente ed appare come un io e che sa di esserci, che ha il senso di esistere, è l’io sono, è il sé. L’io è la falsa identificazione della coscienza,  soltanto con un corpo – mente (la persona).

Quando invece percepisci in maniera più evidente, il tuo esserci, l’io sono, è una evidenza. Ti accorgi chequesto senso di esserci non ha confini, è lui che da origine alla coscienza dentro cui appare il corpo e il mondo. Questo sé comprende tutto il conoscibile, tu ci sei, questo sé va e viene quando dormi, e sparirà questo senso di esserci quando il corpo non ci sarà più, per apparire ha bisogno di quel corpo, ma come coscienza comprende tutto che resta quando sparisce il corpo-mente. Diventi nulla rispetto a quell’io che credi di essere.

Se non sei identificato soltanto con il corpo mente ma con il senso di esserci, quella luce senziente è oltre l’esserci e il non esserci (ed è totalmente inconoscibile). Il corpo-mente è qualcosa di conosciuto quindi non è quella luce senziente.

Nisargadatta dice "tutte le cose sono visibili alla luce del giorno, ma la luce del giorno non è visibile". Il sé che osserva l’io, è qualcosa legato alla manifestazione, il sé senziente non è il nulla. E' il sé che osserva le cose, è il testimone di questo e di quello.

Il sé che intuisce sé stesso, è l’essenza dell’essere, questo sé è il riflesso della luce senziente sulla mente, quando smette di essere testimone. "Dove va l’udito quando non c’è rumore nella stanza?"

La luce senziente non va da nessuna parte, non sta nello spazio - tempo, forse possiamo definirla nulla, è sempre qui e adesso,  è l’Essere.

Essere e nulla possono essere usati indifferentemente, non c’è bisogno di arrivare al nulla, basta vedere che le nostre conoscenze sono false. Utili per manipolare la realtà e vivere. Scarti tutto quello che è falso, quello che resta è quello che veramente sei. Non c’è bisogno di conoscere l’essere perché "Noi siamo l’essere".

Ramana Maharshi dice: "Una delle cose più strambe è, che noi essendo la realtà, cerchiamo la realtà, e un giorno rideremo di tutto questo, e quello che ci sarà quel giorno, c’è anche adesso".

Leggendo attentamente il testo Io sono quello di Nisargadatta, si scopre che contiene dei dialoghi contraddittori, questo perché Nisargadatta rispondeva in funzione a chi stava di fronte a lui.

Per Toni Parsons, un altro grande teorico del Non dualismo, "Non c’è una via, un maestro ti dirà che non c’è differenza tra te e lui, le cose accadono, e tu non hai nessuna scelta. Non puoi cercare la realizzazione perché sei già un realizzato".

Un discepolo chiese a Nisargadatta "Se l’io è illusorio e le cose accadono, perché allora proponi questi incontri in cui tu parli e cerchi di spiegarci alcuni concetti?" e  Nisargadatta rispose: "Finché noi ci troviamo a questo livello di realtà del corpo-mente bisognerà pure passare il tempo in qualche modo".

Noi cerchiamo la liberazione, ma la libertà non può essere condizionata, non può essere causata. Tutto quello che tu farai per raggiungere la libertà avrà una conseguenza che non sarà libera, ma sarà condizionata da quello che tu hai fatto. Il vero incondizionato non lo puoi raggiungere.

Ramana Maharshi dice: "Ogni esperienza nuova che tu puoi avere, che non c’era prima, finirà". L’idea di fare un percorso verso la liberazione è contro natura, la natura ci dice: tutto quello che puoi raggiungere lo perderai, quello che nasce muore, quello che puoi costruire si distruggerà.

Nisargadatta dice: "Invece di cercare quello che non hai, trova quello che è sempre con te, se è sempre con te qui e adesso, cosa si deve fare per raggiungerlo? Se mi metto in un percorso, e quello è già qui, non mi accorgo che la felicità è già qui. È assurdo praticare o mettersi in un percorso spirituale per qualcosa che è già qui. Ad esempio se qualcuno ha praticato per molti anni e gli è capitato di aprirsi alla Non dualità, allora può facilmente ingannarsi e pensare che questa percezione l’ha avuta grazie ai molti anni di meditazione che ha fatto. Allora quella persona andrà ad insegnare agli altri dicendo: "se mediterete per molti anni,  come me arriverete all’illuminazione". Dandogli una causalità che non ha.

Un altro, che non ha mai meditato, sdraiato sulla spiaggia al sole arriva a percepire questa completezza e allora dirà: "non meditate, è una cosa spontanea". Questa apertura è sempre qui e non c’è niente che può attivarla.Tutte queste azioni danno per scontato che ci sia un Io sono. Le cose accadono, non c’è libero arbitrio, né determinismo. Solo con un Io separato,  può esserci libero arbitrio o determinismo.

Secondo Thich Nhat Hanh, maestro buddhista vietnamita, l’agire morale è l’autostrada per la liberazione. La morale, in generale, ha senso in relazione con gli altri, ed è utile per regolarizzare i rapporti impersonali. La chiarezza della mente diventa comprensione e riduce un’enorme massa di sofferenza, la comprensione, non è associata alla sensibilità, ma può aiutare a diventare sensibile.

Per Thich Nhat Hanh i precetti sono come una stella polare, un precetto può essere un’occasione per indagare sulla nostra libertà. Capendo l’interconnessione, si può arrivare a vedere che le cose sono tutte in rapporto con le altre. Quando non c’è più separazione l’unica risposta che accade è l’amore.

Esempio del barcaiolo nella nebbia, lungo il fiume vede una barca contromano che gli sta venendo addosso, il barcaiolo comincia ad insultare il conducente della barca, poi si accorge che non c’è nessuno su quella barca, e la rabbia sparisce.

La coscienza si manifesta quando siamo svegli con diversi tipi di contenuti: sensi, mondo, corpo, mente. Si manifesta anche quando dormiamo e sogniamo, e quando dormiamo e non sogniamo.

Nisargadatta asserisce: "L'Io identificato con corpo e mente, è infinitamente piccolo e contenuto nel Tutto, che è Dio, Dio contiene l’Io".  Dio lo vediamo come qualcosa di diverso da noi ed è il Tutto che ci contiene.  Allora cerchiamo di conoscere il Tutto, ma il compito è impossibile anche utilizzando i concetti più astratti, essere o non essere, ecc.  Spesso quando pensiamo al Tutto lo associamo a Dio. Noi rappresentiamo la realtà in base a come noi pensiamo noi stessi, così noi vediamo il Tutto.

Se mi vedo come un piccolo io separato, identificato con corpo e mente, quando penso al Tutto, lo penserò come Non me, come qualcosa che mi trascende, cercherò di raggiungere una fusione e una contemplazione con questo Tutto spesso associato a Dio. Ma io e Dio, siamo due maschere di questa realtà non separabile. Quando cade l’idea di Io anche il concetto di Dio cade, quello che resta è inseparabile, è indivisibile.

martedì 1 febbraio 2022

10 Febbraio, satsang con Mauro Bergonzi

 MEDITAZIONE:
10 Febbraio, satsang con Mauro Bergonzi 

 Vedi Link:   https://spaziocorpo.it/

 
    La ‘condivisione dell’essere’ (sat-sang) è un’occasione per esplorare attraverso il  dialogo e il silenzio  – nella concretezza della propria diretta esperienza aperta ad una prospettiva non dualista e non confessionale –  il misterioso ‘sguardo’ della coscienza, il ‘senso’ e il ‘nonsenso’ della meditazione e della ricerca spirituale, i limiti del pensiero concettuale e il problema dell’identità personale. 
Calendario Satsang 2022
 

sabato 14 ottobre 2023

Letture luminose 2023-2024

Siamo ormai al quarto ciclo di questa iniziativa, nata per trarre ispirazione vitale da autori di epoche e culture diverse, in un periodo in cui l’umanità ha più bisogno che mai di orientarsi.

Ci ritroveremo come sempre ogni due settimane, on line su piattaforma Zoom,  il mercoledì alle 18.30 per un’ora di lettura antologica e una mezzora di conversazione libera e serena tra di noi. 

L’iniziativa è gratuita.  Per iscriversi occorre mandare una mail a fpistolato@yahoo.it con la dicitura: CICLO LETTURE LUMINOSE 2023-2024. Il link di accesso verrà fornito alla vigilia di ogni incontro, che verrà registrato e inviato poi a tutti gli iscritti, i quali potranno così riascoltarlo con calma in qualsiasi momento, o anche seguire comunque il ciclo, qualora non sia stato possibile partecipare alla diretta.

Inizieremo mercoledì 11 ottobre 2023 come da calendario riportato qui sotto:

  • 11.10.2023 Martin Luther King: Lettera dal carcere di Birmingham, a cura di Roberto Fantini
  • 25.10.2023 Mauro Bergonzi: Il sorriso segreto dell’essere. Oltre l’illusione dell’io e della ricerca spirituale (2011), a cura di Cesare Maramici, con la partecipazione dell’autore. Mauro Bergonzi è stato docente di “Religioni e Filosofie dell’India” presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” e socio ordinario della International Association for Analytical Psychology (I.A.A.P.) e del Centro Italiano di Psicologia Analitica (C.I.P.A.). Ha pubblicato articoli e saggi sui processi meditativi nel buddhismo antico, sulla psicologia del misticismo, sul simbolismo religioso, sull’incontro tra Oriente religioso e Occidente contemporaneo e sul dialogo interculturale fra psicologie sapienziali orientali e psicologia occidentale. Vedi sito:  https://sites.google.com/site/ilsorrisodellessere/
  • 8.11.2023 Marco Pizzuti: Deep State, a cura di Francesco Pistolato
  • 22.11.2023 Federico Faggin: Irriducibile, a cura di Francesco Pistolato
  • 6.12.2023 Erasmo da Rotterdam: Adagia, a cura di Roberto Fantini
  • 20.12.2023 Don Miguel Ruiz: I quattro accordi, a cura di Francesco Pistolato
  • 17.1.2024 Cristophe André, Matthieu Ricard, Alexandre Jollien: Tre amici in cerca di saggezza, a cura di Cesare Maramici
  • 31.1.2024 Erich Maria Remarque: Niente di nuovo sul fronte occidentale, a cura di Roberto Fantini
  • 14.2.2024 Viktor E. Frankl: Alla ricerca di un significato della vita, a cura di Francesco Pistolato
  • 28.2.2024 Massimo Teodorani: Sincronicità, a cura di Francesco Pistolato
  • 13.3.2024 Giovanni Papini: Il diavolo, a cura di Roberto Fantini
  • 27.3.2024 Mauro Biglino: La Bibbia non parla di Dio, a cura di Francesco Pistolato
  • 10.4.2024 Erich Fromm: Avere o essere?, a cura di Roberto Fantini
  • 24.4.2024 I Tre Iniziati: Il Kybalion, a cura di Francesco Pistolato
  • 8.5.2024 Helena P. Blavatsky messaggera di Luce (raccolta antologica), a cura di Roberto Fantini.

sabato 27 maggio 2023

La felicità - Mauro Bergonzi

Dalle conferenze del prof. Mauro Bergonzi.-

Alla domanda: Sei felice?  Di solito si risponde:   No, perché...    lo sarei se soltanto...     Si, ma...
Le tre risposte hanno in comune che la felicità dipende da condizioni esterne, se riuscissimo a cambiarle forse potremmo essere felici.
Ciò corrisponde alla storiella del re che fece foderare di cuoio tutte le strade del regno, invece di comprare dei sandali.
Gli eventi esterni sono al di fuori del  nostro controllo, e la felicità, seguendo questa via, diventa irraggiungibile. Però, il rapporto con gli eventi esterni può cambiare. La felicità non è il piacere, felicità e piacere sono due cose diverse.
Quando siamo felici proviamo pace, appagamento, completezza. Il desiderio per arrivare al piacere, invece, è sofferenza e mancanza. In Occidente c’è questa relazione:  desiderio = appagamento e piacere;   Se per un po' di tempo riuscissimo a mettere da parte il desiderio, potrebbe emerge la nostra natura di completezza. Ogni desiderio tende all’autodistruzione  per arrivare alla completezza. Aristofane quando parla di Eros, descrive l’uomo con quattro braccia e quattro gambe che era diventato così presuntuoso, che un giorno Zeus decise di dividerlo in due, ed adesso l'uomo passa la sua vita a cercare di trovare la parte mancante, l’anima gemella per arrivare alla completezza.

A volte, quando siamo a contatto con la natura, e siamo particolarmente tranquilli,  proviamo un senso di infinito e di eternità,  uno sprazzo momentaneo di felicità. 
Anche nella nostra esistenza non felice, la felicità c’è, traspare sempre e a volte può emergere per brevi periodi. 
Al dolore, la mente reagisce, si lamenta, occlude lo spazio del cuore e il dolore diventa insopportabile.
Se la mente, invece, si aprisse all’esperienza del dolore, si potrebbe aprire un varco alla felicità, e poi ci potremmo sentire appagati e felici.  
Dovremmo cercare di osservare un desiderio così come è: una semplice energia che si muove nell’ampio spazio del nostro cuore e quindi diventa una danza gioiosa di energia.
Soltanto un cuore aperto può amare. L’amore o è gratuito o non è amore. Noi pensiamo che siamo esperienza, invece siamo sempre presenti con il nostro vero Sé.
Che cosa c’è sempre nella nostra vita quotidiana?   L'Esistenza –  la Coscienza, il sapere di esserci,  Amiamo esserci e amiamo esistere. Nel Vedanta questo è:  Sat = esistenza,  Cit = Coscienza,  Ananda = beatitudine e felicità, amore come completezza, essere ed essere coscienti di esserci.
L'amore di sé è egoismo ed è una visione sminuita relativa a corpo e mente. Il pensiero ci convince che siamo questo corpo e questa mente. Invece, noi siamo la felicità, ed in questo caso collassa l’idea della felicità esterna a noi.

Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono ci...