sabato 25 settembre 2021

Empatia - Matthieu Ricard

Matthieu Ricard parla dell' Empatia suddividendo la trattazione in tre parti:

  1.  Definizione generale di empatia, 
  2.  L’empatia secondo Matthieu Ricard (definizioni tratte dal libro “Il gusto di essere altruisti”, Collegamento tra empatia e altruismo, 
  3.  Frasi sull’altruismo e sulla relazione tra altruismo e felicità.  

Parte 1- Definizione di empatia. L’empatia è la capacità di comprendere a pieno lo stato d'animo altrui, sia che si tratti di gioia, che di dolore. Il significato etimologico del termine è "sentire dentro", ad esempio "mettersi nei panni dell'altro", ed è una capacità che fa parte dell'esperienza umana ed animale. La capacità di porsi nella situazione (immedesimarsi) di un’altra persona o, più esattamente, di comprendere immediatamente i processi psichici dell’altro. 

L’empatia è una risorsa fondamentale per rinforzare i legami sociali che, a loro volta, sono fondamentali per il benessere psicofisico. Provare empatia aiuta a migliorare le nostre relazioni, rendendole più sincere e profonde, e instaurare un senso di intimità con l’altro. L’empatia è la capacità di comunicare efficacemente con chi sta soffrendo. Non sono abilità scontate, tuttavia, secondo ricerche recenti, possono essere apprese e sviluppate. Secondo l’ultimo manuale diagnostico dei disturbi mentali (DSM-5), bassi livelli di empatia o una mancanza totale di questa, possono essere sintomi di narcisismo o antisocialità. Comunque, essere poco empatici non significa in automatico avere un disturbo di personalità. Per una diagnosi di questo tipo è necessario, infatti, mostrare una serie di pensieri e comportamenti peculiari e pervasivi, di cui l’assenza di empatia è solo un aspetto.

Come si fa a mostrare empatia? Il punto principale da tenere in considerazione, quando chi sta soffrendo si confida con noi, è non banalizzare. Glen Gabbard, noto psichiatra americano, ha sostenuto che in una psicoterapia con persone depresse, cercare di incoraggiare il paziente focalizzandosi sugli aspetti positivi è controproducente. Dire, per esempio “lei non ha motivo per essere depresso, ha molte qualità” sortirebbe l’effetto di far sentire l’altro ancora più solo e incompreso. Al contrario, un buon modo di stare vicino a una persona depressa consiste nel trasmettere l’idea che esistano molti buoni motivi per essere tristi e che quella sofferenza ha senso di esistere. Elizabeth Dorrance Hall, studiosa americana di relazioni familiari e comunicazione, ha proposto alcuni punti da tenere a mente quando si affrontano conversazioni con chi sta soffrendo:

  • Scegliere messaggi personalizzati. Le persone amano ascoltare messaggi ‘ritagliati su di loro’, che legittimano come si sentono e li aiutano a esplorare le proprie emozioni. Se vogliamo aiutare qualcuno a superare un momento difficile, potremmo sottolineare alcune sue risorse. Una frase efficace potrebbe essere: “Riesco a sentire che per te è un momento difficile, ma sei una persona tenace e puoi venirne fuori”. Attenzione: è importante che la qualità che sottolineiamo sia reale (in questo caso, la persona deve essere veramente tenace).
  • Alterna sostegno e “sfida”. Le persone gradiscono quando si sentono, nello stesso momento, accettate e stimolate (in modo gentile). Utile in special modo quando pensiamo che una persona possa superare un momento difficile attraverso un cambiamento o chiedendo aiuto. L’accettazione, cioè l’ascolto senza giudizio, trasmette calore e fa sentire all’altro che ci teniamo e che ha un valore. Accanto a questo messaggio rassicurante è possibile suggerire di esaminare il proprio comportamento, per capire cosa sta andando storto e cosa potrebbe essere fatto diversamente in futuro. Bisogna però essere delicati, o faremo sentire l’altro in colpa e solo.
  • Evita ansia e facili soluzioni. Le persone non amano messaggi minacciosi, che implicano l’essere giudicati in modo negativo o che restringono la propria libertà di scelta. Per esempio, se pensiamo che qualcuno sia troppo stressato a causa del lavoro, dirgli “mio cugino ha avuto un infarto per lo stress sul lavoro, devi prenderti una pausa!” sortirà un effetto negativo, perché creerà urgenza e farà sentire l’altro poco ascoltato. Potremmo invece suggerire attività alternative a quelle lavorative, in modo che non si senta pressato o angosciato e senta di conservare libertà di scelta.
  • Non giudicare. Risultiamo più empatici quando siamo in grado di sospendere il giudizio. Per chi sta soffrendo, infatti, sarà più facile sentirsi compreso e accettato, se evitiamo di esprimere un’opinione su quanto il suo vissuto possa essere giusto o sbagliato secondo noi.

Oltre a questi punti, è importante evitare una tendenza tanto diffusa quanto irritante per chi sta soffrendo: la frase “ma almeno..”. Quando qualcuno è triste, a volte si tende a spingerlo a focalizzare l’attenzione su elementi positivi della sua vita. Per esempio, se l’altro ci dice “il mio matrimonio è un disastro”, possiamo essere tentati di rispondere “ma almeno hai dei figli fantastici”. In realtà, questo tentativo di consolare l’altro lo fa solo sentire ancora più incompreso. In questo caso, infatti, non solo non stiamo riconoscendo la sua sofferenza, ma lo stiamo anche facendo sentire in colpa. Il vero messaggio che comunichiamo è: “sei triste perché non sei in grado di vedere ciò che hai di buono”. Una modalità di consolare che può risultare arrogante.

Si può imparare a essere più empatici?  La risposta è sì (anche se non è semplice). Alcuni studi hanno dimostrato che perfino persone con autismo – un disturbo che include deficit nell’interazione e comunicazione sociale, ridotta condivisione di interessi, emozioni e sentimenti – possono imparare a mostrare più empatia nelle relazioni sociali attraverso un allenamento specifico.
Il ricercatore scozzese, David Jeffrey sostiene che professionisti in ambito medico dovrebbero fare un uso maggiore dell’empatia nella relazione con i pazienti. L’autore ha avanzato alcune proposte su come raggiungere tale obiettivo. Tra queste, alcuni suggerimenti sono applicabili nella quotidianità: Come si sente l’altro? Esercitarsi nell’assumere la prospettiva altrui non significa pensare “come mi sentirei io in quella situazione?”. Ciò infatti può portare all’urgenza di distogliere il pensiero dalle sensazioni negative. L’idea è immedesimarsi nell’altro e assumere la sua prospettiva, tenendo conto del suo contesto e della sua storia di vita.

Le attività in grado di aumentare le capacità empatiche sono: meditazione, scrittura creativa,  ‘role playing’.  In particolare, il ‘role playing’ consiste nel giocare a recitare la parte della persona che sta soffrendo, in modo da assumere la sua prospettiva e comprenderla a fondo. È possibile aumentare le capacità empatiche anche costruendo una storia su un personaggio immaginario. Seguire in prima persona le vicende del protagonista del racconto che inventiamo induce a immedesimarsi in un punto di vista diverso dal proprio e a “esercitarsi” nel provare empatia per le vicende che affronta. Infine, la meditazione e i corsi di mindfulness sembrano essere utili per entrare più a contatto con le proprie e altrui emozioni in modo non giudicante.

Per concludere, l’empatia è una capacità innata, legata a specifici circuiti cerebrali, che tuttavia può essere allenata e migliorata nel tempo, al fine di connetterci in maggior misura agli altri e favorire l’intimità. Non sempre è facile provare empatia, in special modo quando chi soffre è stato scorretto nei nostri confronti o è un estraneo. Tuttavia, vale la pena allenarsi a esercitarla per migliorare la qualità delle nostre relazioni. L’empatia è un’arte, un’eccezionale capacità geneticamente programmata nel nostro cervello con cui ci sintonizziamo con i sentimenti e le intenzioni altrui. Tuttavia, ed ecco che si presentano i problemi, non tutti riescono ad accendere quella lanterna che illumina il processo di costruzione delle relazioni più solide ed appaganti.

Spesso sentiamo dire frasi come “quella persona non è empatica”, “quel tizio è un egoista ed è totalmente privo di empatia”. Ebbene, una cosa molto importante da chiarire subito è che il nostro cervello dispone di un’architettura molto sofisticata mediante la quale favorisce questa connessione. In fin dei conti, l’empatia è una delle strategie con cui garantiamo la sopravvivenza della nostra specie: ci permette di capire l’individuo che abbiamo davanti e ci dà la possibilità di stabilire un rapporto profondo con lui. “Dio ci ha dato due orecchie, ma soltanto una bocca, proprio per ascoltare il doppio e parlare la metà.” La struttura cerebrale in cui la neuroscienza colloca la nostra empatia si trova nella circonvoluzione sopramarginale destra, un punto situato tra il lobo parietale, quello temporale e quello frontale. Grazie all’attività di questi neuroni, in determinati momenti riusciamo ad accantonare il nostro mondo emotivo e le nostre cognizioni per essere più ricettivi nei confronti degli altri.

Chiarito questo punto, la seguente domanda da porsi è: se tutti disponiamo di questa struttura cerebrale, perché ci sono persone più empatiche ed altre meno empatiche, e perché in alcune l'empatia sembra essere totalmente assente? Sappiamo, ad esempio, che la principale caratteristica del disturbo anti-sociale della personalità è la mancanza di connessione emotiva con gli altri. Tuttavia, tralasciando l’aspetto clinico e psicopatologico, sono molte le persone che semplicemente non riescono a sviluppare quest’abilità.

Le esperienze della tenera età, i modelli educativi e il contesto sociale debilitano questa meravigliosa capacità a favore di un egocentrismo sociale molto marcato. Una ricerca realizzata presso l’Università del Michigan ci dice che gli universitari di oggi sono un 40% meno empatici degli studenti degli anni ’80 e ’90. Al giorno d’oggi la vita ha così tanti stimoli e distrazioni per i giovani e i meno giovani da aver smesso tutti di essere pienamente consapevoli del momento presente e persino della persona che abbiamo davanti a noi. La gente è più attenta ai suoi dispositivi elettronici che ai sentimenti altrui, e questo è un  problema su cui dobbiamo riflettere. Il tempo passato sui social misura l’inadeguatezza di noi stessi, l’incapacità di affrontare la vita reale, il tempo passato sui social network è un parametro spesso associato alla depressione.

Parte 2 - L’empatia secondo Matthieu Ricard (definizioni tratte dal libro “Il gusto di essere altruisti”, Collegamento tra empatia e altruismo.   Monaco buddista da quasi quarant'anni, Matthieu Ricard utilizza la sua duplice formazione in discipline scientifiche e filosofiche occidentali e in quelle contemplative e meditative orientali per dimostrarci che, nell'era della globalizzazione, l'altruismo non è un pensiero utopico, ma una necessità, e che una vera attitudine altruista può avere un dirompente effetto positivo sulle nostre vite a livello individuale e, di conseguenza, sull'intera società. L'appello di Ricard, ripreso dai principali economisti e pensatori, tra cui Amartya Sen e Joseph Stiglitz, è il frutto di anni di ricerche, esperienza, osservazione e riflessione. 

L'empatia è un termine che è stato sempre più utilizzato dagli scienziati e nel linguaggio comune ed è generalmente confuso con l'altruismo e la compassione. La parola empatia comprende in realtà diversi stati mentali. La parola empatia è una traduzione della parola tedesca Einfühlung che si riferisce alla capacità di "sentire gli altri dall'interno". E 'stato utilizzato in primo luogo dal psicologo tedesco Robert Vischer nel 1873 per designare un oggetto esterno a cui si era soggettivamente identificato, ad esempio: una casa, un vecchio albero nodoso o una collina modellata dal vento (iv). Successivamente, il filosofo Theodor Lipps ha ampliato questo concetto per descrivere la sensazione di un artista che attraverso la sua immaginazione si proietta non solo su un oggetto inanimato, ma anche sull'esperienza di qualcun altro.

L'empatia può essere innescata da una percezione affettiva dei sentimenti degli altri o dall'immaginazione cognitiva di ciò che hanno vissuto. In entrambi i casi la persona fa una chiara distinzione tra ciò che sente e ciò che sente l'altro, che è diverso dal contagio emotivo durante il quale detta differenziazione è imprecisa. L’empatia affettiva appare dunque spontaneamente quando entriamo in risonanza con la situazione dei sentimenti di un'altra persona, con le emozioni che si manifestano attraverso le espressioni facciali, lo sguardo, il tono della voce e del comportamento.

La dimensione cognitiva dell'empatia è nata, evocando mentalmente un'esperienza vissuta da qualcun altro, immaginando ciò che quella persona prova e come è influenzata dall'esperienza o immaginando ciò che sentiremmo al suo posto. Empatia potrebbe portare ad una motivazione altruistica, ma anche, quando ci si confronta con la sofferenza degli altri, generare una sensazione di impotenza e il desiderio di evitare la situazione.

L'empatia cognitiva senza altruismo può anche portare alla strumentalizzazione dell'altra persona sfruttando le informazioni che fornisce sul suo stato mentale e sulla situazione. Portato all'estremo è una delle caratteristiche degli psicopatici. I significati attribuiti da diversi pensatori e ricercatori alla parola "empatia" così come ad altri concetti simili come la compassione sono molto vari e possono quindi essere fuorvianti.

Tuttavia, la ricerca scientifica condotta da 70-80 anni, soprattutto da psicologi come Daniel Batson, Jack Dovidio e Nancy Eisenberg, e più recentemente da neuro-scienziati come Jean Decety e Tania Singer, hanno contribuito a chiarire le sottigliezze del concetto e analizzare i suoi collegamenti con l'altruismo.  Lo psicologo americano Daniel Batson ha mostrato che i diversi significati della parola "empatia" alla fine portano a due domande: "come posso sapere che cosa pensa e sente un altro essere?" E "quali sono i fattori che portano a preoccuparsi di qualcosa che capita e rispondere con gentilezza e sensibilità? ".  Batson ha elencato otto diverse forme della nozione di "empatia" che sono correlate, ma senza costituire diversi aspetti dello stesso fenomeno (vii). Analizzandoli, ha concluso che solo una di queste manifestazioni che chiama "gentilezza empatica" è necessaria e sufficiente per generare una motivazione altruistica.

  • La prima forma è la conoscenza dello stato interiore di un altro essere, che può fornirci argomenti per provare gentilezza nei suoi confronti, senza che ciò sia sufficiente, né indispensabile per generare una motivazione altruistica. Pertanto, puoi essere consapevole di ciò che l'altro pensa o sente e rimane indifferente alla sua situazione.
  • La seconda forma è l'imitazione motoria e neuronale. Preston e Waal furono i primi a proporre un modello teorico per i meccanismi neurali che sostengono l'empatia e il contagio emotivo. Secondo questi ricercatori, il fatto di percepire qualcuno sotto una certa situazione porta il nostro sistema neurale ad adottare uno stato analogo al vostro, che genera un corpo e la mimica facciale accompagnato da sentimenti simili all'altra persona (ix). Questo processo di imitazione osservando i comportamenti fisici è anche la base dei processi di apprendimento che vengono trasmessi da un individuo all'altro. Ma questo modello non distingue chiaramente l'empatia, in cui confondiamo le nostre emozioni con quelle degli altri. Secondo Batson, questo processo può aiutare a produrre sentimenti di empatia, ma non è abbastanza per spiegarli. In effetti, non sempre imitiamo le azioni degli altri; Ad esempio, reagiamo intensamente quando osserviamo un calciatore che segna un goal, ma non ci sentiamo necessariamente inclini a imitare o ad entrare in risonanza emotiva con qualcuno mentre organizziamo i loro documenti o mentre mangiamo un piatto di cibo che non ci piace.
  • La terza forma è la risonanza emotiva, che ci consente di sentire esattamente ciò che sente l'altro, sia che si tratti di un sentimento di felicità o tristezza (x). È impossibile vivere esattamente la stessa esperienza di qualcun altro, ma possiamo provare emozioni simili. Non c'è niente di meglio per metterci di buon umore che guardare un gruppo di amici felici di vedersi; e al contrario, il fatto di osservare le persone che soffrono intensamente ci commuove e ci fa persino piangere. Sentendo in modo approssimativo ciò che un'altra persona vive può generare una motivazione altruistica, ma come detto sopra, questo tipo di emozione non è indispensabile o sufficiente (xi). In certi casi, sentire le emozioni di un'altra persona può inibire la nostra gentilezza. Se di fronte a una persona terrorizzata cominciamo a provare paura, è possibile che siamo più influenzati dalla nostra stessa ansia di quello che succede a quella persona (xii). Inoltre, affinché tale motivazione si verifichi, è sufficiente essere consapevoli della sofferenza dell'altro, senza che sia necessario soffrire allo stesso modo.
  • Il quarto modo è di proiettarsi intuitivamente nella situazione dell'altra persona. È l'esperienza a cui Théodor Lipps fa riferimento usando la parola Einfühlung. Tuttavia, per essere influenzati da ciò che accade a qualcun altro, non è necessario immaginare tutti i dettagli della loro esperienza, è sufficiente sapere che essi soffrono. Inoltre, corri il rischio di immaginare cosa provi l'altro.
  • Il quinto modo è quello di creare una rappresentazione molto chiara dei sentimenti dell'altra persona grazie a ciò che lei ci dice, ciò che osserviamo e la nostra conoscenza di quella persona, i suoi valori e aspirazioni. Tuttavia, il fatto di creare una rappresentazione dello stato interiore di un'altra persona non garantisce l'emergere di una motivazione altruistica (xiii). Una persona calcolatrice e maliziosa può usare la sua conoscenza della nostra esperienza interiore per manipolarci e farci del male.
  • Il sesto modo è immaginare quello che sentiremmo se fossimo nel posto dell'altra persona, con il nostro carattere, le nostre aspirazioni e la nostra visione del mondo. Se uno dei tuoi amici è un grande fan dell'opera o del rock and roll e tu non apprezzi quel tipo di musica, sarai in grado di immaginare di provare piacere e sentirti felice per lui, ma se fossi seduto in prima fila sentiresti irritazione. Per questo motivo, George Bernard Shaw afferma: "Non facciamo agli altri ciò che non vorremmo che loro facessero a noi, perché gli altri non hanno necessariamente gli stessi nostri gusti ".
  • La settima forma è la sofferenza attraverso l'empatia, che è ciò che senti quando sei testimone o hai evocato la sofferenza di un'altra persona. Questa forma di empatia può far ignorare la situazione invece di assumere un atteggiamento altruistico. In realtà, in questo caso, non si tratta di prendersi cura dell'altra persona, o di mettersi al loro posto, ma di un'ansia personale generata dall'altra persona (xiv). Tale sensazione di sofferenza non genera necessariamente una reazione di gentilezza o una risposta appropriata alla sofferenza dell'altro, specialmente se possiamo ridurre la nostra ansia rimuovendo la nostra attenzione dal dolore che prova la persona. Alcune persone non sono in grado di vedere le immagini in movimento. Preferiscono distogliere lo sguardo dalle immagini che li feriscono invece di vedere la realtà. Tuttavia, il fatto di fuggire fisicamente o psicologicamente non aiuta affatto le vittime, sarebbe meglio prendere coscienza dei fatti e agire per risolverli. Quando viviamo principalmente preoccupati di noi stessi, diventiamo vulnerabili a tutto ciò che può influenzarci. Essendo prigionieri di questo stato mentale, il nostro coraggio è influenzato dalla contemplazione egocentrica del dolore degli altri, che viene vissuto come un peso che aumenta solo la nostra sofferenza. Al contrario, nel caso della compassione, la contemplazione altruistica della sofferenza degli altri moltiplica il nostro coraggio, la nostra disponibilità e la nostra determinazione a trovare una soluzione a questa sofferenza. Se la risonanza con la sofferenza dell'altra persona ci causa sofferenza personale, dovremmo dirigere la nostra attenzione verso quella persona e riattivare la nostra capacità di esprimere gentilezza e amore altruistico.
  • L'ottava forma è la gentilezza empatica, che consiste nel divenire consapevoli dei bisogni degli altri e nel provare un sincero desiderio di aiutarli. Secondo Daniel Batson, la gentilezza empatica è l'unica risposta che è diretta verso gli altri e non verso noi stessi, che è necessaria e sufficiente per produrre una motivazione altruistica. Infatti, quando è presente la sofferenza di un'altra persona, è essenziale adottare un atteggiamento che gli dia conforto e decidere quale sia l'azione più appropriata per porre rimedio alla sua sofferenza. Il fatto che ci commuove o che sentiamo o meno le stesse emozioni che questa persona è secondaria.

Daniel Batson conclude che le prime sei forme di empatia possono contribuire individualmente alla creazione di una motivazione altruistica, ma nessuna di esse garantisce l'emergere di tale motivazione, al massimo costituiscono le loro condizioni indispensabili. La settima forma, cioè la sofferenza attraverso l'empatia, è chiaramente contro l'altruismo. Solo l'ultima forma, vale a dire la gentilezza empatica, è necessaria e sufficiente perché la motivazione altruistica nasca nel nostro spirito e ci stimoli all'azione.

Risonanze convergenti e divergenti.  L'empatia affettiva consiste, quindi, nel risuonare con i sentimenti dell'altra persona, sia di gioia che di sofferenza. Tuttavia, questo processo è distorto dalle nostre stesse emozioni e dai nostri pregiudizi che agiscono come filtri. Lo psicologo Paul Ekman distingue due tipi di risonanza affettiva. La prima è la risonanza convergente: soffro quando tu soffri, provo rabbia quando provi rabbia. Se, ad esempio, tua moglie torna a casa sconvolta perché il suo capo si è comportato in modo inappropriato verso di lei, ti senti indignato e le dici con rabbia: "Come osa trattarti così?"  Nella risonanza divergente, invece di provare la stessa emozione di tua moglie e arrabbiarsi, ripensi la situazione e rispondi: "Mi dispiace che tu abbia dovuto affrontare qualcuno così scortese. Cosa posso fare per te? "Vuoi una tazza di tè o preferisci che facciamo una passeggiata?" La sua reazione accompagna le emozioni della moglie ma sotto un diverso registro emotivo.

Parte 3 - Frasi sull’altruismo, sulla relazione tra altruismo e felicità.  Quasi tutte le frasi sono prese dal libro “Il gusto di essere felici” di Matthieu Ricard. Dalla Quarta di Copertina: «In un'epoca di sfide come la nostra, una delle maggiori difficoltà sta nel riuscire a conciliare gli imperativi di economia, ricerca della felicità e rispetto dell'ambiente. Imperativi che corrispondono rispettivamente al breve, medio e lungo periodo e cui si sovrappongono tre diversi tipi di interessi: i nostri, quelli di chi ci è vicino e quelli di tutti gli esseri viventi.»

Nel mondo che celebra la competizione, Ricard ci propone la sua lettura dell'altruismo: non virtù individuale bensì come comportamento utile alla nostra vita e a quella di tutta la società. Un'opera che racchiude anni di riflessioni e di ricerche e utilizza filosofia, psicologia, neuroscienze, economia, ecologia per lanciare un messaggio verso un impegno altruistico che aiuti a risolvere i problemi attuali e il loro impatto sul nostro pianeta.  Ecco alcune frasi prese dal testo:

  • Affinché la gioia sopravviva e maturi serenamente, occorre che sia associata ad altre componenti della felicità come la bontà.
  • Le persone più felici sono anche più altruiste.
  • L’Altruismo è un termine inventato da Auguste Comte nel 1830 in opposizione ad egoismo,
  • Cercare la felicità mantenendosi indifferenti alla sofferenza degli altri è un tragico errore.
  • E’ essenziale comprendere che realizzando la felicità degli altri si ottiene la propria.
  • Quando si prova benevolenza, la mente tutta intera finisce per essere impregnata in questo sentimento, la disponibilità verso gli altri sarà rafforzata e sarete capaci di accogliere le sofferenze degli altri in maniera costruttiva, questo non è il caso dell’empatia, che può portare la persona che la prova a una forma di angoscia.
  • È possibile definire l'amore altruistico come "il desiderio che tutti gli esseri trovino la felicità e le cause della felicità".
  • Questo desiderio altruistico è accompagnato da una disponibilità costante per gli altri e dalla determinazione di fare tutto ciò che è in nostro potere per aiutare ciascuna persona ad ottenere la loro autentica felicità.
  • La compassione è la forma che l'amore altruistico assume di fronte alla sofferenza degli altri. Il buddhismo lo definisce come "il desiderio che tutti gli esseri siano liberi dalla sofferenza e dalle sue cause". Questa aspirazione deve essere accompagnata dall'applicazione di tutti i mezzi possibili per porre rimedio a tali tormenti.
  • L'empatia è la capacità di entrare in risonanza affettiva con i sentimenti degli altri e di prendere cognizione della loro situazione cognitivamente. L'empatia ci avvisa soprattutto della natura e dell'intensità della sofferenza che altri sperimentano. È possibile affermare che ciò catalizza la trasformazione dell'amore altruistico in compassione.
  •  L'altruismo salverà l'umanità anche dal punto di vista economico.

E adesso, per fare in modo che le cose cambino in fretta, bisogna osare l'altruismo.

  • Osare dire che il vero altruismo esiste, che può essere coltivato da ciascuno di noi.
  • Osare anche insegnarlo nelle scuole come strumento per realizzare il nostro innato potenziale di benevolenza.
  • Osare affermare che l'economia non può accontentarsi della voce della ragione e dello stretto interesse personale.
  • Osare prendere seriamente in considerazione il futuro delle generazioni a venire.
  • Osare, infine, proclamare che l'altruismo non è un lusso ma una necessità.

L'amore altruistico deve cercare lucidamente, il modo migliore per procurare il bene agli altri. Questa estensione contiene due aspetti principali. Da un lato, vengono identificati i bisogni di un numero maggiore di esseri, in particolare quelli che sono considerati stranieri o nemici. D'altra parte, il valore è dato a un insieme molto più ampio di esseri senzienti, che supera la cerchia dei nostri parenti, del nostro gruppo sociale, etnico, religioso e nazionale, che si estende anche al di là della specie umana.

Fabio Guidi - Gurdjeff e la psicosintesi

"La psicosintesi è un metodo di auto-formazione e realizzazione psico-spirituale per tutti coloro che non vogliono accettare di restare schiavi dei loro fantasmi interiori e degli influssi esterni, di subire passivamente il gioco delle forze psicologiche che si svolge in loro, ma vogliono diventare padroni del proprio regno interiore."  -  Roberto Assagioli.

Tutte le tradizioni religiose parlano della spiritualità, della religione interiore, come una Via; in cinese  si usa la parola Tao, in sanscrito marga, in arabo tariqa, in  greco hodos. Sono tutti termini che esprimono lo stesso significato: via, cammino, sentiero spirituale. Non esiste una sola via, eppure esistono infinite vie perché esiste la Via. La vera Via non può essere descritta: il Tao di cui si parla non è il vero Tao, ed è Neti Neti, né questo, nè quello, per gli induisti. 

E come si può parlare di qualcosa che muta incessantemente? Come si può parlare di qualcosa che non può essere fissato in parole e concetti?  Nei percorsi spirituali c’è una trasmissione diretta della conoscenza da maestro ad allievo, che deve essere individuale. Solo affinando la propria percezione ed imparando a vedere, imparare ad imparare, si aprirà al ricercatore la strada verso un autentico percorso spirituale. La realtà psichica è l’unica realtà che conti, ed è più effettiva  di qualsiasi altro aspetto della vita reale. 

La psicosintesi è una corrente psicologica, la cui paternità spirituale è attribuibile a Gurdjieff, che si ispira ai principi della psicologia umanistica, tesa allo sviluppo armonico della personalità, come totalità bio-psico-spirituale, e a favorire un contatto con i livelli superiori della psiche. È un metodo di lavoro concreto per la conoscenza, la crescita, la trasformazione personale, in cui ciascuno, partendo da ciò che è, ha il potere di attuare le sue potenzialità individuali, attraverso un lavoro guidato, ma essenzialmente autoformativo.

Questa via allo sviluppo di sé, in senso ampio, può essere anche definita «psicosintesi», senza con questo volerla assimilare alla Psicosintesi con la 'p' maiuscola, che fa stretto riferimento alla scuola fondata dallo psichiatra Roberto Assagioli (1888-1974), annoverato tra i precursori, a livello mondiale, della Psicologia Transpersonale, cioè di quella parte della psicologia che si occupa anche degli aspetti superiori, o spirituali dell'animo umano.

Il termine psicosintesi  è una tappa del lavoro di ricerca interiore. Per la psicosintesi ci sono tre modi di affrontare la realtà spirituale:

  • Ricercando l'Essere supremo che racchiude tutte le qualità umane in grado infinitamente maggiore;
  • In modo passivo, evitando di parlare di Dio;
  • Indicando strumenti e metodi per realizzare l’esperienza di quella realtà superiore (approccio psicosintetico)

Ogni uomo manifesta diversi Io, spesso contraddittori per questo ha un funzionamento disarmonico che sfocia nella Psicosi (personalità multiple) o nella Nevrosi (diversi io in lotta tra loro). Nell’uomo ordinario c’è confusione, inconcludenza e incoerenza. Le nostre razionalizzazioni sono i cuscinetti (ammortizzatori) che l’uomo usa per evitare di sentirsi pazzo ed essere scisso tra mille contraddizioni. Gli ammortizzatori ti impediscono il risveglio alla verità su te stesso. Il risveglio è semplicemente vedere le cose come effettivamente sono, ed è il frutto di un Lavoro che inizia con l’osservazione attenta di ogni aspetto della nostra personalità. Per iniziare il cammino, devi essere pronto allo smantellamento di tutte le tue razionalizzazioni mettendo in gioco la tua tranquillità e la tua sicurezza.  L’uomo ordinario ha diversi falsi io, delle maschere a  difesa dell'ego che devono essere rimosse.

Il motto della psicosintesi, rappresentata in Italia da Assagioli e Fabio Guidi è “conosci, possiedi, trasforma te stesso”.   Ciò che conta è la comprensione profonda ed interiore di se stessi. Bisogna passare dalla disidentificazione dei contenuti emotivi per arrivare al dominio su di essi. Dominio significa regolazione e trasmutazione delle energie impulsive e delle emozioni per esprimerle in modo costruttivo. Non si devono sprecare le energie e si deve accumulare la forza per cristallizzare il nostro io.

Lo scopo del Metodo della psicosintesi è quello di smascherare le nostre false sembianze, i sufi chiamano questa attività "lucidare lo specchio".  Il primo passo del Lavoro è la disidentificazione dai vari aspetti egoici. La personalità si esprime su più livelli, e la maschera è il modo in cui l’individuo si relaziona nel sociale. Sotto il livello della maschera si apre il livello del dolore originario, del bambino autentico, fragile e inadeguato che ha provato l’esperienza del non amore, connessa al sentimento di vuoto interiore.

Nell'essere umano si manifestano due personalità: quella sociale e quella del diavolo caratterizzata da impulsi distruttivi e asociali.  La Via, il Lavoro è il confronto tra queste due nature per imparare ad amare di un amore adulto, maturo. La Via propugna lo sviluppo del cuore, come sviluppo maturo dell’essenza, delle energie positive dell’individuo che si esprime in modo vitale, sensibile, creativo, razionale e responsabile. In questo modo è possibile un vero contatto tra gli esseri umani, tra essenze.

La sintesi degli opposti è il metodo centrale della psicosintesi, utilizzando una terza forza dal potere armonizzante si cercherà di arrivare ad una integrazione degli aspetti  più produttivi delle due polarità. Esprimere creativamente la nostra presenza nel mondo, è questo il modo per farci parteci del divino, a renderci immortali. Oggi le relazioni si riducono a semplici connessioni, in un contesto in cui è possibile con pari facilità entrare e uscire, puri contatti senza impegno e responsabilità.

Nella psicosintesi, la personalità è composta da quattro aspetti: fisico, emotivo, mentale e spirituale. Si deve imparare non attraverso la mente ma attraverso il corpo e il sentimento. Solo la mente può prevedere (il futuro), solo le altre possono fare.

Sesso e eros sono separati, ciò che conta oggi è evitare legami, tenersi a distanza, creare una barriera difensiva. Eros è la perdita di sé, abbandono all’incertezza, eliminando eros evitiamo la paura, ma il rapporto diventa insignificante. Il demoniaco è la spinta ad affermare la propria individualità, la propria volontà, negare il demoniaco equivale ad una autocastrazione. Se non si è capaci di affermare se stessi, non si è neppure capaci di un'autentica partecipazione ad un rapporto.  Un io incapace di esprimersi può portare ad egoismo ed egocentrismo. Una mente analitica traccia continuamente linee di confine tra ciò che sei e ciò che non sei. Più l’uomo ricerca e si attacca ad un aspetto (piacere, successo, bene, vita), più teme ed è ossessionato dal suo opposto. Chi è sul cammino spirituale ha l’arroganza di arrivare alla comprensione di ciò che è, attraverso il nostro limitato intelletto, al contrario occorrerebbe un atteggiamento anti-intellettualistico.

Tradizionalmente, diceva George Ivanovitch Gurdjieff (1866-1949), si può parlare di tre vie tradizionali destinate all'evoluzione interiore dell'uomo che sono: "La prima via" del fachiro e della mortificazione dell’ego, spesso questi impulsi di eroismo spirituale sono dovuti a sotterranei sentimenti di inadeguatezza, e dimostrare agli altri la propria supposta grandiosità. La volontà per la volontà non serve a niente. "La Seconda via" è quella del monaco: il lavoro non è concentrato sul corpo, ma sui sentimenti sottomettendo tutto alla fede. Per essere in grado di servirsi di ciò che avrà raggiunto dovrà coltivarsi fisicamente e intellettualmente. Il totale abbandono di sé a Dio può rivelarsi un materialismo spirituale e precludere l’avanzamento verso il vero sé. "La Terza via" dello yogi è quella della conoscenza, Dio è visto come verità eterna, da inseguire con un progressivo disidentificarsi da ogni forma, da ogni posizione intellettuale (neti, neti). Le tre vie hanno in comune la necessità di rinunciare alla vita ordinaria per concentrarsi unicamente e incessantemente su particolari pratiche, studi e esercizi. É ovvio che una reale evoluzione interiore preveda lo sviluppo armonico di questi tre centri. La «Quarta Via» ricerca l'integrazione delle tre vie precedenti, perché il cammino di sviluppo interiore presuppone energia, motivazione e conoscenza. È possibile seguire questa via rimanendo nelle condizioni abituali di vita, senza rompere le relazioni che avevamo, un principio essenziale della quarta via è il lavoro simultaneo sui tre centri motorio, emotivo e mentale, nella vera comprensione l’uomo è in contatto con se stesso a livello profondo, la sua conoscenza è intimamente sentita sul piano sentimentale e corporeo e coinvolge l’intera sua personalità. Bisogna arrivare ad esprimere la nostra energia più autentica. Ogni attività deve prevedere triplice concentrazione: fisica, emotiva e mentale. È la via dell’osservazione per arrivare alla profonda consapevolezza. Spesso molte persone scelgono delle vie spirituali perché immaginano che sarà più facile la loro vita, trovando una giustificazione alla loro debolezza e al loro eterno difetto di adattamento.

In base ai princìpi su esposti della Quarta Via, il Lavoro proposto dalla Scuola di Psicosintesi consiste in un percorso preparatorio ad un cammino spirituale vero e proprio, secondo ciò che Gurdjieff definisce «la scala dalla vita alla via». 

L’obiettivo della psicanalisi è il mettere l’uomo in grado di amare e lavorare; su questa base si innesta il percorso della psicosintesi e l’auto-sviluppo. Il lavoro inizia solo dopo aver raggiunto una certa stabilità socio-emotiva, un equilibrio psico-affettivo; non è adatto a persone che vivono profondi attriti in relazione al proprio adattamento sociale. La crescita interiore è un andare oltre, non aggirare l’ostacolo. Il ricercatore deve essere nel mondo e non rinunciare ad esso, deve cercare di eccellere nel proprio lavoro. 

La spiritualità non deve essere confusa con un’ascesi alla mortificazione. Non c’è nessun bisogno di rinunciare alla lettura, ai normali impegni sociali, praticare il celibato. Oggi purtroppo il campo della spiritualità è contaminato da occultisti umili e pronti alla sottomissione, da nevrotici e persone che sentono di dover rinnegare il proprio sviluppo intellettuale, emotivo ed affettivo. L’apice del percorso spirituale consiste nell’impegno concreto e costruttivo nel mondo attraverso una coscienza rinnovata e tale impegno consente il definitivo ingresso dell’uomo nella Via.  Riconciliarsi con il mondo, operare nel mondo, assistendo e sostenendo gli altri, dedicarsi allo sviluppo degli altri come un moderno Boddhisattva, questo deve essere il risultato del percorso spirituale.

Per trovare iI centri di Psicosintesi in Italia che fanno riferimento ad Assagioli  vedi link: http://www.psicosintesi.it/  Nel 1967 si costituisce ufficialmente il primo centro italiano di psicosintesi, a  Roma;

Fabio Guidi è Laureato in Filosofia e diplomato in Scienze Religiose, analista a indirizzo esistenziale e psicosintetico, è autore di Iniziazione alla Psicosintesi (Edizioni Mediterranee) e I miei anni con Gesù: un vangelo psicosintetico (Vivere Altrimenti Editore).   Gurdjieff e la psicosintesi è il suo libro dedicato all’approccio spirituale della Quarta Via. Si è particolarmente dedicato alla realizzazione, nel cuore della campagna pisana, di una comunità di Psicosintesi, “Hodos”, impegnata nella ricerca e nella formazione in psicosintesi transpersonale. Adesso la comunità non esiste più. 
Sito: www.psicosintesi.orginfo.psicosintesi.org

Buddhismo tibetano.

Tsong-ka-pa (1357-1419), fondatore della scuola Geluk di buddhismo tibetano e del monastero Ganden, è stato un prolifico scrittore e uno dei massimi filosofi del Tibet. I suoi testi seguono i principi del Buddhismo Mahayana e in particolare la scuola filosofica Madhyamika Prasangika e riportano molte considerazioni sulla vacuità e l'impermanenza. 

Secondo il buddhismo la mente è condizionata dai tre veleni che sono: desiderio, odio, ignoranza.  Lo scopo della pratica buddhista è l'Aspirazione a liberare tutti gli esseri dal dolore e la determinazione (bodhicitta) all'illuminazione per amore di tutti gli esseri viventi. Inoltre, arrivare ad una corretta visione della vacuità e cercare di abbandonare il ciclo delle esistenze. Bisogna coltivare i quattro incommensurabili: equanimità, compassione, amore e gioia. I tre gioielli del buddhismo sono: il Buddha, la dottrina, la comunità. La vacuità è l'assenza di esistenza intrinseca, di vera esistenza: ad esempio la sedia apparentemente è l'insieme di 4 gambe, schienale e sedile, se la sedia è ciascuna delle parti, ogni parte dovrebbe essere una sedia. La sedia esiste solo in base ad un'attribuzione o per designazione. La non esistenza del sé, mostra che qualcosa che erroneamente si crede che esista, non esiste. Gli oggetti esistono solo per attribuzione e non intrensicamente. Questa è la vacuità. La riflessione sulla vacuità aiuta a comprendere le apparenze. La vacuità nega l'esistenza intrinseca e non l'esistenza nominale. L'ignoranza afferma falsamente l'esistenza intrinseca degli oggetti, i fenomeni esistono legittimamente, è il loro modo di esistenza che è stato mal interpretato.  La vacuità è l'oggetto della somma saggezza. Per il buddhisti, la vita è un fenomeno raro e prezioso. Iniziazioni, digiuni, offerte sono i sentieri della liberazione.

Le 6 pratiche preparatorie alla meditazione sull'Io sono le seguenti:  1 - Purificare il luogo dove si sta meditando, 2- disporre offerte, 3 - mettere in posizione corretta il corpo (se ci si sporge in avanti manifesta l'ignoranza, a sinistra l'invidia, a destra il desiderio, indietro la superbia). 4 – visualizzazione davanti a sè dei Boddhisattva e dei grandi maestri, 5 – esecuzione dei sette rami della pratica: omaggio, offerta (del mandala), confessione delle proprie cattive azioni, ammirazione delle proprie e altrui virtù, preghiera, supplica, consacrazione. 6 - Richiedere alla stirpe dei guru gli aspetti fondamentali del sentiero come aiuto per generare i giusti atteggiamenti e la comprensione. La seduta di meditazione si conclude, di solito,  con una consacrazione.

Il manuale invita a Non separare i due gradi del tantra dalle quattro ruote del Mahayana. 

I due gradi sono: 1- la maturazione del continuum mentale focalizzandosi sulla differenza tra le esperienze ordinarie e quelle elevate, 2- la consapevolezza della vacuità e della beatitudine.

Le quattro ruote sono: 1- vivere in un luogo dove si possano trovare le cose necessarie alla pratica del mahayana, 2- avere fiducia in un maestro, 3- possedere grandi aspirazioni, 4- avere prodotto un grande merito nel passato.

Lo scopo è dedicare la pratica all'illuminazione, propria della condizione di Buddha, per aiutare gli esseri viventi. Si fa meditazione per constatare la non esistenza del sé individuale, e per constatare la non esistenza del sé degli altri fenomeni.

Il pensiero "Io" è l'errata concezione di un "Sé". L'Io è concepito dall'idea innata di un sé esistente intrensicamente.   Io è pensato come l'insieme dei cinque aggregati (skanda) o corpo mente. Nella dottrina buddhista i cinque skandha sono i costituenti della persona empirica, che è tradizionalmente scomposta nei cinque aggregati, ovvero: forma, corpo, rūpa; sensazione, vedanā; percezione, saññā; formazioni mentali, saṅkhāra; coscienza, viññāna. Una volta eliminati separatamente i cinque aggregati , l'io dovrebbe essere identificato separatamente, ma purtroppo non è così facile arrivare a questo.

Le scuole dottrinali si dividono in due tipi: esterne (non buddhiste) e interne (buddhiste). Con il termine dottrina, si intende un'idea o conclusione dimostrata.   Quelle esterne sono:  

  • Vaisesika del saggio Kanada, presenta le sue teorie sulla creazione e l'esistenza dell'universo usando il naturalistico atomismo, applicando logica e realismo. La menzione esplicita del movimento come causa di tutti i fenomeni nel mondo e diverse proposizioni su di esso ne fanno uno dei primi testi di fisica.
  • Najyayika di Brahmana Aksipada, sostiene che tutti i fenomeni sono compresi tra le sei categorie di esistenti (sostanza, qualità, attività, generalità, particolarità, inerenza). 
  • Nel Samkhya, del saggio Kapila, si sostiene che tutti gli oggetti sono elencati in 25 categorie. Secondo i seguaci del Samkhya non teistico tutti gli oggetti manifesti sono trasformazioni della natura fondamentale. Mentre per i teisti occorre un supervisore, un dio, chiamato Isvara. Dall'intelletto si produce il principio dell'io.  La natura fondamentale è simile ad un cieco con buone gambe, e l'individuo simile ad uno zoppo con buona vista, e costituiscono una sola cosa.
  • Con lo yoga si riesce a comprendere che il sé è una cosa diversa dai sensi e in tal modo si prova a percepire la realtà. Lo yoga identifica i  seguenti componenti: 1- il sé, coscienza, (purusa), 2 - la natura fondamentale (prakrti), 3 - intelletto (buddhi), 4 - principio dell'io (ahamkara). Persona, sé, coscienza e mente sono sinonimi.
  • Mimamsa, del saggio Jaimini. Asserisce che tutto ciò che è presente nei Veda è autoprodotto. Le offerte sono il solo modo per conseguire un'altra condizione di vita.
  • Nirgrantha, di Rsabha Jina. Tutti gli oggeti di conoscenza sono compresi in nove categorie: vita, contaminazione, arresto, consumazione, legame, azione, colpa, merito e liberazione. La vita è il sé. La sua natura è permanente, ma i suoi stati sono impermanenti. La liberazione si ottiene attraverso pratiche ascetiche,
  • Carvaka, o Edonisti, Non credono al karma, corpo e mente sono un'unica entità, quando il corpo perisce la mente perisce.

Le dottrine interne buddhiste. Mahayana e Hinayana.  Un proponente di dottrine buddhiste sostiene i quattro segni: 1- tutti i fenomeni sono impermanenti, 2- tutte le cose contaminate portano all'infelicità, 3 - tutti i fenomeni sono privi di sé, 4 - Il nirvana è pace.  La non-esistenza grossolana del sé individuale, si sostiene basandosi sul fatto che l'individuo è privo di esistenza sostanziale o autosufficienza. Inoltre, la non-esistenza sottile del sé individuale, porta alla conclusione che un individuo è privo di esistenza reale. Le due non esistenze sottili sono individuale e fenomenica.

Mahayana è diviso in:

  •  Madhyamika (via di mezzo) è una delle principali scuole del Buddhismo indiano, fondata dal maestro buddhista Nāgārjuna (150-250) nel secondo secolo d.C. ed  afferma di sostenere una via mediana che è libera dai due estremi della permanenza e dell'annientamento.
  • Madhyamika-Prasangika, del saggio Santideva (non propone alcuna entità e non sostiene che i fenomeni esistono in virtù della propria natura sia pur per convenzione).  Sostiene che nessun oggetto esiste in virtù della propria natura. Afferma pertanto che tutti gli oggetti sono soltanto attribuiti dal pensiero.
  • Madhyamika-Svatantrica, sostiene che non vi sono fenomeni realmente esistenti e neppure particelle.
  • Cittamatra o Vijñānavāda, sostiene l'esistenza reale dei fenomeni dipendenti e l'esistenza di oggetti esterni.

Hinayana è diviso in:

  • Sautrantika, che sostiene l'esistenza reale degli oggetti esterni, sia dell'autocoscienza, segue le dottrine dell'Himalaya.
  • Vaibhasika, non accetta l'autocoscienza e sostiene che gli oggetti esterni sono realmente esistenti. L'autocoscienza è la consapevolezza della mente di se stessa, simultanea con la conoscenza di un oggetto.

Come fare yoga correttamente - La guida Easy Yoga

Vorresti iniziare a fare yoga ma non sai niente sulla pratica? Oppure sei un principiante e vorresti affacciarti a questo mondo con il piede giusto? Stai pensando di frequentare una classe di yoga ma non sai da dove iniziare? Allora questo articolo è perfetto per te. Dal sito https://www.atuttoyoga.it/come-iniziare-a-fare-yoga/         Articolo molto interessante scritto in maniera semplice e gradevole da Andrea Pascale,  insegnante di yoga e di meditazione. -

Molto spesso i nuovi praticanti, non sapendo niente sul mondo dello yoga, sono portati a fare delle scelte sbagliate. A volte queste scelte, possono persino portare un praticante ad abbandonare questo percorso ancora prima di iniziarlo e, se questo succede solo perché magari non ha iniziato nel modo giusto, è un vero peccato.Lo yoga offre innumerevoli benefici come l’eliminazione dello stress, l’aumento della flessibilità, il rafforzamento di tutto il corpo e molti altri ancora, ma per sperimentare tutto questo occorre che inizi questa pratica nel modo corretto.

Che cosa è lo yoga?  Sicuramente avrai già sentito qualcosa su questo argomento: “lo yoga è uno sport”, “lo yoga è una filosofia” e tante cose simili a queste. A dire il vero, è una disciplina talmente ampia che ridurla ad un solo aspetto sarebbe totalmente sbagliato. Lo yoga non è solo una forma di meditazione o una tradizione proveniente dall’India. Non è neanche una forma di ginnastica, né un modo per perdere peso, né tantomeno un modo per ridurre lo stress. Lo yoga è tutto questo insieme e molto altro ancora.

Questa disciplina millenaria può essere fraintesa con una semplice ginnastica poiché, secondo un principiante, le due pratiche potrebbero essere simili. Lo yoga prevede alcune pratiche di meditazione mirate a calmare il sistema nervoso e a mantenere in salute i polmoni. Aiuta a rimanere in forma, a ridurre i livelli di stress e tiene sotto controllo il peso corporeo. Lo yoga può essere considerato allo stesso tempo un metodo di prevenzione e di cura per molti problemi comuni. Anche molti medici spesso consigliano questa pratica per rimanere in forma più a lungo.

Tutti possono praticare yoga. Non è necessario essere magri, flessibili e forti fisicamente. Questi sono solo alcuni dei benefici e non, come pensa tanta gente, dei prerequisiti. Lo yoga è una disciplina nata 5000 anni fa, che mira a riequilibrare sia il corpo che la mente. Perciò tralascia tutti gli stereotipi che hai sentito finora e fai una prova per giudicare con i tuoi occhi.

Oggi, ci sono moltissimi tipi di yoga tra cui puoi scegliere. Alcuni sono più calmi e più statici come ad esempio l’Iyengar o l’Hatha Yoga, altri sono molto più fisici e dinamici, come ad esempio l’Ashtanga o il Power Yoga, e altri ancora invece sono pratiche completamente differenti dalle altre, come ad esempio lo yoga della risata o l’Antigravity Yoga. Scegliere lo stile più adatto a te è importantissimo, perché in questo modo potrai sperimentare maggiori benefici ed in minor tempo.

I fattori che possono influenzare la scelta sono molti, vediamo insieme quelli più importanti:

  • Età: le aspettative di una persona giovane sono totalmente diverse da quelle di qualcuno che è più avanti con gli anni. Solitamente i giovani preferiscono una pratica molto più vigorosa e dinamica, mentre man mano che si avanza con l’età si preferisce uno stile di yoga molto più calmo e rilassante. Ma le eccezioni sono molte.
  • Scopo: quello che le persone vogliono raggiungere con lo yoga può essere molto diverso da un individuo all’altro. Alcuni cercano di dimagrire, altri cercano di diventare più forti, altri ancora cercano di eliminare lo stress. La scelta di uno stile dipende anche da questo. Senz’altro se vuoi aumentare la tua forza dovrai orientarti verso uno stile molto più dinamico e rigoroso come ad esempio l’Ashtanga, invece se il tuo problema è lo stress, dovrai indirizzarti verso uno stile più calmo e rilassante. Comunque moltissimi benefici sono comuni, solo che ci si arriva attraverso percorsi differenti.
  •  Problemi specifici: se hai un tipo di problema specifico, senz’altro la scelta più giusta per te è un tipo di yoga terapeutico, dove l’insegnante si focalizza su di te e sul tuo problema specifico, facendoti fare una pratica diversa a seconda del tuo bisogno.
  • Lavoro: con questo intendo che a seconda del lavoro che fai potresti scegliere uno stile diverso. Per esempio se fai un lavoro molto fisico e stressante potresti optare per uno stile calmo e rilassante. Mentre al contrario, se stai tutto il giorno seduto davanti ad una scrivania, la migliore opzione secondo me è una pratica più rigorosa e fisica.

In passato ho parlato con persone che hanno smesso di praticare yoga solo perché hanno iniziato a frequentare un corso più orientato verso la meditazione, mentre avrebbero preferito una pratica molto più fisica. Ho sentito anche molti casi opposti.   Quando qualcuno abbandona questa benefica disciplina per un motivo così banale sinceramente mi dispiace moltissimo. Nel caso precedente sarebbe bastato cambiare stile, scegliendone uno orientato più verso la pratica fisica, e magari queste persone si sarebbero appassionate.  Quindi informati bene e fai una scelta adatta a te.

Per iniziare di cosa hai bisogno? Messo in confronto ad altre attività, che per iniziare bisogna spendere una fortuna, per praticare lo yoga serve soltanto un tappetino. Avere un tuo tappetino personale ti permette di praticare anche a casa. Possono essere utili nell'assumere le posizioni più complesse una cinghia da yoga  e dei mattoncini di yoga. Le prime volte che si eseguono alcune posizioni dove non riesci ad arrivare a toccare la punta dei piedi, la cinghia e i blocchi ti possono aiutare moltissimo.

Per iniziare sono meglio le classi o i video? E' meglio praticare lo yoga nelle classi o a casa davanti ad uno schermo? Esistono molte opinioni differenti. Secondo me ci sono vantaggi e svantaggi per entrambi. Andiamo ad esaminarli insieme.

  • Le classi. Se sei un principiante e decidi di frequentare delle classi yoga senz’altro è la scelta migliore che puoi fare. Essendo totalmente nuovo in questo mondo, ti occorre un’insegnante che ti mostri e soprattutto. ti corregga eventuali errori che fai. Quest’aspetto è fondamentale in quanto, se non correggi gli errori all’inizio, continuerai ad andare avanti nella pratica facendo sempre gli stessi sbagli. Inoltre le classi a cui puoi partecipare vengono fatte 1 o 2 volte alla settimana e se vuoi praticare più spesso non sai come fare. Ecco allora che si può risolvere questo problema con delle video lezioni, che si possono seguire comodamente a casa.
  • I video.  Oggigiorno su internet, sui vari blog che stanno aprendo, puoi trovare vari tipi di corsi online per qualsiasi persona e per qualsiasi livello. Questi ti offrono un vantaggio enorme rispetto alle classi: puoi praticare come e quando vuoi. Però, se sei un principiante ed non hai mai frequentato nessuna classe, può succedere quello che non deve mai accadere: andare avanti nella pratica facendo sempre gli stessi sbagli.

Quindi il mio consiglio è sempre di iniziare con delle classi dal vivo e continuare a frequentarle fino a che non hai raggiunto un buon livello, cioè fino a che non sei in grado di praticare senza commettere gli errori basilari.

Trova il giusto insegnante. Quando inizi questo percorso è di vitale importanza trovare l’insegnante giusto che ti piace e che sia connesso con te.  Il miglior modo per fare questo è di andare a varie classi, fino a che non trovi quella che meglio si adatta a te.  Cerca di essere paziente e affidati sempre alla tua intuizione.

Alcune caratteristiche che un ottimo insegnante dovrebbe avere sono le seguenti:

  • Dovrebbe aiutare e far concentrare i praticanti su quello che si può fare e non su quello che non si può.
  • Non dovrebbe mai forzarti a eseguire una posizione se non sei in grado di farla.
  • Se ne dovrebbe andare in giro per la stanza a correggere gli errori, anche minimi, dei praticanti.
  •  Dovrebbe essere sempre attento e disponibile per tutti.
  • Deve essere un esempio da seguire nello yoga e nella vita in generale.

Una tipica classe di yoga. La maggior parte delle classi durano dai 60 a 90 minuti e sono composte dalle esecuzioni delle posizioni (asana) in successione. L’ordine, la complessità, la varietà delle asana dipendono soprattutto dallo stile e dall’esperienza del praticante.

Per esempio, una classe di Ashtanga, molto dinamica, è molto diversa da una lezione di Iyengar yoga, che sarà molto più statica. In generale comunque tutte le classi prevedono:

  • Un’apertura che serve per focalizzare la mente sulla pratica. Spesso si canta un mantra oppure si rimane in silenzio ascoltando il proprio respiro. Anche questo aspetto varia molto da uno stile all’altro.
  • Un riscaldamento corporeo. Spesso si usa il saluto al sole o altri tipi di riscaldamenti per preparare il corpo alla pratica. Questa fase è importantissima perché se non viene fatta bene rischi di farti male.
  •  Posizioni in piedi.
  • Posizioni a terra.
  • Rilassamento finale.

Solitamente la pratica prevede torsioni, inversioni, piegamenti in avanti, piegamenti all’indietro, asana per l’equilibrio e posizioni per aumentare la forza. Ogni classe finisce solitamente con un profondo rilassamento in Savasana (la posizione del cadavere). Questa serve per far si che la mente ed il corpo si rilassino completamente. Inoltre è importantissima per far penetrare gli effetti benefici della pratica in profondità.

Se vuoi conoscere quali sono le classi di yoga più vicine a te puoi utilizzare un utilissimo servizio chiamato Yogamap, che ti permette di trovare tutti centri yoga vicini a casa tua.

I migliori libri sullo yoga. Personalmente ho imparato tanto dai libri quanto dalla pratica. Non ti limitare a praticare, cerca di approfondire anche altri aspetti dello yoga leggendo continuamente.

Lo yoga è così vasto che non puoi apprendere tante cose se non le vai a cercare personalmente in blog o libri specifici. Tanti aspetti come ad esempio la filosofia, la storia, i benefici che porta ogni posizione, i muscoli coinvolti, la giusta alimentazione, i maestri più influenti e tanti altri non possono essere approfonditi durante la lezione pratica e, se vuoi saperne di più su questa millenaria disciplina, bisogna che apri qualche libro. I testi, oltre a toglierti qualche curiosità, ti aiuteranno moltissimo anche nella pratica perché ci si possono trovare numerosi consigli preziosi.

Io anche ho scritto una guida specifica con lo scopo di aiutare chi sta iniziando a praticare o chi ha iniziato da poco tempo e vuole migliorare la sua pratica. Se ti può interessare dagli un occhiata, si chiama EasyYoga:la guida per iniziare a fare yoga in modo semplice ed efficace.  Vedi link: https://www.atuttoyoga.it/easyyoga-video-corso-online-iniziare-yoga/

A differenza di molti altri libri, che si focalizzano su un argomento specifico come ad esempio gli asana, sulla respirazione, sulla storia o sulle sequenze, EasyYoga è un manuale che racchiude invece molti argomenti diversi tra loro ma che sono fondamentali per iniziare la pratica correttamente ed efficacemente. Molte persone, a causa dello stile di vita moderno si trovano ad affrontare vari problemi. E’ normalissimo che insorgano, ma l’unica cosa che possiamo fare è reagire nel giusto modo, e lo yoga è sicuramente uno dei migliori che conosco.

Lo yoga, se ben praticato, può fare veri miracoli ma i suoi effetti non sono immediati. Certamente non è come un antidolorifico che lo prendi e dopo un'ora ti passa il dolore. Ma a differenza di quest’ultimo, che toglie solo il dolore, la pratica yoga cura il problema a monte, ma ci vuole del tempo. Non solo occorre essere pazienti, ma bisogna applicarsi con scrupolo. Più a lungo praticherai, maggiori benefici avrai.

Io invece di “eliminare i problemi con gli antidolorifici” ho scelto un altra via, la via dell’impegno, la via della costanza nella pratica, la via di alzarmi leggermente prima la mattina per praticare, la via di un’alimentazione sana e naturale, in poche parole "la via dello yoga".

venerdì 24 settembre 2021

Lo yoga dà significato all'esercizio fisico.

 Interessante - e spaventoso - articolo sugli eccessi dello Yoga.  vedi link:  http://www.lemonde.fr/aujourd-hui/article/2010/03/13/le-yoga-redonne-du-sens-a-l-exercice-physique_1318678_3238.html

 Lo yoga dà significato all'esercizio fisico.  Articolo di Martine Laronche

Lo yoga ha il vento in poppa. È un ottimo modo per mettersi in forma, ed è un ottimo modo per uscire di casa e andare nel mondo. È in voga dai primi anni 2000 negli Stati Uniti, e ha ambasciatori del marchio come Madonna e Sting, che sfidano il tempo. L'attrice Jennifer Aniston, ex-star della serie "Friends", ha pubblicato un DVD Yogalosophy, con l'insegnante delle stelle, Mandy Ingber. Rivisitato per soddisfare un nuovo pubblico, lo yoga si declina oggi in molteplici pratiche, più o meno rispettose dei principi fondamentali di questa disciplina millenaria di origine indiana.

L'Usine, un club sportivo parigino di alto livello, offre non meno di undici diversi tipi di yoga nei suoi due centri di Opéra e Beaubourg: dai più tradizionali come l'hatha yoga, che è lento e basato sul mantenimento delle posture con il controllo del respiro, ai più dinamici come il power yoga e l'ashtanga yoga, dove le posture sono collegate tra loro molto rapidamente.

Ci sono anche lezioni di yoga per uomini rigidi, che si suppone siano adattate al tipo di corpo maschile; yoga bodysculpt, che mira alle cosce, ai glutei e ai muscoli addominali; e yogalate - una combinazione di yoga e pilates - che lavora sull'allineamento del corpo attraverso una serie di esercizi fisici eseguiti, il più delle volte, con l'aiuto di dispositivi meccanici.

"Siamo passati da uno yoga percepito come molto passivo a uno yoga in movimento che, di conseguenza, attira persone dal mondo del fitness", spiega Patrick Rizzo, cofondatore della Factory. A questa popolazione se ne aggiunge un'altra, più elitaria e attratta da attività considerate più nobili e morbide del bodybuilding o del ciclismo. Sono finiti i giorni in cui si sudava e si costruivano i muscoli. "Lo yoga intellettua un po' la pratica della palestra. È una specie di moda oppositiva", dice Rizzo. In breve, non solo rafforzate il vostro corpo ma anche la vostra mente. "Mentre prima, la nostra clientela era composta principalmente da persone anziane, vediamo sempre più giovani tra i 25 e i 30 anni", analizza Eric Beische, direttore di prodotto di Club Med Gym. Di conseguenza, la catena sta pensando di espandere la sua offerta di hatha yoga tradizionale a una pratica più moderna e dinamica.

Questa tendenza durerà o manterrà solo lo zoccolo duro dei praticanti altamente motivati? "È probabile che lo yoga resista mentre si pulisce da alcune attività esotiche", considera il co-fondatore della Factory. Tra questi, possiamo citare il Dog yoga, doga in americano, che offre posture e massaggi ai padroni accompagnati dai loro compagni; o il Bikram yoga, che consiste nel collegare le posture in una stanza riscaldata a 40 oC, che non è senza rischi per la salute.

In una società dominata dallo stress, dove il benessere è un valore cardinale, lo yoga rappresenta uno sfogo ma anche un modo per dare un senso all'esercizio fisico. "Questa mania corrisponde a un bisogno di rifocalizzazione, di trovare un asse in una società sempre più frammentata e frenetica", dice Isabelle Morin-Larbey, presidente della FNEY.  Tuttavia, queste diverse varianti rischiano di tradire lo spirito della disciplina. "Nel suo nucleo, lo yoga è un sistema filosofico che prende in considerazione gli aspetti fisici, psicologici e spirituali dell'uomo. Con queste nuove variazioni, c'è il rischio che lo studio venga diviso", dice.

Sempre più medici consigliano questa disciplina ai loro pazienti. Il Dr. Lionel Coudron, direttore dell'Istituto di Yoga Terapia, che forma professionisti della salute e insegnanti, elenca i sintomi che possono essere trattati o migliorati dallo yoga: prima di tutto, i disturbi d'ansia e di stress, i disturbi del sonno, i comportamenti ostili come l'irritabilità, il nervosismo, la rabbia, l'intolleranza alla frustrazione, il mal di schiena, i disturbi intestinali funzionali, le infezioni ripetute, l'angina pectoris, l'ipertensione, l'asma, ecc.   "Lo yoga gioca sull'equilibrio del sistema neurovegetativo (che innerva i visceri) rafforzando il sistema nervoso parasimpatico (che assicura la conservazione della riserva energetica del corpo dopo una reazione sviluppata dal sistema simpatico di fronte allo stress). Si sente, fin dalle prime sedute, un miglior benessere. Perché duri, si raccomanda di praticare tre ore alla settimana con una sessione di gruppo di un'ora e venti minuti ogni giorno, o due sessioni di gruppo di un'ora e mezza alla settimana", spiega il medico.

È ancora necessario scegliere con cura il proprio maestro ed evitare le sette, alcune delle quali riescono a reclutare i loro seguaci con questo mezzo. "Un insegnante di yoga deve conoscere bene i suoi allievi e, prima di iniziare le lezioni, fare una piccola valutazione non intrusiva che gli permetta di sapere chi ha di fronte per adattare la pratica alle possibilità di ciascuno", insiste Isabelle Morin-Larbey. Non farsi male, cioè evitare il dolore, lavorare con facilità e fermezza sono i principi fondamentali della disciplina. Tre federazioni riuniscono in Francia degli insegnanti seriamente formati, il cui elenco può essere consultato sui loro siti Internet.

Testi e link di riferimento.

  • Terapia yoga. Guida di Lionel Coudron (Odile Jacob).
  • L'Esprit du yoga, di Ysé Tardan-Masquelier (Albin Michel).
  • FNEY. Federazione nazionale degli insegnanti di yoga (Lemondeduyoga.org).
  • FFHY. Federazione Francese di Hatha Yoga (ff-hatha-yoga.com).
  • FIDHY. Federazione inter-insegnante di Hatha Yoga (Fidhy.fr)

venerdì 17 settembre 2021

Testi sul Buddhismo proposti da Matthieu Ricard

 Testi proposti da Matthieu Ricard sul Buddhismo. I primi due testi sono sulla tematica del Maestro spirituale e sono una biografia dei suoi due maestri spirituali:  il primo è stato  Kangyour Rimpoché  e il secondo  Dilgo Khyentse Rinpoché. 

    



Media, Regime e democrazia

Purtroppo in questi ultimi due anni, la pandemia ha accelerato tutti i tipi di tendenze che si stavano già muovendosi nelle nostre società: l’atomizzazione sociale e l’ascesa dello Stato paternalista. Uno Stato che sa cosa è giusto o sbagliato per i cittadini, un po’ bambini e un po’ incoscienti. 

Tra i più preoccupanti fenomeni attuali,  c’è anche l’aumento della censura da parte delle più grandi aziende tecnologiche e il modo in cui una manciata di oligarchi sono arrivati ​​a stabilire i termini del dibattito e persino a stabilire ciò che è vero.
Che le piattaforme e i media stabiliscano ciò che è vero e ciò di cui si può discutere
, in un momento come questo in cui il dibattito scientifico è fondamentale, indipendentemente dalle nostre posizioni sul virus e sui vaccini, è molto preoccupante.  

 Per certi versi siamo peggio dell’Ottocento perché almeno allora era chiaro che la libertà di stampa non c’era. Invece, oggi la rete viene magnificata come il massimo della libertà e, nella misura in cui non disturbi il manovratore, nessuno ti infastidisce. Se poi invece fuoriesci dalle “regole” semplicemente vieni oscurato, sparisci dalla “Community”, senza che gli altri ne sappiano nulla. Certo meglio una sparizione virtuale di quella fisica nei vari regimi totalitari, ma certo la cosa è inquietante.

In questo periodo molti scienziati, che si ponevano domande sulla gestione della pandemia con articoli sui media sono stati censurati. E bisogna anche ricordare che rappresentanti di Facebook e Twitter sono stati convocati al Parlamento inglese per discutere di censura intorno alle discussioni sulla pandemia.  In questo periodo si sono verificati molti casi gravi, ne riporto alcuni:

  • La prima è stata una dichiarazione di Martin Kulldorff, professore presso la Harvard Medical School. Un suo tweet, in cui suggeriva che coloro che erano stati precedentemente infettati forse non dovevano essere vaccinati, è stato etichettato come “fuorviante” da Twitter.  I twittatori non sono stati più in grado di interagire con lui e hanno ricevuto un messaggio che affermava che “i funzionari sanitari raccomandano un vaccino per la maggior parte delle persone”.
  •  Allo stesso modo Facebook ha etichettato come “informazioni false” un articolo di The Spectator sull’efficacia delle mascherine, scritto da Carl Heneghan e Tom Jefferson del Center for Evidence-Based Medicine dell’Università di Oxford.
  • Un altro esempio è l'articolo scritto su Facebook  ‘Basta catastrofismo sui vaccini’ da Sara Gandini  Epidemiologa e docente che è stata oscurato, e l'autrice ha denunciato più volte e pubblicamente l'accaduto.
  • Considerare immediatamente una "fake news", quanto detto in diretta dal premio Nobel per la medicina Luc Montagnier sugli effetti ancora inprevedibili dei vaccini, alla trasmissione "Di martedì", senza nemmeno provare a discuterne.

Lasciamo da parte i vaccini e la pandemia e vediamo altri esempi. 

Paolo Ferrero di Rifondazione Comunista Facebook è stato censurato da Facebook, in questo stesso periodo, e la sua pagina oscurata perché aveva messo per due volte post a favore del popolo curdo e del suo leader Abdullah Ocalan in prigione in Turchia. Questi due post sono stati considerati contrari alle regole della comunità.  Anche lui ha pubblicamente denunciato l'accaduto, anche su giornali come il Fatto Quotidiano e riporto alcune sue considerazioni "Alla faccia della democrazia della rete, con questa privatizzazione della comunicazione siamo tornati all’Ottocento, quando non c’era la libertà di stampa. Infatti, secondo i padroni di Fb, battersi per la libertà del leader curdo è censurabile e deve essere proibito. Con lo stesso criterio non avremmo potuto batterci su Fb per la libertà di Nelson Mandela o per quella di Silvia Baraldini. In altri termini la libertà, secondo il padrone di Fb Mark Zuckerberg, significa glorificare l’esistente. Provando a cambiarlo si rischia di incappare nella censura".

Notizia di oggi18/9/2021,  Google e Apple obbediscono a Putin oscurando la app dell'oppositore Navalny

Queste vicende evidenziano come vi sia un enorme problema di democrazia e come sia necessario rendere pubblica la rete e la gestione dell’informazione. 

Non è possibile che i padroni dei Social  facciano il bello e il cattivo tempo, in condizioni di monopolio, non solo sull’utilizzo dei nostri dati (che oggi valgono miliardi di euro)  ma anche sulla possibilità di controllarci (con la scusa di bloccare i pedofili in rete, combattere il cyberbullismo, i nazisti o coloro che diffondono fake news, come Donald Trump)  e censurarci ed escluderci (sulla base dei loro interessi nascosti). E questo accade ogni giorno, nel silenzio più totale, a centinaia di persone che si battono per la libertà e la giustizia.

È evidente che la proprietà privata di questi immensi monopoli della socializzazione e in definitiva dell’informazione costituiscono una minaccia alla democrazia e solo una pubblicizzazione della proprietà e delle regole democratiche su scala globale può permettere alla rete di sviluppare le sue potenzialità democratiche.

vedi articoli correlati: 

  •  https://maramici.blogspot.com/2021/08/sorveglianza-di-massa-su-mail-e.html
  • https://maramici.blogspot.com/2021/08/i-5-colossi-del-web.html
  • https://maramici.blogspot.com/2021/09/facebook-xcheck-e-sistema-di-influenze.html
  • https://maramici.blogspot.com/2021/09/edward-snowden-laffare-pegasus-un.html
  • https://maramici.blogspot.com/2021/08/julian-assange.html

giovedì 16 settembre 2021

Facebook: XCheck e sistema di influenze sulla legislazione europea

Facebook ha sviluppato un sistema che consente di applicare un trattamento speciale a molti utenti di alto profilo (politici, giornalisti e VIP in generale). Grazie al programma, noto come XCheck (cross check), queste persone possono violare le regole del social network, senza incappare nel controllo dei moderatori. Questo sistema è noto dal 2018.

In base ai documenti pubblicati dal Wall Street Journal, Facebook ha creato una whitelist che include circa 6 milioni di utenti,  e messo a punto un sistema che posiziona questa ristretta cerchia di utenti particolarmente famosi al di sopra di alcune regole.  Mark Zuckerberg ha spesso dichiarato che Facebook permette a tutti i suoi utenti di ricevere lo stesso trattamento, ma in realtà, queste persone “possono violare gli standard senza nessuna conseguenza“. Essendo molto popolari e influenti potrebbero rappresentare un rischio per le pubbliche relazioni se i loro contenuti venissero censurati.

Se un utente pubblica post che violano le regole, un sistema automatico elimina il contenuto o lo rende meno visibile nel news feed. In alcuni casi viene esaminato da moderatori esterni all'azienda. XCheck funziona in modo diverso, quando viene segnalato il post di una persona inserita al suo interno, non viene oscurato in maniera automatica, e poi eventualmente ripristinato dopo un reclamo, ma inviato a un gruppo di dipendenti di Facebook incaricati di valutarlo e decidere sul da farsi.  Questo sistema consente ad alcuni privilegiati di compiere azioni assolutamente sbagliate. Uno dei casi citati riguarda, ad esempio, Neymar, che nel 2019 pubblicò le foto di una ragazza nuda dopo che lei lo aveva accusato di stupro, esponendola alla gogna dei suoi milioni di follower. Ma ci sono anche personaggi pubblici verificati che hanno diffuso notizie false sui vaccini o su avversari politici di ogni schieramento, per non parlare di posizioni apertamente razziste.

I documenti relativi a XCheck mostrano che Facebook ha ingannato il Comitato per il controllo (Oversight Board). Quest'ultimo ha scritto su Twitter che aveva più volte manifestato preoccupazioni sulla mancanza di trasparenza del processo di moderazione, soprattutto nel caso degli account di alto profilo. Facebook ha dichiarato che il report del WSJ è basato su vecchie informazioni e che l'azienda ha già identificato i problemi del sistema XCheck ed è al lavoro per risolverli.

Inoltre,  Google, Facebook e Microsoft cercano di esercitare pressioni su parlamentari e legislatori europei.  Questi gruppi hanno regolarmente accesso alla Commissione europea; con loro rappresentanti sono stati presenti a 202 dei 271 incontri su DSA (Digital Services Act) e DMA (Digital Markets Act), i progetti di legge che puntano a limitare lo strapotere delle big tech. 

Solo di recente la Comunità europea ha stabilito alcune misure per rendere il processo più chiaro e trasparente. Stando ai dati presentati al registro per la trasparenza dell'UE fino a metà giugno del 2021, Google è al primo posto, con 5,75 milioni di euro in investimenti in lobby ( Gruppi di persone che sono in grado di influenzare a proprio vantaggio l'attività del legislatore e le decisioni del governo o di altri organi della pubblica amministrazione), seguita da Facebook (5,5 milioni), Microsoft (5,25 milioni), poi Apple (3,5 milioni), Huawei (3 milioni) e Amazon, sesta con 2,75 milioni. 

Secondo il rapporto “The Lobby Network- Big tech’s web of influence in the Eu”,  (vedi link:  https://corporateeurope.org/en/2021/08/lobby-network-big-techs-web-influence-eu)  pubblicato dal Corporate Europe Observatory e Lobbycontrol, 612 fra aziende, gruppi e associazioni spendono più di 97 milioni di euro l'anno per le politiche dell'economia digitale dell'UE. La tecnologia supera il settore farmaceutico, quello dei combustibili fossili, la finanza e la chimica, storicamente più inclini alle lobby.

"Dovrebbe essere motivo di preoccupazione il fatto che le piattaforme possano usare questa potenza di fuoco per assicurarsi di essere ascoltate - rispetto alle voci contrarie e critiche - nel dibattito su come costruire nuove regole per le piattaforme digitali", si legge nello studio.   

Sembrerebbe che ci sia  ancora molto da fare per democratizzare il processo di sviluppo delle tecnologie digitali.


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Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono ci...