sabato 11 dicembre 2021

La malattia e la medicina alternativa - Tiziano Terzani

Tiziano Terzani (1938 -2004) in questo testo Un altro giro di giostra, viaggio nel male e nel bene del nostro tempo, racconta gli ultimi anni della sua vita, dopo che gli era stato diagnosticato un tumore allo stomaco.   Vedi link http://www.tizianoterzani.com

 
Viaggiare, è sempre stato per Tiziano Terzani un modo di vivere e così, quando gli viene annunciato che ha un tumore e che la sua vita è in pericolo, mettersi in viaggio alla ricerca di una soluzione è la sua risposta istintiva. 
Dopo aver fatto l’operazione allo stomaco e la radioterapia gli vengono concessi tre mesi (ossia un altro giro di giostra che è la vita) che utilizza per scoprire il mondo delle medicine alternative alla medicina allopatica. Solo che questo è un viaggio diverso da tutti gli altri, e anche il più difficile perché ogni passo, ogni scelta - a volte fra ragione e follia, fra scienza e magia - ha a che fare con la sua sopravvivenza. Alla fine il viaggio esterno alla ricerca di una cura si trasforma in un viaggio interiore, il viaggio di ritorno alle radici divine dell'uomo. Un libro sull'America, un libro sull'India, un libro sulla medicina classica e quella alternativa, un libro sulla ricerca della propria identità.

Terzani nel libro racconta:  Cercavo qualcosa di complementare alla scienza tradizionale. Quello è stato il periodo più divino della mia vita. Mi parve che tutta la mia vita fosse stata come su una giostra, ora passava il controllore e pagavo il dovuto e, se mi andava bene, magari riuscivo a fare … un altro giro di giostra. L’uomo occidentale imboccando l’autostrada della scienza, ha troppo facilmente dimenticato i sentieri della vecchia saggezza. L’aver fiducia nella cura e in chi la somministra è un fattore importantissimo, fondamentale in un processo di guarigione. Questo periodo mi ha fatto ricordare la transitorietà del tutto; nella vecchia Cina, i cinesi per ricordarselo tenevano in casa la loro bara.
I maestri zen la raccontano la transitorietà con la storia dell’uomo, che rincorso da una tigre scivola in un baratro, cadendo nel vuoto il poveretto riesce ad aggrapparsi ad un arbusto, da una parte il vuoto, dall’altra la tigre. In quel momento, tra i sassi vede una bella fragola rossa e fresca, La coglie e … mai una fragola gli parve così dolce come quest’ultima.
Terzani si interroga anche come una malattia può svilupparsi, quali sono i fattori che contribuiscono al suo sviluppo: Che cosa porta quella cellula ad abbandonare la sua funzione vitale per trasformarsi in una tale minaccia alla vita? Che ruolo ho avuto? Noi siamo un corpo ma anche una mente. Purtroppo noi siamo intrappolati in una visione meccanicistica del problema.
Thich Nhat Hahn il Maestro buddhista vietnamita diceva: "la mattina quando vi svegliate fate un sorriso al vostro cuore, al vostro stomaco, ai vostri polmoni e al vostro fegato: Dopo tutto, molto dipende da loro".
Compito dell'essere umano è scoprire il divino nella sofferenza. Terzani racconta la storia del mussulmano che, cacciato dalla moschea, ruzzola giù per la scalinata. Ad ogni scalino in cui picchiava sentiva male, soffriva e pensava a Dio. Ma quando finalmente arrivò in fondo gli dispiacque che non ci fossero più scalini.  Si tratta solo di capire che la vita e la morte sono due aspetti della stessa realtà. Occorre riflettere sul senso della vita, cercando di essere se stessi e sentirne la melodia. Ho sempre trovato convincente l’idea che con una forte volontà si possa essere liberi anche in una prigione, vedi esempio del monaco buddhista Palden Gyatso che ha resistito a 33 anni di torture nelle prigioni cinesi.
Ma in che misura si riesce a essere liberi quando si è prigionieri del proprio corpo? Che rapporto c’è tra corpo e mente?   Cos’è questa benedetta libertà di cui tutti parlano?  Terzano fornisce la risposta tramite una storia vecchia di secoli che circola in Asia: Un suddito chiese: "Sire cosa è la libertà nella vita?" Il re rispose:  "Quante gambe hai?"  " Due."   "Sei capace di stare su una?"  "Certo." L’uomo si mette in piedi su una gamba.    "Bene, ed ora tira su l’altra",      " Come? È impossibile" . il re allora disse: "Vedi, questa è la libertà, sei libero, ma solo di prendere la prima decisione, poi non più".

Per Terzani, la prima tappa di questo percorso alternativo alla medicina ufficiale è stata la meditazione. La prima esperienza fu un corso di meditazione vipassana con John Coleman. Con la meditazione avevo imparato che, per acquietare la mente, la cosa più importante non è resistere ai pensieri che insorgono, ma prenderne coscienza, accettare che ci sono: è più facile che se ne vadano così, piuttosto che cercando di cacciarli. Oggi purtroppo la meditazione ha subito un processo di trivializzazione che fa di ogni cosa l'oggetto di una moda, un prodotto da mettere in vendita. Prima un discepolo doveva seguire e servire il suo Maestro per anni, adesso tutto è diventato istantaneo.            Poi passa alla scienza dell'alimentazione. Il 97% di quel che siamo è quel che mangiamo, se siamo vegetariani occorre mangiare noci, pinoli, mandorle, semi di zucca e girasole. Frutta e verdura sono fibre che aiutano a regolare l’intestino. E' consigliabile cucinare con padelle in ferro per aumentare l'acquisizione di ferro. I bramini più ortodossi mangiano solo quello che hanno cucinato in recipienti che loro stessi hanno lavato. Chi cucina, può mettere nel cibo, una carica negativa che passerà a chi lo mangia.  Scientificamente non si può misurare questa carica, ma non per questo si può dire che la carica è inesistente.
La scienza è relativa, la storia della scienza è tutta una sequenza di verità che si dimostrano presto errori, alla luce di nuovi fatti e di nuove verità.
Poi fa esperienza con il qi gong e la pranoterapia il cui fondatore è stato  Master Choa Kok Sui.  Il qi gong che come il pranayama in India, è l’arte di controllare il proprio respiro e di indirizzarne la forza vitale nelle varie parti del corpo. Un esercizio particolare è quello di stare con le ginocchia leggermente piegate, i piedi separati, in linea con le spalle, e di tenere un’immaginaria palla di energia tra le mani immobili, sospese all’altezza dell’ombelico.
In tutti questi percorsi alternativi ci sono molti ciarlatani. Terzano fa l'esempio di un certo Master Hu che cercava di diventare famoso, e la sua sola moralità era quella del profitto. L'obiettivo era di provare a vendere il bene più richiesto: la speranza. Una consultazione costava 150 dollari.
Era colpa del qi gong se molti occidentali mettevano le loro vite in mano a ciarlatani?  Queste pratiche, se hanno un valore, ce l’hanno se restano difficili, esoteriche, irraggiungibili ai comuni mortali e si conquistano al costo di grandi sacrifici e dedizioni. Una volta che queste pratiche diventano accessibili a tutti perdono il loro significato e la loro eventuale efficacia.

Tutte le antiche civiltà hanno studiato il potere del respiro, e hanno intravisto il rapporto tra il respiro e la mente, e forse l’anima. Gli yogi avendo notato, che molti animali capaci di respirare lentamente come l'elefante e il serpente vivono più a lungo di altri, hanno speso anni ad escogitare specialissimi esercizi intesi a rallentare il ritmo della propria respirazione, prolungando la propria vita. In India il tempo assegnatoci si misura in respiri e non in giorni, in questo contesto, rallentare il ritmo del respiro significa allungarsi la vita.
La decisione di passare questo periodo della malattia da solo, lontano dalla famiglia, riducendo all’essenziale i rapporti umani era stata istintivamente saggia. Che assurda abitudine, questa nostra, di socializzare, conoscere gente, o lavorare … mangiando. Che alternativa avevo, a parte quella di fare o non fare la vittima? Per istinto preferivo non farla.  Tenevo a mente i versi di un monaco zen del secolo scorso :   "Non chiedere di avere una salute perfetta, sarebbe avidità,  fai della sofferenza la tua medicina e non aspettarti una vita senza ostacoli,    senza quel fuoco la tua luce si spegnerebbe,   usa la tempesta per liberarti".
Forse c’era un messaggio segreto nella malattia, m’era venuta perché capissi qualcosa, Arrivai a pensare che quel cancro, inconsciamente, l’avevo voluto io, per uscire dalla routine e rallentare il ritmo delle mie giornate. Per scoprire un altro modo di guardare le cose, fare un’altra vita.
Cercare di scoprire chi ero io, ma quale io? Ero totalmente cambiato anche nel corpo.
Fra i vari esercizi ai cui vengono sottoposti i giovani tibetani a Dharamsala è quello di stabilire dove sta il nostro io, poi il Lama prende un fiore, stacca un petalo dopo l’altro e rimane solo lo stelo, Non è lo stesso per Noi? Noi siamo fatti di tanti pezzi, ognuno dei quali però non ci rappresenta.
Dalla medicina occidentale venivo trattato come un insieme di pezzi, ma mai come unità, ciò mi lasciava perplesso. Mi domandavo se la scienza non era cieca, come i cinque ciechi protagonisti di una storia a cui viene chiesto di descrivere un elefante. Il primo cieco tocca le gambe, è dice che l’elefante è come un tempio, il secondo tocca la proboscide, e dice che è come un serpente, il terzo tocca la pancia e dice che è come una montagna, il quarto tocca un un orecchio e dice che è come un ventaglio, il quinto tocca la coda e dice che è come una frusta.
La scienza si comporta nello stesso modo. Il mondo che ci descrive con i suoi strumenti non è il mondo, è una sua parziale rappresentazione, un'astrazione che in verità non esiste.
La figura di medico che conosce bene non solo la sua materia, ma anche la vita, e che in Occidente non esiste più. Il paziente è un portatore di un male, non una persona inserita in un suo mondo, con o senza famiglia, felice o infelice nel suo lavoro. Per questo sempre più persone si rivolgono alla medicina alternativa, che dà al paziente l'impressione di considerarlo nel suo insieme, reintroducendo nel rapporto medico-malato quell'elemento di mistero e magia.
Il problema è che oggi non ci sono più filtri e controlli, tutti credono di sapere tutto, e purtroppo Internet ha creato quell'ormai diffusissimo sapere a metà, che è la peggiore e la più pericolosa forma di ignoranza: In questo vuoto di vera e onesta conoscenza, persino il buon senso viene meno e ogni ciarlatano finisce per avere buon gioco con la gente. Chiunque venda speranza ha clienti.
Uno degli aspetti interessanti della medicina alternativa è che il paziente deve partecipare al processo di guarigione, che molto dipende da lui, dalla sua volontà. Questo però vuol dire anche che, se qualcosa non funziona, non lo si può imputare alla cura: è lui che non ce l'ha messa tutta. I ciarlatani hanno così una perfetta giustificazione per la loro inefficienza.
Il mio amico Dan Reid diventato esperto di taoismo, buddhismo, di qi gong, ecc, mi ha detto che ero pazzo a essermi messo nelle mani degli assassini in camice bianco.
La vita che uno ha fatto deve aver lasciato qualche traccia nelle sue cellule, e mi chiedevo che se avevo avuto un ruolo a scatenare il cancro, ora potevo avere un ruolo nel metterlo sotto controllo.
Forse c'è davvero qualcosa nelle nostre vite che il senno non capisce, qualcosa che sfugge all'ovvio e che sfugge alla ragione.
L'ultima volta che ho incontrato il Dalai Lama gli chiesi “Santità lei si cura con la medicina tibetana o occidentale?” Lui rispose “Con tutte e due”.
Avevo comunque intuito la possibilità di usare la mente per controllare il corpo e questa mi era parsa un'arte da mettere da parte. Concentrarsi sul respiro, tutto è impermanente, tutto viene e va, anche il dolore. Nelle grandi tradizioni il dolore è visto come una parte della vita.
Milarepa, uno dei grandi yogi, era in grado di trasferire il dolore fuori da sé, eventualmente su un oggetto.
L'Omeopatia mi avrebbe aiutato a ritrovare la forza vitale e l'equilibrio. Malattia in inglese significa disagio, il corpo ha un disagio, i detrattori paragonano l'omeopatia alla magia, spesso noi chiamiamo magia quello che non capiamo.   Spesso anche una frase presa da libri può aiutare qualcuno a migliorare un po' la propria vita, Non è magia questa?
Il segreto che tutti i medici, da Ippocrate in poi, hanno tenuto per sé è il seguente: Il vero medico è quello che abbiamo dentro di noi.
Le goccioline omeopatiche potevano stimolare la mia forza vitale e ridare equilibrio e saggezza al mio sistema immunitario impazzito?
L'omeopatia nasce tra il settecento e l'ottocento come senso di repulsione contro il modo in cui venivano trattati i malati. Nel 1755 Samuel Hahnemann, medico tedesco, mette a punto un metodo la cui base è curare il simile con il simile. In India è nota la storia di Bhima che si salva da un avvelenamento facendosi mordere da un serpente velenoso. Somministrando una piccola quantità di malattia si fanno insorgere i sintomi e con ciò si stimola il corpo a difendersi e a guarire (è la base dei vaccini). Ogni persona reagisce differentemente agli eventi della vita, alla malattia stessa. Da qui deriva la regola dell'omeopatia: occuparsi del malato, dei suoi sintomi, della sua percezione della malattia e non della malattia in sé.  È il paziente ad essere ammalato e non i suoi organi. Nel 1810 Hahnemann scrive che la forza vitale-spirituale anima il corpo materiale, per lui il corpo era molto più di una macchina.
Più è diluita una sostanza, più è efficace grazie alla memoria dell'acqua. I detrattori parlano di effetto placebo. Una persona credendo di venire curata, si cura da sé, Non è questa la prova lampante del potere della mente sulla materia? La diagnosi fa fatta non della malattia, ma del malato.
All’inizio novecento il 20% dei medici americani utilizzavano l'omeopatia, poi dopo vari attacchi l'omeopatia venne relegata tra le non-scienze.
In India arrivò con i missionari tedeschi, Gandhi la definì il sistema più raffinato ed economico e meno violento per trattare i pazienti, e suggeri di adottarla come medicina ufficiale. Nel 1973 l'omeopatia in India è stata riconosciuta come uno dei sistemi ufficiali di medicina. Gandhi suggeri al governo di appoggiarla e diffonderla, oggi 163 università offrono dei corsi di omeopatia.
In Occidente, dove la scienza è diventata una sorta di nuova religione, l'omeopatia ha sofferto dell'impossibilità di dimostrare scientificamente la propria efficacia.
Rupert Sheldrake nell'ashram Shantivanam, tenuto da un padre benedettino nel Tamil Nadu, ha scritto un saggio A new science of life. Esiste una sorta di accumulazione dell'esperienza a distanza, sia di tempo che di spazio, che lui la chiama risonanza morfica. Questo potrebbe essere applicata all'acqua, che avrebbe una memoria e giustificherebbe l'efficacia della medicina omeopatica.

La medicina allopatica americana a cui mi ero affidato era interventista, aggressiva, distruttiva come la civiltà americana. L'America ha sfruttato il resto del mondo e le risorse altrui, ed ha una società basata sul sistema moderno delle caste: i portoricani,i  neri, i latino americani gestiscono tutto ciò che è a terra: spazzatura, gabinetti, bagagli ecc, come gli intoccabili in India. Appena sopra c'è la casta dei falliti, di quelli che non ce l'hanno fatta. Il segreto è che tutti sono convinti di essere liberi e cittadini del migliore dei mondi possibili. Tutto è una questione di prospettiva. Ogni volta che la visione del mondo si rimpiccolisce, i nostri problemi o i nostri mali ci sembrano importantissimi, la nostra morte orribile, impensabile.
Se la visione si allarga e si riesce a vedere il mondo nella sua interezza e magnificenza, il nostro stato, pur penoso che sia, diventa parte di quella vastità, di quell'eterno, naturale arrovellarsi dell'uomo.
L'arte ci cura. Noi non siamo solo quel che mangiamo e l'aria che respiriamo. Siamo anche le storie che abbiamo sentito, le favole con cui ci siamo addormentati da bambini, i libri che abbiamo letto, la musica che abbiamo ascoltato e le emozioni che un quadro, una statua, una poesia, un concerto ci hanno dato.
"La guarigione viene dalle piante, e dal coltello. Da una persona retta e santa e dai mantra che uno canta". Frase di Zarathushtra del VI secolo a.c.    Lo zoroastrismo è una religione al cui centro sta il fuoco, il fuoco che purifica rimanendo sempre puro. Le scritture sacre dello zoroastrismo scomparvero nel 330 a.c. quando Alessandro il Macedone dette alle fiamme la biblioteca di Persepoli, il resto scomparve nel VII secolo d.c. quando gli arabi convertiti all’islam da Maometto diedero fuoco alla Persia. La più grande comunità si trova a Bombay dove si ereggono le torri del silenzio; i morti, dopo i riti funebri vengono lasciati agli avvoltoi.
James S. Lee scrisse il libro The underworld of the East, dove l'uomo scopre l’elisir della vita, e viene presentata la Teoria di Gaia, un grande e complesso essere vivente. L’uomo con la sua avidità non ha alcun rispetto per la terra, e questa si difende contro questo parassita mandandogli contro malattie, terremoti, inondazioni, tifoni e incendi. 

Le erbe sono un mezzo per guarire e un modo per disintossicarmi in modo naturale.
Per i cinesi il ginseng prima di essere coltivato artificialmente era l’essenza della terra in forma umana, un toccasana contro mille mali. Per gli indiani la soma, l’erba dell’immortalità di cui si parla anche nei Veda e che gli yogi usavano per vivere fino a duecento anni, sarebbe stato un rampicante che cresceva al di sopra dei 4000 metri nell’Himalaya, ma purtroppo oggi nessuno la trova più.
In Germania si trattano alcuni tumori con un estratto delle bacche di vischio.
Le piante sono un modo per riprendere il contatto con il divino, purtroppo l’ortodossia religiosa e la scienza hanno represso tutte le fedi animistiche come quelle dei pellirossa d’America ed hanno tagliato i nostri legami con il mondo che ci circonda.

Il Reiki è rappresentato da due ideogrammi che significano energia universale, e fu fondato da un giapponese centocinquanta anni fa.  Partecipai in India a dei corsi di reiki, i corsisti erano occidentali, e persone della classe borghese della nuova India, persone insoddisfatte, in crisi, sole.
Il Reiki oggi cura l’ipertensione e l’insonnia, il principio di fondo è il mantenimento di equilibrio fra i vari elementi del corpo. La terapia si fonda su una dieta vegetariana e i medici si chiamano akim, ce ne sono 50.000 in india.  Il reiki vuole ristabilire l’equilibrio fra i diversi livelli dell’essere fisico, mentale, emotivo e spirituale. In Giappone, nel 1865 nasce Mikao Usui, va in ritiro sul monte Kuram, in meditazione vede arrivare contro di lui una grande palla di luce ed energia che lo colpisce. Quando riprende i sensi ha trovato la risposta, quella è l’energia universale fonte di tutte le guarigioni, e deve essere gestita imponendo le mani. Nel 1926 muore, viene eretta una stele nel tempio Saijoji fuori Tokio. Una sua discepola Hawayo Takata si mette ad insegnare il reiki negli Stati Uniti e da qui si diffonde nel mondo. Tutte le malattie nascono da uno scompenso fisico o emotivo, e come terapia preventiva si consigliano tre abbracci al giorno. Durante la cerimonia della sintonizzazione, il maestro sintonizza le forze che ognuno ha dentro di sé con la forza universale. Mi incuriosiva constatare, che tutto fosse nato in Giappone.       Tutto iniziò con la Setta dei Mahikari, chi ne diventava membro acquisiva il potere di guarire gli altri con l’imposizione delle mani. Oggi tutti possono in pochi giorni acquisire questo potere indipendentemente dalle loro qualità psichiche e morali. Mikao Usui nonostante la stele a lui dedicata forse non è mai esistito.
I saggi taoisti dicono che solo un uomo di grande spiritualità e di animo puro poteva avere questo tocco magico; se l’uomo sbagliato usa i mezzi giusti, i mezzi giusti agiscono in modo sbagliato.

Terzani, poi conosce l'ayurveda attraverso il medico ayurvedico Visakhapatnam che operava nel golfo del Bengala. Ammalato, si era curato con l’ayuerveda ed era diventato un guaritore. Da poco era diventato bramacharya, aveva preso il voto di castità, era convinto che negli shastra, le antiche scritture sacre, c’era l’interpretazione di tutti i fenomeni dell’universo.
Esisteva un mondo, tenuto assieme da fili che non erano quelli dell’efficienza, un mondo di vecchi bramini pii ed ortodossi, la cui unica attività era quella di celebrare con regolarità e precisione gli immutabili riti. Per l’ayurveda tutto è interdipendente, tutto è parte di una totalità indivisibile e l’uomo, essendo non solo corpo ma anche mente ed anima, non può essere curato, quando si ammala, solo nella parte fisica.
Fisica e metafisica nella visione indiana si integrano, e l’astrologia è la più antica di tutte le scienze e resta parte della scienza medica.
Ayuh in sanscrito è il periodo che intercorre tra la vita e la morte, veda significa conoscenza. Ayurveda è la scienza della vita, il congiungere le mani per salutarsi significa anche trasmissione di energia. Toccare i piedi di qualcuno serve a caricarsi della sua energia, nell'ayurveda si instaura un rapporto tra suoni sacri e salute, fra piante e pianeti.
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Quello che di buono c’era nella medicina tibetana, veniva dall’ayurveda. Anche Heinrich Harrer di Sette anni in Tibet non ha una sola buona parola sulla medicina tibetana. Lo stesso Dalai Lama intervistato ha dichiarato che si curava anche con la medicina allopatica.
Alcuni esempi: Se il paziente entra nella stanza del medico con il piede sinistro la cura avrà effetto. I polsi da auscultare per ogni braccio sono sei, ecc-                                                                              Comunque l’interesse per la medicina tibetana è cresciuto in Occidente di pari passo con la simpatia per la causa tibetana. Il Dalai Lama dice: "L’Occidente è pronto a finanziare tutto quello che ha a che fare con il Tibet, ma non ad aiutare noi tibetani a riconquistare il nostro Tibet."  Dharamsala, la sede del governo tibetano in esilio, oggi è diventata una piccola Disneyland.
Il Karmapa fuggito dalla Cina e possibile successore del Dalai Lama, è la trentesima reincarnazione di un grande maestro. La reincarnazione è il modo più sicuro per mantenere la qualità di una dinastia ed è quello di andare a scegliere come erede del defunto un bambino brillante. La medicina tibetana è per la mente e per l’anima. L’ayurveda è arrivata in Tibet con i monaci buddhisti, poi ha recepito e integrato gli elementi essenziali del Bon, la vecchia fede animistica locale,
La medicina si staccò dalla sua origine indiano-scientifica per diventare sempre più tibetano-religiosa. Il buddhismo si impossessò di tutto, compreso il potere politico, i Lama furono i soli a diventare medici. L’ignoranza dell’io causa la sofferenza, causa i tre veleni della mente: desiderio, rabbia e ottusità che scatenano le malattie del corpo. Solo una continua moralità e meditazione può condurre alla liberazione da ogni male. Il Buddha può essere considerato il fondatore della medicina. Seguire il dharma, la Via, è la sola vera cura di tutti i mali.   Nella medicina tibetana non c’è differenza tra religione e medicina, la malattia è un disordine che nasce nella mente molto prima che nel corpo. La terapia per i tibetani è soprattutto spirituale e consiste essenzialmente nel recitare i mantra.
I tibetani hanno trasferito in contenitori buddhisti i concetti fondamentali dell’ayurveda.
I tre veleni della mente sono associati ai tre diversi tipi di costituzione individuale vata, pitta, e kafa,
Le quattro fasi della pratica ayurveda caratterizzate da: diagnosi, causa, prognosi e trattamento sono associate alle quattro nobili verità: tutto è sofferenza, la causa della sofferenza è nelle passioni, si può mettere fine alla sofferenza, per uscire dalla sofferenza è necessario prendere la Via dell'ottuplice sentiero.
La medicina tibetana ha le stesse otto sezioni della medicina ayurvedica: malattie del corpo, dei bambini, delle donne, provocate dagli spiriti, ferite da armi, avvelenamento, ringiovanimento, fertilità e afrodisiaci.
Tra le varie manifestazioni del Buddha è stato aggiunto quella del Sanghye Men La, il Buddha della medicina, a cui attribuiscono la stesura dei testi sacri, i Gyu Shi, i quattro Tantra, (che invece sono traduzioni dei testi indiani) e il potere di guarire. Questo Buddha ha il corpo dipinto di blu ed è rappresentato nella posizione del loto, coperto da una veste dorata di fronte ad un vassoi di frutti, tra cui l’arura il frutto della perfetta salute. Un frutto che tornerà a crescere quando il nuovo Buddha verrà sulla terra.
Il qi gong è un ottimo sistema per prevenire tantissime malattie, il potere terapeutico del qi gong è dovuto all’ossigenazione del corpo creata dagli esercizi. Nel 1931 Otto Warburg aveva ricevuto il premio Nobel per aver scoperto che le cellule cancerogene ammalate erano, al tempo stesso, affette da una grave mancanza di ossigeno.
Storia zen. Un vecchio monaco stava per morire, si mette a letto e annuncia che entro la sera se ne andrà, tutti i discepoli accorrono al capezzale, solo il più devoto va al mercato ed acquista il dolce preferito del monaco. Si mette a correre per arrivare in tempo, si affaccia alla porta e il monaco apre gli occhi e gli dice: "Finalmente, e il dolce dov’è?"  Ne prende un pezzetto e si mette a mangiarlo con grande gusto. Gli altri chiedono Maestro quale è il tuo ultimo insegnamento? Il Maestro sorride: "Questo dolce è squisito", dice lento soppesando le parole.  La sua ultima lezione è semplice: vivete ora, vivete nel momento, il futuro non esiste.

Ero un realista e basta? O ero in mezzo al guado? Da un lato, convinto che il realismo della ragione non mi bastava più, dall’altro con la paura che spiritualità e misticismo fossero concetti ambigui. Dovevo vincere la mia arroganza, quel senso che questa roba non è per me. Non ero riuscito a scrollarmi di dosso i pregiudizi dell’intelletto che giudica. Una volta accettata l’idea che la morte è parte della nostra vita, si ha l’impressione che nessuno possa avere potere su di noi.                                Storia giapponese. Una giovane guardia del corpo dell’imperatore vuole imparare a combattere con il katana, la spada del samurai, va da un maestro e gli chiede di insegnargli questa nobile arte, il maestro scambia alcuni colpi con il giovane e vede che il giovane risponde colpo su colpo e gli chiede: "In quale scuola sei stato?" Il giovane risponde " In nessuna", "Impossibile tu hai già studiato con qualcuno",  "No, no, ho imparato da solo, da quando sono con l’imperatore mi sono esercitato da solo a non aver paura della morte",   "Ah, ecco, quale è la tua scuola" esclama il vecchio maestro.

Il maestro yoga a San Francisco. Ramananda, era stato allievo di Iyengar, mi parlò del rapporto tra guru e discepolo, il discepolo deve arrendersi, abbandonarsi completamente al Guru. Ramananda credeva nella perseveranza e nella forza di volontà. Tutto sta nel liberare la mente dalla schiavitù delle verità scientifiche che la condizionano. Distenditi, vuota la mente di tutto quello che la occupa, rilassa i muscoli, sciogli tutti i nodi, respira profondamente, il tuo respiro spazza via tutte le impurità, resta lì senza fare niente, senza pensare a nulla, sciogli il groppo che hai in gola per qualcosa che non sei riuscito a fare.   I significativi miglioramenti di un signore semi-paralizzato che Ramananda stava seguendo, mi convinsero sempre di più dello straordinario potere della mente di agire sulla materia. 

Ad Hong Kong, un miliardario cinese sembrava avesse trovato prima di morire una cura contro il cancro, dall’estratto di un fungo, lo yun zhi, il fungo delle nuvole. L’estratto era un coadiuvante alla cura.  Qui veniva praticato il Falun Gong, che vuol dire assimilare le caratteristiche del mondo per entrare in armonia con la legge dell’universo. Il Falun Gong è stato fondato da Li Hongzhi nel nord est della Cina, ed consiste in esercizi simili al qi gong, mani sopra la testa, poi all’altezza degli occhi, poi davanti alla pancia a reggere l’immaginaria palla di energia cosmica.
Li si inspirava al testo sacro della setta del fiore d’oro, che era stata distrutta nel 1891 dal governo imperiale di Pechino. Li poi scappò nel 1996 in America.

Derisanamscope è il posto in cui abitava il dottor L. Mahadevan, il giovane medico ayurvedico conosciuto all’ashram. Quel posto faceva parte dell’India genuina, semplice e intatta.
Il medico ayurvedico durante la consultazione sentiva il polso, alle donne quello di sinistra, agli uomini quello di destra. l’ayurveda è una medicina diversa da quella occidentale, con basi filosofiche diverse, lo strumento di conoscenza sono gli shastra, le scritture sacre lasciateci dai rishi. Noi umani siamo microcosmi niente affatto separati dal macrocosmo, sottoposti alle stesse leggi cosmiche. Perchè una malattia colpisce una persona piuttosto che un’altra, la causa è la differenza dei geni? La causa ultima è il karma. La medicina moderna comincia e finisce nel corpo fisico, l’ayurveda va oltre il corpo. Gli shastra parlano di terapie a livello fisico, psicologico e spirituale. Le tre vanno di pari passo. Curarsi vuol dire purificare la propria mente e usarla per sostenere il processo di guarigione, Prevenire la malattia con il corpo in armonia e la mente in pace.
L’ayurveda non cura le malattie ma le persone, la persona è sana quando è in stato di swasta, quando tutti gli elementi vitali, il fuoco e le funzioni sono in equilibrio; quando le escrezioni sono regolari, quando la mente, i sensi e l’anima sono tranquilli. Swasta significa armonia, stabilità nella realizzazione del sé. Questa è la vera salute.
Se devi fare il tuo dovere nel mondo, se vuoi arricchirti, se vuoi godere dei piaceri sensuali, o se vuoi conoscere il sé, sempre il tuo corpo deve essere sano.
L’ayurveda deve decidere quale è il modello costituzionale della persona.
Tutto l’universo compreso l’uomo è costituito dai 5 elementi: terra, aria, etere, fuoco, acqua.
Nel corpo umano questi elementi si manifestano nel tridosha, i tre principi funzionali vata, pita e kafa.   Etere e aria sono elementi privi di forma e rappresentano nel corpo ciò che è instabile e inquieto: vata; dal fuoco viene pita; dall’acqua e dalla terra viene kafa. Nel corpo uno di questi finisce per prevalere sugli altri, oppure due insieme prevalgono sull’altro. Quell’elemento predominante è importantissimo nel determinare il modello costituzionale.

  • Una persona vata è magra, non ha grasso, ha pochi capelli, secchi e forforosi, lunghe estremità, sistema immunitario debole. Instabile, inquieta, non sta mai ferma, è indecisa, ha difficoltà a dormire, parla molto, non tollera il freddo.
  • Una persona pitta è piena di energia, calda, oleosa, intellettuale, grande appetito, difficoltà a dormire, suda molto, capelli grigi, irascibile.
  • Kafa è l’opposto di vata, un individuo kafa è grasso, obeso, un perfezionista, calmo, tollerante.

Quando uno di questi elementi prevale rispetto agli altri insorge la malattia. Le cause possono essere una dieta o stile di vita sbagliata, un trauma, un fattore esterno. Le emozioni come il cibo hanno i loro sapori che influenzano i tre elementi. Il dolore è amaro, il desiderio è dolce, la rabbia è piccante, l’ingordigia è salata.  Anche la tradizione medica cinese diceva di fare attenzione alle emozioni; rabbia, paura, odio, gelosia contribuiscono alla cattiva salute; la carità, la gioia, la compassione o come aveva scoperto Norman Cousins le matte risate contribuiscono a stare bene.
Il trattamento ayurvedico consiste nel ristabilire l’equilibrio tra i tre elementi pitta, kafa, vata. La cura è di segno opposto alla personalità: il modo migliore è prevenire le malattie.
I veda stabilivano con estrema precisione le regole di ogni attività, la soluzione per ogni circostanza, attenersi a quel codice di condotta significava garantirsi l’ordine, l’armonia e appunto la salute.
L’ayurveda è divisa in otto sezioni. Più la gente si allontana dalla natura più si ammala.
Secondo i rishi per tenersi in salute bisogna fare una vita giusta.
Possiamo affidarci ad una medicina olistica senza fare una vita olistica? Bere tisane, fare yoga e curarsi con le erbe al trentesimo piano di un grattacielo a New York o in un appartamento elegante di Milano? Fare trattamenti di purificazione, i panchakarma a base di oli e massaggi, secondo il principio dello yoga di rafforzare il corpo per dedicarsi meglio alla liberazione.

I guaritori filippini sono maghi, e conoscono abilissimi trucchi, i filippini sono i più latini d’oriente. Padre Jaime Bulatao, ottantenne gesuita, è stato il fondatore della prima facoltà di psicologia delle Filippine. Tutto comincia e finisce nella mente, mente e corpo non sono due entità separate. Come ha creduto Cartesio, mente e corpo sono integrati e la mente controlla la materia. Il nostro corpo ha un suo sistema di autocura, va semplicemente attivato. Occorre uno stimolo che può essere lo yoga, la meditazione, l’imposizione delle mani, la fede, un guaritore, la preghiera.  Per Kierkegaard ci sono due modi per farsi ingannare: uno è credere in qualcosa che non è vero, l’altro è non credere in qualcosa che è vero.
 
Andando in giro a incontrare medici, maghi e maestri avevo capito che era inutile continuare a viaggiare, che la cura delle cure non esiste, e che la sola cosa da fare è vivere il più coscientemente possibile, il più naturalmente possibile, vivere in maniera semplice, mangiando poco, respirando bene, riducendo i propri bisogni, limitando al massimo i consumi, controllando i propri desideri e allargando così i margini della propria libertà.
Vaidya Belendu Prakash, un altro medico la cui fama era cominciato nel 1987 quando era riuscito a curare di leucemia un bambino pakistano di due anni dato per spacciato da un grande ospedale di Londra, nella sua terapia usava esclusivamente metalli. Con un complicatissimo sistema descritto negli antichi libri di ayurveda riduceva i metalli in polvere e li dava da bere ai pazienti. L’alchimia era conosciuta anche nella Cina taoista e in Europa dove si preparavano medicine usando la pietra filosofale.
Aveva preso la Laurea in Ayurveda e conseguito il titolo di Vaidya, dottore. Una malattia come il cancro era per lui uno squilibrio tra i principali metalli essenziali: rame, argento, piombo, oro, ferro, stagno, zinco e mercurio, la terapia consisteva nel ristabilire questo equilibrio nel corpo. I testi ayurvedici relativi al’’uso dei metalli vanno sotto il nome di Rasashastra VIII secolo d.c. dove veniva indicato che il rame aveva proprietà antiinfiammatorie.

Il ritiro sull'Himalaya - Tiziano Terzani

 Tiziano Terzani (1938 -2004) in questo testo Un altro giro di giostra, viaggio nel male e nel bene del nostro tempo, racconta gli ultimi anni della sua vita, dopo che gli era stato diagnosticato un tumore allo stomaco.   Vedi link http://www.tizianoterzani.com

 
Queste righe riportano la parte del libro riguardante il suo ritiro nell'Himalaya ad Almora.

Almora, un posto dove l’India confina con il Tibet e il Nepal, si trova al centro di un triangolo tantrico, ed aveva la fama di posto particolarmente adatto alla meditazione e alla vita spirituale. Aveva attirato anche molti stranieri. Come ad esempio Evan Wentz un teosofo a cui dobbiamo la prima edizione del libro tibetano dei morti e la vita di Milarepa, e Lama Govinda Anagarika.   "Qualcosa è nascosto, vai a cercarlo, vai e guarda dietro ai monti, qualcosa è perso dietro ai monti, vai, è perso ed aspetta te".
Qualcuno mi aveva detto che sul crinale di quelle montagne viveva ancora un Vecchio. Aveva ottant’anni e una memoria formidabile. Era un pittore, aveva bruciato tutti i suoi quadri e si era dedicato a mettere a fuoco la mente, ad andare al di là. Quando incontrai il vecchio gli dissi solo che in tutta la mia vita non avevo fatto che viaggiare e che ora volevo fermarmi. E’ il solo modo per conoscersi, commentò. E disse anche "Il Vedanta è troppo intellettuale ma è un ottimo punto di partenza. La vera conoscenza non viene dai libri, neppure quelli sacri, ma dall’esperienza, il miglior modo per capire la realtà è attraverso i sentimenti, l’intuizione, non attraverso l’intelletto. L’intelletto è limitato".
"Ciò che è fuori è anche dentro, e ciò che non è dentro non è da nessuna parte. Per questo viaggiare non serve, se uno non ha niente dentro, non troverà mai niente fuori, è inutile andare a cercare nel mondo quello che non si riesce a trovare dentro di sé". Mi sentii colpito, aveva ragione.
Stavamo davanti al massiccio di Nanda Devi, una gloriosa natura vivente che mutava sotto i nostri occhi, nella capanna dove vivevo gli inglesi aveva tenuto prigioniero Nehru.
Quando l’allievo è pronto il maestro compare. Lo stesso è vero di un amore, di un posto, di un avvenimento che solo in certe condizioni diventa importante. Inutile cercarne le ragioni, c’è una realtà al di là dei sensi.
Il pellegrino, il pellegrinaggio e il cammino: niente altro che me verso me stesso, Era un viaggio che non si poteva fare in due. Angela mi moglie capì e fu generosissima, mi lasciò partire da solo.
Non volevo morire senza aver capito perché ero vissuto, o molto più semplicemente dovevo trovare dentro di me il seme di una pace che poi avrei potuto far germogliare ovunque. I sanyasin quando lasciano il mondo tagliano tutti i legami, muoiono nei confronti del loro passato, io non volevo arrivare al quel punto, volevo prendere la distanza, per provare quel solitario viaggio di cui sentivo il bisogno. Hima è la neve, alaya dimora delle nevi, quelle montagne sono state il simbolo dell’aspirazione umana al divino. L’Himalaya era la sede di tutti i miti, la fonte della vita e della conoscenza, li nascono tutti i sacri fiumi, lì i rishi concepirono i Veda, lì Vyasa scrisse la Gita e il Mahabharata, bisognava salire su quelle vette per esserne conquistati, le persone che erano lì, non avevano più nulla a cui pensare, tranne che al Sè.
Anche il mio era un allegorico rito di rinuncia al mondo della materia e di iniziazione a quello dello spirito. Il Vecchio raccontava continuamente storie, prese a volte dai Pancatantra. I Pancatantra sono una divertente collezione di storie di animali scritte 1500 anni fa da un eremita per dare a tre figli ignoranti e svogliati di un re alcune fondamentali lezioni di vita e prepararli alla successione. Secondo alcuni, dietro il leggendario autore Vishnu Sharma si nasconderebbe Chanakya, il Macchiavelli indiano autore del trattato Arthashastra, sull’arte del governare.    

Una storia del Pancatantra. una tigre aveva due seguaci, un leopardo e uno sciacallo, ogni volta che la tigre azzannava una preda, mangiava e lasciava i resti agli altri. Un giorno la tigre uccise tre animali, uno grande, uno medio e uno piccolo, e chiese “come li dividiamo?” Semplice, rispose il leopardo, tu prendi il grande, io il medio e lo sciacallo il piccolo. La tigre non disse nulla, ma con una zampata uccise il leopardo, e chiese allo sciacallo di nuovo “come li dividiamo?” Oh, tu prendi il piccolo per colazione, il medio per cena e il grande per pranzo. Dimmi sciacallo da chi hai imparato tanta saggezza?  Dal leopardo Maestà.

Altra storiella dei Pancatantra. Un vecchio leone andava a fare un sonnellino ma era regolarmente disturbato da un topo, il leone non riusciva ad acchiappare quel minuscolo animale. Chiese ad un gatto da fargli da guardiano e in cambio gli avrebbe dato da mangiare, il topo vedendo il gatto non uscì dal suo buco, il leone dormiva tranquillo e il gatto mangiava a sazietà. Un giorno il topo ormai affamato uscì dal suo buco e il gatto senza pensarci due volte lo ammazzò. Da quel giorno il comportamento del leone cambiò, non diede più da mangiare al gatto e non gli parlò più. Il gatto non capiva, ho fatto il mio dovere perché mi tratti così? Misera piccola bestia, sei un servo che non serve più, vattene e lasciami dormire.
Storia di animali per suggerire un fine più alto nella vita. Un'allegoria del messaggio dei Veda.
Un falco un giorno, vede un pesce su uno stagno, lo prende col becco e vola via, una banda di corvi che ha seguito la scena si precipita su di lui e cerca di portargli via il suo boccone, sono in tanti petulanti e rumorosi. Il falco cerca di alzarsi in aria, ma i corvi gli sono addosso, lo attaccano, lo beccano e non gli danno tregua. Quando il falco si accorge che tutto questo succede perché lui resta attaccato alla preda, la lascia andare. I corvi si precipitano verso il pesce e il falco vola via, leggero.
Niente e nessuno può distrarlo più e finalmente può salire, sempre più in alto, verso l’infinito, è libero e in pace.  La verità è senza limiti, è come la bellezza, non può essere imprigionata nelle parole e nelle forme. La verità è senza fine.   Storiella. Un discepolo va dal suo guru e gli dice che vuole la verità più di ogni cosa, il maestro non risponde, lo prende per il collo, lo trascina al vicino torrente e gli tiene la testa sott’acqua finché il poveretto sta per soffocare. All’ultimo momento lo tira fuori. "Allora cos’è che volevi più di ogni cosa quand’eri sott’acqua?"  "L’aria" risponde con un filo di voce. "Bene, quando vorrai la verità come un secondo fa volevi l’aria, sarai pronto ad imparare".   Ero pronto io? Non siamo noi a trovare la verità, è la verità a trovare noi, dobbiamo solo prepararci.

Il Vecchio disse di averla intravista alcune volte per un attimo. Ma quell’attimo gli era bastato per capire che non veniva dalla fede ma dall’esperienza. Non di altri, ma la sua. Era quella certezza a tenerlo legato alla ricerca. Swami Sathyananada gli aveva aperto la testa, Khrisna Prem l’inglese che era diventato sanyasin gli aveva aperto il cuore.
Quella dei libri è conoscenza di seconda mano, conoscenza presa in prestito, non vale un granché.
Il vero capire non avviene con la testa, ma col cuore, con l’esperienza diretta. Lui usava il trucco della candela, restare davanti ad una candela accesa tutti i giorni per almeno 10 minuti. Con il passare del tempo quei 10 minuti erano diventati ore, ma non aveva dimenticato l’importanza di quel primo passo. Prima, devi calmare la tua mente, solo allora potrai ascoltare la Voce che hai dentro di te. Quella voce che ti parla è la voce dell’uomo Cosmico, del Sè.  Sappi che c’è e che quello è il vero Sè. Perché tu e Quello non siete due, Tu sei Quello.
I giorni cominciarono a scorrere, l’uno dopo l’altro in assoluta pace, senza programmi, senza aspettative, senza scadenze tranne quelle del sorgere e tramontare del sole. Ascoltando le nostre esigenze, le esigenze del nostro corpo ci impediamo di vedere il mondo e noi stessi, in modo diverso dal solito. Importante è svuotare la testa dalle nostre conoscenze e ritornare ad essere un foglio bianco su cui poter scrivere qualcosa di completamente nuovo.
Storiella zen: Un colto professore va a trovare un monaco e gli chiede, "dimmi, che cosa è lo zen?"
Il monaco non risponde, lo invita a sedersi, gli mette dinanzi una tazza e comincia a versarci del tè,
la tazza si riempe, ma imperterrito il monaco continua a versare tè, il professore è interdetto, per un po’ non dice nulla, poi vedendo che il monaco continua lo avverte “E’ piena, è piena!”
Già risponde il monaco, "anche tu sei pieno di opinioni e pregiudizi. Come posso dirti che cosa è lo zen se prima non vuoti la tua testa?"
Non ho mai sognato tanto come lassù, mi spurgavo, mi ripulivo, ma nell’intestino profondo della memoria. Usavo il trucco della candela, di fronte a quella piccola fiamma arancione, di notte, chiudevo gli occhi e osservavo con indifferenza, senza intervenire, senza provare a cacciare i pensieri, i ricordi, le immagini. Li osservavo senza identificarmi con loro, come non avessero niente da fare con me, io non ero quei pensieri. Rimanevo nel silenzio, lassù il silenzio diventava suono. Solo nel silenzio è possibile tornare in sintonia con noi stessi.
Una vecchia storia indiana:  Un re va da un famoso rishi nella foresta, e gli chiede: "Dimmi quale è la natura del sé?"   Il vecchio lo guarda e non risponde, il re chiede ancora, ma il rishi resta muto, il re chiede ancora ma non ha una risposta, a questo punto il re si arrabbia e urla “Io chiedo e tu non rispondi!”  "Tre volte ti ho risposto ma tu non stai a sentire", dice calmo il rishi, "La natura del Sè è il silenzio".
Il mistico Ramana Maharshi diceva “Ci sono vari modi di comunicare con qualcuno: toccandolo, parlandogli, ma soprattutto col silenzio”. Il silenzio di Ramana era potentissimo e molti visitatori era sopraffatti dalla sua semplice presenza. Somerset Maugham, lo scrittore inglese entrò nella stanza e svenne, Jung aveva chiesto un appuntamento ma all’ultimo momento decise di non incontrarlo. Forse temette che il semplice silenzio di Ramana facesse crollare la sua teoria sulla psiche.
Il silenzio mi dava momenti di vera esaltazione. Mai come oggi il mondo avrebbe bisogno di maestri di silenzio e mai come oggi ce ne sono pochi. L’altra grande esperienza del mio stare lassù era la natura. C’è qualcosa di intimamente sacro nella natura in cui l’uomo non ha ancora messo le mani per sfruttarla e piegarla ai sui fini.
Per il Vecchio tutto era legato, era convinto che tutto quel che ci succede ha un senso, anche se il più delle volte siamo incapaci di vederlo.
C’è un albero che ha le sue radici in cielo e le fronde vanno verso la terra, quello è l’albero della vita spirituale che parte dalla materia, per risalire al cielo, appunto alle sue radici divine. E’ quella, la vita spirituale che conta. È il primo passo il più difficile, si tratta di staccarsi dalla terra, dalle certezze che abbiamo, si tratta di evitare la trappola dell’intelletto.
Il fine dello yoga è mettersi in contatto con la coscienza cosmica. Una volta che ci riesci non c’è più tempo, non c’è più morte.  Gli indiani svilupparono l’hatha yoga copiando quattro importanti attività degli animali: lo stiramento, la pulizia, la respirazione e il riposo. La vita degli animali e in perfetta sintonia con la natura, la nostra un po' meno. Il Vecchio aveva capito che il divino è ciò in cui coesistono gli opposti: tutto e il contrario di tutto, la bellezza e l’orrore, l’odio e l’amore. E’ tutto lì, non c’è dualità. I rishi ebbero il coraggio di vedere il male come parte di Dio. Anche Kali la dea distruttrice è rappresenta il male dell’universo.

 Per il Vecchio c’era un nesso che legava i vari personaggi di vari millenni e vari continenti come Platone, Gurdjieff, Plotino, Aurobindo, Meister Eckhart, Ramana Maharshi e Krishna Pen. Sono tutti sulla stessa via spirituale e si sono posti la stessa domanda “Chi sono io?”
Incontravo ad Almora molti occidentali che avevano passato anni nei vari ashram dell’India (Osho o altro), quello che mi colpiva da questi incontri era la dipendenza psicologia di quella gente dai loro guru. Valeva la pena di vivere per anni in un ashram, seguire un maestro se non era per liberarsi, ma per diventarne schiavi?                             Il Vecchio mi rispose con una storia.
Un uomo si sveglia una mattina in catene, non sa come togliersele. Per anni cerca qualcuno che lo liberi, poi un giorno passa davanti alla bottega di un fabbro e gli chiede di aiutarlo. Il fabbro con due colpi rompe le catene, l’uomo gli è gratissimo, si mette a lavorare per lui, diventa il suo servo, il suo schiavo, e per il resto della vita rimane … incatenato al fabbro.
Il guru è importante, ti indica la luna, ma guai a confondere il suo dito con la luna. Il guru ti fa vedere la strada, ma quella la devi percorrere tu … da solo.
Il vero guru è quello che sta dentro di te, qui. Non cercare fuori di tè, Tutto quello che potrai trovare fuori è per sua natura mutevole. La sola stabilità che può aiutarti davvero è quella interiore. E i guru che si rendono indispensabili servono il proprio Io e non la ricerca dei propri discepoli.
Quando Buddha sta per morire, circondato dal gruppo ristretto di discepoli in lacrime, Ananda, suo cugino gli chiede “ E ora chi ci guiderà”, il Buddha rispose: "Siate la luce di voi stessi, rifugiatevi nel Sè." 
Il solo viaggio che mi incuriosiva era quello interiore.
La leggenda descrive Lao tzu, il vecchio filosofo cinese in groppa al suo bufalo sotto l’Himalaya, il guardiano del passo Han gli disse che lo avrebbe lasciato passare e scomparire dalla Cina solo a condizione che gli scrivesse i suoi più importanti pensieri. E così sarebbe nato il Tao te Ching che inizia con il famoso verso “Il Tao che può essere descritto non è il vero Tao”.
Chi pratica il Tao non può che essere in pace con se stesso, perché …
Senza uscire dalla porta conosce tutto quel che c’è da conoscere,
senza guardare dalla finestra, vede le vie del cielo,
perché più lontano si va, meno si capisce,
Il saggio arriva senza partire, vede senza guardare, fa senza fare.
Tao in cinese vuol dire la Via, lo stesso significato di dharma dei veda e del buddhismo.

Una mattina mentre mi chinavo a raccogliere un fiore, mi accorsi che l’erba intorno era piena di maggiolini, mi misi ad osservarne uno, scalava i fili d’erba uno dopo l’altro, appoggiato alla punta di un filo d’erba che si piegava sotto il suo peso passava ad un altro filo d’erba, ad un certo punto ha aperto le sue minuscole ali trasparenti e volò via, via in alto, nel cielo verso le montagne, verso l’infinito. Non era quello un miracolo? Non occorre andare a cercare lo straordinario quando l’ordinario, se osservato davvero, ha in sé tanto di sorprendente e di divino.

I koan zen, sono un paradosso con cui la mente razionale non riesce a fare i conti. La storia del più noto koan è questa: un giovane monaco chiede all’abate di poter partecipare alla seduta di meditazione, l'abate gli disse "tu sai ascoltare il suono di due mani che applaudono? Bene, qual’è, allora il suono di una sola mano che applaude? Torna quando avrai la risposta".
Il giovane è perplesso e ogni giorno torna dal maestro con una risposta diversa ma sempre errata, il suono di una goccia d’acqua, il canto di una locusta, il canto di una geisha, ecc …
il giovane monaco soffre, pensa e si dispera per un anno. Ogni giorno ripassa i suoni fino a che un giorno ha un’intuizione, Maestro, ho trovato: "il suono che non ha suoni, è il silenzio".
E’ stato difficilissimo arrivare alla soluzione, il giovane monaco ha dovuto affrontare varie emozioni: la rabbia, la disperazione, l’odio fino ad arrivare alla serenità che ha spinto la mente al di là del solito lineare modo di ragionare. Di pensare diversamente, di non pensare, di vedere finalmente come sono veramente le cose, una sola mano non fa alcun suono.
Io, chi sono? Era il koan dei koan. La risposta dei Veda e Upanishad è stata:  "Tu sei quello", quel che innescava era di dubitare della propria identità. La risposta è senza parole, è nell’immergersi silenzioso dell’Io nel Sè.
Un giorno chiesi al vecchio cosa pensava delle pratiche che tendevano a distruggere il proprio Io,
mi rispose con una storia che raccontava Ramakrishna.
Fuori da un villaggio viveva un terribile serpente che assale e morde chi gli va vicino, e anche da lontano terrorizzava la gente con il suo sibilo. Il villaggio non sa più cosa fare, un giorno passa di lì un sadhu e gli viene chiesto di intervenire, Il sadhu parla gentilmente con il serpente e gli dice “ Devi lasciare in pace quei contadini, non terrorizzarli, fallo per me, smettila.” il serpente si commuove e acconsente. Un anno dopo il sadhu nel suo vagabondaggio ripassa dal villaggio e rivede il serpente, messo veramente male. Tutto il corpo coperto di ferite, sanguina dalla bocca, l’occhio chiuso. "Che ti è successo?" chiede il sadhu. "Le tue parole mi hanno davvero cambiato Maestro, ho fatto esattamente quello che mi hai chiesto, adesso vengono anche i bambini a tirarmi i sassi",  Cretino! Sbotta il sadhu, "non ti ho detto di smettere anche di sibilare". Quello che voleva dire Ramakhrishna è che l’io può essere utile, per stare nel mondo. Un po' di io è indispensabile.

La morte non è negativa, può essere utile, è grazie alla morte che ci poniamo le grandi domande della vita. Nella katha upanishad, il giovane Naciketas va dalla morte e la implora di insegnargli cosa è la verità. E’ la lezione del vedanta, tutto ciò che nasce muore, tutto ciò che muore rinasce, solo il Sè, la coscienza pura, che non è mai nata e che è fuori dal tempo, resta.
La storia su che cosa è Maya. Narada è un seguace fedelissimo di Vishnu, e gli chiede la differenza tra il mondo dell’illusione maya e la verità, Vishnu lo manda a prendere un bicchiere d’acqua al fiume, Narada arriva ad un villaggio, incontra una ragazza bellissima e se innamora, fanno dei figli, passano dodici anni ed arriva un uragano sul villaggio. Il fiume straripa, le case vengono trascinate via, ed uno dopo l’altro la moglie e i figli vengono trascinati via, lui sta lottando di salvare il più piccolo ed invoca Vishnu, ti prego signore aiutami, e subito tra i tuoni e i lampi tuona una voce “e il bicchiere d’acqua?” Il villaggio, la ragazza, i figli tutto questo è maya, fa parte del mutamento, del divenire, in questo modo Vishnu ha fatto capire a Narada la differenza.

Ritornato ad Orsigna, temevo tantissimo il ritorno alla routine del quotidiano, avevo paura di perdermi. I tanti mesi di solitudine era serviti solo a rendermi più insopportabile, non ne era valsa la pena di passare tanto tempo nell'eremo. Dipendere dalla solitudine per essere in pace era una forma di immaturità, ma esserne cosciente non bastava. Nell’Himalaya avevo trovato il silenzio fuori, ma non avevo fatto pace dentro di me. Pensavo solo a ritornare lassù per rimettermi al lavoro.
La goccia che fece traboccare il vaso fu il carrello del supermercato di Maresca, vedevo quella gente che riempiva il carrello e stava in fila per pagare e non ce la feci più, Ero pazzo io o il mondo? Lasciai il carrello e il giorno dopo ripresi l’aereo per Delhi e due giorni dopo ero di nuovo nell’Himalaya.
Chi fa sacrifici e rinuncia ai piaceri del mondo sviluppa, come per compensazione, un senso di superiorità, e se non è in fondo umile, finisce anche per credersi santo.
Gli indiani conoscono bene questo meccanismo e raccontano la storia dello yogi. Dopo anni di dure prove e privazioni uno yogi aveva acquisito i poteri a cui aspirava. Si prepara a lasciare il suo eremo nella foresta quando un uccellino gli fa la popo in testa, lo yogi con uno sguardo lo incenerisce, contento di essere riuscito nel suo intento si avvia verso il villaggio e bussa ad una porta per chiedere da mangiare. Da dentro la casa una voce di donna gli chiede di aspettare, il santone comincia ad irritarsi e quando la donna apre, la guarda male, Ehi, io non sono come quell’uccellino che hai appena incenerito, e lo yogi esterrefatto capisce che ci sono diversi modi per ottenere i poteri.
Angela, mia moglie, senza essersi isolata, senza aver tagliato i ponti con nulla e nessuno, mi sembrava di gran lunga più equilibrata e più in pace di me. Questo non faceva che aumentare la mia frustrazione. La vedevo a volte come un ostacolo, in quarantanni quello fu il momento più duro del nostro rapporto, il fiume non va spinto, scorre da sé, Angela lo aveva capito, mi lascio ripartire senza condizioni, senza scadenze.
Uno degli indovini Rajamanickam di Singapore mi aveva predetto che tra i cinquantanove e i sessantadue anni avrei dovuto affrontare una strettoia nella vita e forse anche un’operazione, ma era stato il solo, gli altri indovini mi avevano dato per longevo.
Riuscire a staccarsi dalle cose del mondo vuol dire diventare indifferenti o solo non esserne schiavi? Io mi sarei riconosciuto solo nel secondo caso.
La storia di Tagore dell’aspirante asceta, un uomo decide di lasciare la famiglia per farsi sannyasin, una notte quando di nascosto sta per partire, getta un ultimo sguardo alla moglie e ai figli addormentati e rivolto a loro chiede: "chi siete voi per tenermi qui incatenato?" Una voce nel buio risponde: "loro sono me, sono Dio", l’uomo non fa attenzione, non ascolta e parte, e a Dio non resta che concludere: "Ecco, uno che per cercarmi mi abbandona".
Non ero fatto per l’ascetismo, la vita era ancora per me qualcosa di meraviglioso, un richiamo forte.
L’11 settembre 2001 fu uno spartiacque nella vita di tutti e anche nella mia. Nella solitudine del cercare me stesso, sentivo qualcosa di profondamente arido, come nell’amore predicato dai sacerdoti. Mi sentivo ancora parte del mondo e volevo cercare di viverci meglio, era il momento di rendere un po’ di quello che avevo preso, accendere una piccola luce affinché il mondo fosse un po’ meno nell’oscurità. Scrissi  Le lettere contro la guerra, dedicato a mio nipote,
Nei tre mesi che rimasi in Pakistan e Afghanistan pensavo alla casa di pietra e al vecchio.
Lo immaginavo sorridere al mio ardore per la causa della non violenza, lo sentivo dire che tutto quello che facevo non serviva a nulla, che questa civiltà non è degna di essere salvata e certo non è correndo qua e là tappando i buchi che si salva una nave che sta per affondare.
Lui era convinto che, l’umanità impegnata solo a perseguire i piaceri dei sensi, era alla vigilia di una grande nevrosi, e vedeva tutto quello che succedeva sulla scala dell’eternità in cui il mondo era nato sette volte e sette volte era stato distrutto.
Anche il mistico Gurdjieff asseriva che sarebbero bastate 200 persone illuminate a cambiare la storia dell’umanità. Meglio cercare di diventare una di quelle.
Sentivo che il vecchio diceva, che l’essere è di gran lunga migliore del fare, ma io pensavo che ci sono momenti nella vita in cui bisogna anche fare per poter essere. In quelle circostanze l’inazione era un’azione che mi pareva immorale. Ritornai a trovare il Vecchio che mi chiese: "Con questo libro che stai scrivendo, lavori per Lui o per te?" Ossia scrivevo perché pensavo di avvicinarmi alla Verità o perché mi piaceva vedere il mio nome nei giornali e avere della gente che veniva ad ascoltarmi?
Sarebbe stato molto meglio se fossi rimasto a scavare in un posto solo, invece d’andare a giro a raccogliere ciottoli credendo che erano pietre preziose.
Il vecchio mi disse: "Finirai per trovarla la Via … se prima hai il coraggio di perderti."
Mi aveva fatto capire che non dovevo dipendere da nessuna idea altrui, da nessun guru, tanto meno da lui e che in ogni cosa dovevo fare io direttamente, sulla mia pelle l’esperienza.
Dovevo mettermi in ascolto della Voce, non farmela riferire da altri. Il motore doveva essere l'Eterno bisogno di sapere come mai siamo al mondo e come entrare in contatto con quello che ci ha messo qui.
In India, le varie risposte sono nella bocca della gente, sono nel loro modo di vivere, ma non occorre andare in India, non occorre andare lontano, fuori di sé per capire: Chi muore davvero di questa sete di sapere, non ha che da riscoprire la fonte, la propria fonte. L’acqua è sempre la stessa.
A che serve stare per ore e ore seduto sui talloni per ore a meditare? Se non si è diventati un po' migliori?
Sul mio rifugio a tremila metri, la contraddizione tra quel che pensavo e quel che facevo non si poneva mai. Ogni episodio potrebbe essere un bene o un male, una fortuna o una sfortuna.
Alla visita di controllo, i medici avevano accertato che il tumore si era diffuso ancora, e mi avevano diagnosticato un anno di vita.
I vecchi maestri sufi consideravano la morte improvvisa una disgrazia, perché impediva loro di prepararcisi e apprezzarla. Nel mondo notavo dei segni di una nuova coscienza, da quella nuova coscienza forse verrà la guida spirituale del futuro.
Bisogna resistere alle tentazioni del benessere e della felicità impacchettata. Dovremmo vivere più naturalmente possibile, desiderare di meno, amare di più e anche i malanni come il mio diminuiranno. Sono andato sul mio eremo himalayano a scrivere questo libro. Se uno vive senza mai chiedersi perché vive, spreca una grande occasione, e solo il dolore spinge a porsi la domanda. Nascere uomini è forse un privilegio.  Importante è capire il significato della vita. Occorre fare l’esperienza per capire.
Gandhi conosceva questa verità e la praticava. Un giorno una madre gli portò suo figlio. Aveva quindici anni e il medico gli aveva ordinato di non mangiare più zucchero altrimenti al sua vita sarebbe stata in pericolo. Il ragazzo continuava a rimpinzarsi di dolci e la madre sperava che Gandhi la potesse aiutare. Gandhi disse “Ora non posso farci niente. Tornate fra una settimana”.
Quando tornarono Gandhi prese da parte il ragazzo e gli parlò, Da allora il ragazzo non toccò più dolci, la madre chiese a Gandhi "Come ha fatto?"  Gandhi rispose: "Semplice, per una settimana io stesso non ho toccato zucchero e così sapevo cosa dire a quel ragazzo".  Il messaggio di Gandhi è: " La mia vita è il mio messaggio".
Sulla strada da Delhi a Almora, c’è un ashram di un grande sadhu di nome Nim Karoli Baba, e molti occidentali sono diventati suoi discepoli fra cui Richard Alpert.
E’ dal continuare a distinguere tra ciò che ci piace e ciò che non ci piace, che nasce la nostra infelicità, solo accettando che tutto è Uno, senza rifiutare nulla riusciremo forse a calmare la nostra mente e acquietare l’angoscia.
Anche io non sono indifferente a quel che mi succede, cerco solo di non esserne schiavo e vorrei davvero arrivare a quel famoso distacco dalle cose. Continuo a fare quello che mi pare giusto fare, senza aspettarmi un risultato, senza sperare in ricompense, senza formulare desideri … tranne quello di arrivare a non avere più bisogno di tempo per me e dedicare quello che mi resta agli altri. Ed è quello che era riuscito a fare lo swami. 

I guru, i libri, le religioni servono a indicarci il cammino, ma l’ultimo pezzo di strada, quella scaletta che conduce al tetto dal quale si vede il mondo o sul quale ci si può distendere e diventare una nuvola, quell’ultimo pezzo del cammino va fatto da soli.
A volte anche una sola parola, un gesto possono bastare a far cambiare direzione a una vita e tanti, specie fra i giovani,  cercano quest’occasione. Vivo con la sensazione che l’universo è straordinario, che niente mai ci succede per caso e che la vita è una continua scoperta. Io sono fortunato perché ora più che mai, ogni giorno è davvero un altro giro di giostra.

Terzani e la società occidentale

 Tiziano Terzani (1938 -2004) in questo testo Un altro giro di giostra, viaggio nel male e nel bene del nostro tempo, racconta gli ultimi anni della sua vita, dopo che gli era stato diagnosticato un tumore allo stomaco.   Vedi link http://www.tizianoterzani.com

 

Terzani in questo testo si pone anche domande sulla nostra civilizzazione, e sul modo di vivere all'occidentale.
Uno studio della London School of economics sulla felicità asseriva che gli americani erano al 46 posto. Quando vivevo a New York, a volte avevo l’impressione che a goderci la bellezza della città eravamo in pochi, gli altri mi parevano impegnati solo a sopravvivere. La maggior parte della gente parlava di soldi, conflitti e di problemi. La vita diventava un continuo proteggersi da qualcuno o da qualcosa. Vedevo intorno una grande infelicità. Da un po’ di tempo si è sviluppata la perversa idea di eliminare le differenze, più le donne sviluppavano muscoli ed arroganza, più gli uomini si facevano impauriti e titubanti. Mi venivano spesso in mente le donne indiane, ancora oggi così femminili, così diversamente sicure di sé, così più donne a quaranta o cinquant’anni che a venti. Mai sole, sempre parte di un contesto familiare, parte di un gruppo, mai abbandonate a se stesse.
Nel Ladakh molte malattie non esistono, le persone vivono all’aria aperta, fanno esercizi fisici camminando e lavorando tutto il giorno, ed hanno una grande pace d’animo. Questa società è descritta da Helena Norberg Hodge nel suo bel libro Futuro arcaico.
Invece la società americana, nonostante le pretese di democraticità, è ancora una società divisa ed ineguale. E’ il prezzo che dobbiamo pagare al progresso, per andare avanti, ma dove? Una società, fatta di gente più mutata di me, e che stava progressivamente impazzendo.
Trovare una cura per il cancro è più facile che trovarne la causa. Così si continua a respirare, a mangiare, a lavorare, a vivere nelle stesse condizioni che, indubbiamente provocano il cancro, ma non si fa nulla per cambiare queste condizioni. Con la scoperta della malattia, io e mia moglie appartenevamo a due mondi completamente diversi, io a quello dei malati.
Il solo pensiero di una persona, la cui esistenza giustifica la propria, è di per sé una medicina che prolunga la vita. La distanza che si crea tra i sani e i malati mette alla prova i rapporti tra le persone, la malattia rompe un ordine.   Tra le storie di malattie, Terzani presenta l'autografia dello scrittore Paul Zweig, che quando si ammala di tumore, la moglie lo abbandona e gli presenta la richiesta di divorzio.

L’Occidente è al momento, il miglior punto di partenza per raggiungere l’illuminazione. Mai, in nessuna parte del mondo, l’uomo è stato così vicino al Nirvana come lo è oggi in America: qui si capisce bene il significato del vuoto, del nulla; siamo nulla, le nostre relazioni umane sono nulla e prendiamo chiunque altro per nulla. Salutiamo chiunque incontriamo: Hei John, Hei Jim. Si certo, siamo calorosissimi nel salutarci, ma in verità non ci importa nulla dell’altro.
La società in cui viviamo è demenziale perché il nocciolo è fatto di puro materialismo, nega quello che noi siamo: i resti di tante vite. C’era una fronda di persone che non accettava la banale materialità del vivere quotidiano, che aspirava ad altro, che, anche assurdamente, cercava altre vie, gente che a suo modo resisteva. Questa ricerca è sfociata nella new age. Il New York center era diventato il supermercato dell’alternativo, proponeva vari corsi, meditazione, ecc.
I sufi, i mistici mussulmani influenzati dal buddhismo e dall’induismo, nei balli dervisci, grazie alle vertigini provocate dal continuo roteare e volteggiare, creerebbero uno stato d’estasi e metterebbero l’uomo in diretto contatto con il divino. Il ruotare è la condizione fondamentale dell’esistenza, intorno all’atomo ruotano protoni e neutroni, nel cosmo ruotano gli astri, i pianeti e le stelle, noi ruotiamo sulla terra.
Il divino mancava anche a me che, fino ad allora, non ne avevo sentito un gran bisogno. 

A New York vedevo nelle palestre decine di uomini e donne che correvano, correvano restando però li dove erano, giovani che correvano a smaltire frustrazioni e grasso, questa immagine sembrava riassumere tutto il senso di quella civiltà: correre, correre, andare per non arrivare da nessuna parte.
Mi ricorda la storia che mi raccontò il fratello del Dalai Lama: nel 1950 una delegazione di tibetani che stavano visitando Londra, con i loro accompagnatori si ritrovarono nella metropolitana, e videro uomini vestiti di nero, una folla accalcata nei corridoi, e nessuno sorrideva:  Il capo della delegazione tibetana pieno di compassione chiese: Cosa possiamo fare per voi?
Adesso forse quei tibetani non esistono più e forse sognano solo di vivere a Londra ma la domanda di fondo resta, “Chi è più primitivo? Noi o loro?
Tutto quel che vedevo a New York mi pareva perverso: una società in cui non si rispetta niente e nessuno, ma in cui tutti credono di essere liberi e di avere diritto a tutto, per finire soli e tristi.
Una vita normale? Era l’ultima cosa che volevo fare, ero convinto che il cancro era legato alla vita che avevo fatto prima. Adesso pensavo diversamente, sentivo diversamente. Il mio rapporto col resto del mondo era ormai diverso.
Quando Terrzani fu ospite di Kofi Annan il segretario delle nazioni unite e di sua moglie, gli chiese di rimettere la moralità avanti alla politica e all’economia. Bisognava che qualcuno parlasse di istanze più alte della propria famiglia, della propria azienda o del proprio paese. Lui era in una posizione unica per farlo. Avevano entrambi 60 anni, e questo è il momento della vita in cui ci si può togliere dalla mischia e si possono guardare le cose dall’alto. Questo è il momento in cui, qualunque sia il suo ruolo, un uomo deve fare quel che è giusto e non quello che gli conviene.

Il senso del viaggiare, l’andare continuamente fuori in cerca di qualcosa era semplice, io non avevo niente dentro di me, ero vuoto. Non avessi viaggiato, non avrei avuto niente da raccontare, niente su cui riflettere. Viaggiare mi esaltava, mi ricaricava, mi dava da pensare, mi faceva vivere.
Il viaggio è considerato anche un mezzo di crescita spirituale, i sadhu, i santi mendicanti, debbono essere come l’acqua e muoversi in continuazione.
Secondo la Terapia regressiva del dottor Brian Weiss, un malanno come il mio di oggi ha le sue radici in qualche trauma subito anni fa.
Forse ero solo stanco, ma il pensiero che fosse venuto anche per me il momento di fermarsi non era più così ripugnante.

L’America ci avvelena con la sua cultura globalizzata dell’ultra materialismo, e l’America ci offre come antidoto la sua controcultura spirituale della new age. A noi tocca consumare o l’uno o l’altro. L’irrazionale, come soluzione allo strapotere della ragione, elimina le ultime tracce di buon senso: E la fine del buon senso è la fine della libertà.
L’unico modo per non farsi consumare dal consumismo, è quello di digiunare, digiunare da qualsiasi cosa che non sia assolutamente indispensabile, digiunare dal comprare il superfluo. L’idea degli economisti che solo consumando si progredisce è pura follia.  Gandhi diceva “La terra ha abbastanza per il bisogno di tutti, ma non per l’ingordigia di tutti”.
Basta rinunciare a una cosa oggi, un’altra domani. Basta ridurre i cosiddetti bisogni di cui presto ci si accorge di non averne affatto bisogno. Questo sarebbe il solo modo di salvarsi. Questa è la vera libertà: non la libertà di scegliere, ma la libertà di essere. Quello di cui abbiamo bisogno oggi è la fantasia per ripensare la nostra vita. Occorre l’ardire di inventare qualcosa di nuovo.
In India nel cinquantesimo anniversario di Gandhi, fu chiesto ai bambini delle scuole elementari Cosa faresti se tu avessi il potere assoluto nel paese?
Le risposte più frequenti furono: “darei casa ai poveri, farei pulire le strade, eliminerei i politici corrotti, pianterei più alberi, ridurrei la popolazione”.
L’Oriente diventava sempre di più una brutta copia di casa nostra e quel tesoro di diversità che ci aveva attratto, stava rapidamente scomparendo soffocato dal progresso.
Solo in India le forze dello spirito sembravano ancora fare quadrato contro quelle della materia. Oriente e Occidente erano state due diverse visioni della vita: una basata sull’esplorazione del mondo interiore, l’altra tutta diretta al dominio del mondo esterno. La speranza era di quella di creare una sinergia tra i due mondi.
Invece la forza materiale della visione occidentale ha travolto quella orientale e l’Asia.

Quale è la situazione del mondo attuale? Il marxismo è stato il Titanic che si è scontrato con un iceberg ed è in poco tempo affondato, i sopravvissuti, nel buio della notte hanno visto le luci scintillanti di un altro transatlantico che passava, hanno nuotato verso quello e si sono salvati. Ora tutti ballano insieme nel salone delle feste al ritmo della stessa orchestra. Ma anche quel transatlantico, il capitalismo, è un Titanic che navigando nello stesso mare, finirà presto per schiantarsi contro un altro iceberg.
Io spero nell’affermarsi di una nuova coscienza. Il grande pericolo del momento è la rinuncia alla speranza.
L’incubo di Confucio si è realizzato: Anche in Cina i mercanti sono al potere ed ora non c’è più alcun rispetto per i sapienti o i sacerdoti. Dalla Cina tradizionale ho preso quello che ho potuto, l’arte del tè, il qi gong, la medicina, l’erboristeria, il taoismo.

Negli Stati Uniti, il centro Commonweal è un centro per malati di cancro. Qui ho partecipato ad un corso avente come fine il ridurre l’angoscia provocata dalla malattia. Ed ho scoperto la differenza tra la cura e la guarigione; la cura è soprattutto fisica e viene da fattori esterni, la guarigione è il processo con cui si ristabilisce l’equilibrio della persona ammalata.
Tutti i partecipanti erano in situazioni personali instabili e segnate da grandi delusioni e conflitti. Con quale metro si misura la ricchezza di avere nella propria vita una persona su cui poter contare, e con cui sarebbe bello invecchiare?
Nella meditazione si cerca di trovare nel silenzio, quello spazio di pace nel quale poterci rifugiare. Un luogo sacro dove infinito e finito si incontrano.
In tutta la vita ho sempre avuto un problema con il Noi, con quel naturale tentativo che l’uomo è solito fare per sentirsi parte di una comunità. Quel Noi mi ha sempre messo in disagio. Provavo la stessa cosa con i partecipanti al ritiro, ma non per arroganza. Non riuscivo a sentirmi parte di quella che Albert Schweitzer, chiamava la comunità di quelli segnati dalla sofferenza.     Non avevo mai pensato seriamente alla morte. Per spiegare la morte Terzani fa ricorso ad un Episodio del Mahabharata. I cinque fratelli Pandava stavano andando a caccia, si fermano esausti, il primo va allo stagno e non ritorna, così il secondo, il terzo, il quarto. Il quinto va allo stagno e trova una cicogna che gli dice, "Se bevi morirai come i tuoi fratelli. Rispondi alla mia domanda. Dimmi quale è l’aspetto più sorprendente della vita?"  Il  giovane Pandava rispose: "Che l’uomo vede la morte mietere innumerevoli vite intorno a sé, ma non pensa mai che la morte verrà anche per lui". Rispose toccando i cadaveri dei suoi fratelli. La risposta è esatta, l’incantesimo è rotto e i suoi fratelli ritornano in vita.

venerdì 10 dicembre 2021

Nobel per la pace a giornalisti ed estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti

Ma molti si chiedono,  e anche il team legale di Assange, "Come possono questi tribunali approvare una richiesta di estradizione in queste condizioni? Come possono accettare un'estradizione nel Paese che ha complottato per uccidere Julian, che montato accuse infondate di stupro, che ha complottato per uccidere un editore a causa di ciò che ha pubblicato?”   Assange è attualmente detenuto nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh a Londra.

Vedi anche articoli precedenti:

Julian Assange - The saga continues

Julian Assange è incarcerato da due anni e mezzo nella prigione di massima sicurezza di Londra che doveva diventare la Guantanamo inglese: Belmarsh. Ha perso la libertà il 7 dicembre 2010: da allora non l’ha più riacquistata. Sono passati 11 anni. Domani mattina ( ottobre 2021) alla High Court di Londra si apre il processo di appello per decidere se Julian Assange verrà estradato negli Stati Uniti, dove rischia una condanna a 175 anni da scontare, in tutta probabilità, nel carcere americano più estremo: l’ADX Florence, in Colorado, dove sono rinchiusi criminali del calibro del re del narcotraffico, El Chapo Guzman.

Il processo che si apre domani a Londra durerà due giorni, ma la sentenza richiederà settimane, se non mesi. Nel gennaio scorso, il giudice inglese Vanessa Baraitser aveva rigettato la richiesta di estradizione delle autorità americane solo ed esclusivamente sulla base delle condizioni di salute del fondatore di WikiLeaks.
Baraitser aveva ritenuto fondato il rischio che, se trasferito in America e rinchiuso in una prigione tanto estrema come l’ADX Florence, sotto il regime speciale di detenzione SAM, caratterizzato da un feroce isolamento, Julian Assange potrebbe suicidarsi. Ma gli Stati Uniti hanno presentato appello contro questa sentenza di primo grado e nell’agosto scorso hanno ottenuto di rimettere in discussione lo stato di salute di Assange e, in particolare, le perizie psichiatriche della difesa che, invece, il giudice Baraitser aveva ritenuto ben fondate.  Nel processo di appello si deciderà su queste argomentazioni dell’accusa e della difesa e, forse, potrebbero giocare un ruolo anche i fatti emersi negli ultimi mesi. Come le rivelazioni di Yahoo! News che, in un’inchiesta basata su trenta fonti interne al governo e all’intelligence degli Stati Uniti, ha fatto emergere come nel 2017 la Cia – allora guidata da Mike Pompeo, nominato da Donald Trump – avesse pianificato di uccidere o anche di rapire Julian Assange e altri giornalisti di WikiLeaks.

Questi tentativi erano già emersi attraverso la deposizione di alcuni testimoni protetti in Spagna, dove è in corso un’indagine da parte dell’autorità giudiziaria, l’Audiencia Nacional, sulla UC Global, l’azienda spagnola che il governo dell’Ecuador aveva arruolato per proteggere la sua ambasciata di Londra, subito dopo che il fondatore di WikiLeaks vi si era rifugiato nel giugno del 2012 e vi era rimasto confinato per sei anni e otto mesi. Assange si era rifugiato all'ambasciato dopo aver pubblicato documenti che hanno permesso di rivelare crimini di guerra, torture, uccisioni stragiudiziali con i droni. Ma mentre i criminali di guerra e i torturatori non hanno fatto una sola ora di prigione, Julian Assange non ha più conosciuto la libertà, dopo averli pubblicati.
E' rimasto nell'ambasciata dell'Equador fino a quando non è stato arrestato dalla polizia inglese per accuse di stupro, poi smentite.
Tutte le principali organizzazioni per la difesa dei diritti umani e della libertà di stampa, da Amnesty International e Human Rights Watch a Reporters Sans Frontières, si oppongono all’estradizione. E proprio ieri il Segretario Generale di Amnesty International, Agnès Callamard, ha chiesto pubblicamente agli Stati Uniti di annullare la richiesta di rinvio a giudizio, di non estradarlo e di consentire il suo rilascio immediato dalla prigione di Belmarsh.

Per Stella Moris, la compagna di Julian Assange,  “C’è stata una grande cospirazione, un piano per tirarlo fuori dall’ambasciata, dove era protetto, e farlo finire in prigione, possibilmente negli Stati Uniti, per il resto della sua vita”.


sabato 4 dicembre 2021

La relazione tra la scuola buddhista Huayan e la meccanica quantistica

La scuola buddhista di Huayan è una tradizione di filosofia di buddista Mahayana che prima ha prosperato in Cina durante il periodo della fine di Sui e l'inizio di dinastia Tang (c. 600-700 d.C.). È basata sul sutra Avatamsaka Sutra o Sutra della Ghirlanda di Fiori ( Il nome è destinato per suggerire la gloria suprema di comprensione profonda).
La Scuola Huayan è conosciuta come Hwaeom in Corea e Kegon in Giappone.

Per la scuola buddhista Mahayana, il concetto metafisico centrale è il concetto di vuoto (in sanscrito Sunyata), ossia che nessuna cosa, o nulla ha una natura intrinseca. Emptiness is not non-existence. Emptiness is a certain kind of existence. Ogni cosa è ciò che è solo in relazione alle altre cose. Tutto è vuoto. Sono docente quando sono in relazione con i miei studenti, sono un padre quando sono in relazione con i miei figli, ecc.   Nel Sutra della Ghirlanda di Fiori viene universalizzato il vuoto, cioè  "Tutto è ciò che è in relazione a tutte le altre cose" rispetto al il buddhismo indiano che dice "Ogni cosa è ciò che è in relazione a qualche altra cosa".    Il buddhismo huayan chiama questa realtà la natura di Buddha che è vuota come qualsiasi altra cosa e dipende da tutte le altre cose.  .

Secondo la meccanica quantistica, le particelle non hanno una posizione determinata, e non si può determinare dove si trova una particella in un dato momento nello spazio, finché non si procede all'osservazione. Solo allora, la troveremo in un posto determinato in seguito al fenomeno chiamato collasso della funzione d'onda.  Sempre nel campo della meccanica quantistica, secondo il fenomeno dell'entanglement, quando si hanno due particelle sono intimamente connesse, il comportamento di ciascuna dipende dal comportamento dell'altra. Cioè, se si misura una delle due particelle, le funzioni d'onda di entrambe collassano allo stesso tempo.  L'entanglement è un legame di natura fondamentale esistente fra particelle costituenti un sistema quantistico.  Quando due particelle, come una coppia di elettroni, sono “entangled” (il termine inglese è ormai di uso comune per descrivere sistemi correlati quantisticamente), è impossibile misurarne una senza ricavare qualche informazione sull'altra.  Se applicassimo queste proprietà a tutte le particelle che fanno parte del cosmo, e ne analizzassimo le proprietà, si avrà una visione del cosmo altamente intrecciata e interconnessa.

Nel buddhismo, come abbiamo visto sopra, si afferma una visione in cui la natura di ogni cosa, ogni oggetto, dipende dalla natura di ogni altro oggetto. Se esaminiamo il cosmo interconnesso vedremo più o meno lo stesso fenomeno: la natura di ogni particella dipende dalla natura di ogni altra particella. In quest'ottica il concetto del vuoto buddhista e l'entanglement della meccanica quantistica sembrerebbero molto, molto simili.

Il buddhismo: un ateismo religioso o una religione atea, il rapporto privilegiato del buddhismo con la scienza

Il buddhismo è sorto intorno al quinto o sesto secolo con gli insegnamenti del Buddha storico. E si staccò dall'Induismo ortodosso, la tradizione vedica del suo tempo. Così, l'Induismo ha due importanti credenze che sono rifiutate dal Buddhismo. Una è l'esistenza di Dio, l'altra è l'esistenza del sé.

L'induismo è una religione teista, c'è una sola divinità indù ed è Brahman o il Tutto e noi siamo una scintilla divina l'Atman. Nella cosmologia indù, il cosmo è ciclico, entra in esistenza, si mantiene per un po', poi esce dall'esistenza e poi ricomincia. Ci sono degli aspetti di Brahman, delle Divinità che corrispondono a queste tre fasi. Così c'è Brahma che è l'aspetto di Brahman nella fase creativa, c'è Visnu che incarna il mantenimento del mondo e poi Siva che ne rappresenta la distruzione. Queste tre divinità separate sono i tre aspetti della stessa divinità. Queste divinità si manifestano sulla terra sotto forma di Avatar, ad esempio Visnu si manifesta come Krsna nel poema epico Mahabharata o come Rama nel poema Ramayana. Il buddhismo rifiuta l'esistenza di Dio. Comunque, Il buddhismo, come una religione ha i suoi rituali, ha le sue pratiche, i suoi testi sacri, i suoi luoghi sacri, monaci con una struttura gerarchica, quindi tutti gli aspetti sociologici di una religione ed è una religione atea o se preferite un ateismo religioso. Il mondo per i buddisti, è un mondo fatto d'impermanenza. Ogni cosa nasce e muore nel ciclo dell'esistenza. In quest'ottica non c'è spazio per un Dio ed il buddismo è interessato solo a cose che sono nel flusso causale della vita. Nella religione c'è sempre qualche testo sacro, sia la Bibbia o i Veda indù o altro che rivela e trasmette delle verità come ad esempio l'incarnazione nella religione cattolica; ma ci saranno alcune cose che puoi apprendere naturalmente e risolvere da solo alla luce del ragionamento naturale. Spesso l'esistenza di un Dio crea una tensione tra ciò che ci dice la rivelazione divina e ciò che scopriamo con la scienza o naturalmente. Ciò può creare il conflitto tra scienza e religione che è stato una caratteristica del pensiero occidentale per almeno 600 o 700 anni.

Nell'ateismo religioso del buddhismo, questa tensione non c'è, non c'è una fonte di verità rivelata, tutto quello che costituisce l'essenza di questa corrente spirituale, è quello che puoi capire autonomamente. Nel Kalama Sutra, il Buddha sta parlando con i Kalama. E loro dicono: "Abbiamo persone che ci dicono questo, altre persone che ci dicono quello. In cosa dobbiamo credere?". E il Buddha rispose in questo modo "Non andate per resoconti, per leggende, per tradizioni, per scritture, per congetture logiche, per inferenze, per analogie, per accordo attraverso opinioni ponderate, per probabilità, o per il pensiero, Quando sapete per voi stessi che, 'Queste qualità sono utili; queste qualità sono irreprensibili; queste qualità sono lodate dai saggi; queste qualità se adottate e messe in pratica, portano al benessere e alla felicità', allora dovreste utilizzare queste".

La sintesi del sutra è questa: "Non bisogna credere a qualcosa semplicemente perché è in qualche pezzo di scrittura. Semplicemente perché te lo dice qualcuno. Semplicemente per il fatto che è nella tradizione. Devi arrivare alla comprensione, cercando di capire autonomamente ed accettare i consigli delle persone che sanno più di te".

Ma come fai a riconoscere un saggio, la persona illuminata che può aiutarti a capire?
Nel caso degli scacchi, questo è abbastanza ovvio,lLa persona che ti batte è più bravo di te. Nel caso della filosofia morale è un po' più difficile trovare una guida e dovremmo verificare che ciò che asserisce è conforme al suo comportamento.

Nel campo della scienza che tratta il mondo naturale, i saggi sono ovviamente gli scienziati, la cui autorevolezza è certificata dagli esperimenti e dai loro risultati. Noi dipendiamo dalla scienza e ci basiamo sulla tecnologia che ci ha fornito. E così, la scienza, portatrice di una visione naturalistica del mondo e in particolare, una visione scientifica del mondo è, e deve essere, compatibile con la filosofia buddhista. 

Nel suo libro L'universo in un solo atomo, il Dalai Lama dice questo: "Se l'analisi scientifica dimostrasse definitivamente che certe affermazioni del buddhismo sono false, allora dovremo accettare le scoperte della scienza e abbandonare queste affermazioni". "Dovete avere rispetto per ciò che gli scienziati vi dicono sul mondo naturale in cui viviamo". Se c'è un conflitto tra la scienza e le dottrine buddhiste, allora, come dice il Dalai Lama, "È la dottrina buddhista che deve cedere il passo".

La filosofia buddhista è molto più in sintonia con una visione scientifica del mondo rispetto alle tradizionali visioni teiste e a quelle che postulano l'esistenza di un'anima o di un sé come l'induismo o il cristianesimo.

Uomo e società asiatiche

Uomo e società nelle religioni asiatiche, Giuseppe Tucci, Corrado Pensa.  

Per l'uomo la consapevolezza della sua morte ebbe maggior peso della scoperta del fuoco, per sfuggire a questa paura l'uomo ha creato Dio,  Dio diventa così, una proprietà condivisa fra le classi che governano e le caste sacerdotali.

L'India spoglia Dio di ogni essenzialità, riducendolo, ad Isvara (un Dio personale), il cui potere creativo produce maya. L'assoluto e la maya diventano così due poli indissolubili.  L'India pur pullulando di dei e fedele a crude superstizioni è andata alla ricerca del superamento della morte, ma per questo non ha avuto bisogno di un Dio. I Jaina predicano l'evasione perpetua dal mondo dello spazio-tempo.  L'uomo in India è stato spesso considerato più potente degli dei e la la maledizione di un asceta è considerata più forte della volontà di un dio. I sadhu, gli asceti spezzano l'idolatria, l'India che sembra il paese più religioso al mondo, di fatto stempera Dio in una esaltazione mistica, vanificandolo.

Non sono gli dei che esistono, ma è l'uomo che li crea. Dio è figlio del terrore del nulla o un fallace sollievo alla paura della morte.  Sono pochi quelli che riescono a scoprire questa gelida, ma superba verità: i grandi solitari, gli spiriti eletti, gli “stranieri”, coloro nella cui mente è scoppiata la fulgurazione dell'assurdità del vivere; coloro che non hanno bisogno di nessun sostegno esterno, come la religione, per affrontare e sopportare la tremenda incongruenza dell'esistere.

Ma i sadhu degni di questo nome, hanno superato tuti i vaneggiamenti religiosi e sopprimendo il terrore della morte sanno che ad attenderli resta soltanto un Tutto che è nulla: quel nulla che la credulità umana nasconde sotto la seduzione di paradisi o altro; la vita resta quello che è: breve spanna di tempo tra due esistenze.

 Buddha nega sia l'esistenza di Dio e dell'anima, sia l'esistenza del Sè.  Confucio dice: "Se tu non sai nemmeno che cosa è questa vita, perché pensi a quello che ci sarà al di là di essa?"

Poi ci sono i mistici, Kabir, Caitanya, Ramakrishna, i posseduti da Dio, per loro la fede è una realtà vissuta e posseduta al di fuori e al di qua di ogni discorso logico, una dedizione piena ed assoluta, l'opposizione alle debolezze umane, al compromesso, insomma alla vanità e assurdità del mondo.

Il Buddhismo Theravada - Corrado Pensa

La natura del Bhudda è presente in tutti gli uomini. Secondo il buddhismo Hinayana, l'unica cosa da fare è cercare di estinguere il dolore, lo spegnimento del dolore è la massima conquista proposta all'uomo.  La dottrina è basata anche su forme di ascetismo.  Il buddhismo Mahayana invece è più universalista, secondo i testi, la sete di non essere, è equiparata al disordinato desiderio dei sensi e all'attaccamento della vita.  Per il Buddhismo invece di guardare la realtà ultima, occorre guardare la situazione attuale del singolo individuo. Prima bisogna capire per quali ragioni l'uomo è governato da ignoranza e passione.

Il buddhismo critica sia il ritualismo (della tradizione indiana), sia l'ascetismo (spesso fanatico e insensato). Il Buddha non è visto come un Dio, ma come quell'uomo particolarmente evoluto che ha scoperto l'antico sentiero che conduce al nirvana e che lo ha voluto mostrare agli altri. Dalla dottrina delle quattro verità, (il dolore, la causa, l'estinzione, la via che porta all'estinzione) scaturisce l'impalcatura fondamentale del sistema, cioè l'analisi del condizionamento esistenziale e l'elaborazione dei mezzi di liberazione.

Buddhismo, criticando la speculazione brahmanica, è contro la teoria di un atman personalistico, corporeo, materiale o come principo spirituale permanente.   Mette in guardia anche contro la concezione più evoluta di atman – Brahman. Tale concezione presenta punti di contatto con il nirvana: immortalità, libertà, conoscenza, stato incondizionato e permanente. Il buddhismo però, critica anche questa concezione: perchè è una realtà assoluta data prima, posta all'inizio, da cui poi si può dedurre il cosmo, in tal modo l'antropologia si trasforma in teologia.

Nel Mahayana, invece, si parlerà spesso di un principio luminoso o buddhità come germe di illuminazione presente in tutti gli uomini. Sia il buddhismo che l'induismo hanno introdotto il concetto di karma, l'azione non muore dopo che è compiuta, è produttiva di energia creatrice. Il microcosmo e il macrocosmo sono costituiti da un incessante vibrare di  impulsi o onde, che si succedono senza soluzione di continuità e senza alcun carattere di permanenza. L'esistenza e la vita sono viste come un continuo fluire e un continuo cambiamento, una teoria che ha molte consonanze con la scienza moderna.

Per il buddhismo l'atman è un ostacolo,  l'uomo non deve cercare sollievo a questo senso di impotenza dinanzi al continuo fluire delle cose, mediante una consolante immagine precostituita di stabilità (atman) la quale non sarà che una proiezione illusoria di desiderio di pace e di immobilità. L'atman impedirebbe la ricerca e l'analisi, precludendo all'uomo la presa di coscienza completa della legge che concatena i fenomeni in un flusso incessante, del continuo rinnovarsi dell'energia di base in mille forme mutevoli.

La Meditazione -  Corrado Pensa.

La meditazione è un fenomeno molto complesso da qualunque punto di vista lo si guardi, storico, filosofico, religioso, psicologico, esperenziale-vissuto.  Abbiamo una meditazione antica, moderna, una orientale, una occidentale, una meditazione orientale esportata in occidente. Proporre la categoria globale “meditazione” non è legittimo.  Nel campo della meditazione sono possibili due tipi di ricerca: unificante, o descrittivo discriminante. Questi due tipi di approcci non sono contraddittori.

Sia se leggiamo testi classici sapienzali, sia moderni, l'elemento di partenza è che siamo davanti ad una costante dell'uomo: un disagio esistenziale di fondo che induce l'individuo a ricercare i mezzi capaci di effettuare un cambiamento. Spesso questa ricerca è superficiale, oppure una vernice esotica per nascondere un sostanziale desiderio di conservazione.  Questa ricerca è  collegata a processi di maturazione interiore, ma non è legata ad esiti estatici. Esistono due tipi di meditazione:

  • Evocativa: si basa sull'idea di sollecitare e richiamare emozioni di carattere positivo, ad esempio la Mindfulness.
  • Asciutta: abbiamo un processo di focalizzazione su un supporto singolo (un oggetto, la respirazione, una formula mentale, ecc) come ad esempio la meditazione Zen. C'è una chiusura dell'individuo allo scorrere delle emozioni e dei pensieri. Anche in questo tipo di meditazione, nel dopo meditazione si riscontra una espansione della coscienza e della sensibilità.

Questa espansione è un meccanismo psicologico della de-automazione, infatti ognuno di noi costruisce la realtà più che vederla, escludendo una quantità di materiale. La mente è governata da una gerarchia automatica di valori e condizionamenti.  Il distacco nella meditazione, è il distacco dagli impulsi e interessi consuetudinari e ciò è il pre-requisito di un cambiamento.  Questo distacco, va inteso, come fattore operativo e non come precetto moralistico. l'obiettivo è cercare di trattenere le vibrazioni emotive generate durante l'esercizio meditativo.  La meditazione si iscrive in un quadro ampio costituito anche da studio dei testi, rapporto profondo con il maestro, un esercizio metodico delle virtù.  

Per Neumann il tratto più qualificante di sistemi come lo yoga e il buddhismo è quello di essere imperniati su una tensione creativa bipolare, da un lato il rafforzamento dell'io e dall'altro la progressiva discesa nell'inconscio.  Il mistico creativo ha quindi tutt'altro che una riduzione della tensione.  Il mistico regressivo, invece, spaventato dal confronto con l'ignoto si ritrae dal mondo appagandosi di una luce estatica e remota.   Il punto d'incontro tra queste due figure può essere

l' emblematica figura del boddhisattva, con un piede nelle passioni mondane e un altro nella chiara coscienza nirvanica, senza timore della tensione che incorre tra queste due sfere, mostrando così di preferire una tensione produttiva ad una stasi luminosa.

Il rilassamento, la quiete mentale, cui porta la meditazione, non è un fine, ma è funzionale al rilassamento da tensioni conflittuali per far spazio a una tensione espansivo-creativa.

In Oriente c'è una certa ipertrofia nel campo della meditazione, in Occidente c'è un'ipertrofia di segno opposto, di senso attivistico, peculiare dell'Occidente. Oriente ed Occidente dovrebbe incontrarsi per una vicendevole correzione.

La Cina – Lanciotti Lionello

Il pensiero filosofico- spirituale in Cina è stato caratterizzato dal Confucianesimo e dal Taosimo.

La Cina è stato una società burocratica dal 221 a.C. al 1912 dove non ci sono state guerre religiose  e non si è verificato il ripudio di concezioni preesistenti. La Cina è stata il paese dei filosofi, e sembrò al '700 europeo il modello politico ideologico da seguire.

Il confucianesimo ha un carattere laico e lega a filo doppio etica e politica, privilegia il culto degli antenati che ha origini antichissime. La grafia era uno strumento di potere.

La dottrina taoista invece respinge globalmente il sistema confuciano. In comune hanno solo il concetto di ordine che nel taoismo è il Tao all'origine di tutte le cose, e nel confucianesimo è l'ordine morale. Le fasi del raggiungimento del Tao sono: il distacco completo dal mondo fenomenico, la rinuncia e  lo stato estatico. Per Maspero: "il taoismo è una dottrina di salvazione individuale che pretendeva di condurre l'adepto all'immortalità".

Il taoismo adotta pratiche igieniche e respiratorie simili allo yoga. Il cinabro è usato come autentica droga dell'immortalità. Nel sud della Cina sono presenti ancora oggi, elementi ricorrenti dello sciamanesimo. Nella Cina esiste un Pantheon sincretista derivante dalla religione popolare. Il Wu wei è un altro importante precetto del taoismo che riguarda la consapevolezza del quando agire e del quando non agire. Wu può essere tradotto come non avere; wei con azione. Il significato letterale è quindi senza azione o meglio non azione. È parte fondamentale della regola wei wu wei. Per la medicina tradizionale cinese, il cibo aiuta a mantenere in equilibrio le forze che regolano la nostra esistenza, lo yin e lo yang e il taoismo ha alla base dell'alimentazione una serie di regole come non mangiare i cinque cereali.

L'idea di peccato arriva in Cina nel secondo secolo d.C quando appaiono i primi testi cinesi che parlano di inferno, dove sarà punito chi è sfuggito alla giustizia terrena. Secondo i taoisti, il peccato accorcia la vita e nei praticanti taoisti era in uso l'autodenuncia pubblica.

Dopo la grande persecuzione del 845 decade la potenza istituzionale del buddhismo.

Il taoista è un individualista, un anarcoide che vive ai margini della società cinese, ma dopo la rivoluzione culturale, la società prenderà il sopravvento sull'uomo.

Per Spinoza "l'uomo guidato dalla ragione è più libero nella società, dove vive secondo una natura comune, che in solitudine, dove comanda solo a se stesso".

Il Giappone – Adolfo Tamburello.

In Giappone non c'è stato lo sviluppo di un'iconografia religiosa, qui prevale l'animismo, ossia quell'insieme culti nel quale viene attribuita qualità divina o soprannaturale a oggetti, luoghi o esseri materiali. Vengone attribuite delle proprietà spirituali a determinate realtà fisiche come sassi, fiumi, montagne, ecc.  La cosmogonia, l'origine del cosmo è quasi completamente trascurata.

In Giappone è presente lo shintoismo, una serie di credenze e culti nati dal connubio di una religiosità di popolazioni agricole con quella di popolazioni di cacciatori e pescatori. Politica e religione sono una cosa sola: nello shintoismo c'è la mitologia dell'ascendenza divina della dinastia regnante. L'incarnazione del sovrano deriva dal buddhismo che seppe legarsi intimamente alla sfera politica.

Nel 767 un decreto permise ai monaci di officiare nei santuari shintoisti e da allora apparvero numerosi templi di culto sincretistico.   La decadenza materiale e spirituale favorì numerosi movimenti riformistici. Tra questi il movimento di Nichiren (1228-1282) che assegnava al Giappone la funzione di salvare il buddhismo e di ripristinare i valori originali trasmessi dal sutra del loto.  Alla base di questa corrente spirituale c'è  la lettura di formule sacre che assicura una costante protezione al fedele che ha anche il  il dovere di convertire tre persone all'anno a questa corrente spirituale.

In questo periodo cominciò a farsi strada lo zen, con i suoi ideali di contemplazione e di meditazione, intese sviluppare una ricerca interiore, non per soddisfare un'ascesi o un anelito dell'animo umano a un divino trascendente, ma per cogliere quanto di universale e di assoluto alberga nell'uomo. Lo zen fu una filosofia religiosa e fu coltivata da coloro che erano orientati verso la propria o altrui elevazione. I maestri zen si astennero dalla pratica religiosa che spesso assumeva le vesti di una magia.

Poi l'idea laica del confucianesimo fu posta a fondamento etico dello stato, i culti religiosi vennero sostituiti dai culti ancestrali e di stato.  Il confucianesimo arriva in Giappone nel VI secolo d.C., insieme al buddhismo, e viene applicato soprattutto alla sfera politica e amministrativa.

Nella Costituzione dei 17 articoli emanata dal principe Shōtoku nel 604 d.C., il primo articolo fa riferimento proprio all’armonia. Il documento stabilisce princìpi confuciani per l’organizzazione della società: importanza della gerarchia, lealtà, obbedienza, decoro rituale, moderazione. La società è organizzata in un sistema gerarchico ben strutturato, ed è facile immaginare l’interesse della classe dominante per alcuni elementi della dottrina confuciana. In verità, però, in questo periodo il confucianesimo è anche in gran parte sinonimo di cultura e si diffonde per il suo legame con l’istruzione.

Lo shintoismo e il buddhismo temperarono il confucianesimo e promossero una serie di culti sincretistici indirizzati ad un'unitaria fede nazionale. La contemplazione e la meditazione furono utilizzate solo per una ricerca interiore.

Anatta-lakkhana Sutta: Il discorso sulla caratteristica del non sé

L'Anatta-lakkhaṇa Sutta o Anātmalakṣaṇa Sūtra, è tradizionalmente registrato come il secondo discorso pronunciato da Gautama Buddha. Il titolo si traduce nel "Il discorso sulla caratteristica del non sé", ma è anche noto come il discorso "Gruppo dei cinque".  Nella versione sotto riportata è tradotto dal Pali da  N.K.G. Mendis   vedi   SuttaReadings.net

Così fu udito da me. Un tempo il Beato viveva nel parco dei cervi di Isipatana, vicino a Benares. Lì, infatti, il Beato si rivolse al gruppo composto da  cinque monaci.

- "La forma, o monaci, non è sé; se la forma fosse sé, allora la forma non porterebbe all'afflizione e si dovrebbe ottenere riguardo alla forma: Che la mia forma sia così, che la mia forma non sia così"; e infatti, o monaci, poiché la forma non è sé, allora la forma porta all'afflizione e non si ottiene riguardo alla forma: 'Che la mia forma sia così, che la mia forma non sia così'.

- "Il sentimento, o monaci, non è se stesso; se il sentimento fosse se stesso, allora il sentimento non porterebbe all'afflizione e si dovrebbe ottenere riguardo al sentimento: 'Che il mio sentimento sia così, che il mio sentimento non sia così'; e infatti, o monaci, poiché il sentimento non è se stesso, quindi il sentimento porta all'afflizione e non si ottiene riguardo al sentimento: 'Che il mio sentimento sia così, che il mio sentimento non sia così'.

- "La percezione, o monaci, non è se stessa; se la percezione fosse se stessa, allora la percezione non porterebbe all'afflizione e si dovrebbe ottenere riguardo alla percezione: "Che la mia percezione sia così, che la mia percezione non sia così"; e infatti, o monaci, poiché la percezione non è se stessa, quindi, la percezione porta all'afflizione e non si ottiene riguardo alla percezione: "Che la mia percezione sia così, che la mia percezione non sia così".

- "Le formazioni mentali, o monaci, non sono sé; se le formazioni mentali fossero sé, allora le formazioni mentali non porterebbero all'afflizione e si dovrebbe ottenere riguardo alle formazioni mentali: Che la mia percezione sia così, che le mie formazioni mentali non siano così"; e infatti, o monaci, poiché le formazioni mentali non sono sé, allora le formazioni mentali portano all'afflizione e non si ottiene riguardo alle formazioni mentali: 'Che le mie formazioni mentali siano così, che le mie formazioni mentali non siano così'.

- "La coscienza, o monaci, non è se stessa; se la coscienza fosse se stessa, allora la coscienza non porterebbe all'afflizione e si dovrebbe ottenere riguardo alla coscienza: 'Che la mia coscienza sia così, che la mia coscienza non sia così'; e infatti, o monaci, poiché la coscienza non è se stessa, quindi, la coscienza porta all'afflizione e non si ottiene riguardo alla coscienza: 'Che la mia coscienza sia così, che la mia coscienza non sia così'.

"Cosa pensate di questo, o monaci? La forma è permanente o impermanente?"
"Impermanente, o Signore".
"Ora, ciò che è impermanente, è insoddisfacente o soddisfacente?"
"Insoddisfacente, o Signore".
"Ora, ciò che è impermanente, insoddisfacente, soggetto a cambiamenti, è corretto considerarlo come: 'Questo è mio, questo sono io, questo è il mio io'?".
"Infatti, non questo, o Signore".
"Cosa ne pensate di questo, o monaci? Il sentimento è permanente o impermanente?".
"Impermanente, o Signore".
"Ora, ciò che è impermanente, è insoddisfacente o soddisfacente?"
"Insoddisfacente, o Signore".
"Ora, ciò che è impermanente, insoddisfacente, soggetto a cambiamenti, è corretto considerarlo come: 'Questo è mio, questo sono io, questo è il mio io'?".
"Infatti, non questo, o Signore".
"Cosa ne pensate di questo, o monaci? La percezione è permanente o impermanente?"
"Impermanente, o Signore".
"Ora, ciò che è impermanente, è insoddisfacente o soddisfacente?"
"Insoddisfacente, o Signore".
"Ora, ciò che è impermanente, insoddisfacente, soggetto a cambiamenti, è corretto considerarlo come: 'Questo è mio, questo sono io, questo è il mio io'?".
"Infatti, non questo, o Signore".
"Cosa ne pensate di questo, o monaci? Le formazioni mentali sono permanenti o impermanenti?"
"Impermanenti, o Signore".
"Ora, quelle che sono impermanenti, sono insoddisfacenti o soddisfacenti?"
"Insoddisfacenti, o Signore".
"Ora, quelli che sono impermanenti, insoddisfacenti, soggetti a cambiamenti, è giusto considerarli come: 'Sono miei, questo sono io, questo è il mio io'?".
"Infatti, non questo, o Signore".
"Ora cosa ne pensate di questo, o monaci? La coscienza è permanente o impermanente?".
"Impermanente, o Signore".
"Ora, ciò che è impermanente, è insoddisfacente o soddisfacente?"
"Insoddisfacente, o Signore".
"Ora, ciò che è impermanente, insoddisfacente, soggetto a cambiamenti, è corretto considerarlo come: 'Questo è mio, questo sono io, questo è il mio io'?".
"Infatti, non questo, o Signore".
"Pertanto, sicuramente, o monaci, qualsiasi forma, passata, futura o presente, interna o esterna, grossolana o fine, bassa o elevata, lontana o vicina, tutta quella forma deve essere considerata con la giusta saggezza, secondo la realtà, così: 'Questo non è mio, questo non sono, questo non è il mio io'.
"Perciò, sicuramente, o monaci, qualsiasi sentimento, passato, futuro o presente, interno o esterno, grossolano o fine, basso o alto, lontano o vicino, tutto quel sentimento deve essere considerato con la giusta saggezza, secondo la realtà, così: 'Questo non è mio, questo non sono, questo non è il mio io'."Perciò, sicuramente, o monaci, qualsiasi percezione, passata, futura o presente, interna o esterna, grossolana o fine, bassa o elevata, lontana o vicina, tutta quella percezione deve essere considerata con la giusta saggezza, secondo la realtà, così: 'Questo non è mio, questo non sono, questo non è il mio io'.
"Pertanto, sicuramente, o monaci, qualsiasi formazione mentale, passata, futura o presente, interna o esterna, grossolana o fine, bassa o elevata, lontana o vicina, tutte quelle formazioni mentali devono essere considerate con la giusta saggezza, secondo la realtà, così: 'Queste non sono mie, questo non sono, questo non è il mio io'.
"Perciò, sicuramente, o monaci, qualsiasi coscienza, passata, futura o presente, interna o esterna, grossolana o fine, bassa o elevata, lontana o vicina, tutta quella coscienza deve essere considerata con la giusta saggezza, secondo la realtà, così: 'Questo non è mio, questo non sono, questo non è il mio sé'.
"O monaci, il nobile discepolo ben istruito, vedendo così, si stanca della forma, si stanca del sentimento, si stanca della percezione, si stanca delle formazioni mentali, si stanca della coscienza. Essendo stanco, diventa libero dalla passione. Nella sua libertà dalla passione, è emancipato. Essendo emancipato, c'è la consapevolezza di essere emancipato. Egli sa: 'la nascita è esaurita, la vita vissuta è la vita santa, ciò che doveva essere fatto è fatto, non c'è più nulla di questo divenire'".

Questo disse il Beato. Compiaciuti, il gruppo di cinque monaci si rallegrò dell'esposizione del Beato; inoltre, mentre questa esposizione veniva pronunciata, le menti del gruppo dei cinque monaci furono liberate dall'attaccamento.

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Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono ci...