sabato 28 gennaio 2023

Nuovi modelli per studiare la plasticità della coscienza e i suoi effetti

Ipnosi, meditazione, trance, prodotti psichedelici: molte pratiche mirano a "disturbare" la coscienza nella speranza di liberarsi da stati mentali dannosi che mantengono la nostra sofferenza, ad esempio nel caso di disturbi d'ansia, stress post-traumatico o depressione. Considerate a lungo esoteriche, queste pratiche, come l'ipnosi per il dolore, la meditazione per ridurre l'ansia, l'EMDR per ridurre i ricordi traumatici, ecc. vengono ora incorporate in un contesto laico; in particolare, nelle psicoterapie: partecipano alla cura di disturbi per i quali non esistono o esistono pochi trattamenti farmacologici efficaci.  Gli scienziati lo considerano anche un buon modello per studiare la plasticità della coscienza e i suoi effetti, positivi o negativi, sulla salute fisica e mentale. Alcune di queste sono ben documentate, altre sono al centro di ricerche interessanti. Si stanno studiando approcci innovativi, come la stimolazione cerebrale profonda o gli psichedelici.

Cosa sappiamo davvero della coscienza? Possiamo davvero "manipolarla"?  Ma cos'è esattamente questa facoltà mentale? Da cosa nasce e come emerge nel cervello? Quali approcci possono essere utilizzati per modularla? Per quali indicazioni? Cosa dice la scienza sulla loro efficacia?
E' importante fare il punto sui recenti progressi in questo campo e di esplorare le implicazioni di queste pratiche per la salute pubblica e le strategie educative. La ricerca scientifica sta facendo passi da giganti e sta beneficiando del crescente interesse dei cittadini, alcuni dei quali sono disposti a partecipare a studi interventistici come il Silver Santé Study.
Per secoli, la coscienza è sfuggita all'analisi delle scienze naturali a causa della sua natura altamente soggettiva ed è rimasta il campo di studio privilegiato dei filosofi. I filosofi lo concepiscono come un'emanazione dell'anima o dello spirito e lo considerano un'entità immateriale, persino immortale, distinta dal corpo. È stata la dottrina del dualismo, sviluppata nel XVII secolo dal filosofo francese René Descartes, ad assimilare l'anima e la coscienza, fonte degli stati mentali, e a differenziarle radicalmente dalla sostanza corporea che è il cervello.
All'inizio degli anni '90, con l'avvento delle tecniche di imaging cerebrale, i neuroscienziati hanno iniziato ad analizzare la coscienza. Le Neuroscienze la considerano "un prodotto del cervello, che deriva dal funzionamento dei neuroni", afferma Stanislas Dehaene, vincitore del premio Inserm per il suo lavoro su questo argomento.
I ricercatori distinguono tre aspetti essenziali della coscienza: la consapevolezza o risveglio, la consapevolezza dell'ambiente e l'autoconsapevolezza o metacognizione. E per esplorare le basi neurali di questo fenomeno, hanno concordato un criterio sperimentale essenziale: la "riferibilità soggettiva", che permette di decidere se un soggetto è cosciente o meno, evento possibile anche quando non può essere comunicata ad altri. Pertanto, non è necessariamente verbale. 

Dal 1998, ad esempio, Stanislas Dehaene, Lionel Naccache e i loro colleghi hanno scoperto che il nostro cervello elabora continuamente un'enorme quantità di informazioni in modo non cosciente. Solo una minima parte è selezionata dalla coscienza.  In relazione a questo lavoro, i due neuroscienziati e il neurobiologo Jean-Pierre Changeux hanno proposto un importante modello teorico che spiega come potrebbe emergere la coscienza: la teoria dello "spazio di lavoro neurale globale". Secondo questa ipotesi, le informazioni provenienti dai nostri sensi che raggiungono il cervello vengono prima elaborate in modo non cosciente. Poi, la loro integrazione cosciente avviene grazie al loro ingresso in una rete neurale specifica che rende disponibili queste informazioni a tutte le nostre facoltà mentali (attenzione, memoria, ecc.) e le utilizza per compiere azioni. Esiste una comunicazione neuronale coerente e complessa tra la parte anteriore e posteriore del cervello. "Se questa conversazione è alterata a causa di un danno cerebrale, ad esempio, l'individuo non è cosciente, anche se la sua formazione reticolare funziona. Questo è ciò che accade, ad esempio, nello stato vegetativo. Al contrario, se questa conversazione è eccessiva, come in alcune crisi epilettiche, il paziente perde anche conoscenza pur rimanendo sveglio con gli occhi aperti.

Ad oggi, coesistono una mezza dozzina di altri modelli di coscienza, tra cui la "teoria dell'informazione integrata" proposta nel 2004 da Giulio Tononi, psichiatra dell'Università del Wisconsin negli Stati Uniti. Tononi ipotizza che la coscienza nasca nella parte posteriore del cervello, dove i neuroni si collegano in una struttura a griglia. Maggiore è il numero di neuroni che interagiscono, più alto è il livello di coscienza dell'organismo interessato, anche in assenza di input sensoriali immediati.
Oggi, quando la vittima di una grave lesione cerebrale dovuta a un trauma cranico, ha un arresto cardiaco o a un ictus non risponde più agli stimoli provenienti dall'ambiente, è difficile per i neurologi stabilire, sulla base del solo esame clinico, se la persona ha ancora una coscienza conservata e non è in grado di esprimerla (sindrome locked-in) o se la sua coscienza è stata completamente abolita.

Esistono molte tecniche che permettono di manipolare la coscienza nella speranza di trattare diversi disturbi mentali: ansia, stress, depressione, dipendenze, ecc. che negli ultimi decenni hanno conosciuto una rinascita di interesse. Antoine Bioy, professore di psicologia clinica e psicopatologia all'Università di Parigi e ipnoterapeuta asserisce che queste tecniche mirano ad alleviare i disturbi inducendo uno specifico "stato modificato di coscienza".  La coscienza è, infatti, uno stato molto instabile, in continuo movimento, che non consiste in un unico stato perfettamente uniforme, ma in centinaia di possibili variazioni: veglia, iperconcentrazione, sonnolenza, contemplazione, sogno ad occhi aperti, ecc.   Secondo Charlotte Martial, neuropsicologa e ricercatrice dell'Università di Liegi, "in un normale stato di attenzione, le tre componenti essenziali della coscienza - veglia, consapevolezza di sé e dell'ambiente - sono associate e pienamente attive. Negli stati alterati di coscienza non è così: una o più di queste componenti si estingue, diminuisce o si dissocia dalle altre.
Come ad esempio, nella fantasticheria, nel coma, nello stato vegetativo, nelle allucinazioni, che si manifestano, a volte,nella schizofrenia. Alcuni stati di coscienza possono essere modificati o indotti attraverso tecniche, rituali o sostanze specifiche come l'ayahuasca, un decotto allucinogeno dell'Amazzonia a base di liane (abbandonato dal campo medico all'inizio del XX secolo perché proibito). 

L'ipnosi è oggi una delle pratiche non convenzionali più utilizzate. In pratica, questo approccio mira a indurre uno stato di coscienza intermedio tra la veglia e il sonno, grazie a suggestioni ipnotiche create da un operatore (ipnoterapeuta) o dal paziente stesso, dopo un certo addestramento (autoipnosi). All'inizio degli anni '90, l'ipnosi ha cominciato a essere reintegrata nella ricerca accademica e medica, in particolare sotto l'impulso di Marie-Elisabeth Faymonville, presso l'Ospedale Universitario di Liegi. Pioniere in questo campo, questo anestesista-rianimatore ha sviluppato l'ipnosedazione, che combina l'ipnosi, la somministrazione di un sedativo e l'anestesia locale; questa tecnica mira ad aumentare il comfort del paziente durante un intervento chirurgico o endoscopico, riducendo l'ansia e il dolore associati all'operazione. In questo modo si evita l'anestesia generale e i suoi possibili effetti collaterali (perdita di memoria, nausea, vertigini, ecc.). Un punto di svolta è stata la scoperta, a metà degli anni '90, dell'azione specifica di questa tecnica sul cervello: una riduzione dell'attività delle regioni cerebrali coinvolte nella percezione soggettiva del dolore, tra cui la corteccia cingolata anteriore (nella parte anteriore e centrale del cervello). .

Negli ultimi decenni un'altra pratica antica è entrata nelle grazie della medicina contemporanea: la meditazione. "Questo approccio viene ora insegnato ai futuri medici e utilizzato nel settore sanitario come approccio complementare ai metodi terapeutici più convenzionali", afferma Antoine Lutz, direttore della ricerca Inserm, che studia l'efficacia e i meccanismi neurofisiologici di questo approccio presso il Centro di Ricerca sulle Neuroscienze di Lione. Secondo lui, "il rinnovato interesse per questo metodo, che incoraggia la coltivazione di certe disposizioni mentali che possono prevenire o favorire la guarigione di alcuni disturbi, potrebbe portare a una medicina più umanistica e preventiva". La globalizzazione ha contribuito all'accesso a queste tecnchiche tradizionali. Le tecniche meditative consistono, principalmente, nel focalizzare l'attenzione su un oggetto: il respiro, i suoni circostanti, l'amore per se stessi e per gli altri, il mantra (suono o parola senza significato). Ciò induce gradualmente uno specifico stato alterato di coscienza in cui aumenta la consapevolezza di sé, del proprio corpo e dell'ambiente. In termini di ricerca, la tecnica più studiata è senza dubbio la meditazione mindfulness, un programma di meditazione laico e standardizzato ideato negli anni Settanta dal biologo americano Jon Kabat Zinn sulla base delle pratiche dei monaci buddisti. Gestione dello stress, ansia, depressione, dipendenze... negli ultimi trent'anni, numerosi studi hanno testato l'efficacia di questo approccio per diversi disturbi. Nel 2019, i ricercatori dell'Università del Wisconsin-Madison, negli Stati Uniti, hanno analizzato i risultati di ben 167 lavori pubblicati su questo argomento dal 1992. Hanno concluso che c'è "una forte evidenza che gli interventi basati sulla meditazione di consapevolezza, adeguatamente progettati e realizzati, possono essere paragonabili in termini di efficacia ai trattamenti standard per la depressione, l'ansia, il dolore e le dipendenze". La mindfulness potrebbe essere utilizzata anche per combattere i disturbi alimentari, il disturbo da stress post-traumatico e le malattie mentali gravi [disturbi psicotici, disturbi bipolari...]. Ma questi ultimi usi citati, devono essere confermati. 

Parallelamente, gli studi di brain imaging hanno permesso di misurare l'impatto delle pratiche di meditazione sul cervello. Per esempio, circa dieci anni fa, Antoine Lutz e il suo team hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale (che mostra quali aree cerebrali sono attive durante un determinato compito) per confrontare i cervelli di 14 praticanti di lunga data della meditazione mindfulness - che avevano accumulato più di 10.000 ore di pratica - e di 14 novizi. Questo è stato fatto mentre i partecipanti meditavano e ricevevano uno stimolo doloroso - una temperatura elevata sull'avambraccio. "I nostri risultati hanno dimostrato che la meditazione non modifica effettivamente l'intensità del dolore provato, ma piuttosto il nostro rapporto con il dolore, rendendolo meno intrusivo". Più pronunciata negli esperti, questa regolazione dei sentimenti e delle emozioni e sensazioni è stata associata a una modulazione dell'attività di una regione cerebrale, l'insula.
L'uso della meditazione potrebbe essere esteso a un nuovo casmpo, che rappresenta un'importante questione sanitaria e sociale nelle società occidentali, alle prese con l'invecchiamento della popolazione: aiutare le persone a invecchiare. "Se utilizzata nelle persone anziane, riteniamo che la meditazione possa ridurre lo stress, la depressione e l'ansia, che notoriamente influenzano il sonno, la cognizione e la salute mentale e aumentano il rischio di sviluppare il morbo di Alzheimer. Così facendo, questa tecnica potrebbe preservare il benessere e ritardare, almeno di qualche anno, l'insorgenza di questa patologia", spiega Gaël Chételat, direttore di ricerca Inserm presso il gruppo di interesse pubblico Cyceron di Caen, la cui équipe sta lavorando a questo settore in collaborazione con quella di Antoine Lutz

Nel corso di uno studio pilota pubblicato nel 2017, i due ricercatori hanno esaminato il cervello di sei appassionati meditanti (tra le 15.000 e le 30.000 ore di pratica) e di sei non meditanti (gruppo di controllo), tutti di età media di 65 anni, utilizzando il neuroimaging. Bingo!   Hanno scoperto che, rispetto ai non meditanti, i meditanti avevano un volume di materia grigia e/o un metabolismo maggiore in due regioni cerebrali note per il loro significativo declino con l'età: la corteccia frontale cingolata e l'insula. Questo suggerisce che la pratica della meditazione può aiutare a preservare la struttura e la funzione del cervello dal declino legato all'età. Dopo questo lavoro esplorativo, i neuroscienziati hanno ricevuto un finanziamento di 6 milioni di euro dalla Commissione europea per cercare di confermare questi risultati iniziali in un numero maggiore di persone. Si tratta del progetto Silver Santé Study, coordinato da Gaël Chételat e comprendente dieci gruppi di ricerca di sei Paesi europei (Francia, Svizzera, Inghilterra, Germania, Belgio e Spagna). "Avviato nel 2016, il nostro studio si propone di valutare i benefici di programmi di meditazione, apprendimento dell'inglese o educazione alla salute, seguiti per 2 e 18 mesi, sul benessere e sulla salute mentale. Questo è stato fatto su 316 anziani, tra cui 30 meditatori esperti e 286 novizi, esaminando vari parametri: qualità del sonno, livelli di alcuni ormoni nel sangue, attività cerebrale, ecc. I risultati principali sono attesi per l'autunno 2022.

Tecniche fantastiche?  Tra le tecniche più recenti c'è l'EMDR (per desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari), sviluppato nel 1987 dalla psicologa americana Francine Shapiro. Un approccio utilizzato in particolare nel disturbo post-traumatico da stress (PTSD), l'EMDR mira a indurre uno stato di coscienza simile all'ipnosi, al fine di trasformare il ricordo traumatico per renderlo meno doloroso. "Si tratta di movimenti oculari indotti chiedendo al paziente di seguire un oggetto spostato davanti a lui da sinistra a destra (penna, dito, ecc.), oppure di suoni o colpetti, attivati alternativamente a destra e a sinistra, rispettivamente a livello delle orecchie e delle ginocchia. Queste stimolazioni vengono applicate per 20-30 secondi", "Una singola sessione di EMDR ha avuto successo nel desensibilizzare i ricordi traumatici dei pazienti".  Lo studio Everest ha testato questo approccio su 80 persone affette da PTSD, i cui risultati potrebbero essere pubblicati all'inizio del 2023.
Secondo il lavoro di neuroimaging, questi stimoli attivano e sincronizzano grandi reti di neuroni situati in strutture cerebrali coinvolte nell'elaborazione emotiva e nella memoria, come il precuneo, l'insula e il talamo. Ciò favorirebbe la trasformazione della rete neurale alla base del ricordo traumatico, attraverso l'integrazione di nuove informazioni. 

Un'altra pratica ancora più recente sta incuriosendo ricercatori e pazienti: la trance cognitiva autoindotta, ereditata dalle pratiche sciamaniche tradizionali della Mongolia. La sua storia inizia nel 2001 quando, durante un reportage in Mongolia, la scrittrice e musicista Corine Sombrun entra improvvisamente in trance ascoltando i suoni dei tamburi, al punto da non riuscire più a controllare i propri movimenti. In seguito a questa esperienza, si è convinta che questo stato alterato di coscienza è accessibile a tutti, non solo agli sciamani. Si è quindi rivolta a Élie Le Quemener, un ricercatore dell'INRAE, e ha lavorato con lui per modellare sequenze di tamburi in grado di indurre uno stato di trance. Ha poi testato questi "loop sonori" con studenti avventurosi a Nantes. Sorpresi, la maggior parte di loro è entrata in trance... Sulla base di questo risultato, Corine Sombrun ha poi creato un protocollo standardizzato che permette alle persone di entrare in trance di propria volontà, senza alcun rituale o sciamano. Esaminando l'attività cerebrale di Corine Sombrun in trance, con la tecnica dell'elettroencefalogramma, è stato rilevato un chiaro cambiamento nell'attività cerebrale. Si rileva un cambiamento molto chiaro nell'attività cerebrale, con uno spostamento della dominanza dall'emisfero sinistro, coinvolto nella logica e nell'analisi, all'emisfero destro, legato all'immaginazione, all'intuizione e ai sogni; ciò indica che questa tecnica ha un'azione specifica sul cervello.
La trance cognitiva autoindotta produce uno stato di coscienza alterato e potrebbe portare benefici simili a quelli di altre tecniche come l'ipnosi o la meditazione: riduzione del dolore, della depressione, ecc.
 La neuropsicologa Audrey Vanhaudenhuyse ha lanciato un importante progetto nel 2021: un ampio studio previsto per 160 pazienti oncologici, che mira a valutare i possibili benefici di un anno di pratica regolare di trance cognitiva autoindotta, ipnosi o meditazione.  I primi risultati sono attesi per il 2024. 

La gamma di terapie che agiscono sulla coscienza potrebbe essere ancora più ampia. Una delle idee più audaci attualmente esplorate è quella di stimolare il cervello... per "risvegliare" la coscienza dei pazienti in stato vegetativo o di minima coscienza. A tal fine, il team guidato da Béchir Jarraya, neurologo a marzo 2022, ha dimostrato per la prima volta, in una scimmia, che questa tecnica può ripristinare efficacemente la coscienza alterata. In pratica, hanno posto l'animale in coma artificiale somministrando un anestetico generale profondo. Poi hanno stimolato una struttura situata nel cuore del cervello, il talamo, che è noto per integrare le informazioni provenienti da diverse altre regioni cerebrali. La speranza era di ristabilire le comunicazioni che potevano essere state alterate tra il talamo e la corteccia, lo strato di materia grigia sulla superficie del cervello responsabile delle funzioni più elevate (cognizione, memoria, ecc.). Si è verificato un fenomeno sorprendente: il macaco, pur essendo incosciente, ha aperto gli occhi, ha ripreso a respirare spontaneamente e ha persino mosso spontaneamente braccia e gambe!
Il risveglio di alcune sue facoltà è stato confermato da due tecniche di analisi dell'attività cerebrale (fMRI ed EEG). Una volta tolta la corrente, l'animale è caduto immediatamente in uno stato di sedazione profonda. Il team di Lionel Naccache si sta concentrando su un altro approccio: la stimolazione transcranica a corrente diretta (tDCS), in cui gli elettrodi di stimolazione cerebrale sono posizionati sul cuoio capelluto - e non all'interno del cervello. Già nel 2014, diversi studi hanno dimostrato che questa tecnica può migliorare la coscienza alterata. Il problema è che non è efficace in tutti i pazienti, né in tutti i tentativi. Dobbiamo selezionare meglio i pazienti che ne possono beneficiare", sottolinea Bertrand Hermann, variando il numero di elettrodi, il loro posizionamento e/o l'intensità della corrente somministrata. "Nel corso di un lavoro pubblicato online nel maggio 2022 e condotto su volontari che stavano facendo un pisolino, il team di Delphine Oudiette ha rilevato l'esistenza di "piccole finestre di reattività all'ambiente" durante il sonno. "Se riuscissimo a identificare queste piccole finestre nelle persone in coma o in stato vegetativo, potremmo immaginare di aumentare la durata di questi fenomeni e potenzialmente ripristinare la coscienza più rapidamente", spiega la ricercatrice.

La famiglia degli psicofarmaci - molecole in grado di agire sul cervello (queste sostanze sono state vietate nel 1971) - comprende vari composti naturali o sintetici, tra cui la psilocibina ricavata dai funghi allucinogeni del genere Psilocybe, la DMT estratta dalla pianta sudamericana chacruna e l'LSD, un composto sintetico. Noti per indurre "esperienze psichedeliche" caratterizzate da distorsioni percettive, che possono arrivare fino alle allucinazioni, "modulano il modo in cui ci rappresentiamo il mondo esterno e il nostro mondo interno, e quindi la nostra consapevolezza di noi stessi e dell'ambiente". Secondo un'ipotesi ancora dibattuta, potrebbero addirittura aumentare la capacità di percepire informazioni e quindi la coscienza.
Come per l'ipnosi, la meditazione e altre terapie incentrate sulla coscienza, l'uso degli psichedelici non è nuovo: alcuni di essi (psilocibina, ayahuasca, ecc.) sono stati utilizzati per migliaia di anni in riti religiosi o mistici in alcune società del Sud America e dell'Africa.
Oggi, le norme relative al loro utilizzo nella ricerca stanno gradualmente cambiando e il campo sta vivendo una rinascita di interesse senza precedenti. Negli ultimi vent'anni, diversi studi hanno indicato che gli psichedelici potrebbero alleviare vari disturbi resistenti al trattamento. Nel 2021, Lucie Berkovitch e i suoi colleghi hanno esaminato i risultati di 25 studi pubblicati tra il 1990 e il 2020, che hanno valutato diversi psichedelici rispetto a diversi disturbi psichiatrici: ansia, depressione, dipendenze, sindromi ansioso-depressive legate alla fine della vita...* Secondo i ricercatori, queste sostanze sono "promettenti, rapidamente efficaci terapeutici". Queste sostanze modulano l'attività e la connettività cerebrale, in particolare nei neuroni piramidali coinvolti nella coscienza. Alla fine del 2021, Luc Mallet e i suoi colleghi hanno iniziato uno studio chiamato Adely LSD, che dovrebbe durare 2 anni e includere almeno 210 pazienti che saranno seguiti per 6 mesi in 8 servizi per le dipendenze della regione dell'Île-de-France. Coordinato da Florence Vorspan, tossicologa di Parigi, questo studio valuterà i possibili benefici dell'LSD contro la dipendenza da alcol.  

Il rapporto Inserm sulla valutazione dell'efficacia della pratica dell'ipnosi, pubblicato nel 2015, sottolinea che dobbiamo essere vigili sulle derive etiche che le tecniche di suggestione possono causare. Nel campo della medicina alternativa, il rischio di aberrazioni settarie è maggiore e questi approcci non sono né regolamentati né standardizzati. Di conseguenza, chiunque può affermare di essere un terapeuta e applicare idee o protocolli di trattamento più o meno fantasiosi. Per ridurre questi pericoli, una soluzione consiste in una rigorosa dimostrazione preventiva della loro efficacia per problemi specifici. L'intensificazione della ricerca sulla coscienza e sulle tecniche per modularla sarà fondamentale, non solo per sollevare il velo sul potenziale - a volte ignorato, a volte sopravvalutato - di questi approcci, ma anche per garantire la sicurezza delle persone in situazioni di vulnerabilità.

Ulteriori ricerche,

Un allucinogeno nella tundra siberiana.  Durante l'estate 2019, nell'ambito della sua tesi di laurea presso il Laboratoire d'anthropologie sociale del Collège de France di Parigi, Amélie Barbier si è recata nell'estremo oriente russo, nel villaggio di Tymlat, per studiare l'uso di un fungo allucinogeno non ancora valutato dalla ricerca, ma utilizzato da secoli in questa regione per curare la mente: il v'apaq, o agarico mosca. "Lì, questo allucinogeno viene ingerito per aumentare le immagini mentali, le esperienze sensoriali, per entrare in relazione con il defunto e per ispirare melodie. Può quindi avere effetti benefici sulle emozioni", osserva l'antropologo. Questo può alleviare l'ansia e migliorare il benessere. Il problema è che in certe dosi questo fungo è neurotossico...   

Ipnosi per il trattamento dei disturbi neurofunzionali?  Alcuni disturbi neurologici, detti funzionali, corrispondono a deficit neurologici (paralisi di un arto, disturbi del linguaggio, della memoria) in assenza di lesioni neuronali osservabili. Ad oggi, non esistono trattamenti efficaci per queste malattie. Questo potrebbe cambiare, grazie al lavoro pubblicato nel marzo 2022 da Esteban MunozMusat e dai suoi colleghi! Dopo aver indotto una sordità transitoria in una donna sana tramite suggestione ipnotica, il team ha analizzato l'attività elettrica del suo cervello utilizzando la tecnica dell'elettroencefalogramma (EEG) ad alta densità. I risultati indicano che la sordità ipnotica è legata a un meccanismo inibitorio innescato consapevolmente dall'individuo, che accetta di seguire le istruzioni dell'induzione ipnotica, e che mobilita una regione cerebrale nota come "corteccia cingolata anteriore". Da qui l'ipotesi che i disturbi neurologici funzionali siano legati a un processo di inibizione autosuggestionato dal paziente; la rimozione di questa inibizione attraverso l'ipnosi potrebbe porre fine al disturbo. Per verificare questa ipotesi, il team si sta preparando a lanciare uno studio su circa 30 pazienti. I risultati saranno disponibili a partire dalla seconda metà del 2023.

Dall'articolo di Kheira Bettayeb Inserm  "La coscienza: modulare per una migliore assistenza".

 _______Libri.
J. Jaynes. La nascita della coscienza nel crollo della mente bicamerale, nuova edizione francese, Éditions Fage, coll. "Particulière", 2021
Stanislas Dehaene. Le Code de la conscience, Odile Jacob, 2014
L. Naccache. Il nuovo inconscio. Freud, il Christophe Colomb delle neuroscienze, Odile Jacob, 2006
F. Shapiro. Trauma Stress, aprile 1989

Differenze tra il buddhismo Mahayana, Hinayana, Theravada, Vajrayana

Uno dei concetti fondamentali del Buddhismo è quello di metta, uno stato di benevolenza e compassione universale verso ogni essere vivente, da mettere in pratica nella vita di ogni giorno, che andrebbe condotta in armonia con l’intero creato.
La pratica in sé stessa, invece, si fonda sull’ottuplice sentiero – il cui obiettivo è un comportamento eticamente corretto in diverse aree della propria vita – presupposto per concentrare la mente e , attraverso la meditazione, raggiungere una nuova visione della realtà ispirata al non attaccamento, alla benevolenza e alla saggezza. .

I termini Hinayana (veicolo minore, veicolo modesto) e Mahayana (veicolo superiore, grande veicolo) apparvero per la prima volta nei Sutra della Prajnaparamita (Sutra della consapevolezza discriminante di vasta portata, Sutra della perfezione della saggezza) approssimativamente nel I-II secolo d.C. Questi sutra erano tra i primi testi del Mahayana e usavano i due termini per sostenere che lo scopo e la profondità dei loro insegnamenti superavano di gran lunga quelli delle precedenti scuole buddhiste.  Dato che alcune delle scuole Hinayana apparvero dopo il Mahayana, non possiamo chiamare l'Hinayana “primo Buddhismo” o “Buddhismo originale” né il Mahayana “tardo Buddhismo.”
Il buddhismo Theravada è l’unica delle antiche scuole buddhiste ad essere sopravvissuta fino ai nostri giorni e il cui canone – l’antico canone pali – ci sia giunto completo. Fino a non molto tempo fa questa scuola era nota in Occidente con il nome più generico di Hinayana – composto di hina  “piccolo”  e yana  “veicolo” – terminologia che designava nel suo insieme ben 18 scuole o correnti differenti. Una du queste, la Dharmaguptaka si diffuse nell'Asia centrale e in Cina dove appaiono anche ordini monastici. Poiché la scuola Theravada si diffuse in Ceylon, Birmania, Thailandia e Cambogia, talvolta è detta anche Scuola Meridionale (anche se come abbiamo visto non è propriamente corretto) , per distinguerla dalla Scuola Settentrionale – o Mahayana o “grande Veicolo”, che si sviluppò in India nei primi secoli dell’era cristiana e fu un grande movimento di monaci e laici, oggi molto diffuso in Cina, Giappone, Corea, Tibet e Mongolia, Nepal, Bhutan (in Indonesia non è più presente). Quindi anche chiamare l'Hinayana “Buddhismo meridionale” e il Mahayana “Buddhismo settentrionale” è inadeguato.


 
Diffusione del Buddhismo Mahayaha e Theravada – da appliedbuddhism.com

Il Theravada è la scuola più vicina al buddhismo originario, pur non identificandosi completamente con esso. Il nome Theravada, più rispettoso e preciso del termine Hinayana, infatti si compone di due parti: thera – “anziani” – e vada – “dottrina”- , da cui  “dottrina degli anziani”.
Nel Theravada l’obiettivo della pratica, rigorosamente monastica, è il raggiungimento della condizione di Arhat secondo gli insegnamenti del Buddha. Un discepolo ha lo scopo di divenire un arhat, cioè colui che ha raggiunto il Nirvana e non rinascerà mai più. Questo stadio, richiede un’esistenza assolutamente rigorosa e di rinuncia del mondo.  Per il Theravada, come per tutte le scuole del buddhismo antico, la morte del Buddha è reale e segna il suo definitivo distacco da questo mondo. Attraverso la morte si raggiunge infatti il Nirvana, l’estinzione della sofferenza, e si sfugge al Samsara, il ciclo delle morti e delle rinascite.
Comunque entrambe le scuole, sia quella Hinayana che quella Mahayana, delineano i sentieri per i praticanti di come raggiungere lo stato purificato di un arhat  o essere liberato ( hinayana)   e  di un bodhisattva, (mahayana) cioè colui che ritarda l’entrata nel Nirvana per aiutare altri nella via della salvezza. Il Mahayana comprende molte e differenti tradizioni che divergono anche sulle specifiche modalità con cui si possa raggiungere questo obiettivo.
Nell’ambito del Mahayana furono composti molti testi che, benché scritti molti secoli dopo la vita terrena del Buddha,  e sono considerati «sutra», cioè discorsi del Buddha stesso. Ad esempio il Sutra del Loto, il corpus chiamato Prajnaparamita o della Perfezione della Saggezza,  ecc.
Per molti secoli le tradizioni Mahayana e Hinayana coesistettero nei vari paesi e talora negli stessi monasteri. Intorno al VII secolo d.C., all’interno del buddismo indiano, si sviluppò la proposta di un terzo «veicolo», il Vajrayana, la via della folgore adamantina o del diamante, che si diffuse in Cina, in Giappone e soprattutto in Tibet e Bhutan, Mongolia. Il Vajrayana ritenne che vi fosse la possibilità di conseguire l’illuminazione qui e ora, in questo corpo e in questa vita e creò una forma di culto più orientata all’esoterismo e molto influenzata dal Tantra, che significa «telaio o trama» e indica varie dottrine e i loro testi di riferimento, di origine indiana.

 L’Hinayana comprende diciotto scuole. Le più importanti sono il Sarvastivada e il Theravada.  Il Sarvastivada era diffuso nell’India settentrionale quando i tibetani iniziarono a viaggiare in quelle aree e il Buddhismo cominciò ad essere trapiantato in Tibet.

C’erano due principali divisioni del Sarvastivada, in base alle loro differenze filosofiche: Vaibhashika e Sautrantika. I sistemi studiati nelle università monastiche indiane come Nalanda e, successivamente, dai mahayanisti tibetani, discendono da queste due scuole. Il lignaggio dei voti monastici seguito in Tibet proviene da un’altra suddivisione del Sarvastivada: il Mulasarvastivada.
C’è una differenza piuttosto significativa tra le presentazioni Hinayana e Mahayana degli arhat e dei bodhisattva. Entrambe concordano sul fatto che gli arhat, o esseri liberati, sono più limitati di quanto lo siano i bodhisattva, o esseri illuminati. Il Mahayana formula questa differenza in termini di due insiemi di oscurazioni: quelle emotive, che impediscono la liberazione, e quelle cognitive, che impediscono l’onniscienza. Gli arhat sono liberi solo dal primo insieme, mentre i bodhisattva sono liberi da entrambi. Questa divisione non si trova nell’Hinayana: è una formulazione puramente Mahayana.

Per ottenere la liberazione o l’illuminazione, l’Hinayana e il Mahayana affermano che è necessaria la cognizione non concettuale della mancanza di un’impossibile “anima”. Tale mancanza è spesso chiamata “mancanza di sé”: anatma in sanscrito – e anatta in pali.
Le scuole Hinayana affermano che la mancanza di un’impossibile “anima” fa soltanto riferimento alle persone, e non a tutti i fenomeni.
Il Mahayana afferma la mancanza di un’impossibile “anima” fa riferimento a tutti i fenomeni, oltre che alle persone. Tale mancanza è chiamata “vacuità”.  All’interno del Mahayana, il Madhyamaka Prasangika afferma che anche gli arhat possiedono tale comprensione. Questo aspetto della vacuità  nelle quattro tradizioni tibetane è spiegato in modi diversi. Alcune affermano che le due vacuità sono uguali altre dichiarano che l’ambito dei fenomeni cui si applica la vacuità dei fenomeni è più limitato per gli arhat di quanto lo sia per i Buddha.  
Inoltre, i bodhisattva si adoperano per diventare insegnanti buddhisti universali; gli shravaka non lo fanno – sebbene ovviamente, in quanto arhat, insegnino ai discepoli. Secondo la scuola Theravada, tuttavia, i  bodhisattva superano gli arhat nell’avere maggiore abilità nei metodi per condurre gli altri alla liberazione, e nell’ampiezza della conduzione dell’attività di insegnamento. Secondo la scuola Vaibhashika i Buddha sono totalmente onniscienti del passato, presente e futuro. Inoltre nella visione del Mahayana, tutto è interconnesso e interdipendente.
L’Hinayana sostiene che il Buddha storico abbia raggiunto l’illuminazione durante la sua vita e che, come un arhat, il suo continuum mentale sia terminato con la morte.  Il  Mahayana sostiene che il Buddha storico abbia ottenuto l'illuminazione in una vita precedente, grazie allo studio con insegnanti buddhisti. Sotto l’albero della bodhi avrebbe dunque semplicemente dato una dimostrazione dell’illuminazione.
Per quanto riguarda i Buddha, un’altra importante differenza è la seguente: soltanto il Mahayana afferma l’esistenza dei tre corpi, di un Buddha mentre l’Hinayana non la sostiene. IAll'interno del buddhismo Mahayana e in particolar modo quello esoterico (Vajrayana), si dice che i Buddha abbiano tre corpi (kaya): il Dharmakaya (Corpo di Verità), il Sambhogakaya (Corpo di Fruizione) e il Nirmanakaya (Corpo di Emanazione).
- Dharmakaya: Esso è la natura stessa dei fenomeni, ossia la loro mancanza di esistenza intrinseca, indipendente, assoluta ecc... viene generalmente rappresentato come la totalità dello spazio o come Buddha Vajradhara di colore blu ed ha un duplice aspetto:
- Il "Corpo di Essenza" (Svabhavikakaya), che rappresenta sia la mancanza di esistenza intrinseca nel flusso mentale di un Buddha (e dal momento che anche la nostra mente manca di esistenza intrinseca e può quindi cambiare e trasformarsi nella mente di un Buddha, possediamo anche noi questo aspetto  ed è ciò che ci permette di diventare appunto dei Buddha), sia l'assenza di oscurazioni nel flusso mentale di un Buddha (questa non è già presente in noi, ma si sviluppa solo quando si diventa dei Buddha e si eliminano le oscurazioni dalla mente).
- Il "Corpo di Gnosi" (Jnanakaya), che è il flusso mentale onnisciente del Buddha (dove per "onniscienza" si intende la capacità di percepire simultaneamente i fenomeni e la loro vacuità di esistenza intrinseca in un unico atto mentale).
L’Hinayana e il Mahayana affermano che gli stadi del progresso verso lo stato purificato, o “bodhi”, di un arhat o di un Buddha comportano lo sviluppo di cinque livelli di mente-sentiero – i cosiddetti “cinque sentieri”. Essi sono i seguenti:1- una mente-sentiero che accumula, o sentiero dell’accumulazione; 2- una mente-sentiero che si applica, o sentiero della preparazione; 3- una mente-sentiero che vede, o sentiero della visione; 4- una mente-sentiero che si abitua, o sentiero della meditazione; 5- un sentiero che non richiede ulteriore addestramento, o sentiero del non-più-apprendimento. Quando gli shravaka e i bodhisattva raggiungono una mente-sentiero che vede, entrambi diventano degli arya, ossia esseri altamente realizzati. Entrambi hanno una cognizione non concettuale dei sedici aspetti delle quattro nobili verità.

L’Hinayana non fornisce una spiegazione esauriente delle menti-sentiero del bodhisattva. Il Mahayana, tuttavia, spiega che il percorso di un arya bodhisattva verso l’illuminazione implica il progresso attraverso lo sviluppo di dieci livelli di mente-bhumi, ed essi non appartengono al sentiero degli shravaka.
L’Hinayana e il Mahayana concordano sul fatto che il sentiero del bodhisattva verso l’illuminazione richieda più tempo, per essere percorso, rispetto a quello dello shravaka verso lo stato di arhat.  Soltanto il Mahayana, tuttavia, parla dell’accumulazione di meriti per arrivare all’illuminazione - per tre immensi eoni.  Gli shravaka, invece, possono raggiungere lo stato di arhat solo in tre vite. Nella prima, uno shravaka diventa colui che è entrato nella corrente; nella seconda vita, diventa colui che torna una volta; nella terza vita, diventa colui che non ritorna, raggiunge la liberazione, e diventa un arhat.  
Gli arhat, tuttavia, hanno la possibilità di aiutare gli altri in misura più limitata di quanto possano fare i bodhisattva. Entrambi, in ogni caso, possono aiutare soltanto chi ha il karma adeguato e è predisposto a ricevere il loro aiuto.
Il Mahayana afferma che in questo “eone fortunato” esistono mille Buddha che daranno inizio alle religioni universali, e sostiene che in altre epoche del mondo ci sono stati, e ci saranno, molti altri Buddha. Il Mahayana afferma anche che tutti possono diventare dei Buddha, perché tutti possiedono i fattori della natura di Buddha che permettono tale conseguimento. L’Hinayana non affronta il tema della natura di Buddha, comunque il Theravada afferma che ci saranno innumerevoli Buddha anche in futuro – incluso Maitreya, che sarà il prossimo – e che chiunque può diventare un Buddha, se pratica i dieci atteggiamenti lungimiranti.

l Mahayana afferma che i dieci atteggiamenti lungimiranti sono praticati solo dai bodhisattva, e non dagli shravaka; mentre  secondo il Theravada, sia i bodhisattva che gli shravaka praticano i dieci atteggiamenti lungimiranti.  Anche l’elenco dei dieci atteggiamenti lungimiranti differisce leggermente tra il Theravada e il Mahayana. La lista Mahayana è la seguente:

•    Generosità   •    Autodisciplina etica
•    Pazienza
•    Perseveranza
•    Stabilità mentale (concentrazione)
•    Consapevolezza discriminante (saggezza)
•    Mezzi abili
•    Preghiera d’aspirazione
•    Rafforzamento
•    Profonda consapevolezza.

La lista Theravada omette i seguenti atteggiamenti: stabilità mentale, mezzi abili, preghiera d’aspirazione, rafforzamento e profonda consapevolezza. Aggiunge, al loro posto, i seguenti:
•    Rinuncia
•    Fedeltà alla propria parola
•    Risoluzione
•    Amore
•    Equanimità.

Sia l’Hinayana che il Mahayana insegnano la pratica dei quattro atteggiamenti incommensurabili di: amore, compassione, gioia ed equanimità. Entrambi i veicoli definiscono l’amore come il desiderio che gli altri possiedano la felicità e che siano liberi dalla sofferenza e dalle cause della sofferenza.  L’Hinayana inizia con il dirigere l’amore verso chi già amiamo, e quindi con l’estenderlo, a tappe, a uno spettro di altri esseri via via sempre più ampio.

Le definizioni di gioia incommensurabile ed equanimità sono diverse nell’Hinayana e nel Mahayana. Nell’Hinayana, la gioia incommensurabile si riferisce al rallegrarsi per la felicità degli altri, senza alcuna invidia e desiderando che essa aumenti. Nel Mahayana, la gioia incommensurabile è il desiderio che gli altri godano della gioia dell’illuminazione, che è senza fine.
L’equanimità è lo stato mentale che è privo di attaccamento, repulsione e indifferenza. Nel Theravada, l’equanimità è diretta verso il risultato del nostro amore, della nostra compassione e della nostra gioia. L’esito dei nostri tentativi di aiutare gli altri dipende in realtà dal loro karma e dai loro sforzi. Nel Mahayana, l’equanimità incommensurabile implica il desiderare che tutti gli altri siano liberi da attaccamento, repulsione e indifferenza, perché tali emozioni e atteggiamenti disturbanti li portano a soffrire.
Sebbene nessuna delle scuole Hinayana parli della vacuità di tutti i fenomeni, esse affermano che, per ottenere la liberazione, è importante comprendere non solo concettualmente i veri fenomeni più profondi. Qui la trattazione si avvicina a quella del Mahayana.  ----  Gli insegnamenti possono essere esposti in una grande varietà di forme, adattati ad ogni tipo di mente e ad ogni stadio di sviluppo spirituale. Secondo la dottrina Mahayana, l’Illuminazione può essere raggiunta da qualsiasi essere senziente, accessibile sia al personale monastico che ai laici.  I testi fondamentali (canoni) sono rimasti inaccessibili per lungo tempo a gran parte della popolazione. Tra i testi mahayanici più antichi troviamo i seguenti Sutra:

  •     Perfezione della Conoscenza
  •     Il Diamante
  •     Il Cuore
  •     Il Loto del Vero Dharma
  •     La Ghirlanda del Buddha

Per tale motivo il Buddhismo Vajrayana (Veicolo adamantino o del Diamante) è anche chiamato Tantrayana ("Veicolo dei Tantra").  Il Vajrayana condivide le premesse filosofiche del Mahayana; si sviluppò in India nel corso VI-VII secolo d.C. ed  è costituito dai Tantra, testi sacri caratterizzati da un mix d’insegnamenti indiani spirituali ed esoterici.  A differenza della scuola Mahayana, nella quale l’illuminazione poteva essere raggiunta esclusivamente grazie ad una vita di “perfezionamento continuo”, la dottrina Vajrayana utilizza anche tecniche tantriche  di purificazione a livello fisico ed energetico che consentirebbero il raggiungimento dell’illuminazione attraverso una via più rapida. Il Buddismo Vajrayana è particolarmente diffuso in Tibet, Mongolia, Bhutan e Giappone (Scuola di Shingon).  Il termine "Vajrayāna" nelle lingue estremo orientali indica gli insegnamenti "segreti" o esoterici e questo tipo di buddhismo è anche chiamato Mantrayāna ("Veicolo dei Mantra segreti").  Il termine sanscrito vajra (lett. diamante o folgore) indica l'infrangibilità, l'immutabilità e l'autenticità della Verità ultima. Corrisponde anche alla vacuità e quindi alla vera essenza di tutti gli esseri e dell'intera realtà. La trasparenza del diamante indica anche che la mente illuminata è "chiara", "limpida" e vuota (trasparente). Le tradizioni indiana e tibetana lo indicano come terzo veicolo, considerandolo come uno sviluppo del Mahāyāna.

-------  Dal sito   https://studybuddhism.com/it/studi-avanzati/abhidharma-e-i-sistemi-di-principi/confronti-tra-tradizioni-buddhiste/hinayana-e-mahayana-a-confronto

Il racconto indiano sull'eliminazione dell'ego

Un istruttivo, quanto emblematico racconto indiano. Un bodhisattva ebbe l’infelice idea di spiegare ad un feroce e spietato serpente, che terrorizzava gli abitanti di un villaggio, i principi nonviolenti e compassionevoli del Buddismo.

Quale fu lo stupore del bodhisattva quando, appena un anno dopo, lo incontrò di nuovo. Irriconoscibile, pieno di graffi, tagli, segnato dalle percosse … Il sant’uomo, sbigottito, gli chiese cosa fosse accaduto. Il serpente rispose che dal momento stesso in cui aveva rinunciato alla sua natura ed era divenuto buono aveva perso il rispetto di tutti, nessuno lo temeva e chiunque, bambini compresi, lo malmenavano e lo prendevano a bastonate senza il benché minimo rimorso.


A quel punto il bodhisattva strizzò gli occhi perplesso e si rese conto di non esser riuscito a spiegare bene la “retta condotta” di vita. Rincuorò il serpente puntualizzando che per rinunciare agli sconsiderati appigli dell’ego, ai suoi attaccamenti, nonché all’illusione di un intramontabile sé, non avrebbe dovuto affatto annullare la sua vera natura ed immolarsi. Gli spiegò che, semmai, il miglior sacrificio sarebbe stato quello di perseguire l’equilibrio. E che l’atteggiamento eccessivamente bonario – l’esporsi, cioè, alla gogna – sarebbe equivalso solo a risvegliare le tendenze negative già presenti, quantunque assopite, negli altri. Il feroce serpente si guardò intorno. Aveva afferrato la lezione. Compassione non implica necessariamente il dover subire, sempre e comunque, ad oltranza. Benevolenza non comporta l’esser costretti a sopportare i peggiori soprusi. Amorevolezza non richiede, inevitabilmente, il proprio sacrificio. Su la testa, si disse: “Ammonirò chi tenterà di colpirmi  spiegandogli, senza tentennamenti, a quali pericoli incorre … rinuncerò agli estremismi, ma verità e fermezza saranno le mie nuove guide”!
 
___ Commento.
La sottomissione eccessiva, ben lungi dal risolvere alcunché, alimenta solo l’altrui protervia. Non è affatto indice d’alta spiritualità, bensì di straordinaria viltà. Tuttavia la vera fermezza nasce soprattutto dall’aver conseguito la pace ed eliminato i conflitti interiori.

Articolo di di Franco Megali  dal sito https://www.meditare.it/wp/racconti/il-serpente-buddista/

Pratica guidata di yoga nidra.

Nidra significa sonno, ma un sonno particolare. Tutti i sensi sono assopiti tranne l'udito, per seguire le istruzioni. Dal libro Yoga nidra di Swami Satyananda che era un discepolo di Sivananda Saraswati, il fondatore della Divine Life Society.  Swami Satyananda ha fondato la Bihar School of Yoga nel 1964.

Pratica guidata di yoga nidra.  Sdraiati su un tappetino, Si parte dalla posizione shavasana: distesi con la schiena sul pavimento, la testa in linea con la colonna, le gambe leggermente divaricate, le punte dei piedi verso l'esterno, il mento vicino allo sterno, le braccia lungo il corpo, palmi delle mani verso l'alto. Ci focalizziamo sul respiro, che calmandosi, calmerà anche la nostra mente, rilassiamo il nostro corpo lasciando andare tutte le tensioni.  Pensiamo ad un nostro proposito, qualcosa che vorremmo realizzare, creiamo una breve frase per questa intenzione e la ripetiamo per tre volte nella nostra mente.  Iniziamo la pratica di yoga nidra, il respiro entra nelle narici e piano piano ci rilassiamo, ci calmiamo, la mente focalizzata sul respiro.  

Adesso vi nominerò alcune parti del vostro corpo, cercherete di diventarne consapevoli e cercherete di rilassarle, spostando l'attenzione da una parte all'altra del corpo.  

Iniziamo con la parte destra del corpo, con la mano destra,  pollice, indice, medio, anulare, mignolo, palmo della mano destra, dorso della mano destra, polso, avambraccio, gomito, braccio, spalla destra, ascella destra, fianco destro, petto, parte destra del torace, fianco destro, anca destra, gluteo, coscia destra, ginocchio destro, polpaccio, caviglia, collo del piede, tallone, pianta del piede destro, alluce, secondo dito, terzo dito, quarto dito, quinto dito; 

Passiamo alla parte sinistra del corpo, alla mano sinistra, pollice della mano sinistra, indice, medio, anulare, mignolo, palmo della mano sinistra, dorso della mano, polso, avambraccio, gomito, braccio, spalla sinistra, ascella, parte sinistra del petto, fianco, anca sinistra, gluteo, coscia sinistra, ginocchio, polpaccio, caviglia, collo del piede, tallone, pianta del piede sinistro, alluce, secondo dito, terzo dito, quarto dito, quinto dito..

Adesso la parte posteriore della schiena, parte posteriore del collo, nuca, parte superiore della testa, fronte, occhio destro, occhio sinistro, guancia destra e sinistra, narice destra e sinistra, labbro superiore e inferiore, mento, collo, tutto il viso assieme, tutta la testa assieme, tutta la parte frontale del corpo assieme, tutta la parte posteriore del corpo assieme, tutto il corpo assieme, tutto il corpo assieme.

Manteniamo il nostro udito attivo, e la mente presente nella meditazione e continuiamo con la visualizzazione dei simboli dei chakra. Quando la nostra coscienza è concentrata sul chakra e tocca il punto giusto il chakra viene rivitalizzato. Cominciamo con la base della colonna,  muladhara chakra, l'elemento terra, il simbolo è un triangolo rosso con il vertice verso il basso, visualizziamo un rosso intenso,  poi passiamo a svadhishthana il cui elemento è l'acqua, visualizzare delle onde del mare, visualizziamo il colore arancione, poi manipura, l'elemento è il fuoco,  il colore è il giallo della luce, visualizziamo un girasole e ci focalizziamo sui suoi petali gialli,  concentriamo ora sull’anahata,  il chakra del cuore, elemento aria, immaginiamo una fiamma di una piccola lampada che riempie lo spazio di una luce calda ed intensa, visualizziamo questa luce, di colore verde, simbolo di questo chakra, risaliamo su vishuddi il chakra della gola, elemento etere,  di colore di colore blù, azzurro, il simbolo è costituito da gocce fredde di nettare, ci concentriamo su questa immagine, risalendo arriviamo all’ajna chakra la sede dell'intuizione, una luna crescente di notte, ci soffermiamo sullo spazio tra le nostre sopracciglia, il colore è l'indaco, adesso andiamo verso il settimo chakra, sahasrara, elemento luce, include tutti i colori ma il colore predominante è il viola, lo visualizziamo come un braciere, un fuoco che brucia intensamente…    

Riprendiamo il respiro, e con esso la consapevolezza del nostro corpo, richiamiamo alla mente il nostro proposito, la nostra intenzione, lo ripetiamo per tre volte nella nostra mente, e prendiamo coscienza del nostro corpo fisico. Iniziamo con piccoli movimenti delle dita dei piedi e delle mani, poi portiamo consapevolezza sugli arti superiori e inferiori, portiamo le braccia oltre la testa, ci giriamo dal lato sinistro, per risalire, e ci portiamo seduti, portiamo le mani unite davanti al cuore, riapriamo gli occhi e pronunciamo Namaste.          Vedi link: https://www.youtube.com/watch?v=WHNnEBMWdXU

giovedì 26 gennaio 2023

Méditation, hypnose... se soigner par la conscience

 Méditation, hypnose... se soigner par la conscience – Webconférence du 26 janvier 2023
Intervenants:
   - Antoine Lutz, neuroscientifique, Centre de recherche en neurosciences de Lyon (unité 1028 Inserm/CNRS/Université Claude Bernard Lyon 1)
   - Gaël Chételat, neuroscientifique, laboratoire Physiopathologie et imagerie des maladies neurologiques (unité 1237 Inserm/Université de Caen Normandie)
    -  Marie-Elisabeth Faymonville, médecin-anesthésiste-réanimateur, responsable du Centre de la douleur CHU de Liège, pionnière en Europe de l’hypnose à l’hôpital
      - Dominique Frau, pratiquante de méditation.  Une conférence animée par Elodie Barakat, journaliste sciences et santé.

https://www.inserm.fr/actualite/webconference-meditation-hypnose-se-soigner-par-la-conscience/ 

https://www.association-mindfulness.org/    L' ADM est l'Association pour le Développement de la Mindfulness. Fondée en 2009, l'ADM a pour mission de diffuser et de promouvoir auprès du grand public toute action en lien avec la pleine conscience. L'ADM propose un annuaire professionnel des instructeurs MBSR et MBCT intervenants dans les 3 pays francomphones européens ( Belgique, France et Suisse). Elle organise les formations qualifiantes à l'instruction des programmes MBSR et MBCT. Elle propose aussi régulièrement des retraites dirigées pars des enseignants seniors de renommée internationale.

domenica 22 gennaio 2023

Pour une vie reussite - Arnaud Desjardins

Frasi prese dal libro Pour une vie reussite - di Arnaud Desjardins.  Questo libro è un omaggio al suo maestro  swami Prajnanpad..

Arnaud Desjardins (1925-2011) ha sempre cercato la conoscenza, 10 anni di lavoro sul Sè con i gruppi di Gurdjeff, 15 anni di viaggi in Asia a studiare con maestri indiani e tibetani, zen, sufi senza mai rinnegare la sua fede cristiana. 

Noi siamo più pronti ad abbandonare questa terra se noi abbiamo approfittato del nutrimento terrestre, una morte riuscita è il coronamento di una vita riuscita, che è una vita felice, completa che deriva più da ciò che siamo che da ciò che abbiamo. Spesso le nostre frustazioni profonde, latenti o manifeste, derivano da fallimenti amorosi, dalla nostra incapacita di dare e ricevere amore. Forse anche per questo Thich Nhat Hanh ha inventato la meditazione dell’abbraccio che è una combinazione di Oriente e di Occidente. Praticarla significa abbracciare sul serio la persona che state abbracciando, significa rendere molto reale la persona che avete fra le braccia: non è un abbraccio di convenienza, tanto per salvare le apparenze, una manata sulla spalla dell’altro per fare finta di esserci, ma è respirare consapevolmente e abbracciare l’altro con tutto il corpo, con tutto lo spirito, con tutto il cuore. La meditazione dell’abbraccio è una pratica di consapevolezza. «Inspirando, so che questa persona cara è viva fra le mie braccia. Espirando, mi è tanto preziosa». Se respirate profondamente in questo modo, tenendo fra le braccia la persona a cui volete bene, l’energia della cura, dell’amore e della consapevolezza penetrerà in lei e la nutrirà e la farà rifiorire.

Se il mentale degli esseri umani è complesso, complicato a volte, la vita è semplice, L'amore in tutte le sue manifestazioni, è la legge fondamentale, la legge universale, a cui nemmeno i monaci o monache sfuggono.  La scelta è semplice o una vita amorosa riuscita, o un'ascesi vivificante (un distacco totale dal mondo) o la nevrosi. Leggere non ci impedisce di parlare di vita riuscita. Molte persone interessate alle dottrine esoteriche o a percorsi spirituali, aspirano alla realizzazione e ad elevati stati di coscienza, dimenticando che è la normalità che gli manca. Meglio amare; E' la semplicità di una vita di coppia riuscita che fa una vita riuscita. L'appagamento sentimentale riguarda soprattutto l'essere umano nella sua totalità: corpo, testa e cuore. Un essere umano chiamato a ricevere, e dare e a trascendere tutte le dualità.

Arnaud incontra swami Prajnanpad, nel 1965, era già stato diverse volte in India a partire dal 1959, in Tibet dal 1964 dove aveva incontrato uno dei suoi maestri Ma Anandamayi, e da 16 anni praticava yoga, aveva letto libri di René Guenon (uno scrittore, filosofo, esoterista, intellettuale francese convertitosi all'Islam) . Quando arrivò al suo ashram si aspettava una iniziazione e un mantra, che erano gli elementi importanti utilizzati da un maestro per riconoscere un discepolo. Ma visto che questo non avvenne gli chiese una formula o una frase che riassumesse il suo insegnamento. Prima che Arnaud Desjardin lasciò l'ashram swami Prajnanpad gli disse "Be happy, Arnaud" ossia "Siate felice, Arnaud". Desjardin in quel momento della sua vita non era particolarmente scontento, la sua vita professionale andava bene, era appassionato dei lunghi viaggi in Asia per girare dei film, ma la frase lo fece piangere, sopraffatto dall'emozione nel constatare a che punto, fondamentalmente, era incapace di essere felice.  Non aveva mai pensato ad una vita spirituale così semplice e diretta. Aveva aspirato a raggiungere stati superiori di coscienza, il samadhi, ed era arrivato ad avere delle straordinarie ma brevi esperienze con il suo maestro Anandamayi.  Per la prima volta era presente a se stesso, cosciente, e a quella frase inattesa, per la prima volta, prese bruscamente coscienza che non era felice, e che era stato incapace di esserlo veramente fino a quel momento. Adesso aveva capito quale era il vero scopo della spiritualità ed era così talmente semplice: "Essere felici!"  E' il più terribile di tutti i comandamenti.  Un bambino veramente ben educato sarà un bambino felice. Fino a quel momento aveva pensato che una persona che si dedicava alla spiritualità doveva cercare di essere vigilante, di meditare,  di unificare le sue diverse tendenze, le sue energie latenti. 

Lo swami aveva capito che Arnaud era infelice. In effetti tutto quello che lo faceva felice in quel periodo erano i film che girava in Oriente e la sicura situazione economica. Si trattava di una felicità fragile e vulnerabile, che poteva essere minacciata da qualsiasi evento imprevisto.  "Be happy!" da quel giorno è diventato lo scopo dell'esistenza di Arnaud Desjardins, Fino a quel momento aveva cercato di sfuggire a quelle riflessioni dicendosi che non era uno scopo abbastanza elevato. Era preso dalla paura dallo stereotipo dell'imbecille felice.  E' impossibile intraprendere una via spirituale eludendo questa domanda. La ricerca della felicità e del benessere oggi è inflazionata ed è proposta in tutte le salse, e sembra quasi impossibile essere intelligenti e felici.  Ma c'è un'enorme differenza tra il volatile attimo di benessere e la felicità profonda e radicata. La verità è che l'ego è incapace di essere felice. L'ego vuole essere saggio, meditare, avere esperienze trascendentali, vuole arrivare ad un obiettivo anche nel campo della spiritualità. Essere felici non può essere capito dall'ego. Dobbiamo disfarci del nostro ego. Questo è il primo passo per avere una benessere stabile ed una felicità imperturbabile di fronte agli eventi della vita.

Arnaud Desjardins

"Un giorno a una domanda sulla morte mi si è presentata spontaneamente questa risposta: “Tu non hai paura della morte, hai paura della vita”. Ho riflettuto e mi è apparso con certezza quanto quella risposta fosse vera: la paura della morte è tanto più grande quanto più non si è osato vivere. Se davvero non avrete più paura della vita non potrete più avere paura della morte perché avrete scoperto in voi stessi cos’è veramente la Vita, non la vostra vita ma la Vita unica e universale che ci anima, e quindi vi apparirà evidente che quella vita è indipendente dalla nascita e dalla morte".  Gianfranco Bertagni..

Osate vivere.  Dal libro “L’Audacia di Vivere” di Arnaud Desjardins.

http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/vedanta/osatevivere.htm

Arnaud Desjardins (1925-2011)  era un autore francese. È stato produttore all'Office de Radiodiffusion Télévision Française dal 1952 al 1974 ed è stato uno dei primi praticanti di alto profilo della spiritualità orientale in Francia.    

http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/vedanta/guarireego.htm

The Message Of The Tibetans (Part I + II). A Film by Arnaud Desjardins. vedi: https://www.youtube.com/watch?v=wO_O8sOtNHs

Etre Un Avec Ce Qui Est - Arnaud Desjardin
https://www.youtube.com/watch?v=PDTeHWukdnU

L'accettazione e il mentale secondo Arnaud Desjardins (da un seminario di Gianfranco Bertagni)
https://www.youtube.com/watch?v=UG0IkTpT5To

 "Dans la filiation de mon maître, Arnaud Desjardins 1 - 2"    Éric Edelmann répond aux questions de Gilles Farcet sur ce qui l’anime dans son activité de transmission à Mangalam, l’ashram d’Arnaud Desjardins au Québec. Il nous donne un témoignage personnel de la relation de cœur à cœur à son maître, restée toujours aussi vivante après son départ en 2011. Il aborde les thèmes de la confiance et de la peur, de la liberté et de l’éveil, de l’autonomie et de la dépendance : les grands incontournables de tout lien avec un authentique ami spirituel.  

https://www.youtube.com/watch?v=DuhPrYksGuc
https://youtu.be/d697cwtPhnM

 

venerdì 20 gennaio 2023

Lo yoga della conoscenza integrale - Sri Aurobindo

 "Una volta trasceso il nostro sè, l'ignoranza e la penombra del nostro essere mentale cosciente vengono superate per entrare in un Sè di saggezza, nasciamo ad un nuovo stato d'animo, rivestiamo una nuova natura".  Sri Aurobindo.

L'uomo mentale che siamo si cambia in un anima gnostica, in una divinità cosciente della Verità, vijinana maya purusha (pag. 173).  La gnosi o vijnana muta la natura umana in natura divina. Bisogna evitare due errori: il primo che alcuni prendono vijinana per sinonimo di buddhi, e buddhi per sinonimo della ragione, del giudizio, dell'intelligenza logica. L'altro errore, quello dei falsi mistici, che identificano vijinana con la coscienza dell'infinito, una coscienza purificata da ogni ideazione, ma questo è solo un aspetto della gnosi. La gnosi o vijinana, non è soltanto coscienza concentrata sull'Essenza infinita, è anche contemporaneamente, una conoscenza infinita dell'infinito gioco cosmico.  La ragione o l'intelletto costituiscono solamente la buddhi inferiore, la loro azione dipende dalle percezioni della mente sensoria e dai concetti dell'intelligenza mentale. Eiste una forma superiore di buddhi che può essere chiamata mente intuitiva  o ragione intuitiva. L'intuizione mentale dell'essere umano è più elevata, è un'intuizione proveniente da una visione interiore, non da un intuizione sensoria o mentale. La gnosi procede per identità o visione: insieme è, vede e conosce. Non ricerca, rivela e illumina, parte dalla totalità e vede  d'un solo tratto il passato, presente e futuro.  La ragione dimora nella diversità e ne è prigioniera mentre la conoscenza gnostica non conosce divisioni, vive nell'infinito, parte dall'infinito. La supermente o gnosi è la verità suprema, la luce suprema, la sovrana armonia dell'assoluto.  

Il ricercatore arriva così al cuore dell'esperienza, il Supremo è in lui, intorno, e l'anima dimorante nel supremo, una con lui. E' questa l'esperienza fondamentale dell'essere mentale trasformato, sublimato e compiuto nella perfezione della gnosi. Nell'essere mentale l'intelligenza o senso morale è il principio che dirige. L'uomo è un essere mentale che non vive in un mondo mentale; egli vive soprattutto nell'esistenza fisica.E' una mente prigioniera nella Materia e da essa condizionata. Tutto cambia quando passiamo dalla mente alla gnosi, il cui principio centrale è una conoscenza inerente e diretta. Il primo passo per arrivare all'essere gnostico è quello di liberarsi dall'ego che limita e imprigiona (pag. 184). Dobbiamo sentirci uno con tutte le cose e gli esseri, e questa unità è la prima condizione per arrivare alla gnosi. Occorre che il Purusha esca dal corpo fisico e dal corpo mentale, elevandosi sino al corpo di Vijnanamaya. Ci immergiamo in una coscienza più vasta di quella dei nostri sensi fisici. Ciò che chiamiamo noi è divenuto la coscienza di un essere infinito che agisce sempre e universalmente, diventa impossibile pensare e percepire il finito fuori del senso fondamentale dell'infinito.  Mediante questo doppio infinito arriviamo all'essere di Sat-chit-ananda, supremo Sè del nostro essere e totalità della nostra esistenza cosmica. In questo infinito ci eleviamo e ci dilatiamo, usciamo dall'ego e diventiamo per sempre l'immenso.  "Lo stesso Dio, mediante la sua Prakriti, conosce, agisce, gode attraverso la mia individualità e i suoi simboli, e vi disvolge, al suo alto e divino livello, l'eterno gioco dell'infinito in questo universo che è eternamente Lui!.

L'essere mentale riceve e al più riflette il vero, il divino, l'eterno; l'anima gnostica si identifica con esso; si immedesima con lo spirito e il potere della suprema natura. Il dualismo Purusha Prakriti, dell'anima e della Natura spariscono come bi-unità nel mistero dinamico dell'Uno Supremo.  Una volta che il Sè al di sopra della mente è raggiunto e tutti i sè inferiori sono tornati a Lui, c'è ancora un'ultima conquista: arrivare ad Ananda, suprema ed eterna beatitudine. Nell'Ananda il nostro spirito trova il suo vero sè, la sua coscienza essenziale, il possesso supremo del suo esserci al mondo. Quando l'anima raggiunge questa condizione, tocca l'infinita liberazione ed ultima perfezione. L'Ananda si può scoprire in tutti i piani, perchè è dappertutto il medesimo. Nell'Ananda, la conoscenza esce dal generato e ritorna alla pura coscienza di sè, la volontà si dissolve nella pura felicità dell'Infinito. L'esistenza gnostica si fonda sulla sostanza e sulla forma dell'Ananda.  Nell'Ananda tutto si rovescia, tutto è, tutti siamo uno stesso essere, uno stesso e identico spirito. Si prova la gioia dell'identità assoluta in una innumerevole unità. Tuttoo è conoscenza beata dell'infinito, tutte le forme ed attività sono forme e attività della beatitudine dell'Infinito. L'anima unificandosi con la beatitudine dello Spirito trascendente e universale diventa lo Spirito stesso.  Dato che l'amore è il potere e il simbolo beato dell'unità, l'essere supermentale si avvicinerà a questa unità accedendovi dalla porta dell'amore universale. Nella mente, nella vita e nel corpo il purusha è separato dalla Natura, è in conflitto con essa, mentre nella gnosi è invece con essa due in uno.  Sulle altitudini della gnosi e dell'Ananda, non c'è più dualità tra Purusha e Prakriti, ma solo unità. 

Dobbiamo cercare l'unità con Dio e con essa anche l'unità universale con il cosmo e con tutte le sue esistenze. Dobbiamo fare in modo che il nostro intero essere sia uno con Lui, pieno di Lui, fondersi con lui e ritrovarlo in tutte le relazioni. Mediante questa elevazione interiore possiamo trasformare tutta la nostra esistenza esteriore, avremo un vita, non dominata dalla materia ma dallo spirito. Esistono due tipi di conoscenze: quella inferiore che cerca di comprendere i fenomeni esteriori dell'esistenza, e quella che cerca di conoscere la verità dell'esistenza dall'interno per risalire alla sorgente. Sono due aspetti di una stessa ricerca.   La scienza, l'arte, la filosofia, la storia sono mezzi per arrivare alla conoscenza delle opere di Dio nella Natura e nella vita. Ma anche la scienza, giunta ai suoi limiti, sarà obbligata a percepire nell'universo materiale l'infinito, l'universale, lo spirito, l'intelligenza e la volontà divina. La conoscenza inferiore è utile al sadhaka (il praticante) per cominciare a muovere i primi passi.

Lo yoga aiuta servendosi della conoscenza, delle emozioni e dell'azione al possesso del Divino. Lo yoga è ricerca cosciente e perfetta dell'unione col Divino (pag.205), tutto il resto è un'oscura ricerca su una via imperfetta. Lo yoga incomincia a separarsi dalle attività e dai metodi della conoscenza inferiore, ci richiama all'intimo e ci avvicina a Lui. Nello yoga il metodo di conoscenza consiste nel volgere lo sguardo verso l'interno e, penetrare le apparenze per raggiungere l'eterna realtà che le abita. Vi giunge con la purificazione, la concentrazione e l'immedesimazione. Lo scopo della purificazione è fare dell'essere mentale uno specchio in cui la realtà divina possa riflettersi. La concentrazione permette di lacerare il velo che la nostra comune mentalità ha creato tra la verità e noi stessi. L'identificazione è la conoscenza e il completo possesso. Solo i metodi speciali dello yoga possono operare la purificazione sistematica di tutto l'essere e permettergli di riflettere integralmente la realtà divina e di assorbirla.      

La conoscenza è il punto di partenza per l'ascesa della conoscenza superiore. L'importanza del fenomeno di transe yogica o samadhi è intimamente legato allo yoga della conoscenza, il cui scopo rimane quello di sviluppare e spingersi ad una più alta e divina coscienza. In questa transe ogni attività di percezione viene abolita e nulla rimane della coscienza, l'anima s'immerge nel silenzio del Nirvana supremo senza possibilità di ritorno ad uno stato di esistenza illusoria o inferiore.

Nell'antica psicologia indiana divideva la coscienza in stao di veglia, di sogno e di sonno, con al di là un supremo ed assoluto Sè, il quarto o Turiya.  Lo stato di veglia rappresenta la coscienza dell'universo materiale, lo stato di sogno è la coscienza dei piani sottili, vitale e materiale. Lo stato di sonno è una coscienza che corrisponde allo stato di gnosi, ad un piano supermentale particolare. Al di à, Turiya, è la coscienza della nostra pura esistenza in sè o essere assoluto, con cui non abbiamo alcun rapporto, ma ne riceviamo solo qualche riflesso. Questa scala di quattro gradi corrisponde ai gradi della scala dell'essere mediante la quale saliamo fino al Divino. Si dice che esistano certi supremi stati di transe da cui l'anima non può più ritornare se vi si trattiene troppo.  Lo yogi ad un certo stadio di sviluppo, è in grado di abandonare definitivamente il suo corpo, senza passare per il normale stato di morte, ritira l'energia vitale pranica aprendo un passaggio nel brahmarandhara mistico situato nella testa.   Abbandonando così la vita durante lo stato di samadhi, raggiunge direttamente il piano superiore a cui aspirava.   Una volta raggiunto il samadhi bisogna cercare il più possibile di vivere questo stato nel campo della coscienza di veglia. In uno yoga che abbraccia tutta la vità, completamente e senza riserve, il samadhi non è veramente utile che quando le sue acquisizioni possono diventare esperienza normale e servire al risveglio integrale dell'anima incarnata nell'essere umano.

Esistono tanti mezzi per arrivare al samadhi quante sono le vie dello yoga.  (Pag. 217)  Lo yoga è un tentativo per arrivare all'unità col Supremo. Per fare questo occorre elevare la coscienza mentale ad una chiarezza e ad una concentrazione più alti di quelli che appartengono alla nostra comune mentalità e che le permettano di percepire il vero Essere. Esistono due grandi discipline in cui il samadhi riveste una grande importanza: il Rajayoga e lo Hathayoga.

Lo hathayoga è un sistema potente, ma difficile e oneroso, il cui principio si fonda sull'intima relazione esistente fra corpo e anima. Il corpo è la chiave, e contiene il doppio segreto della schiavitù e della liberazione. Per lo hathayogi il corpo non è una volgare massa di materia che vive, ma un ponte mistico tra l'essere spirituale e l'essere fisico. OM è l'immagine del corpo mistico umano. Lo yogi tenta, mediante determinati procedimenti scientifici, di dare all'anima del corpo fisico il potere, la luce, la libertà e tutta la gamma ascendente delle esperienze spirituali, come s evivesse in un corpo sottile. Lo hatha yoga è una scienza dell'essere consistente in un sistema psicofisico che conduce al Supremo, anche se il suo cammino è lungo, arduo e meticoloso. I metodi dello yoga seguono tre principi pratici (pag. 219): prima la purificazione, poi la concentrazione per utilizzare l'energia a scopi ben definiti, poi la liberazione dell'energia individualizzata per condurci all'unione con il Supremo. I due mezzi principali sono le asana per abituare il corpo all'immobilità e il pranayama per regolare le correnti di energia nel corpo. Le asana si basano su due idee, la prima è l'idea del controllo mediante l'immobilità fisica; la seconda quella del potere mediante l'immobilità. Il potere dell'immobilità e equivalente a quello dell'immobilità mentale nello yoga della conoscenza.   Placare l'agitazione del corpo e obbligarlo a conservare l'energia pranica anzichè dissiparla è lo scopo di questa disciplina. Lo hatha yoga ha a disposizione circa ottanta asana per dare maggiore elasticità al corpo e modificare la relazione tra l'energia fisica del corpo e l'energia terrestre a cui il corpo è unito. Ciò porta a superare la fatica, il corpo grossolano si avvicina alla natura del corpo sottile e migliorano le sue relazioni con l'energia vitale. Si acquistano le siddhi e la vita cessa di dipendere dagli organi fisici e dal loro funzionamento (come il battito cardiaco e il ritmo della respirazione che potrebbero essere controllati a piacimento dello yogi). Il pranayama deve purificare il sistema nervoso e far circolare liberamente l'energia in modo da poter dirigere l'energia vitale dove si vuole.  Questo costituisce la base per il percorso ulteriore del Rajayoga di cui la chiave è la mente.  Le posizioni e il pranayama sono presenti in entrambi i sistemi ma assumono importanza diversa. Ognuno dei chakra è il centro di un particolare sistema di operazioni, di forze ed energie psicologiche che circolano nei nadi, questi centri sono solo parzialmenti aperti per il funzionamento della vita ordinaria. Per questo che l'anima incarnata sembra dipendere dalla vita corporea e nervosa. Ma l'energia è là, assopita è la kundalini shakti che quando si sveglia sale fino alla sommità della testa, si incontra con il Purusha nel lot dai mille petali, il brahmarandhra, in un profondo samadhi di unione in cui la coscienza si sveglia e si perde nel supercosciente. Questa energia, la vera energia si sveglia con la pratica del pranayama.  Tutte le discipline e religioni dell'India che si richiamano a metodi principalmente psico-fisici dipendono più o meno dal tantrismo, nelle loro pratiche.    Il Rajayoga si basa su una purificazione morale e mentale.  La purificazione morale si divide in due categorie: cinque yama e cinque niyama. Yama sono delle regole per il controllo del sè nella condotta morale. Le niyama sono una disciplina mentale, la più alta è la meditazione sull'essere divino. Quando questa base è assicurata, le asana e il pranayama cominceranno a dare frutti perfetti. La posizione utilizzata è quella di mantenere in linea la testa e il dorso e il pranayama apre i sei centri al percorso della shakti. Accoppiato con l'uso dei mantra, introduce nel corpo l'energia divina e facilità la concentrazione in stato di samadhi che è il coronamento del Rajayoga. 

Il vero scopo è quello di ritirare la mente dal mondo esteriore per unirsi all'Essere divino.  Per le prime tappe è meglio servirsi di un mezzo, un appoggio mentale come un oggetto, una forma, un mantra  simbolizzante il divino; e questo è il metodo tradizionale. Altri metodi tendono ad osservare la mente che vagabonda qua e là, oppure si può adottare un altro metodo più vigoroso che è quello di escludere ogni pensiero diretto verso l'esterno ed immergersi in una tranquillità assoluta, che riflette il puro Essere o sparire in una esistenza supercosciente.  I metodi sono diversi ma lo scopo è lo stesso tranquillizzare le onde di coscienza e le loro molteplici attività, chittavritti, e sostituire la confusione rajasica con la calma luminosa di attività sattviche, arrestando poi ogni attività. Il rajayoga può portare ad acquisire le siddhi, poteri occulti, e questi possoo rappresentare delle distrazioni che deviano dal percorso che è l'unione con il Divino.

Per lo yoga integrale i metodi del Rajayoga e dello Hathayoga possono essere utili in certi stadi dello sviluppo, ma non sono affatto indispensabili.

mercoledì 18 gennaio 2023

Deva Premal & Miten - Mantra

Deva Premal (1970-) è una cantante tedesca new age, nata da genitori aperti alla psicospiritualità, ha scoperto fin da piccola le tecniche di meditazione attiva e il valore dei mantra. I suoi dischi, realizzati in collaborazione con il marito Miten, sono composti da mantra Hindu cantati con accompagnamento musicale contemporaneo. 

Deva Premal & Miten è uno dei gruppi di musica spirituale più conosciuto al mondo. Deva Premal ha incontrato Miten nell'ashram di Osho in India. Lei cantava come spalla e lui componeva ed eseguiva le canzoni appositamente per i festival musicali di Osho. Fu durante uno di questi festival in Inghilterra che Deva Premal uscì dall'ombra (era molto timida e non aveva fiducia nella sua voce) quando iniziò a cantare da sola il Gayatri mantra davanti alle migliaia di persone che partecipavano al festival. Quel giorno ha scoperto la sua voce. Il padre di Deva durante tutta l'infanzia le cantava il mantra Gayatri.

Nel 1998, Deva Premal e Miten hanno registrato il loro primo album The Essence nella cucina della madre di Deva. Questo album era destinato ai devoti di Osho, ed invece è esploso nelle sale di yoga, nei centri di terapia e nei centri di ritiro. Vengono venduti oltre 300.000 album e questo è l'inizio della nascita del gruppo Deva Premal & Miten.  Quando Manose (il flautista indiano) si unì al gruppo, il nome fu cambiato in Deva Premal & Mitel with Manose.

Presenti nei principali media, tra cui il Wall Street Journal, il Los Angeles Times e l'Huffington Post, sostenuti da celebrità come Cher, Tony Robbins e il Dalai Lama, inclusi in colonne sonore di film come Walkout, Mantra e 8 Seconds, e onorati da 1,5 milioni di album venduti, 550.000 ascoltatori mensili su Spotify e 400.000 iscritti a Facebook, i musicisti di alto livello Deva Premal & Miten sono nomadi moderni in missione per condividere la medicina del mantra con l'umanità.
Nel 2018 Miten ha dovuto subire un intervento al cuore. Attualmente è tornato a esibirsi con la sua amata Deva.

Il gruppo Deva Premal & Miten propone in tutto il mondo canzoni originali utilizzate per la lettura, la meditazione, lo yoga, la gestione dello stress, il massaggio e il sonno, non solo per incarnare una vita consapevole ma anche per condividere potenti strumenti di benessere, consapevolezza e sviluppo personale. Offrendo un'alternativa alla cultura musicale contemporanea, Deva Premal & Miten propone anche incontri sacri globali in un ambiente simile a un tempio, dove la musica non è una performance guidata dall'ego, ma piuttosto un portale per la contemplazione, la pace interiore e la connessione incentrata sul cuore.

Mentre i musicisti cantano il mantra centrale e improvvisano con gli strumenti, tutte le persone riunite partecipano, rendendo ogni incontro un'opera d'arte unica, un intreccio di umanità, un'offerta al Divino e un antidoto all'isolamento, allo stress e al caos che affliggono molti nel mondo di oggi.
Nel contesto di una ricerca all'avanguardia nel campo della musica e dell'epigenetica, in cui gli studi scientifici hanno dimostrato l'efficacia della "medicina dello stile di vita" nel trattamento di problemi di salute mentale e fisica, migliaia di pazienti hanno testimoniato che l'ascolto degli album di Deva Premal & Miten e la partecipazione ai loro incontri musicali hanno contribuito a cambiare la loro vita - compreso il miglioramento spontaneo, se non la completa risoluzione, di problemi di salute cronici - convalidando il potere del mantra di guarire il mondo, una canzone alla volta.

Hanno scritto e prodotto numerosi CD, come Global heart native soul e Songs for the inner lover. Circondato da musicisti di alto livello, tra cui Prem Joshua e Manish Yvas, Deva Premal canta i mantra su melodie moderne e brillanti. Al di là delle parole e delle note, seguendo il percorso della saggezza dei mantra, il canto di Deva Premal mira a risvegliare il cuore. La sua continuazione ideale è il silenzio e la meditazione. Massaggio, guarigione, yoga, espressione corporea, liberazione emotiva. "È la musica degli angeli della terra, sublime e trascendente... Pionieri di una nuova dimensione sacra della musica - che alcuni chiamano sacred world music - Deva Premal e Miten ci invitano a una meditazione attiva e dinamica. A un momento di pura estasi e appagamento.

 Site web: www.mitendevapremal.com

 Film: Mantra – Suoni nel silenzio, In Search of the Great Song 

Gayatri Mantra - Live in Zurich, 2022  https://www.youtube.com/watch?v=qG5ee6Ob6fY
Gayatri Japa Chanting, January 1st 2023  https://www.youtube.com/watch?v=_1Jm0BoA9pU
 
Om bhur bhuvah svaha
Tat savitur varenyam
Bhargo devasya dhimahi
Dhiyo yonah prachodayat    _____________

Miten: Alla ricerca della sua anima.  Agli occhi di un osservatore esterno, il britannico Miten (all'epoca conosciuto come Andy Desmond) aveva tutto: una moglie, un figlio e una carriera di successo come musicista professionista - in tournée con, in apertura e come musicista ospite di band come Fleetwood Mac, Fairport Convention, Hall and Oates, Randy Newman e Ry Cooder, negli stadi di tutto il mondo. Lo stile di vita fatto di sesso, droghe e rock & roll, tuttavia, si accompagnava a un'insipienza e a una profonda distorsione che corrodevano l'anima di Miten. In fin dei conti, la musica sembrava non essere altro che un bene di vendita, con i musicisti che servivano come pedine dell'industria per generare denaro per i dirigenti delle aziende, a scapito della vera espressione di sé e dell'arte. Dopo aver girato in questo mondo per anni, sentendosi sempre più alienato da se stesso, dalla sua famiglia e dalla vita stessa, Miten ha attraversato una crisi spirituale e ha avuto un crollo, in cui l'unico modo che conosceva per salvarsi era quello di alzarsi e andarsene, da tutto e da tutti quelli che conosceva.
-- All'epoca 29enne, Miten aveva appena letto No Water No Moon, un libro di discorsi di Bhagwan Shree Rajneesh (Osho) sulle parabole Zen. Una storia in particolare cambiò la vita di Miten: In una notte di luna piena, Chiyono, una suora, stava portando un secchio d'acqua dal pozzo. Proprio mentre stava notando il riflesso della luna nell'acqua, il secchio si ruppe. In quel momento guardò la luna e si illuminò, rendendosi conto di aver passato tutta la vita a concentrarsi sul riflesso della "cosa reale", invece che sulla cosa reale stessa. Miten capì allora che mentre la musica in generale, e la sua musica in particolare, aveva qualcosa di profondo, l'approccio commerciale dell'industria musicale era solo un riflesso della cosa reale. Era come se la musica fosse la chiave per qualcosa di più grande - una profonda pace interiore e un senso di connessione con l'infinito - ma lui era stato impegnato a lucidare la chiave, invece di aprire la porta con essa.
-- Desideroso di saperne di più e di abbracciare una trasformazione dell'intero essere, Miten lasciò subito l'Inghilterra e si ritrovò in un ashram in India, dove liberò tutti i beni terreni, così come la sua identità di musicista, e si unì al sangha (famiglia spirituale) di Osho. Vivendo una vita semplice e umile mentre studiava con Osho, facendo lavori come tagliare le verdure in cucina, Miten ha trovato il coraggio e l'ambiente perfetto per affrontare i suoi demoni interiori e diventare chi era veramente a livello dell'anima, invece di mantenere l'immagine della persona che aveva sempre pensato di dover essere. Sentendo per la prima volta un profondo senso di forza interiore, Miten ha infine rivisitato le sue radici musicali, ma da un luogo diverso: quello della spiritualità e della devozione, dove ha servito come canale per la comunità dell'ashram, offrendo canzoni originali che celebravano gli insegnamenti di Osho.
-- Fu in questa veste che Miten, allora quarantenne, incontrò l'espatriata tedesca Deva Premal, 20 anni, che all'epoca praticava il lavoro sul corpo nell'ashram di Osho, praticando Shiatsu, terapia craniosacrale e riflessologia. Figlia di due artisti che praticavano gli insegnamenti spirituali indiani, Deva era cresciuta con la musica e i mantra. Prima di incontrare Miten, tuttavia, non aveva abbracciato nessuno dei due come parte del proprio percorso.
Deva: Trovare la sua voce.  La madre di Deva era un'insegnante di musica medievale, che offriva lezioni di pianoforte, clavicembalo e flauto dolce e dirigeva il coro di una chiesa locale, mentre il padre di Deva era un artista visivo che aveva iniziato a suonare il tamburo in Medio Oriente quando Deva era nata. Inoltre, entrambi i genitori avevano abbracciato la spiritualità Zen e la filosofia orientale, ben prima della nascita di Deva, e praticavano quotidianamente il canto in sanscrito. Quando Deva era nel grembo materno, ad esempio, suo padre le cantava quotidianamente il mantra Gayatri e, quando era piccola, glielo cantava ogni notte, come ninna nanna. Così l'infanzia di Deva è stata piena di musica da camera, cerchi di tamburi e mantra, in particolare il Gayatri mantra, che all'epoca Deva non aveva idea fosse uno dei mantra più venerati e potenti in assoluto.
-- Per la maggior parte, Deva non ha apprezzato l'influenza dei suoi genitori - musicale o di altro tipo - fino a quando non è stata più grande. Da bambina, pensava che i suoi genitori fossero strani e all'età di 10 anni, volendo essere normale come i ragazzi intorno a lei, Deva si è immersa nello studio del cristianesimo e ha cercato di farsi battezzare. Inoltre, pur avendo studiato flauto dolce, pianoforte e violino ed essendosi persino iscritta a una scuola che enfatizzava l'educazione musicale e l'esecuzione, Deva non amava la rigidità della musica classica e il rigore della pratica. Già allora, tuttavia, era attratta dal coro e dall'orchestra, perché le piaceva l'atto di creare musica insieme, attraverso la comunità - prefigurando il suo futuro.
-- Nel frattempo, una cosa dell'infanzia risuonò profondamente con Deva, mentre stava ancora crescendo: la scoperta da parte di sua madre degli insegnamenti di Osho. Deva sentì immediatamente una vocazione e, all'età di 17 anni, lasciò la scuola e si trasferì in India, per unirsi all'ashram di Osho - dove si immerse non solo nella teologia Zen, ma anche in un serraglio di espressioni artistiche del Divino: mantra sanscriti, danze sufi, canti dei nativi americani, tamburi africani e altro ancora. Avendo rotto con la tradizione dei guru, Osho non insegnava i mantra come parte ufficiale della vita dell'ashram. Tuttavia, ha incoraggiato tutti i presenti a condividere le loro espressioni uniche di amore, pace, unità e compassione, in qualsiasi formato e da qualsiasi tradizione.

giovedì 12 gennaio 2023

Suor Infant Tresa "La yogi di Cristo"

"Lo yoga, una pratica che – sostiene  suor Infant Tresa – non solo non è in contraddizione con la vita da religiosa e col cristianesimo ma aiuta ad essere cattolici migliori"..

Aleyamma o suor Infant Tresa  nasce nel 1951 nel Kerala (regione nel sud dell’India), uno degli Stati indiani in cui il cattolicesimo è molto presente e diventa suora a 19 anni. Oltre ad essere una delle 7mila clarisse francescane del Kerala,  la suora è  anche una delle insegnanti di yoga più note della zona. Nel 1985 – iniziò a fare yoga perchè aveva un terribile mal di schiena che l'obbligava a portare un corsetto speciale. Incontrò un maestro di yoga presso l’università dove studiava che gli consigliò una serie di esercizi da fare e  dopo poco tempo il problema alla schiena era scomparso. Da allora la preghiera mattutina di suor Infant Tresa comincia con Padre nostro e namasté (il saluto dello yoga), dimostrando che non vi è contraddizione alcuna tra la vita da religiosa cattolica e lo yoga che diventa un'estensione della sua vita religiosa.

Per trent’anni ha praticato yoga e in età da pensione ha deciso di diventare insegnante di yoga. Gestisce e supervisiona due centri di yoga nel Kerala (il primo creato nel 2006) e i suoi corsi sono seguiti da persone di diversi background religiosi, culturali e linguistici provenienti da tutta l'India e dall'estero. Persone di tutte le età, donne, uomini, bambini, persone con diverse malattie, anziani e donne incinte. La sua esperienza più indimenticabile come insegnante di yoga è stata quella di aiutare una persona paralizzata a camminare e muoversi normalmente attraverso la terapia yoga. Era un avvocato del Kerala e un lato del suo corpo era paralizzato e quindi non poteva più neanche alzarsi o sedersi.

«All’inizio – racconta – alcuni erano perplessi che una suora insegnasse yoga, ma non mi sono mai fatta scoraggiare dai dubbi delle persone». Così suor Tresa ogni anno partecipa anche alle conferenze per i professionisti dello yoga, in India e all’estero, e nel 2015 ha ottenuto un riconoscimento per la sua attività da parte della Yoga Alliance.  «Spesso i cristiani sono perplessi per i mantra che si recitano durante la pratica, ma questo non è un fatto centrale: io per esempio durante la seduta di yoga recito preghiere cristiane». «Non c’è niente di contraddittorio con la fede cristiana; –. È per ignoranza che una parte dei cristiani si oppongono allo yoga, dicendo che appartiene all’induismo.  Lo yoga non è legato a nessuna religione, ma è un contributo dell’antica India al resto del mondo. È una pratica olistica che unendo fisico, mente, intelletto, emozione e spirito fa sentire meglio l’uomo, gli regala la pace e lo avvicina a Dio. Inoltre, cambia la mentalità: aiuta ad essere meno materialisti e a liberarsi dal consumismo. Ecco perché le persone oggi lo praticano indifferentemente da religione, lingua e comunità di appartenenza». La pazienza e la tolleranza in tutte le circostanze sono essenziali per diventare un buon insegnante di yoga.

 «Per me la fede è una risorsa nella mia attività – continua – mi ha aiutato a diventare un insegnante valido ed efficace e resto comunque una convinta seguace di Gesù Cristo. La pratica aiuta tutti a sperimentare la pace che Gesù ci ha promesso ».  Suor Tresa afferma: “Non andrò mai contro la chiesa se mi chiedesse di lasciare lo yoga, ma sono assolutamente certa che la chiesa non chiederà mai a me o a nessuno di rinunciare allo yoga; poiché esso non ha nulla che contraddica la fede o gli insegnamenti cristiani, visto che con lo yoga tutti possiamo diventare esseri umani e cattolici migliori.  Anzi il mio vescovo, la mia congregazione, i miei superiori e tutti i miei colleghi mi sostengono e incoraggiano.  Oggi, con l'aiuto dei media e della consapevolezza, le persone sono meglio informate e stanno realizzando i valori nello yoga.

__________Intervista a Suor Infant Tresa  fatta da Philip Mathew - un giornalista di Bangalore

Prima di diventare un'insegnante di yoga professionista a tempo pieno, ha lavorato come infermiera in vari ospedali e collegi medici del Kerala. Tresa ha condiviso la sua missione con Global Sisters Report.

GSR: Cosa l'ha spinta verso lo yoga?
Tresa: Nel 1976, mentre studiavo infermieristica in Kerala, soffrivo di forti dolori alla schiena e di affanno. I medici mi consigliarono di prendere delle medicine, cosa che feci per molto tempo. Dovevo anche usare una cintura [speciale]. Ma niente funzionava. Nel 1985 ho incontrato un guru dello yoga che è venuto nell'istituto dove studiavo. Gli parlai dei miei problemi di salute. Mi consigliò di fare yoga e mi insegnò a farlo. Iniziai a sentirmi meglio dopo aver praticato lo yoga. Ho avuto anche sollievo dal mal di schiena e dal respiro affannoso. Ho sentito che era una benedizione di Dio. Decisi quindi di fare dello yoga una parte della mia vita. Ho praticato yoga negli ultimi 31 anni. Sono convinta che sia stato lo yoga a risolvere i miei problemi di salute.

Quando e come ha iniziato a insegnare yoga?

Nel 2006, dopo essere andata in pensione come infermiera, ho deciso di insegnare yoga per aiutare gli altri. Nello stesso anno ho aperto un centro yoga presso il Nirmala Medical Centre di Muvattupuzha. Dopo qualche anno, ho aperto un altro centro yoga a Thodupuzha, una città vicina, dove insegno due giorni alla settimana.  

Alcuni cristiani e chiese ritengono che lo yoga sia contrario alla Bibbia e alla fede cristiana. Qual è la sua risposta?
È per ignoranza sullo yoga che una minoranza di cristiani nella chiesa si oppone, dicendo che appartiene all'induismo. Lo yoga non appartiene a nessuna religione in particolare. Lo yoga è un contributo dell'antica India al mondo.
Poiché lo yoga è nato in India, c'è il malinteso che faccia parte della religione induista. I veggenti e i saggi indiani hanno sviluppato e promosso lo yoga dopo anni di meditazione affinché l'umanità sperimentasse Dio, la pace e il benessere. In questo mondo di turbolenze, violenza e crisi, dove le persone non hanno pace mentale e conducono una vita di stress e ansia, lo yoga dà alle persone conforto e pace e le avvicina a Dio.
In passato, solo i veggenti e i saggi praticavano lo yoga. Oggi le cose sono cambiate. Le persone, indipendentemente dalla religione, dalla lingua e dalla comunità, sono attratte dallo yoga e lo praticano. Lo yoga aumenta la concentrazione, migliora la meditazione e aiuta a rimanere concentrati. La pratica costante, duratura e sostenuta dello yoga aiuta a diventare meno materialisti e consumisti e a cambiare la prospettiva mentale della vita.

Rinuncerà allo yoga se la Chiesa glielo chiederà?

Non andrò mai contro la Chiesa se mi chiederà di abbandonare lo yoga, ma sono assolutamente certo che la Chiesa non chiederà mai a me o a chiunque altro di rinunciare allo yoga. Non c'è nulla che contraddica la fede o gli insegnamenti cristiani. Lo yoga rende migliori gli esseri umani.

Che cos'è lo yoga? Come lo definisce?
Lo yoga deriva dalla parola sanscrita "Yuj", che significa unire, unire come una cosa sola. È l'unione di fisico, mentale, intellettuale, emotivo e spirituale. Lo yoga è una pratica fisica, mentale e spirituale nata nell'antica India e divenuta popolare in Occidente nel XX secolo.
Lo yoga è una disciplina e una scienza olistica. Tocca tutti gli aspetti della vita umana. Promuove uno stile di vita sano e fornisce una protezione completa alla salute degli esseri umani.

Cosa le piace di più dello yoga?
Lo yoga promuove la salute fisica e mentale, compreso il controllo della mente. In base alla mia esperienza personale, posso dire che lo yoga ha cambiato la mia vita e il mio stile di vita. Credo che lo yoga mi abbia aiutato a controllarmi fisicamente, mentalmente ed emotivamente. Credo anche che lo yoga possa cambiare una persona fisicamente, mentalmente e spiritualmente in meglio e possa dare forza interiore.

La sua congregazione sostiene il suo lavoro? Ha affrontato qualche opposizione? Se sì, come le ha superate?
Il mio vescovo, la mia congregazione, i miei superiori e tutti i miei colleghi mi sostengono e mi incoraggiano. All'inizio, alcune persone hanno espresso apprensione per il fatto che una suora praticasse e insegnasse yoga. Non mi sono mai sentita scoraggiata da questi dubbi della gente. Oggi, con l'aiuto dei media e della consapevolezza, le persone sono diventate più informate e stanno comprendendo i valori dello yoga. Sono molto felice che persone di diversa estrazione religiosa, culturale e linguistica, provenienti da tutta l'India e da fuori del Paese, vengano nel nostro centro yoga per imparare e praticare lo yoga. Le persone che praticano yoga diventano molto mature, lucide e positive.

Quali sono le malattie che lo yoga può curare?
La maggior parte delle malattie umane può essere curata dallo yoga. Lo yoga aiuta a generare quantità corrette di ormoni da tutte le ghiandole del corpo umano. Gli organi malati del corpo umano vengono riparati, stimolati e ringiovaniti. Muscoli e ossa, nervi, sistemi respiratorio, escretore e circolatorio vengono coordinati e rendono il corpo flessibile e sano, adattandosi all'ambiente.
Le malattie legate allo stile di vita, come il diabete, il colesterolo, la pressione sanguigna, l'artrite reumatica, il mal di schiena, l'asma, l'obesità, l'epilessia, i disturbi gastrointestinali, i disturbi mestruali, la distrofia muscolare e così via, vengono curate e corrette. La mente diventa più forte e capace di sopportare il dolore e l'infelicità, di affrontare il dolore, le ansie e i problemi mentali e fisici. I pazienti depressi diventano felici e normali. Si sviluppa la concentrazione. Aumentano la memoria e l'intelletto. Lo yoga controlla anche le emozioni negative come la rabbia, l'avidità e il comportamento violento.

Quali sono i risultati ottenuti finora come insegnante di yoga?
Attualmente, due centri yoga funzionano sotto la mia supervisione. Ho insegnato yoga a quasi 4.000 persone presso il centro yoga. La maggior parte lo pratica quotidianamente. Di tanto in tanto, molti di loro vengono al centro e organizziamo incontri. Facciamo anche dei picnic. La gente considera il centro una famiglia dello yoga.
Oggi il governo incoraggia l'educazione e la formazione allo yoga nelle scuole e nei college del Paese. Gestiamo anche un corso di formazione per insegnanti di yoga. A coloro che completano il corso vengono rilasciati certificati di idoneità. Questi certificati sono riconosciuti e accettati dalle istituzioni scolastiche per l'assunzione di insegnanti di yoga in Kerala.
La mia esperienza più indimenticabile come insegnante di yoga è stata quella di aiutare una persona paralizzata a camminare e a muoversi normalmente grazie alla terapia yoga. Era un avvocato di Muvattupuzha e un lato del suo corpo era paralizzato. Non riusciva nemmeno ad alzarsi o a sedersi. Grazie allo yoga, l'ho riportato a una vita normale. Ora può camminare e condurre una vita normale.

Chi sono i suoi studenti?
Ai miei corsi partecipano donne, uomini, bambini di diverse fasce d'età, persone con diverse malattie, anziani e donne incinte. Anche se insegno a persone appartenenti a diversi ambienti e gruppi di età, trovo più gioia e soddisfazione nell'insegnare a bambini di età superiore ai 10 anni. Lo yoga aiuta i bambini nella formazione del loro carattere e migliora la loro resistenza fisica. Lo yoga li aiuta anche a raggiungere la concentrazione che li aiuta a concentrarsi nello studio. Lo yoga aiuta anche i bambini obesi a ridurre il loro peso e le loro dimensioni.

Come si aggiorna come insegnante di yoga?
Ogni anno mi impegno a partecipare a conferenze sullo yoga che si tengono in diverse parti dell'India e all'estero. L'anno scorso ho partecipato a un programma di formazione per insegnanti di 200 ore della Yoga Alliance e ho ricevuto un premio come riconoscimento del mio lavoro.

Come ha influito sul suo lavoro la creazione della Giornata internazionale dello yoga? Ha trovato più persone interessate allo yoga?
È stata un'esperienza arricchente per me. Quest'anno abbiamo celebrato la Giornata internazionale dello yoga il 21 giugno. Il membro locale dell'Assemblea legislativa del Kerala ha inaugurato la funzione. I partecipanti hanno eseguito esercizi di yoga. Giornali e canali televisivi hanno coperto la funzione. È molto gratificante che il numero di studenti e partecipanti allo yoga aumenti di giorno in giorno.

Come insegnante di yoga, qual è secondo lei la sua migliore risorsa?
La mia spiritualità, la mia fede, la mia salute fisica e mentale e la forza che ho acquisito grazie allo yoga sono i miei punti di forza. Inoltre, sono una persona dal pensiero positivo e una donna religiosa impegnata che segue incessantemente Gesù Cristo.

Qual è, secondo lei, l'abilità più importante che un insegnante di yoga dovrebbe possedere?
La pazienza e la tolleranza in ogni circostanza sono essenziali per diventare un buon insegnante di yoga. Soprattutto, per quanto mi riguarda, sono una forte credente in Dio, che è il mio creatore e salvatore. La mia fede mi ha aiutato a diventare un'insegnante brava ed efficace.

Perché è diventata una sorella?

Sono nata nel 1951 in una famiglia di cinque figli in un villaggio vicino a Palai, in Kerala. Allora mi chiamavo Aleyamma. Da bambina sentivo parlare molto della missione e del lavoro della Chiesa e della mia parrocchia. Da ragazza ero molto religiosa. La mia vita ruotava intorno alla mia Bibbia, al mio rosario e al mio amore per Gesù. Ben presto ho maturato il desiderio di diventare suora e di dedicare il resto della mia vita alla Chiesa. Dopo averci riflettuto a lungo, ho deciso di diventare suora per poter fare molto più bene alla società e alla comunità e anche per pregare e adorare Dio più da vicino. Ma la mia famiglia era contraria al mio desiderio di entrare in convento e diventare suora. Si opponevano alla mia decisione. Ero molto arrabbiata. Protestai ed espressi la mia infelicità. Rimasi senza mangiare per giorni. Alla fine la mia famiglia accettò e mi lasciò diventare suora.
Dopo la scuola superiore, mi sono iscritta all'università. Mentre ero all'università, sono entrata nel convento di Palai e sono diventata suora all'età di 19 anni.

_______________Benefici dello yoga secondo Suor Infant Tresa:

È una pratica olistica che unendo fisico, mente, intelletto, emozione e spirito fa sentire meglio l’uomo, gli regala la pace e lo avvicina a Dio. In un mondo di violenza e crisi, dove gli uomini non hanno pace mentale e vivono una vita di stress e ansia, lo yoga consola. Inoltre, cambia la mentalità: aiuta ad essere meno materialisti e a liberarsi dal consumismo. Ecco perché le persone oggi lo praticano indifferentemente da religione, lingua e comunità di appartenenza.  Le persone che praticano yoga diventano molto mature, equilibrate e positive.
La maggior parte delle malattie umane può essere curata dallo yoga. Lo yoga aiuta a generare quantità corrette di ormoni da tutte le ghiandole di un corpo umano. Gli organi malati in un corpo umano sono riparati, incoraggiati, ringiovaniti. I muscoli e le ossa, i nervi, i sistemi respiratorio, escretore e circolatorio sono coordinati e rendono il corpo flessibile e sano e si adattano all'ambiente.
Malattie dello stile di vita come diabete, colesterolo, pressione arteriosa, artrite reumatica, mal di schiena, asma, obesità, epilessia, disturbi gastrointestinali, disturbi mestruali, distrofia muscolare e così via sono curate e corrette. La mente diventa più forte e in grado di sopportare il dolore e l'infelicità, di affrontare il dolore, le ansie e i problemi mentali e fisici. I pazienti depressi diventano felici e normali. La concentrazione è sviluppata. Si rafforza la memoria e dell'intelletto. Lo yoga controlla anche le emozioni negative come la rabbia, l'avidità e il comportamento violento.
Lo Yoga aiuta i bambini nella loro formazione del carattere e migliora la loro resistenza fisica. Lo yoga aiuta anche a migliorare la loro concentrazione e ad affrontare meglio i loro studi. Lo yoga aiuta anche i bambini obesi a ridurre il loro peso e le loro dimensioni.

La meditazione e le yoga per Padre Antonio Gentili

Tutte le grandi tradizioni sapienziali e spirituali dell’umanità (che il concilio Vaticano II invita ad accogliere “laete et reverenter; con letizia e rispetto”) sono per sé finalizzate a promuovere un’autentica qualità delle vita. E quindi ad alimentare nel cuore dell’uomo pace, gioia, amore, compassione e speranza, la quale proietta l’esistenza verso un Oltre di pienezza e di beatitudine imperiture. Speranza che, così è stato detto, costituisce la virtù dei “tempi difficili”. Come è il nostro”.

Padre Antonio Gentili (1937- ) è un religioso barnabita, con licenza in teologia e laurea in filosofia. Preparato conoscitore delle religioni e delle spiritualità orientali ma profondamente radicato nella tradizione cristiana, pratica yoga e guida di corsi di meditazione e preghiera profonda, aperti a ogni categoria di persone. Per lui, la meditazione è un prezioso strumento per avvicinarsi a Dio. Padre Gentili cerca – anche attraverso numerose pubblicazioni – di ravvivare, senza travisamenti, una fede che in questi ultimi decenni mostra segni di crisi sempre più evidenti. Propone un’apertura mistica del cuore, la contemplazione, una vita ascetica e sacramentale autentica.

La meditazione è una pratica propedeutica ad una unificazione interiore in modo che si possa affrontare la realtà con maggior consapevolezza e distacco. Meditando, si raggiunge un maggior equilibrio interiore e, attraverso il rientro in sé, evidentemente ci si apre ad un rapporto più autentico con Dio. Dio si raggiunge innanzitutto passando attraverso il cuore. Dalla profondità interiore, viene incontro a noi anche attraverso la sua parola e attraverso i sacramenti, ma i sacramenti, se non hanno un luogo interiore dove radicarsi, rimangono una esperienza fine a se stessa e priva di efficacia. C’è un documento del Concilio Vaticano II in cui si parla di meditazione, in cui si asserisce che i sacerdoti devono praticare quotidianamente la meditazione. Poi che lo facciano o non lo facciano, bisogna valutare caso per caso. In ogni caso chi medita è più equilibrato, più capace di introspezione, più essenziale.
Padre Gentili fa spesso presente che per “religione” (in latino, relìgio: rilego), si deve intendere l’esperienza del legame che unisce l’umano con il Divino; un’esperienza che implica anche una rilettura (latino: relègere, rileggere) del proprio vissuto, una più profonda scelta di vita (latino: reelìgere, scegliere di nuovo) e infine la coltivazione di un’attitudine improntata a “devozione” verso la divinità (latino: rèligens).
Quindi, per Padre Gentili, non bisogna confondere “la religione” con l’assetto istituzionale, dogmatico che l’accompagna e determina l’appartenenza a una determinata “confessione”. In questo contesto tutte le discipline tendenti allo sviluppo delle capacità umane finalizzate all’auto-realizzazione favoriscono l’apertura al sacro, al Divino. Anche il praticante yoga, dopo aver eliminato l’ego, raggiungendo il silenzio mentale si abbandona in Dio. Questi aspetti sono le premesse e i pilastri stessi di un’autentica religiosità! “Lo yoga non è una religione, ma neppure vi si oppone”.

Padre Gentili fa, spesso, una correlazione tra i precetti morali dello yoga (yama) che governano le nostre interazioni con gli altri, ahimsa (la non violenza), satya (la verità), asteya (il non rubare), bramacharya (la moderazione) e aparigraha (la non possessività), con i Comandamenti cristiani. Tutte le grandi tradizioni sapienziali e spirituali dell’umanità hanno come finalità di promuovere un’autentica qualità delle vita. E quindi ad alimentare nel cuore dell’uomo pace, gioia, amore, compassione e speranza.

Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono ci...