sabato 23 settembre 2023

La pratica della meditazione ha una storia millenaria

La Storia della Meditazione, dall’antichità ad oggi, articolo di Susanna Marsiglia,            https://www.meditazionezen.it/la-storia-della-meditazione/          

Negli ultimi anni l’attenzione verso la meditazione è cresciuta esponenzialmente, avvicinando sempre più persone ai numerosi benefici di questa pratica. Ciononostante, le sue origini e la sua storia millenaria rimangono ancora un mistero per molti.

Come recita uno degli aforismi più famosi attribuiti al filosofo francese Michel de Montaigne, “la cosa più grande al mondo è sapere come appartenere a sé stessi”. Pensiamo che questa massima riassuma perfettamente il senso e lo scopo della meditazione. Nella società frenetica in cui viviamo oggi è necessario uno sforzo cosciente per prenderci un momento di consapevolezza ed esplorare chi siamo veramente – eppure conoscerci in profondità è da sempre un istinto innato nell’uomo, probabilmente quello da cui ha avuto origine questa pratica.

La parola meditazione deriva da meditatio, un termine latino che significa “riflessione”. Meditando, infatti, possiamo trovare una migliore connessione con il nostro corpo nei momenti quotidiani e creare una maggiore consapevolezza di come le nostre emozioni influenzano il nostro comportamento.

Quando è nata la meditazione?  La risposta a questa domanda è più complessa di quanto potremmo credere. Diverse ricerche, libri e accademie parlano di una “tradizione secolare”, ma l’effettiva origine della meditazione come pratica dipende dalla definizione che vogliamo dare al termine “meditare”.

La meditazione potrebbe essere antica quanto l’umanità stessa, tenendo conto delle potenziali capacità meditative degli uomini di Neanderthal. Diverse scuole di pensiero, però, collocano le radici della pratica nell’ambito di un insieme di tecniche e rituali originari del continente asiatico, arrivato a noi sotto forma di artefatti e scritture.  In India, la meditazione viene citata in alcuni dei più antichi documenti risalenti al 1500 a.C.  La pratica di Dhyāna (o Jhāna) è indicata come allenamento della mente, spesso tradotto come “meditazione”. Molti di questi documenti provengono dalle tradizioni indù della filosofia vedica e discutono varie pratiche di meditazione nell’antica India. Le scritture buddiste indiane e i testi risalenti a poche centinaia di anni prima di Cristo rappresentano ulteriori menzioni della pratica, ma molti sostengono che questi siano alquanto ambigui nei loro riferimenti diretti alla meditazione.
In Cina, le prime forme di meditazione sono citate fin dal III e VI secolo a.C. e collegate al taoista Laozi, un antico filosofo cinese, e ai suoi scritti. Nelle sue opere vengono usati molti dei termini impiegati nei secoli successivi per descrivere le tecniche di meditazione, tra cui:

    - Shou Zhong – tradotto approssimativamente come “guardia di mezzo”.
    - Bao Yi – tradotto approssimativamente come “abbracciare l’uno”.
    - Shou Jing – tradotto approssimativamente come “guardia alla tranquillità”.
    - Bao Pu – tradotto approssimativamente come “abbracciare la semplicità”.

Tuttavia, alcuni sostengono che è difficile stabilire se queste tecniche fossero già ampiamente utilizzate quando il testo è stato scritto, o se fossero termini nuovi ideati appositamente per il testo. La verità è che nessuno sa con assoluta certezza quando la meditazione ebbe origine ufficialmente. Ci sono molteplici riferimenti in diverse culture e religioni – tra cui il giudaismo, l’Islam e il Cristianesimo – a pratiche di tipo meditativo, che sembrano tutti aver contribuito a formare la pratica che oggi conosciamo.

Dove è nata la meditazione?  Esattamente come per il “quando”, è altrettanto difficile capire dove la meditazione ha avuto origine. Le prime testimonianze scritte provengono dall’India, più precisamente dalle tradizioni indù del vedismo intorno al 1500 a.C.  
La filosofia vedica è uno dei primi percorsi indiani conosciuti per l’illuminazione spirituale. Altre forme di meditazione sono poi citate intorno al VI e al V secolo a.C. nella Cina taoista e nell’India buddista. Le origini precise sono molto dibattute, soprattutto intorno alla meditazione buddista. Alcuni primi resoconti scritti dei diversi stati di meditazione del buddismo in India si trovano nei sutra del Canone Pāli, che risale al I secolo a.C. Il Canone Pāli è una raccolta di scritture della tradizione buddista Theravada.
Alcune prove hanno anche collegato le pratiche meditative con il giudaismo, che si pensa sia stato ereditato dalle sue tradizioni precedenti. La Torah (i primi cinque libri del Tanakh, la Bibbia ebraica) contiene una descrizione del patriarca Isacco che va a ‘lasuach’ in un campo. Questo termine è generalmente inteso come una forma di meditazione.

Sappiamo chi ha creato la meditazione?   In poche parole, no, non lo sappiamo. Poiché le sue origini precise nello spazio e nel tempo sono abbastanza nebulose, scoprire chi ha ideato questa pratica è altrettanto ambiguo.  Ciò che sappiamo, tuttavia, è che alcune personalità influenti nel corso della storia sono state fondamentali per la diffusione della meditazione. Di seguito abbiamo elencato tre figure chiave, ma ce ne sono molte altre che sono state ugualmente importanti nel divulgare la pratica.
- Il Buddha (India) è conosciuto anche con altri nomi, tra cui Siddhārtha Gautama in sanscrito o Siddhattha Gotama in pali, era un principe che divenne monaco, saggio, filosofo e leader religioso. È proprio sulla base dei suoi insegnamenti che è stato fondato il buddismo. Per questo motivo, potrebbe essere facile supporre che il Buddha abbia creato o inventato la meditazione, ma non è così. I testi del buddismo fanno infatti riferimento a molte pratiche diverse di meditazione e il Buddha stesso ebbe degli insegnanti dai quali apprese la pratica. Sebbene sia stato fondamentale per diffondere il valore della meditazione come pratica, il Buddha non l’ha certamente inventata.
.- Lao-Tze (Cina) è conosciuto anche da Lao-Tzu e Laozi, era un antico filosofo cinese il cui nome è essenzialmente un titolo d’onore che significa “Vecchio Maestro”. A lui si attribuisce il merito di essere l’autore del Tao-Te-Ching, un’opera che esemplifica i suoi pensieri e gli insegnamenti che hanno fondato il sistema filosofico del taoismo, che fa riferimento alle pratiche meditative e all’idea di saggezza nel silenzio. Si specula molto sul fatto che Lao-Tze sia effettivamente esistito come uomo singolo, o che il nome si riferisca a un insieme di individui e filosofi che condividevano le stesse idee.-- - Dosho (Giappone)  era un monaco giapponese che, nel VII secolo, viaggiò in Cina e studiò il buddismo sotto la guida di Hsuan Tsang, un grande maestro dell’epoca. Fu durante questo viaggio che Dosho imparò tutto sui dettami dello Zen.  Al suo ritorno, aprì la sua prima sala di meditazione dedicata alla pratica dello Zazen, una meditazione seduta. Creò una comunità di monaci e studenti con l’obiettivo primario di insegnare questa forma di meditazione in Giappone.

Le radici della meditazione. Anche se oggi la meditazione come pratica è piuttosto comune e diffusa, è bene capire che le origini e le radici della meditazione risalgono a molto tempo fa. Oggi la meditazione continua ad essere adattata alle nostre vite e a mutare. Tornare alle sue radici può aiutare a sviluppare un forte apprezzamento della vastità di questa pratica e per il modo in cui si è sviluppata in diversi luoghi nel corso di diversi momenti storici.

Le più antiche immagini documentate della meditazione provengono dall’India e risalgono al periodo compreso tra il 5000 e il 3500 a.C. I dipinti murali raffigurano persone sedute in posture meditative con gli occhi socchiusi, che si presume siano raccolte in meditazione.   Il più antico testo di meditazione documentato proviene anch’esso dall’India, dalle tradizioni indù, intorno al 1500 a.C. Sebbene i veda abbiano creato testi che descrivono pratiche meditative, è importante sapere che queste erano state tramandate oralmente per secoli.  Accanto alla pratica vedica, le tradizioni indù descrivono anche la pratica yogi di meditare nelle grotte. Si ritiene che molte pratiche moderne di meditazione derivino da questo lignaggio, compreso il movimento dello yoga moderno le cui tecniche si basano prevalentemente sulla pratica dell’Hatha Yoga.

Buddismo in India. La meditazione è spesso strettamente legata al buddismo, anche se l’immagine del Buddha che medita su un loto è arrivata solo molto più tardi, molto tempo dopo l’inizio del buddismo stesso. Nel linguaggio classico del buddismo, la meditazione è chiamata bhāvanā, che significa sviluppo mentale, o dhyāna, che significa calma mentale. 

Le varie tecniche e pratiche della meditazione. Più o meno nello stesso periodo in cui il buddismo si diffondeva, si sviluppavano anche altre tre pratiche, ognuna con il proprio modo di avvicinarsi alla meditazione.

-Lao Tze e il taoismo in Cina.   Anche se c’è qualche controversia sul fatto che Lao Tze sia esistito come persona singola, si ritiene abbia vissuto intorno al VI secolo a.C. Il taoismo pone l’accento sul fatto di diventare un tutt’uno con il Tao, che significa “vita cosmica” o natura. Le tecniche tradizionali di meditazione taoista includono un’attenzione particolare alla consapevolezza, alla contemplazione e all’uso della visualizzazione.

-Confucio e confucianesimo in Cina.  Confucio era un insegnante, un politico e un filosofo cinese, vissuto nel VI secolo a.C. I suoi insegnamenti e i suoi pensieri si esprimevano attraverso la filosofia oggi nota come confucianesimo e sono ancora oggi molto importanti in Cina. Il confucianesimo pone l’accento sulla crescita personale, sulla moralità e sulla giustizia sociale. La meditazione nel confucianesimo è conosciuta come Jing Zuo, e si concentra sul miglioramento di sé e sulla contemplazione.

-Sufismo. Il sufismo è un’antica tradizione islamica che risale a 1400 anni fa. È una pratica in cui i musulmani cercano di connettersi con Allah (Dio) attraverso la riflessione e la contemplazione di sé stessi e la rinuncia ai beni materiali. Si pensa che attraverso una certa influenza indiana, il sufismo abbia sviluppato la sua particolare pratica di meditazione che include l’attenzione alla respirazione e l’uso dei mantra.

-Ebraismo. Oltre a quelle che si crede siano descrizioni della pratica della meditazione nella Torah, anche il metodo esoterico ebraico e la scuola di pensiero della Cabala includono alcune forme di meditazione. Queste si basano generalmente su un pensiero profondo su temi filosofici e sulla preghiera.

La meditazione in Occidente. La meditazione iniziò ad interessare l’Occidente intorno al 1700, quando alcuni testi di filosofia orientale, contenenti riferimenti a tecniche e pratiche di meditazione, vennero tradotti in diverse lingue europee.  Questi includevano:
-    Le Upanishad vediche – Una raccolta di testi religiosi e filosofici provenienti dall’India, che si suppone siano stati scritti tra l’800 e il 500 a.C.
-    La Bhagavad Gita – Una scrittura sanscrita composta da 700 versi che fanno parte del Mahabharata: un’epopea indù che descrive la vicenda tra il principe Pandava Arjuna e Krishna.
-    I Sutra buddisti – Scritture che si suppone siano gli insegnamenti orali del Buddha.

Nel XVIII secolo la meditazione era considerata solo un argomento di discussione e di interesse da parte di filosofi e intellettuali, tra cui Voltaire e Schopenhauer. Solo nel XX secolo divenne più importante, soprattutto negli Stati Uniti, quando Swami Vivekananda, tenne una presentazione al Parliament of Religions di Chicago. La presentazione creò una nuova ondata di interesse per i modelli orientali di spiritualità in Occidente, e influenzò un certo numero di insegnanti spirituali ad emigrare dall’India negli Stati Uniti, tra cui: Swami Rama,  Paramahansa Yogananda,  Maharishi Mahesh Yogi. Accanto a questi insegnanti, anche i rappresentanti spirituali di diverse scuole di pensiero buddiste cominciarono a migrare in Occidente, compresi gli individui delle scuole di pensiero Zen e Theravada. Da sottolineare il fatto che ogni volta che la meditazione è stata introdotta in un luogo nuovo, è stata inevitabilmente plasmata e mutata dalla cultura individuale di quel luogo.

Meditazione e scienza. Con la sua introduzione in Occidente, la meditazione ha cominciato a diventare più lontana dalle connessioni religiose e dagli insegnamenti delle sue radici e ad essere insegnata in modi più occidentalizzati. Negli anni Sessanta e Settanta, la meditazione è stata ricercata attraverso studi scientifici, rimuovendo ulteriormente i suoi contesti spirituali e incoraggiando la pratica ad essere utilizzata da chiunque, non solo da coloro che cercano una realizzazione spirituale.

Alla fine degli anni ’70, Jon Kabat-Zinn scoprì la meditazione attraverso i suoi studi al MIT e iniziò anche a studiare i potenziali benefici per la salute della pratica meditativa. Nel 1979 introdusse il suo programma MBSR (Mindfulness-Based-Stress-Reduction) e aprì la Clinica per la riduzione dello stress.

In quel periodo, anche la meditazione trascendentale proposta da Maharishi Mahesh Yogi crebbe in popolarità, con molte celebrità che si rivolgevano a questa pratica per aiutarli a far fronte alla fama, compresi i Beatles, anche se molte tecniche di meditazione erano legate prevalentemente alla cultura Hippie e non erano molto diffuse. Solo negli anni Novanta la situazione cominciò a cambiare.

Nel 1993 Deepak Chopra pubblicò il suo libro Ageless Body, Timeless Mind e nel 1996 apparve nel famoso show televisivo americano Oprah, vendendo più di 137.000 copie in un giorno. Mentre sempre più celebrità si facevano avanti per elogiare la pratica della meditazione, cominciarono ad apparire altri libri sul come e perché meditare.

La nascita della mindfulness. Proprio come la meditazione, le radici storiche e antiche della mindfulness (letteralmente “consapevolezza”) sono rintracciabili in tutto il mondo e attingono da diverse tradizioni spirituali.  La consapevolezza come forma di meditazione è fatta risalire all’induismo, intorno al 1500 a.C., ed è fortemente connessa con la pratica dello yoga. Lo yoga nelle sue radici più antiche implicava pochissimi riferimenti al movimento o alle posture e poneva una maggiore enfasi sull’immobilità, sull’attenzione alla respirazione e sulla presenza del corpo in quel momento. La consapevolezza in questo contesto è stata ricondotta anche al buddismo e al taoismo, che includono entrambi una forte attenzione alla respirazione e alla consapevolezza di sé.

Molte religioni includono una forma di preghiera o una tecnica di meditazione che vede l’individuo allontanare i propri pensieri dalle ansie quotidiane alla ricerca di una maggiore consapevolezza di sé e di una migliore presenza mentale. Questa forma di meditazione è molto vicina alla pratica e allo scopo della mindfulness, che è semplicemente una tecnica di meditazione il cui focus è la consapevolezza.

La mindfulness oggi,  A Jon Kabat-Zinn si attribuisce spesso il merito di essere stato il fondatore della mindfulness “moderna”, dell’idea e del concetto di consapevolezza che è comunemente diffusa in tutte le culture occidentali, ovvero quella del “qui e ora”. Negli anni ’70 Kabat-Zinn fondò la Clinica per la riduzione dello stress presso la scuola di medicina dell’Università del Massachusetts. Da allora la scuola ha contribuito a formare ed educare più di 18.000 persone ai principi della Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR) – un programma clinicamente testato per aiutare gli individui che soffrono di una serie di condizioni tra cui depressione, ansia, insonnia, dolore cronico e problemi cardiovascolari.

Williams, Teasdale e Seagal
(1995) hanno portato avanti il lavoro di Kabat-Zinn combinando l’MBSR con la Terapia Cognitivo Comportamentale (CBT) per creare il programma di Terapia Cognitiva Basata sulla Memoria (MBCT).  Il programma è clinicamente approvato nel Regno Unito ed è comunemente usato in psicologia clinica per aiutare a trattare individui con una serie di disturbi, tra cui disturbi della personalità, dolore cronico, regolazione delle emozioni e depressione.

La storia della meditazione: tappe chiave.

   5000 a.C. – 3500 a.C.:  La più antica prova documentata della pratica della meditazione è l’arte murale in India.
    1500 a.C. : I Veda, antichi testi religiosi, contengono la più antica menzione scritta della meditazione.
   VI secolo a.C.: Siddhartha Gautama si propone di raggiungere l’illuminazione, apprendendo la meditazione nel processo.
   VI – V secolo a.C.: Si sviluppano altre forme di meditazione nel taoismo cinese e nel buddismo indiano.
   X – XIV secolo d.C.: Si sviluppa l’esicasmo, una tradizione di preghiera contemplativa nella Chiesa ortodossa orientale.
   XI – XII secolo d.C.: Il concetto islamico di Dhikr viene interpretato da varie tecniche di meditazione e diventa uno degli elementi essenziali del sufismo.
  XVIII secolo d.C.: Lo studio del buddismo in Occidente rimane un argomento discusso principalmente tra gli intellettuali.
  1936: Viene pubblicato il primo studio scientifico sulla meditazione.
  Anni ’50: Il movimento Vipassana viene fondato in Birmania.
  Anni ’50: Maharishi Mahesh Yogi promuove la meditazione trascendentale.
 1955: Viene pubblicato il primo studio di ricerca scientifica sulla meditazione che utilizza l’elettroencefalogramma.
    Anni ’60: Swami Rama diventa uno dei primi yogi ad essere studiato dagli scienziati occidentali.
    Anni ’70: Jon Kabat-Zinn inizia a sviluppare un programma di mindfulness per adulti in ambienti clinici. Lo chiama riduzione dello stress basato sulla consapevolezza (MBSR).
    Anni ’70: Herbert Benson mostra l’efficacia della meditazione attraverso la sua ricerca.
    1977: James Funderburk pubblica una prima raccolta di studi scientifici sulla meditazione.
    1979: Jon Kabat-Zinn apre il Center for Mindfulness e insegna la riduzione dello stress basata sulla consapevolezza per trattare le condizioni croniche.
    1981: I primi centri di meditazione Vipassana al di fuori dell’India e del Myanmar vengono istituiti in Massachusetts e in Australia.
    1996: Il Chopra Center for Wellbeing viene fondato da Deepak Chopra e David Simon.
    2000: Viene condotto il primo importante studio clinico di mindfulness su pazienti affetti dal cancro, con risultati che indicano esiti benefici nei programmi di riduzione dello stress basati sulla consapevolezza.

Conclusione.   Dopo aver letto la storia e le origini della meditazione, è inevitabile provare un senso di soggezione per quanto questa pratica sia antica e intrinsecamente legata all’essere umano. Il desiderio di visitare i luoghi pregni di spiritualità in cui ha avuto origine la meditazione è naturale per chi medita regolarmente o è semplicemente affascinato dai principi di questa disciplina.
Al di là di ogni appartenenza religiosa, la meditazione sembra essere un tassello fondamentale dell’umanità. È stata tramandata per secoli, in diverse aree del pianeta, e non dobbiamo sottovalutare quanto possa essere importante praticarla anche per breve tempo ogni giorno. Da secoli, infatti, regala all’uomo innumerevoli benefici e pace mentale.

Il Nirvana

Termine sanscrito che letteralmente significa «spegnimento». È utilizzato in contesto induista e buddista per indicare la realtà ultima e la liberazione, in opposizione al saṃsāra, dal ciclo delle rinascite in cui consiste l’esistenza ordinaria. Nel Canone buddista pāli il nirvana è descritto come l’assenza di ogni perturbazione mentale causata da ignoranza e attaccamento o avversione.       

Il Buddha non risponde a domande specifiche in merito alla natura del nirvana, considerandole inutili nel cammino verso il risveglio (bodhi), e il nirvana stesso, come chi venga colpito da una freccia velenosa dovrebbe occuparsi solo di eliminarla e non di porre domande sul veleno, sull’arciere, o sulla natura della condizione in cui si troverà una volta rimossa la freccia. 

Inoltre, secondo un tema implicito nel Canone pāli ed esplicito nel buddismo successivo, il linguaggio è intrinsecamente inadatto a parlare del nirvana perché intrinsecamente condizionato (mentre il nirvana rappresenta proprio l’estinzione di tali condizionamenti). Il nirvana è fra i bersagli dell’acume critico di Nāgārjuna, che arriva a mostrare come anche l’opposizione fra saṃsāra e nirvana sia insostenibile.

Alcuni studiosi hanno suggerito che ciò equivalga a dire che il nirvana non è altro che il saṃsāra una volta rimossa l’ignoranza. Non quindi un’entità esistente ‘altrove’, bensì una trasformazione della nostra esperienza ordinaria. Altro tema dibattuto è se l’ingresso nel nirvana significhi anche la fine di ogni possibile influenza benefica sugli altri. Il raggiungimento del nirvana - seguendo alcuni spunti critici del Mahāyāna – rischia di configurarsi come un desiderio egoistico e può essere un ostacolo nel cammino verso il risveglio. Nel Mahāyāna, la soluzione è offerta dalla figura del Bodhisattva.

mercoledì 13 settembre 2023

Le medicine orientali (1)

In un approccio legato al benessere, le medicine dell’Asia sono oggi largamente conosciute nel mondo. Hanno un interesse crescente e sono spesso incluse nei percorsi ospedalieri e terapeutici convenzionali. Mentre la medicina occidentale è prima di tutto una medicina della malattia, che conviene trattare, le medicine dell’Asia appaiono come delle medicine della buona salute, che è opportuno mantenere. Anche se preventive, le medicine dell’Asia hanno sviluppato delle diagnosi, dei trattamenti e un approccio globale - olistico, che prende in conto il corpo e la mente come un tutto che collega il paziente all’universo che lo circonda. La relazione tra cure e sacro è senza dubbio all’origine del legame che unisce l’arte alla medicina, poiché è nel campo religioso che la produzione artistica è la più importante.         


In Cina, Corea e Giappone il buon medico non è quello che ha vinto la malattia ma piuttosto quello che riesce ad evitare che il paziente sia malato. Per questo bisogna garantire un equilibrio tra le funzioni organiche, il processo di rinnovamento del corpo e del modo di vita del paziente. Questa armonia si evidenzia nel soffio vitale il Qi che dà vitalità al corpo, circola nei dodici canali connessi tra essi, chiamati meridiani, corrispondenti ai dodici organi principali. Così la salute si concepisce come il mantenimento di un flusso regolare e equilibrato del sangue e del Qi che si propagano senza ostacoli nei canali. Le prime testimonianze scritte concernenti la medicina in Cina datano della fine del 2 millenario prima di Cristo, La base di questi insegnamenti si trovano nel testo Classique interne de l’empereur Jaune, un’opera redatta un secolo A.C. e attribuita a Huandgi, uno degli imperatori mitici fondatori della civiltà cinese. I procedimenti terapeutici cinesi i più frequentemente utilizzati per ritenere il flusso vitale sono la stimolazione con il calore o l’utilizzo di fini aghi o l’assunzione di preparati medici.

Medicina tibetana. Designata nella lingua autoctona sowa rigpa, la scienza delle cure, la medicina tibetana entra nella storia molto tardi, verso il 7 secolo, con l’introduzione nel paese di un sistema di scrittura che, sin dalle origini, ne è il vettore principale. Si caratterizza per i molteplici influssi stranieri, soprattutto indiani (la teoria ayurvedica degli umori), ma anche cinese (certe pratiche di diagnosi, come controllare il battito del polso). L’acquisizione e la trasmissione del sapere medico si iscrivevano nella formazione religiosa. Il terapeuta esercitava la sua arte sulla base di trattati medici di cui il più importante è I quattro tantra, redatto nel 12 secolo da un sapiente dal nome di Yuthog Yonten Gonpo, è percepito come l’aggiornamento degli insegnamenti del Buddha della medicina, Bhaishajyaguru. Affronta vari campi della teoria e della pratica medica; anatomia, fisiologia, patologia, diagnostica e terapia. Nella sfera culturale del Tibet, restare in buona salute o guarire riguarda sia la scienza medica che la religione. Così per la persona che conosce i rimedi (menpa) come per il paziente, la medicina è sempre coesistita con altre pratiche terapeutiche, empiriche o magico-religiose suscettibili di offrire un rimedio contro la malattia. I cinque elementi: o dosha, sono la costituzione o gli umori del corpo, e sono associati ai cinque elementi e alla divinità che li personalizza: etere/aria (Vayu), acqua (Varuna), fuoco (Agni), terra (Bhumi/Prithvi) , Sadashiva. Nel tamil Nadu queste divinità sono portate in processione.

L’Ayurveda il cui nome significa letteralmente saper (veda) per prolungare la durata della vita (ayus) è più che una medicina. E’ una scienza religiosa, le cui prime prescrizioni terapeutiche, presenti nei testi sacri dell’India (I Veda) erano basati sul ricorso delle potenze divine. I testi fondatori della medicina ayurvedica sono due trattati redatti in sanskrito nei primi anno D,C. , basati sulla tradizione orale: la Sushruta Samhita, e la Charaka Samhita. La dottrina classica dell’ayurveda ha per principio quello che si chiamava in Occidente la teoria degli umori. La diagnosi delle malattie si fonda sull’esame metodico dei tre umori (dosha) – il vento (vata), la bile (pita) e il muco (kapha) – comandati dalle rispettive divinità Vayu, Agni, Varuna. La buona salute dipende dall’equilibrio di questi tre umori. Essi variano secondo dei fattori differenti quale il regime alimentare, il metabolismo, o secondo influenze esterne naturali o sovrannaturali. Una buona alimentazione, l’assenza di eccessi e la pratica di attività fisiche come lo yoga possono garantire una buona salute. E’ in questo senso che si può parlare dell’ayurveda come medicina preventiva.

In Asia tutte le divinità sono portatrici di benessere, sia sul piano spirituale che fisico. Alcune, comuni al mondo religioso orientale, sono specialmente invocate per premunirsi contro gravi malattie. Nell’induismo la terribile Mariyammai era conosciuta per proteggere dal vaiolo, nel buddhismo la dea Hariti (Kishimojin in Giappone) una diavolessa pacificata dal Buddha, è particolarmente venerata in quanto protettrice dei bambini; e nel taoismo, è la Signora di Jada del monte Taishana che la credenza popolare ha elevato al rango di protettrice dei nuovi nati. E’ nel buddhismo che si incontra il maggior numero di divinità associate alla cura e alla guarigione: Bhaishajyaguru (il Buddha della medicina), Amitayus il Buddha della longevità infinità, ma anche certi Bodhisattva, come Avalokiteshvara il grande compassionevole (Guanyin in Cina e Kannon in Giappone) garantiscono buona salute e lunga vita. L'opera benefica delle divinità, soprattutto nel campo della salute, è resa possibile e particolarmente efficace dalla forza quasi magica dei riti  a loro dedicati, perché è dall'attuazione dei riti e dal loro buon funzionamento che procede l'atto divino.
Poco documentati dalla storia, i "luoghi della medicina" in Asia sono ancora poco conosciuti.  Ad esempio, all'epoca della grandezza di Angkor e dell'impero khmer sotto il regno del re buddista Jayavarman VII (1181 - 1220 circa), sono ben documentati  gli ospedali in Cambogia diffusi in tutto il Paese, che erano accessibili a tutta la popolazione. Costruiti in legno, gli edifici ospedalieri non sono sopravvissuti. Si conoscono solo le cappelle in pietra che li accompagnavano.

Nella medicina dell’Asia la cura si articola intorno a tre assi fondamentali: la diagnosi, i trattamenti terapeutici e la presa in carico del paziente nella sua globalità, sia sul piano fisico che spirituale. Gli squilibri interni possono manifestarsi per delle alterazioni degli organi visibili, come gli occhi, la pelle, la lingua, irregolarità del battito del polso, ecc, In seguito a questi esami, si ricorre a vari trattamenti terapeutici con l'obiettivo di riequilibrare le energie interne. Tra questi, molto conosciuta in Occidente, l'agopuntura che tratta gli squilibri utilizzando aghi sottili inseriti nei meridiani e nei canali energetici del corpo. Basata sugli stessi principi, la moxibustione (combustione di moxa) prevede di stimolare i punti di agopuntura con il calore utilizzando bastoncini di artemisia, un'erba aromatica. La coppettazione, invece, viene applicata sulla pelle per favorire la circolazione e decongestionare un organo (prevede la suzione di alcune aree anatomiche del corpo umano, mediante speciali vasetti). Anche la pratica di meditazione contribuisce all’equilibrio mentale del paziente. 

I metodi di diagnosi del paziente sono ripartiti in quattro categorie: l’osservazione, l’interrogazione, il sentire e l’ascolto, la presa dei battiti del polso. Si osserva come la persona cammina, gli occhi, la sonorità della voce, il modo di esprimersi e la costituzione del corpo. L’esame continua con il palpare tutti gli organi vitali. Questo permette di avere una prima impressione dello stato interno del corpo e dei cambiamenti a livello funzionale o strutturale. In seguito, il medico pone un certo numero di domande sui problemi di di salute attuali e passati. Poi procede alla presa dei battiti cardiaci a livello del polso, per determinare eventuali disequilibri dell’energie del corpo. La salute si coltiva con degli esercizi fisici che riaffermino la vitalità e favoriscano la buona salute dei praticanti come ad esempio esercizi di Qi Gong, Tai chi, e Yoga. Lo scopo è armonizzare la mente e calmare il corpo. Il Qi Gong consiste nell’effettuare dei gesti lenti e ripetitivi al fine di stimulare la circolazione dell’energia, e nella sua versione più marziale, il Tai Chi, hanno mostrato dei risultati nel trattamento di numerose malattie geriatriche e gli effetti benefici su dei dolori cronici. Certe forme di yoga permettono di ritrovare della mobilità alle articolazioni e di rendere elastici i muscoli, i tendini e i legamenti. Permette di guadagnare in elasticità e equilibrio, di rivitalizzare gli organi interni grazie a un massaggio generato da certe posizioni.

La meditazione è una pratica che permette di coltivare e di sviluppare certe qualità umane fondamentali. Le parole sanskrite e tibetane tradotte in meditazione sono rispettivamente bhavana che che dà benessere e sgom pa coltivare diventare familiare con. Si tratta principalmente di familiarizzare con una visione chiara e giusta delle cose, e di coltivare delle qualità che noi possediamo ma che dimorano allo stato latente se noi non facciamo lo sforzo di svilupparle. Se lo scopo principale della meditazione è di trasformare l’esperienza del mondo, è indubbio che praticare la meditazione ha anche degli effetti benefici sulla salute fisica. In un mondo dove medicina e religione sono strettamente legati, le manifestazioni della malattia, che è l’espressione di un disequilibrio interno dei flussi energetici, possono risultare da cause soprannaturali come l’azione di un demone o gli effetti di un cattivo destino. Il legame intimo esistente tra divino e medicina nella prevenzione delle malattie si sviluppa in un dialogo tra salute e magia. Il medico e l’esorcista diventano complementari. 

Gli esorcismi hanno portato alla produzione di alcuni oggetti di grande effetto, come i grembiuli d'osso del Tibet o le maschere di legno dipinte dipinte dello Sri Lanka, utilizzate in cerimonie vivaci e altamente teatrali. In Corea, la complessa figura dello sciamano, al tempo stesso anello di congiunzione tra l'uomo e la natura e tra il mondo dei vivi e quello dei morti, è al centro dell'attenzione, è un punto culminante nella presentazione del mondo medico asiatico.

Gli scambi nel campo della medicina tra Europa e Asia datano a partire del 16 secolo, I missionari portoghesi in India e Cina, poi in Giappone si sono interessati inizialmente alla farmacopea e alla classificazione delle piante. Queste piante faranno poi la ricchezza della Compagnia delle Indie attraverso il commercio delle spezie. 

Un altro campo ha attirato l’attenzione degli occidentali: l’agopuntura. Conosciuta a partire dal 18 secolo, fu combinata nel 19 secolo con l’elettricità per dare vita a una terapia per curare i reumatismi (vedi Jean Baptiste Sarlandiere 1787-1838 che utilizzo questo metodo in Francia). In Asia, è soprattutto con la traduzione dei trattati di medicina europei nelle lingue locali che si propagano le conoscenze mediche. In Cina, all’inzio del 17 secolo, queste traduzioni hanno permesso di completare le conoscenze sull’anatomia. L’apertura al Giappone a partire dal 1868 favorisce lo sviluppo della medicina occidentale in questo Paese. La creazione a Tokyo nel 1875 dell’istituto di farmacologia e farmacia diretto da Alexandre Langgaard (1847-1971) è una delle più importanti testimonianze. 

Attualmente Oriente e Occidente cominciano a comprendersi reciprocamente ea scambiarsi conoscenze essenziali.

Le medicine orientali (2)

Quando si parla di benessere, le medicine asiatiche sono ormai ampiamente utilizzate in tutto il mondo. Esse suscitano un interesse crescente e vengono sempre più inserite nelle cure ospedaliere e terapeutiche convenzionali. Mentre la medicina occidentale è soprattutto una medicina della malattia, che deve essere curata, la medicine asiatica è vista come prevenzione, una medicina per mantenere la salute.      
Pur essendo preventive, le medicine asiatiche hanno sviluppato diagnosi, trattamenti e un approccio globale - noto come "approccio olistico" - che prende in considerazione il corpo e la mente come un insieme che collega il paziente all'universo che lo circonda.
L'equilibrio delle energie vitali è il principio fondamentale di tutte le medicine orientali.


Farmacopea ed erboristeria. Le farmacopee cinese e indiana sono costituite da un corpus di piante di grande varietà. Le sostanze medicinali di origine vegetale o animale vengono raccolte dal mondo naturale che circonda i medici: nelle foreste lussureggianti in India, e montagne in Cina. Tra le più conosciute sono la noce di areca, essenziale per la produzione del betel quid, e il papavero, da cui si estrae l'oppio medicinale, e alcuni funghi, ritenuti in grado di assicurare la longevità, fanno tutti parte della ricca, varia e talvolta sorprendente farmacopea asiatica. Il confezionamento di queste preparazioni ha reso necessaria la produzione di contenitori e cofanetti, che sono dei veri oggetti d'arte.

I massaggi. Oltre ai trattamenti terapeutici, le medicine asiatiche prevedono massaggi per i pazienti, con l'obiettivo di prevenire gli squilibri interni che sono stati identificati come la causa principale delle malattie. Pertanto, i trattamenti si basano in gran parte sulla conoscenza dei flussi energetici su cui l'operatore interviene in molteplici tipi di massaggio.

A differenza della kinesiterapia e della fisioterapia che migliorano le disfunzioni meccaniche o articolari, i massaggi orientali sono concepiti per stimolare le energie interne al fine di mantenere, ripristinare o addirittura attivare  il corretto flusso di energia, che è la chiave della buona salute.
Il Qi gong, Tai chi e yoga sono considerate pratiche energetiche.

L'astrologia. L'uomo ha sempre prestato particolare attenzione ai fenomeni celesti, sia per la loro natura misteriosa, sia per i presagi, positivi o negativi, tradizionalmente associati alla loro manifestazione. Molte divinità asiatiche sono legate all'astrologia e si ritiene che svolgano un ruolo
ruolo nel determinare il destino dell'uomo. Questo vale per le grandi figure zodiacali e degli animali che le simboleggiano nel mondo cinese (il Ratto, il Bue/Bufalo, la Tigre, il Coniglio/Lepre, il Drago, il Serpente, il Cavallo, la Capra/Pecora, la Scimmia, il Gallo, il Cane e il Maiale) o i navagraha "Nove Sequestratori" della tradizione induista (Sole, Luna, Marte, Mercurio, Giove, Venere, Saturno, l'Eclissi e la Cometa).

Amuleti e talismani. Per proteggersi dalla sfortuna o da influenze soprannaturali, un amuleto portafortuna o un talismano preparato ritualmente è molto diffuso in Asia. Ognuno di essi è pensato per una protezione speciale e talvolta per un tipo specifico di persona. È il caso dei lucchetti progettati per proteggere l'anima dei bambini, che sono molto vulnerabili ai demoni o agli incantesimi maligni.Lo stesso vale per le professioni particolarmente esposte o pericolose come i tassisti in Thailandia. Gli incantesimi più efficaci sono quelli scritti da grandi maestri. 

Abbigliamento protettivo. I panni e gli indumenti protettivi possono essere indossati sul corpo o appesi in casa. in casa. Generalmente ricoperti di diagrammi e formule magiche, fanno parte dell'ampia varietà di oggetti protettivi che le persone amano acquistare in Asia. L'indumento è un mezzo per attirare la fortuna e il favore divino, allontanando al contempo il male e gli spiriti maligni. Nella maggior parte dei Paesi, questi indumenti erano destinati principalmente ai bambini, per proteggerli dalle malattie e dalle minacce provenienti dai mondi invisibili. Infatti, fino alla metà del 20° secolo, il tasso di mortalità infantile era particolarmente elevato in Cina, non solo a causa delle condizioni igieniche a volte precarie, ma anche a causa della mancanza di cure, in particolare di vaccini. 

Trattamento attraverso l'esorcismo. L'esorcismo è una pratica rituale che consiste nel rimuovere un'entità maligna da una persona. Ne esistono di diversi tipi: esorcismi terapeutici in cui la persona posseduta è considerata malata e bisognosa di cure; esorcismi collettivi, che mirano a eliminare un male su larga scala per mantenere l'equilibrio sanitario all'interno di una comunità; esorcismi spirituali, per sottomettere le forze demoniache e aiutare il praticante a raggiungere uno stato di uno stato di coscienza superiore, in particolare nel buddismo tantrico. L'origine di una malattia è considerata unica per l'individuo e non fa parte del sistema naturale. Di conseguenza, è pratica comune rivolgersi a questi "guaritori" le cui pratiche hanno un approccio magico. Il tipo di esperienza religiosa vissuta dallo sciamano determinerà la diagnosi. Spesso, però, i problemi di salute rivelano l'intervento di esseri soprannaturali come lo spirito di un morto o uno spirito maligno. In tutti i casi, lo sciamano individua l'origine della malattia attraverso la divinazione, entra in comunicazione con gli spiriti e cura il male.

Le medicine dell'Asia, sia che si guardi alla medicina indiana, cinese o alla tradizione medica del mondo himalayano, sono tutte caratterizzate da un approccio soprattutto preventivo e da un approccio olistico alla cura del paziente, con l'obiettivo di mantenere l'equilibrio dei flussi energetici che attraversano il corpo.

Come lo yoga ha conquistato il mondo

Fino alla fine del XX secolo, la scena dello yoga è puramente indiana e asiatica, le pratiche degli yogi e i testi sui quali esse si appoggiano sono di un esoterismo disorientante per gli occidentali. Nonostante questo lo yoga riesce a svilupparsi in Occidente e creare un legame tra l’India depositaria di saggezza, e un Occidente razionale e materialista. Un successo sorprendente, imprevedibile, che si può riportare a due tappe differenti.


La prima mondializzazione dello yoga (1893-1968), gli anni 1890-1930 hanno segnato una svolta con la presenza di Vivekananda al Parlamento delle religioni durante l’esposizione universale di Chicago nel 1893. I primi guru di yoga viaggiano verso l’Ovest per creare delle scuole, negli Stati Uniti, poi in Europa occidentale, vengono a colmare la richiesta di spiritualità alternativa al cristianesimo istituzionale e alla razionalità moderna.  In India, lo hatha yoga è di origine tantrica, dove il lavoro fisico giocava un ruolo secondario, poi si è a poco a poco trasformato in una disciplina posturale ricca e varia. Nella seconda metà del XIX secolo, quando i Britannici misero sotto controllo la società indiana, molti yogi furono le vittime di una forma di persecuzione; nel 1961 durante il primo censimento gli yogi furono classificati come vagabondi diversi, privandoli delle loro risorse.  Anche gli intellettuali indiani che avevano ricevuto un’educazione occidentale nei collegi britannici, in particolare a Calcutta, che fu il luogo di un ricco incontro interculturale, interiorizzarono questa svalutazione dello yoga. Comunque le performance fisiche e le dimostrazioni di poteri sovrannaturali fecero breccia nei cerchi esoterici occidentali. I maestri che si installarono negli Stati Uniti e in Europa negli anni 1920-1940 fondarono il loro successo insegnando uno yoga esigente sul piano posturale, accordando tutto lo spazio al corpo, promettendo la salute fisica e mentale, un stato di benessere durabile, e aperti a una realizzazione integrale del Sé. Questa reinterpretazione accompagnerà negli anni 1960 l’emergenza di rivendicazioni nuove, nella gioventù nord-americana, poi europea. Una gioventù in rivolta contro la tutela della famiglia e della morale cristiana, contro l’imperialismo materialista di produzione delle società moderne, contro la violenza delle guerre. Una gioventù che milita per una liberazione del corpo e un altro approccio all’esistenza, sotto il segno del de-condizionamento dell’ego. Lo yoga gioca un ruolo importante, come disciplina totale, allo stesso tempo fisica e mistica, porta aperta sugli stati alterati di coscienza, che si possono trovare anche con l’uso delle droghe. I guru indiani, di preferenza, venerati a volte come delle reincarnazioni divine, forniscono le risposte a queste ricerche, adattano i loro discorsi e le loro pratiche a queste attese, si sostituiscono alle autorità educative e ai detentori del sapere accademico. Rappresentativo di questa fase è il soggiorno dei Beatles all’ashram di Maharishi Mahesh a Rishikesh. Soggiorno che segnerà poi la rottura con il loro maestroi.

Le cose si sarebbero potute fermare là, ma durante gli anni 1980, la pratica e l’insegnamento dello yoga conoscono un sviluppo inatteso. Questa seconda mondializzazione si inscrive nel solco della prima, è il frutto di diversi elementi: lo yoga è praticato dalle star americane (Madonna, Sting), poi da influencer che utilizzano i social media, per mettere in moto una potenza economica impressionante che si rivolge ai milioni di praticanti nel mondo. Questi yogi privilegiano la pratica posturale basata sulla costruzione del corpo ideale, la ricerca di una buona salute e di un'armonia tra individuo e l’ambiente. Si pratica yoga ovunque, nei club, nelle palestre, nella case di riposo, negli ospedali, scuole, prigioni, la pratica perde la sua natura contestatrice e emancipatrice e accompagna la vita più che trasformarne il significato.

Bisogna includere in questo contesto la rivalutazione di questa disciplina in India. Dopo l’indipendenza del 1947, la costruzione della cultura nazionale si è appoggiata sulla rivalorizzazione delle grandi tradizioni di saggezza come lo yoga.  All’arivo al potere di Narendra Modi, che ha segnato il trionfo dell’ideologia nazionalista, questa riappropriazione prende un aspetto politico. Nel 2014, un ministro indipendente si occupa dello yoga, così come delle medicine autoctone, tra cui l'Ayurveda.  Frutto di una intensa mediazione diplomatica, la giornata internazionale dello yoga approvata dall’ONU fa in modo che ogni 21 giugno ci sia la proiezione di un’India ideale che partecipa alla costruzione della pace mondiale. La strumentazione di una antica disciplina di liberazione spirituale a scopi identitari è inedita e pone una serie di domande per quanto riguarda l’avvenire. Infine, le crisi successive che segnano i primi decenni del XXI secolo rimettono fortemente in primo piano la richiesta di senso, le rivendicazioni di una realizzazioni di sé, con l’adozione di una disciplina globale corpo/mente la ricerca di un’etica nell’azione, le preoccupazioni ecologiche, il bisogno di spiritualità, in senso largo. Questi piani meno visibili, più profondi, continuano di fare dello yoga una risorsa, una potenzialità di resilienza che spiega largamente il suo successo mondiale. 

Lo Yoga è una disciplina nata in India, ma negli ultimi dieci anni ha conquistato letteralmente tutto il mondo. Secondo il Financial Times, dal 2008 è diventata la disciplina più praticata al mondo, sia dalle donne che da gli uomini. Basti pensare che in Italia sono oltre 2 milioni le persone che hanno abbracciato questa attività.

Le scuole del buddhismo tibetano

La penetrazione del Buddhismo nel Tibet risale all’VIII sec. E.C..    Il Buddhismo tibetano era in occidente erroneamente denominato “lamaismo” dall’appellativo lama «superiore», con cui vengono chiamati i monaci quando sono anche maestri spirituali. Il c.d. lamaismo discende dalla scuola del Māhayāna, ma nella pratica rivela qualche connessione con riti e credenze della primitiva religione tibetana, successivamente denominata Bön, definibile un complesso di credenze animistiche. Oggi i Bönpo, o seguaci del Bön, sono presenti soprattutto nel Tibet orientale.         
Il Buddhismo si divide in due yana o “veicoli”, cioè modalità per raggiungere il Risveglio (bodhi): il Theravada o buddhismo antico diffuso nell’Asia meridionale e sud-orientale, e il Mahayana, diffusosi dal nord del subcontinente indiano in gran parte dell’Asia fino al Giappone. Madhyamaka e Yogachara sono le principali correnti filosofiche dello sviluppo del Buddhismo Mahayana in India prima dell’introduzione del Buddhismo in Tibet. La scuola Yogachara (“pratica dello yoga”), è detta anche Vijnanavada, o “dottrina della sola coscienza”.  Madhyamaka è la scuola della via mediana, annunciata dal maestro Nagarjuna (150-250) nel secondo secolo E.C..   Per approfondimenti vedi: https://www.sangye.it/altro/?p=9979    
Nagarjuna, insieme ad Asanga, è una delle figure le più eminenti del Grande Veicolo Mahayana in India e fu anche abate dell'università monastica di Nalanda; nelle sue opere ha perfettamente condensato la totalità degli insegnamenti del Buddha. A Nalanda ricevette in giovane età l'iniziazione a una pratica tantrica di lunga vita che apparentemente gli permise di superare la malattia di cui soffriva. Lettere a un amico è un poema scritto (un testo sacro o shastra) al suo amico e discepolo, il re Détcheu Zangpo, soggetto a debolezze e in preda al dubbio, come del resto molti dei praticanti buddhisti occidentali ancora oggi. Un altro importante testo di Nagarjuna è Le strofe della via mediana, uno dei fondamenti di questa corrente filosofica. 

 

Le quattro scuole del Buddhismo tibetano derivano tutte dal Vajrayana o Veicolo di Diamante (considerato come un ramo del Mahayana o Grande Veicolo) che unisce agli insegnamenti del Buddha alcuni elementi esoterici, in particolare alcune tecniche di meditazione trasmesse da maestro a discepolo, destinate a raggiungere rapidamente il Risveglio, se possibile in una sola vita. Queste scuole condividono gli stessi insegnamenti e gli stessi riti; si distinguono per dettagli di dottrina e di pratiche trasmesse dai loro rispettive lignaggi di maestri. Grande importanza ha la mistica e le pratiche caratteristiche dello yoga indiano, le quali consentono di raggiungere il samādhi, cioè quello stato di meditazione profonda e astratta con cui si attua il completo e assoluto distacco da ogni evento esteriore e contingente. Nei conventi e nei templi si compiono rituali e cerimonie collettive del culto con una liturgia che consiste nella recitazione di formule religiose fatta ad alta voce, spesso in coro, in benedizioni e in offerte.
Nyingmapa (gli Antichi). La scuola appunto più antica, stabilita nel sec. VIII E.C., rivendica di discendere da Padmasambhava, il “nato dal loto”, anche detto Guru Rinpoche, “il maestro prezioso” che introdusse il tantra buddhista nel Tibet e che viene considerato come un secondo Buddha. Padmasambhava avrebbe lasciato nelle grotte e nei laghi degli insegnamenti che dovrebbero essere scoperti al momento opportuno da esseri ispirati (terton). Questa scuola sostiene che esistono due vie di trasmissione: la “trasmissione dei tesori spirituali” (terma), considerata la più breve perché scavalca le generazioni, e la trasmissione orale o lunga (karma) che risale al Buddha secondo una filiazione continua da maestro a discepolo. I Nyingmapa non conoscono organizzazione centralizzata, ma si riuniscono intorno a maestri che spesso hanno reputazione di santità. Molti di questi maestri sono sposati (i maestri delle altre scuole sono quasi sempre monaci). Gli insegnamenti si fondano in questa scuola su un itinerario articolato in nove veicoli – i più elevati, che sono i più segreti, sono in qualche modo le anticamere del Risveglio. Alla vetta si trova la pratica dello dzoghen, la Grande Perfezione che conduce al “corpo di luce”. Una fra le divinità principali degli Nyingmapa è Vajrakilaya. Il capo attuale di questa scuola è Penor Rimpoché.  L' A.C.E.C.  Centre d'etudes de Chanteloube fa (vedi: https://songtsen.org/chanteloube/) fa riferimento alla tradizione Nyingma e si ispira alla vita e al lavoro di Kangyur Rinpoche. Il centro fu fondato nel 1980 con il supporto di Dilgo Khyentse Rinpoche, e la principale attività è quella di organizzare ritiri per studiare e praticare il Buddhismo.
L’ordine Sa-skya-pa (o Sakyapa, la Terra chiara). Nel sec. XI Virupa, un potente maestro tibetano, trasmette il suo insegnamento tantrico al tibetano Drokmi Shakya Yeshe, che a sua volta ebbe come discepolo un appartenente della famiglia Khon, Köntchok Gyalpo (o Konchog Gyalpo: 1034-1102). Questi fonda un monastero nel Tibet centrale nel 1073, in un luogo dove la terra è di color grigio chiaro e perciò lo chiama sakya, “terra chiara”. Portò dall’India l’insegnamento dei grandi yoghin e, grazie alla posizione del monastero, che si trovava lungo una frequentata via commerciale, l’ordine e la forza dell'ordine Sa-skya-pa crebbe rapidamente. Questa scuola è famosa per la perfezione dei suoi rituali e i suoi studi metafisici molto avanzati. Il suo insegnamento specifico è il lamdré, “la Via e il frutto”, che postula l’unità ultima del samsara (il ciclo delle rinascite) e del nirvana (il Risveglio). Questa è l'unica scuola dove la trasmissione sia familiare, generalmente da zio a nipote. Il ramo ngorpa è noto per il suo rigore monastico. Due figure importanti sono il grande erudito Sakya Pandita (1182 – 1251) e il filosofo Gorampa (1429 – 1490).  La scuola è centrata sulla divinità tantrica Hevajra.  Dalla famiglia Khon nasce anche il ramo Karma-pa.

SSST-2  Sua Santità il 41esimo Sakya Trizin è Kyabgon Gongma Trichen Rinpoche (1945 - ).

  L'ordine Kagyu (o Kagyupa, la Via della Trasmisione orale) fu fondato da Marpa (discepolo di Naropa, che fu discepolo a sua volta di Tilopa) ed è diventato famoso con il suo discepolo Milarepa, il più famoso e potente degli yoghin tibetani, celebre per i suoi poteri magici. Il suo insegnamento segue un itinerario di sei veicoli di cui la vetta è il Grande Sigillo (mahamudra) – l’unione della vacuità e della chiara luce. Il più conosciuto discepolo di Milarepa, fu Gampopa (1079-1153). Sotto l’influenza di Gampopa, i Kaguypa fondarono varie scuole e si dotarono di numerosi monasteri che sono diventati centri importanti di insegnamento. Se assegnano, come gli Nyingmapa, molto spazio allo yoga e alla meditazione, mettono tuttavia l’accento sull’importanza della teoria. Vari lignaggi sono usciti da questa scuola: la più conosciuta è quella dei Karma Kagyupa, diretta dai karmapa, sono il primo lignaggio dichiarato di tulku, reincarnazioni di Düsum Khyenpa (XII secolo).   Il XVII karmapa risiede attualmente in India. Il Ghyalwa Karmapa è ritenuto essere pienamente illuminato, titolare del lignaggio Kagyu. Trinley Thayé Dorje è il XVII ghyalwa karmapa (c'è stata una grande controversia per la successione).   Fra gli altri lignaggi citiamo i Shangpa Kagyu, ai quali apparteneva Kalu Rimpoche e i Drukpa Kagyu. Una delle divinità principali è Chakrasamvara. 

Il monastero Dhagpo Kagyu Ling, fondato nel 1975 in Francia, è la sede europea della scuola Karma Kagyu. In Francia, quasi settanta centri sono collegati al Dhagpo (vedi: https://www.dhagpo.org/).     

 Con Gampopa passiamo dall’epoca dei traduttori a quella degli studiosi buddhisti tibetani in grado di scrivere dissertazioni sulla dottrina. Dei maestri studiosi Sa-skya ricordiamo Kun’-dga’-snying-po (che sistematizzò gli insegnamenti basati sui culti tantrici) e Kun-dga’rgyal-mtshan (che commentò i tantra principali e scrisse sulla filosofia, la logica, la grammatica e la poesia) e ancora ‘Phags-pa (che compose le spiegazioni dei Tantra). Dall’inizio del XIII secolo vi furono sette centri importanti di insegnamento in Tibet. La fama e la ricchezza dei monasteri crebbero in fretta.
Da VII al XIII secolo i sapienti tibetani furono principalmente impegnati nella traduzione di ogni opera buddhista indiana scritta in sanscrito, opere che andarono a costituire la base fondamentale delle scritture tibetane comuni a tutti i diversi ordini tradizionali.

Dal XII secolo alcuni sapienti tibetani avevano trasferito in Tibet non solo i testi ma anche l’intero modo di vivere dei monaci buddhisti e degli yoghin indiani. I tibetani acquisirono tutto il possibile del Buddhismo indiano fino a percepire il Buddhismo non più in collegamento con la sua patria d’origine, ma come religione propria e tradizionale, soprattutto, dopo l’invasione dei musulmani nell’India settentrionale che aveva provocato la distruzione dei più grandi centri buddhistici [buddhistico lo preferisco, ma devi uniformare] in India (XII-XIII secolo) e l’uccisione dei monaci.
I mongoli di Gengis Khan nel XIII secolo si introdussero nella corte cinese. Nello stesso periodo il Tibet si sottomise pacificamente ai mongoli che adottarono la religione buddhista (mentre il Buddhismo scompariva nei paesi confinanti). Nel 1239 Godan, uno dei due figli di Ogodai (successore di Gengis Khan), impressionato da ciò che gli venne riferito sui grandi Lama, convocò un rappresentante tibetano alla sua corte. Nel 1244 il Lama di Sa-skya fu nominato “reggente” con l’obbligo di risiedere alla corte del Khan e iniziò Godan al Buddhismo.
Alcuni Lama cercarono di imitare i Sa-skya e chiesero protezione a qualche capo mongolo. Si creano così delle rivalità e guerre vere e proprie fra monasteri per cercare di avere l'appoggio mongolo e ottenere maggior prestigio. I Sa-skya regnarono per circa settantacinque anni e furono affiancati dal potere Karmapa. Il declino dei Lama Sa-skya fu in parte dovuto al sistema della successione per nascita (ad ogni Lama deceduto corrispondevano tre reincarnazioni: del corpo, della mente e di beatitudine) che produsse un gran numero di eredi potenziali.
Dal XIV secolo (forse anche prima) prende piede in Tibet una forma di successione, quella del lama incarnato, che per quanto supportata dalla dottrina buddhista canonica ha caratteri unici. La rinascita di un Lama incarnato è vista come rinascita di un Buddha, libero dal karma, che rinasce volontariamente per il bene degli altri. In punto di morte il lama da indicazioni sul luogo in cui si dovrà cercare la sua prossima nascita.
-  La scuola Ghelugpa (o Guelugpa i virtuosi). Il Buddhismo viene rivitalizzato in Tibet dal Lama Tzong Khapa (o Tsongkhapa) nel 1400 (inizio del sec. XV) che fonda la scuola dei cosiddetti berretti gialli, i Gelugpa (a questa tradizione appartiene il Dalai Lama), dal berretto che i monaci portano per distinguersi dalle altre scuole che hanno un berretto rosso. I copricapi dei primi eruditi (pandita) buddhisti sarebbero stati gialli, colore che evoca la terra e la stabilità. Nel sec. VII, per manifestare la loro volontà di trionfare sui seguaci di altre religioni in occasione di dibattiti che spesso si tenevano, gli oratori buddhisti avrebbero adottato dei berretti rossi, colore del fuoco e dell’eloquenza. Con l’adottare il berretto giallo, Tsong khapa, fondatore della scuola Ghelugpa, preconizzava un ritorno alle origini.

La scuola Ghelugpa è la più recente delle scuole tibetane e mette l’accento sul rigore della disciplina monastica e sullo studio, riservando le pratiche tantriche agli studenti più avanzati.  Ventuno anni di studi portano all’esame di dottore (gheshe), coloro che riescono a superare l'esame possono essere nominati abate (rettore di una università monastica). Si pone un’attenzione del tutto particolare sullo studio della logica e della filosofia buddhista, e più particolarmente sulla vacuità (shunyata). Il capo dei Ghelugpa è il Ganden Tripa. 

Il Dalai Lama, capo spirituale e temporale del Tibet, è uscito dai Ghelugpa, ma riceve insegnamenti da maestri di tutte le scuole di cui è il protettore. Il Panchen Lama, seconda autorità spirituale del Tibet è anche lui uscito dalla scuola Ghelugpa.
Conseguita la supremazia sulle altre scuole tibetane, nel sec. XVI    i capi di questa scuola assunsero dal 1578 il titolo di Dalai Lama e consolidarono nel sec. XVII l'assetto politico-religioso che il Tibet conservò per circa tre secoli. Tzong Khapa ingiunse ai monaci l’osservanza del celibato e di una rigorosa disciplina e sul piano dottrinario assegnò alla preparazione scolastica un ruolo essenziale nel conseguimento dell'Illuminazione contro l'uso indiscriminato della "Via dei Tantra", senza però negare la legittimità del tantrismo stesso. Espose il suo pensiero in due Summae di vasta estensione. 
Il Dalai Lama è una emanazione di Avalokiteshvara, il bodhisattva della compassione. È anche un maestro vajra dei mandala esoterici del tantra dello yoga supremo, specialmente del Kalachakra (“La ruota del tempo”). L’università tantrica Ghyuto fu fondata nel 1475 da Jetsun Kunga Dhondup, ed è una delle più grandi istituzioni tantriche dell'ordine tradizionale Ghelugpa. Altra analoga istituzione importante di questa tradizione è il Ghyume.  

L'istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia fa riferimento a questa tradizione (vedi: https://www.iltk.org/chi-siamo/lignaggio-maestri/). 

Vedi anche https://rigpa.it/rigpa-chi-siamo/

Medicine dell'Asia, l'arte dell'equilibrio: una sorprendente esposizione sul benessere al Musée Guimet

La mostra Mèdecines d'Asie, al Musée Guimet  di Parigi, ci offre un vero e proprio viaggio introspettivo sulle pratiche medicinali in Asia. La mostra ci porta dalla Cina all'India, passando per il Tibet, alla scoperta delle credenze e delle tradizioni di questi tre grandi Paesi.
Oggetti antichi, statue, arazzi, sculture, dipinti, abiti, accessori... Alcuni di questi pezzi vengono mostrati al pubblico per la prima volta. Più di 300 opere sono riunite ed esposte in questo percorso suddiviso in quattro temi. Si esplorano gli aspetti storici e mitologici di queste tradizioni medicinali, poi i sistemi di diagnosi e cura, la medicina dell'anima e infine il confronto tra Oriente e Occidente.

Nel visitare la mostra si scopre come le pratiche della meditazione, dell'agopuntura, dell'astrologia, dello sciamanesimo, dell'esorcismo, del massaggio e della farmacopea vengono utilizzate per curare il corpo e la mente.  La mostra cerca, inoltre, di fornire un contesto storico alle pratiche più popolari, come la meditazione, lo yoga e l'uso di piante medicinali.   

La mostra immerge i visitatori in quattro grandi temi, attraverso 300 opere, la maggior parte delle quali esposte per la prima volta, provenienti da collezioni nazionali francesi e da importanti istituzioni del patrimonio europeo.

  • Dal mito alla storia.  Questa parte presenta gli aspetti fondamentali delle tre grandi tradizioni della medicina, attraverso opere di grande forza estetica e spirituale. Il visitatore scopre gradualmente la mitologia, la storia e lo sviluppo di queste tradizioni mediche. Il viaggio prosegue con la presentazione del pantheon di divinità legate alla medicina, in cui si incarnano i concetti di malattia e guarigione, ricordando i legami tra medicina e spiritualità.
  • Diagnosi e cura. Questa sezione presenta la farmacopea, l'agopuntura e la moxibustione. Inoltre, presenta piante medicinali e preziose scatole di medicinali. Vengono presentate anche tecniche di trattamento come il massaggio e le pratiche energetiche (qi gong, tai chi, yoga).
  • Medicina per l'anima. Oltre al corpo fisiologico, la medicina asiatica si occupa anche dello spirito e della psiche degli esseri umani. Astrologia, incantesimi e rituali, amuleti e abiti talismanici sono tutti utilizzati per combattere le indicibili afflizioni dell'anima.
  • Il rapporto Oriente e Occidente. La parte finale della mostra analizza il dialogo medico tra Oriente e Occidente a partire dal XVI secolo. Preziose opere enciclopediche sono esposte in una scenografia che ricorda l'atmosfera delle antiche biblioteche.

Lettre a un ami - Nagarjuna

Lettre a un ami di Nagarjuna, commentato da Kangyiur Rinpoché (1875-1975), maestro e erudito d'eccezione fu la reincarnazione di uno dei discepoli di Padmasambhava. Kangyour Rinpoché dedicò i suoi ultimi anni della sua vita, quando era in India, alla preservazione del Dharma e costruì un monastero a Darjeeling. Contribuì a portare il Dharma in Francia (in Dordogna), dove la sua famiglia si installò alla sua morte.     

Nagarjuna, insieme a Asanga, è una delle figure le più eminenti del Grande Veicolo e fu anche abate all'università monastica di Nalanda, e nelle sue opere ha perfettamente condensato la totalità degli insegnamenti di Buddha. A Nalanda ricevette in giovane età l'iniziazione a una pratica tantrica di lunga vita che apparentemente gli permise di superare la malattia di cui soffriva. Lettere a un amico è un poema scritto (un testo sacro o sastra /shastra), al suo amico e discepolo, il re Détcheu Zangpo soggetto a debolezze e in preda al dubbio, come molti dei praticanti buddhisti occidentali. Un altro importante testo di Nagarjuna è Les stances de la Voi médiane, uno dei fondamenti di questa corrente filosofica.

Il testo inizia come è tradizione nei shastra, con una promessa, e poi comincia a spiegare le sei virtù trascendentali (paramita). La via progressiva è realizzabile anche da esseri ordinari e il testo è utile a chi si allontana dalla via e dalla meditazione, distratto da vari stimoli esterni.   

Contenuto del testo Lettre à un ami. Omaggio a Manjushri Kumarabhuta.

2- Questi versi espongono il santo Dharma.

4- Il Buddha, la Dottrina, la comunità, la generosità, la disciplina e gli esseri celesti; i Vincitori spiegano perfettamente questi sei punti.

8- Generosità, disciplina, pazienza, diligenza, concentrazione e conoscenza; sviluppa queste incommensurabili virtù. Bisogna essere generosi con i genitori. Queste virtù faranno di te un Buddha.

10- Astieniti da nuocere, rubare, avere relazioni sessuali, mentire, bere dell'alcol, mangiare avidamente, cantare, danzare, e portare gioielli.

12- Considera come nemici della virtù l'avarizia, il tradimento, l'attaccamento, la pigrizia, l'arroganza, la sete, la rabbia e l'orgoglio.

15- Non cedere mai al più piccolo istante di collera, rinunciare alla collera permette di raggiungere lo stadio del Senza-ritorno.

16- Rinuncia al rancore,

21- Non guardare la donna di altri, e scappa dal piacere dei sensi che sono la nostra perdita.

32- Fede, disciplina, erudizione, generosità, coscienza morale immacolata, senso della vergogna, e conoscenza superiore, sono i sette tesori che insegna il saggio.

34- Accontentarsi è una delle più belle ricchezze, se sei soddisfatto in ogni circostanza, sarai veramente ricco.

38- Considera il cibo come una medicina, e prendilo senza attaccamento, né avversione; mangia solo per nutrire il tuo corpo.

44- L'agitazione e il rimorso, animosità o ostilità, il torpore e la sonnolenza, l'aspirazione al piacere dei sensi, il dubbio, questi sono i cinque ostacoli, pronti a mettere in pericolo la virtù.

46- La malattia, la vecchiaia, la morte e la separazione dai nostri cari ci spiano,

48- Sappi queste verità: gli uomini soffrono, sono impermanenti e sprovvisti di un "Io" e impuri.

49- La materia non è il sé, il sé non è la materia. Non c'è un sé o "Io", vedi la vacuità degli aggregati.

52- La liberazione riposa su di te soltanto, esercitandoti allo studio, alla disciplina, e alla concentrazione applicati con diligenza alle quattro nobili verità.

58- Tutto è impermanente e sprovvisto di un sé.

59- E' più difficile di rinascere umano, che per una tartaruga di passare fortuitamente la testa in un cerchio che galleggia in un immenso oceano.

62- L'importanza dell'amico spirituale.

89- Gli animali soffrono di diversi tormenti.

91- Anche i preta soffrono i terribili tormenti. I preta, nel buddhismo sono degli esseri rinati in una condizione inferiore a quella umana e a quella animale a causa del loro comportamento dettato da avarizia o gelosia.

105 - Attraverso la disciplina, la concentrazione e la conoscenza è possibile lo stato del nirvana, dove tutto è purezza, in uno stato d'immortalità, senza vecchiaia.

106 - Attenzione, discernimento, diligenza, gioia, elasticità estatica, il raccoglimento, l'imparzialità sono i sette componenti del Risveglio.

109- Il saggio insegna che dall'ignoranza provengono gli atti, dagli atti la coscienza, e da questa il fattore nome-forme che condiziona l'apparizione delle sei facoltà di percezione sensoriale.

111- Da che apapre la nascita, vengono la sofferenza, la malattia, la vecchiaia, ... una massa di sofferenze.

112- Chi vede l'interdipendenza correttamente è sulla strada del Buddha.

113- La vista, i mezzi di sussistenza, lo sforzo, l'attenzione, il raccoglimento, la parola, il comportamento e il pensiero costituiscono gli otto componenti della via.

117- Controlla la mente! IL Buddha insegna che la mente è la radice di tutti i fenomeni.

120- Controllare lo yoga di tutte le eccellenze durante numerose vie è l'indicazione di Avalokiteshvara.

121- Possa tu rinascere all'immagine del Buddha Amitabha.

123- E quando avrai raggiunto lo stato di re dei Vincitori, libera dalla paura, dalla nascita e dalla morte gli innumerevoli essere tormentati dalle passioni.

Possa tu , pacificare tutto nel nirvana dove i nomi sono assenti, raggiungere lo stato senza paura, immutabile e senza errori.

Commenti. Il sanscrito è la più eminente delle lingue dell'Asia, ed è usato dai saggio che hanno conosciuto il risveglio per trasmettere gli insegnamenti.

Ci sono quattro categorie di esseri: quelli che vanno dalla luce alla luce, altri vanno dalle tenebre alle tenebre, altri vanno dalla luce alle tenebre, altri vanno dalle tenebre alla luce. Di queste quattro categorie appartieni alla prima: quella che va dalla luce alla luce.

La sensazione del piacere non fa nascere il benessere e la felicità, benché per gli esseri ordinari i piaceri possono assomigliare alla felicità; rinuncia a questi piaceri, in quanto le emozioni perturbatrici dell'attaccamento sono le catene che legano strettamente gli esseri umani al cerchio delle esistenze.

Il saggio ha vinto la battaglia contro i sensi, ci sono persone ordinarie che vincono delle guerre ma non riescono a controllare le sensazioni percettive.

Onora le persone che sono dotate di conoscenza e disciplina, anche se sono sprovvisti di altre qualità come la bellezza, discendenza prestigiosa, ecc... Queste persone sono posizionate tra i santi.

Tu che conosci il mondo sai sicuramente quali sono le otto preoccupazioni mondane: benessere e malessere, onore e infamia, lode e critica, guadagno e perdita, per arrivare al di là del mondo non bisogna farsi coinvolgere da queste preoccupazioni.

Giocare, andare allo spettacolo, rimanere senza far niente, avere cattive compagnie, bere e andare in giro la notte, queste sono le sei attività che ti porteranno ai regni inferiori.

Rinunciare all'attaccamento al cibo, considera il cibo come una medicina e prendilo senza avversione né attaccamento, mangia solo per sostenere il tuo corpo.

Medita come puoi, senza arrestarti sull'amore, la compassione, la gioia empatica, e l'imparzialità, anche se non arriverai allo stato superiore, sarai comunque felice.

Al cuore della compassione - Commento alle 37 pratiche dei boddhisattva di Dilgo Khyentsé

"Le 37 pratiche dei boddhisattva costituiscono l'insegnamento del Grande veicolo il più diretto e il più profondo sulla modalità di raggiungere il Risveglio".   

Al cuore della compassione. Commenti delle 37 pratiche dei boddhisatva - di Thonmè Zangpo. Autore Dilgo Khyentsé.  Le 37 istanze, scritte nel XIV secolo da Gyalsé Ngultchou Thogmé (considerato l'incarnazione di Avalokiteshvara), sono il riassunto del Bodhicaryavatara di Shantideva (685-763), una delle opere più importanti del Grande Veicolo.         

Biografia di Gyalsé Thogmé (1295-1369). Ricevette l'ordinazione a 14 anni, e passò la vita in povertà con il giuramento di non possedere mai niente, insegnando regolarmente i testi del grande veicolo, come il Bodhicaryavatara e la Conoscenza trascendentale. Dalla sua più tenera età aveva tagliato i legami con il desiderio e l'attaccamento, e la sua bontà era meravigliosa. Era sufficiente vederlo e incontrarlo per essere presi dalla fede, la rinuncia, l'amore e la compassione e dalla voglia di coltivare lo spirito del Risveglio. Grandi maestri dicevano di lui: "E' il Buddha sotto forma umana" e si inchinavano in direzione del suo eremo. I suoi ultimi consigli furono: "Rispettare i tre giuramenti, abbandonate l'attaccamento e la credenza all'esistenza reale delle cose, e aiutate gli esseri in atti, parole e pensieri. Ecco quello che costituisce una pratica eccellente".

Biografia di Dilgo Khyentsé Rimpoché (1910-1991) è stato uno delle principali figure della tradizione nyingma, e praticò meditazione per ventidue anni in ritiro. Erudito, saggio e poeta, non cessava di impressionare chi lo incontrava per la sua semplicità e buon umore. Il suo maestro principale fu Shèchen Gyaltsap. Un altro grande maestro, Khenpo Shenga de Dzogchen gli trasmise la sua opera maggiore, I tredici grandi trattati. I Khyen-tsé (significa saggezza e amore) sono le reincarnazioni di grandi personaggi della storia del buddhismo Tibetano (come il re Thrisong Détsen, Vimalamitra e Gourou Rimpoché che introdussero nel IX secolo il buddhismo tantrico). Dilgo Khyentsé Rimpoché passò parte della sua vita a ri-editare le più importanti opere del buddhismo tibetano e a costruire stupa e monasteri in luoghi sacri; è stato uno dei maestri più rispettati del Bhutan. Andò per la prima volta in Occidente nel 1975, insegnò soprattutto in Dordogna, a Tashi Pelbar Ling, la sua sede europea dove si può fare il ritiro dei tre anni. In Dordogna fu accompagnato dalla sua sposa Sangyoum Lhamo e da suo nipote Rabjam Rinpochè erede spirituale. Diede insegnamenti anche al Dalai Lama a Dharamsala. E' stato il maestro di Matthieu Ricard.

Prefazione.  Omaggio a Lokeshvaraya  (Omaggio al signore del mondo).
Rispettosamente rendo sempre omaggio attraverso le tre porte ai supremi lama e al protettore Avalokiteshvara che, pur percependo tutti i fenomeni come privi di ‘andare’ e ‘venire’, s’impegnano univocamente per il beneficio dei trasmigratori.  I perfetti buddha, fonti di beneficio e felicità, sorgono dall’aver praticato il santo Dharma che, a sua volta, dipende dalla conoscenza delle pratiche relative.

Commenti. Nelle istruzioni fondamentali delle 37 istanze della pratica del boddhisattva si trovano gli insegnamenti del Grande Veicolo sulla disciplina, la concentrazione e la saggezza. Assimilandole e realizzandole, si percorrerà senza difficoltà la via della liberazione.

L'attaccamento o l'avversione derivano dal fatto che si crede si essere un individuo realmente esistente. Shantideva nel suo Bodhicaryavatara dice: "Tutto il benessere del mondo viene dalla ricerca del benessere altrui, tutte le sofferenze del mondo vengono dalla ricerca del proprio benessere". La via del Grande Veicolo consiste nell'abbandonare l'idea stessa di un sè realmente esistente. Quando la preoccupazione del sè si dissipa, non c'è più ragione di avere della rabbia, dell'attaccamento egoista, l'orgoglio, gelosia o ignoranza. Praticando correttamente gli insegnamenti del Grande veicolo (Mahayana), si praticano anche gli insegnamenti del Piccolo veicolo (Hinayama). Quando lo spirito del risveglio nascerà spontaneamente in voi, possederete la radice stessa di tutti gli insegnamenti dei sutra (sutrayana), dei mantra (mantrayana), del grande sigillo (mahamudra), e della grande perfezione.

Avalokiteshvara, il Buddha della compassione si è manifestato varie volte nel mondo, le sei sillabe del mantra Om mani padme houng (Om ma ni pad me hung) sono una sua manifestazione. Chiunque ascolta questo mantra riceverà il seme della liberazione. Per arrivare alla liberazione occorre combinare i mezzi e la conoscenza superiore (praticare le virtù trascendentali) e la realizzazione della vacuità. L'uomo ha la fortuna di avere la libertà di praticare, delle 10 ricchezze favorevoli alla pratica: 5 sono legate alle condizioni individuali: essere nato come essere umano, in una regione centrale, disporre di tutte le facoltà, condurre una vita che si accorda con il Dharma, avere fede negli insegnamenti. Le altre riguardano le condizioni generali: un Buddha è apaprso, la sua dottrina si è perpetrata fino ad oggi, avere l'opportunità di praticare, essere accettati da un amico spirituale. Le tendenze avverse sono: essere presi da attività varie, avere un atteggiamento corrotto e depravato, non credere alle sofferenze del samsara, essere privi del gioiello della fede, non avere rimorso nel compiere atti negativi, non coltivare qualità positive, aver rotto i legami sacri del veicolo del Diamante (samaya) che legano il discepolo al maestro.

Shantideva dice: "L'esistenza umana è un battello per traversare l'oceano della sofferenza". "Gli esseri umani sono così rari nei sei mondi che corrispondono alle stelle del mattino".

I Paesi in cui il Dharma è una tradizione vivente sono rari, in questi Paesi quante persone sono ispirate dalla pratica? Quanti di loro mediteranno fino a raccoglierne i frutti? La gran parte degli esseri umani butta via la loro vita in attività inutili, egoiste e volgari.

Oggi l'incontro con il Dharma non è una semplice coincidenza, ma il risultato dei nostri atti passati. Solo il Dharma ci aiuterà nel momento della morte e noi sappiamo che la morte è certa. Quindi è pura follia non iniziare subito a praticare. Si dice che il samsara è impregnato di tre tipi di sofferenze: 1- la sofferenza accumulata, 2- la sofferenza del cambiamento, e 3- la sofferenza inerente a tutto ciò che è composto. Gli esseri umani subiscono le quattro sofferenze: della nascita, della vecchiaia, della malattia e della morte. E non possiamo invertirne il corso.

Importante è essere convinti che la sola cosa per cui valga la pena è impegnarsi  per raggiungere il Risveglio Supremo.  Quando il Buddha fece girare la ruota del Dharma per la prima volta, insegnò le quattro nobili verità: 1- la sofferenza esiste ed è importante riconoscerla, 2- la sofferenza ha una causa, e bisogna individuarla e rinunciare a questa causa., che sono le emozioni perturbatrici (klesha). Le principali sono: il desiderio, l'aggressività, l'ignoranza, orgoglio e gelosia. 3- c'è una via che libera gli esseri da questa sofferenza, e bisogna seguirla. 4- Facendo questo, la sofferenza terminerà.

Il primo passo, quindi, è quello di ascoltare gli insegnamenti, il secondo consiste nel riflettere sugli insegnamenti e scoprirne il senso profondo, il terzo consiste nel meditare su questi insegnamenti profondi, passando da una tappa all'altra le vostre qualità spirituali nasceranno spontaneamente, perchè la natura di Buddha (tathagatagarbha) che è in voi si rivelerà.

Questa opera svela l'essenza stessa di questi insegnamenti sotto forma di semplici istruzioni che dovranno essere applicate. Forse un giorno aspirerete alla solitudine di un ritiro per meditare profondamente su questi insegnamenti.

Lasciare il paese di origine , significa rinunciare all'attaccamento e alla rabbia,e al fattore oscurante dell'ignoranza che li impregna. In generale questi tre veleni sono più violenti nel nostro ambiente, nei nostri rapporti con la famiglia e gli amici. In un nuovo ambiente, niente risveglierà questi sentimenti e emozioni negative. Nella solitudine, non c'è niente da fare che domare la nostra mente e le nostre emozioni. Cosi scrive Shantideva nel Bodhicaryavatara, VIII, 85) : "Disgustati dal desiderio, troviamo la gioia nella solitudine di piacevoli foreste esenti di conflitti e emozioni negative". Questo è quello che facevano gli yogi di un tempo, andando come mendicanti da un luogo all'altro, l'animosità lascerà il posto alla voglia di aiutare gli altri, l'attaccamento ai vostri amici a un sentimento potente di impermanenza e dell'imminenza della morte.

L'essenza degli studi è la riflessione, e l'essenza della riflessione è la meditazione. Anche se praticate meditazione una sola ora al giorno, le vostre qualità non cesseranno di crescere regolarmente.

Gli amici più intimi che per tanto tempo si sono accompagnati si separano, le ricchezze e i beni accumulati con grande sforzo vengono lasciati e si comincia a intravedere l'impermanenza. 

La vita è così effimera come la goccia di rugiada su un filo d'erba. Voi potrete essere estremamente bello, non riuscirete a sedurre la morte. Un grande Maestro disse al suo discepolo che chiedeva degli insegnamenti. "Io morirò, tu morirai". Questo è tutto quello che ho da dirti. E' su questo che medito e pratico, non c'è niente di più grande. I grandi saggi ascoltavano gli insegnamenti sulla morte e l'impermanenza, li tenevano a mente, poi ci riflettevano prima di integrarli nel più profondo della loro coscienza attraverso la meditazione. Non preoccupatevi troppo della quotidianità e concentratevi sul Dharma, passate la giornata aspirando al risveglio, la sera riflettete su quello che avete fatto durante la giornata e individuate quello che è stato negativo, dedicatevi al benessere di tutti gli esseri. Sperate di fare meglio il giorno seguente. Il bhrahmano Upagupta indicava con una piccola pietra nera i pensieri e atti negativi, con una piccola pietra bianca quelli positivi. All'inizio erano quasi tutte pietre nere, poi con attenzione e vigilanza si ritrovò con tutte pietre bianche.

Gli amici influenzano notevolmente i vostri pensieri e emozioni e la vostra pratica. Si distinguono due categorie di cattive compagnie: 1- i falsi maestri spirituali, 2- gli amici nefasti. In compagnia di alcune persone vedrete che i vostri difetti e le vostre emozioni si accrescono, è il segno che non sono dei veri amici. Più tempo passerete con loro, più i tre veleni si svilupperanno: rabbia, cupidigia, ignoranza.

E' impossibile liberarsi dal cerchio delle esistenze e arrivare al risveglio senza un maestro spirituale autentico e qualificato. Tale maestro agisce, pensa e parla in perfetto accordo con il Dharma.

Senza fede non otterrete nessun beneficio seguendo il Dharma. La fede è un elemento decisivo per il percorso spirituale.  Solo con la fede potreste essere pronto a seguire il Dharma e prendere rifugio nei tre gioielli: Il Buddha, il Dharma, il Sangha.

Shakyamuni è il quarto dei mille e due Buddha della presente era cosmica. Ha trasmesso tre categorie di insegnamenti che vengono chiamati I tre Canestri (tripitaka): 1- le vinaya o disciplina, 2- i sutra o istruzioni condensate, e 3- l'Abhidarma che tratta anche della metafisica e della cosmologia. Il Buddha ha insegnato in tre luoghi e in tre diversi tempi, per questo si parla dei tre movimenti della ruota del Dharma. Alla prima ha spiegato la verità relativa, alla seconda un misto di verità relativa e assoluta, alla terza ha spiegato la verità ultima.

Per prendere rifugio in maniera autentica nel Dharma occorre possedere quattro gradi di fede, senza la fede sarà inutile prendere rifugio; quando abbiamo preso rifugio, dobbiamo rispettare scrupolosamente i precetti, questi consistono ad astenersi a compiere tre azioni e compierne altre tre azioni. Le tre azioni da evitare sono: non prendere rifugio negli dei mondani, abbandonare ogni forma di violenza in pensieri, azioni e non dovete seguire le persone che hanno un modo di vivere totalmente diverso. Le tre azioni da compiere sono: dovete rispettare tutte le rappresentazioni del Buddha, dovete rispettare tutte le scritture, dovete rispettare i membri della comunità monastica e tutti i vostri compagni che praticano il Dharma.

Seconda parte. L'insegnamento principale: presentazione della via. Una volta preso rifugio nei tre gioielli, qualsiasi cosa arriva è importante agire rispettando gli insegnamenti.Ci sono quattro vie:

  • La via degli esseri con poche facoltà. Cercate di compiere atti benefici e evitate di nuocere alle persone. Non mentire, essere onesto e benevolente con tutti, portare tutti gli esseri sulla via del risveglio, rispettare i maestri spirituali, non mentire sui propri difetti e qualità, non tradire chi è degno di rispetto.
  • La via degli esseri con capacità medie. Quando realizzerete l'unità della vacuità e della produzione interdipendente, vedrete chiaramente che le vie del mondo sono fittizie e scoprirete la vera natura del samsara, il modo di liberarsi è rafforzare la disciplina, allenarsi alla concentrazione e alla conoscenza trascendentale (prajna). Per distaccarsi dal mondo conviene rispettare undici accorgimenti: essere solo, lasciare la terra natale, non avere desideri sessuali, non preoccuparsi dell'opinione degli altri, con la meditazione arrivare a liberarsi dell'attaccamento degli esseri cari, adottare la posizione più umile possibile davanti agli eventi, non affliggervi di niente, non avere niene a rimproverarsi di questa vita, come un mendicante al momento del suo ultimo soffio, recitare costantemente il mantra: Non ho bisogno di niente, avere bene le redini del proprio destino, praticare costantemente in modo autentico.
  • La via degli esseri con facoltà elevate. Quando si riconosce la natura del samsara, subentrerà un grande abbandono, e questo inciterà ad andare verso la liberazione, facendo tutti gli sforzi possibili. La sofferenza del samsara dipende dal credere e all'attaccamento a un "sè". La liberazione consiste nel liberarvi dell'io delle emozioni e dalle azioni negative. IL mezzo per liberarvi è la pratica del Dharma, allenarsi alla disciplina, alla concentrazione e alla prajna, la conoscenza trascendentale che permette di realizzare l'irrealità del sè dell'individuo e dei fenomeni. Gli esseri che assaporano la pura gioia della pratica del Dharma rinunciando a tutte le preoccupazioni di questa vita sono estremamente rari. Per distaccarsi dal mondo è importante non avere niente a rimproverarsi in questa vita, come unmendicante al momento del suo ultimo respiro.
  • La via degli esseri con grandi facoltà. Questa via consiste nel meditare sulla vacuità e la compassione per raggiungere la liberazione al di là del samsara e del nirvana. Lo spirito del risveglio è la volontà di contribuire al raggiungimento del risveglio per tutti gli esseri umani. Non conservare per se le conoscenze, i beni e le realizzazioni, ma dedicateli interamente a tutti gli esseri e fate il giuramento che possano ascoltare il Dharma, riflettere e meditare su di esso. I meriti e la saggezza portano verso la buddhità. Quando un boddhisatva fa qualcosa di utile, il suo atto è totalmente disinteressato. Voler cercare di aiutare gli altri senza essere pronti è ricercare i problemi. La vostra pratica deve crescere in stabilità, occorre coltivare le attitudini e l'altruismo incondizionato. Sarete allora pronti a mettere in opera il vostro amore e la vostra compassione in modo realmente benefico.

Lo spirito del risveglio presenta due aspetti: 1- lo spirito del risveglio assoluto è la realizzazione della vacuità, 2- lo spirito del risveglio relativo che può portare all'altruismo, al profondo desiderio di aiutare gli altri e non nutrire più il nostro egoismo.

Per aiutare ad allargare questa visione si usa la pratica di quello che si chiama "lo scambio di se stessi con gli altri", in tibetano tonglen, si prova a scambiare con sincerità la sofferenza e la felicità degli altri, e un giorno potrete veramente arrivare a guarirli.

Un'altra pratica è quella di provare ad avere una sensibilità e una compassione profonda per tutti gli esseri; meditare sulle persone care fino ad arrivare a tutte le persone che considerate nemici o vi creano problemi. Applicate la pratica dello scambio con intensa compassione, concentratevi sulla persona che detestate di più e espirando inviategli la vostra vitalità, felicità, salute, ecc, inspirando assorbite i suoi difetti, le sue malattie, ecc..

Non si può avanzare nella pratica se lasciamo che le nostre emozioni negative si manifestino come nella vita ordinaria. Uno dei testi fondamentali della pratica del risveglio è il Bodhicaryavatara di Shantideva. Nel capitoloVIII, v 129.130 dice: "Tutta la felicità del mondo viene dalla ricerca della felicità degli altri, tutte le sofferenze del mondo vengono dalla ricerca del proprio benessere".

La miglior offerta al Buddha è quella di aiutare gli altri. Occorrerebbe essere capaci di utilizzare le condizioni sfavorevoli come perdita, sofferenza, infamia e critica in occ asioni di crescita sulla Via della liberazione. Quando siete testimoni di un atto negativo, pensate alla sofferenza creata nell'autore dell'atto.

Occorre, inoltre, essere consapevoli che l'"IO" è un'etichetta che mettiamo su una combinazione effimera di concetti e di attaccamento relativi al corpo, parola e mente. Non è una verità assoluta, eterna e indistruttibile come il corpo assoluto dei Buddha.

Se volete essere un vero discepolo di Buddha, non ci si deve vendicare del male subito. Ricordare i quattro precetti dell'allenamento positivo: se vi insultano, non rispondete all'insulto, non rispondete con la collera, se qualcuno parla dei vostri difetti, non fate altrettanto, se qualcuno vi colpisce non reagite.

Praticate la pazienza e non cedete mai alla collera, prendete le cose in modo positivo e eliminate il vostro orgoglio, praticate la generosità e la compassione. Molti grandi maestri buddhisti sono stati malmenati dai cinesi nel Tibet, e piuttosto che cedere alla rabbia, prendevano questi eventi come un modo per purificare le azioni negative di tutti gli esseri. Shatideva dice: "Non c'è peggior errore che la collera, né miglior ascesi che la pazienza".

Il miglior amico spirituale è quello che vi aiuta a scoprire i vostri difetti nascosti, e vi dà le istruzioni per eliminarli. Un maestro direbbe: "non faccio altro che mostrare alle persone i loro difetti nascosti, e dico loro: se potete riuscire ad accettarlo, rimanete altrimenti potete tranquillamente partire".

Due circostanze difficili da accettare e sopportare sono l'ingratitudine e l'umiliazione. Ci sono molte persone che non sono in grado di gestire le loro azioni e non sono in grado di correggere le loro azioni. Qualsiasi sia il loro comportamento hanno bisogno del vostro aiuto e della vostra compagnia e ricordate che sono vittime delle loro emozioni.

Quando l'amore e la compassione si sono radicate in voi, non ci possono essere più nemici fuori. Il testo Les Cent Stances recita: "Se eliminate la collera, eliminerete i vostri nemici per sempre".

La vera ricchezza è accontentarsi di quello che si ha. I grandi saggi di un tempo si accontentavano dello stretto necessario e vivevano in grotte.

Spesso noi dividiamo la nostra quotidianità in aspetti gradevoli e sgradevoli, ma l'esperienza del gradevole o dello sgradevole non è inerente agli oggetti che percepiamo, ha solo un'esistenza nella mente. Questo è insegnato dal saggio Talopa a Narpa: "quello che ti lega non è l'oggetto, ma l'attaccamento, taglia questo attaccamento".

Spesso dei forti ricordi del passato affluiranno alla coscienza, progetti, decisioni e speculazioni concernenti il futuro, si passa il tempo a correre dietro a pensieri, concetti, una serie di attività mentali non utili per la pratica. La vera sorgente del benessere è la nostra mente ed è importante conoscerne il funzionamento. Spesso le reazioni ad un evento sono solo pensieri, ma una volta che installati nella mente, possono prendere il sopravvento e generare altri pensieri. La mente non è che una accumulazione aleatoria di pensieri e per lavorare sul mentale l'unico oggetto di analisi possibile è il pensiero presente. Tutti i pensieri sono vuoti per natura e non esiste altro che la vacuità. I pensieri che nascono dalla mente sono sprovvisti di realtà tangibile o di consistenza, non c'è dunque nessuna ragione logica per cui i pensieri abbiano tanto potere sull'individuo, non ci sono ragioni per diventarne schiavi. La persona si compone dei cinque aggregati, uno per il corpo e quattro per la mente, il nome, l'idea dell'"IO" designa l'associazione momentanea del corpo e della mente. Una volta riconosciuto che i concetti di corpo, mente e nomi sono vuoti, così come i fenomeni, non resta niente di quello che chiamiamo "Io". Il corpo è un insieme insieme di elementi e quando questi elementi sono separati non resta niente che possa essere identificato con il corpo. In verità tutti i fenomeni dell'universo appaiono nella loro infinita varietà come il risultato di una combinazione di cause e condizioni particolari.

Chiarezza e vacuità sono inseparabilmente unite nella vera natura dello spirito che va oltre i concetti di esistenza e inesistenza. Quando un pensiero sorge, riconoscetene la vacuità, allora perderà immediatamente tutto il suo potere e non produrrà attaccamento e rabbia. E quando non c'è più attaccamento o rabbia,la realizzazione del Dharma autentico si svilupperà dall'interno.

In questo modo si svilupperà la calma mentale (shamatha) e ciò permetterà alla mente di restare in uno stato di tranquillità meditativa, libera della molteplicità dei pensieri. La visione profonda (vipashyana) permetterà di riconoscere la vacuità della mente in questo stato di calma. L'unione della calma mentale e della visione profonda costituisce l'essenza della pratica della meditazione.

Se avete contemplato la vacuità dei fenomeni durante la meditazione, vi sarà più facile di vedere, tra una seduta e l'altra di meditazione, che i fenomeni sono simili ai sogni che non hanno una propria esistenza. Fare il bene degli altri senza sosta è la pratica post-meditativa dello spirito del Risveglio assoluto.

Potete anche arrivare a credere facilmente che se avete tutto quello che desiderate - famiglia, amici, ricchezze, voi sarete perfettamente felice. Se lascerete la mente seguire la sua tendenza naturale cercherà di avere più amici, più ricchezza e così via (più amici avrete e più saranno quelli che sarete costretto a vedere morire, ecc, a che serve allora avere più amici?). Il desiderio, per sua natura, non porta che problemi e insoddisfazioni. Quando vi arriva qualcosa di indesiderabile pensate che è il frutto delle vostre cattive azioni del passato.

I migliori amici che potrete avere sono la calma della mente e il controllo di sé. Le sei virtù trascendenti sono: generosità, disciplina, pazienza, diligenza, concentrazione e conoscenza superiore.

La generosità è l'espressione naturale dell'altruismo e del distacco del bodhisattva. Ha per essenza il non-attaccamento. Ci sono tre forme di generosità: 1- la prima materiale, 2- la seconda consiste nel salvare la vita degli esseri e proteggerli dalla paura, 3- la terza è il dono degli insegnamenti di Buddha.

Senza disciplina non si può arrivare al proprio benessere. La disciplina permette di coltivare tutte le qualità positive ed è il pilastro delle pratiche del Grande veicolo, del veicolo del Diamante, e del veicolo Fondamentale. Disciplina significa anche rispettare i samayas, i legami sacri che uniscono il discepolo e il maestro spirituale.

Indicazione per la pratica:  1- coltivare la pazienza senza risentimento per chiunque. 2- sopportare il male che vi affligge, 3- rafforzare senza paura le prove legate al Dharma (ad esempio malattia, calore, freddo, fame sete), 4- contemplare senza paura il senso profondo della dottrina e le qualità illimitate dei tre gioielli. 5- Se qualcuno vi ferisce, non cercate di vendicarvi o e non abbiate rancore.

La diligenza consiste nel coltivare un coraggio e una forza d'animo come un'armatura contro lo scoraggiamento, e non cedere mai agli ostacoli posti dai quattro demoni che sono: emozioni negative, l'attaccamento al conforto, la malattia fisica e la morte. E' importante utilizzare lo studio, la riflessione e la meditazione.

La concentrazione. Esaminiamo il corpo, la parola e la mente, è facile riconoscere la supremazia della mente. se la mente è perfettamente addestrata alla calma mentale e alla visione profonda, il corpo e le parole la seguiranno sulla via della liberazione. In questo modo si può arrivare a liberarsi dal desiderio, dalla rabbia, dall'ignoranza. Per far si che la vostra concentrazione acquisti stabilità è utile ritirarsi in un luogo piacevole e isolato, lontano dalle distrazioni. La calma mentale si può ottenere con o senza oggetto di concentrazione. Nel meditare mettetevi seduto nella posizione in sette punti del bouddha Vairocana: gambe incrociate, le mani posate nel gesto dell'uguaglianza, le spalle rilassate, la colonna vertebrale dritta, il mento leggermente rientrato, lo sguardo posato sullo spazio all'altezza del naso, la lingua tocca il palato, gli occhi fissano senza distrazione un punto situato al di là della punta del naso (a douze travers de doigt). Poi visualizzate il buddha Shakyamuni. Piano piano si deve cercare di avere la visione più fine e precisa possibile. Il metodo migliore nella concentrazione è unire la calma mentale e la visione profonda.

La più importante virtù trascendentale è la conoscenza superiore. Senza la conoscenza superiore, le altre cinque virtù, generosità, disciplina, pazienza, diligenza, concentrazione, sono come cinque ciechi che senza la conoscenza superiore non possono trovare la cittadella della liberazione. Solo quando sono associate alla conoscenza superiore possono essere qualificate virtù trascendenti (paramita). La conoscenza superiore presenta tre aspetti che corrispondono a tre tappe graduali: la conoscenza attraverso lo studio, la conoscenza scaturita dalle riflessioni sugli insegnamenti, la conoscenza che nasce dalla meditazione. La realizzazione della conoscenza superiore è lo scopo ultimo degli insegnamenti. Gli insegnamenti si dividono in due categorie: quelli il cui senso è provvisorio o espedienti, che rivelano la verità relativa e quelli il cui senso è diretto e definitivo, che rivelano la verità assoluta. Il punto ultimo di tutti gli insegnamenti è la comprensione della vacuità che passa attraverso lo studio del sistema filosofico della via mediana (madhyamika) fino alla più intima convinzione della vacuità.

Eliminare i propri errori attraverso l'esame del vostro spirito come se fosse uno specchio, analizzando dall'interno la mente, voi potrete sapere se le vostre parole, i vostri atti,i vostri pensieri sono conformi al Dharma. Spesso i praticanti fanno notare i difetti negli altri , trascurando la montagna che è formata dai loro difetti. Alcuni dei difetti dei praticanti sono: essere eruditi in materia di Dharma senza rinunciare al male, ritenere istruzioni profonde, senza riuscire a cambiare in meglio, essere bravi a lodarsi e a svalorizzare gli altri. La natura di Buddha ( tathagatagarbha) con tutte le qualità positive, è presente in tutti gli esseri. Trattatevi mutualmente con grande bontà e grande apertura e non cercate i difetti negli altri, se cominciate a trovare dei difetti, ne troverete ovunque. Considerate tutte le tradizioni o scuole buddhiste come punti di vista diversi e non come contraddittori in quanto tutte sono un'espressione autentica dell'insegnamento del Buddha (Il pandit Lobsang Yeshe). Nel veicolo del Diamante la fede e la visione pura sono le due radici della pratica che inizia dopo aver ricevuto una iniziazione.

Tagliate definitivamente con le attività ordinarie, giorno dopo giorno siate contento di quello che avete e soddisfatto di quello che vi accade. Tutto il resto troverà il suo posto. La vostra pratica sarà l'antidoto alle emozioni negative e della credenza nell'esistenza reale delle cose. Una emozione comincia sempre con un pensiero o un sentimento infimo che poi si amplia. Se riuscite a riconoscere questo pensiero nell'istante preciso in cui sorge, vi sarà più facile farla dissipare. Le emozioni distruggono le persone che praticano, gli altri e la disciplina. Per sbarazzarsene è sufficiente riconoscerle.

Se nel presente nessuna malattia fisica, nessuna sofferenza mentale vi affettano, è il tempo per voi di praticare.

Dharma in tibetano si dice tcheu, termine che significa nello stesso tempo "rimediare ai difetti" e "fare nascere tutte le qualità positive". In sanskrito Dharma significa "quello che si tiene" o "quello che teniamo" nel senso che una volta stabilita una connessione con il Dharma, questo vi sosterrà fermamente per farvi uscire dalle profondità del samsara verso il Risveglio.

Per concludere la pratica del boddhisattva consiste nel superare l'attaccamento all'IO, eliminare ogni traccia di egoismo, e a mettersi al servizio degli altri, aver veramente assimilato la realizzazione della vacuità. Solo colui che ha raggiunto la realizzazione perfetta della vacuità è libero dai concetti di soggetto, oggetto e azione. La vera generosità consiste a non avere attaccamento, la vera disciplina nel non avere desideri, la vera pazienza a non avere della rabbia. E' importante comunque, che in ogni istante verifichiamo le nostre attitudini e motivazioni. Le azioni che avrete compiuto senza orgoglio o rimpianti avranno una energia incredibile che vi permetterà di progredire rapidamente sulla strada del Risveglio.

Il signore Buddha Shakyamuni ha fatto girare la ruota del Dharma a tre riprese, la prima volta a Benares insegnò le quattro nobili verità, la seconda volta a Rajagriha, e insegnò l'assenza delle caratteristiche; e la terza, in tempi e luoghi diversi, annunciò la verità ultima. Così spiegò la via del Risveglio in maniera incredibilmente profonda e vasta. e il saggio Thogmé, in modo umile, ha cercato di esporre l'essenza di tutti questi insegnamenti. Thogmé significa "senza intralci, senza ostacoli"; ed è un fatto che la sua conoscenza e comprensione degli elementi più profondi della teoria e della pratica del Dharma non conosceva né dei limiti, né degli ostacoli.

Ultimi consigli: Milarepa ha detto: "Non attendetevi nessun risultato, ma praticate sinceramente fino alla vostra morte". Il grande saggio Patrul Rimpoche ha detto: "In questa era oscura, si può definire Dharma di trasmissione il semplice fatto di ascoltare gli insegnamenti, e Dharma di realizzazione quello di praticare 24 ore su 24 la calma mentale e la visione profonda".

"Nel momento presente, tutto è nelle vostre mani, voi avete tutto il necessario per praticare e raggiungere il Risveglio; Non perdete un solo istante".

Il Buddha disse: "Vi ho mostrato il cammino, non dipende che da voi, il poter raggiungere la liberazione".

Il vero maestro ha una vasta conoscenza dei sutra, dei tantra, dei shastra. ai suoi discepoli offre dei regali, parla con dolcezza, insegna secondo le facoltà di ciascuno, e si conforma a quello che insegna. Anche se ha l'apparenza di una persona ordinaria, si trova costantemente nello stato del risveglio che trascende quello degli esseri ordinari. Prostratevi davanti a lui, non camminate davanti a lui, non camminate sulla sua destra, e camminate intorno al luogo dove vive.

Dal sutra del Pendant d'oreille: "Senza maestro spirituale noi non riusciremo a liberarci dalla esistenza samsarica". Il grande veicolo insiste sulla assoluta necessità di seguire un maestro spirituale autentico che detiene una tradizione e ne ha la realizzazione.

Estratto dal Vaso di amrita. "Occorre essere veramente profondamente disgustati dal cerchio delle esistenze e provare un forte desiderio di uscirne per iniziare la pratica".

Si può effettuare la meditazione di concentrazione su un oggetto, sull'antidoto, sui nove stadi di stabilizzazione dello spirito. 

Alcune istanze: 

  • Istanza 15 - Inchinarsi con rispetto verso chi svela i nostri difetti, è agire da Boddhisatva.
  • Istanza 17 - Anche se qualcuno, per orgoglio, ci umilia, rispettarlo come un maestro spirituale, è agire da Boddhisatva.
  • Istanza 26 - senza disciplina, non si può realizzare il proprio bene, allora pretendere di fare il bene degli altri, diventa assurdo. Osservare una disciplina senza motivazione mondana è agire da Boddhisatva.
  • Istanza 31 - Esaminare costantemente i nostri errori, è agire da Boddhisatva.
  • Istanza 34 - Rinunciare alle parole sgradevoli, è agire da Boddhisatva.

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Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono ci...