lunedì 4 marzo 2024

La meditazione per Matthieu Ricard

" La nostra mente può essere "la nostra migliore amica o il nostro peggior nemico", 

E' la nostra mente che fa l'esperienza del mondo e la traduce in sofferenza o benessere”. Se noi trasformiamo il modo di percepire le cose, noi trasformiamo la qualità della nostra vita, e questo cambiamento è il risultato dell’allenamento della mente che si chiama meditazione”.  

Nel libro L’arte della meditazione, successivamente trasformato in video, Matthieu Ricard ci conduce attraverso un'esplorazione di cosa sia la meditazione e come praticarla.
Cominciamo con la domanda: "Perché meditare?"  La meditazione è il mezzo per migliorare noi stessi e, di conseguenza, trasformare il mondo. Trasformando la nostra percezione del mondo, trasformiamo la qualità della nostra vita. La meditazione è una pratica per sviluppare le qualità umane fondamentali, coltivare una visione corretta del mondo e ridurre il malessere diffuso.
Quando troviamo il nostro equilibrio interiore e il benessere, la nostra visione si allarga e includiamo gli altri. L'egocentrismo è la fonte del nostro malessere; all'opposto l'amore per gli altri e la benevolenza sono i pilastri del nostro benessere autentico.                                                  
La meditazione ha benefici sulla salute, riduce lo stress, la collera e le malattie cardiache, rafforza il sistema immunitario, la vigilanza e la concentrazione.
Una vita appagante non è fatta di una sequenza di sensazioni piacevoli, ma della nostra comprensione e gestione delle varie fasi dell'esistenza. “Dobbiamo acquisire una percezione più vera della vita che ci permetta di affrontare gli alti e i bassi dell’esistenza”.
Su cosa meditare? L'oggetto della meditazione è la mente, condizionata da automatismi. L'obiettivo è “renderla chiara, libera e equilibrata”. La mente non è un'entità, ma un flusso di esperienze. "Possiamo considerarla come il nostro miglior alleato o il nostro peggior nemico; il nostro compito è liberarla da confusione, egocentrismo e turbamenti".
Spesso cerchiamo il benessere dove non esiste. Il buddhismo ci invita ad abbandonare le cause della sofferenza: ignoranza, avidità, malevolenza, arroganza, ira, gelosia e attaccamento. Dobbiamo riflettere sul nostro comportamento, sulle nostre reazioni e guardare nel profondo di noi stessi. Siamo esseri interdipendenti, legati agli altri, e dobbiamo lavorare per alleviare la sofferenza altrui e aiutarli a trovare il benessere.
Dove e come meditare? Se non abbiamo la fortuna di trovare un maestro spirituale autentico, è importante trovare almeno un istruttore qualificato che segua una tradizione affidabile. È essenziale trovare un luogo e un momento propizio per la meditazione, così come stabilire condizioni favorevoli, specialmente se siamo principianti.
 Matthieu afferma: “Non si apprende la meditazione in piena tempesta. La mente è come una lampada ad olio esposta al vento, solo se la proteggiamo dal vento, la fiamma potrà diventare stabile”.  Durante la pratica, è importante mantenere una postura fisica adeguata, la respirazione e l'attenzione sul momento presente.
Ci vuole continuità e perseveranza  per riuscire a calmare la mente che va di pensiero in pensiero ed è paragonata ad una scimmia che salta di ramo in ramo.  Per aumentare la concentrazione, possiamo utilizzare tecniche come il conteggio dei cicli respiratori, la piena coscienza del respiro, la ripetizione di mantra o la concentrazione su un oggetto ordinario.
La meditazione non è un'attività egoistica o una fuga dalla realtà; al contrario, ci avvicina alla realtà e ci aiuta a coltivare qualità umane fondamentali per servire la società. Durante la meditazione si deve cercare di pensare  a soggetti di riflessione come  il valore della vita umana, la sua fragilità e la sua natura transitoria. Gestire le emozioni e mantenere la concentrazione sono parte integrante della pratica meditativa. 

Gli ostacoli alla meditazione sono: pigrizia, torpore, agitazione, noia, distrazione, sforzi eccessivi, mancanza di motivazione. Dobbiamo stabilire una gerarchia delle nostre priorità, rendere la mente flessibile e maneggevole, applicare la vigilanza, e riportare la meditazione sul suo oggetto, più prendiamo coscienza delle nostre distrazioni più facciamo progressi nella meditazione
Nel buddhismo ci sono due principali tecniche meditative: Śamatha che è la coltivazione della calma e della tranquillità per mezzo della concentrazione mentale e l'obiettivo è arrivare ad avere una mente limpida, poi, attraverso Vipasyana, si cerca di avere una visione profonda e penetrante dei fenomeni. In  questo modo si possono smascherare le emozioni. 

Per arrivare a calmare la mente  e  meditare in piena coscienza, occorre restare pienamente attenti  e vigili al nostro respiro che va e viene, portare l'attenzione sul momento in cui il respiro è sospeso tra l'inspirazione e l'espirazione e viceversa, sul momento in cui il respiro si ferma. Respirazione dopo respirazione, la coscienza del respiro diventa limpida e serena.
Si possono verificare veramente i risultati della meditazione solo di fronte alle avversità.
 Matthieu dice: “E' facile essere un buon meditante seduto al sole e la pancia piena, ma solo quando ci si trova ad affrontare delle condizioni avverse, si può valutare il proprio grado di realizzazione. Si valuta la diminuzione del nostro egoismo e delle nostre emozioni perturbatrici nello stesso tempo dello sviluppo della nostra serenità, della nostra libertà interiore, della nostra resilienza di fronte ai rischi e alle perturbazioni dell'esistenza”.
Infine, è importante ricordare che la meditazione richiede costanza e impegno; non si tratta di ottenere risultati immediati, ma di perseverare nella pratica per raggiungere una mente stabile e lucida. Pretendere un risultato immediato è un capriccio. Il Dalai Lama dice che “in Occidente le persone sono troppo frettolose, vorrebbero avere l'illuminazione facilmente e rapidamente e se possibile a poco prezzo”. La costanza è indispensabile alla pratica della meditazione, mentre la mancanza di perseveranza diminuisce gli effetti della meditazione. Per praticare o fare qualcosa bisogna vederne i vantaggi, se si riesce a gustare qualche vantaggio nella meditazione, questo nutrirà la nostra perseveranza. Per ottenere qualche risultato, occorre mantenere la continuità della meditazione per almeno 20 minuti al giorno e per una ventina di giorni.  La meditazione è come una pianta che va annaffiata tutti i giorni, e porta, passo dopo passo, all'appagamento interiore.  Solo dopo diverso tempo che si pratica, si può vedere se siamo cambiati in modo durabile e profondo.

Per meditare occorre: 

 - Un luogo propizio alla meditazione,
- Una postura fisica appropriata ed equilibrata. Se la colonna è dritta, la vostra mente è chiara ed equilibrata. Assumere la posizione del loto se possibile, in cui c'è un equilibrio tra destra e sinistra, oppure sedersi su una sedia,
- Le mani posate sulle ginocchia, in grembo, mano sinistra sotto, i pollici si toccano, equilibrio tra destra e sinistra, tra caldo e freddo,
- La colonna vertebrale ben dritta,
- Il mento leggermente all'indietro,
- Le spalle equilibrate, né avanti, né indietro,
- La lingua deve toccare il palato,
- Gli occhi chiusi portano al torpore, quindi occorre cercare di tenere gli occhi aperti o semi-aperti, guardare nella prolungazione del naso. I tibetani meditano con gli occhi aperti.
Se si tende al torpore, occorre raddrizzare la postura, se si è agitati, occorre rilasciare un po' la posizione e tendere a guardare in basso. 

 La postura più utilizzata nella meditazione è la postura adamantina o postura del loto: appoggiare il piede destro sulla coscia sinistra, poi il piede sinistro sulla coscia destra,  oppure la posizione sukasana, la gamba destra sotto la gamba sinistra e la gamba sinistra sotto la coscia destra, la mano destra sulla mano sinistra, i pollici si toccano, oppure le mani sulle ginocchia, palmi verso il basso, assumendo il gesto dell'equanimità (mano destra sopra la mano sinistra). Se sentiamo dolore durante la meditazione cerchiamo di accogliere questa sensazione e tenerla nella piena coscienza del momento presente. Sono preferibili corte meditazioni tutti i giorni piuttosto che lunghe meditazioni sporadiche. 

Si può alternare la meditazione seduta alla marcia contemplativa. Ci sono varie tecniche come la meditazione sul suono e la marcia consapevole. Nel primo caso ci limitiamo a portare l'attenzione sull'esperienza di ascoltare un suono, poniamo semplicemente l'attenzione sul processo di ascoltare, e tutto il resto va lasciato andare. Nel secondo caso, iniziamo una marcia attenta, ad ogni passo portiamo la coscienza sull'equilibrio, come poggiamo un piede, come l'altro si alza dal suolo; cerchiamo inoltre di combinare la marcia attenta con la piena coscienza di quello che vediamo. Dobbiamo convincerci a marciare per il solo piacere di camminare. Mentre marciamo consapevolmente guardiamo intorno a noi e vediamo gli alberi, gli uccelli, le nubi bianche nel cielo blu e come la vita sia  bella in tutte queste manifestazioni.
 Per migliorare e riuscire ad attivare la nostra concentrazione Matthieu Ricard propone le seguenti tecniche: 

  • - Contare i cicli di respirazione completa (inspiro e espiro); 
  • - Contare da 1 a 10 durante linspirazione  e fare lo stesso durante l'espirazione;
  • - Ripetere il mantra so ham durante i cicli, contare fino a 10 e ricominciare; 
  • - Concentrarsi sul va e vieni dei polmoni,  e del torace; 
  • -Inspirando e pensando “possano tutti gli esseri essere felici”, espirando “che tutte le loro sofferenze spariscano”; 
  • -Inspirando pronunciare Om, espirando Mani Padme, nella pausa pronunciare Hum. Oṃ Maṇi Padme Hūṃ è uno tra i più noti mantra facenti parte del patrimonio religioso del buddhismo Mahāyāna, in particolar modo del buddhismo tibetano. Il suo significato letterale è "O Gioiello del Loto!" riferendosi al Boddhisatva della compassione, Avalokiteśvara.
  • - concentrarsi su un oggetto o su un'immagine ( ad esempio del Buddha Sakyamuni), e poi cercare di visualizzarla in tutti i dettagli il più netto possibile (per arrivare a concludere che tutti i fenomeni sono sprovvisti di esistenza intrinseca,  visone profonda vipashyana.

Poi, dà dei suggerimenti per la meditazione:

  • - Riflettere sulla nostra situazione attuale, Quali comportamenti e reazioni abituali meriterebbero di essere migliorati? Cerchiamo di guardare in profondità dentro di noi per trovare un potenziale di cambiamento e sviluppare le nostre qualità latenti. Cerchiamo di cambiare, non solo per noi ma anche per essere capaci di dissipare la sofferenza degli altri.
  • - Cercare di rendersi conto del valore della vita umana, utilizziamo l'intelligenza umana per eliminare la sofferenza e scoprire la felicità autentica. Ogni istante che passa vale la pena di essere vissuto e occorre arrivare senza rimpianti alla morte. 
  • - Pensiamo ai cambiamenti a cui gli esseri umani sono soggetti, consideriamo nel profondo di me stesso quello che conta veramente nell'esistenza, e che utilizzo il tempo che mi resta da vivere nel modo più fruttuoso possibile, per il mio bene e quello degli altri.
  • - Cerchiamo di osservare quello che si presenta alla nostra coscienza: un fiore, i suoni, gli odori, ecc.  Cerchiamo di essere pienamente presenti a quello che facciamo, sia se camminiamo, sia se siamo seduti, sia se prendiamo un thé, ecc.  La piena coscienza non dipende da ciò che si fa, ma dal modo in cui lo si fa, siamo semplicemente attenti, lucidi, coscienti di ogni percezione o sensazione e sentiamo la freschezza del momento presente.  

I testi di meditazione insegnano nove metodi per coltivare l'attenzione, stabilizzare la mente nell'equanimità e renderla più stabile.

  • concentrare la mente su un oggetto,
  • porre la mente continuatamente su questo oggetto
  • porre la mente in modo ripetuto, verificando a intervalli se dimora sull'oggetto e riportarcela in caso di idstrazione,
  • porre  la mente con cura,
  • controllare la mente quando la concentrazione arriva a stabilizzarsi,
  • pacificare la mente e renderla chiara e limpida,
  • pacificare completamente la mente abbandonando ogni attaccamento alle esperienze meditative,
  • conservare l'attenzione concentrata su un punto per tutta la seduta di meditazione, dopo aver eliminato il torpore e l'agitazione mentale, 
  • riposare in uno stato di perfetto equilibrio, dopo che la mente ha familiarizzato con la concentrazione in un solo punto, riposa in un o stato di equanimità che diventa spontanea e si perpetua senza sforzo.

Meditazione sull'amore altruista. Cominciamo a manifestare un potente amore altruista nei confronti di una persona che ha manifestato una grande benevolenza nei nostri confronti, poi lo estendiamo a persona malate, poveri, ecc che soffrono. Poi includiamo anche persone antipatiche. Espirando inviamo a loro tutto il nostro benessere, la nostra vitalità, sotto la forma di un nettare bianco ( o immaginiamo di essere una sfera luminosa che invia raggi di luce bianca), inspirando prendiamo su di noi sotto forma nerastra tutte le loro malattie e sofferenze. Possiamo applicare questa tecnica anche a noi stessi quando soffriamo. Un dolore può essere intenso senza pertanto distruggere la nostra visione positiva della vita. Se prendiamo il dolore come oggetto di meditazione, diventa un mezzo per accrescere la chiarezza della nostra mente, domandandoci quale è la sua forma, il suo colore o altre caratteristiche (nel libro viene riportato l'esempio di Francisco Varela che malato terminale di tumore, riusciva nelle ultime settimane di vita a restare per molto tempo in piena coscienza senza assumere analgesici).

Meditazione sull'impermanenza. Immaginiamo una rosa, noi siamo un insetto che si posa sopra, immaginiamo di esser eun atomo, oi un caledoiscopio di particelle, sono oggetti solidi? sono degli eventi, probabilità, energia,; l'energia è un'entità? O un potenziale di manifestazione che non è né veramente esistente, né non esistente. Cosa resta della rosa? La vacuità che è la sua vera natura. sprovvista di esistenza propria, autonoma e permanente.  Soffermiamoci su questa unione indissolubile delle apparenze e della vacuità, della forma e del vuoto.

La meditazione è un processo di formazione e di trasformazione. Per avere un senso, deve riflettersi su ogni aspetto della nostra maniera di essere, in ciascuna delle nostre azioni e attitudini. Altrimenti è una perdita di tempo. Grazie alla meditazione potremo arrivare ad una trasformazione personale autentica che ci permetterà di agire meglio nel mondo nel quale viviamo e di contribuire alla costruzione di una società più saggia e altruista.

Teosofia e buddhismo. - H. P. Blavatsky

In questo articolo (Les Cahiers Theosophiques N. 111 ) H. P. Blavatsky asserisce che il Buddhismo e la Società Teosofica hanno delle dottrine identiche, uno stesso scopo, e si rifanno a una sorgente comune. Questa sorgente che è orientale, è pienamente messa in luce dalle ricerche dei sapienti e dalla pubblicazione di testi originali. https://www.theosophie.fr/cahiers-theosophiques/                              https://www.theosophie.fr/cahiers-theosophiques-66-a-125/

La prima parte dell’articolo è consacrata alla biografia del principe Sakyamuni, a una corta esposizione e a un riassunto storico del buddhismo fino all’era cristiana. Parla del Nirvana asserendo che non vuole dire annichilazione e che l’idea del nulla è assolutamente estranea all’India, che l’obiettivo del Buddha fu di sottrarre l’umanità alle miserie della vita terrestre e ai suoi ritorni alterni. La parola Nirvana vuole dire estinzione, per esempio di una lampada sulla quale si soffia, ma vuole anche dire assenza di vento.
Presso i bramani, il prete è il mediatore tra l’uomo e la divinità, trasmette a Dio l’offerta e l’adorazione dei fedeli; Dio in ritorno concede le sue grazie e i suoi aiuti nella vita; nel giorno della morte, Dio riceve i fedeli tra gli eletti. Per far si che questo scambio sia possibile, è necessario che Dio sia concepito come un essere individuale, come una persona, in qualche modo come il re dell’universo, distribuendo il suoi favori secondo la sua volontà, senza dubbio anche secondo giustizia  … niente di simile c’è nel Buddhismo.  Dato che non c’è un Dio personale, non ci sono santi-sacrifici, non ci sono intermediari …                Questo Buddha non è un dio che si implora; fu un uomo  che arrivò al grado supremo di saggezza e virtù Quanto alla natura del principio  assoluto delle cose, che le altre religioni nominano Dio, la metafisica buddhista la concepisce in un’altra maniera e non ne fa un essere separato dall’universo …  In secondo luogo, il Buddha aprì la sua chiesa a tutti gli uomini, senza distinzione di origini, di casta, di patria, di colore, di sesso: “la mia legge, diceva, è una legge di grazia per tutti”. Era la prima volta che appariva nel mondo una religione universale.  Fino a quel tempo, ogni Paese aveva la propria, da dove gli stranieri erano esclusi. Si può sostenere che nei primi anni della sua predicazione, il riformatore non ebbe in vista la distruzione delle caste, ma l’uguaglianza degli uomini fu una delle basi della sua dottrina; i libri buddhisti sono pieni di dissertazioni, di recite e di parabole il cui scopo è di dimostrala. La libertà ne era la conseguenza.  Non si nasceva buddhista, lo si diventava per scelta volontaria e dopo una specie di stage che il richiedente doveva seguire. Una volta membro della Comunità, non si distingueva più dagli altri fratelli; l’unica superiorità che si poteva acquisire era quella della scienza e della virtù … Questo amore reciproco, questa fraternità, si estendeva alle donne e faceva della Comunità una sorta di famiglia.  Comparando la vita di Cristo con quella di Buddha, si vede che le loro biografie si dividono in due parti, la leggenda ideale e i fatti reali. La parte leggendaria è identica nelle due. E' soltanto al concilio di Nizza che il Cristianesimo rompe ufficialmente con il buddhismo; tuttavia è durante il concilio che prende piede la formula; “ Buddha, Dharma, Sangha".
 I manichei  e i cristiani derivano la loro dottrina dal Buddhismo, di conseguenza una lotta mortale si creò tra di loro, quando la chiesa cristiana prese corpo e pretese di possedere sola ed esclusivamente la verità.   La persecuzione fu terribile nei confronti del manicheismo e ci furono degli attacchi anche nei confronti dei teosofi. Nessuna società è stata più ferocemente calunniata e perseguitata dall’odio teologico, che l’associazione teosofica e i suoi fondatori, dopo che le chiese cristiane si sono ridotte a non impiegare altre armi che il linguaggio. E "L’elemento buddhista del cristianesimo è rimasto velato”.
Uno dei fenomeni più interessanti, se non tra i più inattesi, è il tentativo fatto di costituire nel mondo una società nuova, appoggiata sugli stessi fondamenti del buddhismo.
Benchè agli inizi, la sua crescita non fu rapida, si diffuse senza rumore e senza violenza. Non  aveva nemmeno un nome definitivo, suoi membri si raggruppavano sotto nomi orientali, messi nelle testate delle loro pubblicazioni: Isis, Lotus, Sfinx, Lucifero. Il nome comune che prevalse fu quello di Società Teosofica.
Questa società fu fondata nel 1875, a New York, da un piccolo gruppo di persone, inquiete della rapida decadenza delle idee morali nell'era presente. Questo gruppo si chiamò: “Società teosofica ariana di New York”,  L’epiteto di ariano indicava che la Società si separava dal mondo semita, e soprattutto dai dogmi ebrei. Uno dei principi della società era la neutralità in materia di sette, e la libertà dello sforzo personale verso la scienza e la virtù.
La società non ha né finanziamenti, né padroni, agisce con le sole risorse eventuali. Non ha niente di mondano, non ha alcun spirito settario, non ha nessun interesse, Si è data un ideale morale molto elevato, combattere il vizio e l’egoismo. Tende all’unificazione delle religioni, che considera come identiche nella loro origine filosofica, ma riconosce la supremazia della verità. Il Lotus, la rivista mensile che pubblicva a Parigi ha preso per epigrafe il motto sanscrito del Maharaja di Benares: “Satya nasti paro dharmah, non c’è religione più elevata della verità”.
Con questi principi e nel tempo in cui nacque, la società non poteva imporsi delle più cattive condizioni di esistenza. Tuttavia si è sviluppata con una stupefacente rapidità. In America le varie anime della società si sono federate intorno a una di esse, la sezione di Cincinnati.
Visto il secondo oggetto che si propone l’associazione è lo studio delle letterature, delle religioni, delle scienze ariane e orientali, e che una parte dei suoi membri persegue l’interpretazione degli antichi dogmi mistici e delle leggi inesplicabili della natura, si potrebbe vedere in essa una specie di accademia ermeneutica. Una dichiarazione pubblicata nelle rivista Lucife recitava:  “Non è teosofo chi non pratica l’altruismo; chi non è preparato a condividere il suo ultimo pezzo di pane con il più debole o più povero di lui, chi neglige di aiutare l’uomo, suo fratello, quale che sia la sua razza, sua nazione e la sua credenza, in qualche luogo o qualche tempo  dove lo vede sofferente, e fa le orecchie sorde al grido della miseria umana, chi sente calunnaire un innocente, teosofo o no, senza prendere la sua difesa, come lo farebbe per lui stesso”. 

Questa dichiarazione è puramente buddhista, le pubblicazioni pratiche della società sono dei libri buddhisti tradotti o delle opere originarie ispirate dall’insegnamento del Buddha. La Società ha dunque un carattere buddhista. Il buddhismo vero e originale non è una setta o una religione, è piuttosto una riforma morale e intellettuale, che non esclude nessuna credenza, ma non ne adotta nessuna. E’ quello che fa la Società Teosofica.
Il buddhismo primitivo è questa magnifica fioritura di virtù, di purezza e di amore di cui il Buddha getta le semenze sul suolo dell’India. Il codice di morale stabilito dal Buddha è il più grande tesoro che sia stato donato all’umanità, questa religione, o piuttosto questa filosofia, si avvicina alla verità o scienza segreta, molto di più che qualsiasi altra forma o credenza esoterica. Noi non possiamo proporre un ideale morale più elevato che questi nobili principi di fraternità, di tolleranza e di distacco, e la morale buddhista rappresenta quasi la morale teosofica. In una parola, non potremmo che onorarci chiamandoci buddhisti, se noi non avessimo l’onore di essere teosofi.

Ma la società Teosofica si difende seriamente, e non soltanto per la forma, dal fatto di essere stata creata “per propagare i dogmi del Buddha”.  La nostra missione non è di propagare il buddhismo; noi siamo indipendenti da qualsiasi formula, da qualsiasi rituale, da qualsiasi esoterismo. I presidenti della Società si sono dichiararsi personalmente buddhisti, e questo glielo abbiamo abbastanza rimproverato, uno di essi ha consacrato la vita alla rigenerazione di questa religione nella sua terra di origine. Ma questo non impegna il corpo teosofico come tale, nei confronti del buddhismo.

Il Buddhismo attuale ha bisogno di essere rigenerato, sbarazzato di tutte le superstizioni e di tutte le restrizioni che lo hanno invaso come delle erbe parassite, noi avremo gran torto di fare un innesto di una gemma giovane e sana su un ramo che ha perduto la sua vitalità, benchè sia meno secco degli altri ramoscelli. E’ infinitamente più saggio andare subito alle radici, alle sorgenti pure e inalterabili dove il buddhsimo ha tratto la sua potente caratteristica. Noi possiamo rischiararci direttamente alla pura “Luce dell’Asia”; perché ci soffermeremo nella sua ombra deformata? Malgrado il carattere sintetico e teosofico del buddhismo primitivo, il buddhismo attuale è diventato una religione dogmatica e si è diviso in sette numerose e eterogenee.  

La  posizione essenziale della società teosofica è quella di affermare e di mantenere la verità comune a tutte le religioni, la vera verità, che non hanno potuto sporcare le invenzioni, le passioni, né i bisogni dell’età. Pretendere di reinstallare la religione del Buddha sulle rovine di quella di Gesù, questo sarebbe dare all’albero morto il sostegno di un bastone secco. La nostra stessa critica ci avverte che l’umanità è stanca delle parole come Dio, religione. Notiamo, a tal proposito, che il termine teosofia, che significa saggezza divina, non implica necessariamente la credenza di un Dio personale. 

No, il sangha dei buddhsiti non può essere ristabilito nella nostra civilizzazione. Quanto al Buddha lui-stesso, noi lo veneriamo come il più grande saggio e il più grande benefattore dell’umanità, e noi non perdiamo nessuna occasione di rivendicare i suoi diritti all’ammirazione universale. Ma in presenza di questa legge terribile che fa sempre degenerare l’ammirazione in adorazione  e questa in superstizione, in presenza di questa cristillazione disperante  che si opera nei  cervelli disposti all’idolatria e ne esclude tutto quello che non è l’idolo, sarebbe saggio di reclamare per il fratello maggiore di Gesù il posto stretto dove questo ultimo subì un culto sacrilego? 

Purtroppo, può essere che ci siano degli uomini assai egoisti per non sapere amare che un essere, abbastanza servili per non volere servire che un maestro alla volta!
Resta dunque il Dharma: noi abbiamo detto in quale alta stima noi teniamo la morale buddhista. Ma la Teosofia si occupa di altre cose che di regole di comportamento: realizza questo miracolo di poter riunire una morale pre-buddhista a una metafisica pre-vedica e a una scienza pre-ermetica.         
Lo sviluppo teosofico  fa appello a tutti i principi dell’uomo, alle sue facoltà intellettuali come alle sue facoltà spirituali.
I buddhisti possono accontentarsi della lettera morta delle dottrine di Siddhartha Buddha, in quanto fino a quel giorno, non ce n’é di più nobile, fortunatamente; non c’è qualcuno che possa produrre degli effetti più importanti sull’etica delle masse.  C’è comunque una dottrina esoterica, una filosofia che nobilità l’anima, dietro il corpo esteriore del buddhismo ecclesiastico. 

I tre oggetti del programma teosofico possono essere riassunti da tre parole Amore, Scienza, Virtù, e ciascuno è inseparabile dagli altri due.  Rivestita da questo triplice protezione, la società teosofica compirà il miracolo e abbatterà i dragoni della lotta per l’esistenza.
La salvezza è nell’indebolimento del senso di separazione tra le unità che compongono il tutto sociale, e questo risultato non può essere raggiunto che per un procedimento di illuminazione interiore. La violenza non assicurerà mai il pane e il conforto per tutti, e non è nemmeno attraverso una fredda politica di ragionamento diplomatico che sarà conquistato il regno di pace e amore, di aiuto reciproco e di carità universale, la terra promessa dove ci sarà “ del pane per tutti”. Quando si comincerà a comprendere che è precisamente l’egoismo personale e feroce,  la sola causa della miseria umana, che è ancora l’egoismo nazionale questa volta, e la vanità dello Stato, che provocano i governi e gli individui ricchi a nascondere degli enormi capitali e a renderli improduttivi erigendo delle splendide chiese e mantenendo un numero di vescovi pigri, veri parassiti delle loro truppe; allora solamente l’umanità proverà di rimediare al male universale con un cambiamento radicale di politica. 

Questo cambiamento, solo le dottrine teosofiche possono compierlo pacificamente.  Questo per l’unione stretta e fraterna dei Sé superiori degli uomini, per la crescita della solidarietà d’anima, per lo sviluppo di questo sentimento che ci fa soffrire pensando alle sofferenze altrui, che potrà essere inaugurata la regola dell’uguaglianza e della giustizia per tutti, e che si stabilirà il culto dell’amore, della scienza e della virtù, definito in questo ammirabile assioma “Non c’è religione più elevata della verità”. 

venerdì 1 marzo 2024

Corrado Pensa e Roberto Mattei hanno lasciato i loro corpi

Ieri, giovedì 29 febbraio 2024, alle 21.30, il maestro Corrado Pensa ha lasciato il corpo. Il bene che ha fatto in tutta la sua vita, l’impegno e la fiducia con cui ha diffuso il Dharma rimarranno su questa terra per sempre. Da oggi il mondo è un posto più luminoso grazie alla fiamma ardente che Corrado ha acceso in tutti i nostri cuori.

Vedi link: https://www.associazioneameco.it/corrado-pensa-ha-lasciato-il-corpo/

https://unionebuddhistaitaliana.it/
 

Non si incontrano tanti veri maestri nella vita, uno era certamente Corrado Pensa, che fuori dai riflettori ha avuto un enorme impatto nella vita di tanti; era professore di Filosofia dell’Estremo oriente alla Sapienza di Roma, psicanalista junghiano ma soprattutto insegnante di meditazione Vipassana.

Aveva rinunziato alla psicanalisi, che pure praticava con passione, perché, spiegò, conducendo 60 giorni di ritiri e seguendone anche di più come allievo non poteva seguire i pazienti come avrebbe voluto e dovuto.  Professore e Maestro di Dharma Corrado Pensa ha fondato l’A.Me.Co, per diffondere la pratica della consapevolezza e ha raggiunto in molti decenni migliaia di allievi.

I suoi insegnamenti profondi sul sentiero del Dharma erano di una chiarezza esemplare, la sua vita dedicata alla diffusione dei valori buddhisti lasciano un’impronta indelebile nel cuore di tutti coloro che hanno avuto la fortuna di incrociare il suo cammino.  Corrado Pensa è stato un faro di saggezza e compassione per tutto il movimento buddhista in Italia. Un ponte tra l’Oriente e l’Occidente, che ha saputo rendere accessibili e vivi i principi del Buddhismo nella vita quotidiana delle persone.

Ha fatto conoscere tanti maestri della spiritualità di ogni tradizione e infatti ai suoi corsi partecipavano buddisti, cristiani, laici, agnostici e atei. Veniva invitato a insegnare in varie parti del mondo e ha scritto libri fondamentali, anche con Neva Papachritou, insegnante di meditazione e sua moglie.

Il suo impegno instancabile verso l’insegnamento e la pratica hanno contribuito in modo significativo alla crescita spirituale di innumerevoli individui e alla promozione di una cultura di pace e comprensione reciproca.__________________

Si è spento il Maestro Roberto Mattei una vita dedicata all’insegnamento dell’antica disciplina dello Yoga fondatore della scuola Garbhayoga di Roma . Profondo conoscitore degli antichi testi vedici in lingua Pali in sanscrito. Tale desiderio di conoscenza delle scienze contemplative lo hanno portato a frequenti viaggi in diversi paesi tra cui l’India e l’Africa, dove ha soggiornato anche per molti anni.

https://www.facebook.com/scuolacognitivocomportamentale/?locale=it_IT 

Agli inizi del 2006, Roberto Mattei è diventato Consigliere e Responsabile delle relazioni governative della European Yoga Federation, ottenendo il riconoscimento ufficiale per la sua professionalità nel settore e per l'attività dell'Associazione Culturale Science & Art Garbha Yoga, una scuola di formazione per insegnanti yoga riconosciuta a livello internazionale dalla World M.Y.A. (World Movement for Yoga and Ayurveda) e dalla World M.I.F.A. (World Movement for Indian Fine Arts). Negli ultimi anni ha collaborato con l'Aimy, l'Associazione Italiana Mindfulness e Yoga di Pescara per l’insegnamento dello yoga e per l’attivazione della “Scuola Integrata per insegnanti di Yoga, Mindfulness e Ayurveda” riconosciuta anch’essa dalla World M.Y.A.

giovedì 29 febbraio 2024

Diventare la versione migliore di noi stessi - 10 guru e 10 utili applicazioni per migliorare la propria vita

Negli ultimi 25 anni il settore del self-help, letteralmente auto aiuto, ha attirato un forte interesse e adattato la propria offerta al sentire contemporaneo. Oggi siamo portati a vedere noi stessi in relazione a chi viene da un paese diverso dal nostro, a chi è meno fortunato di noi e al nostro pianeta in pericolo. Questa consapevolezza collettiva offre vantaggi personali che cambiano radicalmente la nostra vita. Basta leggere un libro, provare una nuova app, ascoltare una conferenza TED oppure partecipare a un workshop sul benessere per convincersi che il cambiamento è possibile, un passo alla volta. 

Mentre proviamo a diventare la versione migliore di noi stessi, scopriamo concetti come mindfulness, gratitudine, salute, creatività, disseminati in un percorso che sembra portare a un futuro migliore. La speranza è quella di vivere, in un mondo più connesso e compassionevole, che abbia superato gli ostacoli geopolitici di oggi.  Abbiamo selezionato 10 guru e 10 utili app per migliorare la propria vita.

I guru.  Ecco 10 nomi da tenere a mente:

-Thich Nhat Hanh. Stimato maestro zen e pacifista, il monaco vietnamita Thich Nhat Hanh ha viaggiato per il mondo, organizzando conferenze e ritiri. “A volte la felicità porta il sorriso, ma a volte è il sorriso a portare la felicità.”

- Matthieu Ricard. Soprannominato “l'uomo più felice del mondo”, questo brillante ex biologo molecolare è un monaco buddista francese che insegna come controllare il proprio mondo interiore per essere felici e realizzarsi. “La felicità è l'obiettivo primario delle nostre aspirazioni e può avere diversi nomi: realizzazione, profonda soddisfazione, serenità, appagamento, saggezza, fortuna, gioia o pace interiore; e diversi mezzi: creatività, giustizia, altruismo, lotta, conclusione di un progetto o di un'opera.”

- Eckhart Tolle. Oprah Winfrey dice di avere sul comodino il libro del maestro spirituale tedesco Eckhart Tolle. La sua opera si concentra sulla trasformazione della consapevolezza. “Che sollievo rendersi conto che il “discorso interno” non rappresenta chi sono veramente. E allora chi sono? Sono colui che riesce a rendersene conto.”

-Don Miguel Ruiz. Dopo un grave incidente d'auto, Don Miguel abbandona la carriera medica per trovare il senso più profondo dell'umanità, unendo mitologia messicana a concetti moderni.  “Ogni uomo è un artista. Il sogno della vita di ognuno è creare arte meravigliosa.”

-Brené Brown. Sociologa americana, Brené Brown ha pubblicato cinque bestseller ispirati ai suoi studi sui temi del coraggio, della vulnerabilità, della vergogna e dell'empatia arrivati al primo posto della classifica del New York Times.  “Essere orgogliosi della propria storia e al contempo volersi bene è la decisione più coraggiosa da prendere.”

- Tim Ferriss. Guru della produttività made in Silicon Valley, protagonista di un podcast e autore del bestseller 4 ore alla settimana, Tim Ferriss mette al primo posto la calma anziché il lavoro frenetico. Per gestire al meglio il tempo, Ferriss consiglia di eliminare il sovraccarico di informazioni semplicemente bloccandole.  “Se si lavora solo quando si è più efficienti, la vita diventa più produttiva e al tempo stesso più piacevole.”

- Marie Kondo. Regina delle cleanfluencer, Marie Kondo ha sviluppato il metodo KonMari, che suggerisce di valutare ogni oggetto in base alla “scintilla di felicità” che suscita. Se manca la scintilla, meglio eliminare l'oggetto. Il metodo promette una mente più libera e lucida. “Riordinare lo spazio fisico è un modo per prendersi cura del proprio spazio mentale.”

- Charles Duhigg. È importante capire come nascono le abitudini, afferma l'autore di Il potere delle abitudini. Come si formano, quanto ci condizionano, come cambiarle. Solo dopo è possibile modificarle, alterare la propria routine e le proprie ricompense e raccogliere i frutti del cambiamento. “Quando ci si rende conto che è possibile cambiare le proprie abitudini, si è liberi – e responsabili – di crearne di nuove. Quando ci si rende conto che è possibile ricostruire le proprie abitudini, diventa semplice mettersi a lavoro per modificarle.”

- Karen Armstrong. Se la chiave di un pianeta più solidale e un futuro migliore è volersi bene, basta imparare a essere più compassionevoli. Con la Carta della compassione, Karen Armstrong, saggista ed ex suora cattolica, ci spiega come raggiungere l'obiettivo. “La compassione è una competenza pratica che si impara, come la danza. Bisogna esercitarla con diligenza, giorno dopo giorno.”

- Marianne Williamson. Tra i saggi di Marianne Williamson sulla ricerca spirituale, quattro bestseller arrivati al primo posto della classifica del New York Times. Attivista – si batte, ad esempio, per i pazienti sieropositivi e malati di AIDS –, l'autrice è anche uno dei candidati alla presidenza degli Stati Uniti. “Nasciamo con la capacità di amare. Il mondo ci insegna la paura.”

____________   Migliorarsi diventa più facile grazie alla tecnologia digitale e ai consigli quotidiani delle app dedicate. Eccone 10: dall'analisi del sonno alle lezioni di storia dell'arte.

- Headspace. Attraverso la meditazione guidata, Headspace inizia l'utente al mondo della mindfulness e dei suoi benefici con argomenti specifici come il sonno e la gestione della rabbia. 

- Happify. Con Happify è possibile esercitarsi al pensiero positivo attraverso brevi giochi e attività.

- Habitica. Raggiungere gli obiettivi si trasforma in un'avventura: la lista delle cose da fare diventa un gioco e ogni impegno completato permette di sviluppare il proprio avatar. 

- Sleep Cycle. Sveglia intelligente che monitora il sonno e permette di svegliarsi all'orario perfetto per una giornata produttiva.

- Skillshare.  Ben sette milioni di utenti hanno già scaricato Skillshare per imparare nuove abilità – disegno, grafica, fotografia – attraverso un catalogo di 28.000 lezioni online.

- Forest. Più si resta concentrati sul lavoro, più l'albero virtuale cresce, aiutando l'utente a sfruttare ogni momento della giornata senza la distrazione del telefono.

-Charity Miles. Corsa o camminata, ogni miglio percorso serve a sostenere un'associazione benefica, motivando l'utente con un obiettivo che va oltre il tenersi in forma.

- DailyArt. DailyArt mostra ogni giorno un capolavoro e relative curiosità sul mondo dell'arte.

- Daylio. Con Daylio è possibile osservare e registrare il proprio stato d'animo in modo facile e senza scrivere nemmeno una parola.

-You Need A Budget. Con YNAB l'utente impara a risparmiare grazie a funzionalità di sincronizzazione con la banca, gestione del budget e assistenza personale.

La mente profana potrà essere trascesa - Antonio Nuzzo

Il problema cruciale di alcuni cultori dello Haṭhayoga moderno è quello di utilizzare la mente ‘vṛttica’, ovvero la mente profana, quella assoggettata alle impregnazioni coscienti e inconsce della memoria recente e di quella antica, al servizio della propria pratica.
Quella mente e quella memoria hanno come centro l”EGO” che cerca costantemente di assoggettare il corpo e il respiro alle proprie ambizioni.
Quella mente viene educata nel tempo a dare una direzione a tutto ciò che la vita ci ha donato e ha usurpato quelle abilità con un atteggiamento di appropriazione.        
Usa la massima: Fare per ottenere. Un binomio inscindibile da cui bisognerebbe liberarsi.
Viene così coltivata la grande presunzione di divenire onnipotenti, semplicemente perché il nostro corpo, con l’esercizio, diventa capace di assumere posizioni impensabili a molti.
Questa presunzione si intensifica, colpisce prima di tutto noi stessi e l’io viene esaltato in modo eccessivo al punto tale da meravigliarci se la vita ci fa attraversare momenti di grande difficoltà: dal semplice raffreddore fino ad arrivare a squilibri ben più importanti.
L’auto-esaltazione e il potere della mente sul corpo diventa eccessivo da squilibrare tutte le relazioni e i rapporti interni a noi, nasce così uno stato di prevaricazione e di conflitto interno permanente.
Bisognerebbe fermarsi e cambiare rotta, finché si è in tempo!
E allora la pratica dello Haṭhayoga assumerebbe tutt’altro sapore…       
 
È più efficace agire nel silenzio superando così la tendenza ad interagire agli stimoli dell’azione. Costruendo una interiorità che via via si libera della reattività che ogni azione induce. Allora soltanto l’immobilità in una posizione meditativa potrà realmente usufruire di quella condizione di silenzio raggiunta nonostante le sollecitazioni mentali e reattive. Quando l’asana non sarà più oggetto di alcuna reattività mentale allora saremo pronti ad immergerci in un silenzio permanente. La mente profana potrà essere trascesa.

Swami Anandananda

Swami Anandananda Saraswati è il fondatore e Yogacharya della Scuola di Yoga Satyananda Ashram Italia, nel 1979 ha incontrato il suo Guru e Maestro Spirituale, Swami Satyananda Saraswati, da cui ha ricevuto l’iniziazione alla tradizione di Sannyasa nel 1983.       

Dal 1980 ad oggi visita regolarmente la Bihar School of Yoga, Munger, Bihar, India, dove soggiorna per prolungati periodi di tempo per approfondire la propria formazione. Su indicazione del suo Guru, insegna le tecniche avanzate dello Yoga della tradizione Satyananda Yoga.

Nel 1982 ha fondato la Scuola di Yoga Satyananda Ashram Italia e da allora tiene conferenze e workshop in Convegni Internazionali organizzati da differenti Centri, Scuole di Yoga e Ashram Satyananda in Europa, India e Sud America.

Conduce corsi di formazione e di aggiornamento per Insegnanti di Yoga, seminari di approfondimento e conferenze su differenti aspetti dello Yoga. Ha condotto corsi e seminari nell’Ashram a Rikhia, India, per aspiranti e studenti di Yoga dall’Italia e collabora per l’attuazione delle iniziative di Shivananda Math, Rikhia, un’istituzione caritatevole fondata da Paramahamsa Satyananda.

Dal 2013 è Membro del Yoga Vidya Council ed è anche Membro del Consiglio Direttivo della Satyananda Yoga Academy Europe.

Video:

  • https://youtube.com/@scuoladiyogasatyanandaashr8996?si=r79ZetcKKxvJKARq
  • https://youtu.be/_AJ6JA-VgWw?si=tP1IQxitN3DLBJwh 
  • https://www.youtube.com/@scuoladiyogasatyanandaashr8996
  • http://satyanandayogabr.blogspot.com/2014/09/swami-anandananda-saraswati.html

Scuola di yoga Satyananda ashram Italia - Via Ca’ Baldone, 62 – Trarivi di Montescudo (Rn)
Tel. 0541 984710 – 327 2595846 • Email: scuoladiyoga@satyanandaitalia.net

Swami Prajnanpad

Svâmi Prajnânpad (1891-1974) è stato un maestro spirituale, oltre che un terapeuta: ha inventato, tra la psicoanalisi e il Vedânta, un percorso originale verso la saggezza o la libertà. Saggezza dell'azione, saggezza della lucidità: saggezza liberata e liberante. Il cui insegnamento, noto come Adhyatma Yoga (cioè lo yoga diretto verso il Sé), radicato nella più antica tradizione indiana, illumina in modo del tutto nuovo il percorso di chi aspira a conoscere la verità.
 Swami Prajnanpad "sede di perfetta conoscenza" è nato in una famiglia di bramini a nord di Clacutta. Nel 1921 incontrò il suo maestro, Niralamba Swami, e nel 1925 divenne samnyasin, indossando l'abito ocra della rinuncia, anche se sua moglie era incinta. Nel settembre 1930, alla morte di Niralamba, successe alla testa dell'ashram di Channa dove si stabilì.            

Nel 1925, scoprì gli scritti di Freud nella biblioteca dell'Università di Benares dove insegnava, e sviluppò così la propria tecnica, sia terapeutica che spirituale, basata sulla libera associazione e sull’espressione delle emozioni: "La persona, partendo dalle sue attrazioni e repulsioni, cerca di vivere un'esperienza di non-dualità (advaita), di totale accettazione, con le sue emozioni". I suoi discepoli lo definirono sia psicoterapeuta, sia maestro spirituale, e questa sintesi era forse ciò che lo caratterizzava: "perché la saggezza è solo l'estremo della salute psichica; la salute è solo una saggezza minima."

Formatosi nelle discipline scientifiche, Svami Prajnanpad concilia scienza e tradizione, approccio materialistico e spirituale. Per motivi di efficacia pratica, si riferisce costantemente alla sperimentazione, rifiuta ogni ricorso a qualsiasi autorità, ma non esita a usare tutti i metodi per liberare il discepolo dai suoi blocchi emotivi. "La spiritualità", ha detto, "è solo un altro nome per l'indipendenza. E niente libera come la verità. Non si tratta di inventare una nuova religione. Si tratta di trovare - tra Oriente e Occidente, tra tradizione e modernità - un percorso verso l'essenziale, dove già siamo". È su questo sentiero che Prajnânpad ci guida, ci accompagna, ci illumina.  Sito: https://www.svami-prajnanpad.org/

Svami Prajnanpad non ha mai scritto un libro o ha tenuto una conferenza, ha rilasciato interviste individuali a un piccolo numero di persone. Egli rispose alle loro lettere. Alcune delle sue interviste sono state registrate. Per tutti coloro che si avvicinavano a lui, irradiava amore e intelligenza.
"Nella vita del mondo, cogliamo sempre un oggetto particolare. Ma cosa succede quando ti senti e ti rendi conto che non c’è nulla da afferrare? C'è una completa scomparsa della coscienza del mondo, e quando quel sentimento cristallizza, sentiamo: Tutto appartiene a me, tutto mi appartiene. Il risveglio non è altro che questo." "Ti senti: quello che dovevo fare ho fatto, quello che dovevo ottenere, quello che dovevo dare, l'ho dato."
Swami Prajnanpad visitò la Francia due volte: nel 1966, a Bourg-la-Reine, dove rimase con Arnaud e Denise Desjardins, e nel 1973, in Normandia, con Daniel e Colette Roumanoff. Morì l'anno seguente, nel 1974, all'età di 83 anni.
E' stato il maestro di Arnaud Desjardins e Daniel Roumanoff ed entrambi hanno scritto un libro su di lui, rispettivamente Les formules de Swami Prajnanpad e Swami Prajanpad biographie.
André Comte-Sponville disse di lui: "Questo maestro – è uno dei più grandi di questo tempo – non è un ottimista, non un sognatore o un credente. Un filosofo? Molto meglio: un uomo saggio!" 
André-Compte Spoville gli ha dedicato un libro De l'autre cote du desespoir - Introduction à la pensée de Svâmi Prajnânpad.
Estratto dal libro : Fondamentalmente, ci sono solo due modi: accettare o rifiutare. E tutti rifiutano per primi. Come possiamo rifiutare ciò che si rifiuta di soddisfarci? Come rifiutare la morte, quando si vuole vivere? La solitudine, se vogliamo essere amati? La tristezza, quando vogliamo la felicità? Vorremmo che la realtà soddisfacesse i nostri desideri, ma ci accorgiamo che non lo fa; allora rifiutiamo la realtà. Quale neonato non piange quando il seno viene ritirato? Quale uomo, quale donna, quando l'amore se ne va? Poveri bambini avidi e frustrati che siamo! 

 Che razza di uomo, che razza di donna è quando l'amore se ne va? Poveri bambini avidi e frustrati che siamo!Sempre alla ricerca di un seno, aggrappati ad esso, quando tutto il mondo è lì e si dà!Dobbiamo solo lasciare andare, accettare lo svezzamento, la separazione, ed è quello che non sappiamo fare.Quando la vita è deludente (lo è sempre per chi spera), pensiamo che la vita sia sbagliata.Da qui quello che Prajnânpad chiama la mente (manas, mente), che è come un doppio della realtà - di nuovo, molto vicino a Clément Rosset - che il desiderio inventa per proteggersi dall'originale. È il pensiero, nella misura in cui ci separa dal reale.È il discorso interiore, nella misura in cui ci separa dalla realtà o dal silenzio.È la vita onirica, nella misura in cui ci separa dalla vita reale e dalla felicità.Come sottolinea Michel Hulin, "tutta l'infelicità umana deriva dalla nostra propensione a staccarci dalla realtà, a stabilirci nell'immaginazione in un luogo diverso da quello in cui ci troviamo, in breve, dalla nostra incapacità congenita di seguire i contorni mutevoli delle circostanze"

Direi volentieri che tutta l'infelicità umana deriva dall'idealismo, e Prajnânpad difficilmente dice il contrario. "Realtà contro irrealtà.La realtà è ciò che è, ciò che accade.È sì".L'ideale?È tutto negazione e menzogna.La mente nega sempre: "Ciò che è viene coperto, come se si fosse messo qualcos'altro al suo posto".Così si nega, si rifiuta, si dice "no, non dovrebbe essere... dovrebbe essere qualcos'altro".Si nuota nel delirio.Quel no è la mente.La mente che vi tradisce e crea l'illusione". 

Citazione: "Nella vita del mondo, un oggetto particolare si riesce sempre ad afferrarlo. Ma cosa succede quando ti rendi conto che non c’è nulla da afferrare? C’è una completa scomparsa della coscienza del mondo e quando quel sentimento cristallizza, proviamo la seguente sensazione: “Tutto mi appartiene, tutto mi appartiene”. Il risveglio non è altro che questo".

mercoledì 28 febbraio 2024

Beautiful Minds

Louis, uomo riservato e silenzioso, dirige un'impresa di pompe funebri mentre Igor, quarantenne amante della filosofia, a causa di una paralisi celebrale è rimasto disabile a vita. I due non si conoscono, almeno non finché Louis con la macchina investe Igor mentre sta effettuando delle consegne a domicilio per lavoro. Entrambi vivono in profonda solitudine: Louis perché per dimenticare dolori passati ha relegato la sua vita solo nella sfera lavorativa e Igor perché per via della sua disabilità è il primo a isolarsi dal mondo, rifugiandosi nelle parole dei libri. Per una serie di coincidenze i due compiono un viaggio insieme verso il sud della Francia, viaggio in cui impareranno a sentirsi finalmente spensierati, anche grazie al nascere di una nuova splendida amicizia.

Beautiful Minds è il racconto di un viaggio attraverso il Sud della Francia e di due persone che imparano l'importanza di condividere i propri dolori ritrovando, finalmente grazie all'amicizia, la serenità.

Il genere cinematografico dell'on the road è da sempre perfetto per raccontare l'evolvere dei personaggi di un film. Di esempi ce ne sono a bizzeffe; il cinema, soprattutto quello americano, è ricco di incredibili storie su strada. Come se i chilometri macinati rappresentassero il tempo che scorre, con il passato che rimane indietro e cessa di pesare sull'individuo, lasciando spazio ad un futuro in cui si ha la libertà di potersi riscrivere, dando vita ad una rinnovata esistenza.

E Beautiful Minds di Bernard Campan e Alexandre Jollien è difatti un classico on the road, in cui i protagonisti iniziano il loro viaggio in un modo e alla fine di questo, sono due persone completamente diverse. È in fondo un film sul valore dell'amicizia, e primo fra tutti, ha il pregio di esser davvero ben scritto, di farsi forte di una sceneggiatura che fila dritta e senza intoppi. Ma succede spesso che se da un lato l'impeccabile esecuzione della sceneggiatura è a ragione una qualità, dall'altro si rischia a volte di incappare nel pericolo di un'opera eccessivamente confezionata, che finisce di conseguenza per diventare un po' troppo prevedibile.

Non sono pochi i momenti di Beautiful Minds in cui si ha l'impressione di vedere qualcosa di già visto e lo svolgimento del film, le strade che la narrazione intraprende, procedono per incastri fin troppo noti, difettando inevitabilmente per originalità. Ma questo a Beautiful Minds si può perdonare.

Swami

 Grandi Maestri yoga.


Antonio Nuzzo - Il respiro

" Imparare a respirare significa occuparsi della propria vita. Significa creare le condizioni interne per poter sbocciare. "  - Antonio Nuzzo      

Antonio Nuzzo è uno dei più autorevoli e stimati maestri di yoga in Italia. Con oltre 50 anni di esperienza nell’insegnamento dello yoga, Antonio Nuzzo dedica la sua vita alla ricerca di una modalità didattica più aderente alla vita di oggi, senza trascurare le direttive tradizionali dell’insegnamento e della ricerca. Nato al Cairo (Egitto) da madre di origine libanese e padre italiano, ha cominciato a praticare nel 1963 all’età di sedici anni.  Nel 1971 è diventato allievo di André Van Lysebeth, con il quale per quindici anni ha approfondito le tecniche di hatha e tantra yoga. Tra i suoi maestri ci sono Swami Satyananda di Monghyr, Swami Satchidananda e Vimala Thakar.   Nel 1973 conduce il primo seminario a Zinal in Svizzera. Un anno più tardi promuove la fondazione della prima Federazione Italiana di Yoga (F.I.Y.), di cui è stato presidente dal 1977 al 1987
Ha istituito e insegnato nella prima scuola di yoga per la formazione di insegnanti in Italia, l’Istituto Superiore per la Formazione di Insegnanti Yoga in collaborazione con varie organizzazioni attive in tutto il territorio nazionale e internazionale. 
Dal 2000 è socio onorario, vicepresidente e membro del comitato pedagogico della FMY (Federazione Mediterranea Yoga).
Nel 2019 pubblica per Morellini Editore e Yoga Journal il libro: I doni dello yoga per praticare una vita piena.  Oggi vive a Roma dove insegna al Centro Studi Yoga Roma.

La sua visione è unica in Italia e, forse, in Europa (conduce corsi di formazione anche a Parigi): è una visione laica, molto pratica, che conduce verso una spiritualità naturale, quasi esistenziale.
Lo Yoga proposto da Antonio Nuzzo – che è l’ultimo di un lignaggio di maestri che partono da Swami Sivananda e Swami Satyananda e passano per il belga André Van Lysebeth, padre dello yoga occidentale – prescinde dall’ossessiva identificazione dello yoga con la perfezione assoluta della “forma” (asana).

Tra i praticanti di Yoga, e anche tra gli insegnanti, vi è quasi sempre un’importante lacuna sull’aspetto fondamentale che sta alla base di tutto il processo: la respirazione integrale.  Nella maggior parte dei corsi questo aspetto viene trattato in modo superficiale, ma senza questo tipo di respirazione lo Yoga è quasi inesistente!  Il respiro integrale è il perno da cui lo Yoga può realmente iniziare. E anche la Vita!
La grandissima maggioranza delle persone respira superficialmente, e tutte le nostre funzioni fisiche, mentali e spirituali sono compromesse da questa ignoranza di base sul meccanismo che regola ogni istante della nostra vita.

I grandi maestri ci hanno lasciato tutte le indicazioni per padroneggiare davvero il respiro. Secondo la tradizione, il respiro deve essere sviluppato e completo nelle tre fasi respiratorie: la fase addominale, la fase toracica e la fase clavicolare o apicale, e queste fasi devono svilupparsi in modo consequenziale, globale e interattivo.  Per farlo è necessario acquisire nuove abilità muscolari, che ci rendono in grado di gestire l’azione respiratoria in tutti i suoi sviluppi, con infiniti benefici non solo nello Yoga ma nello sbocciare delle nostre complete potenzialità umane.

Imparare a respirare significa occuparsi della propria vita. Osservare come le persone respirano ci permette di comprendere che tipo di condizione mentale e fisica stanno attraversando, perché il respiro esprime qualsiasi emozione, qualsiasi sentimento. La respirazione spontanea purtroppo è la prima cosa che viene colpita dallo stress. Lo stress per esempio può agire sul diaframma e bloccare la respirazione addominale, oppure può bloccare altre aree del respiro. Ci sono un’infinità di patologie che riguardano l’azione respiratoria dettata dallo stress che agisce sui centri nervosi. 

Se si riesce a sbloccare il respiro si sbloccano dei centri nervosi, e si esce fuori dallo stress. Perché il respiro ha questo grande potere di liberarci dalle tensioni radicate, profonde. Una respirazione completa favorisce un’espulsione di anidride carbonica più efficace e un rinnovamento di ossigeno. E quando il corpo intero è ossigenato correttamente tutti gli organi, le articolazioni, le ossa, tutte le funzioni corporee e persino il cervello ne traggono enormi benefici.
L’esercizio respiratorio ha il potere di calmare la mente. Modificando il ritmo del respiro è possibile modificare uno stato di agitazione e di dispersione mentale sino ad arrivare a uno stato di completa tranquillità e lucidità. Una profonda pacificazione mentale è la migliore condizione per favorire il nostro stato di benessere fisico, mentale e psicologico e per esprimere il nostro potenziale creativo e vitale.

Lo Yoga è una grande via che ha lo scopo di aiutarci a rallentare i processi mentali fino a fermarli, in modo da entrare in un silenzio interiore. Per raggiungere questo obiettivo esistono molte tecniche come le posizioni, le pratiche meditative di concentrazione o altro… ma la base del processo è imparare a respirare, e la respirazione deve diventare una respirazione completa (in cui le tre azioni respiratorie - addominale, toracia e apicale - si sviluppano in modo integrale, consequenziale e interattivo).

Educarsi al respiro è un elemento fondamentale per il proseguo del cammino dello Yoga, il respiro è il centro del processo. Insieme al respiro l’altro centro del processo è la coscienza. Sviluppare la coscienza significa sviluppare le capacità percettive che ci consentono di ascoltare la vita del corpo nel suo interno. Questa particolarità è propria dello Yoga.

Quasi tutte le vie ginniche o esercitative si dedicano molto all’osservare il corpo come forma e quindi dall’esterno. Invece educare la nostra interiorità a dare valore al processo respiratorio nel suo sviluppo interiore ci permette di andare oltre la forma ed entrare nel vivo della vita del corpo.

La respirazione completa aumenta il livello di ossigenazione nel corpo, migliora la funzionalità cellulare e di tutti gli organi, favorisce una migliore funzionalità del cervello, rende più lucidi ed efficaci senza ricorrere a stimoli esterni. Ha il potere di liberarci dalle tensioni più radicate e profonde, di calmare la mente e apre le porte alla dimensione meditativa.

Il ritmo frenetico e innaturale a cui siamo sottoposti ogni giorno crea un notevole livello di stress e dispersione delle nostre facoltà mentali. Preoccupazione, ansia, paura, infodemia (la diffusione incontrollata di eccessive informazioni) provocano tensioni radicate e profonde, che alterano moltissimo la nostra capacità respiratoria.  Al giorno d’oggi, in Occidente, quasi nessuno sa davvero respirare. Respiriamo superficialmente, utilizzando solo in minima parte la potenzialità per cui il corpo umano è progettato.

Esistono tecniche che possono essere utilizzate quando c’è necessità, per alleviare i nostri stati di ansia in modo efficace e immediato. Una sorta di “pronto soccorso yogico” per ritrovare equilibrio, serenità, lucidità mentale, benessere fisico e pieno accesso al nostro potenziale vitale e creativo. Fino a ripristinare la nostra capacità di respirare in modo integrale con naturalezza, in ogni momento.  Il respiro è un piccolo grande miracolo di cui siamo custodi, e a cui scioccamente non prestiamo attenzione.

Lo Yoga è una grande via che ha lo scopo di aiutarci a rallentare i processi mentali fino a fermarli, in modo da entrare in un silenzio interiore.  Per raggiungere questo obiettivo esistono molte tecniche come le posizioni, le pratiche meditative di concentrazione o altro… ma la base del processo è imparare a respirare. Purtroppo tra i praticanti di Yoga, e anche tra gli insegnanti, la preparazione su questo aspetto è quasi sempre approssimativa o poco approfondita.

Secondo la tradizione dei grandi maestri yogici, il respiro deve essere sviluppato e completo nelle tre fasi respiratorie:
   - Fase addominale o diaframmatica
   - Fase toracica
   - Fase clavicolare o apicale

Lo scopo dello yoga è raggiungere con corpo e mente una dimensione di comprensione che allinea queste due realtà in un’armonia di “azione meditativa”, che apre davvero le porte al mistero del silenzio e dell’espansione coscienziale.  Perché lo yoga è proprio questo: è la meditazione in azione, attraverso il corpo. Questa nuova dimensione ti permette di armonizzare tutto l'essere e di andare oltre il turbinio mentale ed emotivo, avendo piena padronanza della propria vita.

Dal  Webinar - incontro online sul tema "il respiro nello yoga". Olistic Academy https://olisticacademy.it

Sadhguru: la nostra vita

Jaggi Vasudev (1957 - ), comunemente conosciuto come Sadhguru, è un mistico e yogi indiano premiato Padma Vibhushan, e autore di best seller per il New York Times.

Sadhguru: Non sprecare energie rimuginando su cose che qualcuno ha detto o fatto. La maggior parte di voi non si trova in uno stato d'animo dove, se chiudete gli occhi, il mondo se ne va nella vostra esperienza. Se questa è la situazione, la cosa migliore è spendersi in modo tale che semplicemente non rimanga più energia per nulla che non sia necessaria per il proprio benessere. Meglio morire di stanchezza che di noia, pigrizia, risentimento o miseria. Il fatto che tu stia invecchiando non significa che tu debba ridurre la tua attività. Se continui a fare qualcosa di enorme intensità e coinvolgimento, la tua capacità non farà che aumentare. 

È importante che tu usi la tua vita al massimo, in tutti i modi possibili. Questa è una vita così breve: perché sprecare tempo in cose che non valgono la pena? 

O devi fare qualcosa per il tuo benessere interiore, o devi fare qualcosa di utile per le persone che ti circondano. 

Se nel momento in cui colpisci il cuscino, ti addormenti all'istante perché hai speso tutte le energie per la giornata, qualsiasi sadhana tu faccia diventerà molte volte più efficace. Non startene seduto a pensare a cosa fare e cosa evitare. Se passi dalla riluttanza alla volontà, dall'inerzia all'effervescenza, la tua vita diventerà gioiosa; il tuo viaggio diventerà senza sforzo. 

E quando sarà ora di morire e ti volterai indietro vedrai di aver vissuto una vita spettacolare. Questo è molto importante che accada per te. Diventa spettacolare e illumina il mondo. 

Canale Ufficiale in Italiano di Sadhguru Jaggi Vasudev https://www.youtube.com/@SadhguruItaliano  
facebook.com/SadhguruItaliano 

Nisargadatta Maharaj - I rapporti umani

Nisargadatta è considerato uno dei più rappresentativi esponenti della scuola non dualistica del Vedānta,  rispettato e venerato anche in Occidente.  Il suo vero nome è Maruti Shivrampant Kambli (1897 - 1981) nacque a Bombay da genitori profondamente religiosi.

I rapporti umani sono una cosa viva. Sii in pace con te stesso, e sarai in pace con chiunque. Renditi conto che non sei padrone di ciò che accade, che non puoi controllare il futuro e programmare le tue azioni.
I rapporti umani non possono essere programmati, sono troppo ricchi e vari. Sii soltanto comprensivo e compassionevole libero da ogni egocentrismo.
Inoltre, non puoi evitare l’azione. Accade come tutto il resto.
Non puoi agire secondo la tua volontà. Conosci la tua volontà soltanto dopo aver agito.

La natura non nè piacevole né dolorosa. E’ tutta intelligenza e bellezza. Dolore e piacere sono nella mente. Cambia la tua scala di valori e cambierà tutto.    Piacere e dolore non sono altro che un turbamento dei sensi. Trattali alla stessa stregua e ci sarà solo beatitudine. Il mondo è come lo fai essere, e allora rendilo più felice che puoi. Solo accontentandosi puoi essere felice: i desideri soddisfatti generano altri desideri. Tenersi lontano da tutti i desideri e accontentarsi di ciò che viene da sé è la condizione più redditizia, il presupposto al raggiungimento dello stato di pienezza.
 Non diffidare della sua apparente sterilità e vuotezza. E’ la soddisfazione dei desideri che genera infelicità. La libertà dai desideri è beatitudine.
Eppure sono poche le persone che giungono a questo stato di non coinvolgimento e di distacco. E’ lo stato più elevato, l’anticamera della liberazione.
Non ho  desideri, mi accontento di ciò che viene,  cerco di essere felice.

La meditazione è una tecnica che ci permette di diventare una persona decente, ad accettarci, ad avere un’identità: arriviamo a non arrabbiarci se qualcuno ci chiede di toglierci il cappello, di non rompere una amicizia se qualcuno ci tratta una volta male, a compiere atti di benevolenza, ecc. …..
Non penso che dobbiamo fermarci a questo, penso bisognerebbe andare oltre…..
Chi si immette sul cammino spirituale è spesso alla ricerca…..

Ma cos’è che stai cercando?

Non c’è niente, c’è solo il processo della ricerca, la tua vita è solo il tuo esistere, il mondo oggettivo è fatto di dualità, nel mondo oggettivo c’è soltanto dipendenza….
Solo la coscienza è indipendente, ed è solo un miniscolo granello, ma tutto questo mondo illusorio nasce da essa.
Lo scopo dello yoga è ritrovare il vero Sé, ritrovare l’unità, trascendere la non dualità.

lunedì 29 gennaio 2024

Corso di formazione di yoga

Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto - servitore di pace

Lanza del Vasto (1901-1981), poeta, pellegrino, patriarca, profeta, sembra aver vissuto molte vite in una sola.  La sua vita, così come il suo pensiero, comprende e unisce fra di loro universi molto differenti: poesia, metafisica, scultura, musica medievale, vita comunitaria, lavoro manuale, azione non-violenta.     Nato in una famiglia aristocratica dell’Italia meridionale, Lanza studia a Parigi, poi a Firenze e a Pisa dove, nel 1928, consegue la Laurea in Filosofia. Dotato di notevoli capacità intellettuali, ma anche di intenso gusto per la vita, esita fra dedicarsi alla carriera universitaria o dedicarsi all’arte. Frequenta scrittori ed artisti del suo tempo, instaura una forte amicizia con Luc Dietrich (un giovane scrittore francese che ebbe una vita breve e tormentata).         

Gli  anni centrali della sua vita sono difficili da riassumere per la ricchezza di incontri e di viaggi che racchiude. Da solo e a piedi egli percorre l’Italia e la Grecia, va in pellegrinaggio fino a Gerusalemme, soggiorna a Firenze, Berlino, Roma, Parigi, Marsiglia.
Sempre perseguendo il suo progetto di sistema filosofico, egli continua a elaborarlo e ne parla con alcuni noti intellettuali : Gabriel Marcel, Maurice de Gaudillac, Simone Weil…

Ben presto il desiderio di “guardare il mondo negli occhi” lo induce però a lanciarsi verso altri e più distanti orizzonti. In India, che percorre da Ceylon all’Himalaya, il poeta filosofo diventa vagabondo e Pellegrino. Lanza va in India per imparare a “divenire migliore cristiano”, non per esotismo orientale, e la non-violenza gli appare come la traduzione sociale e politica delle Beatitudini.

Il punto centrale del viaggio è rappresentato dal suo incontro decisivo con Gandhi nel 1937, il quale gli dona un nuovo nome: Shantidas, servitore di pace. Da quel momento in poi tutta la sua vita sarà segnata dalla non-violenza, non quale semplice ideale morale, ma come leva per una trasformazione spirituale e sociale. Sulle pendici dell’Himalaya egli sente una  chiamata a far conoscere questo messaggio in Occidente.

Di ritorno in Francia, nel 1938, egli si trova avvolto dalla barbarie della Guerra e scrive “Le Pèlerinage aux Sources" (Pellegrinaggio alle Sorgenti), diario del suo viaggio, che viene pubblicato nel 1943, rendendolo famoso. Nel 1944 alcune persone cominciano a riunirsi in rue Saint-Paul, a Parigi, per ascoltarlo commentare i Vangeli. 

Il suo grande progetto è quello di fondare un “Ordine gandhiano d’Occidente” di ispirazione cristiana, aperto ad ogni uomo di buona volontà. Ma gli anni della guerra lo costringono ad avere pazienza. Nel 1948 fonda la “Comunità dell’Arca”, alla quale dedicherà i suoi successivi trentatre anni di vita, portando nel mondo intero un messaggio di saggezza e di pace. Muore in Spagna il 5 gennaio 1981, nel suo ottantesimo anno...

https://www.lanzadelvasto.com/it/  Libri:   Che cosa è la nonviolenza;  Pellegrinaggio alle sorgenti; L'arca aveva una vigna per vela.

Lynn Gottlieb - l'ebraismo nonviolento

L'ebraismo non violento della Rabbina Lynn Gottlieb: cessare il fuoco e avviare "azioni riparatrici"
Scritto da  Roberto Fantini  e pubblicato su FlipNews Free Lance International Press   

Di fronte al nostro mondo insanguinato che, giorno dopo giorno, ci appare sempre più infernale, ci ritroviamo ad  interrogarci sovente (pur nella consapevolezza che tutto quello che potremmo fare noi, umili donne di lettere e di intelletto, inciderà sempre  ben poco sul  divenire doloroso degli eventi)  in merito a  come contrastare le quotidiane celebrazioni della violenza nelle sue varie declinazioni, prime fra tutte quelle di carattere bellico.   

Una cosa indubbiamente preziosa (forse soltanto consolatoria, certo, ma  forse anche pedagogicamente terapeutica) potrebbe risultare il cercare di rivolgere lo sguardo mentale verso chi si adopera, ignorato dalle luci dei palcoscenici mediatici, nel continuare a seminare parole di saggezza e di fiducia nelle possibilità umane di ribellarsi alla tirannia delle armi e della prepotenza politica.

Perché, per le nostre anime ferite, può costituire una fonte salutare e vivificante il sapere che, in ciascuna nazione flagellata dai conflitti, all’interno di ogni schieramento, esistono e lavorano (spesso osteggiate, minacciate, emarginate, censurate e represse) persone pronte a rischiare la propria vita per non smettere di chiedere, di cercare e di costruire Giustizia e Pace.

 Perché ci comunica una forza immensa, carica di operosa speranza, il sapere che esistano (tanti!) giornalisti, intellettuali, religiosi, obiettori di coscienza, ecc. che, nonostante tutto, non intendono rassegnarsi, tacere, obbedire, ma che continuano a difendere e soccorrere le vittime, a denunciare i crimini, a rifiutare  la faziosità che occulta il vero e nobilita i boia, che continuano, soprattutto, ad impedire alla propria ragione di abdicare e di arrendersi, proseguendo nel proprio lavoro di riflessione, di onesta informazione,  di discussione critica, e, soprattutto, di ben ragionati irenici insegnamenti ed esortazioni.

E più di tutte, credo,  meritano attenzione e immenso rispetto le voci nonviolente che non cessano di ammonirci e di provare a guidarci verso una più corretta visione dei fatti e verso possibili (più o meno utopiche) soluzioni alternative.

Una di queste voci è rappresentata, ad esempio, da Rabbi Lynn Gottlieb, la prima donna ordinata rabbino nel movimento del Rinnovamento ebraico  (1981). In un suo articolo recentemente apparso su Azione Nonviolenta*, viene da lei sottolineato come a giocare un ruolo fondamentale nelle vicende politiche dello stato israeliano sia stato  sfortunatamente il sionismo ebraico, “irrevocabilmente legato alla visione del mondo dei coloni bianchi, suprematisti, profondamente antisemiti, islamofobici e coloniali”, e basato sulla convinzione che, per gli ebrei, fosse indispensabile possedere “il potere di uno stato nazionale completamente militarizzato”.

 

 A suo avviso, nell’attuale catastrofico momento, si sta realizzando, all’interno di “una campagna di uccisioni di massa senza alcun riguardo per la vita civile”, una spaventosa espulsione  di centinaia di migliaia di palestinesi che si riallaccia con forza alla Nakba del 1948.
    La Gottlieb, poi, denuncia con grande amarezza il brutale tradimento subìto in tanti anni, ad opera della comunità internazionale e  degli Stati americani ed europei, dalle migliaia di palestinesi che hanno lottato in modo nonviolento per porre fine all’occupazione militare.
    E denuncia anche il fatto che, all’interno delle comunità ebraiche statunitensi, chiunque cerchi di proporre soluzioni politiche eque, miranti allo smantellamento dell’occupazione e dell’apartheid, istituendo anche il diritto al ritorno, venga ignorato e zittito con il marchio infamante dell’ “antisemitismo”.
    Accusa, inoltre, la società israeliana di aver coltivato per 75 anni la cosiddetta  “arroganza del privilegio”, ovverosia  uno stato d’animo basato sulla negazione dell’umanità dell’altro e producendo, così, una visione della realtà tanto distorta quanto pericolosa, e, ancora peggio, provocando un progressivo indurimento di cuore di fronte alle condizioni di sofferenza palestinese.

La gente dell’Olocausto - arriva a dire Lynn Gottlieb - sta usando il linguaggio dell’olocausto per giustificare atti di carneficina genocida.”

    Ed ai leader della comunità ebraica viene rimproverato di essersi rifiutati di prendere posizione contro l’oppressione palestinese per paura di “ essere licenziati, di dividere le loro comunità o di perdere i finanziamenti”, contribuendo, in tal modo, ad alimentare l’impunità israeliana e la repressione del popolo palestinese, sottoposto ad una “punizione collettiva, alla negazione dei bisogni fondamentali come alloggio, cibo, acqua e libertà di movimento e alla continua umiliazione e aggressione”.
    Ma - sottolinea con vigore questa tenace donna rabbino - la tesi del diritto di Israele a difendersi anche commettendo atrocità contro un’intera popolazione, fondata sulla convinzione che la “sicurezza ebraica” debba essere conseguita con l’applicazione sistematica della “politica del  ‘con ogni mezzo necessario’  non è accettata da tutti i sopravvissuti all’Olocausto, tanto meno da tutti gli ebrei.”
    A questo proposito, riferisce le splendide parole pronunciate da Anna Columba (sopravvissuta all’Olocausto) durante una manifestazione di protesta con le Donne in Nero, in Piazza Zion a Gerusalemme: “Ho perso tutta la mia famiglia nell’Olocausto. I nazisti erano assassini. Non voglio che siamo come loro. Meglio essere tra i perseguitati che tra i persecutori,  perché almeno abbiamo ancora la nostra anima umana.”

    L’ebraismo da lei abbracciato e praticato (Shomeret Shalom), plasmato sulla base delle tradizioni e delle eredità ebraiche nonviolente in correlazione con gli attivisti praticanti nonviolenti contemporanei, la spinge a sostenere iniziative di concreta “riparazione dei peccati del sionismo”, miranti al conseguimento dell’immediato “cessate il fuoco” e al via libera agli aiuti umanitari, nonché a costruire un movimento di solidarietà con il popolo palestinese, in modo da sostenere  forze operanti all’interno della società israeliana, come le organizzazioni  Zochrot** e B’Tselem***, che lavorano per  “l’equità, la dignità e il diritto palestinese a ritornare a un’unica comunità di ebrei e palestinesi, come cittadini con uguali diritti davanti alla legge.”
    La Gottlieb, dopo aver dichiarato “fallito” il sionismo, definendolo anche “muktseh”, ovvero inaccettabile all’interno dello stesso ebraismo, afferma che l’unica strategia adottabile per il raggiungimento di un mondo sicuro per palestinesi ed ebrei sarà quella della “solidarietà verso una giustizia amorevole” .
    “Scelgo - dice - di riporre la mia fede nell’idea che la nostra liberazione come esseri umani è interdipendente. Tutti o nessuno di noi. Per il bene dei nostri figli.
    Concludendo che, in quanto rabbina impegnata nella pratica della nonviolenza ebraica, sorretta dalla volontà di alleviare e curare la sofferenza prodotta, la sola strada percorribile dovrà essere rappresentata da quella delle “azioni riparatrici”.

Una strada, questa, certamente lunga e indubbiamente difficilissima, addirittura impensabile agli occhi di molti (dentro e fuori Israele), ma che meriterebbe di essere attentamente ponderata e che, attuando una epocale rivoluzione ideologica e strategica, andrebbe abbracciata ed intrapresa con ragionata consapevolezza e con fermissima determinazione, nonché fortemente incoraggiata e convintamente e concretamente sostenuta  dall’intera comunità internazionale, soprattutto dalle tante nazioni che tanto volentieri gareggiano nel dichiararsi “amiche di Israele”, desiderose di una pace reale e duratura.

 Vedi  link all'articolo:  https://www.flipnews.org/index.php/life-styles-3/health-3/item/3755-l-ebraismo-nonviolento-della-rabbina-lynn-gottlieb-cessare-il-fuoco-e-avviare-azioni-riparatrici.html
NOTE. 

  • *Rivista fondata da Aldo Capitini nel 1964, bimestrale del Movimento Nonviolento (www.azionenonviolenta.it).
  • ** Organizzazione no-profit israeliana avente lo scopo di promuovere la consapevolezza della Nakba palestinese (il catastrofico esodo forzato della popolazione araba palestinese, durante la guerra arabo-israeliana del 1948).
  • ***ONG israeliana avente l’obiettivo di raccogliere informazioni in merito alla situazione dei diritti umani nei territori occupati.

Il Diario di Etty Hillesum

"Una pace futura potrà esser veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in sé stesso – se ogni uomo si sarà liberato dall’odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest’odio e l’avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo".    

"E' sicuro che il minimo atomo di odio che noi aggiungiamo a questo mondo ce lo renderà più inospitabile di quello che è già"

Il Diario di Etty Hillesum è un percorso di di speranza e un dono all’umanità intera. E’ un atto di amore e tolleranza, meriterebbe di essere insegnato nelle scuole e università. E' un libro sempre attuale e un’opera senza tempo che può aiutare tutti noi a vedere la vita con occhi diversi. 

Etty Hillesum è nata il 15 gennaio 1914 a Middelburg (Paesi Bassi). Suo padre è professore, poi direttore del liceo, sua madre, di origine russa; dei suoi due fratelli uno diverrà medico, l’altro Mischa, sarà un pianista geniale. Etty, studentessa molto dotata, intraprende gli studi di diritto e psicologia ad Amsterdam nel 1932. Nel 1940 l’occupazione dei Paesi Bassi da parte dei nazisti determina il destino dei centoquarantamila ebrei del paese. Etty non si rassegna alle umiliazioni quotidiane che l’occupante infligge a un’intera popolazione: divieto d’usare i mezzi pubblici, di frequentare i parchi, i negozi di verdura fresca “a salvaguardia della salute degli ariani”, e via dicendo.  La giovane donna ebrea olandese perse la vita all’età di 29 anni nel campo di sterminio di Auschwitz, dove era stata deportata insieme ai genitori e al fratello Misha. Era il il 30 novembre 1943. Quel giorno la barbarie nazista segnò la fine di una grande donna e di una grande scrittrice.

Basta leggere queste citazioni tratte dal Diario, scritto tra il 1941 e 1943, per capire quanta forza spirituale e quanta energia esistenziale ci sia stata in Etty Hillesum.  

 "E se Dio non mi aiuterà più, allora sarò io ad aiutare Dio.

Per umiliare qualcuno si deve essere in due: colui che umilia, e colui che è umiliato e soprattutto: che si lascia umiliare. Se manca il secondo, e cioè la parte passiva è immune da ogni umiliazione, questa evapora nell’aria. Restano solo delle disposizioni fastidiose che interferiscono nella vita di tutti i giorni, ma nessuna umiliazione e oppressione angosciose. Si deve insegnarlo agli ebrei... Possono renderci la vita un po’ spiacevole, possono privarci di qualche bene materiale o di un po’ di libertà di movimento, ma siamo noi stessi a privarci delle nostre forze migliori con il nostro atteggiamento sbagliato: col nostro sentirci perseguitati, umiliati, oppressi, col nostro odio e la millanteria che maschera la paura. Certo che ogni tanto si può essere tristi e abbattuti per quel che ci fanno, è umano e comprensibile che sia così".

"Trovo bella la vita, e mi sento libera. I cieli si stendono dentro di me come sopra di me. Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore".   "La vita è difficile, ma non è grave. Dobbiamo prendere sul serio il nostro lato serio, il resto verrà allora da sé: e lavorare su sé stessi non è proprio una forma di individualismo malaticcio".

Altre frasi prese dal suo Diario:

  • Voglio essere un cuore pensante. Quando pensi che l’altro non ti consideri abbastanza, significa che gli sei legato e, per via di questo legame, non sei indipendente. Quanto meno ti aspetti, tanto più ricevi.
  • La vita si svolge interiormente e lo scenario esteriore ha sempre meno importanza.
  • Bisogna combatterle come le pulci, le tante piccole preoccupazioni per il futuro che divorano le nostre migliori forze creative.
  • Molti di coloro che oggi s’indignano per certe ingiustizie, a ben guardare s’indignano solo perché quelle ingiustizie toccano proprio a loro: quindi non è un’indignazione veramente radicata e profonda.
  • Non credo più che si possa migliorare qualcosa nel mondo esterno senza aver prima fatto la nostra parte dentro di noi.
  • Quello che otteniamo spontaneamente da noi stessi ha basi più solide e durature di quello che realizziamo per forza.
  • L’odio indiscriminato è una malattia dell’anima, odiare non è nel mio carattere.
  • Dio non è responsabile verso di noi, siamo noi a esserlo verso di lui.
  • Fiorire e dar frutti in qualunque terreno si sia piantati – non potrebbe essere questa l’idea?
  • Lasciar completamente libera una persona che si ama, lasciarla del tutto libera di fare la sua vita, è la cosa più difficile che ci sia.
  • Se si prega per qualcuno, gli si manda un po’ della propria forza.
  • Quando abbiamo dell’avversione per gli altri le ragioni dobbiamo cercarle nel disgusto che sentiamo per noi stessi: ama il prossimo tuo come te stesso.
  • Se tu affermi di credere in Dio devi anche essere coerente, devi abbandonarti completamente e devi avere fiducia. E non devi neppure preoccuparti per l’indomani.
  • Non devo volere le cose, devo lasciare che le cose si compiano in me.

Yahne Le Toumelin

Yahne Le Toumelin, nata il 27 luglio 1923 a Parigi e deceduta l'8 maggio 2023 a Tursac in Dordogna, è stata una monaca buddhista e pittrice francese, associata al surrealismo e all'arte astratta dalla fine degli anni '50. E madre di uno dei monaci buddhisti più conosciuti in Occidente: Matthieu Ricard.  

Cresce a Croisic, in Loira Atlantica, insieme al fratello Jacques-Yves Le Toumelin che è uno dei primi navigatori in solitaria su barca a vela. A 10 anni inizia a disegnare e realizza i suoi primi dipinti ad olio.

Ammessa alle Belle Arti di Parigi nel 1940, preferisce unirsi all'Accademia della Grande Chaumière. Dopo tre anni trascorsi all'accademia, entra nello studio di André Lhote, dove incontra Henri Cartier-Bresson.  Nel 1942, incontra il sufi Georges Gurdjieff e si avvicina alla spiritualità. Fa la conoscenza con vari scrittori come René Daumal (poeta, scrittore e filosofo francese), Luc Dietrich (uno scrittore francese che ebbe una vita breve e tormentata) e Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto conosciuto come apostolo della nonviolenza in Occidente. Lanza del Vasto è stato anche poeta ed artista, filosofo e scrittore, credente rispettoso delle altre religioni, fondatore di comunità, precursore dei più attuali cambiamenti della società.

Incaricata da Pierre Schaeffer e Jacques Copeau di realizzare presentazioni radiofoniche di opere artistiche allo Studio d'essai della RTF, Yahne  incontra Jean-François Ricard (che poi prenderà il cognome di Revel), uno dei filosofi francesi più conosciuti che le chiede di sposarlo nell'estate del 1945. Nel 1946 nasce Matthieu Ricard.

Insieme a Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Boris Vian, Orson Welles, Jean Cocteau e Juliette Gréco, appare nel 1947 in "Le Désordre à vingt ans" di Jacques Baratier, che ritrae la fauna eterogenea di Saint-Germain-des-Prés dopo la guerra.

Dal 1947 al 1948, la coppia si trasferisce a Tlemcen in Algeria, dove Jean-François Revel è nominato professore. Nel 1948 nasce Ève Ricard. Dal 1950 al 1952, Yahne segue il marito a Città del Messico, dove è nominato professore all'Istituto francese dell'America Latina (IFAL).

A Città del Messico, diventa amica di Leonora Carrington, che diventa la sua "complice di sempre" e intraprende anch'essa un percorso completamente fuori dagli schemi. Nel 1951, realizza un murale geometrico di 60 m2 per l'Istituto francese dell'America Latina e dipinge manifesti cinematografici per il primo cineclub del Messico, frequentato da Benjamin Péret, Luis Buñuel, Frida Kahlo, Diego Rivera e Mario Vargas Llosa.

Nel 1952, con la nomina di Jean-François Revel all'Institut français de Florence, Yahne incontra Jacob Bean e André Fermigier.

Nel 1952, Yahne Le Toumelin e Jean-François Revel si separano.

Nel 1955, André Breton, uno dei principali surrealisti francesi,  presenta Yahne Le Toumelin nella sua galleria "À l'Étoile scellée". Tornata a Parigi nel 1956, incontra l'artista Georges Mathieu e diventa amica di Pierre Soulages e Zao Wou-Ki. Nel 1957 espone oltre 100 quadri alla galleria Orsay e partecipa all'edizione del catalogo prefato da André Breton.  André Breton rende omaggio alla sua opera in "Le Surréalisme et la Peinture", pubblicato da Gallimard nel 1965.

Dal 1957 al 1959, Yahne espone al Salon Comparaison al Musée d’art moderne de la Ville de Paris e, nel 1958, al Salon Grand et Jeunes d’aujourd’hui al Grand Palais. Installatasi al Château de Fromonville, Yahne fa la conoscenza di diverse personalità, tra cui Jean Cocteau, Savitri Nair, Philippe Lavastine, George Adie e Arnaud Desjardin che è stato uno dei primi praticanti di alto profilo della spiritualità orientale in Francia.

Nel 1959, Yahne Le Toumelin entra nella galleria René Drouin e nel 1961 espone in una selezione intitolata "Essai pour la peinture de demain" presentata da Drouin e Ileana Sonnabend alla galleria Marcelle Dupuis. 

 Dal 1961 al 1967, partecipa al Salon des Surindépendants al Musée d’art moderne de la Ville de Paris. Pierre Soulages incoraggia l'artista a "dipingere in grande" e la invita a esporre alla Galerie de France. In questo periodo, nel 1965, André Breton pubblica "Le Surréalisme et la Peinture", Gallimard.

Nel 1966, espone alle Rencontres d’Octobre del Musée des Beaux-Arts di Nantes e partecipa al Salon des Artistes Français del 1967 e al Salon d’Art Sacré del 1966 e del 1969.

Nel 1967, Yahne Le Toumelin apre il "Centre d’Expression", una galleria a Parigi presentata da André Fermigier in una recensione intitolata "Trois raisons pour". 

Poco dopo, parte per l'India, si converte al buddhismo tibetano e prende i voti di monaca al monastero di Rumtek, nello Sikkim, con Rangjung Rigpe Dorje, il 16° karmapa.

Nel maggio 1968 organizza una dimostrazione intitolata "La Révolution du cœur". Nel 1969, Maurice Béjart chiede a Yahne Le Toumelin di comporre un murale di 300 m2 e i costumi per "Les Vainqueurs".

Installatasi a Darjeeling in India, smette di dipingere dal 1969 al 1975. 

Nel 1985, l'artista si trasferisce in Dordogna e intraprende un ritiro buddhista tradizionale di tre anni, tre mesi e tre giorni al Centro di Chanteloube a Saint-Léon-sur-Vézère.

Nel 1989, Yahne Le Toumelin realizza il "Voile du Radeau de la Méduse" per i decori di "Hommage à la Révolution" di Maurice Béjart al Grand Palais di Parigi.

1999 – Esposizione al Linden Museum, Stoccarda.

A partire dal 2000, dipinge nel suo studio in Dordogna.

Nel 2016 e 2023  una sua retrospettiva


Vedi sito:  http://yahneletoumelin.fr/biographie/

Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono ci...