venerdì 6 maggio 2022

La Pace Proibita

"La Pace Proibita" è uno spettacolo organizzato da Michele Santoro, che presenta una narrazione diversa della guerra in Ucraina. Alla manifestazione, che ha avuto luogo al teatro Ghione di Roma il 5 maggio 2022, hanno partecipato molti artisti, giornalisti, attori, scrittori e personaggi dello spettacolo come:  Elio Germano, Marco Tarquinio, Luciana Castellina, Sabina Guzzanti, Don Fabio Corazzina, Ascanio Celestini, Moni Ovadia, Vauro Senesi,  ecc.

La manifestazione poteva essere seguita anche in streaming su youtube. Vedi    https://youtu.be/fFFGdJCy7Sc            https://www.youtube.com/watch?v=fFFGdJCy7Sc&list=RDCMUCq3QhkV1-S5KonNKUqQP8fw&start_radio=1&rv=fFFGdJCy7Sc&t=432

 Attualmente è in corso una guerra di aggressione e di rapina; nel mondo ci sono oltre 40 conflitti attivi, - 26 ultra miliardari hanno la stessa ricchezza della metà del pianeta, 11 persone rischiano di morire di fame ogni minuto. E' evidente che qualcosa non ha funzionato nel garantire i diritti umani per tutti; proposito auspicato dalla dichiarazione fatta dopo la seconda guerra mondiale. Nessuno Stato del pianeta è riuscito a garantire ai propri cittadini  i diritti base: istruzione, un posto sicuro, alimentazione. Oggi gli  esseri umani nascono diseguali, e i privilegi sono solo per pochi, la guerra è il simbolo di questi esseri umani senza diritti, che non hanno nemmeno il diritto di rimanere in vita. Questa guerra di aggressione distrugge e consuma le risorse del pianeta: la spesa militare nel 2020 ha continuato a salire,  sfiorando 2000 miliardi di dollari, il bilancio dell'organizzazione mondiale della sanità è di 2 miliardi, lo 0,1% delle spese militari. Ogni aereo F135 costa come1000 posti in terapia intensiva - Basta scegliere. Vivere in una società  che garantisce i diritti umani per tutti è possibile, è solo una priorità di scelte. Non possiamo contare sui nostri politici. Noi cittadini dobbiamo impegnarci per evitare la sofferenza di milioni di esseri umani.  -  Parole di Gino Strada.

Prima della guerra Russia e Ucraina producevano il 30% di cereali (grano e orzo) a livello mondiale. 

Dopo la guerra, i prezzi di grano e olio vegetale sono aumentati del 30%;  il petrolio del 60%   Il gas è aumentato del 500% e fertilizzanti sono aumentati del 100%. Questi aumenti avranno un impatto devastante sul costo dei prodotti alimentari.

Secondo l'ONU e FAO, prima della guerra in Ucraina, nel mondo c'erano 768 milioni di persone che vivevano in grande povertà e in lotta per la sopravvivenza;    Dopo l'inizio della guerra ci sono 1700 milioni di persone che rischiano di morire di fame e freddo. E 107 Paesi rischiano la carestia.

Papa Francesco continua a cercare la via della pace.

Ucraina, Papa Francesco: "Putin non si ferma, sono pronto a incontrarlo". 3 maggio 2022.
Da Mosca "non abbiamo ancora avuto risposta e stiamo ancora insistendo" spiega il Pontefice che sulle mosse del Cremlino dice: "Un'ira che non so dire se sia stata provocata, ma facilitata forse sì"

 

Papa Francesco continua a cercare, imperterrito, la via della pace. Lo ribadisce raccontando, in un colloquio con il Corriere della Sera, i tentativi di mediazione messi in campo dall'inizio del conflitto. Ma tanta brutalità come si fa a non fermarla? Venticinque anni fa con il Ruanda abbiamo vissuto la stessa cosa". Queste le parole condivise dal Papa con il direttore del Corriere, Luciano Fontana, nel ripercorrere i passi che sta facendo, insieme al segretario di Stato della Santa Sede, Pietro Parolin per arrivare almeno a un cessate il fuoco.

Nel colloquio, il Papa ribadisce inoltre di non andare per ora a Kiev. La priorità e quella di  incontrare Putin a Mosca.

Papa Francesco non sa dire cosa abbia provocato l'escalation militare: probabilmente, spiega, "l'abbaiare della Nato alla porta della Russia" ha portato il capo del Cremlino a scatenare il conflitto. "Un'ira che non so dire se sia stata provocata, ma facilitata forse sì". Poi una riflessione sulla corsa agli armamenti in Ucraina: "Non so rispondere, sono troppo lontano, all'interrogativo se sia giusto rifornire gli ucraini — osserva — La cosa chiara è che in quella terra si stanno provando le armi. I russi adesso sanno che i carri armati servono a poco e stanno pensando ad altre cose. Le guerre si fanno per questo: per provare le armi che abbiamo prodotto".
Papa Francesco sottolinea come per la pace non ci sia “abbastanza volontà”. Dice inoltre, "Io sono pessimista, ma dobbiamo fare ogni gesto possibile perché la guerra si fermi".

Addio a Thich Nhat Hanh, il padre della Mindfulness.

L'articolo "Addio a Thich Nhat Hanh, il padre della Mindfulness" è stato pubblicato sulla FAO Gazette di marzo 2022. Thich Nhat Hanh (1926-2022), morto recentemente, è stato uno dei leader spirituali più influenti del nostro tempo. Era il monaco buddista zen più conosciuto al mondo e il fondatore della Mindfulness.   Il maestro Zen era anche uno scrittore e un poeta.  Ha creato diverse comunità in Europa.
Vedi il sito web: plumvillage.org/gratitude-for-thich-nhat-hanh

Tutta la sua vita è segnata da compassione, umiltà, creatività, profondità di pensiero e amore per tutti gli esseri.  All'età di sedici anni Thich Nhat Hanh fu ordinato monaco buddista Rinzai (una scuola Zen) in Vietnam e da allora promuove il Dharma, cioè l'insegnamento del Buddha, come mezzo per portare pace, riconciliazione e fratellanza nella società.  Nel 1964, durante la guerra del Vietnam, fondò un movimento di resistenza non violenta chiamato "Piccoli Corpi di Pace": gruppi di persone e monaci che andavano nelle campagne per aiutare a ricostruire villaggi, ospedali, scuole e tutto ciò che era stato distrutto dalla guerra.

Nel 1967, Thich Nhat Hanh incontrò Martin Luther King, che lo nominò per il premio Nobel per la pace a causa della sua posizione pubblica contro la guerra in Vietnam. Ha guidato la delegazione buddista per la pace, che ha partecipato ai colloqui di pace di Parigi.   Il suo pacifismo non fu ben visto dal governo vietnamita e alla fine del conflitto fu costretto all'esilio in Francia perché accusato di non sostenere i vietcong (solo nel 2005 poté tornare per la prima volta in patria).  Nel 1982 ha fondato "Plum Village" in Francia, una comunità di monaci e laici vicino a Bordeaux, dove ha vissuto fino al suo definitivo ritorno in Vietnam nel 2018. Dopo aver subito un ictus nel 2014, ha interrotto la sua prolifica attività di insegnamento.

Thich Nhat Hanh è noto per aver "reso popolare" la meditazione Zen, Egli insegna la pratica della mindfulness utilizzando testi del Canone Pali; il suo insegnamento è pienamente inserito nel flusso della tradizione Zen "Rinzai" ed è reso più facile da comprendere dagli occidentali riducendo al minimo il formalismo rituale.  Invece di usare i koan - frasi enigmatiche che i maestri danno ai loro studenti per suscitare il loro risveglio - Thich Nhat Hanh ricorre alle metafore. Non fa proselitismo; le persone possono assistere agli insegnamenti quando vogliono e sono sempre benvenute nel "Sangha", la comunità dei praticanti.   Sostiene che è sbagliato abbandonare la propria religione per abbracciare il buddismo.

Thich Nhat Hanh propone un'etica e un insegnamento universali, volti a superare la visione di noi stessi come entità separate dalle altre persone e dal resto della realtà, che è fonte di enorme sofferenza, sia a livello individuale che collettivo.
Dai precetti buddisti, ha preso gli "Allenamenti alla Coscienza", un insieme di principi etici universali, da proporre all'umanità come comunità e non a un particolare gruppo spirituale. Uno dei temi affrontati, e che l'umanità come comunità deve affrontare, è il degrado ambientale e il riscaldamento globale.
Thích Nhất Hạnh è stato spesso descritto come un uomo in totale pace con se stesso e con gli altri. La sua saggezza e le sue parole sono state una fonte di calore e sostegno per molte persone in tutto il mondo. Attraverso i suoi libri e le sue poesie, ha anche offerto numerose lezioni di vita sul significato dell'esistenza, l'apprezzamento del proprio percorso di vita e come essere felici.   I suoi numerosi libri sono stati tradotti in molte lingue.  Thích Nhất Hạnh diceva spesso: "Il Nirvana è la liberazione da tutte le idee e opinioni: Quando entri in contatto con la realtà non hai più opinioni. Hai la saggezza".
 Il seguente messaggio di Thich Nhat Hanh è veramente appropriato per questi tempi bui, dominati dalla follia, dalla paura e dalla divisione:
Qualcuno mi ha chiesto: "Non sei preoccupato per lo stato del mondo?" Mi sono permesso di respirare e poi ho detto: "La cosa più importante è non permettere alla tua ansia per quello che sta succedendo nel mondo di riempire il tuo cuore. Se il tuo cuore è pieno di ansia, ti ammalerai e non sarai in grado di aiutare".
"Ci sono guerre - grandi e piccole - in molti luoghi, e questo può farci perdere la pace. L'ansia è la malattia della nostra epoca. Ci preoccupiamo di noi stessi, della nostra famiglia, dei nostri amici, del nostro lavoro e dello stato del mondo. Se permettiamo alla preoccupazione di riempire il nostro cuore, prima o poi ci ammaleremo".
"Tutto ciò che rimane della pratica è una pace ben radicata".

Vedi altri articoli su Thich Nhat Hanh https://maramici.blogspot.com/search?q=Thich+Nhat+Hanh

giovedì 5 maggio 2022

Hymne à la beauté - Esposizione di foto di Matthieu Ricard

Più di 150 opere di Matthieu Ricard sono presentate in grande formato sul tetto della Grande Arche a La Défense - Parigi.
Intitolata Hymne à la beauté, la mostra riunisce scene di vita e paesaggi fotografati in diverse parti del mondo.   Vedi: https://www.youtube.com/watch?v=w6UBOJ9zNwQ

Il monaco buddista Matthieu Ricard, l'interprete francese del Dalai Lama, espone le sue fotografie con la bellezza come tema principale. "È la prima volta che fa una grande mostra fotografica come questa", ha detto all'AFP Corinne de Conti, direttrice del Toit de la Grande Arche de la Défense, dove sono esposte opere di grande formato che "meritano di essere grandi".

giovedì 7 aprile 2022

Yogi Bhajan, maestro tantrico

Yogi Bhajan (1929- 2004)  nacque in un piccolo villaggio nel nord ovest dell’India, che ora è nell’attuale Pakistan.   E' stato il primogenito di una famiglia sikh molto benestante; suo padre era un medico e contribuì a risvegliare il suo interesse per la medicina, per lo yoga e per le terapie naturali. Fu inoltre introdotto allo studio comparato delle religioni e della musica devozionale e al rituale del sikhismo

Sotto la guida di Sant Hazara Singh, Maestro tantrico, a sette anni iniziò a praticare yoga. A sedici anni venne proclamato Maestro di Kundalini Yoga, diventando il più giovane praticante maestro. Nel 1947, all'indipendenza dell'India aiutò profughi sikh e hindu. Dopo aver preso una laurea in Economia continuò la sua formazione spirituale presso lo Sivananda Ashram con intensi studi sul Vedanta. A Delhi divenne Maestro di Hatha Yoga. Nel 1953 spo­sò Sardarni Inderjit Kaur, conosciuta come Bibiji. Diventò ufficiale della guardia di frontiera nel distretto di Amritsar dove si trova il “Tempio d’Oro”, il luogo sacro più importante per la religione sikh.
Nel 1964 un astrologo gli predisse che si sarebbe recato in Occidente per portare un insegnamento spirituale e religioso. Poco tempo dopo fu invitato ad insegnare hatha yoga in Canada , da qui si spostò negli USA dove nel periodo hippy, cominciò ad insegnare il  Kundalini Yoga senza iniziazione  (intorno al 1968).  Yogi Bhajan era consapevole che era giunto il momento di diffondere i segreti di questa antica scienza con l’avvicinarsi di un’era nuova, dominata dalla coscienza, dall’energia, l’Era dell’Acquario.

Nel 1969 tenne la sua prima conferenza negli USA ed asserì che il diritto di ogni essere umano è di essere “Sano, Felice e Santo” e diede vita alla fondazione 3HO, (in inglese Healthy, Happy, Holy) con rappresentanza alle Nazioni Unite, che si occupava della salvaguardia e diffusione delle pratiche e dei valori del Kundalini Yoga e del Tantra Bianco.
Dal 1971 divenne Maestro del Tantra Bianco, fondò il Kundalini Research Institute (K.R.I.), ricevette  il titolo di Siri Singh Sahib, o leader sikh nell’emisfero occidentale. In tale veste Yogi Bhajan ha collaborato  sul dialogo interreligioso con il Dalai Lama, l’Arcivescovo di Canterbury e il Papa Giovanni Paolo II.

Negli anni novanta ideò il “Peace Prayer Day”: una giornata di preghiera collettiva tra rappresentanti e devoti di tutte le religioni durante la quale viene premiata una persona o un ente di volontariato che si era distinto nella carità e nell’aiuto compassionevole dell’Umanità.
Yogi Bhajan ha creato un corso di formazione insegnanti di yoga gestito da un'associazione internazionale denominata I.K.Y.T.A. (International Kundalini Yoga Teachers Association).

Ha insegnato incessantemente per trentacinque anni il kundalini yoga. I suoi insegnamenti hanno trasformato la vita di tante persone permettendo loro di vivere in pace, felicità e consapevolezza.

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Alcuni link utili per saperne di più:

  • www.yogibhajan.org
  • www.kundaliniresearchinstitute.org
  • www.3ho.org 
  • http://www.leviedeldharma.it/maestri-contemporanei-yogi-bhajan/

Le 108 Upanishad e il Vedanta

 Upanishad significa restare seduti per terra ai piedi del maestro per ascoltare il suo insegnamento.

Le Upanishad costituiscono la parte filosofica dei Veda, il cui oggetto essenziale è la meditazione e la metafisica inseparabilmente legati nella spiritualità indiana. Sono dei testi per la ricerca della saggezza e della liberazione e trattano della natura dell’uomo e dell’universo, così come dell’unione dell’anima individuale (jiva) o Sè (Atman) con l’anima universale (Paramatman o Brahman).  Le Upanishad hanno avuto una grande influenza sul dibattito filosofico e religioso e secondo la cronologia si dividono in:

  • Le upanishad antiche. Le upanishad maggiori datano 500 anni a.c. e sono commentata da Ari Shankara il filosofo precursore dell’Advaita Vedanta.
  • Le upanishad medioevali che sono commentate da Narayana e Shankarananda.
  • Le upanishad recenti che datano  XIV - XVIII secolo.

Ci sono 5 Veda se prendiamo in considerazione separatamente le due versioni dello Yajur veda – lo Shukla e il Krishna Veda:

  •  Rig Veda – contiene 10 upanishad.
  • Shukla Yajur Veda –  contiene 19 upanishad.
  • Krishna Yajur Veda – contiene 32 upanishad.
  • Sama Veda –  contiene 16 upanishad.
  • Atharva Veda –  contiene 31 upanishad.

Ciascun veda è diviso in sezioni (saakas). Ciascuna saaka include una parte dove sono descritti i mantra e i brahmanas. I mantra nell'induismo, sono dei suoni che vengono ripetuti molte volte come pratica meditativa mentre i brahmanas sono trattati di codici liturgici, di iniziazione ai mantra, di meditazione (upasana) e integrano gli aranyakas (i trattati della vita nella foresta) a beneficio delle persone che sono sulla strada della ricerca spirituale. E’ nella foresta, al riparo dei rumori del mondo, che il maestro e i suoi discepoli (aranyakas, abitanti della foresta) studiano la Dottrina secreta e cercano di arrivare alla saggezza e alla liberazione.

E’ alla fine dei Veda, alla fine di ciascuna sezione che si trovano le upanishad. Il totale delle sezioni (saakas) dei 5 veda è 1180, se ad ogni sezione fosse associata una upanishad, le upanishad dovrebbero essere 1180 upanishad mentre invece sono soltanto 108.

E’ nel medioevo che appare una upanishad, la Muktika upanishad (una upanishad minore, appartenente al Shukla Yajur Veda) che riporta il numero 108, una cifra fortemente simbolica. E’ sempre questa upanishad che classifica le upanishad in minori e maggiori. 

Le 108 upanishad, la Bhagavad Gita, e i Brahma Sutra costituiscono il triplo canone del Vedanta.

Il Brahma sūtra, noto anche come Vedāntasūtra, Uttaramīmāṃsāsūtra o Śārīrakamīmāṃsāsūtra, è un testo religioso composto in lingua sanscrita posto a fondamento del darśana hindū indicato come Vedānta. L'opera è attribuita a Bādarāyaṇa (primi secoli della nostra èra) ed è formata, nel testo stabilito, e quindi commentato, da Śaṅkara (VI-VII secolo), di 555 aforismi suddivisi in 4 adhyāya, questi a loro volta divisi in 4 pāda. Da notare che lo stesso Bādarāyaṇa fa riferimento ad opere di altri autori, come Āśmarathya, Auḍulomi, Kaṛṣṇājini e Kāśakṛtsna

Nel Vedanta le upanishad sono i testi rivelati (la shruti), trascritti dai rishi sotto la dettatura del Brahman. Le upanishad si trovano tutte alla fine delle sezioni vediche e costituiscono la sorgente della metafisica del Vedanta.

La Bhagavad Gita e i Bhrama sutra sono la parte integrante della smriti, l’insieme dei testi religiosi trasmessi per memoria (anche se all’inizio sono stati rivelati).

Shankara (nato nel 686 d.c.) è il fondatore dell’Advaita Vedanta (Vedanta non duale), che è la parte filosofica più recente della filosofia indù (data il VII secolo d.c.) ed è la filosofia che ha influenzato l’occidente a partire dal XIX secolo. Upanishad per Shankara significa “conoscenza del Brahman attraverso la quale l’ignoranza è distrutta”. E’ dunque in ragione della loro complessità, della loro promessa di realizzazione del Divino, che le upanishad furono messe in conclusione dei Veda, e classificate come Vedanta o finalità ultime dei Veda. Le date in cui sono apparse le upanishad variano da un orientalista ad un altro, comunque le più antiche sono Chandogya e Brihadaranyaka.      Il canone Muktika ne consiglia un ordine di studio per arrivare alla liberazione, suddivide le upanishad in 10 maggiori e 98 minori e le classifica anche per ordine tematico.

Le 10 upanishad maggiori sono le seguenti:

Aitareya, Brihadaranyaka, Chandogya,  Isha, Katha, Kena, Mandukya, Mundaka, Prashna,           Taittirya. 

  1. Aiatareva: è una delle Upanishad più antiche. Vi si ritrovano i grandi temi della speculazione filosofica come l'identità di Atman e Brahman, unità originaria, la conoscenza come essenza dell'Assoluto, la creazione del mondo.    vedi link : https://www.gironi.it/testi-sacri/aitareya-upanishad.php#:~:text=Una%20delle%20Upanisha%20Vediche%20pi%C3%B9%20antiche%2C%20appartenente%20al%20ciclo%20del%20RgVeda.
  2. Brihadaranyaka: è una delle due più antiche ed è considerata una delle più importanti e recita così: Brahaman, Neti, Neti…. Quello che non si trova in questa upanishad non si trova in altre parti, quello che si trova altrove, si trova in questa upanishad.    vedi link
  3. Chandogya: è una raccolta di dialoghi teologici-filosofici ed è servita da riferimento al Brahma Sutra, il testo religioso composto in lingua sanscrita posto a fondamento del darśana hindū indicato come Vedānta. vedi link
  4. Isha: è breve e concisa e contiene l’essenza del Vedanta.
  5. Katha (storia, discussione): sottolinea che prima la liberazione si poteva otteneva col sacrificio, adesso anche con la conoscenza.
  6. Kena: sottolinea l'importanza del Jnana yoga lo yoga della conoscenza.
  7. Mandukya (la ranocchia): parla di un particolare tipo di yoga dove si resta immobili per sviluppare una forma speciale di meditazione. E' molto breve e si concentra sulla sillaba sacra AUM. rappresenta l’essenza di tutte le upanishad; studiarla e assimilarla è il solo modo per arrivare alla liberazione.
  8. Mundaka (testa rasata, testa tagliata): illustra un  percorso che port alla liberazione e che taglia le idee illusorie e inutili. Suddivide la conoscenza in inferiore e superiore.
  9. Prashna (domanda): questa upanishad contiene sei domande e le sei risposte fornite dal saggio Pippalada.   Le domande avevano per oggetto il prana, i deva, il mantra OM.
  10. Taittiriya: intercala inni, preghiere e mantra a supporto per la meditazione, presenta la prima elaborazione della teoria dei cinque corpi sottili: i kosha..

Molto importanti sono anche le seguenti upanishad:

  • la Karika redatta da Gaudapada che cerca di conciliare la filosofia vedanta con il buddhismo. 
  • la Yoga Tattva: appartenente al Krishna Yajur Veda che espone lo yoga delle otto membra. Parla delle anime individuali  jiva immerse nel mare dell’illusione maya.  vedi link

Commento delle Upanishad - Mauro Bergonzi

Evoluzione del pensiero filosofico religioso indiano nella tradizione vedica, lo yoga nella Bhagvad Gita, L’advaita vedanta di Shankara. - Presentazione di Mauro Bergonzi   https://sites.google.com/site/ilsorrisodellessere/satsang

Mauro Bergonzi è stato docente di “Religioni e Filosofie dell’India” presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” e socio ordinario della International Association for Analytical Psychology (I.A.A.P.) e del Centro Italiano di Psicologia Analitica(C.I.P.A.). Ha pubblicato articoli e saggi sui processi meditativi nel buddhismo antico, sulla psicologia del misticismo, sul simbolismo religioso, sull’incontro tra Oriente religioso e Occidente contemporaneo e sul dialogo interculturale fra psicologie sapienziali orientali e psicologia occidentale.

Le Upanishad non hanno una dottrina unica ed esprimono un pensiero connesso alla matrice mistica, nel testo si usa spesso un tono apodittico: "te lo dico, non te lo devo dimostrare". Contengono i semi del pensiero indiano, la Katha upanishad parla dello yoga  (VIII secolo a.c.).  Lo yoga e il proto samkhya (un altro sentiero filosofico indiano) hanno lo stesso substrato metafisico. La ​Bṛhadāraṇyaka e la Chandogya sono le due Upanishad più antiche. 

I due principi filosofici alla base delle Upanishad sono:

  • identità di Atman (il proprio vero sé) e Bhraman (la sostanza dell’universo), Non si può staccare il sé dall’universo, l'obiettivo è scoprire l’assoluto guardando dentro o fuori di noi, il principio dell’Uno – Tutto
  • il principio del karma, trattato nella Bṛhadāraṇyaka (libro 1. capitolo 4. verso 7), qui si  parla anche di nome e forma,  il concetto di nama (nome) e rupa (forma) è trattato anche nel buddhismo antico.

Conoscendo il Sé si conosce l’universo, l’universo è un tutt’uno unico e indivisibile, io mi identifico con la coscienza, il mio sé.   "Chi sono io?"    Sono l’universo che si manifesta con il mio pensiero. Il discorso è fatto di parole, ma le parole e i nomi focalizzano solo una parte della realtà, mentre la realtà non è fatta di pezzi staccati. Il nome mette un confine alla realtà e si perde il tutto, come un punto sulla lavagna. Noi siamo le onde, ed il mare esiste anche senza le onde, l’onda nasce e muore, noi crediamo di vedere solo la forma, ma vediamo la realtà.

Il sé non è una forma, senza l’io non posso percepire il resto, l’io è un esserci cosciente.  La coscienza osserva tutto, ma non può essere osservata, ma è certo che esiste. L’universo è un sistema auto-osservante, una parte che osserva e una parte osservata, ed ogni osservazione è incompleta. La coscienza è vuota di nomi e forme, la vera coscienza non ce la dà il pensiero, non si può separare il vedere dall’essere cosciente.  I sensi ci mostrano in ogni momento che noi siamo il tutto, il vedere e il sentire sono attività della coscienza, e noi ci identifichiamo con le attività della coscienza. Il principio assoluto non può essere rappresentato in una forma particolare. 

Chi è "risvegliato" è più potente degli dei (perché anche gli dei sono una manifestazione del Tutto). La coscienza comprende mondo, mente e corpo. Nella veglia la coscienza attiva la percezione del mondo, la mente con i relativi pensieri, e le sensazioni fisiche del corpo. E poi piano, piano  si comincia a pensare che la mente stia dentro il corpo e il corpo stia dentro il mondo. Nessuna percezione può contenerne un’altra. Quando andiamo a dormire blocchiamo le percezioni, sparisce il mondo, il corpo sta fermo e sparisce, solo la mente agisce nello stato di sonno e a volte crea pensieri. Rimane la coscienza, senza oggetti. Nello stato di sonno profondo senza sogni (rem), la coscienza è invisibile, è un tuffo in un mondo di energia.

I confini del sé sono illusori, in quanto coincidono con il mondo. L’ego è un’illusione. L’egoista ama un falso sé idealizzato, se si presenta in un certo modo, mentre il vero sé autentico è disprezzato. L'amore dal punto di vista monista è espressione di unità e tende ad eliminare il dualismo.

"Con che cosa si potrà conoscere il conoscitore?" Non si può.  Posso avere coscienza di qualcosa soltanto se siamo in due, io e quel qualcosa. La coscienza ci porta a  dire “ io sono questo e non sono quello", in quel momento si è creata la dualità tra mente - corpo e mondo. 

"Io sono, ci sono", questa è un'evidenza innegabile, l’unica cosa che non posso mettere in discussione, quindi  "L'Io sono" è esistenza e consapevolezza. Si manifesta con il corpo e la mente,  e finisce con il corpo.  Ma c’è qualcosa che sa che ci siamo, è questo è il purusha. La ricerca della liberazione ha lo scopo di comprendere che il nostro corpo fa parte di qualcosa di più grande.

Il sogno è collegato al desiderio, nello stato di sonno profondo, si manifesta ananda: che è lo stato di unità e completezza, non c’è più la coscienza di ciò che è interno e ciò che è esterno, i desideri cessano, solo il sé esiste. 

Esistono due livelli di manifestazione: quello del corpo-mente,  dell'io sono, e quello della  consapevolezza pura, dove c'è l'uno senza secondo.

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Che cosa è il purusha? In sanscrito significa "uomo" e "anima". Nel Ṛgveda (X, 81) esso designa il divino uomo primigenio, da cui deriva tutto ciò che fu, è e sarà.
Secondo il sistema filosofico Samkhya, i  due principi eterni, sono il Purusha e la Prakriti.
Il primo, Purusha,  rappresenta l’Energia Cosmica Spirituale, la coscienza cosmica impassibile ed immutabile, di cui nel microcosmo ritroviamo il riflesso nella coscienza di un individuo non identificata nella materia e nell’ego.
Il secondo, Prakriti, è la materia inerte primordiale, l’essenza di tutta la natura materiale.
Tutta la creazione può essere ricondotta a questi due principi, che coesistono in un’eterna dualità, opponendosi ad ogni tentativo di risoluzione o di unione. Per questo il Samkhya viene considerato come una filosofia dualistica (dvaita).
Quando il Purusha e la Prakriti entrano in contatto fra loro si manifesta l’universo.

Video in inglese molto interessante che spiega bene Purusha e Prakriti, vedi link https://www.atuttoyoga.it/purusha-prakriti/

sabato 2 aprile 2022

L'anomalie - Hervè Le Tellier

Anomalie, il romanzo di Hervè Le Tellier è un'eccezionale esplorazione delle nostre parti nascoste che ci sfuggono.  Pubblicato nel 2020 ha vinto premio Gouncourt nello stesso anno ( è il secondo libro più venduto in Francia dopo L'amante di Marguerite Duras). L'autore ha scritto il romanzo partendo dall'idea del doppio. I personaggi del romanzo sono dei passeggeri che si trovano a confrontarsi con il loro doppio tre mesi dopo un incidente aereo, e ciò farà scatutire riflessioni, portare alla luce aspetti nascosti della personalità. Un aereo in volo da Parigi a New York incappa in una grande turbolenza prima di atterrare. Tre mesi dopo lo stesso aereo, con gli stessi passeggeri e un identico equipaggio, rivive la stessa turbolenza ed atterra allo stesso aeroporto di New York. L'inspiegabile duplicazione spinge CIA, FBI e gli alti comandi dell'esercito a portare  l'aereo e i passeggeri in una base militare. I passeggeri atterrati tre mesi prima vengono sequestrati e anche loro portati in questa base dove ci sarà il confronto con il loro doppio. Ma durante quei tre mesi fatali, le vite di alcuni di loro sono cambiate per sempre: Tutti credevano di avere una vita segreta. Nessuno immaginava fino a che punto fosse vero.

L'autore parte dall'ipotesi scientifica di Nick Bostrom, che noi potremmo vivere in una realtà simulata frutto di un programma informatico. Tra i temi affrontati c'è anche questo: ma se noi siamo una simulazione chi è il programmatore?

Vi riporto alcune frasi del libro:

"Personne ne vit assez longtemps pour savoir à quel point personne ne s'intéresse a personne"

"Il ne faut tout simplement pas aimer un etre qui vous aime si peu"

"Toute gloire ne saurait etre qu'une imposture, sauf peut-etre dans la course à pied. Mais je suspecte quiconque affirme la dédaigner d'enrager d'avoir seulment du y renoncer.

"L'espoir nous fait patienter sur le palier du bonheur. Obtenons ce que nous espérions, et nous entrons dans l'antichambre du malheur."

"Pensez vous que nous soyons tous dans une simulation? Je n'en sais rien; pour paraphraser Woody Allen, je dirais que si c'est le cas, J'espere que le programmeur a une excuse. Parce que le monde qu'ils ont cree est tout de meme une sacrée horreur".

 "Oggi le relazioni si riducono a semplici connessioni, in un contesto in cui è possibile con pari facilità entrare e uscire, puri contatti senza impegno e responsabilità".  Fabio Guidi

 "Nessuno si interessa più degli altri senza un motivo, e alla fine siamo tutti soli".  Dal film Toglimi un dubbio di Carine Tardieu

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Hervé Le Tellier (1957 - ) è uno scrittore, poeta e linguista francese, membro dell'OuLiPo, il “Laboratorio di lettura potenziale” fondato nel 1960 da Raymond Queneau di cui Calvino stesso ha fatto parte.  Nato a Parigi, Le Tellier ha iniziato la sua carriera come giornalista scientifico, e si è unito Oulipo nel 1992. 

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Nick Bostrom è un filosofo svedese, noto per la sua teoria della realtà simulata che consiste  nell'asserisce che il nostro universo potrebbe essere solo un'illusione digitale. Il trilemma di Bostrom consiste in tre possibilità: la specie umana si estinguerà prima di raggiungere il livello postumano; la specie umana raggiungerà la postumanità, ma non avrà nessuna volontà di creare simulazioni digitali dell’universo;  i nostri discendenti non si estingueranno  e raggiungeranno un livello tecnologico post-umano che consentirà loro di creare simulazioni dei loro antenati indistinguibili, per le menti simulate, dalla vera realtà (Forse stiamo già vivendo in una simulazione computerizzata, forse facciamo tutti parte di un immenso videogioco e la nostra vita è solo un inganno ).
La fattibilità di questa terza via dipende dalle due premesse fornite da Nick Bostrom: in un futuro non si sa quanto distante sarà sicuramente possibile simulare la mente cosciente per via informatica; e avremo a disposizione la potenza di calcolo necessaria a simulare il mondo fin nei dettagli più microscopici, scendendo in alcuni casi anche al livello subatomico. Se non si accettano queste due premesse (che non sono affatto scontate), tutto il trilemma crolla.

Questa teoria pubblicata nel 2003, da diversi anni fa discutere i più noti pensatori di tutto il mondo; gli hanno anche dedicato una discussione di due ore durante l'Isaac Asimov Memorial Debate del 2016.

Il segreto dello zen (2) - Alan W. Watts

Nel testo  Lo zen. Un modo di vita, lavoro e arte in estremo Oriente, Alan Watts illustra il segreto dello zen. Lo zen asserisce che nessun Buddha può rivelare la verità a chi non sa vederla in se stesso. Uno dei principi importanti dello zen è che tutte le cose, anche le più semplici sono aspetti della natura-Buddha. L'uomo sul cammino spirituale non deve far altro che continuare la propria vita così come è. Se tutte le cose sono un aspetto della natura-Buddha o del Tao, perchè sforzarsi di raggiungere il Nirvana? (l'illuminazione). Hui Neng diceva: "la differenza tra un Buddha e un uomo sta nel fatto che il primo sa di essere un Buddha, l'altro non lo sa".  Nello zen è conosciuta la frase "Se incontri il Buddha uccidilo".

Lo zen spazzò via tutte le definizioni, le concezioni, i simboli e le rappresentazioni antropomorfiche del Buddha. Lo zen è un guardare dentro la propria natura senza nessuna dipendenza da concetti e parole. Anche qui troviamo una grande affinità con il taoismo: la vita quotidiana è il vero Tao, il Tao non può essere definito. La vita quotidiana, nella sua ripetizione monotona di eventi è qualcosa di inafferrabile e indefinibile. Più cerchiamo di afferrare il momento presente e più ci sfugge. Lo zen è un dimenticare l'io, un muoversi con la vita, vivere ai suoi ritmi,  senza cercare di interrompere il suo scorrere. La vita per lo zen e per il taoismo è un mutevole processo in continuo movimento. Verità e possesso sono illusori perchè si basano su qualcosa che non muta.  Il non attaccamento significa correre insieme alla vita.. 

Lo zen propone questa via del Buddha: "cessa di fare del male, impara a fare del bene, purifica il tuo cuore". Oltre che l'etica, indispensabile a vivere nella società, per praticare lo zen occorre una ferrea autodisciplina; per questo i maestri zen hanno sempre insistito su un severeo addestrramento preliminare alla pratica dello zen. 

La comprensione dello zen è rappresentata simbolicamente con 10 quadri che illustrano un uomo che cattura e pascola una mucca (che rappresenta simbolicamente la mente).

Lo spirito e la tecnica dello zen sono rimasti immutati nel corso del tempo, fino ad oggi. 
La tecnica zen è caratterizzata da due fattori inseparabili: il satori e il koan. Il satori è un'esperienza improvvisa, un rendersi conto della verità dello zen. Mentre il satori è la misura dello zen, il koan è la misura del satori. Koan letteralmente significa documento pubblico, ma in questo caso è un problema che non ammette una soluzione intellettuale. La risposta non ha nessun rapporto logico con la domanda, e la domanda è tale da mettere in imbarazzo l'intelletto.  Ogni koan  riflette il gigantesco koan della vita, per lo zen il problema della vita è superare le due alternative dell'affermazione e della negazione, che oscurano entrambe la verità. 
Nello zen lavorare sul koan è una forma di meditazione che richiede un grande sforzo mentale e spirituale. Il koan sembra così impenetrabile che il discepolo è stato paragonato ad una zanzara che cerchi di mordere un blocco di ferro. Bisogna dimenticare se stessi per fare il lavoro. In questo approccio si possono riscontrare delle somiglianze all'arrendersi dell'anima al Dio crisitiano o al Krishna indiano della Bhagavad Gita.
Per lo zen, e per tutte le religioni/filosofie orientali è essenziale acquistare il dominio della mente, e questo si consegue in primo luogo con l'esercizio del koan e con la meditazione Za-zen (che probabilmente deriva dallo yoga) per apprende a rilassare il corpo, non disperdere l'energia e dedicarsi alla risoluzione del koan. Lo scopo dello zen è quello di trasmettere ed insegnare saggezza e conoscenza a tutto il mondo, una volta che la si è appresa attraverso il ritiro e la solitaria meditazione.

La vita in una comunità zen (3) - Alan Watts

 In questo testo  Lo zen. Un modo di vita, lavoro e arte in estremo Oriente, Alan Watts illustra come si svolge la vita in una comunità zen.. 

Dopo l'illuminazione il Buddha formò il suo Ordine (sangha) di mendicanti senza dimora, che poi cominicarono a raccogliersi in comunità monastiche. Il monaco (bhikhu) aveva una elevata e importante funzione sociale che consisteva nel fare da guida, era un filosofo ed amico alla comunità. L'evoluzione della comunità zen come la vediamo oggi si deve al maestro Po-chang morto nel 814 dopo Cristo. In queste comunità non si viveva di elemosine, ma i monaci coltivavano riso ed altri vegetali per le necessità e l'autosufficienza del monastero. I lavori manuali non erano considerati degradanti e la vita era regolata da disciplina rigorosa, precisione e regolarità. 

Il cuore della vita di queste comunità era ed è la sala della meditazione (semmon dojo) decorata con l'altare del Buddha (butsudan) dove si svolge la pratica della meditazione za-zen. La durata della meditazione è regolata dalla durata di un bastoncino d'incenso, mentre i monaci meditano, due monaci sorvegliano gli altri, e quando notano qualcuno assonnato lo riportano alla coscienza colpendolo con un bastone chiamato keisaku. Durante il giorno il maestro del monastero incontra i monaci per vedere a che punto sono con i loro koan (quesiti senza una soluzione logica) e periodicamente vengono organizzate conferenze più formali (teisho) sul significato di testi zen e sulla recitazione di sutra (insegnamenti del Buddha). 

Lo zen cerca il valore religioso e l'illuminazione nelle faccende quotidiane mentre spesso gli uomini cercano la spiritualità al di fuori della vita quotidiana. Lo zen cerca di essere in armonia con la vita secondo la quale tutti gli esseri sono potenzialmente Buddha. Molti monaci dopo avere ottenuto la qualifica di maestro lasciano il monastero e ritornano alla consueta vita del mondo cercando di portare avanti il compito del Bodhisattva che è quello di aiutare gli esseri ad uscire dal samsara (il ciclo delle rinascite) e dalla sofferenza. Come dice il buddhismo: "non c'è luogo dove l'uomo possa sfuggire al proprio karma, Il karma dell'uomo viaggia con esso".

L'Oriente associa la saggezza alla conoscenza psichica e spirituale e non alla fisica come in Occidente; e questa saggezza viene tenuta segreta e trasmessa solo ai discepoli più fidati. Come conseguenza solo pochi individui potranno raggiungere l'illuminazione e la trasformazione sociale si avrà solo dopo parecchie migliaia di anni. I tre più famosi esponenti dello zen, Bodhidarma, Lin-chi e Te-shan, sono tutti caratterizzati da immuntabile equanimità, sconfinata pietà, vitalità ardente e in un certo senso spietata.  

Lo zen ha influenzato la civiltà dell'estremo Oriente in due direzioni: nell'estetica e nell'arte militare.  Da una parte ispirò la poetica, la cerimonia del té (cha-no-yu), l'arte del giardinaggio, la pittura, la poesia, e l'architettura giapponese, dall'altra produsse il ju-jutsu (judo), il kenjutsu (scherma) e il bushido (il codice cavalleresco dei samurai). Tutte queste forme espressive o discipline  erano caratterizzate dall'eliminazione degli elementi non essenziali e "dall'economia dello sforzo".  Anche qui ci sono delle affinità con il taoismo, e con il principio del wu-wei, che insegnava ad arrivare all'azione attraverso la non azione. Nel Tao Te Ching è riportato: "Un vento molto forte non dura tutto il mattino, uno scroscio di pioggia non dura tutto il giorno. Tale è il corso della natura, E se la natura stessa non può sostenere a lungo i suoi sforzi, quanto meno lo potrò l'uomo".   E ancora.  "l'abile viaggiatore non lascia traccia, l'abile parlatore non dice una parola di troppo". 

La pittura zen è famosa per il suo minimalismo, poche pennellate per rappresentare un soggetto, mare o prato, ecc. Per quanto riguarda la cerimonia del tè, essa veniva associata alla fuga temporanea dalle preoccupazioni e le dispersioni mentali, un momento di contemplazione della bellezza nella natura e nell'arte. La casa del tè (chaseki) si trovava in un angolo del giardino quasi nascosta, in armonia con la natura, con l'ingresso basso, dove tutti dovevano inchinarsi umilmente per entrare. 

Non bisogna però associare lo zen al solo puro sentimentalismo, perchè è stato la base anche del kenjutsu, l'arte della scherma e del bushido, la via del guerriero dei samurai, i quali visitavano spesso i maestri zen, per raccogliere le forze per andare avanti senza voltarsi a guardare. Lo zen insegnava loro come la vita e la morte fossero solo aspetti della medesima esistenza, e come si potesse dimenticare l'io nella sua unità con la vita.

Lo zen è un contatto immediato con la vita, un completo fondersi dell'io e della vita in una unità assoluta, è l'io che scorre con il flusso della vita e diventa un tutt'uno con esso. Quando l'uomo capisce che ciò che inseguiva era solo l'immagine irreale dell'unico vero Io, di ciò che sempre fu, è e sarà, ha trovato l'illuminazione.

venerdì 1 aprile 2022

Il Blog Lameditazione.com

Ho trovato molto interessante questo blog sulla meditazione e la spiritualità . Vedi link:  https://lameditazione.com/ 

L'autore, che si fa chiamare DharmaBlogger, condivide insegnamenti, libri e tecniche che ha trovato utili nel suo percorso spirituale. E' uno spazio aperto al  confronto, uno stimolo di riflessione e  di ispirazione.

Dopo un pò di anni trascorsi ad approfondire lo studio di queste “tradizioni orientali”, a leggere libri sulla spiritualità, a frequentare ritiri intensivi di meditazione, corsi e seminari, e scaldare cuscini per ore e ore, qualunque essere umano che abbia ancora del “sale in zucca” non può fare a meno di porsi questa domanda: "Masturbazioni spirituali o qualcosa di più? "    

Nel blog troverete la risposta a questa e ad altre domande, come ad esempio le seguenti:

  • -Si possono davvero coltivare con successo le qualità più nobili dell’essere umano – saggezza, consapevolezza, gentilezza – senza dover dedicare interamente la propria esistenza alla pratica spirituale o far ruotare attorno ad essa tutte le scelte fondamentali della nostra vita?
  • -Posso davvero sperare di veder accrescere le qualità migliori e più salutari della mente e del cuore – presenza mentale, comprensione e compassione – fintantochè continuo a vivere circondato dai modelli correnti (materialismo, consumismo, competizione…) imposti dal paesaggio culturale che ci circonda?

giovedì 31 marzo 2022

Mettiamo l'altruismo al centro del dibattito!

Meno di un mese prima delle elezioni presidenziali francesi, l'associazione Karuna-Shechen propone di mettere l'altruismo al centro del dibattito! Nelle prossime settimane, affronteremo argomenti che ci sembrano essenziali, ma che sono spesso lasciati fuori dai dibattiti e dai media.
L'idea non è quella di prendere le parti di un candidato o di un altro, ma piuttosto di riflettere insieme su come possiamo impegnarci, individualmente e collettivamente, come società, contro la sofferenza degli animali, la povertà estrema e la crisi climatica.  Il principio?
Matthieu Ricard parla con esperti in ciascuna delle aree elencate sopra, per ispirarci a impegnarci, sia individualmente che collettivamente.

Per scambiare e discutere su questo argomento, visitate il nostro evento Facebook: https://www.facebook.com/events/5197039697026987/?ref=newsfeed
Per saperne di più sui prossimi eventi del movimento "l'altruismo al centro del dibattito", vai qui: https://karuna-shechen.org/fr/actualite/laltruisme-au-coeur-du-debat/

Questo evento su Facebook è uno spazio di scambio e di dibattito. Il programma include 3 tavole rotonde online:
Giovedì 24 marzo - Impegno contro la sofferenza animale, con Matthieu Ricard, Hugo Clément e Brigitte Gothière, fondatrice dell'associazione L214. https://www.youtube.com/watch?v=wofnoW-fTxk
Giovedì 31 marzo - Impegnarsi contro la povertà estrema, con Matthieu Ricard e Xavier Emmanuelli, il fondatore di SamuSocial de Paris. Vedi:   https://www.youtube.com/watch?v=wTGcMRJNmhE 
Giovedì 7 aprile - Impegnarsi nella crisi climatica, con Matthieu Ricard e Catherine Le bris, specialista in diritto ambientale.  https://www.youtube.com/watch?v=q2dYZy4CWpI                                                     https://www.matthieuricard.org/blog/posts/s-engager-face-a-la-crise-climatique-de-l-indifference-a-l-altruisme-authentique

Come suggerisce Matthieu Ricard, "senza saggezza, la compassione è cieca, senza azione la compassione è sterile". Tutti possono impegnarsi con la sofferenza degli animali, la povertà estrema e la crisi climatica. Che si tratti di un vicino, di un membro della famiglia o di un estraneo, dobbiamo agire per costruire un mondo più giusto per noi stessi, per gli altri, per il pianeta.

RISORSE. 

Fondata nel 2000 da Matthieu Ricard, Karuna-Shechen realizza progetti umanitari per le popolazioni svantaggiate in India, Nepal e Tibet. Ogni anno, più di 380.000 persone nelle regioni himalayane beneficiano dei progetti dell'associazione.

mercoledì 30 marzo 2022

Simposium sullo yoga organizzato dall'European Yoga Federation

Carissimi, nei giorni 8-9-10 Aprile si terrà il secondo Simposio della European Yoga Federation.

 La pertecipazione è gratuita. 22 paesi partecipanti,14 Workshops, 32 conferenzieri e Special Guests con momenti Musicali e di danza indiana. Per assicurarvi il posto potete iscrivervi seguendo questo link: https://beyogabeyond.weebly.com  e premere sul tasto Register Today

 

Emergenza Ucraina - Gruppo India

Riporto l'appello della ONLUS Gruppo India, per l'Emergenza Ucraina - Aiutiamo i profughi ucraini.


Rinnoviamo il nostro appello a sostenere l’accoglienza di tante persone, specie donne e bambini, che hanno dovuto abbandonare il proprio Paese sotto la minaccia delle bombe e della devastazione.

Il Gruppo India, in questo frangente, si è subito attivato per dare il proprio aiuto a realtà ben conosciute, prima in Romania e subito dopo anche in Polonia, che si stanno prodigando per accogliere i profughi ucraini dando loro ospitalità e generi di prima necessità. Stiamo inviando gli aiuti ricevuti in Romania a Sighet (meno di 3 km dal confine con l’Ucraina) e in Polonia a Goslawice. Abbiamo ricevuto, negli ultimi giorni, prime testimonianze da padre Nevola e da suor Paula di cui, con piacere, condividiamo alcuni stralci.

I profughi dall’Ucraina transitano attraverso il varco di frontiera di Sighet, città rumena della Transilvania, nella quale il Gruppo India sostiene da circa vent’anni case-famiglia dell’Associazione italo-rumena “Il Quadrifoglio”, per minori orfani o con gravi realtà familiari. Attraverso quest’associazione, sono stati accolti nelle strutture delle case-famiglia, circa un centinaio di profughi… Nelle case-famiglia l’accoglienza è cordiale. Sono state allestiti i servizi essenziali per far stare a proprio agio ogni giorno una quarantina di persone. È un minimo di sollievo, a fronte di disagi inimmaginabili, che non hanno risparmiato nemmeno i neonati. Quanto durerà l’emergenza? Dipende dagli sviluppi della guerra e non solo, saranno determinanti i tempi dalle ricostruzioni e delle reali riprese economiche, al di là delle promesse che si ascoltano in questi giorni. La sensazione che si respira, stando lì in frontiera, è che l’emergenza durerà ancora a lungo.  Padre Nevola.

Suor Paula è la direttrice di un’altra casa famiglia di Cluj Napoca (Romania) che sosteniamo da tempo. Lei si è fatta portavoce dell’opera di assistenza che stanno vivendo le sue consorelle della congregazione “Maica Domnului” (Madre di Dio) sempre a Sighet. Tramite suor Paula, abbiamo fatto arrivare il vostro dono anche a questa realtà…   I rifugiati dalla Ucraina, più di 400.000 fino ad oggi, sono passati in Romania e poi verso altri paesi occidentali. Si trovano ancora da noi più di 80.000, tra quali, 30.000 sono bambini. Li abbiamo ricevuti con braccia aperte … alloggio, cibo, medicine, cure mediche e tutte le cose necessarie per loro, anche aiuto psicologico e spirituale. La nostra Comunità della “Madre Addolorata” ha ricevuto rifugiati ucraini sin dal primo giorno, specialmente mamme con bambini (molti piccoli): come si liberano posti, vengono altri a occuparli, specialmente durante la notte o alla mattina presto. Sono sfiniti di fatica e di fame, sono gelati perché qui fa ancora molto freddo. Le nostre suore di Sighet hanno ricevuto aiuto dalla nostra Comunità di Cluj e da molti volontari giovani, tra i quali i nostri seminaristi di Cluj e di Blaj… con la grazia di Dio e nella fede, viviamo la fraternità e la condivisione dei beni materiali e spirituali, implorando tutti insieme, il dono della pace, che adesso desideriamo di più.   Suor Paula

Proprio in Ucraina il Gruppo India sostiene anche una comunità di Suore Canossiane a Vinnitsa, nelle loro attività di supporto alle famiglie più povere e con adozioni-borse di studio. Allo scoppio della guerra la Madre Generale, preoccupata per l’incolumità delle sue suore, le aveva sollecitate a lasciare il paese: suor Monica a rientrare in India, suor Wieslawa, cittadina polacca e suor Elizabeth, indiana ma in possesso di regolare visto per quel Paese, a raggiungere le sorelle in Polonia. Ma queste coraggiose donne consacrate hanno chiesto di poter rimanere a Vinnitsa, per aiutare il parroco nell’accoglienza dei primi profughi che arrivavano. Ora il flusso si sta spostando verso altre zone e a Vinnitsa la situazione profughi non è più così critica. Probabilmente nel prossimo periodo (dopo la consacrazione alla Madonna di Fatima di Russia e Ucraina il 25 marzo) suor Wieslawa e suor Elizabeth raggiungeranno le  consorelle a Goslawice (in Polonia, sulla strada che da Leopoli si dirige fuori dall’Ucraina); proprio qui a Goslawice sta arrivando la terza parte del dono della grande famiglia del Gruppo India per l’assistenza ai profughi.
Facciamo nostro l’invito di suor Paula ed invochiamo, con fede e con determinazione, la pace con le parole di papa Francesco: Mai la guerra! Pensate soprattutto ai bambini, ai quali si toglie la speranza di una vita degna: bambini morti, feriti, orfani; bambini che hanno come giocattoli residui bellici… In nome di Dio, fermatevi!     Continuiamo a pregare per la pace e manteniamo vivo questo flusso di carità fraterna verso il popolo ucraino.

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Il Gruppo India è stato fondato da Padre Pesce nel 1980.  Istruzione e scolarizzazione, accesso all’acqua potabile, cura della lebbra e della malaria, alimentazione per i bambini denutriti, valorizzazione e organizzazione delle donne e costruzione di comunità intertribali solidali, sono alcuni degli obiettivi del Gruppo India. Il Gruppo India è un ponte d'amore costruito attraverso la solidarietà e la condivisione di quanti credono che un nuovo mondo è possibile.

sabato 26 marzo 2022

Jung e il sacro

Carl Gustav Jung (1875-1961) è stato uno psichiatra, psicoanalista, antropologo, filosofo e accademico svizzero, una delle principali figure intellettuali del pensiero psicologico e psicoanalitico.

Che cosa è il sacro? Per Jung è lo strato superficiale dell’abyssos, il senza fondo della profondità psichica. E’ l’indefinibile senso che l’uomo può vivere solo con il categoriale. È una totalità di senso che sfugge ad ogni tentativo di definizione.  Questa totalità di senso rappresenta l’indefinibile aldilà, dove le opposizioni vengono meno. Il sacro è qualcosa che nasce dal profondo della psiche (coscienza) ponendo l’individuo in contatto con questa totalità transpersonale (Sé) e con il mondo archetipico. Oggi il sacro perde il carattere di potenza numinosa e mantiene quello di lontananza inaccessibile ed inesauribile della totalità di senso. La forza afferrante è una caratteristica del sacro..

Il profano, invece, è qualcosa di cui si conosce l’origine, comprensibile a livello discorsivo. L’atteggiamento religioso costituisce la schermatura del sacro ed i riti rendono il rapporto con il numinoso sopportabile.  Oggi  molti di questi riti sono diventati un puro formalismo.

Quale è lo scopo della vita? E’ il cercare di entrare in contatto con il numinoso, cogliendo il significato profondo della vita che fa parte di una cosmicità, di una cultura, di una civiltà. L'individuo deve cercare di scoprire il più possibile di questo inconscio e renderlo conscio, favorire il processo di individuazione  scoprendo la parte più autentica di se stessi ( il Sé) attraverso il raggiungimento della personalità ( che spesso si esprime, ma non la si conosce abbastanza).

L’Io rappresenta l'aspetto razionale della persona e la coscienza, la partecipazione della persona al cosmico,  il Sé è il nucleo più profondo del nostro essere, dell’energia creatrice, è identificato con l’essenza della persona caratterizzata da qualcosa che pulsa dentro. Il Sé è l’imago dei ma non può essere messo al posto di Dio.  È l’unica rappresentazione possibile per la psiche di quella entità inconscia e sconosciuta che chiamiamo Dio.  Il senso dell’infinito è un drammatico vissuto psichico, non un astratto concetto metafisico.

La psicologia analitica cerca di recuperare la totalità di senso profondo (che trascende il singolo individuo), è un cammino religioso e un confronto con il sacro. Recuperare il senso religioso dell’esistenza significa  mettere l’anima in grado di percepire la totalità di senso. Il cammino di maturazione e individuazione diventa una risposta agli enigmi della vita.

La vita è una pianta che vive del suo rizoma, la vera vita è invisibile, qualcosa che vive e dura oltre questo eterno fluire. Per Jung la vita è una realizzazione dell’inconscio, che è qualcosa di oggettivo e che contiene l’Io. L'Inconscio è la sorgente profonda di eventi psichici e la trascendentale totalità di senso che è dietro e entro l’individualità. Jung divide l'inconscio in individuale e collettivo (dove sono memorizzate le qualità ereditate e gli istinti). L'archetipo, invece,  è una struttura, il solco formatosi nei millenni, contenente immagini trasmesse ereditariamente nella struttura del cervello, contenuto nell’inconscio collettivo. Immagini primordiali nate dalla sintesi tra psiche e mondo. Non sono io che vivo, ma è la vita che è in me, la coscienza mi fa dire che vivo (e questa è l'illusione dell’Io). Le immagini nascono dal rapporto tra esperienza psichica e fisica, la vita immaginale della psiche nasce dal rapporto di adattamento al mondo e dall'assimilazione.

Noi non possiamo parlare dell’oggetto in sé, ma della sua immagine e viviamo solo nel mondo delle immagini, le immagini si concretizzano secondo il rapporto di adattamento psiche - mondo, e l’esperienza è un fatto psichico filtrato.  La coscienza è l’assimilazione di ogni contenuto mentale attraverso i sensi. L’energia che sta alla base della vita psichica cosciente è preesistente ad essa e man mano che ci avviciniamo alla coscienza prende forma di mana, dei demoni. Se asseriamo che Dio è un archetipo diciamo che non può essere una invenzione della coscienza.

Dobbiamo constatare l’invarianza di immagini (mitemi) che provengono dal profondo, e l'invarianza di strutture archetipiche costituenti i simboli. Il simbolo unisce conscio e inconscio, immagine e struttura archetipica, e questo rimando dall’immagine alla struttura archetipica è un rimando infinito. Il simbolo va oltre il linguaggio e non può quindi essere espresso in concetti. Se c’è cambiamento nella vita psichica vuol dire che l’inconscio ha lungamente agito nell’inconscio.

sabato 19 marzo 2022

Il gusto di essere altruisti - Matthieu Ricard

Il gusto di essere altruisti, il testo scritto da Matthieu Ricard è diviso in tre parti:

  •  La definizione generale di empatia, 
  •  L’empatia secondo Matthieu Ricard, 
  •  Il collegamento tra empatia, altruismo e felicità.

Parte 1- Definizione di empatia.  L’empatia è la capacità di comprendere a pieno lo stato d'animo altrui, sia che si tratti di gioia, che di dolore. Il significato etimologico del termine è "sentire dentro", ad esempio "mettersi nei panni dell'altro", ed è una capacità che fa parte dell'esperienza umana ed animale. La capacità di immedesimarsi nella situazione di un’altra persona o, più esattamente, di comprendere immediatamente i processi psichici dell’altro.  

L’empatia è una risorsa fondamentale per rinforzare i legami sociali che, a loro volta, sono fondamentali per il benessere psicofisico. Provare empatia aiuta a migliorare le nostre relazioni, rendendole più sincere e profonde, e ad instaurare un senso di intimità con l’altro. L’empatia è la capacità di comunicare efficacemente con chi sta soffrendo. Non sono abilità scontate, tuttavia, secondo ricerche recenti, possono essere apprese e sviluppate. Secondo il manuale diagnostico dei disturbi mentali (DSM-5), bassi livelli di empatia o una mancanza totale di questa possono essere sintomi di narcisismo o antisocialità. Comunque, essere poco empatici non significa in automatico avere un disturbo di personalità. Per una diagnosi di questo tipo è necessario, infatti, mostrare una serie di pensieri e comportamenti peculiari e pervasivi, di cui l’assenza di empatia è solo un aspetto.

Come si fa a mostrare empatia?  Il punto principale da tenere in considerazione quando, chi sta soffrendo, si confida con noi è non banalizzare. Glen Gabbard, noto psichiatra americano, ha sostenuto che in una psicoterapia con persone depresse, cercare di incoraggiare il paziente focalizzandosi sugli aspetti positivi è controproducente. Dire, per esempio “lei non ha motivo per essere depresso, ha molte qualità” sortirebbe l’effetto di far sentire l’altro ancora più solo e incompreso. Al contrario, un buon modo di stare vicino a una persona depressa consiste nel trasmettere l’idea che esistano molti buoni motivi per essere tristi e che quella sofferenza ha senso di esistere.

Si può imparare a essere più empatici?   La risposta è sì (anche se non è semplice). Alcuni studi hanno dimostrato che perfino persone con autismo – un disturbo che include deficit nell’interazione e comunicazione sociale, ridotta condivisione di interessi, emozioni e sentimenti – possono imparare a mostrare più empatia nelle relazioni sociali attraverso un allenamento specifico.  L’idea è immedesimarsi nell’altro e assumere la sua prospettiva, tenendo conto del suo contesto e della sua storia di vita. Il ricercatore scozzese David Jeffrey sostiene che professionisti in ambito medico dovrebbero fare un uso maggiore dell’empatia nella relazione con i pazienti.

Le attività in grado di aumentare le capacità empatiche sono: meditazione, scrittura creativa, ‘role playing’.  In particolare, il ‘role playing’ consiste nel giocare a recitare la parte della persona che sta soffrendo, in modo da assumere la sua prospettiva e comprenderla a fondo. È possibile aumentare le capacità empatiche anche costruendo una storia su un personaggio immaginario. Seguire in prima persona le vicende del protagonista del racconto che inventiamo induce a immedesimarsi in un punto di vista diverso dal proprio e a “esercitarsi” nel provare empatia per le vicende che affronta. Infine, la meditazione e i corsi di mindfulness sembrano essere utili per entrare più a contatto con le proprie e altrui emozioni in modo non giudicante. Per concludere, l’empatia è una capacità innata, legata a specifici circuiti cerebrali, che tuttavia può essere allenata e migliorata nel tempo, al fine di connetterci in maggior misura agli altri e favorire l’intimità.

Le esperienze della tenera età, i modelli educativi e il contesto sociale debilitano questa meravigliosa capacità a favore di un egocentrismo sociale molto marcato. Una ricerca realizzata presso l’Università del Michigan ci dice che gli universitari di oggi sono un 40% meno empatici degli studenti degli anni ’80 e ’90.   Al giorno d’oggi la vita ha così tanti stimoli e distrazioni per i giovani e i meno giovani che è diventato difficile essere pienamente consapevoli del momento presente e persino della persona che abbiamo davanti a noi. La gente è più attenta ai suoi dispositivi elettronici che ai sentimenti altrui, e questo è un  problema su cui dobbiamo riflettere. Il tempo passato sui social misura l’inadeguatezza di noi stessi, l’incapacità di affrontare la vita reale. Il tempo passato sui social network è un parametro spesso associato alla depressione.

Parte 2 - L’empatia secondo Matthieu Ricard.   Monaco buddista da quasi quarant'anni, Matthieu Ricard utilizza la sua duplice formazione in discipline scientifiche e filosofiche occidentali e in quelle contemplative e meditative orientali per dimostrarci che, nell'era della globalizzazione, l'altruismo non è un pensiero utopico, ma una necessità, e che una vera attitudine altruista può avere un dirompente effetto positivo sulle nostre vite a livello individuale e, di conseguenza, sull'intera società. L'appello di Matthieu Ricard, ripreso dai principali economisti e pensatori, tra cui Amartya Sen e Joseph Stiglitz, è il frutto di anni di ricerche, esperienza, osservazione e riflessione. 

L'empatia è un termine che è stato sempre più utilizzato dagli scienziati e nel linguaggio comune ed è generalmente confuso con l'altruismo e la compassione. La parola empatia comprende in realtà diversi stati mentali diversi. La parola empatia è una traduzione della parola tedesca Einfühlung che si riferisce alla capacità di "sentire gli altri dall'interno". E 'stato utilizzato in primo luogo dal psicologo tedesco Robert Vischer nel 1873 per designare un oggetto esterno a cui si era soggettivamente identificati, poi il filosofo Theodor Lipps ha ampliato questo concetto per descrivere la sensazione di un artista che attraverso la sua immaginazione si proietta non solo su un oggetto inanimato, ma anche sull'esperienza di qualcun altro.  L'empatia può essere innescata da una percezione affettiva dei sentimenti degli altri o dall'immaginazione cognitiva di ciò che hanno vissuto. In entrambi i casi la persona fa una chiara distinzione tra ciò che sente e ciò che sente l'altro, che è diverso dal contagio emotivo durante il quale detta differenziazione è imprecisa. L’empatia affettiva appare dunque spontaneamente quando entriamo in risonanza con la situazione dei sentimenti di un'altra persona, con le emozioni che si manifestano attraverso le espressioni facciali, lo sguardo, il tono della voce e del comportamento.

La dimensione cognitiva dell'empatia è nata evocando mentalmente un'esperienza vissuta da qualcun altro, immaginando ciò che quella persona prova e come è influenzata dall'esperienza o immaginando ciò che sentiremmo al suo posto. Empatia potrebbe portare ad una motivazione altruistica, ma anche, quando ci si confronta con la sofferenza degli altri, generare una sensazione di impotenza e il desiderio di evitare la situazione.  L'empatia cognitiva senza altruismo può anche portare alla strumentalizzazione dell'altra persona sfruttando le informazioni che fornisce sul suo stato mentale e sulla situazione. Portato all'estremo è una delle caratteristiche degli psicopatici. I significati attribuiti da diversi pensatori e ricercatori alla parola "empatia" così come ad altri concetti simili come la compassione sono molto vari e possono quindi essere fuorvianti. Tuttavia, la ricerca scientifica condotta da 70-80 anni, soprattutto da psicologi come Daniel Batson, Jack Dovidio e Nancy Eisenberg, e più recentemente da neuro-scienziati come Jean Decety e Tania Singer, hanno contribuito a chiarire le sottigliezze del concetto e analizzare i suoi collegamenti con l'altruismo. 

Lo psicologo Daniel Batson (psicologo sociale americano) ha mostrato che i diversi significati della parola "empatia" alla fine portano a due domande: "come posso sapere che cosa pensa e sente un altro essere?" e "quali sono i fattori che portano a preoccuparsi di qualcosa che capita e rispondere con gentilezza e sensibilità? ".  Batson ha elencato otto diverse forme della nozione di "empatia" che sono correlate, ma senza costituire diversi aspetti dello stesso fenomeno. Analizzandoli, ha concluso che solo una di queste manifestazioni che chiama "gentilezza empatica" è necessaria e sufficiente per generare una motivazione altruistica.

L'empatia affettiva consiste, quindi, nel risuonare con i sentimenti dell'altra persona, sia di gioia che di sofferenza. Tuttavia, questo processo è distorto dalle nostre stesse emozioni e dai nostri pregiudizi che agiscono come filtri.

Parte 3 - Collegamento tra empatia, altruismo e felicità. Nel mondo che celebra la competizione, Matthieu Ricard ci propone la sua lettura dell'altruismo: non virtù individuale bensì come comportamento utile alla nostra vita e a quella di tutta la società.   «In un'epoca di sfide come la nostra, una delle maggiori difficoltà sta nel riuscire a conciliare gli imperativi di economia, ricerca della felicità e rispetto dell'ambiente. Imperativi che corrispondono rispettivamente al breve, medio e lungo periodo e cui si sovrappongono tre diversi tipi di interessi: i nostri, quelli di chi ci è vicino e quelli di tutti gli esseri viventi

Quando si prova benevolenza, la mente tutta intera finisce per essere impregnata in questo sentimento, la disponibilità verso gli altri sarà rafforzata e sarete capaci di accogliere le sofferenze degli altri in maniera costruttiva, questo non è il caso dell’empatia, che può portare la persona che la prova ad una forma di angoscia. 

L'amore altruistico può essere definito come "il desiderio che tutti gli esseri trovino la felicità".  Questo desiderio altruistico è accompagnato da una disponibilità costante per gli altri e dalla determinazione di fare tutto ciò che è in nostro potere per aiutare ciascuna persona ad ottenere la loro autentica felicità.

La compassione è la forma che l'amore altruistico assume di fronte alla sofferenza degli altri. Il buddhismo lo definisce come "il desiderio che tutti gli esseri siano liberi dalla sofferenza e dalle sue cause". Questa aspirazione deve essere accompagnata dall'applicazione di tutti i mezzi possibili per porre rimedio a tali tormenti. L'empatia è la capacità di entrare in risonanza affettiva con i sentimenti degli altri e di prendere cognizione della loro situazione. L'empatia ci avvisa soprattutto della natura e dell'intensità della sofferenza che altri sperimentano. È possibile affermare che ciò catalizza la trasformazione dell'amore altruistico in compassione.

L'altruismo salverà l'umanità anche dal punto di vista economico. E adesso, per fare in modo che le cose cambino in fretta, bisogna osare l'altruismo:

  • Osar dire che il vero altruismo esiste,  che può essere coltivato da ciascuno di noi.
  • Osare anche insegnarlo nelle scuole come strumento per realizzare il nostro innato potenziale di benevolenza.
  • Osare affermare che l'economia non può accontentarsi della voce della ragione e dello stretto interesse personale.
  • Osar prendere seriamente in considerazione il futuro delle generazioni a venire.
  • Osare, infine, proclamare che l'altruismo non è un lusso ma una necessità.

Lo zen (1) - Alan W. Watts

 In questo testo  Lo zen. Un modo di vita, lavoro e arte in estremo Oriente, Alan Watts illustra che cosa è lo zen, un cammino spirituale che non richiede teorizzazione, dottrina o formalità, ma si basa sulla pratica personale e sull'esperienza diretta della realtà. 

 La concentrazione, l'economia di forza, la mente controllata nell'affrontare gli eventi della vita, sono i punti fondamentali dello zen. Questa filosofia orientale contiene al suo interno la quiete del culto del tè, la vita semplice a contatto con la natura, ma anche la forza quando si esprime nelle arti marziali come lo Ju-Jutsu o il Kenjutsu, che pure hanno una loro calma di fondo. Quest'opera di Alan Watts è stata una delle prime ad introdurre al vero spirito del buddhismo zen, ormai molto diffuso in Occidente e che si è rivelato stimolante non solo per rivivificare il nostro mondo culturale, ma anche per proporre all'individuo un itinerario di trasformazione dei rapporti umani.

 Ci sono poche testi che cercano di esporre in maniera organica gli insegnamenti dello zen. I maestri zen si caratterizzano per esprimere saggezza nel completo disdegno della logica ed i loro insegnamenti sono costellati da storie completemente paradossali. Cercano di andare al di là delle parole per penetrare la vera realtà. Del resto anche il Buddha non descrisse mai l'illuminazione, ma si limitò semplicemente a descrivere la via e purtroppo molti dei suoi fedeli si sono limitati ad osservare il dito, piuttosto che andare verso il luogo che indicava. 

La parola zen in giapponese, deriva dal cinese ch'an, che è la traduzione di dhyana in sanscito che vuol dire meditazione. Ciò vuol dire arrivare ad elevati stati di coscienza, che nello yoga si raggiunge in isolamento, mentre nello zen attraverso un lavoro quotidiano. Quindi la parola zen significa illuminazione, ed include anche la via per raggiungerla. Lo zen fu portato in Cina da Boddhidarma e fu trasmesso in modo diretto, da maestro a discepolo e bisogna precisare che nessun insegnamento del Buddha fu riportato per iscritto fino a 150 anni dopo la sua morte. Il buddhismo Theravada o Hinayama (la via degli antichi) accetta solo la versione Pali conosciuta come Tipitaka (i tre canestri). Mentre il buddhismo Mahayana accetta la versione in sanscrito che è stata più volte elaborata e modificata. Il Mahayana si diversifica in vari modi che vanno dal ritualismo tibetano alla semplicità dello zen giapponese. L'insegnamento buddhista propone all'essere umano il percorso che porta dal dolore al Nirvana, all'estinzione dell'egocentrismo e del dolore, passando per il riconoscimento dell'illusione dell'io, e l'applicazione della compassione (karuna).  L'Hinayana nega l'esistenza di un io, tutti gli esseri umani sono anatta (senza io) e anicca (senza continuità) mentre il Mahayana trova l'io nell'interrelazione delle cose e disegna il concetto di vuoto (sunyata) che è completamente diverso dal nulla.  Nel Mahayana una volta arrivati all'illuminazione ci si trasforma in bodhisattva e si cerca di aiutare gli altri esseri umani ad uscire dal ciclo del samsara (rinascite). Lo zen proclamò che nirvana e samsara sono la stessa cosa, il nirvana è qui e ora in mezzo al samsara.

Bodhidarma, questo vecchio scontroso che portò lo zen in Giappone, era portatore di una saggezza non esprimibile a parole, ed influenzò la cultura giapponese più di qualsiasi altro fattore, C'è una grande affinità tra il taoismo e lo zen in quanto entrambi, non prendono troppo sul serio il mondo oggettivo, e si fanno beffe dell'intelletto e del convenzionalismo. Lao Tzu, il supposto fondatore del taoismo, sembra sia stato contemporaneo del Buddha. Nello zen c'è molta ironia e spesso anche i maestri zen sono ritratti come piccoli uomini, grassi, calvi e piegati su un bastone. E in quelle piccole creature si manifesta la sublime natura-Buddha. I maestri zen non volevano saperne di concetti, perchè pensavano che il concetto creava una barriera con le cose stesse, e pensare alle cose che sono in continuo movimento, è un modo per perderle. Anche in questo si avvicinano al taoismo, il cui motto è "Il Tao che si può definire a parole non è il vero Tao". Dopo la morte di Bodhidarma, segui una serie di cinque patriarchi, l'ultimo dei quali fu Hui Neng, e fu lui a pronunciare Il sutra del sesto patriarca. L'unico sutra pronunciato da un cinese (gli altri sono stati tutti attribuiti al Buddha) in cui viene spiegato, tramite un racconto, di come Hui Neng arrivò a comprendere lo zen. Il metodo proposto fu quello della comprensione improvvisa, anzichè graduale. L'insegnamento dello zen espresso in questi versi:            "Il corpo è simile all'albero del bodhi, e la mente a un limpido specchio; Con cura lo ripuliamo di ora in ora, per timore che sopra vi cada la polvere"  

fu trasformato in questo modo:  "Non c'è nè albero del bodhi, nè un limpido specchio, poichè in realtà tutto è vuoto, su che cosa può cadere la polvere?"

Con il sesto patriarca lo zen raggiunse l'apice della popolarità, e fondeva l'imperturbabile serenità ed austerità del buddhismo con la fluidità, il gusto per l'imperfetto e l'incompleto del taoismo. Intorno al 1270 cominciò a prendere vita in Cina un'altra forma di buddhsimo, il culto di Amitabha (infinita luce), il Buddha che aveva promesso di guidare gli esseri umani al Nirvana. Oggi è la forma più diffusa di buddhismo Mahayana in Cina e Giappone. Nell'estremo Oriente abbiamo due scuole principali chiamate in giapponese Jiriki (potere proprio)  e Tariki  (potere altrui). I seguaci per raggiungere la saggezza contavano rispettivamente sui propri mezzi (lo zen) o sulla misericordia del bodhisattva.

Quando lo zen comincio a perdere consensi in Cina a favore del culto di Amitabha si trasferi in Giappone con Ei-sai nel 1911 e divenne la religione dei samurai (la classe guerriera) ed ebbe un profondo impatto sulla cultura giapponese.

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L'inglese Alan W. Watts (1915-1973), è stato uno dei massimi esperti di teologia e  filosofia orientale, in particolare dello zen buddhista, e di religioni comparate. Ha insegnato alle università di Cambridge, Cornell, e delle Hawaii. Ha scritto diversi libri di filosofia e psicologia della religione.

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