domenica 10 settembre 2023

Le Trentasette Pratiche dei Bodhisattva di Thogmé Zangpo

Omaggio a Lokeshvaraya (Omaggio al signore del mondo). "Rispettosamente rendo sempre omaggio attraverso le tre porte ai supremi lama e al protettore Avalokiteshvara che, pur percependo tutti i fenomeni come privi di ‘andare’ e ‘venire’, s’impegnano univocamente per il beneficio dei trasmigratori.  I perfetti buddha, fonti di beneficio e felicità, sorgono dall’aver praticato il santo Dharma che, a sua volta, dipende dalla conoscenza delle pratiche relative".     

Le trentasette pratiche dei Bodhisattva
1  Al fine di liberare se stessi e gli altri dall’oceano dell’esistenza ciclica, ascoltare, riflettere e meditare giorno e notte senza alcuna indolenza, ora che si è ottenuto il raro vascello di libertà e fortune
difficile da ottenere, è una pratica dei bodhisattva.
2  Nella propria terra natia, l’attaccamento per gli amici ci sommerge, l’odio per i nemici ci consuma, il buio dell’ignoranza dimentica ciò che deve essere praticato e ciò che
deve essere abbandonato. Lasciare la propria terra natia è una pratica dei bodhisattva.
3  Attraverso l’abbandono degli oggetti negativi, le emozioni afflittive gradualmente diminuiscono; attraverso l’assenza di distrazioni, una condotta virtuosa si sviluppa naturalmente; attraverso
la chiarezza della mente viene generata la convinzione nel Dharma. Affidarsi alla solitudine è una pratica dei bodhisattva.
4  Gli amici più intimi che per tanto tempo si sono accompagnati si separano, le ricchezze e i beni accumulati con grande sforzo devono essere abbandonati, la coscienza abbandona la casa del
corpo. Rinunciare a questa vita è una pratica dei bodhisattva.
5  La compagnia di amici fuorvianti incrementa i tre veleni, degenera l’ascolto, la riflessione e la meditazione ed esaurisce totalmente amore e compassione. Abbandonare le cattive amicizie è una pratica dei bodhisattva.
6  Relazionandosi con un amico spirituale, i difetti vengono rimossi e le buone qualità aumentano come la luna crescente. Considerare l'amico spirituale più caro del proprio corpo è una pratica dei bodhisattva.
7  Chi potrebbe ottenere protezione da una divinità mondana, legata essa stessa alla prigione dell’esistenza ciclica? Quindi, prendere rifugio nei Tre Gioielli, che non ingannano mai, è una pratica dei bodhisattva.
8  IBuddha ha insegnato che le sofferenze delle cattive trasmigrazioni, così difficili da sopportare, sono il frutto delle azioni negative. Quindi, non commettere azioni negative, anche a costo della propria vita, è una pratica dei bodhisattva.
9  La felicità dei tre reami dell’esistenza ciclica, come una goccia di rugiada sulla sommità di un filo d’erba, si dissolve in breve tempo. Quindi, la ricerca del supremo stato dell’immutabile
liberazione è una pratica dei bodhisattva.
10  Qual è l’utilità della propria felicità se le madri, che da tempo senza inizio sono state gentili con noi, soffrono? Quindi, generare la mente dell’illuminazione per liberare gli innumerevoli esseri senzienti è una pratica dei bodhisattva.

11  Tutte le sofferenze sorgono dal ricercare unicamente la propria felicità, mentre i buddha perfetti nascono dall’attitudine di beneficiare gli altri. Quindi, scambiare completamente la propria felicità
con l’altrui sofferenza è una pratica dei bodhisattva.
12  Anche se qualcuno, mosso da grande desiderio, rubasse tutte le loro ricchezze o mandasse un altro a rubarle, dedicare a questa persona il proprio corpo, risorse e virtù dei tre tempi è è una pratica dei bodhisattva.
13  Anche se qualcuno tagliasse loro la testa quando non hanno commesso neppure il più lieve degli errori, prendere su di sé, colmi di compassione, le negatività di quella persona è una pratica dei bodhisattva.
14  Anche se qualcuno diffondesse, attraverso i miliardi di mondi, vari tipi di calunnie nei loro confronti, parlare con una mente amorevole delle buone qualità di quella persona è una pratica dei bodhisattva.
15  Anche se qualcuno, nel mezzo di una folla di molti esseri, rivelasse i loro difetti o proferisse parole malvagie nei loro confronti, inchinarsi rispettosamente a quella persona considerandola
un amico virtuoso è una pratica dei bodhisattva.
16  Anche se una persona, che hanno protetto caramente come un figlio, li trattasse come un nemico, essere particolarmente misericordiosi nei suoi confronti, come una madre per un figlio ammalato, è una pratica dei bodhisattva.
17  Anche se un essere, uguale o inferiore a loro, pieno d’orgoglio li deridesse, visualizzarlo rispettosamente sulla cima del proprio capo, come un maestro, è una pratica dei bodhisattva.
18  Anche se privi di mezzi di sostentamento, continuamente  disprezzati dagli altri, afflitti da malattie gravi e da demoni, prendere su di sé, senza scoraggiarsi, le negatività e le sofferenze di tutti gli esseri,
è una pratica dei bodhisattva.
19  Anche se fossero famosi, venerati da molti e avessero ottenuto ricchezze pari a quelle di Vaishravana, il non esserne orgogliosi, percependo la mancanza di essenza della gloria e delle ricchezze
dell’esistenza ciclica, è una pratica dei bodhisattva.
20  Se il nemico interiore, l’odio, non viene domato, quando si cerca di soggiogare i nemici esterni, questi aumentano. Domare il proprio continuum, per mezzo dei soldati dell’amore  e della compassione, è una pratica dei bodhisattva.

21  Le buone qualità del reame del desiderio, come acqua salata, più vengono godute più incrementano l’attaccamento ossessivo. Abbandonare immediatamente le cose che generano
attaccamento è una pratica dei bodhisattva.
22  Qualsiasi cosa appaia è la propria mente, la mente stessa è libera sin dall’inizio dagli estremi delle elaborazioni. Attraverso la conoscenza di ciò, il non prestare attenzione ai segni di percepito e percepiente è una pratica dei bodhisattva.
23  Quando si incontrano oggetti attraenti, anche se questi appaiono meravigliosi come un arcobaleno estivo, il vederli come non veri e abbandonare l’attaccamento ad essi è una pratica dei bodhisattva.
24  Come la morte di un figlio in un sogno, il mantenere come veritiere le apparenze erronee delle innumerevoli sofferenze causa un grande affaticamento. Quindi, quando si incontrano condizioni sfavorevoli, il vederle come erronee è una pratica dei bodhisattva.
25  Se, per coloro che desiderano l’illuminazione, è necessario donare anche il proprio corpo, non è neppure da menzionare la necessità del donare oggetti esterni. Quindi, donare senza aspettative di ricompensa o di maturazione karmica in cambio, è una pratica dei bodhisattva.
26  Senza disciplina e senza etica, non si può realizzare il proprio bene, allora pretendere di fare il bene degli altri, diventa assurdo. Osservare una disciplina senza motivazione mondana è una pratica dei bodhisattva.
27  Per un bodhisattva che ricerca le risorse che sorgono dalle virtù, tutti coloro che lo danneggiano sono come un tesoro di gioielli. Quindi, coltivare la pazienza senza provare odio intenso per nessuno, è una pratica dei bodhisattva.
28  Se perfino gli uditori e i realizzatori solitari, che conseguono solo il proprio scopo, vengono visti impegnarsi come se dovessero domare un fuoco sulla cima del loro capo, applicare lo sforzo entusiastico, sorgente di buone qualità per il beneficio di tutti i trasmigratori, è una pratica dei bodhisattva.

29  Comprendendo che le emozioni afflittive si sconfiggono completamente per mezzo della visione speciale, perfettamente dotata di calma dimorante, coltivare la concentrazione che supera anche i quattro assorbimenti senza forma è una pratica dei bodhisattva.
30  Siccome non si può ottenere la perfetta illuminazione mediante le altre cinque perfezioni senza la saggezza, coltivare la saggezza possedendo metodo e non concettualizzando le tre sfere è una pratica dei bodhisattva.
33  Discutere per acquisire guadagni e onori causa il deteriorarsi delle attività di ascolto, riflessione e meditazione. Quindi, abbandonare l’attaccamento verso i possedimenti di amici e benefattori è una pratica dei bodhisattva. 
34  Le parole dure turbano la mente altrui e causano il deteriorarsi del comportamento di un bodhisattva. Quindi, l’abbandono delle parole dure, spiacevoli per gli altri, è una pratica dei bodhisattva.
35  Se ci si abitua alle emozioni afflittive, sarà difficile sconfiggerle applicando gli antidoti. Quindi, vincere le emozioni afflittive dell’attaccamento e così via, immediatamente, al loro primo apparire, brandendo l’arma dell’antidoto generato attraverso consapevolezza e introspezione, è una pratica dei bodhisattva.
36  In breve, realizzare l’altrui beneficio attraverso la pratica continua di consapevolezza e introspezione, conoscendo lo stato della propria mente in ogni tipo di condotta, è una pratica dei bodhisattva.
37  Dedicare all’illuminazione, con la saggezza della purezza delle tre sfere, le virtù ottenute con sforzo in questo modo, al fine di eliminare la sofferenza degli innumerevoli esseri trasmigratori, è una pratica dei bodhisattva.

I consigli di Matthieu Ricard per il raggiungimento della felicità

Se è vero che la felicità non si nasconde negli oggetti materiali o nel possesso, esistono dei passi da compiere, delle strategie che possiamo mettere in atto per vivere una vita più piena e felice?       
Matthieu Ricard, ricercatore francese diventato monaco buddista, viene scientificamente considerato l’uomo più felice del mondo, dopo che alcune analisi hanno dimostrato che il suo cervello produce un eccezionale livello di onde gamma, mai riscontrato prima. Studioso di genetica in Francia, negli anni settanta Ricard ha deciso di lasciare la propria carriera per andare alla scoperta dei segreti del buddismo, trasferendosi nell’altopiano del Tibet. Negli anni ha abbandonato progressivamente la ricerca scientifica e i dibattiti intellettuali per avvicinarsi al lato più spirituale dell’esistenza, iniziando a viaggiare in giro per il mondo alla ricerca del senso della vita e della felicità.          

https://www.ted.com/talks/matthieu_ricard_the_habits_of_happiness?language=it

La pratica quotidiana della meditazione ha certamente svolto un ruolo essenziale nel rendere Ricard l’uomo più felice al mondo – ma c’è di più. Nel corso della sua vita, ha messo a punto alcune “tecniche” che possono aiutarci a raggiungere una felicità autentica e duratura, migliorando la qualità della nostra esistenza.  Le cinque strategie per intraprendere il cammino verso il raggiungimento della felicità sono:

  •         Non ti preoccupare di ciò che non puoi risolvere;
  •         Allenati alla felicità;
  •         Trova il tuo perché;
  •         Renditi utile;
  •         Vivi di felicità riflessa.

Non ti preoccupare di ciò che non puoi risolvere.   Spesso la nostra mente è rivolta verso il futuro o il passato, verso preoccupazioni per cose che potrebbero accadere o rimorsi per cose che non sono accadute (o non sono andate come avremmo voluto). In entrambi i casi, non siamo concentrati sul presente e questo ci impedisce di essere felici davvero. Se il problema che ci affligge non ha una soluzione che dipende dalla nostra volontà di azione, evitiamo di preoccuparci, e dedichiamoci invece ad altre attività sulle quali abbiamo maggiore potere.

Allenati alla felicità.  
Secondo Ricard, la felicità è come un muscolo che va allenato con pazienza affinché diventi sempre più forte e potente. Se le nostre giornate sono fatte di profonda infelicità e disappunto nei confronti della vita, del lavoro, della nostra famiglia, proviamo ad introdurre nella nostra routine dei piccoli “esercizi” per una vita più felice.   Iniziamo a guardarci intorno con meraviglia e ad essere grati per tante piccole cose che accadono nelle nostre giornate. Qualche esempio? La parola cortese di un collega di lavoro o la telefonata di un amico che non sentivamo da tempo, il nostro film preferito visto insieme al partner. Solo se impariamo ad apprezzare questi “piccoli e trascurabili momenti di felicità”, riusciremo davvero a vivere una vita più felice e soddisfacente.

Trova il tuo perché
. I giapponesi lo chiamano ikigai, che significa “ragione della propria esistenza”. Dobbiamo trovare nelle nostre giornate uno scopo, un motivo per essere felici che muove le nostre azioni e i nostri pensieri.    Mai trascorso giornate correndo tra mille faccende senza riflettere sul loro senso e ciò che ci rende felici? Trovare lo scopo, ciò che ci fa alzare la mattina con entusiasmo, è fondamentale per vivere una vita felice.  Cosa ci fa sentire davvero bene? Quali azioni faremmo anche se siamo stanchi o demotivati? Poniamoci questi interrogativi quotidianamente, fino a scoprire il nostro scopo, a individuare la passione che guida il nostro cammino.  Potrebbe essere accudire bambini, cucinare, suonare uno strumento o praticare sport. Qualunque cosa sia, custodiamola nel cuore e usiamola come faro per illuminare i momenti bui e tristi delle nostre giornate.

Renditi utile. Trovare il proprio scopo nella vita vuol dire anche riuscire ad essere di aiuto alle altre persone. La felicità esiste solo se condivisa, sosteneva il giovane Chris McCandless, la cui storia ha ispirato il film “Into the wild” (2007).  Questo vuol dire che non possiamo essere felici davvero se ci chiudiamo nel nostro piccolo universo e non facciamo un passo verso gli altri aiutandoli e a superare le loro difficoltà e i loro problemi. In ogni cosa che facciamo, in ogni nostra attività, cerchiamo il modo di essere di aiuto anche alle altre persone. Pratichiamo volontariato, svolgiamo delle attività socialmente utili, sosteniamo un amico in un momento di difficoltà, ascoltiamo le lamentele dei nostri genitori anziani.  Con le nostre azioni diffonderemo la felicità nel mondo e, di conseguenza, ne ricaveremo una maggiore felicità per noi stessi.

Vivi di felicità riflessa. Se è vero che non possiamo essere davvero felici se qualcuno attorno a noi è triste, sta soffrendo o ha dei problemi, allo stesso modo non saremo mai felici davvero se trattiamo male gli altri o compiamo delle azioni negative nei loro confronti, li offendiamo, li deridiamo. Essere felici significa liberarsi dall’arroganza, dal narcisismo, dall’egocentrismo, da tutti quegli atteggiamenti e quei sentimenti che danneggiano il prossimo. Solo se ci liberiamo di questi stili di vita riusciremo a raggiungere la vera felicità. 

- Articolo di Sabrina Del Fico, pubblicato il 26 Agosto 2023

The Devotion of Matthieu Ricard     https://www.youtube.com/watch?v=gpGfIVEBlxU&ab_channel=festivalmedia

Matthieu Ricard, è uno dei monaci buddisti più nto in Europa, oltre che un consigliere fidato del Dalai Lama.  Matthieu Ricard nel 2009 è stato al centro di uno studio scientifico condotto su di un folto gruppo di persone dedite con costanza alla meditazione. In tale frangente Richard Davidson, esperto della University of Wisconsin, ha applicato alla testa del monaco buddista 256 sensori che hanno potuto cogliere un dato rilevante. Quando l’uomo si trovava in stato meditativo, avendo come oggetto la compassione (con il significato di empatia), il suo cervello era in grado di produrre un livello di onde gamma mai registrato prima per quanto concerne attenzione, apprendimento e memoria. È inoltre emerso come l’emisfero sinistro del suo cervello fosse molto più attivo rispetto alla parte destra dello stesso, registrando in questo modo una inconsueta propensione alla positività ed alla felicità contro una minima tendenza alla negatività. Tali risultati hanno spinto i ricercatori a dichiarare ufficialmente Matthieu Ricard come l’uomo più felice del mondo. 

Conversazione con Matthieu Ricard e Richard J. Davidson https://www.youtube.com/watch?v=TMtJQ1U1fHs&ab_channel=Mind%26LifeInstitute

Buddhism meets Neuroscience | Matthieu Ricard & Wolf Singer    https://www.youtube.com/watch?v=Nne3BJ-p7Yg&ab_channel=HowToAcademyMindset

Antoine Lutz - The Neuroscience of Compassion      https://www.youtube.com/watch?v=8fIeI6sfX6E&ab_channel=EmpathyandCompassioninSociety

L'amore è un mistero

 L'amore è un mistero, non possiamo definirlo, i poeti e gli scrittori hanno cercato di tesserne le lodi, quello che possiamo dire è solo questo: l'amore è un sentimento importantissimo per lo sviluppo psichico ed emozionale dell'individuo.                          

Sono stati gli uomini ad inventare l'amore eterno e non si è capito che di eterno c'è solo l'aspirazione universale alla sicurezza e alla stabilità del rapporto con l'altro. Comunque, anche se temporaneo, è il solo sentimento che possa dare una dimensione veramente umana all'individuo. 

Ci sono diversi tipi di amori: l’amore platonico, l’amore passionale, l’amore maturo.  Cosi come sono diverse le fasi che lo caratterizzano: l’incontro, la seduzione, la lontananza, l’atto sessuale, l’abbandono. Se ci mettessimo ad analizzare tutti questi tipi e queste forme ci passeremo almeno un mese. Cercherò di presentare brevemente questo importante sentimento.

Oggi purtroppo tutto viene consumato in fretta, l'edonismo e l'individualismo più sfrenati regolano i rapporti tra le persone è tutto deve essere vissuto ai massimi livelli, Il rapporto di coppia è una relazione a rischio; se il partner non riesce a soddisfare tutti i bisogni dalla sfera affettiva, alla sicurezza, alla sessualità viene abbandonato e ci si rimette in cerca di nuove esperienze.

Ogni volta che si entra in contatto con qualcuno dobbiamo essere competitivi, sembrare sempre al top della nostra forma, mai e poi mai possiamo permetterci di guardarci all’interno, non possiamo mai rilassarci e i motivi per cui si crea un rapporto sono il rimedio contro l'angoscia e la solitudine. Oggi più nessuno sacrificherebbe la propria carriera per un rapporto di amore; l'altro non deve costituire nessun intralcio ai bisogni di crescita individuale.

Si cerca un rapporto di coppia basato su due insiemi autonomi, un rapporto che permetta la massima libertà per entrambi i contraenti e nello stesso tempo dia sicurezza e stabilità, un modello difficilmente mantenibile, e questo è uno dei motivi per cui aumentano i numeri di separazioni e divorzi.

I rapporti asimmetrici (lui autonomo e sereno, lei depressiva o viceversa) sono messi al bando (anche se dai contatti che ho con il mondo, questi rapporti sembrerebbero ancora numerosi e resistenti).

La visione dell’amore più diffusa è quella di trovare una persona con la quale fondersi e fare unità,  non a caso molti libri sull’amore riportano sulla copertina il bacio di Rodin, la scultura in cui le due figure tendono a costituire un unico blocco. Questa è anche la visione dell’amore di Platone che illustra nel Simposio: quella di due esseri ermafroditi che si cercano, e cercano di fondersi in una unità. "Un giorno Zeus tagliò in due l’androgino per punirlo della sua insolenza, da quel giorno dopo il dimezzamento della figura umana, ogni parte rimpiangeva il suo doppio e vi aderiva, era tutto un intrecciarsi con le braccia, un vivo nodo, come febbre di fondersi ancora, così morivano di sfinimento, di totale inerzia, perché non si adattavano a compiere una sola mossa senza l’altro.  Ognuno delle due metà, non faceva che cercare l’altro mezzo suo, gli si abbarbicava".

L'ideale è un rapporto di complementarità basato sul rispetto, sulla tenerezza, su relazioni paritetiche e sulla cooperazione. L’amore è l’incontro tra il finito e l’infinito e l’atto sessuale è l’incontro tra l’individuo e il cosmo, uno dei pochi momenti in cui si può cercare di raggiungere la dimensione della trascendenza, una esperienza con il divino. La donna è la sacerdotessa di questo rito.

L'amore dovrebbe basarsi su tre elementi: La fusione con l'altro, L'idealizzazione dell'altro, L'impegno.

La fusione deve tendere ad una costruzione del Noi, ad un progetto a due, deve essere quella tensione ideale tra io e il noi.  L'idealizzazione deve portare alla rappresentazione dell'altro come unico, insostituibile, come punto di riferimento per la propria vita (almeno per un periodo di medio termine). Questi due primi punti derivano dallo slancio iniziale, mentre il terzo punto presuppone un impegno costante nel tempo, soprattutto quando la bellezza e la novità cominciano a venire meno e la routine comincia a prendere il sopravvento. E' in questo momento che occorre dar prova di maturità affettiva cercando attraverso gentilezza, ironia, attesa, tolleranza e concessioni reciproche, di instaurare un nuovo rapporto basato sulla crescita reciproca, di prospettare un cammino da percorrere insieme e combattere l'usura del tempo.

Molti sono incapaci di creare un Noi basato sulla dialettica polarità/fusione e si servono dell'altra/o per la crescita del proprio Io e per la ricerca del senso della propria vita. L'altro costituisce un mezzo per soddisfare stimoli e bisogni, non un fine, un valore in se stesso. E' importante instaurare un rapporto basato sulla condivisione e sul rispetto. E' importante anche cercare di dare un senso al quotidiano, oggi caratterizzato da solitudine, ansia, inquietudine per il futuro, accettare l'altro e cercare di crescere insieme.

Occorre vincere l’insoddisfazione cercando di divertirsi insieme, aumentare la capacità di fare insieme anche le cose più banali e sapersi prendere scherzosamente in giro accettando pienamente l’altro con i suoi limiti e i suoi pregi.  Questo è la mia idealizzazione dell’amore.

Poi c’è l’applicazione di questi principi al caso concreto … e come diceva Kuhn: "la teoria é come una rete che tocca la realtà solo in alcuni punti", o come dice Nick Hornby in High fidelity: "Se tutti si fidanzassero con il loro tipo ideale tutti sarebbero fidanzati con una super modella/o".

Quello che è pericoloso nei rapporti è l'usura e la malinconia della memoria, (dell'infanzia, del non vissuto, ecc.) che possono innestare la necessità di nuovi incontri e di relazioni particolari. Le relazioni particolari sono quelle che nascono quasi inavvertitamente in situazioni particolari, quasi senza intenzione, ma che si trasformano in una sorta di comunità necessaria e naturale, che seleziona e filtra rapporti con il mondo esterno, che condivide pensieri e atteggiamenti, che sente una unicità della relazione, quasi un possesso. Queste relazioni particolari possono essere rapporti di amicizia, ma anche rapporti di amicizia/amore.

Herman Hess fa la distinzione tra amare e essere amati; per lui “Essere amati non è niente mentre amare è tutto, felicità è amore, nient’altro". Per Hesse "l’amore non vuole avere, vuole soltanto amare".  “Felice chi sa amare”. Ma subito dopo precisa “Non tutti sono capaci di amare”.

Le gout de vivre, retrouver la parole perdue - Edouard Zarifian

Édouard Zarifian (1941-2007) è stato uno psichiatra francese, professore universitario e medico. È noto per i suoi libri che mettono in guardia dagli interessi dei laboratori farmaceutici e dai pericoli dell'uso sistematico di sostanze chimiche come gli psicofarmaci al posto di trattamenti più umanistici che tengono conto della singolarità del paziente. 

In questo testo, l'autore Edouard Zarifian, incita a riscoprire la parola così spesso perduta in questi ultimi anni e che fa di noi degli esseri umani.  Lo scambio di parole sono perfettamente efficaci per avanzare nella conoscenza dei nostri meccanismi psichici. Questo scambio è la sola via per uscire dalla sofferenza e ci aiuta a ritrovare il gusto della vita.  Ogni essere umano è prima di tutto una storia vissuta in maniera unica nella più totale soggettività. Perchè il modo in cui viviamo gli eventi della nostra esistenza e di cui noi percepiamo le parole che ci sono indirizzate entra in risonanza con il nostro mondo interiore, che si è costruito nel corso degli anni sulla base degli scambi continui tra noi e gli altri. Questa dimensione unica che ci caratterizza è la nostra psiche.

L'incomprensione reciproca

L'incomprensione reciproca è un articolo scritto dal mio amico Alessandro sulla difficoltà di comunicare prendendo spunto da citazioni di Georges Ivanovič Gurdjieff.

G. I. Gurdjieff diceva: "Prima di discutere con qualcuno occorre realizzare fino a che punto quella persona può capire le nostre parole. Il parlare nonostante l'impossibilità di essere compresi dall'altro è sempre una perdita di tempo e di energia. Chi è consapevole, parla solo quando è certo che chi ascolta è in grado di comprendere."        

La malcomprensione è la regola tra gli esseri umani. Dalla più piccola lite alla guerra in larga scala. Perché? perché ogni parola assume per ognuno di noi un significato diverso a seconda del proprio vissuto e sopratutto dal livello di coscienza soggettivo. Ecco perché non comprendersi, tra le persone, e' la norma.

Se credete che ogni essere umano debba comprendere le vostre parole o quelle dei Maestri, come arrivano a voi, vi illudete. L'illusione è un fenomeno mentale che ci allontana dalla realtà e dalla sua complessità. La vita segue una sua "logica" che va oltre il nostro concetto di "giusto" e "sbagliato". La vita non è morale e nemmeno immorale ma amorale.

Le nostre credenze sulla realtà non sono la realta' "oggettiva" ma una sua rappresentazione interna delle nostre credenze. Una credenza è un costrutto mentale inserito nella nostra mente dall'esterno. Noi entriamo in conflitto per le credenze che sono spesso più idee che esperienze.

Una persona che, per esempio, non ha mai vissuto l'esperienza dell'amore incondizionato o del perdono potrà parlarne sul piano analitico ma non può sapere di cosa parla se non è passato per quella esperienza. Lo stesso vale per la sessualità, la malattia e il lutto. Come può un prete parlare di sesso senza averlo provato? Come può un terapeuta curare un depresso senza aver mai esperito una depressione?   Esperire vuol dire morire a se stessi… passare attraverso l'esperienza… per andare oltre la logica razionale. Per crescere bisogna morire alle proprie credenze.

Non credete a nessuno, neanche alle parole dei cosiddetti "Maestri" o a quelle che, secondo voi, sono le autorità o si proclamano tali. Non credere neanche a te stesso ma credi solo all'esperienza… nessuno può dirti cosa è giusto o sbagliato e tu non puoi dire a nessuno cosa è giusto o sbagliato.

Decidi cosa è "giusto" o "sbagliato" per te attraverso l'esperienza e prenditi la responsabilità della tua vita ma ricorda che nessuno potrà comprenderti veramente perché siamo sempre soli nella nostra esperienza.

Le parole sono il mezzo con cui comunichiamo anche se ci scontriamo perché utilizziamo termini diversi, secondo noi oggettivi, per dire a volte la stessa cosa. Quello umano è un mondo intersoggettivo e la relazione si basa proprio sulla negoziazione del significato delle parole. E' nella relazione che si costruiscono i significati. Ma la relazione non è fatta solo di parole, anzi le parole spesso ci allontanano. Le parole dette senza coscienza feriscono, uccidono.

Funzioniamo così: "io ho ragione, secondo i miei schemi mentali, mentre l'altro ha torto perché ha schemi mentali diversi dai miei". Questo fenomeno è amplificato sui social dove ci si irrita, si giudica, si offende l'altro per imporre la propria visione del mondo.

L'Arte, per esempio, nasce all'anima perché usa il linguaggio simbolico che è universale e arriva direttamente al cuore… quella che viene definito "Centro Emotivo Superiore" da Gurdjieff. Senza una comunicazione da cuore a cuore gli esseri umani sono impossibilitati a comunicare.

Dovremmo imparare il valore del silenzio, non per presunzione, ma perché è necessario capire se quello che voglio dire l'altro possa capirlo veramente oppure no.

Ho speso tanto tempo e fiato con persone che pensavo potessero e dovessero capirmi e ho compreso che a sbagliare ero io. Non puoi parlare a chi è sordo e non puoi mostrare il tuo mondo interiore a chi è cieco. Non puoi pretendere che l'altro ti capisca… perché l'altro non è te. L'altro è diverso da te. L'altro non è dentro di te.

L'amore è necessario all'equilibrio dell'essere umano

"Vivere è l'incontro e la combinazione sottilmente dosata e costantemente riaggiustata del reale, dell'immaginario e del simbolico".               "Vivere è evolvere tra l'amore, il sogno e la ragione".

L'amore è la forma di scambio più necessaria e la più creatrice dei legami tra gli esseri umani. L'amore scambiato, condiviso, quale che sia la forma è necessario all'equilibrio dell'essere umano. La mancanza e la perdita d'amore è all'origine di sofferenze importanti. Persistere ad amare qualcuno chi vi ha lasciato o non vi ama rivela dell'incapacità ad adattarsi al cambiamento. Difficoltà di amare o relazionali sono dovute spesso alla carenza di amore in famiglia. 

Noi siamo organizzati sul piano psichico per amare e essere amati. Non arrivare ad amare procura sicuramente una sofferenza importante. Alcuni non sono riusciti ad amare che loro stessi o, per paura dell'abbandono, a non impegnarsi mai in un autentico scambio di amore. L'amore nasce dall'incontro tra il reale, il simbolico e l'immaginario.

L'amore di sè, è legittimo e necessario in particolare per poter amare gli altri e essere amato da loro. Questo amore è la parte qualitativa della stima di sè basata sulle proprie capacità, potenzialità e risultati. Per amarsi, abbiamo bisogno che gli altri dicano che vi amano. Quando amate qualcuno, non glielo direte mai abbastanza. Molti hanno il pudore a dire "Ti amo", come se svelassero qualcosa troppo intimo di loro per essere espresso nella quotidianità. E' molto gradevole sentire dire "Ti amo".

La vera amicizia è rara, la sua achimia è complessa e si base sulla simmetria e la complementarietà tra due persone. Spesso è difficile distinguere tra l'amore e l'amicizia. Si parla di amicizia in senso riduttivo o attenuato quando esistono delle affinità, degli interessi comuni, delle possibilità di aiuto reciproco e allora in questo caso, l'amicizia ha una vera funzione sociale.

Le persone si distruggono a vicenda

Il pitone ha soffocato il cobra reale mentre il cobra reale l'ha morso. Entrambi i serpenti sono morti, uno per asfissia e l'altro per avvelenamento.

Ed è così che le persone si distruggono a vicenda. Le amicizie finiscono, le relazioni finiscono e le famiglie finiscono per decimarsi perché uno vuole sempre essere migliore dell'altro.

Alcune persone "soffocano" con il loro ego di superiorità, altre finiscono per avvelenarsi con pettegolezzi, invidie e inganni fino a distruggersi a vicenda.

Scegli amore, compassione, lealtà e onestà.


 

 

martedì 29 agosto 2023

Abrégé Hédoniste - Michel Onfray

«Dio non è morto perché non è mortale. Una finzione non muore.» 

Abrégé Hédoniste (compendio edonista) è un libretto di una settantina di pagine pubblicato nel 2012, dove l'autore, Michel Onfray (1959 - ), presenta la sua filosofia edonista che considera il piacere come un bene essenziale.  Michel Onfray è un filosofo francese, fondatore dell'Università popolare di Caen, ha pubblicato più di 50 opere, di cui i suoi corsi di contro-storia della filosofia ritrasmessi da France Culture.  

 
Nella guerra che un tempo ha opposto il materialismo e l'idealismo, gli amici della terra e quelli del cielo, per dirlo secondo il vocabolario di Platone, ha vinto il materialismo. Il cristianesimo, questa setta promossa a religione di stato grazie a Costantino all'inizio del IV secolo, è passato da perseguitato a persecutore. Persecuzioni, chiusure di scuole filosofiche, di distruzione di biblioteche, vandalizzazione di templi pagani; a forza di concili, i cristiani costruirono un corpus ideologico di stato. La filosofia fu sostituita da anni di teologia, di scolastica, di pensieri fumosi per sostenere culturalmente il cristianesimo diventato religione di stato.

Esiste una storia ufficiale di filosofia, compatibile con ideologia cristiana: il pitagorismo, l'ideale platonico, lo stoicismo, l'augustinianismo, la patristica latina e greca, lo spiritualismo tomista, la scolastica cattolica, il cartesianesimo per il suo dualismo, il kantismo e l'hegelismo per la loro formulazione in tedesco dell'ideale di San Paolo.       Michel Onfray ha creato un'università popolare a Caen per insegnare una contro-storia della filosofia e per esaminare in modo corretto molte correnti filosofiche che sono state trasformate, e aggiustate nel corso del tempo.     Questo approccio agnostico, ateo, materialista, sensualista, atomista, edonista celebra la pulsione della vita e combatte la pulsione della morte, si batte contro la misoginia e per una uguaglianza tra i sessi.   Per capire veramente una filosofia occorre mettere in relazione la vita, le opere e il prodotto del pensiero, la biografia e la scrittura.  E' importante analizzare l'opera completa dell'autore, inclusa la sua corrispondenza e tutte le testimonianze possibili. La sintesi si effettua sul principio esposto da Sartre: la psicanalisi esistenziale.

L'ontologia e la metafisica sono state confiscate per più di duemila anni dalla filosofia idealista o spirituale. La metafisica diventa la scienza dell'essere in tanto che essere.  Dio è una creature fabbricata dall'uomo a sua immagine inversa, al fine di supportare il vivere, ossia, il sapere di dovere morire un giorno.

La vertigine di passare da un mondo chiuso a un universo infinito, costituito da miliardi di galassie, fuori da un Dio personale o impersonale, ha permesso lo sviluppo di una ontologia atea, una metafisica immanente. Gli uomini hanno preso consapevolezza della loro insignificante esistenza. L'essere è rimesso al centro di lui stesso.

Ecologia.   Oggi, nuove forme di religioni si affermano come l'ecologismo. La scrittura catastrofista, imbevuta dalla paura, rende l'uomo responsabile di tutte le negatività ecologiche, sotto pretesto dell'industrializzazione.  Il caso del riscaldamento del pianeta ignora totalmente le considerazioni degli astrofisici. Il sistema solare effettua il suo giro intorno al centro della galassia in 226 milioni di anni, e in questo periodo si  sono alternati periodi di surriscaldamento e di glaciazione senza alcuna relazione con l'attività dell'uomo. All'ignoranza del posto dell'uomo nel cosmo si aggiunge l'ignoranza del ruolo dell'uomo nella natura.    Il sentimento della natura, la piena apertura al cosmo, attivano una sensazione che, secondo Longin, si può definire sublime. 

Il collasso di una stella su se stessa spiegherebbe l'origine del mondo e questa tesi astro-fisica polverizza l'ipotesi teologica dell'origine del mondo. Per secoli la cultura è consistita nel conoscere la natura al fine di sottomettersi al suo ordine, vedi sciamanesimo, animismo, politeismo, paganesimo. Con l'avvento del monoteismo prima  ebreo e poi cristiano, la  cultura diviene anti-natura, e si instaura il rifiuto del cosmo.

Psicologia.  Il pensiero di Freud ha coagulato un certo numero di scoperte fatte da scienziati modesti del tempo quali: il significato dei sogni, i lapsus, l'esistenza di un incosciente psichico, la psicopatologia della vita quotidiana, ecc.  che poi Feud ha relegato nell'oblio.     Lo stesso Freud, nel 1910 nel testo Della Psicanalisi  dice che la psicanalisi era stata inventata da Josef Breuer.  Altri psicanalisti importanti hanno operato in quel periodo, Pierre, Janet, Gross, Adler, Jung, Reich, Ferenczi, Abraham, ma la psicanalisi resta associata al solo Freud.   Freud, secondo Michel Onfray, ha anche mentito e inventato casi per giustificare le sue teoria.   Ad esempio Freud afferma perentoriamente che la psicanalisi è una tecnica efficace e che cura i pazienti con il semplice scambio di parole (vedi: il Metodo psicanlatico di Freud del 1904).   Ma Freud mente spudoratamente, infatti, a partire dal 1910 prescrive l'uso di psychrophore ai suoi pazienti (una sonda uretale con inizioni di acqua gelata nell'uretra, ad esempio, per curare l'onanismo). 

Feud pretende di aver scoperto l'inconscio a partire dal divano e di un lungo studio clinico, ma in effetti, ha trasformato i suoi fantasmi individuali in verità scientifiche e universali , come il complesso di Edipo che deriva dal desiderio che aveva di dormire con sua madre all'età di 4/5 anni dopo averla vista nuda probabilmente in un viaggio in treno.   I lavori di storici mostrano che i pretesi casi di guarigione che Freud chiama i cinque casi di pasicanalisi, non ci sono mai stati. Come ad esempio il caso di Serguet Pankejeff, che soffriva di una nevrosi infantile, e che non è mai guarito.  Si può considerare la psicanalisi freudiana omofoba, fallocratica, misogina, politicamente conservatrice  ed è stata usata per frenare le rivendicazioni del maggio 1968.  Invece con Marcuse e Reich, la psicanalisi ha dato l'impressione di essere una disciplina emancipatrice, femminista, progressista, razionale...          L'analisi psicologica di Janet, il freudo-marxismo di Reich, la psicologia concreta di Politzer, la psicanalisi esistenziale di Sartre, e altro hanno dimosrato che una psicanalisi non freudiana è possibile, una psicanalisi che si basa sul materialismo e il soggetto iscritto nella storia. La psicologia diventa un'arte della costruzione del sé o della ricostruzione del sé, produce dell'ordine esistenziale nel disordine ontologico. 

La saggezza delle grandi scuole socratiche, stoiche, epucuree, ciniche, cirenaiche supponeva una psychagogie, ossia un invito, grazie ad esercizi spirituali, a modificare l'anima materiale al fine di purificare gli affetti per andare dal mondo dell'angoscia, della paura, delle passioni umane a quello della saggezza, nel quale trionfano la serenità, la gioia, la beatitudine, l'atarassia, le virtù filosofiche. 

La filosofia edonista è una proposta psicologica, psychagogique, etica, erotica, estetica, bioetica, politica ....  si propone nello stesso modo di Epicuro e degli epicurei, ma soprattutto di Lucrezio, un discorso sulla natura delle cose, con lo scopo che tutti possano trovare il loro posto nella natura, nel mondo, nel cosmo con la prospettiva di una vita riuscita - la vita riuscita si può definire come quella che ameremo rivivere, se ci fosse data la possibilità di viverla di nuovo.

Il giudeo-cristianismo ha impregnato la nostra episteme per più di mille anni, dalla patristica (II-X) all'Encyclopédie (1751-1772); dalla conversione di Costantino (312) alla decapitazione di Luigi XVI (1793) che attesta che si può impunemente decapitare un Re che aveva il diritto divino. Ma se le chiese si sono svuotate, le menti restano piene dell'insegnamento cristiano che è caratterizzato da: svalutazione del corpo, delle sensazioni, delle emozioni, della carne, delle passioni, delle pulsioni, e rivalutazione dell'ascetismo, della rinuncia, della misoginia...

L'episteme è la traslitterazione del termine greco che significa "conoscenza scientifica" (e che Platone contrapponeva alla dòxa, cioè all'opinione). Nella filosofia ontemporanea comprende l'insieme delle conoscenze positive e delle teorie scientifiche che caratterizzano una data epoca.  La patristica è il pensiero cristiano dei primi secoli, in quanto frutto della meditazione e della predicazione dei Padri della Chiesa. 

Michel Onfray definisce la religione come la visione del mondo che postula l'esistenza di un mondo nascosto che dà senso a questo  mondo nel quale viviamo. Tutte le religioni costruiscono i loro propositi sulla possibilità di un reale al di fuori del reale, questo reale irreale che dà un senso a questo reale reale. Agostino spiega in dettaglio come la città di Dio fonda la verità della città degli uomini.  Un'etica edonista suppone un combattimento ateologico; L'ateologia è la disciplina che sostiene la negazione di Dio, l'opposto della teologia che l'afferma. Il denominatore comune della psiche dei tre monoteismi è costituito dalla de-realizzazione del sè, dalla pulsione della morte.  Sono considerati come atei gli agnostici, politeisti, deisti, fideisti, panteisti.  Onfray definisce l'ateismo come una franca e chiara negazione di Dio, e il processo di smontare questa illusione. Decompone le finzioni costruite per evitare la verità ontologica ultima: la nostra presenza nel mondo non ha senso, Dio è una stampella necessaria alla gestione del nulla che ci aspetta.  Esiste anche l'ateo cristiano, che nega l'esistenza di Dio, dell'idolo maggiore, ma si sacrifica a tutti gli idoli minori che l'accompagnano: amore del prossimo, perdono dei peccati, gusto della trascendenza, preferenza per l'ideale ascetico, etc.  alimentando così una morale impraticabile e che genera delle colpabilità inevitabili,e un ideale fuori dalla nostra portata.  Il reale è violento e brutale, prevale l'ego e la dominazione, l'uso della forza e dell'inganno, per questo occorre trovare una morale per un mondo reale e non un mondo ideale e fantasmatico.  Onfray definisce insano pensare di non giudicare il cattivo, il perverso, perdonare chi ci ha procurato tanta sofferenza (come i nazisti nei campi di sterminio), così come è insano dedicarsi in questa vita a un ideale ascetico sotto il pretesto che noi vivremo eternamente.

Estetica.  Non esiste, in effetti un'opera d'arte in sé, di bellezza assoluta che possa servire da misura per valutare le produzioni artistiche, Spesso l'arte è idealizzata, e l'ideale serve da misura.  L'arte contemporanea trasforma l'opera in una produzione priva di significato, ma il pubblico non potrà dare un giudizio di gusto degno di questo nome. 

Erotismo.  L'etica comprende il principio edonista imperativo del gioire e fare gioire. E comunque Gesù non ha mai pronunciato delle parole di condanna del piacere sessuale. Per Paolo di Tarso, poi preso come riferimento da Costantino, c'è una condanna del sesso, un elogio della rinuncia ai piaceri di questo mondo, una celebrazione della cellula familiare come forma ideale di comunità. La teoria sviluppata in Occidente da Platone e Lacan è quella del desiderio come mancanza, una ricerca continua dell'altra metà dell'androgino primitivo. E da questo deriva la ricerca del principe e della sposa ideale, della perla rara da trovare. Per Onfray un passo in avanti sarebbe quello di non condananre la libido e di basare la sessualità non sull'amore, la fedeltà e la monogamia, la procreazione, la coabitazione ma su un progetto meno ambizioso di una inter-soggettività libera, gioiosa, pacificata, nella quale l'obiettivo non è l'ideale familiare ma una costruzione di un erotismo basato sulla libertà del consenso altrui.  Una sessualità proposta da Fourier che segna una modalità nuova della intersoggettività: lontana da colpabilità, peccato, colpa, punizione, repressione, castità, e continenza, lontano dalle pulsioni di morte e dall'impero delle passioni tristi nelle relazioni amorose;  Propone un erotismo solare che dichiara aperte tutte le possibilità sessuali,  a patto che ci sia un consenso reciproco. L'erotismo solare si propone anche la realizzazione di un femminismo libertino, ossia concedere alla donna le stesse opportunità dell'uomo senza essere apostrofata da isterica e ninfomane. Secondo la tesi di Fliess  sulla bisessualità ciascuno di noi è costituito da una parte maschile e femminile (tesi poi ripresa da Freud), in virtù della quale ciascuno di noi è un caso particolare, una eccezione sessuale, con una psiche e una storia singolare. Da qui la necessità di partire alla ricerca del sé, al fine di determinare chi siamo sul terreno sessuale e a cosa aspiriamo. Il conosci te stesso di Socrate deve funzionare anche sul terreno sessuale.  L'assenza di eros cristiano precipata l'individuo nell'oscurità dell'essere. L'erotismo cinese, indiano, giapponese ci hanno convinto che è necessario un apprendimento della sessualità.   L'erotismo è alla sessualità quello che la gastronomia è al cibo: un supplemento di anima.  The pillow book (i racconti del cscciscino), libro che in Oriente si offriva ai giovani sposi e che in Giappone ha fatto la celebrità delle famose stampe, si proponeva di educare alla voluttà. Lo stesso Kama sutra, che al di fuori di un solo divieto (la mescolanza di caste) legittima ogni forma di sessualità, spiegando come sedurre, piacere, amare, separarsi, ricominciare e moltiplicare la combinazione dei piaceri. 

In Occidente invece domina la pornografia, che propone il culto del corpo, l'uso del corpo come un oggetto, la dominazione maschile e la sottomissione femminile. E' caratterizzata, inoltre, dall'inesistenza di dialoghi e nullità estetica.  Si dovrebbe invece avere una pornografia libertaria, non liberale, attraverso la quale portare alla conoscenza del pubblico i contenuti di trattati di arte erotica con scenari, dialoghi e immagini, piani estetici con l'obiettivo di una pedagogia ludica del corpo sessuato, una messa in scena di un sesso volto verso la pulsione della vita. Le nouveau monde amoureux de Charles Fourier (1772-1837) fornisce un inesauribile fonte a questa pornografia libertaria. 

Bioetica. Viene considerata come una battagia edonista per la quale il piacere si intende come l'evitare il dispiacere. IN questa ottica di deve difendere la tecnologia, il desiderio del migliore, la prospettiva del perfezionamento, l'ottimismo dell'etica edonista.  Occorre, invece, proporre una morale pratica di cui le virtù sono semplici: virtuoso è quello che aumenta il piacere e diminuisce una sofferenza, vizioso quello che aumenta le sofferenze; che permetta di riappropriarsi del sè fino alla morte, evitando le cure palliative che sono sostenute dalle autorità religiose che le vedono come uno strumento per accedere all'intimità spirituale dell'individuo.  Importante è usare il testamento di vita che permette di delegare a un essere amato  l'incarico di decidere per noi quello che avevamo concordato con lui in caso di situazioni particolari.

Politica. Finiamo con la politica che è una variazione dell'etica. Oggi predomina un colonialismo postmoderno che prevede il diritto d'ingerenza in ogni settore della vita, e il disprezzo dei diritti umani e della privacy. Questo liberalismo sfrenato, grazie alla contaminazione di quella che fu una volta la sinistra socialista, si propaga come un tumore maligno in ogni recondito della società civile,  è un sistema economico e politico nel quale il mercato fa la legge ovunque, nella cultura, nella sanità, nell'educazione, nella sicurezza; ecc.   Nel mondo liberale la soddisfazione edonista triviale e volgare di un pugno di privilegiati si paga con l'umiliazione, lo sfruttamento, la sottomissione, la subordinazione di miliardi di persone.   La dominazione si attua con strumenti più nascosti e attori meno reperibili. Siamo nelle mani di società di controllo che utilizzano sistemi di sorveglianza informatici, numerici, elettronici, mediatici  e  la censura delle voci discordanti sui social media e altro.  Il potere non è più in un posto ben definito e attaccabile,  ma è ovunque,  e si sta instaurando, per la prima volta nella storia,  una dittatura invisibile accettata passivamente dai cittadini.

Onfray distingue il capitalismo dal liberismo; il capitalismo è un modo di produzione delle ricchezze nel quale la rarità costituisce il valore, il liberismo è un modo di ridistribuire le ricchezze nel quale il mercato libero detta legge. Il capitalismo è vecchio come il mondo e durerà quanto il mondo. Ma è sicuro che non vogliamo un capitalismo liberale, Come diceva La Boetie: "siate determinati a non servire e eccovi liberi". La dominazione esiste solo grazie al consenso di quelli che la accettano. Se ci rifiutiamo di assoggettarsi e se siamo abbastanza numerosi, allora il potere si affonderà su lui stesso, in quanto tiene la sua forza solo grazie alla nostra debolezza e alla nostra sottomissione. La logica dominazione/sottomissione esiste solo grazie alla volontà di quelli che dominano e per l'assenza di rifiuto di quelli che subiscono questo impero.

Il solo modo di cambiare le cose è la prospettiva della rivoluzione concreta libertaria, non autoritaria, opposta al sangue e alla violenza, un socialismo libertario azionato secondo la meccanica delle micro-resitenze concrete, essere femministi nella propria relazione, antirazzisti nel quotidiano, ecologisti nelle proprie abitudini, antifascisti in tutte le relazioni (nella famiglia, al lavoro, con i vicini, ecc).   Alla luce di questa rivoluzione pratica, il sognatore che vuole la rivoluzione internazionale e non sa farla nel suo ambiente, è meglio che lasci perdere.  La prospettiva degli individui di diventare rivoluzionari  - per citare Deleuze - trova qui la sua verità. In politica l'edonismo si riassume alla vecchia frase del periodo delle Lumieres: "bisogna cercare il più grande benessere per il più grande numero di persone,  qui e ora".

Radio France: il mondo secondo Michel Onfray.  https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/le-monde-selon-michel-onfray/le-monde-selon-michel-onfray-samedi-2-juillet-2016-8135903

L'anima indistruttibile - Geoffrey Parrinder (parte 1)

"Da ciò che Non è guidami a ciò che é, Dalla tenebra guidami alla luce, Dalla mortalità guidami all'immortalità". dalla Brihad-aranyaka Upanishad.

Questo bel libro L'anima indistruttibile di Geoffrey Parrinder (1910 - 2005), professore di Studio comparato delle religioni nell'università di Londra, è  riuscito a mettere a fuoco le differenze tra le varie filosofie indiane, spesso esposte in modo molto confuso e a volte contradditorio. E' un'eccellente opera divulgativa che spiega in maniera chiara la differenza tra sè, anima, atman, Brahman, ecc. 

I pensatori indiani hanno concentrato i loro studi sulla natura dell'uomo e, fatte pochissime eccezioni, le varie scuole hanno affermato che nell'uomo c'è un sè interiore o anima e che è eterno e indistruttibile. 

La Natura non è prodotta, Lo Spirito non è nè producente nè prodotto. La natura non è prodotta nè si evolve da altro, ma è in un stato di continuo movimento in ciascun ciclo cosmico e produce tutte le creature. Lo spirito al contrario, trascende movimento, casualità, tempo e spazio; non è prodotto da nulla, ma non produce nulla. La natura, pra-kriti, pre-agente non ha principio e fine e nel suo stato di quiete è il non manifesto. Poi si manifesta in 23 produzioni, prima a emergere dalla natura è la mente o coscienza (buddhi), da questo deriva l'ego, centro della personalità, e dall'ego deriva la ragione o intelletto. Questa è la base della filosofia sankhya, quando la natura ha prodotto i 23 elementi (25 se includiamo Natura e Spirito), alla fine li riassorbe, mentre lo spirito sta a guardare inattivo. Il sistema sankhya non fa riferimento a Dio, nè a un essere supremo, nè a dei minori (così come il gianismo e il buddhismo). Non nega Dio, perciò non è formalmente ateo, nè è materialistico, poichè tanto lo Spirito quanto la Natura sono eterni.

Lo yoga, come sistematizzato negli Yoga sutra di Patanjali (2 secolo a.C- 3 secolo d.C), era più interessato allo scopo pratico della salvezza mediante l'attività disciplinata piuttosto che la teoria metafisica e accettava lo schema Natura - Spirito del sankhya. Anche se non c'era un Creatore, lo yoga ritenne necessario introdurre il culto di Dio o del Signore nella ricerca della perfezione.  "Il Signore (Ishvara) è uno speciale tipo di Spirito, non toccato dalla sofferenza, dalle azioni (karma) o dal risultato di azioni o impressioni. In lui è la più alta conoscenza di tutte le cose: Egli fu maestro (guru) degli antichi e non è limitato dal tempo".  Questo signore fu aggiunto come ventiseiesimo alle categorie del sankhya ed era di ausilio alla meditazione e alla concentrazione, sebbene non fosse Dio nel senso più pieno. Il sankhya e lo yoga erano abbastanza critici degli antichi scritti e rituali vedici.  Le nuove teoria asseriscono che queste due filosofie derivino dalla antica religione non-ariana o dravidica (2500 a.C).  I veda la cui radice significa conoscenza, erano raccolte di inni agli dei dei guerrieri e sacerdoti ariani che invasero l'India intorno al 1500 a.C.   La filosofia vedica cominciò realmente col Ved-anta, la fine dei Veda, composto tra  l'800 e il 300 a.C. chiamato Upanishad, 'sessioni private'.  Qui i re, i saggi, i sacerdoti discutevano sulla creazione del mondo, sull'anima, la vita dopo morte, ecc.   Le upanishad dichiarano che in principio c'era l'anima, che era l'essere vero, intelligente e unico, e che dal suo pensiero furono prodotte tutte le creature. "In principio, questo universo non era che l'Essere, unico, senza secondo". Solo nelle upanishad più recenti veniva accennata la filosofia sankhya che viene ripresa e sviluppata nella Bhagavad Gita. La Gita dal secondo capitolo fa riferimento al sankhya come credenza di anime indistruttibili, dice che le qualità naturali agiscono in ogni tipo di attività e tutte le creature derivano dalla Natura che appartiene al Signore, e a lei ritornano dopo un ciclo cosmico.   "Alla mia natura materiale tornano tutti gli esseri, quando un ciclo termina; e quando un ciclo inizia, di nuovo io li emetto". Nelle upanishad il nome Brahman fu applicato all'Essere assoluto, qui nella Gita si parla di Brahman come madre o matrice, in cui il padre, Dio getta il seme. Qui Brahman è come la Natura, ma il Signore è diventato Dio nel senso più completo di attivatore e meta di tutti gli esseri. "Il grande Brahman è la mia matrice, e in lui getto il mio seme, donde proviene ogni essere che lì prende origine". La natura continua a essere eterna, ma l'attivazione dipende interamente da Dio, la cui opera può essere chiamata creazione. In tutte le filosofie indiane, ci sono creazioni e dissoluzioni dell'universo, gli anni degli dei si dividono in quatttro età (yuga). La prima il krita dura 4800 anni, il treta 3600, il dwapara 2400, il kali 1800 anni il peggiore ed è quello in cui viviamo dove predomina il pessimismo, il tramonto delle religioni. 

La scuola logica (Nyaya) insegnava che la fine del mondo verrà per l'azione del Signore (Ishvara), non per crudeltà ma per il desiderio di dare tregua alla sofferenza degli esseri viventi. Quando vorrà fare di nuovo una creazione lo farà per mezzo di una deità creatrice: Brahma

I buddhsiti ritenevano sterile speculare se il mondo fosse eterno o non-eterno, quello che interessava loro è la via della liberazione. Il buddhismo giunse a considerare che non c'era niente di permanente, che le cose erano mutevoli e che non c'era un essere identificabile. 

Dopo molti secoli di polemiche tra differenti filosofie nasce il Vedanta. Deve essere distinta dalle Upanishad, ma è chiamata Vedanta perchè dal nono al tredicesimo secolo, questi maestri basarono il loro insegnamento sulle upanishad (il primo vedanta) e su un'opera chiamata Brahma sutra (chiamato anche Vedanta sutra). Questo testo mette in rilievo il desiderio di conoscere Brahman, l'essere supremo, l'origine di tutto. Il vedanta differiva dal Sankhya in quanto nessuno sosteneva che la Natura esisteva come indipendente dall'Essere divino. Le anime individuali accennate dal Sankhya venivano viste come manifestazioni dell'unica suprema anima o Sè. Molte speculazioni furono fatte sulle parole che chiudono il commento del grande filosofo Ramanuja al Vedanta sutra: "C'è uno spirito supremo la cui natura è assoluta beatitudine e bontà, che è la causa del mantenimento e della dissoluzione del mondo, che è onniscente, ecc.".

pag. 21. Il sankhya tenta di dimostrare l'immortalità dell'anima o spirito (purusha) che deve necessariamente esistere, se la natura è composta ed esiste in funzione, e se c'è qualcosa al di là delle tre qualità della natura. Anzi comincia a pensare che lo spirito non è uno ma molti, come molte sono le anime o monadi separate dell'essere. Ogni anima, in sè completamente immateriale e libera, è accompagnata da un corpo sottile (linga). Lo spirito era chiamato testimone, neutro, inattivo ma il suo legame con il corpo sottile, lo faceva apparire attivo. Anche la Gita propone questa tematica dicendo che il vero sè non agisce, un guerriero non può uccidere e non può essere ucciso. Il rapporto tra natura è spirito è spesso illustrato dalla storiella del cieco che porta sulle spalle lo zoppo e lo zoppo guida i suoi passi per avanzare. La natura è il cieco, perchè non vede, e lo spirito è lo zoppo, perchè non agisce. E' il solo corpo sottile (natura) che trasmigra e lo spirito è immoto e spettatore.

Per i gianisti (jina significa conquistatore) l'intero universo si poteva dividere in anime viventi (jiva) e non viventi (a-jiva). Il principio di vita era questa anima distinta dal corpo, la principale caratteristica dell'anima, distinta dalla non anima, era la consapevolezza e questa era una valida prova della sua esistenza. I gianisti credevano che l'anima riempisse tutto il corpo e che le anime fossero reperibili in tutta la materia vivente: animali, piante, dei e uomini. Questi esseri trasmigravano in altre vite secondo il risultato delle proprie azioni e alla fine le anime illuminate otterrebbero la liberazione nel Nirvana. Per il Vedanta le anime sono in realtà una sola.  La credenza di questa anima indistruttibile appare spesso nelle Upanishad ed è essenziale nella tesi della Gita. Spesso è raffigurata della misura di un pollice e ha sede nel cuore delle creature. Nella Gita si parla di anima incarnata che prende un nuovo corpo ma si parla anche dell'anima in sè che partecipa o è identica all'essere divino assoluto, Brahman, e questa non può nascere, nè morire. Ammette che questa teoria dell'anima permanente è una teoria sankhya e poi passa a insegnare lo yoga.  La Gita parla del'anima vitale identica al sè racchiuso nel corpo: Una parte di Me, nel mondo della vita, diviene un'anima viva, eternaQuesto Me è Krishna, che è considerato il sommo e unico Dio, l'Essere assoluto, e l'anima vitale è considerata una parte del divino.  Shankara. mille anni più tardi, si domandava come fosse possibile che l'Assoluto, che è indivisibile, avere una parte divisa da sè. Nella Gita si ribadisce che Dio fosse infinito e indivisibile e tuttavia avesse parti di sè nel mondo e assumesse le vesti di un avatar o incarnazioni di un divino.

La filosofia sankhya e i gianisti non credevano in un dio creatore o un essere supremo, sebbene il sankhya yoga aveva accettato l'idea di un essere speciale ma credevano in un'anima indistruttibile e i buddhisti giunsero anche ad attaccare l'idea di un'anima e insegnavano il Non-sè o Non-anima (an-atta), nulla in questo effimero mondo può essere chiamato 'io' o 'sè'.  Questo insegnamento passò nell'induismo attraverso la Gita (nella stesura dei prima capitoli si avverte l'influenza buddhista): "L'uomo che allontana tutti i desideri, così da far cessare eogni passione, e non pensa "io sono questo" o 'questo  è mio', raggiunge la pace".   Un importante e popolare testo Le domande di re Milinda cerca di dare risposte ai problemi spirituali ed è il dialogo tra un sovrano greco e un monaco buddhista di nome Nagasena. E anche qui è riportato che le vite erano concatenate tra loro dal karma. Si sottolinea l'avversione verso la speculazione filosofica e l'importanza data alla religione pratica e alla morale. Nei testi buddhisti antichi, mentre si nega un sè identificabile, si afferma anche l'eterna esistenza dell'essere o stato indescrivibile:  "C'è un Non-nato, non divenuto, non-fatto e non-composto, ... ".

Accanto a queste diverse credenze o negazioni delle anime indistruttibili c'erano poderose dottrine vedantiche sull'anima individuale (atman), l'anima cosmica (Brahman) e la loro unione o identificazione. Ma furono ignorate dai buddhsiti, contraddette dai giainisti, modificate in teismo personale nella Gita. Poi questo panteismo o monismo finì per dominare il pensiero indù

Nei testi indù la parola atman significa tanto l'anima dell'uomo quanto l'anima dell'universo, nei Veda è usato nel senso di soffio vitale, mentre nelle Upanishad la parola atman è usata a proposito dell'uomo e Brahman come spirito universale. Nelle traduzioni molti autori traducono atman con anima.   La credenza dell'anima significa la supremazia dello spirito, ed é ritenuta fondamentale nella spiegazione del mondo.  "In principio l'universo era l'Essere solo, uno, senza secondo .... Allora pensò: possa io diventare molti!"  Gli dei passarono da 3306 a 33, quindi a tre e poi a un dio unico: Brahman, che è chiamato Quello, il Tutto, la totalità dell'esistenza, un Essere immutabile.  L'immutabile realtà che si cela dietro l'effimero mondo visibile era chiamata Brahman e fu considerata identica all'essenza dell'uomo atman. Questa entità fu messa in rapporto con un dio creatore Brahma e con i sacerdoti brahmini.

Una serie di intuizione nascono dalle innumerevoli meditazioni sulla natura dell'universo e dell'uomo: - L'anima nel cuore dell'uomo è Brahman, che è la sua origine e la sua meta. E' interna, immanente e infinitesimale, ed è anche trascendente. - L'anima rimane libera dalle sofferenze del mondo. Nella terra c'è il luminoso, immortale Spirito (purusha) che è l'atman-Brahman. - Le differenze sono dovute solo a nomi e forme.   

pag. 36 Il saggio Uddalaka comunica la figlio la verità interiore: "dove si ode ciò che non si può udire, si percepisce ciò che non si può percepire, e si conosce ciò che non si può conoscere, dietro le modificazioni degli oggetti individuali c'è una singola essenza o essere e, quando questa è conosciuta, ogni altra cosa è conosciuta". "L'intero universo l'ha come sua anima, Ciò è la Realtà. Ciò è l'Anima. E tu stesso lo sei".   E termina con la frase: "Tu sei Quello, quello sei tu (Tat twam asi)".  Questa celebre frase è stata oggetto di infiniti commenti ed è stata presa come sommario della dottrina del Vedanta e perfino dell'induismo. L'essenza dell'uomo è tutt'una con l'essenza dell'universo, è la dottrina della non-dualità (a-dwaita) che è stata chiamata anche monismo (o monismo panteistico)  in quanto asserisce il Sè universale, l'unicità soggiacente,  piuttosto che panteismo dove il divino è tutto e tutto è il divino.

Sebbene Brahman-Atman non sia Dio nel senso personale, è considerato la realtà suprema e conscia. è trascendente e immanente, è mente e spirito, più tardi viene chiamato Sat-Chit-Ananda l'essere supremo, la sapienza più alta, la beatitudine più profonda. L'anima liberata arriva al Nirvana, la sua coscienza limitata diventa la coscienza suprema senza tutte le limitazioni dell'umanità.

Ci sono delle upanishad come la Kheta e Shavetashvatara che introducono l'idea di un teismo e parlano di un Creatore, di un'intelligenza non spiegata da composizioni materiali. Questo Dio supremo finisce per l'identificarsi con Rudra, e nel suo attributo Shiva, che diventera l'oggeto di culto di milioni di indù. Sorprendentemente nella Gita, che è posteriore, viene ignorato Shiva, e presenta Krishna come l'Uno supremo e non manifesto al di sopra di BrahmanLa Gita combina le filosofie sankhya e vedanta ma piegandole al suo chiaro monoteismo. Usa la parola spirito (purusha) presa dai testi vedici e sankhya ma lo trasforma in Spirito altissimo e la Deità suprema  e nel capitolo dieci la dichiara come la più importante di tutte le classi di dei e uomini. Inoltre, non allude mai alla frase "Tu sei quello"; ma parla di Quello, esso è (tat, sat) come Realtà ed Essere, legandoli al dovere pratico e all'eternità.

I grandi maestri delle scuole vedantiche commentarono la Gita, le Upanishad e il Vedanta sutra, tra questi Shankara (monista , 788-820 circa) cominciò con l'affermare l'esistenza del sè, in quanto tutta la conoscenza deriva dall'auto esperienza; la base dell'esperienza è Brahman, conosciuto come il sè di ciascuno. L'apparenza del mondo è attribuita a maya, potenza illusione, irrealtà (il concetto di maya è appena accennata nelle upanishad). Il mondo esiste mediante maya, ma non è esistenza, è un vuoto, che scomparirà con la piena illuminazione e l'unione dell'anima con Brahman. L'anima si fonde con il divino, realizzando la propria vera natura. L'anima rimane anima individuale finchè non si libera dall'ignoranza e si esprime nella forma "io sono Brahman".  Shankara fu l'espressione completa del monismo e del neo-vedanta rifiutando il dualismo dell'anima e del divino.  Altri maestri come Ramanuja (teista , undicesimo secolo) ritenevano che il mondo e l'anima sono reali, non sono delle illusioni, ma dipendono da Dio e da una unità, dal momento che esistono come corpo di Brahman.  Nelle upanishad si trova scritto: "Colui che risiedendo in tutti gli esseri, pure da tutti gli esseri è diverso, che tutti gli esseri non conoscono, il cui corpo sono tutti gli esseri, che dall'interno regge tutti gli esseri". Questo è l'immortale reggitore, che pur essendo chiamato Anima, non può essere l'anima individuale dell'uomo.  Ramanuja insegnava un Non-dualismo qualificato, la comunione o unione delle anime con Dio, ma non la loro identificazione con lui. Insegnava la credenza di un Dio che potesse essere accettato come Dio personale identificando Brahman con Visnù e dando il via al risveglio della devozione per Visnù. Un altro grande filosofo vedantico fu Madhva (tredicesimo secolo) e proponeva un dualismo (dwaita) di Dio e uomo. Identificava Brahman con Visnù che è immanente nel mondo (reggitore delle anime) e trascendente (reggitore del mondo). l'anima è limitata e soffre a causa del proprio karma, tutte le anime sono differenti e trovano la liberazione in virtù della grazia di Dio. Madhva riconosceva che in molti testi delle upanishad era scritto "Tu sei quello", ma sottolineava anche altri testi parlavano di Dio e dell'anima come separati.   Parallelamente al culto di Visnù si sviluppò il culto di Shiva che è visto come il reggente dell'universo e abitante in tutti gli esseri; il non dualismo o monismo è respinto, e cacciata via l'ignoranza, l'anima ritrova la propria natura, e si ha l'unione con Dio, che non è però identità. C'è una perdita di egoismo e gli uomini abitano in lui.

 

L'anima indistruttibile - Geoffrey Parrinder (parte 2)

"Da ciò che Non è guidami a ciò che é, Dalla tenebra guidami alla luce, Dalla mortalità guidami all'immortalità". dalla Brihad-aranyaka Upanishad.

Questo bel libro L'anima indistruttibile di Geoffrey Parrinder è un'eccellente opera divulgativa che illustra in maniera chiara le varie filosofie indiane e  la differenza tra sè, anima, atman, Brahman.

Le varie teorie di un'anima indistruttibile, dell'eterna natura e di una mente universale o Dio non implicano necessariamente la rinuncia al mondo e alla vita. Per le upanishad il mondo non è irreale, poichè proviene da Brahamn come la ragnatela da un ragno o come le scintille dal fuoco. Alcune più recenti upanishad, tuttavia sottolineano una visione pessimistica del mondo completamente infelice e malvagio, e in quel periodo molti filosofi si soffermano sul dolore e la sofferenza (ai tropici si sviluppano molte più malattie rispetto all'Occidente) che è di tre tipi: il dolore naturale e intrinseco (malattia mentale e insanità mentale), il dolore naturale e estrinseco (dovuto a cause esterne),  e il dolore soprannaturale (dovuto a influenze di dèi e demoni). Per il buddhismo la capacità di superare il desiderio e la lussuria evita gli effetti del dolore grazie a un distacco che porta alla pace. La Gita, invece, insegna forme di yoga che disprezzano l'estremo ascetismo e danno pieno gioco alla vita in un mondo adeguato al proprio ruolo nella società. Il buddhismo è la più pacifica delle religioni e si diffuse in tutta l'Asia nonostante le persecuzioni. La morale buddhista è espressa in cinque precetti (pensil o pancha shila : la compassione, l'onesta, la purezza, la sincerità, la temperanza. Un libricino chiamato il Sentiero della virtù (Dhamma-pada) che molti buddhisti conoscono a memoria, insegna come superare il male col bene, dedicandosi agli altri e rinunciando ai propri piaceri. Anche i giainisti hanno questo aspetto monastico e ascetico che li spinge ad accentuare il distacco dal mondo e dai suoi piaceri, sebbene i loro templi siano tra i più elaborati e belli dell'India e hanno tutti questa epigrafe all'ingresso "La non-violenza è la religione più alta".  Il gianismo ebbe una grande influenza su Gandhi.

La dottrina sociale indù si trova nel Codice di Manu che riporta tre o quattro aspirazioni umane intorno alle quali furono raggruppati i doveri morali e sociali.  Queste sono: la virtù (o dovere - dharma), il guadagno (artha), il piacere (kama) a cui più tardi si aggiungerà la salvezza (moksha). La virtù comprende i doveri e responsabilità  di casta e degli stadi della vita: dello studente, capofamiglia, anacoreta, e asceta. Il Kama sutra includeva oltre l'arte erotica anche come fare ginnastica, cucinare, cantare, ecc.   La Gita è uno dei manuali più importanti di giusta condotta. Krishna enuncia, prima, la dottrina dell'anima indistruttibile, poi passa parlare del dovere di classe (è dovere di un guerriero combattere).  La Gita critica severamente coloro che pensano che solo attraverso l'ascetismo si possa arrivare alla perfezione. Invita a una sottile forma di distacco e all'azione: "ciascuno è fatto per agire". nessuno è immune da una certa forma di attività, neppure un'asceta. L'azione deve essere però svincolata da ogni speranza di ricompensa. Anche Dio è costantemente all'opera nel mondo altrimenti l'universo si disintegrerebbe. L'azione dell'uomo deve essere completamente disinteressata, distaccata dai risultati, e poi deve subentrare un attaccamento positivo a Dio attraverso la devozione e l'amore (bhakti). L'uomo perfetto nella Gita è quello che non è toccato da collera, desiderio e cupidigia che sono le forze che distruggono la pace; Nel buddhismo queste forze sono simboleggiate dal gallo, serpente e maiale. Dio è lo stesso verso tutti, nessuno gli è odioso o caro, tuttavia coloro che lo amano dimorano in lui e lui in loro.   L'azione deve essere associata alla saggezza (jnana) che non è la conoscenza di cose ordinarie, collezione di fatti, ma la percezione della realtà eterna. L'azione è paragonata a un sacrificio che gli uomini offrono agli dei. Anche il peggiore dei peccatori può attraversare il mare del male con la nave della saggezza e rinascere.  La Gita offre agli uomini  tre vie alla salvezza spirituale: L'azione, la saggezza e l'amore.

 

Una via occidentale allo zen - Christian Humphreys (parte 1)

Christian Humphreys (1901-1983), l'autore del libro, fondò nel 1924 a Londra la Buddist Società, la più vasta organizzazione d'Europa.

Una buona parte delle citazioni del libro sono di D.T. Suzuki, uno dei massimi studiosi buddhista. Il buddhismo zen è giunto in Occidente nella forma della scuola Rinzai Zen, che fa largo uso del sistema koan. Lo Zen fu fondato nel sesto secolo dopo Cristo e include la scuola Ch'an della Cina e la scuola Zen del Giappone. Lo Zen verte su una sola cosa: la consapevolezza dell'assoluto nel cuore dell'uomo, una delle facoltà importanti per arrivare a questa consapevolezza è prajna o buddhi,  in Occidente l'intuizione. Lo Zen è il sistema di disciplina morale fondato sul satori, dobbiamo spingere lo sviluppo dell'intelletto fino ai suoi limiti e preparare la mente all'esperienza del satori, alla diretta esperienza della realtà non duale. Al momento giusto si scoprirà che il  nirvana è qui e ora. Si potrà così balzare dall'aria dualistica di questo mondo individualista all'altra riva del nirvana.  
Il Buddha trasmise questo messaggio: "non ho maestro, sono il pienamente illuminato, andrò a Benares a mettere in moto la Ruota della legge, percuoterò il tamburo dell'immortalità nell'oscurità del mondo". Questa è l'affermazione su cui poggia il buddhismo. Ciò significa che: 1- il nirvana deve essere ottenuto qui e ora, 2-  quello che un uomo può fare, tutti lo possono fare, 3- l'immortalità, il Non-Nato, il non creato può essere raggiunto dall'uomo, ed è qui e ora. Nel buddhismo non c'è nessun dogma, nessuna affermazione di salvezza, il praticante deve portare il fardello della libertà spirituale. Dobbiamo partire dall'uomo per arrivare a un principio, al principio del Buddha interiore. "Guarda dentro di te, tu sei il Buddha". 
Questo concetto è ereditato dall'induismo dove ogni uomo è già in un certo senso Brahman, in virtù dell'Atman che è  in ogni mente, la cui luce è un raggio del Non Nato. L'elevato stato di coscienza porta all'illuminazione e alla consapevolezza di tutte le cose come parti di un Tutto inseparabile, non c'è separazione e l'anata (il non sè) è sentito come vero. 
Le due colonne del buddhismo sono la saggezza e la compassione e che le due sono una sola; queste due facoltà  vanno messe al servizio del genere umano. I principi della scuola Thevarada furono sviluppati dal pensiero indiano: l'anata fu trasformato in sunyata, la vacuità;   metta l'amicizia fu trasformata in compassione che è  una sola cosa con la saggezza, il Non nato fu visto come una sola cosa con il nato. Il nirvana è qui nel samsara dove sarà conosciuto. 
Siamo già esseri illuminati, ma inconsapevoli, l'avidità, l'ignoranza ci impedisce di vedere. Il buddhista attraverso la compassione è al servizio del genere umano, e alla fine attraverso l'unicità della prajna (saggezza) e karuna (compassione) trova la 'porta senza porte' che conduce all'ultimo sentiero: scoprire che tutti i Buddha e tutti gli esseri senzienti non sono altro che l'Unica Mente oltre la quale nulla esiste.  
Pag. 26.  Tra tutti i percorsi filosofici o religioni, solo il buddhismo conferisce un'importanza fondamentale alla sofferenza. Il Buddha insegnava il dolore è la fine del dolore. Nell'uomo non esiste nessun principio permanente o anima o sè che sia immortale e immutabile; in ogni uomo c'è la scintilla del Divino o Assoluto che il Buddha chiamò il 'Non nato' non originato, non formato, questo principio o atman non è soltanto suo. 
Quale è la causa di tutta questa infelicità? Nel canone Pali si dice: "è quella brama che genera la nuova rinascita, e legata alla lussuria e all'avidità trova, ora qua, ora là, sempre nuovo piacere. Il desiderio, può  comunque essere indirizzato e trasformato in compassione!. 
D. T. Suzuki sottolinea che l'addestramento buddhista consiste nel trasformare il trisna nel karuna, l'amore egocentrico in universale.  Nel processo di crescita l'individuo diventa antisociale, cattivo, sviluppa desideri che portano a sofferenza e la causa è essenzialmente avida, l'ignoranza. 
La grande eresia della separatezza distoglie dal resto. Non ci son altri, non c'è differenza. La totalità del samsara è tutto ciò  che è in esso e  non rivela altro che l'assoluto. Il samsara agli occhi dell'assoluto è maya. 
Ma come posso liberarmi dell'ego? Come posso io liberarmi di me? 
Sempre Sukuzi ha scritto: "l'illuminazione consiste nel vedere l'ego assoluto come riflesso nell'ego relativo è che agisce attraverso di esso". 
Perché  percorriamo il sentiero? Dovremmo cercare di metterci al servizio del genere umano, è  preferibile manifestare amore che ottenere un rapimento estatico, non è un sacrifico ma solo un'opportunità  di servire. Si devono giudicare gli uomini in base ai loro moventi e all'effetto morale delle loro azioni. 
Per quanto riguarda il Sè, la scuola Theravada afferma che non esiste nessun sè di alcun tipo, ma Suzuki sottolinea che la negazione dell'atman si riferisce all'ego relativo e non all'ego assoluto, ossia l'ego dopo l'esperienza dell'illuminazione. Il sentiero dovrebbe essere percorso fin dal principio con una mente che si risveglia alla saggezza e un cuore che si risveglia alla compassione, infatti i due sono uno solo. La scuola della giusta azione sul sentiero è la vita quotidiana. 
Hui-neng il fondatore della scuola Zen dice: coloro che desiderano allenarsi spiritualmente possono farlo in casa, e superfluo vivere nei monasteri. R.B. Blyth dice: 'la perfezione significa non azioni perfette in un mondo perfetto, ma azione appropriata in un mondo imperfetto'. In verità nessuna azione ci lega, ma solo il nostro atteggiamento verso di essa. 
In The root and the flower, l'autore A. L. Myers faceva dire ad un vecchio maestro: "nessun uomo può  dare ai suoi simili maggior beneficio che con la forza del proprio esempio". Prima di meditare dovremmo essere in grado di controllare noi stessi, e questi metodi possono portare a qualche esperienza al di là di tutta la dualità, dell'assoluto, che il Buddha chiamò il Non nato
Esperienza indimenticabile ma incomunicabile. Tutto è nella mente: il percorso,  il pellegrino e la metà. Nulla è tranne la mente del Buddha
E la metà? Silenzio, e un dito indica la Via. Lo scopo del buddhismo è la liberazione dalla rinascita, dall'attaccamento, a cui ci lega il desiderio fino a che è minimamente 'egoistico'. Il discepolo viene allenato a ricordare le proprie vite precedenti. L'uomo non può sfuggire alle sue azioni malvagie, perciò tutto ritorna all'an-atta, il falso sè che costruisce la casa dell'illusione. 
Il Buddha  proponeva la dottrina del nessun Sè e l'impermanenza dell'individuazione e l'altruismo. Mrs Rhys Davids, una delle prime studiose di Pali dice: "l'uomo vero e proprio, sè, spirito, anima, purusa, non è reale". Il primo buddhismo propose una dottrina della rinascita in una forma ben definita. Il sostenere o negare un Sè non conduceva alla pace della mente. Nei cinque skanda (i cinque aggregati sono: forma, rūpa; sensazione, vedanā; percezione, saññā; formazioni karmiche, saṅkhāra; coscienza, viññāna) che sono gli elementi costituenti la personalità, non si può trovare alcun Sè permanente, il resto è silenzio, infatti nulla di utile si può dire del Non Nato, di cui l'Atta è un riflesso. 
Nel canone Pali viene indicato un sè minore e un sè maggiore chiaramente distinti, e il più grande sè è descritto come abitatore dell'incommensurabile. Il sè è signore del sè, e il sè è destinazione del sè.  Il Sè che è in te, sa ciò che è vero e ciò che è falso. 
I primi monaci attaccarono il concetto di atman (degradato ai tempi del Buddha fino a una cosa della dimensione di un pollice, nel cuore umano), si spinsero troppo oltre dichiarando "nessun se, nessun sè" che poi prese piede.  Secondo il Buddha i praticanti dovrebbero dirigersi verso il Più finché non si affrancano dall'attaccamento alla Ruota della rinascita nella conscia consapevolezza dell'immutabile. Allora cosa rinasce? Secondo l'autore potrebbe essere un continuum separato di impulso karma oppure un raggio della luce del Non Nato, Quello che rinasce non è immutabile e quindi non rinasce certo l'anima immortale.  L'uomo è un mero groviglio di skanda, nuovo di momento in momento, di nascita in nascita, (che possiamo chiamare carattere) finché non è disperso con l'estinzione del desiderio. Ma finché ciò non accade l'individuo è un essere con un passato definito che può ricordare grazie a un appropriato allenamento. E' l'individuo che deve compiere lo sforzo, il Buddha indica solo la via. 
La dottrina Anatta non è di alcun impedimento alla dottrina della rinascita. Il Buddha ha insegnato che due sono i sè, Atta e Non-Atta ( il Sè è il signore del sè) ed entrambi sono le manifestazioni, come ogni altra cosa, del Non Nato, Non originato, Non formato, il Parabrahman dell'induismo, lo spirito di San Paolo.  
Il Mahayana non si è mai curato della noiosa questione della scelta tra rinascita e anatta, mentre il Theravada ha molto insistito sul concetto del nessun sè, nessun sè. L'autore preferisce la libertà e la gioia del processo universale, la sua unità vivente con il Non nato da cui proviene.
Il Sè è, e nulla è non sè in essenza e il Sè, l'essenza della Mente pura come l'ha chiamato Hui-neng, è il Buddha interiore, proprio come gli skanda, grevi di illusione, non sono coscientemente il Sè: "questo non è il Sè di me!". 
 

Tre libri sulla vita del Buddha:

  • Life of the Buddha di Mrs Adam Beck;  
  • Life of the Buddha di E. H. Brewster;  
  • The life of Buddha in Legend and History di E. J. Thomas.

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