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mercoledì 16 novembre 2022

Il buddhismo è una religione? - Il monaco e il filosofo

Per rispondere alla domanda se il buddhismo è una religione, utilizzerò le parole di Matthieu Ricard, il monaco francese più conosciuto in Europa, ed interprete di Sua Santità il Dalai Lama, che terminata la sua tesi sull'ingegneria molecolare parte per l'Himalaya  e diventa buddhista.

In questo periodo mi sono rimesso a leggere i libri che mi avevano colpito e avevano influenzato il mio pensiero e tra questi c'è Il monaco e il filosofo, che riporta il dialogo tra Jean-François Revel e Matthieu Ricard, un confronto tra laicità e buddhismo, e c'è un capitolo in questo libro in cui si pone la domanda: "Il buddhismo è una religione? E' una saggezza, una metafisica? E' una domanda posta spesso al Dalai Lama a cui risponde spesso con allegria:  "povero buddhismo, rifiutato dalle religioni, che asseriscono che è una filosofia atea, una scienza della mente, e dai filosofi che non definiscono il buddhismo una filosofia ma lo avvicinano alle religioni.  Questo diventa  un vantaggio perché permette al buddhismo di gettare un ponte tra religioni e filosofie".

In questo testo un padre e un figlio discutono appassionatamente sul buddhismo e sui punti di contatto con il pensiero occidentale, con  forza, chiarezza  ed  l'incisività. Il padre è Jean-François Revel, pseudonimo di Jean-François Ricard, filosofo, saggista e personalità di spicco del panorama intellettuale francese; mentre il figlio è Matthieu Ricard, brillante neurobiologo che a ventisei anni, nel 1972, si è trasferito in Oriente per farsi monaco buddhista, intraprendendo un cammino che l'ha reso uno dei più importanti esponenti in Occidente di questa disciplina spirituale. In questo dialogo scambiano le loro idee sul rapporto tra la ricerca scientifica e il percorso spirituale, tra la spiritualità e la religione, tra filosofia orientale ed occidentale, tra spiritualità religiosa e laica,  sull'impatto del buddhismo in Occidente. 

Per Emil M. Cioran (1911-1995) un filosofo, saggista e aforista rumeno, tra i più influenti del XX secolo, la conoscenza è sofferenza, o in ogni caso non può acquisirsi che attraverso la sofferenza. Ed è con l'accettazione di questo presupposto che si misura il valore di uno spirito (e aggiungerei io di una persona). L'inizio della ricerca spirituale è austero, bisogna fare uno sforzo su se stessi, affrontare la sofferenza della conoscenza, o ancora "Il rigore dell'ascesi".
La conoscenza per il buddhismo è la delucidazione della natura del mondo fenomenico, della natura della mente. L'ignoranza è dovuta all'attaccamento all'IO. Quando la ricerca spirituale si traduce in una vera trasformazione interiore, è una ricerca prettamente vivente. Il buddhismo considera la scienza una visione importante ma parziale della conoscenza. Una delle caratteristiche di una pratica spirituale stabile è l'invulnerabilità alle condizioni esterne, favorevoli o sfavorevoli.

Il buddhismo è una tradizione metafisica che emana una saggezza applicabile a tutti gli istanti dell'esistenza e in tutte le circostanze. Il buddhismo, in effetti, non è una religione se si intende per religione un'adesione ad un dogma che bisogna accettare per fede.   Se si considera una delle etimologie della parola religione, "quello che collega", il buddihsmo ci collega alle più alte verità metafisiche. Il buddhismo comunque non esclude la fede, se la si intende come una convinzione intima e forte che nasce dalla scoperta di una verità interiore. La fede è anche la meraviglia di fronte a questa trasformazione interiore.  Infine, il buddhismo non è un dogma, in quanto il Buddha ha sempre detto che si dovevano esaminare i suoi insegnamenti, meditarci sopra, che non dovevano essere semplicemente accettati, ma sperimentati.  Bisogna esaminarli, dice il Buddha, come si esamina una pepita d'oro. Per sapere se è pura, si sfrega su una pietra piatta, la si martella, la si fa fondere sul fuoco.

Il Buddha non è venerato come un Dio o come un santo, ma come il saggio, il realizzato, colui che si è svegliato dalla notte dell'ignoranza e che ha sviluppato tutte le qualità spirituali e umane.

L'unico aspetto un po' controverso è la presenza di un ordine monastico nel buddhismo. Alcuni lama sono laici e possono avere delle relazioni sessuali e sposarsi. Altri sono dei monaci con voto di castità.  La comunità monastica buddhista, il Sangha, è stata fondata dal Buddha per coloro che vogliono dedicare completamente la loro vita alla realizzazione dell’illuminazione. La vita monastica permette di lasciarsi alle spalle le preoccupazioni e le complicazioni della vita laica, dedicando quasi tutto il proprio tempo ed energia al raggiungimento della liberazione. Offre anche la possibilità di vivere in solitudine, fattore molto importante per poter sviluppare stati meditativi profondi e saggezza. Il Buddha ha inoltre istituito un codice di condotta e di disciplina molto dettagliato ed elaborato per aiutare i monaci a coltivare la virtù.  Tra il sangha monastico e i laici buddhisti c’è una relazione di interdipendenza. Il sangha dipende dai laici per i bisogni materiali, e in cambio i monaci e le monache forniscono una guida spirituale e un sostegno morale alla comunità laica. 

Il testo è stato pubblicato nel 1997 ed ha avuto un enorme successo mondiale, e Matthieu Ricard ha utilizzato i diritti di autore per creare l'associazione Karuna-Shechen nel 2000. L'associazione porta avanti progetti umanitari nel campo dell'educazione, della sanità per le persone svantaggiate dell'India, Nepal e Tibet.  Vedi sito https://karuna-shechen.org

Uno dei motivi che hanno spinto Matthieu verso l'Oriente è stato il seguente: spesso il genio che manifestano le grandi personalità in Occidente, non è accompagnato da perfezioni umane anche le più semplici come ad esempio l'altruismo, la bontà, la sincerità. Invece, il modo di esistere dei maestri tibetani sembrava il riflesso di quello che insegnavano.  Matthieu ha incontato per la prima volta la cultura tibetana e i lama nel film Himalaya, Terre de Sérénité: Le Lac des Yogis di Arnaud Desjardins.

sabato 5 marzo 2022

Filosofia indiana - Marc Ballanfat

 

La philosophie indienne au fil des jours avec Marc Ballanfat  https://www.youtube.com/watch?v=O00phYKNDQ8            https://www.franceculture.fr 

 Questi video sono molto interessanti, ed offrono un panorama sulle filosofie indiane, sono però in francese. 

Marc Ballanfat è professore di filosofia, traduttore dal sanscrito e specialista dei filosofi dell'India antica. È anche docente all'Università di Paris-IV Sorbonne..

venerdì 11 febbraio 2022

Christian Bobin

Christian Bobin (1951- ) è uno scrittore, poeta e aforista francese, vincitore del premio Prix des Deux Magots nel 1993 e del premio Prix de l’Académie Française nel 2016..

Christian Bobin è considerato uno dei maggiori scrittori francesi contemporanei di ispirazione cristiana. La persona viva che ripetutamente evoca è il bambino, colui che ama, che gioca ad amare, che non deve giustificare le proprie azioni. Nessun autentico incontro può avvenire fuori dall'amore, ma nessun amore è possibile se non comincia dalla spogliazione del proprio io, dal ristabilire dentro di sé il silenzio che prelude "all'accoglienza".   
E' un autore che parla della sacralità della parola e della purezza della vita, senza la pretesa di rivelare chissà quale mistero, né proporre ricette per la felicità. 
La vita per Bobin è fonte di inesauribile contemplazione. Per contemplarla e viverla pienamente Bobin sta in silenzio, in solitudine, osserva più che scrivere, ascolta più che leggere. 
Ama la solitudine più di una donna, confessa. 
E guarda alla vita nelle cose essenziali, nella loro semplicità.  Non c'è leggerezza migliore di quella di osservare la vita quotidiana, senza pretese e senza porsi domande, come "stare ad osservare la pioggia che scivola sui vetri". 
Al di là della semplicità, Bobin rimette continuamente in discussione gli schemi e i modelli culturali consueti. Invita il lettore alla vera lettura e guardare alla vita così com’è “chiudi il libro e siediti all’ombra di un albero, goditi il silenzio della natura, il profumo delle rose, lascia andare la morte”. Bobin si fida solo dell’amore che, in quanto dimensione di apertura totale alla vita, rende possibile il dialogo.  Lotta contro la morte delle emozioni e dell'apatia che ritiene siano uno dei problemi più grandi della nostra civiltà.

 Le sue prime pubblicazioni risalgono alla fine degli anni ’70. Il successo, però, arriva solo nel 1991 grazie a “Une petite robe de fête”. Ma ancora più clamore suscita un libro pubblicato l’anno dopo, si tratta di “Le Très-Bas”, dedicato a Francesco d’Assisi e vincitore di alcuni premi letterari. E' stato tradotto in italiano con il tittolo  “Francesco e l’infinitamente piccolo”.  Ecco alcune citazioni di Christian Bobin:
  •  L'amore, la solitudine sono come i due occhi d'un unico volto: non diviso, né divisibile
  • Amare significa aver cura della solitudine dell'altro, senza mai pretendere di colmarla né conoscerla.
  • Chi è senza denaro mancanza di tutto. chi è senza lettura manca della mancanza.
  • Con la fine dell'amore, appaiono i re magi: la malinconia, il silenzio e la gioia.
  • I grandi libri, i libracci, i giornali, va bene tutto a chi ama leggere, è tutto cibo per l'affamato. Da un lato chi non legge mai. Dall'altro chi non fa altro che leggere. Esistono proprio delle frontiere tra le persone.
  • L'amore è distacco, oblio di sé. Non possiamo arrivarci con le nostre forze, perché tutte le nostre forze sono costantemente impiegate nell'ammassare il mondo alla superficie del nostro "io".
  • Siamo fatti soltanto di coloro che amiamo e di nient'altro.
  • Dobbiamo nascere due volte per vivere un po', anche solo un po'.
  • L'uso migliore di questa vita è di non farne nulla.
  • C'è una stella in cielo per ciascuno di noi, abbastanza lontana perché i nostri errori non possano mai offuscarla.
  • Il giorno in cui acconsentiamo a un po' di bontà è un giorno che la morte non potrà più strappare dal calendario.
  • Un evento nella vita è una casa con tre porte separate: morire, amare, nascere. Non si può entrare se non varcando le tre porte simultaneamente. È impossibile, ma questo avviene.
  • I momenti più luminosi della mia vita sono quelli in cui mi accontento di vedere il mondo apparire. Questi momenti sono fatti di solitudine e silenzio. Sono sdraiato su un letto, seduto a una scrivania o cammino per strada. Non penso più a ieri e domani non esiste. Non ho più legami con nessuno e nessuno mi è estraneo. Questa esperienza è semplice. Non c'è da volerla. Basta accoglierla quando arriva. 
  • Quello che è bello è il cercare il senso della vita, non il riuscire a scoprirlo, perchè se lo trovate può essere pericoloso.       
  • La vita quotidiana rappresenta la bellezza, la parte più bella dell'esistenza, è dell'oro puro,  è la nostra compagna più fedele, è quello che porteremo con noi fino alla morte. Bisogna depurarla dalle glorie e dai dogmi.
  • La lettura è una finestra che apriamo nel quotidiano, che illumina il quotidiano, altrimenti non c'è niente.
 vedi:  https://www.youtube.com/watch?v=gSegkQo0cao 

mercoledì 5 gennaio 2022

Convinzioni - Bertrand Russel

 "Il fatto che una convinzione sia ampiamente condivisa non prova assolutamente che non sia del tutto assurda, vista la stupidità della maggioranza degli esseri umani, è più probabile che una convinzione diffusa sia più priva di senso che ragionevole".  Bertrand Russel.

Bertrand Arthur William Russell (1872 - 1970) è stato un filosofo, logico, matematico, attivista e saggista britannico. Fu un autorevole esponente del movimento pacifista.


sabato 4 dicembre 2021

Uomo e società asiatiche

Uomo e società nelle religioni asiatiche, Giuseppe Tucci, Corrado Pensa.  

Per l'uomo la consapevolezza della sua morte ebbe maggior peso della scoperta del fuoco, per sfuggire a questa paura l'uomo ha creato Dio,  Dio diventa così, una proprietà condivisa fra le classi che governano e le caste sacerdotali.

L'India spoglia Dio di ogni essenzialità, riducendolo, ad Isvara (un Dio personale), il cui potere creativo produce maya. L'assoluto e la maya diventano così due poli indissolubili.  L'India pur pullulando di dei e fedele a crude superstizioni è andata alla ricerca del superamento della morte, ma per questo non ha avuto bisogno di un Dio. I Jaina predicano l'evasione perpetua dal mondo dello spazio-tempo.  L'uomo in India è stato spesso considerato più potente degli dei e la la maledizione di un asceta è considerata più forte della volontà di un dio. I sadhu, gli asceti spezzano l'idolatria, l'India che sembra il paese più religioso al mondo, di fatto stempera Dio in una esaltazione mistica, vanificandolo.

Non sono gli dei che esistono, ma è l'uomo che li crea. Dio è figlio del terrore del nulla o un fallace sollievo alla paura della morte.  Sono pochi quelli che riescono a scoprire questa gelida, ma superba verità: i grandi solitari, gli spiriti eletti, gli “stranieri”, coloro nella cui mente è scoppiata la fulgurazione dell'assurdità del vivere; coloro che non hanno bisogno di nessun sostegno esterno, come la religione, per affrontare e sopportare la tremenda incongruenza dell'esistere.

Ma i sadhu degni di questo nome, hanno superato tuti i vaneggiamenti religiosi e sopprimendo il terrore della morte sanno che ad attenderli resta soltanto un Tutto che è nulla: quel nulla che la credulità umana nasconde sotto la seduzione di paradisi o altro; la vita resta quello che è: breve spanna di tempo tra due esistenze.

 Buddha nega sia l'esistenza di Dio e dell'anima, sia l'esistenza del Sè.  Confucio dice: "Se tu non sai nemmeno che cosa è questa vita, perché pensi a quello che ci sarà al di là di essa?"

Poi ci sono i mistici, Kabir, Caitanya, Ramakrishna, i posseduti da Dio, per loro la fede è una realtà vissuta e posseduta al di fuori e al di qua di ogni discorso logico, una dedizione piena ed assoluta, l'opposizione alle debolezze umane, al compromesso, insomma alla vanità e assurdità del mondo.

Il Buddhismo Theravada - Corrado Pensa

La natura del Bhudda è presente in tutti gli uomini. Secondo il buddhismo Hinayana, l'unica cosa da fare è cercare di estinguere il dolore, lo spegnimento del dolore è la massima conquista proposta all'uomo.  La dottrina è basata anche su forme di ascetismo.  Il buddhismo Mahayana invece è più universalista, secondo i testi, la sete di non essere, è equiparata al disordinato desiderio dei sensi e all'attaccamento della vita.  Per il Buddhismo invece di guardare la realtà ultima, occorre guardare la situazione attuale del singolo individuo. Prima bisogna capire per quali ragioni l'uomo è governato da ignoranza e passione.

Il buddhismo critica sia il ritualismo (della tradizione indiana), sia l'ascetismo (spesso fanatico e insensato). Il Buddha non è visto come un Dio, ma come quell'uomo particolarmente evoluto che ha scoperto l'antico sentiero che conduce al nirvana e che lo ha voluto mostrare agli altri. Dalla dottrina delle quattro verità, (il dolore, la causa, l'estinzione, la via che porta all'estinzione) scaturisce l'impalcatura fondamentale del sistema, cioè l'analisi del condizionamento esistenziale e l'elaborazione dei mezzi di liberazione.

Buddhismo, criticando la speculazione brahmanica, è contro la teoria di un atman personalistico, corporeo, materiale o come principo spirituale permanente.   Mette in guardia anche contro la concezione più evoluta di atman – Brahman. Tale concezione presenta punti di contatto con il nirvana: immortalità, libertà, conoscenza, stato incondizionato e permanente. Il buddhismo però, critica anche questa concezione: perchè è una realtà assoluta data prima, posta all'inizio, da cui poi si può dedurre il cosmo, in tal modo l'antropologia si trasforma in teologia.

Nel Mahayana, invece, si parlerà spesso di un principio luminoso o buddhità come germe di illuminazione presente in tutti gli uomini. Sia il buddhismo che l'induismo hanno introdotto il concetto di karma, l'azione non muore dopo che è compiuta, è produttiva di energia creatrice. Il microcosmo e il macrocosmo sono costituiti da un incessante vibrare di  impulsi o onde, che si succedono senza soluzione di continuità e senza alcun carattere di permanenza. L'esistenza e la vita sono viste come un continuo fluire e un continuo cambiamento, una teoria che ha molte consonanze con la scienza moderna.

Per il buddhismo l'atman è un ostacolo,  l'uomo non deve cercare sollievo a questo senso di impotenza dinanzi al continuo fluire delle cose, mediante una consolante immagine precostituita di stabilità (atman) la quale non sarà che una proiezione illusoria di desiderio di pace e di immobilità. L'atman impedirebbe la ricerca e l'analisi, precludendo all'uomo la presa di coscienza completa della legge che concatena i fenomeni in un flusso incessante, del continuo rinnovarsi dell'energia di base in mille forme mutevoli.

La Meditazione -  Corrado Pensa.

La meditazione è un fenomeno molto complesso da qualunque punto di vista lo si guardi, storico, filosofico, religioso, psicologico, esperenziale-vissuto.  Abbiamo una meditazione antica, moderna, una orientale, una occidentale, una meditazione orientale esportata in occidente. Proporre la categoria globale “meditazione” non è legittimo.  Nel campo della meditazione sono possibili due tipi di ricerca: unificante, o descrittivo discriminante. Questi due tipi di approcci non sono contraddittori.

Sia se leggiamo testi classici sapienzali, sia moderni, l'elemento di partenza è che siamo davanti ad una costante dell'uomo: un disagio esistenziale di fondo che induce l'individuo a ricercare i mezzi capaci di effettuare un cambiamento. Spesso questa ricerca è superficiale, oppure una vernice esotica per nascondere un sostanziale desiderio di conservazione.  Questa ricerca è  collegata a processi di maturazione interiore, ma non è legata ad esiti estatici. Esistono due tipi di meditazione:

  • Evocativa: si basa sull'idea di sollecitare e richiamare emozioni di carattere positivo, ad esempio la Mindfulness.
  • Asciutta: abbiamo un processo di focalizzazione su un supporto singolo (un oggetto, la respirazione, una formula mentale, ecc) come ad esempio la meditazione Zen. C'è una chiusura dell'individuo allo scorrere delle emozioni e dei pensieri. Anche in questo tipo di meditazione, nel dopo meditazione si riscontra una espansione della coscienza e della sensibilità.

Questa espansione è un meccanismo psicologico della de-automazione, infatti ognuno di noi costruisce la realtà più che vederla, escludendo una quantità di materiale. La mente è governata da una gerarchia automatica di valori e condizionamenti.  Il distacco nella meditazione, è il distacco dagli impulsi e interessi consuetudinari e ciò è il pre-requisito di un cambiamento.  Questo distacco, va inteso, come fattore operativo e non come precetto moralistico. l'obiettivo è cercare di trattenere le vibrazioni emotive generate durante l'esercizio meditativo.  La meditazione si iscrive in un quadro ampio costituito anche da studio dei testi, rapporto profondo con il maestro, un esercizio metodico delle virtù.  

Per Neumann il tratto più qualificante di sistemi come lo yoga e il buddhismo è quello di essere imperniati su una tensione creativa bipolare, da un lato il rafforzamento dell'io e dall'altro la progressiva discesa nell'inconscio.  Il mistico creativo ha quindi tutt'altro che una riduzione della tensione.  Il mistico regressivo, invece, spaventato dal confronto con l'ignoto si ritrae dal mondo appagandosi di una luce estatica e remota.   Il punto d'incontro tra queste due figure può essere

l' emblematica figura del boddhisattva, con un piede nelle passioni mondane e un altro nella chiara coscienza nirvanica, senza timore della tensione che incorre tra queste due sfere, mostrando così di preferire una tensione produttiva ad una stasi luminosa.

Il rilassamento, la quiete mentale, cui porta la meditazione, non è un fine, ma è funzionale al rilassamento da tensioni conflittuali per far spazio a una tensione espansivo-creativa.

In Oriente c'è una certa ipertrofia nel campo della meditazione, in Occidente c'è un'ipertrofia di segno opposto, di senso attivistico, peculiare dell'Occidente. Oriente ed Occidente dovrebbe incontrarsi per una vicendevole correzione.

La Cina – Lanciotti Lionello

Il pensiero filosofico- spirituale in Cina è stato caratterizzato dal Confucianesimo e dal Taosimo.

La Cina è stato una società burocratica dal 221 a.C. al 1912 dove non ci sono state guerre religiose  e non si è verificato il ripudio di concezioni preesistenti. La Cina è stata il paese dei filosofi, e sembrò al '700 europeo il modello politico ideologico da seguire.

Il confucianesimo ha un carattere laico e lega a filo doppio etica e politica, privilegia il culto degli antenati che ha origini antichissime. La grafia era uno strumento di potere.

La dottrina taoista invece respinge globalmente il sistema confuciano. In comune hanno solo il concetto di ordine che nel taoismo è il Tao all'origine di tutte le cose, e nel confucianesimo è l'ordine morale. Le fasi del raggiungimento del Tao sono: il distacco completo dal mondo fenomenico, la rinuncia e  lo stato estatico. Per Maspero: "il taoismo è una dottrina di salvazione individuale che pretendeva di condurre l'adepto all'immortalità".

Il taoismo adotta pratiche igieniche e respiratorie simili allo yoga. Il cinabro è usato come autentica droga dell'immortalità. Nel sud della Cina sono presenti ancora oggi, elementi ricorrenti dello sciamanesimo. Nella Cina esiste un Pantheon sincretista derivante dalla religione popolare. Il Wu wei è un altro importante precetto del taoismo che riguarda la consapevolezza del quando agire e del quando non agire. Wu può essere tradotto come non avere; wei con azione. Il significato letterale è quindi senza azione o meglio non azione. È parte fondamentale della regola wei wu wei. Per la medicina tradizionale cinese, il cibo aiuta a mantenere in equilibrio le forze che regolano la nostra esistenza, lo yin e lo yang e il taoismo ha alla base dell'alimentazione una serie di regole come non mangiare i cinque cereali.

L'idea di peccato arriva in Cina nel secondo secolo d.C quando appaiono i primi testi cinesi che parlano di inferno, dove sarà punito chi è sfuggito alla giustizia terrena. Secondo i taoisti, il peccato accorcia la vita e nei praticanti taoisti era in uso l'autodenuncia pubblica.

Dopo la grande persecuzione del 845 decade la potenza istituzionale del buddhismo.

Il taoista è un individualista, un anarcoide che vive ai margini della società cinese, ma dopo la rivoluzione culturale, la società prenderà il sopravvento sull'uomo.

Per Spinoza "l'uomo guidato dalla ragione è più libero nella società, dove vive secondo una natura comune, che in solitudine, dove comanda solo a se stesso".

Il Giappone – Adolfo Tamburello.

In Giappone non c'è stato lo sviluppo di un'iconografia religiosa, qui prevale l'animismo, ossia quell'insieme culti nel quale viene attribuita qualità divina o soprannaturale a oggetti, luoghi o esseri materiali. Vengone attribuite delle proprietà spirituali a determinate realtà fisiche come sassi, fiumi, montagne, ecc.  La cosmogonia, l'origine del cosmo è quasi completamente trascurata.

In Giappone è presente lo shintoismo, una serie di credenze e culti nati dal connubio di una religiosità di popolazioni agricole con quella di popolazioni di cacciatori e pescatori. Politica e religione sono una cosa sola: nello shintoismo c'è la mitologia dell'ascendenza divina della dinastia regnante. L'incarnazione del sovrano deriva dal buddhismo che seppe legarsi intimamente alla sfera politica.

Nel 767 un decreto permise ai monaci di officiare nei santuari shintoisti e da allora apparvero numerosi templi di culto sincretistico.   La decadenza materiale e spirituale favorì numerosi movimenti riformistici. Tra questi il movimento di Nichiren (1228-1282) che assegnava al Giappone la funzione di salvare il buddhismo e di ripristinare i valori originali trasmessi dal sutra del loto.  Alla base di questa corrente spirituale c'è  la lettura di formule sacre che assicura una costante protezione al fedele che ha anche il  il dovere di convertire tre persone all'anno a questa corrente spirituale.

In questo periodo cominciò a farsi strada lo zen, con i suoi ideali di contemplazione e di meditazione, intese sviluppare una ricerca interiore, non per soddisfare un'ascesi o un anelito dell'animo umano a un divino trascendente, ma per cogliere quanto di universale e di assoluto alberga nell'uomo. Lo zen fu una filosofia religiosa e fu coltivata da coloro che erano orientati verso la propria o altrui elevazione. I maestri zen si astennero dalla pratica religiosa che spesso assumeva le vesti di una magia.

Poi l'idea laica del confucianesimo fu posta a fondamento etico dello stato, i culti religiosi vennero sostituiti dai culti ancestrali e di stato.  Il confucianesimo arriva in Giappone nel VI secolo d.C., insieme al buddhismo, e viene applicato soprattutto alla sfera politica e amministrativa.

Nella Costituzione dei 17 articoli emanata dal principe Shōtoku nel 604 d.C., il primo articolo fa riferimento proprio all’armonia. Il documento stabilisce princìpi confuciani per l’organizzazione della società: importanza della gerarchia, lealtà, obbedienza, decoro rituale, moderazione. La società è organizzata in un sistema gerarchico ben strutturato, ed è facile immaginare l’interesse della classe dominante per alcuni elementi della dottrina confuciana. In verità, però, in questo periodo il confucianesimo è anche in gran parte sinonimo di cultura e si diffonde per il suo legame con l’istruzione.

Lo shintoismo e il buddhismo temperarono il confucianesimo e promossero una serie di culti sincretistici indirizzati ad un'unitaria fede nazionale. La contemplazione e la meditazione furono utilizzate solo per una ricerca interiore.

giovedì 29 aprile 2021

André Comte-Sponville - Présentations de la philosophie

Dal libro di  André Comte-Sponville Présentations de la philosophie del 2000.

La filosofia secondo Kant è la dottrina e l’esercizio della saggezza.  E' una riflessione sui saperi disponibili; bisogna riflettere su quello che noi siamo, su quello che noi viviamo, su quello che noi vogliamo. La Filosofia è anche vivere con ragione. Si determina il campo della filosofia con le quattro domande di Kant : Cosa posso conoscere? Cosa devo fare? Che cosa mi è permesso di sperare? Che cosa è l’uomo?  La filosofia é uno sforzo non compiuto verso la saggezza. Il benessere è lo scopo, la filosofia il cammino.

La morale. E una questione personale, solo tu sei in grado di rispondere nel profondo, nella tua intimità se rispetti la proprietà degli altri, la sua intimità, la sua dignità, la sua vita. E' l’insieme delle regole alle quali tu ti sottometteresti anche se saresti invisibile e invincibile. Tu non vali che per il bene che fai, per il male che ti impedisci di fare senza altro compenso che la soddisfazione personale. Non per aumentare il proprio benessere altrimenti sarebbe egoismo, ma solo per rispettare i diritti dell’altro. La morale non vale che per se stesso. Secondo Rousseau : Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te stesso. E' importante associare alla morale un'azione altruista senza aspettarsi niente per questo gesto.

La politica. Noi abbiamo bisogno di uno Stato. La politica è la gestione pacifica dei conflitti, delle alleanze e dei rapporti di forza, tra individui, famiglia, gruppo, società. Occuparsi della vita comune è un compito essenziale, altrimenti non si ha il diritto di lamentarsi. Essere solidali è difendere gli interessi degli altri, agendo con generosità e solidarietà. Lo Stato deve regolare e socializzare gli egoismi. Bisogna fare politica perché la morale non basta a gestire i conflitti.

Amore. Che la vita valga o meno di essere vissuta, questo dipende dalla quantità di amore di cui siamo capaci di esprimere. Per Freud la psicosi depressiva o melanconica, si caratterizza con la perdita della capacità di amare gli altri e se stesso.  Ci sono tre tipi di amore : Eros, Philia, Agapé. Per Platone, Eros è la mancanza, la passione d’amore. Philia è tradotta con amicizia. Gioire del piacere che doniamo e che riceviamo. Il desiderio é gioire in potenza, l’amore è gioia, ti amo e sono felice che tu esisti. A volte amiamo ciò che non ci manca, quello che abbiamo, quello che facciamo, questo è Philia secondo Aristotele e Spinoza. Agape è l’amore per il prossimo, disinteressato, ti amo come me stesso. Dio è amore, amate il vostro prossimo, amate i vostri nemici.

La morte. C’è chi dice che la morte è il nulla e chi dice che porta ad un’altra vita, liberata, purificata. Filosofare è apprendere a morire. Per Platone i filosofi non hanno paura della morte, che cosa potrà prendere loro?  La morte non è lo scopo della vita, ma la fine della vita, bisogna prepararci, accettarla, perché non possiamo sfuggire, senza che ci rovini la vita o i nostri piaceri.  L’idea della morte, l’ineluttabilità della morte fa parte della vita. Dopo la morte non c’è nulla, la morte dei propri cari  inquieta meno delle loro sofferenze. Accettare la morte ti permette di vivere meglio, di apprezzare di più la vita, anche se fragile e passeggera.

La conoscenza. Non c’è conoscenza assoluta, perfetta, infinita. Nessuna conoscenza è la verità, perché non conosciamo mai assolutamente quello che è, né tutto quello che è. Noi siamo separati dal reale per gli stessi mezzi che ci permettono di percepirlo e di comprenderlo. Conoscenza e verità sono due concetti diversi. Nessuna conoscenza è la verità, ma una conoscenza che non è vera o completamente falsa, non sarà più una conoscenza. 

La scienza procede per tentativi ed errori, non ricade più negli errori che ha compreso e rifiutato; la teoria scientifica è sempre parziale, provvisoria e relativa. Bisogna non confondere lo scetticismo con il sofismo.  Essere scettici, per Montagne e Hume, è pensare che niente è certo. Essere sofisti non è pensare che niente è certo, ma è pensare che niente è vero, è il contrario del dogmatismo, il contrario del razionalismo e della filosofia.

Se niente è vero, né falso, non ci sarebbe differenza tra conoscenza e ignoranza, né tra sincerità e menzogna, Le scienze, la morale e la democrazia non potrebbero sopravvivere. Se tutto è falso, tutto è permesso, si possono falsificare le esperienze e le dimostrazioni, mettere sullo stesso piano scienza e superstizione, fare condannare un innocente. Il sofismo porta al nichilismo, il nichilismo alla barbarie. Secondo Aristotele la ricerca del senso della verità è nello stesso tempo difficile e facile; Non si può raggiungere assolutamente, né mancarlo del tutto.

Dobbiamo trovare un percorso tra i dogmatici che pretendono possedere il vero, come tra i sofisti che pretendono che il vero non esiste. Tra l’ignoranza e il sapere assoluto c’è spazio per la conoscenza e per il progresso delle conoscenze. 

La libertà. Prima c’è la libertà di fare, e poi, solo la legge può permette alle libertà di un individuo di coabitare con le libertà degli altri. Essere liberi vuol dire anche libertà di volere? Libertà è il potere determinato di determinare se stessi. Il libero arbitrio è il potere di determinare se stessi senza essere determinati da niente.  Per Sartre ciascuna persona è il risultato della scelta assoluta di sé,

Dio. Noi non sappiamo se Dio esiste. Il mondo e l’universo sembrano implicare che c’è sempre stato qualcosa, che l’essere è eterno, increato.  Dio è l’essere necessario, creatore, assoluto, il fondamento di tutto.  Per Hegel Dio è il solo essere che esiste per essenza. Per Descartes L’esistenza di Dio non può essere distinta dall’essenza; Non può esserci un Dio perfetto a cui manca l’esistenza. Questa prova ontologica non prova niente. Non basta definire Dio per provare che esiste, per spiegare la sua esistenza occorre una causa, ma se questa causa è contingente dovrebbe essere spiegata da un’altra causa e cosi via all’infinito.  Dio  potrebbe essere secondo Spinoza la natura, un essere eterno, infinito ma senza alcuna soggettività o personalità. Il mondo sarebbe troppo ordinato, troppo armonioso, troppo finalizzato perché si possa spiegarlo senza supporre all’origine una intelligenza benevola e organizzatrice. Ma la natura è crudele e ingiusta, come possiamo vederci la mano di Dio ? Il problema del male rimane un mistero.

Kant e Pascal credono in Dio rinunciando a dimostrarne l’esistenza, per atto di fede. Ma un Dio che si può dimostrare sarebbe ancora Dio? Chiamiamo Dio l’insieme di quello che esiste. Dio è la coscienza di se del tutto. Il Deismo è una fede senza culto e senza dogmi, il vero Dio é inconoscibile, ma allora se non lo conosciamo come possiamo dire che è Dio ? La ragione è incapace di spiegare Dio. Se pensiamo al mistico che sente la presenza di Dio, il suo amore, la sua grazia, come possiamo sapere se percepisce veramente qualcosa o ha immaginato tutto? Rimarrebbe una certezza puramente soggettiva. La fede è una credenza che è solo sufficientemente soggettiva.

Ateismo. Essere atei significa essere senza Dio. Per André Comte-Sponville esistono due ateismi: non credere a Dio (ateismo negativo) oppure credere che Dio non esista (ateismo positivo). L'agnostico, invece è colui che si rifiuta di scegliere, sceglie di non scegliere. E' più vicino all'ateismo negativo, ma più aperto alla possibilità che Dio esiste. L'agnostico sembra umile e lucido. La considerazione di  Protagora sugli dei è la seguente: "non posso dire niente, né che sono, né che non sono". Essere agnostici è vicino alla condizione umana. Se incontri qualcuno che dice « Io so che Dio non esiste, questa persona non è un ateo ma un imbecille » La verità è che noi non sappiamo niente. L’agnostico non prende posizione, l’ateo prende posizione contro l’esistenza di Dio.  

Non ci sono prove che Dio esista, e gli atei sono spesso più lucidi che i credenti. Una ragione per essere ateo è la debolezza degli argomenti dei credenti. Debolezza delle prove e delle esperienze. Se Dio esistesse si dovrebbe vedere, manifestare, perché si nasconderebbe? L'esistenza di Dio sarebbe incompatibile con la figura di Dio padre, che si nasconde ad Auschwitz, in Ruanda, Cambogia, ecc.  L’ateismo fa un’ipotesi più verosimile. Se Dio non si manifesta, e non si riesce a capire perché si nasconde, può essere semplicemente che non esiste. La principale forza di Dio è quella di spiegare il mondo, la vita, il pensiero. Ma che valore ha questa affermazione dal momento che Dio, se esiste, è per definizione inesplicabile ? 

La religione è una credenza possibile, ma non è detto che sia rispettabile. La religione non è altro che una dottrina che spiega qualcosa che non comprendiamo bene (l'universo, la vita, il pensiero) attraverso qualcosa che comprendiamo ancora meno (Dio). C’è un mistero e ci sarà sempre un mistero. L’essenziale ci è sconosciuto. Il dogmatismo religioso o scientifico si arroga il diritto di risolvere questo mistero.  Essere ateo non significa rifiutare il mistero, è semplicemente rifiutarsi di spiegare tutto con qualcosa di inspiegabile. Credere a Dio, non è aggiungere del mistero al mondo, ma aggiungere un nome (impronunciabile) a questo mistero. Ci sono troppi orrori nel mondo, ad esempio la sofferenza dei bambini che è un male assoluto, se Dio volesse eliminare il male ma non può o non vuole, significa che non è perfettamente buono e onnipotente. Per Pascal l’uomo è un essere mediocre, in quanto si registrano bassezza e miseria ovunque, quindi è difficile immaginare che l'umanità sia stata creata da Dio. 

L’ateismo è una forma di umiltà: siamo degli animali e cerchiamo di divenire umani. L’ateo non crede in Dio, benché preferirebbe che esistesse. Per Freud la religione è un’illusione, come è semplicemente un’illusione resuscitare in un’altra vita, ecc. E’ come credere a Babbo Natale, o credere di poter acquistare un appartamento di 130 metri a Parigi con meno di 100.000 euro. Che Dio esiste è una possibilità che non possiamo razionalmente escludere.  Questo fa dell’ateismo quello che è : non un sapere ma una credenza, non una certezza ma una scommessa. Questo dovrebbe spingerci verso la tolleranza e un impegno verso una certa idea dell’uomo e della civiltà che includa amore e rispetto e benevolenza. Dovremmo contribuire a creare una umanità coraggiosa anche se sofferente. Un umanesimo che non è una religione ma una morale. Nessuna religione o ateismo senza questo impegno possono essere umanamente accettati.

L’arte. L’uomo ha bisogno dell’arte per esteriorizzare quello che è, e ritrovare nell’opera d’arte un riflesso di quello che è. Per Alain tutte le arti sono uno specchio, dove l’uomo conosce o riconosce qualcosa di se stesso che ignorava. Per Kant, l’opera d’arte non è la rappresentazione di una cosa bella, ma la bella rappresentazione di una cosa. Per Malraux si apprende a dipingere nei musei perché solo imitando i maestri abbiamo la possibilità di diventarne uno.

Il tempo. Se il tempo si arrestasse un istante, tutto si fermerebbe, e non ci sarebbe più il tempo. Il tempo è la condizione a priori di tutti i fenomeni – Kant. Quello che chiamiamo tempo è la successione del passato, presente e futuro. Il passato non c’è più, il futuro non c’è ancora, non c’è che il presente che è l’unico tempo reale. La temporaneità è una dimensione della coscienza piuttosto che del mondo. Possiamo sperimentare il tempo solo attraverso la soggettività. La mente non esiste che nel corpo o nel mondo, ed è quello che chiamiamo esistere. Vivere nel presente è la semplice e difficile verità di vivere. Non c’è un tempo universale e assoluto come credeva Newton, ma ci sono tempi relativi o elastici, suscettibili di dilatarsi in funzione della velocità. L’istante ben preciso è un punto dello spazio-tempo, qui e adesso – Einstein. Tutto quello che arriverà più tardi è nel campo dell’incertezza, quindi vivi qui e adesso. Carpe diem.  Cogli il presente, che cambia e continua. Vivere nel presente  è il solo cammino.  Il presente è il solo luogo dell’azione, del pensiero, della memoria e dell’attesa. E’ il kairos del mondo (l’istante propizio, il momento giusto o opportuno) dove il reale in atto. Vivere nel presente è semplicemente vivere nella verità. L’eternità è adesso.

L’uomo. La definizione è la seguente: ogni essere nato da due essere umani. L'umanità è una trasmissione di doveri verso altri uomini, questo umanismo è una morale prima di essere una politica. L’uomo non è Dio, ha una storia, una società, un inconscio. L’umanità è un’avventura, l’uomo fa parte della natura, di una società, di un’epoca, di una civilizzazione. L'umanismo è una battaglia per i diritti umani.

La saggezza. La filosofia è l’amore o la ricerca della saggezza. La saggezza ha a che vedere con il pensiero, l’intelligenza, la conoscenza, in breve con un certo sapere. I greci opponevano la saggezza contemplativa (sophia) alla saggezza pratica (phronesis). La vera saggezza é l’incontro tra i due aspetti. Si tratta quindi di associare pratica e vita. La saggezza è un saper vivere.

La saggezza è lo scopo, la filosofia il cammino. L’uomo muore da quando è vivo. Bisogna apprendere a morire ed apprendere a vivere. Osa apprendere, Osa diventare saggio, comincia a lavorare e guadagnare, non dispensarti di vivere la vita, perché aspettare? La saggezza si associa con un certo benessere, una certa serenità e pace interiore, gioiosa e lucida, con un rigoroso esercizio della ragione. E’ il contrario del malessere e dell’angoscia.

Per questo la filosofia è necessaria; perché noi non sappiamo vivere; l’intelligenza aiuta la saggezza nella misura che trasforma la nostra esistenza e la guida. Dobbiamo imparare a pensare per vivere un po’ meglio. Bisogna salvare la propria vita e non quella degli altri. Come vivere? L’etica, che è l’arte di vivere si distingue dalla morale, che riguarda i nostri doveri. La morale risponde alla domanda « cosa devo fare ? » l’etica alla domanda « come vivere ? »  La morale culmina nella virtù, l’etica nella saggezza e nel benessere. La morale non è sufficiente, abbiamo bisogno anche di saggezza. La saggezza significare dire sì a se stessi, agli altri, al mondo. Bisogna lavorare su se stessi; la saggezza non è un’utopia, bisogna trasformare il mondo attraverso una conoscenza attiva.

Dobbiamo accettare quello che non dipende da noi, seguendo il suggerimento degli stoici ma nello stesso tempo, secondo Spinoza dobbiamo conoscere, comprendere, agire. Dobbiamo, come dicono i saggi orientali, vedere e accettare quello che è, per poi provare a cambiarlo. Quello che é stato realizzato è diventato il passato e non esiste più, quello che deve arrivare è nel futuro e non esiste adesso, esiste solo quello che è qui e adesso, nient’altro. Si usa la filosofia per salvare la pelle e l’anima.

Il saggio é felice perché ama innanzitutto la vita. Noi non siamo dei saggi ma cerchiamo di esserlo, siamo dei filosofi e quindi non ci resta che imparare a vivere, ad apprendere a pensare e ad amare. Apprendere e essere felici vanno avanti di pari passo. 

giovedì 15 aprile 2021

Ramana Maharshi e la non dualità

Ramana Maharshi e la Tradizione della non dualità

"La mente proietta il mondo fuori di sé e lo risolve di nuovo nel Sé. Quando la mente esce dal Sé, appare il mondo. Pertanto, quando il mondo appare, il Sé non appare; e quando il Sé appare, il mondo non appare."   ...      "Per arrivare a sperimentare la felicità, il Sè superiore, si dovrebbe conoscere se stessi. Per raggiungere questo obiettivo, il mezzo principale è il sentiero della conoscenza, l'indagine nella forma di "Chi sono io?".     Non sono il corpo, non sono i cinque organi di senso, non sono i cinque organi di azione, non sono le cinque energie vitali. Non sono nemmeno la mente che pensa, né la memoria. Dopo aver negato tutto questo, rimane solo quella Consapevolezza: Quello sono io." Immortale coscienza.

Di Ramana Maharshi ho letto i seguenti testi: Chi sono Io?, Opere, The spiritual teaching of Ramana Maharshi.     E' uscito da poco un documentario sul grande saggio indiano (2018) e il link è il seguente:  https://www.youtube.com/watch?v=hVYv9ktilQw

Ramana Maharshi (1879 - 1950) è una delle più grandi figure spirituali dell'India, ed è il fautore dell'Advaita come verità, che significa "non dualità"; che sta al di là delle costruzioni del pensiero. Sebbene il pensiero sia utile, in quanto può dirci che cosa la realtà non è, la realtà stessa non può essere imprigionata entro i suoi confini. 

Dal punto di vista dell'Assoluto, non vi è dualità, non vi è nulla di finito, di non eterno. Solo l'Assoluto è; tutto il resto è apparenza illusoria e non reale. Considerare reale il mondo pluralistico è illusione. Le distinzioni empiriche tra soggetto e oggetto, mente e materia, ecc., sono il risultato di maya, il potere misterioso che vela il vero e proietta il falso. Non si può spiegare come sorgano le distinzioni. Ma ad una indagine si scoprirà che sono prive di realtà.  La dualità è soltanto un'illusione; la non dualità è la verità suprema. 

L'obiettivo del ricercatore è sperimentare questa esperienza plenaria, l'Io non duale dove non vi sono distinzioni.  Questa Realtà suprema, "l'Unico Essere" nelle Upanishad è designato come Brahman ed  è la base dell'universo. Quindi i tre aspetti della " dottrina " dell'Advaita sono: 1) la sola realtà del Brahman; 2) l'illusorietà del mondo; 3) la non differenza tra l'anima individuale (Atman) e il Brahman.

Poiché la natura di Brahman-Atman non può essere definita nei termini di nessuna categoria, le Upanishad lo chiamano "non questo, non questo" (neti, neti). Definire una cosa è limitarla, separarla da altre cose simili o dissimili. L'infinito e l'illimitato non possono essere caratterizzati in termini di categorie finite. Il Brahman è al di là della portata dei concetti e delle parole. Naturalmente, ciò non significa che il Brahman sia un vuoto. Persino dire che è uno non è vero,  ecco perché si preferisce l'espressione negativa " non duale "  o  " non due " (advaita). 

E' a causa della maya o avidya (ignoranza) che il Brahman non duale appare come il mondo della pluralità, che la realtà infinita e incondizionata appare come fosse finita e condizionata. Poiché l'ignoranza è la causa dell'illusione, ciò che occorre per conseguire la realizzazione del Brahman, che è la liberazione, è la conoscenza (jnana). Quando l'illuminato acquisisce l'intuizione finale del Brahman, comprende che il mondo non fu mai creato, che è un'apparenza illusoria. 

In effetti ci si trova in grande difficoltà nel comprendere il rapporto tra l’Uno e il  Tutto, tra atman e il corpo e come l’anima universale, che é una, si manifesti nei molti. Questo concetto dell’Uno/Tutto e del non dualismo sono riuscito veramente a capirlo seguendo dei gruppi di ‘condivisione dell’essere’ (sat-sang) proposti da Mauro Bergonzi1  che riesce in modo “divino” a esprimere l’inesprimibile  con le parole.

martedì 13 aprile 2021

Petite poucette , il nuovo studente

 Petite poucette – un testo di Michel Serres  del 2012.  Michel Serres (1930 - 2019) è stato uno scrittore e filosofo francese, e con i suoi scritti  uno dei miei punti di riferimento.

Voglio presentarvi questo bel testo che ho letto qualche tempo fa, ma che trovo ancora particolarmente attuale ed utile per gli insegnanti. Petite poucette significa piccolo pollice, con il quale la nuova generazione digita dati a velocità vertiginosa sulla tastiera dello smartphone.

Il testo presenta un quadro della situazione odierna del nuovo studente: questo nuovo studente abita un mondo popolato (7 miliardi di persone), in cui l’età media è di 80 anni, da 70 non ci sono state guerre, la metà dei genitori sono divorziati, la nascita del primo figlio è programmata, l’età della madre è aumentata di 15 anni, il multi-culturalismo è la regola. 

Il mondo dei media, ha meticolosamente ridotto la loro facoltà di attenzione, riducendola la durata delle immagini a 7 secondi e il tempo di risposta alle domande a 15 secondi, la parola più ripetuta è morte. Gli  studenti sono formattati dalla pubblicità ed abitano nel virtuale, i professori sono screditati.

Wikipedia e Facebook non eccitano gli stessi neuroni, né le zone corticali di un libro, e gli studenti possono manipolare diverse informazioni contemporaneamente.  Oggi gli studenti non conoscono, non integrano , non sintetizzano come la generazione precedente. Non hanno più la stessa testa.

Con il cellulare accedono a qualsiasi persona, con il GPS a qualsiasi luogo, con la rete a tutto il sapere e non abitano nello stesso nostro spazio. Un nuovo essere umano è nato rispetto agli anni ’70.

Non parlano più la stessa lingua, il dizionario viene aggiornato di 35.000 nuove parole ad ogni nuova edizione. Tutte le appartenenze di una volta, partito, nazione, religione, comunità rurale o urbana, di genere sono esplose grazie alla rete, ai viaggi, alle immagini del mondo e delle guerre abominabili. L’individuo non sa più vivere in coppia, non sa più tenersi in classe ( si muove e parla continuamente durante le lezioni), non prega più nelle parrocchie, i politici non sanno più costruire un partito credibile, le ideologie sono morte. C’è il problema di creare nuove forme di aggregazione ( il successo di Facebook e dei vari social testimonia questa esigenza).

Noi pretendiamo di insegnare a questi giovani in contesti in cui non si riconoscono più: aule, laboratori, biblioteche e laboratori.

Dobbiamo porci una serie di domande, la prima e la più importante è la seguente: 

Cosa trasmettere? Il sapere?  Eccolo, pronto sulla rete, disponibile, oggettivizzato.  

Trasmetterlo a tutti? Ormai tutto il sapere è accessibile a tutti. 

Come trasmetterlo?  Con la rete Internet e il GPS il sapere è già trasmesso.

Il vecchio spazio di concentrazione, dove io parlo e voi ascoltate, si diluisce e si espande in uno spazio distribuito. Da qualche decennio stiamo vivendo in una nuova era comparabile a quella del rinascimento e della comparsa del libro.  Tutto é da rifare e da re-inventare, le persone che gestiscono il cambiamento non sono in grado di farlo, forse non sono ancora andati in pensione.     

Abbiamo tra le nostre mani questo potente strumento, il computer che contiene e fa funzionare quelle che noi chiamiamo le nostre facoltà : una memoria mille volte più potente della nostra, un’immaginazione composta da milioni di icone, una capacità di ragionamento più efficace in quanto può risolvere in pochi secondi problemi complessi.

Visto che non dobbiamo più lavorare duro per apprendere a memoria qualcosa in quanto basta usare Google e l’argomento che stiamo trattando compare magicamente davanti ai nostri occhi, si aprono altre prospettive. L’apprendere ci lascia la gioia d’inventare e prende così piede l’intelligenza inventiva. Siamo però ancora attaccati al formato pagina e lo schermo del computer si apre come un libro, e su queste pagine ancora scriviamo.  Le nuove tecnologie ci obbligano ad uscire dal formato del libro e della pagina. Ma come ?

Un insegnante impartiva nella classe un sapere che stava nei libri, lo scritto prendeva voce. Per questo compito domandava il silenzio. Ma adesso non lo ottiene più.  Si instaura nelle classi un brusio permanente che rende penoso e inudibile la voce del libro. Petite poussette, questo nuovo studente, non desidera più ascoltare la voce dello scritto perché questo sapere annunciato è già a disposizione di tutti tramite il web, wikipedia, ecc.  Inoltre, è spiegato, documentato, illustrato senza più di errori come nelle migliori enciclopedie. Non c’è più bisogno di un portavoce del sapere che è l'attuale docente tradizionale.

E’ finita l’era del SAPERE.  Prima ci si doveva spostare per scoprire un sapere raro e segreto adesso questo sapere è accessibile e sovrabbondante. Come ridisegnare questa pagina del libro?  Attraverso il gioco forse si può innestare un nuovo processo e inventare un nuovo modo di trasmettere il sapere, la riflessione critica, e la valutazione delle informazioni.

Oggi si diffonde la mania della valutazione: quelli che assistono ad un corso valutano sempre il professore, la società civile è invasa dalla valutazione; si valutano i ristoranti, le banche, le università, gli Stati e la rete Internet ha dato un'enorme impulso a questo fenomeno.  Le nuove tecnologie faranno crollare i colletti bianchi, non c’è un assembramento di adulti dove non c’è questo chiacchiericcio e attualmente gli iscritti ai social media corrispondono a più della metà della popolazione del pianeta. 

Per la prima volta della storia, Tutti possono esprimere la loro opinione, tutti vogliono parlare, tutti comunicano con tutti in questi social, creando un enorme rumore di fondo. Attraverso la rete ci si avvicina agli altri solo in maniera virtuale, forse per paura di ferirli? Si dovrà forse ricorrere all’anonimato, un codice, accessibile e secreto, per quello studente, paziente, operaio ecc. , che resterà anonimo ma individuabile.

Gli spazi e le distanze si riducono. Nel 2006 le compagnie aeree avevano trasportato un terzo dell’umanità, le frontiere scompaiono, le distanze tra centro e periferia si riducono. Le riunioni si fanno con interpreti, nelle strade sentiamo parlare molte lingue, all’università a e al lavoro abbiamo colleghi di altre nazioni. Si mescolano culture, conoscenze  e sapere.  

Siamo in presenza di un quinto potere, quello dei dati e dei Big data, indipendente dagli altri quattro : legislativo, esecutivo, giudiziario e mediatico.  Oggi questi dati diventano una fonte di ricchezza immensa. 

Petite poussette, in quanto, individuo, studente, cliente, cittadino lascerà indefinitamente che lo Stato, le banche, le grandi imprese commerciali, Facebook, Google si approprino dei suoi dati ? 

Vedi il rapporto di Amnesty International Privacy online: Facebook e Google sono un pericolo per i diritti umani.  https://www.amnesty.it/privacy-online-facebook-e-google-sono-un-pericolo-per-i-diritti-umani/

giovedì 1 aprile 2021

Incontri di 'condivisione dell'essere' (sat-sang) con Mauro Bergonzi

I prossimi incontri di 'condivisione dell'essere' (sat-sang)  con Mauro Bergonzi si svolgeranno on line nei seguenti giorni  22/4,   27/5,   24/6  ora 20,15 -22,00.

Negli incontri si alternano spazi meditativi, discorsi e dialoghi con i partecipanti, da intendere non come insegnamenti per raggiungere una qualche meta futura, bensì come inviti a condividere nell'immediato presente quella vivida 'risonanza' dell'essere in cui risplende la nostra natura più profonda e inconoscibile.

I temi affrontati sono: Chi sono io? Che cos’è la realtà? Qual è il significato del vivere e del morire? Che cos’è la coscienza? Come sorge l’esperienza di un ‘io’ individuale?

Mauro Bergonzi ha insegnato “Religioni e Filosofie dell’India” e “Psicologia Generale” presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” ed è analista didatta del Centro Italiano di Psicologia Analitica (C.I.P.A.). Autore di saggi in campo orientalistico e psicologico, a  partire dagli anni ’70  per circa tre decadi ha approfondito i percorsi meditativi di varie tradizioni orientali (vipassana, zen, rdsogs ch’en, advaita-vedanta e taoismo) con uno spirito di ricerca libero da dogmi e adesioni confessionali. Dopo una spontanea e naturale dissoluzione della ricerca spirituale e del 'cercatore', è rimasto soltanto un puro e radicale non-dualismo. Fondamentale in questo senso è stata la sua assidua frequentazione degli insegnamenti di Nisargadatta Maharaj, Jiddu Krishnamurti e Tony Parsons. Da diversi anni conduce gruppi di 'condivisione dell’essere' (sat-sang) in varie città italiane. 

Partecipo da vari anni ai suoi incontri ed ogni volta rimango estasiato dalla sua capacità comunicativa, dal come riesce in modo “divino” a esprimere l’inesprimibile  con le parole.

Ha pubblicato per Mondadori nel 2011  “Il sorriso segreto dell’essere. Oltre l'illusione dell'io e della ricerca spirituale", un libro fondamentale nel mio processo di ricerca, che vi consiglio vivamente di leggere e che mi ha "illuminato".


Il sito di Mauro che vi consiglio di visitare è il seguente:  https://sites.google.com/site/ilsorrisodellessere/home

Gli incontri sono organizzati dallo Studiolo di Roma, zona piazza Bologna. https://spaziocorpo.it/studiolo/

Per partecipare agli incontri è necessario prenotarsi scrivendo a lostudiolo@spaziocorpo.it oppure chiamando il 3407772363.

mercoledì 31 marzo 2021

André Comte-Sponville parla dell'epidemia del corona virus

 Il famoso filosofo francese, autore del "Piccolo trattato delle grandi virtù" , André Comte-Sponville ha pubblicato una ventina di libri e ha condiviso il suo pensiero sull'epidemia di Covid all'emissione "Grand Bien Vous Fasse".

https://www.franceinter.fr/emissions/grand-bien-vous-fasse/grand-bien-vous-fasse-14-avril-2020-0

Une crise sanitaire ne doit pas nous faire oublier toutes les autres dimensions humaines [...] C'est l'avenir de nos enfants qui doit prévaloir.

Ecco il testo del suo intervento che mi sono permesso di tradurre in italiano.

"La morte fa parte della vita", "Prima di tutto, dobbiamo ricordare che l'enorme maggioranza di noi non morirà a causa del coronavirus. Mi ha colpito molto questa sorta di panico collettivo che ha attanagliato i media prima, ma anche la popolazione, come se all'improvviso scoprissimo di essere mortali. Questo non è proprio uno scoop. Si moriva prima del corona virus, si muore durante e dopo il corona virus.

Montaigne, nei suoi Saggi, ha scritto: "Non si muore per essere malati, si muore per essere vivi".

In altre parole, la morte fa parte della vita, e se pensassimo più spesso che siamo mortali, ameremmo ancora di più la vita, proprio perché considereremmo che la vita è fragile, breve, limitata nel tempo e tanto più preziosa. Ecco perché l'epidemia dovrebbe, al contrario, spingerci ad amare ancora di più la vita.   La grande maggioranza di noi morirà di cose diverse dal corona virus. Bisogna ricordare che il tasso di mortalità, gli esperti ne stanno ancora discutendo,  è dell'uno o due per cento della popolazione. 

"È la fine del mondo?" Ve lo immaginate? Un tasso di letalità intorno al 2%, e la gente parla della fine del mondo. Ma è comunque sbalorditivo. Ricordiamoci che questa non è nemmeno la prima pandemia che vediamo.

Possiamo citare la peste, nel XIV secolo, che uccise metà della popolazione europea. I media hanno recentemente ricordato, e giustamente, che l'influenza di Hong Kong negli anni '60 ha ucciso un milione di persone. L'influenza asiatica negli anni '50 ha ucciso più di un milione di persone. Questo è molto di più di quello che abbiamo oggi nel mondo. In Francia, i morti di Covid sono una realtà molto triste, qualsiasi morte è ovviamente triste, ma ricordiamoci che 600.000 persone muoiono ogni anno in Francia.  Ricordiamo che il cancro uccide 150.000 persone in Francia. 

Perché i morti di Covid-19 sono più gravi dei 150.000 morti di cancro? Perché piangere solo i morti del coronavirus, la cui età media è molto alta? Ricordiamo che il 95% dei morti di Covid-19 sono oltre i 60 anni. Sono molto più preoccupato per il futuro dei miei figli che per la mia salute di settuagenario.

"Attenzione a non fare della salute il valore supremo della nostra esistenza". Ovviamente, abbiamo dovuto evitare che le nostre unità di terapia intensiva fossero totalmente sopraffatte. Ma attenzione a non fare della medicina o della salute i valori supremi, le risposte a tutte le domande. Oggi, sugli schermi televisivi, vediamo una ventina di medici per un economista. 

Questa è una crisi sanitaria, non è la fine del mondo. Questo non è un motivo per dimenticare tutte le altre dimensioni dell'esistenza umana. Siamo in una civiltà che chiede tutto alla medicina. In effetti, esiste da molto tempo la tendenza a fare della salute il valore supremo della nostra esistenza e non della libertà, della giustizia e dell'amore, che sono per me i veri valori supremi. 

L'esempio che faccio spesso è una battuta di Voltaire del XVIII secolo, Voltaire scriveva bene: "Ho deciso di essere felice perché fa bene alla mia salute".

Ebbene, il giorno in cui la felicità è solo un mezzo per il fine supremo della salute, si assiste ad un completo capovolgimento rispetto ad almeno venticinque secoli di civiltà in cui, al contrario, la salute era solo un mezzo, allora certamente particolarmente prezioso, ma un mezzo per raggiungere il fine supremo della felicità. 

Dobbiamo salutare il meraviglioso lavoro dei nostri assistenti negli ospedali. Ma questo non è un motivo per chiedere alla medicina di prendere il posto della politica e della morale, della spiritualità e della civiltà. Un mio amico mi disse al tempo dell'AIDS: "Non prendere l'AIDS non è un obiettivo sufficiente nella vita. Aveva ragione. Beh, oggi sarei tentato di dire: "Non prendere il Covid-19 non è un obiettivo sufficiente nella vita".

Dobbiamo cercare di controbilanciare le disuguaglianze lottando per la giustizia, in altre parole facendo politica. Nessuno sa se l'epidemia tornerà ogni anno, nel qual caso dubito che chiuderemo tutte le nostre imprese per tre mesi ogni anno.  Smettiamo di sognare che tutto sarà diverso, come se fosse una nuova umanità.

Per secoli, gli esseri umani sono stati divisi tra egoismo e altruismo. Perché volete che le epidemie cambino l'umanità? Dopo la pandemia la disoccupazione non sarà più un problema? Quel denaro diventerà improvvisamente disponibile all'infinito? Investiremo cento miliardi di euro, ha detto il ministro delle finanze, contrarremo più debito per curare più persone, per salvare più vite. Questo è tutto molto bello. Ma le vite che stiamo salvando sono essenzialmente le vite delle persone oltre i 65 anni. I nostri debiti saranno pagati dai nostri figli. 

Il presidente, per il quale ho molto rispetto, ha detto che la priorità delle priorità è proteggere i più deboli. Aveva ragione, come affermazione circostanziale durante un'epidemia. I più deboli, in questo caso, sono i più anziani, quelli che hanno 70 e 80 anni. 

La mia priorità assoluta sono i bambini e i giovani in generale.

E mi chiedo che tipo di società sia quella che fa dei suoi anziani la priorità delle priorità. Certamente la dipendenza è un grande problema, ma le nostre scuole, le nostre periferie, la disoccupazione giovanile, sono problemi ancora più gravi a mio parere del corona virus, così come il riscaldamento globale, il pianeta che stiamo lasciando ai nostri figli. 

Il riscaldamento globale ucciderà molte più persone di quante ne ucciderà l'epidemia di Covid-19.

Questo non è per condannare le misure di contenimento, che rispetto pienamente. Ma è per dire che nella vita e nel mondo c'è più di Covid-19.

La spiritualità per André Compte-Sponville,

 André Comte-Sponville (1952) è uno dei miei filosofi preferiti.  Tra i sui libri quelli che preferisco sono: "Piccolo trattato delle grandi virtù" e "Spiritualità per atei".

 Citazione: “Non possiamo fare a meno della comunione, della fedeltà, dell’amore, ma nemmeno della spiritualità. In Occidente, la spiritualità si è socialmente identificata durante i secoli con una religione (il cristianesimo), e si è finito per credere che religione e spiritualità fossero sinonimi

La pratica spirituale permette di riconciliarsi con se stesi e rapportarsi serenamente con gli altri, e di progredire nell'altruismo e la benevolenza. 

Per  André Comte-Sponville la saggezza è il massimo benessere possibile, nella massima lucidità. La persona che cerca gloria, denaro, potere non sarà mai felice. Per essere felici occorre agire con sobrietà accontentandosi dello stretto necessario.

Colui che aspira alla saggezza, aspira ad un benessere profondo e vero, ma anche a migliorarsi come essere umano per agire in modo corretto e con amore.

Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi personali.  Nel blog c...