Risposte sul senso della vita - di Gyatso Tenzin (Dalai Lama) (Autore) J. I. Cabezón (Curatore) G. Pecunia (Traduttore), 2014.
Il buddhismo tibetano, accoglie gli insegnamenti dello Hinayana e del Mahayana ordinario (Sutrayana) e del Mahayana speciale o Vajrayāna (gli insegnamenti segreti del Tantra o Mantrayana). La tradizione tibetana è divisa dal punto di vista storico nella scuola vecchia (rNying ma) e nelle scuole nuove (gSar ma) che includono le tradizioni Kagyu, Sakya e Kadam (che poi divenne Gelug). Ci sono quindi tre scuole nuove e una vecchia e tutte insegnano una combinazione delle dottrine Sutrayana e Mantrayana (insegnano in particolare i Tantra dell'Anuttarayoga).
Il Sutrayana descrive la vacuità come se essa fosse un oggetto, l'Anuttarayogatantra nel descrivere la vacuità si riferisce alla parte del soggetto, alla coscienza speciale che capisce la realtà del sistema tantrico, cioè la chiara luce (si riferisce sia all'oggetto che al soggetto ed è difficile distinguerli e la dualità va perduta). Nelle varie tradizioni buddhiste, in modo diverso, si sottolinea l'indivisibilità di samsara e nirvana, l'unione della chiarezza e della vacuità.
Tutte le religioni del mondo sono consacrate al raggiungimento della felicità permanente dell’uomo. Una persona religiosa deve sforzarsi di diventare un miglior essere umano. Dove c’è disaccordo tra le religioni è il punto del Dio creatore. Quando entriamo in contatto con i seguaci di altre religioni dovremmo incoraggiarli a seguire il loro credo nel modo più sincero e fedele possibile. Per il Dalai Lama non è un bene vedere delle persone religiose che si ritirano dalla sfera dell’attività umana e dal contesto della società, l’isolamento va bene per un periodo di tempo limitato se le persone cercano di conseguire samatha (esso consiste nella
coltivazione della calma e della tranquillità per mezzo della
concentrazione mentale). Lo studio e la pratica sono entrambi estremamente importanti nel buddhismo. Pertanto la parte intellettuale deve essere assolutamente presente ed è necessario associare lo studio con una pratica sincera nella nostra vita quotidiana.
Conflittualità dottrinarie ci sono anche all’interno del buddhismo stesso tra le varie scuole filosofiche. I Madhyamika e i Cittamatrin accettano la teoria della vacuità, i Viabhasika e i Sautrantika abbracciano la teoria della non esistenza del sé. Per i Cittamatrin la vacuità è spiegata in termini di non dualità del soggetto e dell’oggetto. I Madhyamika rifiutano l’affermazione che tutto appartenga alla natura della mente. Questa corrente è divisa in Prasangika e Svatantrika, la prima non accetta che le cose esistano in virtù di una caratteristica intrinseca. La caratteristica intrinseca è la nozione che le cose esistano in sé e per sé, senza dipendere da altre cose. L’esistenza intrinseca è una forma di esistenza che non dipende da etichette concettuali, ma invece esiste in virtù di qualche natura o essenza, che è intrinseca ad esso. Le cose tuttavia non sono completamente non esistenti. Esistono nominalmente in quanto etichettate dal soggetto, ma piuttosto appaiono come se esistessero di per sé. Quindi le cose appaiono in un modo che contrasta con il modo in cui esse esistono realmente e veniamo ingannati. Dal punto di vista del pensiero filosofico buddhista, sulla base dell’esperienza
empirica, si può dire che la filosofia Madhyamaka è superiore alla
Cittamatra e che la filosofia Cittamatra è superiore alla Sautrantika e
la Sautrantika alla Vaibhasika.
Il buddhismo afferma che lo spazio è permanente mentre la scienza occidentale che è impermanente. La scienza occidentale presuppone l’esistenza delle particelle elementari mentre il buddhismo la nega. La particella elementare secondo la fisica moderna è indivisibile, ossia
ad un certo punto non può essere suddivisa ulteriormente. Nel buddhismo
l’indivisibilità non si basa sulla sperimentazione, ma è una
trattazione teorica della possibilità dell’indivisibilità spaziale e
dimensionale.
Ci sono due cose differenti che possono essere chiamate spazio: una è lo spazio non composito, caratterizzato da mancanza di tangibilità e ostruzione, l’altra è lo spazio atmosferico che è impermanente e composito. Lo spazio non composito è la reale assenza, o vacuità, della sotanza materiale, è l’assenza di ostruzione e tangibilità, è l’assenza di impedimento materiale, una sorta di vuoto.
Quando si dice che tutti i fenomeni sono spiegabili in termini di vacuità di esistenza intrinseca, non significa che non esiste, ma si nega che esiste qualcosa di per sé senza dipendere da altre cose. Si dice quindi che sono prive di identità derivata da autoproduzione. Se si cerca un oggetto sottoponendolo ad analisi logica, non lo si può trovare. L’immagine è semplicemente un composto di parti differenti etichettato con il nome di quell’immagine. L’immagine non esiste di per sé.
L’io è qualcosa di semplicemente etichettato in base al corpo e alla mente. Tutte le cose sono vuote, ciò deriva dal fatto che hanno un’origine dipendente; anche quando cerchiamo tra gli aggregati il “Sè”, il sé come normalmente ci appare non può essere trovato. La comprensione dell’origine dipendente ha la capacità di eliminare entrambe le posizioni estreme, ossia l’eternalismo e il nichilismo. Quando si cerca di indagare in modo appropriato “a chi appartiene questo pensiero? Chi sono io?”, si scoprirà che non c’è nessun “io” indipendente, ma una assenza, o vacuità del sé.
Nel buddhismo ci sono diversi livelli di coscienza, dai più grossolani ai livelli sottili. Tanto più è sottile il livello di coscienza, tanto più indipendente sarà dalla sfera fisica e sarà perciò tanto più verosimile che rimanga da una vita alla successiva.
La liberazione (moksa), in cui una mente che comprende la sfera della realtà annulla tutte le contaminazioni della sfera della realtà, è spiegata solo nelle scritture buddhiste. Un simile stato di moksa non richiede la pratica della vacuità, né la comprensione della realtà. Nel buddhismo si crede che con l’accumulo di merito si possa ottenere la rinascita in un paradiso celeste chiamato Tushita.
Nellla meditazione tantrica, soprattutto nella pratica dell’Anuttarayogatantra (il tantra dello yoga insuperabile), mentre sta comprendendo la vacuità e la verità definitiva, il praticante controlla il pensiero attraverso l’uso di certe tecniche. Nel Sutrayana (il veicolo dei sutra), la forma non tantrica del Mahayana, non si fa menzione di queste straordinarie tecniche che comportano le pratiche yogiche del controllo del respiro e la meditazione con l’uso dei canali interiori (nadi) e dei centri di energia (cakra). Queste tecniche ti permettono di abbandonare rapidamente i acquisire rapidamente il controllo sulla mente e conseguire un livello di coscienza sottile e potente ed arrivare ad avere potenti realizzazioni spirituali. Queste pratiche fanno parte del Tantra, per praticarlo occorre essere abilitati (con l’iniziazione) e una volta che si hanno le basi appropriate si può praticare il Tantra nel modo corretto e fare progressi velocemente. Comunque, in generale, la cosa migliroe è essere cauti prima di ricevere gli insegnamenti.
Per un laico è importante percorrere la via di mezzo, ossia scegliere quando abbiamo bisogno di ricaricarci un ambiente che favorisce particolarmente la pratica e un ritiro. Per poi però tornare al lavoro, ai nostri studi, ecc.
Le forme di meditazione sono vipasyana e samatha. L’etimologia della parola vipasyana significa vedere le cose in modo migliore o superiore, ossia grazie all’analisi si arriva a vedere meglio l’aspetto o la qualità di un oggetto. Quindi vipasyana è una forma di meditazione analitica. Questa visione analitica e profonda deve essere accompagnata o favorita da samatha, la calma dimorante. La samatha è realizzata per mezzo della meditazione concentrativa. Le due meditazioni non si distinguono o si differenziano in base a quale oggetto afferrano, ma a come lo afferrano. Il Tantrayana possiede numerosi metodi per raggiungere questo samadhi, l’unione di samatha e vipasyana. Il sistema tantrico dell’Anattarayoga propone pratiche di concentrazione sul corpo, e fissando la mente su questi centri è possibile conseguire la vipasyana.
“Per iniziare la pratica meditativa buddhista il praticante deve avere un fondamento di umiltà, onestà e uno stile di vita etico”. Il passo successivo consiste nel coltivare il samadhi, o stabilità meditativa. Nel percorso del Dharma, il praticante deve controllare se stesso con il metodo dello sila, ossia deve difendersi dal vero nemico interiore che sono le emozioni afflittive: orgoglio, rabbia, invidia. Il secondo passo è quello di esercitarsi nella stabilità meditativa (tramite samatha e vipassyana) e infine nell’acquisizione della saggezza. Per un occidentale che vuole iniziare un percorso spirituale, il Dalai Lama consiglia uno studio comparativo tra i vari percorsi per scegliere il più adeguato alle proprie caratteristiche e predisposizioni mentali. Consiglia inoltre, di vivere in società, essere persone oneste e sincere. Ma per poche settimane, qualche mese dobbiamo ritirarci in un luogo appartato, dimenticare gli altri affari mondani e concentrarsi unicamente sulla pratica spirituale.
Alla base degli insegnamenti buddhisti ci sono le quattro nobili verità e le due verità (convenzionale e assoluta). La prima delle quattro nobili verità è l’esistenza della sofferenza. Nel buddhismo ci sono tre categorie di sofferenze. La prima è la sofferenza fisica e mentale grossolana. La seconda è la sofferenza di cambiamento, ossia la gioia e piacere quotidiani che sembrano offrirci felicità, ma più ci lasciamo coinvolgere e più tormento e sofferenza ci procurano. La terza consiste nel proprio corpo creato sin dall’origine da afflizioni e finché si rimane nel samsara sarà sempre presente.
I Tantra sono praticati solo in Tibet e in Giappone e sporadicamente in Corea. Negli insegnamenti tantrici ci sono rituali votivi (puja) accompagnati da strumenti musicali e si crede alle dakini, esseri non umani che si trovano in particolari posti favorevoli alla pratica.
Nel buddhismo si dice che ci siano diversi tipi di guru: il guru interiore, il guru esterno e un guru segreto. Questo è spiegato in modi diversi nei quattro ordini maggiori del buddhismo tibetano: Nyingma, Kagyu, Sakya e Gelug, ci sono differenze anche come vengono spiegati i quattro tipi di mandala: esterno, interiore, segreto e il mandala della realtà.
Per intraprende la pratica del mandala ci sono molte restrizioni ed è necessaria l’iniziazione del discepolo che deve essere preparato. L’iniziazione può essere conferita solo a 25 persone in una stessa cerimonia. Per la pratica del mandala Kalacakra invece, non ci sono restrizioni. Questo mandala è associato al regno, alla comunità, alla società. Il Buddhismo crede che ci sia un regno chiamato Sambhala, dove vivrebebro i Buddha futuri.
Il guru interiore è la recondita sottile coscienza sottile che il guru possiede ed è analoga a quella del praticante, quello che viene chiamato guru esterno è la manifestazione di questa coscienza nella forma di un corpo umano. Il guru segreto sono invece l’insieme di tecniche di meditazione sul respiro, i canali e centri energetici, attraverso le quali si arriva a comprendere il guru interiore.
Un metodo comune per praticare la devozione al guru consiste nel visualizzare il proprio guru e recitare il mantra del suo nome (mtshan sngags) o il mantra delle cento sillabe (yig btgya).
Il Buddha ha chiarito nei sutra del Vinaya e nel Tantrayana, in modo dettagliato, quali debbano essere le qualità di un maestro. Ha consigliato di esaminare completamente la persona che deve diventare il nostro guru. A meno che non si sia del tutto sicuri, non si deve prendere nessuno come guru.
Nel tantra dell’Anuttarayoga la parola assoluto assume due significati: sia la vacuità, sunyata, sia questa recondita e assoluta coscienza sottile, chiamata rig pa. Questa coscienza è sempre lì anche quando i cinque sensi non sono attivi. I sensi possono arrivare a conoscere in modo diverso, ma questi mezzi sono sempre di natura cognitiva, questo aspetto comune è chiamato shes pa, conoscenza. Il rig pa, questa coscienza sottile, che è consapevolezza, è anch’esso di natura cognitiva. E’ anch’esso un conoscitore come la coscienza visiva, ecc. Perciò sia la coscienza dei sensi grossolani, sia il più sottile rig pa sono di natura cognitiva. Alla morte, o al raggiungimento della buddhità cesseranno tutti i livelli grossolani di coscienza, ma la fondamentale, recondita, assoluta, coscienza sottile rimarrà sempre. Non ha inizio e non avrà fine.
Nell’Anuttarayoga la parola nay lug si riferisce alla parte del soggetto, all’esperienza della vacuità, alla coscienza speciale che capisce la realtà nel sistema tantrico, cioè la chiara luce.
La chiara luce si riferisce a due cose, a un oggetto o a un soggetto. La prima forma di chiara luce è l’oggetto vacuità. La seconda è la coscienza che possiede questa vacuità come suo proprio oggetto, la chiara luce vera e propria. Quando tutte le apparenze dualistiche svaniscono, diviene impossibile distinguire l’oggetto dalla coscienza che lo percepisce. La dualità va perduta.
La buddhità è qualcosa che realizzeremo gradualmente attraverso la sistematica purificazione della nostra mente, che normalmente è sotto l’influsso degli offuscamenti della conoscenza. La mente possiede la natura della purezza essenziale e la più recondita mente di chiara luce che è chiamata “natura buddhica”. Quando la mente è stabile in stato di concentrazione univoca su un oggetto, certi tipi di concetti e fraintendimenti cessano. Per ottenere una mente stabile, il metodo consiste nel coltivare la saggezza e meditare sulla vacuità. Secondo i Tantra, ed in modo particolare secondo il Guhyasamajatantra, finché non si raggiunge la chiara luce più sottile si continua a soffrire a causa delle apparenze dualistiche.
La dottrina Avcarya Bhavaviveka, accetta la posizione che la coscienza sia la persona, ossia la coscienza è ciò che conosce, il conoscitore. Quando parliamo della mente, è implicito un soggetto esperiente o un possessore, che è il sé, il quale usa e possiede i cinque aggregati, coscienza inclusa. La coscienza è ciò che è usato dal sé e di conseguenza non è il sé. La coscienza è eterna ma non è permanente, in quanto la permanenza implica che qualcosa non cambi da un istante a l’altro. E questo cambio di coscienza c’è, quindi è impermanente ed è anche eterna in quanto la continuità dei momenti non cessa mai.
Nel buddhismo ci sono due tipi di accumulo: l’accumulo di merito e l’accumulo di saggezza. Allo scopo di conseguire l’omniscienza è necessario ottenere sia il rupakaya, o Corpo di Forma, sia il dharmakaya, o Corpo di verità. Nel sistema dei sutra, Sutrayana, la generazione di merito e saggezza sono due azioni separate che devono essere compiute in due momenti distinti. Nel tantra, Tantrayana, una sola mente può compiere entrambe le azioni. Assumendo il corpo di un divinità come oggetto referente, conseguiamo l’accumulo di merito; nello stesso tempo se realiziamo che l’aspetto o la qualità del corpo di quella divinità è vacuità, ciò mancanza di vera esistenza, accumuliamo saggezza. Merito e saggezza sono conseguiti simultaneamente.
Nel Sutrayana, la vipasyana (la visione profonda) è definita come un tipo di meditazione strettamente analitica, mentre lo samatha (la calma dimorante) è definito come un tipo di meditazine strettamente concentrativa. Ma nel sistema dell’Anuttarayogatantra, essendoci una differenza nel metodo di meditazione, si può conseguire la vipasyana semplicemente per mezzo della meditazione concentrativa sui canali energetici e chakra.
Nel buddhismo, non si deve diventare monaco o monaca per raggiungere la piena illuminazione. Il bhiksu, o monaco, una volta che abbia ricevuto la piena ordinazione è autorizzato a possedere, oltre i tre abiti religiosi, solo tredici tipi di oggetti. Questo è molto utile per verificare il desiderio e l’attaccamento. L’essere monaco implica avere più libertà, infatti un Lama sposato deve condividere le decisioni importanti con la propria consorte.