giovedì 10 giugno 2021

Hatha Yoga Pradipika

Il libro Hatha Yoga Pradipika, light on Hatha Yoga con commenti di Yogi Swatmarami (sotto la guida di Swami Satyananda Saraswati) è uno dei migliori testi per avvicinarci allo Hatha Yoga. E' diviso nei seguenti quattro capitoli: 

  • le asana (le posture o posizioni); 
  • shatkarma  (gli esercizi di purificazione) e pranayama (gli esercizi per il controllo dell'energia o prana);
  • mudra (gesti simbolici con le mani per veicolare l'energia) e bandha (sono chiusure o contrazioni fisiche volontarie che coinvolgono determinati gruppi di muscoli e tendini, servono a canalizzare il respiro e l'energia);
  • samadhi (o illuminazione è considerato uno degli obiettivi più alti della vera pratica yoga.  Corrisponde alla realizzazione ultima dell'essere umano che acquisisce uno stato più elevato di coscienza che porta a comprendere del senso dell'universo).
Gli altri testi di riferimento all'hatha yoga sono: The Gheranda Samhita (uno dei testi tantrici),  The Shiva Samitha (un altro testo tantrico), le Upanishad (la parte filosofica dei Veda), Srimad Bhagavatam (uno dei Purāṇa, testi sacri della tradizione induista). Tutti questi testi sono stati scritti tra il VI e il XV secolo. D.C. Sulla base degli insegnamenti dello hatha yoga si formarono molte comunità e molte scuole in India, Tibet e Nepal.   

Hatha yoga è una preparazione per raggiungere stati di coscienza più elevati. Questa pratica, progettata per l'evoluzione del genere umano, è attualmente compresa e utilizzata in un modo molto limitato.  Yama e niyama, le regole di condotta e le osservanze che sono punti di riferimento nei sistemi buddhista e giainista, così come nel raja yoga di Patanjali in questa trattazione dello hatha yoga sono solo accennate nel praragrafo 1.6. 

Nel VI secolo a.C. la meditazione in India divenne la principale forma di pratica spirituale e le pratiche preparatorie furono ignorate. Gli yogi pensano che non si possa iniziare immediatamente la meditazione; bisogna prepararsi purificando tutto il corpo e i suoi componenti (stomaco, intestino, sistema nervoso, canali energetici).  La scienza della purificazione è uno dei temi centrali  dello hatha yoga. Con le sei pratiche di purificazione corporee chiamate shatkarma o kriya che sono: neti, dhauti, basti, kapalbhati, trataka e nauli) vengono eliminati muco, gas, acidità e tutti i blocchi nel sistema nervoso vengono rimossi.

L'obiettivo principale dello hatha yoga è quello di creare un equilibrio perfetto tra corpo, mente ed energia. Ha e tha sono due beeja mantra. Ha rappresenta il prana, la forza vitale, e Tha rappresenta la mente, l'energia mentale. Tutto nell'universo si evolve: mente, corpo, energia sono sempre in movimento ed ora anche la scienza ha iniziato a capire che la materia corrisponde ad una forma condensata di energia.

La differenza tra yoga e hatha yoga.  Kundalini l'energia primitiva risiede nel muladhara chakra alla base della colonna vertebrale. Quando la kundalini è risvegliata comincia a salire lungo i canali energetici (le nadi)  ida e pingala  e si unisce nel centro energetico chiamato ajna chakra; questo processo si chiama hatha yoga.  Dopo questa prima unione l'energia può ancora avanzare verso il centro  energetico superiore lo sahasrara chakra. Qui si verifica l'unità tra Shiva, la coscienza suprema e Shakti, l'energia kundalini e questa unione si chiama yoga. Quindi il fine ultimo dello hatha yoga è sperimentare lo yoga.

  

Con le tecniche di shatkarma si purifica l'intero sistema corporeo e si rimuovono i blocchi di energia nei canali ida e pingala. Quando l'aria scorre liberamente nella narice sinistra significa ida è attivo e la mente è predominante. Quando scorre nella narice destra significa che pingala è attivo e il prana è predominante. Quando l'aria fruisce nelle narici allo stesso modo, significa che l'energia scorre nella sushunna nadi. Quando si manifesta una malattia, sia fisica che mentale, significa che ci sono dei blocchi energetici ed il sistema è in disequilibrio. Hatha Yoga deve essere usato per trattare la personalità nella sua totalità: sia l'aspetto fisico, sia mentale. Questo è il vero spirito dello Hatha yoga.

Capitolo primo. Asana  (le posture).

La parola hatha è composta da due radici in sanskito, ha e tha. Ha significa sole, la forza pranica. Tha significa luna, l'energia mentale di chitta. Nad significa flusso.

In Occidente sembra che il vero scopo dello yoga sia trascurato. Lo yoga è generalmente praticato per migliorare o ripristinare la salute, per ridurre lo stress. Oggi l'uomo utilizza solo un decimo della sua capacità cerebrale totale.

1.14 Lo yoga dovrebbe essere praticato secondo le istruzioni del guru.

Questo sutra sottolinea l'importanza del guru. Devi dedicare trenta minuti alla sadhana ogni giorno. Gu significa "oscurità" e "ru" significa luce. Guru è colui che rimuove l'oscurità e l'ignoranza.

1.15 L'eccesso di cibo, lo sforzo fisico e mentale, la loquacità, l'aderenza alle regole, l'essere in compagnia della gente comune e l'instabilità della mente sono le sei cause che distruggono lo yoga.

Lo stomaco deve essere riempito per metà di cibo. Troppe parole dissipano l'energia vitale e sprecano tempo. Bisogna sviluppare l'abitudine di evitare tutte le attività inutili, dispendiose in termini di tempo e di esaurimento delle risorse energetiche. I sei ostacoli allo yoga sono kama (lussuria, desiderio), krodha (rabbia), lobha (avidità), moha (infatuazione), abhimana (orgoglio), mada (arroganza).

1.16 (i) Entusiasmo, perseveranza, discriminazione, fede salda, coraggio, evitare la compagnia di gente comune sono i sei elementi che portano al successo nello yoga.

1.16 (ii - iii) Illustra le dieci regole di condotta,  regole etiche e morali universali (yama): 

  • Non violenza, 
  • dire la verità, 
  • non rubare, 
  • continenza, 
  • perdono, 
  • resistenza, 
  • compassione, 
  • umiltà, 
  • dieta moderata, 
  • pulizia. 

e le dieci osservanze, freni o “astinenze” che limitano i comportamenti dannosi e distruttivi per lo yogi e per le sue relazioni con gli altri. Le virtù e i comportamenti positivi legati allo stile di vita del singolo individuo, da coltivare per migliorare sé stessi (niyama):

  • austerità, 
  • contentezza, 
  • fede in Dio, 
  • abbandonarsi a Dio, 
  • ascolto delle sacre scritture, 
  • modestia, 
  • intelligenza perspicace, 
  • ripetizione dei mantra, 
  • sacrificio. 

L'hatha yoga non pone molta enfasi su queste regole e come detto sopra sono solo accennate.  

Nello yoga sutra di Patanjali sono descritti solo cinque yama:

  • Nonviolenza (ahimsa),
  • Sincerità (satya),
  • Onestà (asteya),
  • Continenza sessuale (brahmacharya),
  • Non avidità nel possedere (aparigraha).

e cinque niyama:

  • Purificazione (saucha),
  • Accontentarsi (santosha),
  • Austerità (tapas),
  • Studio e conoscenza di sé (svadhyaya),
  • Abbandono alla volontà divina (ishvarapranidhana).

Il satsang è una riunione presieduta da una persona con conoscenze spirituali, durante la quale si dibattono varie tematiche. Il mantra universale che può essere usato da tutti è il mantra A U M. È la vibrazione cosmica della realtà manifesta e non manifesta. A rappresenta il mondo cosciente e la creazione, U rappresenta i regni intermedi e il subconscio, M rappresenta il non-manifesto e l'inconscio.

1.17 Prima di tutto si parla della prima parte dell'hatha yoga. Avendo fatto asana la persona ottiene la fermezza del corpo e della mente; salute e flessibilità degli arti.

Quando il prana, l'energia comincia a scorrere regolarmente, le tossine vengono rimosse e il corpo diventa elastico. Nei testi yogici il numero di asana descritto è trentatre.

Nei versi seguenti vengono descritte le tecniche per eseguire le varie asana, specificando per ognuana vantaggi e svantaggi. 1.20 gomukhasana (otto rappresenta l'infinito) 1.25 dhanurasana 1.26 matsyendrasana 1.28 pashimottanasana 1.32 shavasana, 1.44- 47 padmasana. 1.50-52 shimasana (postura del leone).

1.55-56 Gli yogi, essendo liberi dalla fatica nella pratica degli asana e dei bandha, dovrebbero praticare la purificazione di nadi, mudra e pranayama. L'esecuzione delle asana, le varietà di kumbhaka, le pratiche chiamate mudra e la concentrazione sul suono interiore (nada) sono incluse nella sequenza di hatha yoga.

Nei versi 1.57-62 vengono elencati i cibi da evitare praticando yoga. 

Capitolo due. Shatkarma (esercizi di purificazione) e pranayama (esercizi per il controllo del respiro e dell'energia).

2.1. Così essendo stabilito in asana e avendo il controllo (del corpo), seguendo una dieta equilibrata; il pranayama dovrebbe essere praticato secondo le istruzioni del guru.

Nel pranayama è la durata della ritenzione del respiro che deve essere aumentata per l'assimilazione del prana. Il processo di respirazione è direttamente collegato al cervello. Se hai il controllo della mente, puoi immergerti più profondamente in te stesso e controllare le emozioni. 

Nel sufismo, nel buddismo e nello yoga è stato scoperto che concentrandosi sul respiro si può calmare la mente ed entrare nei regni più profondi della mente e della coscienza.  Si parla del vayu che è il prana e l'aria necessaria per la vita. Le cinque principali funzioni del vayu sono: apana, prana, samana, udana, vyana.  L'assorbimento dell'energia è alimentato dal prana, l'eliminazione delle tossine è alimentata dall'apana, il samana è preposto al processo di assimilazione dello stomaco, il movimento nella gola e l'espressione facciale sono dovuti all'adana, la circolazione è alimentata dal vyana che pervade tutto il corpo.

2.4 L'aria vitale non passa nel canale centrale perché le nadi (i canali energetici) sono pieni di impurità.

2.5 Quando tutti le  nadi e i chakra (i centri energetici)  che sono pieni di impurità sono purificati, allora lo yogi è in grado di trattenere il prana.

I centri energetici sono collegati agli organi sensoriali. Mooladhara chakra  al naso, swadisthana alla lingua, manipura agli occhi e la vista, anahata  alle mani, vishuddhi alle orecchie e gola, quando l'energia raggiunge ajna, la dualità e l'ego cessano di esistere.  Tra l'ajna chakra e il sahasrara  c'è un altro centro il  bindu ed altri tre chakra che sono brevemente menzionati nel Tantra: lalana, manas, soma. Oltre il vishuddi i centri energetici sono collegati a forme di intelligenza più elevata, lo stesso ajna chakra è considerato il terzo occhio attraverso il quale il mondo sottile, energetico può essere percepito. Il Dr. Hiroshi Motoyama del Giappone ha messo a punto strumenti in grado di rilevare l'attività di questi chakra. Altri fattori che influenzano il flusso pranico nelle nadi sono: lo stile di vita, la dieta, i desideri, i pensieri e le  emozioni.

2.7 - 2.9 Questi versi spiegano come praticare Nadi shodana pranayama. Sedendosi in padmasana, lo yogi deve inalare attraverso la narice sinistra e trattenere il respiro fino alla massima capacità possibile, quindi espirare lentamente attraverso la narice destra. Quando sei riuscito a prolungare la durata di inspirazione / espirazione sei pronto per aggiungere kumbhaka che è la ritenzione del respiro. Durante la pratica del pranayama si può aggiungere la ripetizione di beeja mantra come yam e ram.  Il periodo migliore per praticare il pranayama è un'ora e mezza prima dell'alba, la sera al tramonto (l'incontro del giorno e della notte).

2.16 Con la pratica corretta del pranayama ecc., Tutte le malattie vengono sradicate. Attraverso la pratica scorretta possono insorgere tutte le malattie. Se la pratica è irregolare o scorretta, potrebbe essere molto dannosa ed è meglio non praticarla affatto. Devi sempre esercitarti con lo stomaco vuoto.

2.19 Quando le nadi sono purificate ci sono delle manifestazioni esterne, il successo è definito quando il corpo diventa magro e luminoso. 

Shatkarma (le sei tecniche di purificazione) sono per quelle persone che hanno disturbi o squilibrio nel dosha. I dosha secondo l'Ayurveda, sono le tre sostanze vitali presenti nell'apparato psico-somatico di ogni persona, che sono: Vata, Pitta e Kapha.

2,24 Descrive dhauti, la pulizia dello stomaco.

2.26 Descrive basti, la pulizia dell'intestino.

2.29 Descrive neti (la pulizia nasale). Inserire un filo morbido attraverso il naso fino alla lunghezza di un palmo in modo che esca dalla bocca. Jala neti invece è la pulizia nasale con acqua e il recipiente con un beccuccio da dove fare uscire l'acqua chiamato lota. È importante rimuovere dalle narici tutta l'acqua dopo la pratica. Si consiglia di praticare il bhastrika o kapalbhati pranayama dopo jala neti. Questo pranayama asciugherà il naso e genererà calore nelle narici. Neti promuove un equilibrio tra emisfero destro e sinistro del cervello e induce uno stato di armonia ed equilibrio.

2.31 Trataka. Guardando intensamente con uno sguardo fisso e determinato ad un piccolo punto fino a quando le lacrime non saranno versate. L'oggetto più utilizzato su cui fare trataka, di solito, è una fiamma di candela, perché dopo aver chiuso gli occhi l'impressione della fiamma rimane per qualche tempo. Metti una candela venti o trenta centimetri  di fronte a te con la fiamma all'altezza degli occhi. È vitale che la fiamma sia ferma e non lampeggi affatto. Cerca di mantenere gli occhi perfettamente fermi, fissa la fiamma per cinque, dieci minuti senza chiudere gli occhi.

2,33 Nauli. Piegarsi in avanti, portare le mani sulle ginocchia, protendere l'addome e ruotare i muscoli da destra a sinistra con velocità. Prima di tentare il nauli devi essere in grado di eseguire correttamente uddiyana bandha. Porta l'addome e lo stomaco in dentro come se risucchiato eseguendo uddyana bandha.

2.34 Il Nauli è una delle principali pratiche di hatha yoga. Accende il fuoco digestivo, rimuovendo eventuale indigestione,  cura la digestione lenta e tutti i disordini del dosha.

2,35 Kapalbhati. Eseguire espirazione e inalazione rapidamente come il mantice di un fabbro. Distrugge tutti i disordini legati al muco. L'inalazione in kapalabati è la reazione alla forzata esalazione.

2,51 Ujjayi. Chiudendo la bocca, inspira con controllo e concentrazione attraverso ida e pingala, in modo che il respiro venga sentito dalla gola al cuore e produca un suono sonoro. Fai kumbhaka come prima ed espira attraverso l'ida. Questo rimuove i problemi alla gola e stimola il fuoco digestivo. Può essere fatto in piedi, seduto o camminando.

2.54 Seetkari pranayama (respiro sibilante). Prendendo l'aria attraverso la bocca, produci un sibilo, senza aprire la bocca e espira attraverso il naso.

2.57 Sheetali (respiro da raffreddamento) Il saggio inspira l'aria attraverso la lingua e pratica il kumbhaka, quindi espira l'aria attraverso le narici.

2,59 Bhastrika (mantice, soffio). Sedersi correttamente in padmasana, mantenendo il collo e l'addome allineati, espirare attraverso il naso. E di nuovo l'aria deve essere inalata rapidamente fino al cuore. Il suono risuona dal cuore fino al cranio. In questo modo il respiro viene inspirato ed espirato ripetutamente, con lo stesso movimento di un mantice.

Bhastrika è simile al kapalbhati, ma in bastrika l'inalazione e l'espirazione sono uguali e sono il risultato di movimenti polmonari sistematici e uguali. Il respiro deve essere aspirato e spinto fuori con una piccola forza. Nel kapalbhati, l'inalazione è il risultato dell'espirazione forzata. L'aria crea un suono mentre entra e esce dal naso, ma non dovrebbe essere un suono pesante. Dovrebbe venire dal naso e non dalla gola. Durante la pratica il corpo dovrebbe rimanere stabile, le spalle e il torace non dovrebbero muoversi affatto, solo i polmoni, il diaframma e l'addome dovrebbero muoversi.  Padmasana è la posizione ideale per eseguire bastrika.  Dovrebbe essere eseguito dopo delle asana e dopo nadi sodhana, ma prima di seetkari, sheetali o ujjayi.

Bhramari (ronzio dell'ape). Inspirare velocemente, emettendo un suono riverberante come l'ape nera maschile, espira lentamente mentre fai dolcemente il suono dell'ape nera femmina. Chiudere le orecchie con l'indice e il medio premendo la parte esterna centrale del legamento dell'orecchio nel foro. Tieni le orecchie chiuse ed espira, emettendo un suono sommesso. Concentrati sul suono, tenendolo basso. Quando l'espirazione è completa, abbassa le mani sulle ginocchia e inspira lentamente; va ripetuto per dieci volte. 

Capitolo tre. Mudra (gesti simbolici con le mani per veicolare l'energia) e Bandha (sono chiusure o contrazioni fisiche volontarie che coinvolgono determinati gruppi di muscoli e tendini, servono a canalizzare il respiro e l'energia).

3.1 Come il serpente sostiene la terra e le sue montagne e boschi, così la kundalini è il supporto di tutte le pratiche yoga.

La parola Tantra è composta da due sillabe: Tan - espandere e Tra da liberare. Il Tantra è il processo di espansione della coscienza e dell'energia liberatrice, ed è la scienza più antica conosciuta dall'uomo. Questa energia è chiamata kundalini shakti, il processo riunisce i due poli opposti di energia, il muladhara (il polo negativo) e l'ajna (il polo positivo).

3.5 Perciò la dea che dorme all'ingresso della porta di Brahma dovrebbe essere costantemente sollecitata con tutti gli sforzi possibili compiendo  i mudra a fondo.

Il Mudra è una specifica posizione del corpo che canalizza l'energia prodotta da asana e pranayama nei vari centri, e suscita particolari stati d'animo. 

Quando la kundalini shakthi ascende attraverso i chakra la sua forma cambia finché non si unisce con il suo signore Shiva in sahasrara. Quando questo si verifica non c'è più individualità, energia e coscienza diventano una sola cosa e si manifestano sotto forma di pura luce.

3.6 Maha mudra, maha bandha, maha vedha, khechari, uddiyana, moola banda e jalandhara banda. Vipareta karani mudra, vajroli e shakthi chalana; questi sono i dieci mudra che distruggono la vecchiaia e la morte. Spesso nei testi yoga c'è confusione quando si parla di mudra e bandha.

3.10 Maha mudra (la grande attitudine). Premere il tallone sinistro nel perineo (o nella vagina), raddrizzare la gamba destra e con le mani afferrare saldamente il piede disteso.

Bloccando la gola e trattenendo il respiro, il prana sale dritto proprio come un serpente colpito con un bastone. Quindi la kundlini shakti entra in sushunna, e sale lentamente e gradualmente.

3.19 Maha bandha (la grande chiusura), premi il tallone del piede sinistro nel perineo / vagina e posiziona il piede destro sulla coscia sinistra. inspirando così (prima dalla narice sinistra, dopo dalla narice destra), porta il mento al petto (jalandhara bandha), contraendo la regione perineale / cervicale (moola bandha), concentrati sul centro delle sopracciglia (shambhavi mudra). Trattieni il respiro finché è confortevole, espira lentamente.

3.26 Maha vedha mudra. Sedendosi in padmasana, eseguendo il blocco della gola, disponendo i palmi delle mani a terra, lo yogi dovrebbe battere dolcemente le natiche sul terreno. Il prana lascia le due nadi ed entra nel canale centrale (sushumna). Quando ida, pingala e sushunna sono unite, l'immortalità è raggiunta, poi il respiro dovrebbe essere esalato. Con questa pratica i capelli grigi e il tremito della vecchiaia vengono elusi, quindi i migliori praticanti si dedicano a questo. Queste tre pratiche dovrebbero essere fatte ogni giorno ad ogni yama (periodo di tre ore). Esaltano le virtù e distruggono i vizi. Dovrebbero essere praticati gradualmente.

3.32 Khechari mudra. consiste nel girare la lingua all'indietro nella cavità del cranio e ruotando gli occhi verso l'interno verso il centro delle sopracciglia. La lingua dovrebbe essere esercitata e la parte inferiore leggermente tagliata. Infatti il ​​khechari si perfeziona quando la lingua tocca il centro delle sopracciglia.

3,55 Uddiyana bandha (blocco retrazione addominale). È così chiamato dallo yogi perché attraverso questa pratica il prana che è concentrato in un punto, comincia a salire attraverso il canale sushunna. La regione dell'addome sopra e sotto l'ombelico dovrebbe essere tirata indietro e di conseguenza l'ombelico sale.

Inspirate profondamente attraverso il naso, quindi espirate rapidamente attraverso le labbra incavate, ma non forzate. Dopo aver espirato completamente, esegui il jalandhara bandha spostando il mento verso il petto e sollevando le spalle. Quindi tirare l'addome e lo stomaco verso l'interno verso la colonna vertebrale e verso l'alto. Tenere premuto per alcuni secondi. Prima di inalare, rilassare lo stomaco e l'addome, rilasciare jalandhara sollevando la testa e stare dritti. Quindi inspirare attraverso il naso lentamente in modo controllato. Prima di ripetere la pratica, respira normalmente per un minuto o due. All'inizio esegui questa pratica per tre volte.

3.58 Anche una persona anziana può diventare giovane quando lo esegue regolarmente.

3,61 Moola bandha (blocco di retrazione del perineo / cervice). Premendo il perineo / vagina con il tallone e contraendo il retto in modo che l'apana vayu si muova verso l'alto è moola bandha.

Tuttavia, dovrebbe essere chiaramente inteso che nella moola bandha non dovrebbe esserci assolutamente alcuna contrazione anale. Quando viene praticato inizialmente, c'è una tendenza a contrarre le due aree, cioè il perineo e l'ano. Pratica moola bandha in combinazione con jalandhara bandha, è se possibile aggiungere kumbhaka. Quando prana / apana e nada / bindu sono uniti, la kundalini entra in brahma nadi e la perfezione totale viene raggiunta.

3,70 Jalandhara bandha (il blocco della gola). Contrai la gola portando il mento al petto. Distrugge tutti i disturbi della gola.

Il prana è un flusso costante nel corpo, a volte predomina prana shakti in pingala e talvolta predomina chitta shakti  in ida e questo crea varie situazioni e stati mentali. Le pratiche yoga moderano queste fluttuazioni.

 3.68 Vipareeta karani mudra. Ci sono vari asana che permettono di invertire il flusso di un fluido dal centro cerebrale senza eccessiva forza o pressione. I due più efficaci sono vipareeta e sirshasana. I Vipareeta karani creano una pressione nella gola che stimola la tiroide e risveglia il vishuddi chakra. Sirshasana influisce sul cervello e sul sahasrara chakra.

La pratica del vipareeta karani è simile a sarvangasana. La principale differenza è l'angolo della parte posteriore rispetto al pavimento. In sarvangasa la schiena e le gambe dovrebbero essere perpendicolari, in vipareeta karani la schiena è mantenuta ad un angolo di quarantacinque gradi rispetto al pavimento e alle gambe. Ciò significa che la gola non è completamente bloccata e consente il flusso di sangue al cervello. Vipareeta karani è il primo kriya praticato nel kriya yoga.  Sollevare le gambe in aria, i piedi verso il soffitto, non tesi, facendo fare alla schiena un angolo di quarantacinque gradi rispetto al pavimento. Sostenere la parte bassa della schiena con le mani, mantenendo i gomiti sul pavimento. Rimanere nella posizione, concentrarsi sul centro della gola. Quando di dovrà lasciare la posizione, bisogna abbassare lentamente la schiena sul pavimento, tenendo le gambe sollevate. Tenere i palmi delle mani a terra e abbassare lentamente le gambe, mantenendole dritte.

3.83 Vajroli mudhra. Vajra nadi controlla il sistema sessuale del corpo.

Nella sadhana tantrica questa energia non è soppressa ma viene risvegliata, reindirizzata e sublimata. L'uomo ha quattro desideri di base conosciuti come purushartha, il primo dei quali è il kaama o la gratificazione sensuale. Ogni azione, compreso l'atto sessuale, dovrebbe essere diretta verso lo sviluppo della piena coscienza. La vita spirituale non è associata al vivere secondo la morale puritana.

Se puoi seguire tali ideali puritani e ottenere l'illuminazione, allora praticali, ma non condannare gli altri. Nel momento in cui proponi un percorso spirituale rigido: deve essere come "questo" e non può essere come "quello" stai limitando la tua capacità di avere un'esperienza totale. Lo sviluppo spirituale è il processo evolutivo. Può accadere lentamente attraverso milioni di anni come il processo della natura, oppure può accellerare attraverso le pratiche dello yoga.

Capitolo quattro. Samadhi. (o illuminazione è considerato uno degli obiettivi più alti della vera pratica yoga.  Corrisponde alla realizzazione ultima dell'essere umano che acquisisce uno stato più elevato di coscienza che porta a comprendere del senso dell'universo). La parola samadhi è composta da due parti, sam che significa uguale e dhi che è riflessione o percepire.

Secondo il tantra, Shiva è la coscienza inattiva e inerte. Shakti è l'aspetto attivo e mutevole di questa energia. Nello schema della creazione, manifesta o potenziale, Shakti è la polarità opposta a Shiva. Il punto centrale di queste due "tensioni polari" è il bindu. 

4.5 Come il sale si fonde nel mare, allo stesso modo la mente e l'atma sono considerati uniti nel samadhi. Quando la duplice natura dell'anima individuale e dell'anima cosmica diventa una, tutti i desideri / identificazioni vengono distrutti e questo è considerato samadhi.

Non importa quanto tu pratichi lo yoga, se non c'è un guru, non ci può essere illuminazione.

4.16 Rimanendo nel luogo più adatto, avendo scoperto come penetrare il sushumna e far scorrere il prana attraverso il passaggio centrale, esso dovrebbe essere bloccato nel thhrahmarandhra, il centro della coscienza superiore.

4.18 Ci sono 72.000 nadi in tutta la gabbia di questo corpo. L'unico importante è sushumna.

4.31 Quando l'inalazione e l'espirazione vengono interrotte, il godimento dei sensi viene annientato, quando non c'è sforzo manifesto e si verifica uno stato immutabile della mente, lo yogi raggiunge laya o assorbimento.

4.36 Con la consapevolezza interiorizzata e lo sguardo esterno senza battere ciglio, che in verità è shambhavi mudra, conservato nei Veda. Quando il samadhi viene raggiunto attraverso la pratica, è chiamato unmani.

4.41 La mente ferma, gli occhi semiaperti, lo sguardo fisso sulla punta del naso, la luna (ida) e il sole (pingala) sospesi, senza alcun movimento (fisico o mentale), la persona raggiunge la forma di luce (jyoti) che è infinita ed è completa, radiosa, il Supremo. Che altro si può dire?

4.48 In mezzo alle sopracciglia c'è il posto di Shiva, lì la mente è tranquilla. Quello stato è noto come turiya o la quarta dimensione. Lì, il tempo è sconosciuto.  Il respiro esterno è sospeso, il prana e la mente rimangono immobili al loro posto (Brahamarandhra).

4.60 Tutto ciò che può essere conosciuto, tutto ciò che è conosciuto e la conoscenza, è chiamato mente. Quando il conoscitore e ciò che è noto sono fusi insieme, non esiste dualità o seconda via.

Tutto ciò che è nel mondo, animato e inanimato, è l'apparenza della mente. Quando la mente raggiunge la dualità, è perduta. (La parola "unmani" significa letteralmente "no mind", "no thinking").

4.67 Lo yogi, seduto in muktasana, concentrato nello shambhavi (su ajana chakra), dovrebbe ascoltare un suono all'interno dell'orecchio destro. Chiudendo le orecchie, il naso e la bocca, si sente un suono chiaro e distinto nella sushumna purificata. Sedendosi e chiudendo le orecchie, premendo il perineo, con la pratica si può iniziare a sentire varie gamme, qualità e forme del suono.

Shanmukhi mudra. Sedersi in siddhasana, inalare profondamente e lentamente ed eseguire antar kumbhaka (ritenzione del respiro in caso di inalazione), chiudendo le orecchie con i pollici, gli occhi con l'indice, il naso con il medio, la bocca con l'anello e il mignolo. Concentrati su qualsiasi suono sottile percepibile. Se si sente un suono, dovrebbe essere ascoltato. Cerca di distinguere da quale orecchio stai ascoltando il suono.  Prima di espirare rilascia yoni mudra ed espirare in modo controllato. Bisogna esercitarsi da cinque a dieci volte.

4.69 In tutte le pratiche yoga ci sono quattro fasi; arambha: iniziale, ghata: medio livello, parichaya: avanzata, nishpatti: esperto.

4.71 Quando lo yogi sperimenta l'arambha nel vuoto del cuore, il suo corpo diventa brillante  con un odore divino.

4,72 Nella seconda fase Shakti entra nella nadi centrale.

4.74 Nella terza fase c'è l'esperienza del suono del tamburo. Poi c'è il grande vuoto e si entra nel luogo della perfezione totale o siddhi. Lo squilibrio dei tre dosha, il dolore, la vecchiaia, la malattia, la fame, il sonno sono superati.

4.79 Ci sono praticanti di hatha yoga che non hanno la conoscenza del raja yoga. Li considero dei semplici praticanti perché non traggono alcun frutto per i loro sforzi.

4.80 Secondo me, la contemplazione sul centro sopracciglia porta immediatamente allo stato senza mente. È un metodo adatto anche per quelli con meno intelligenza per raggiungere lo stato di raja yoga. Il laya raggiunto attraverso il nada dà un'esperienza immediata.

Il raja yoga è l'esperienza dell'assorbimento continuo nella mente cosmica unificata espansa che accompagna sia la creazione che la dissoluzione in se stessa. La vita e le esperienze spirituali sono indipendenti dalle capacità accademiche e dalla conoscenza intellettuale o mondana. La conoscenza spirituale, il potere e l'esperienza esistono su un piano differente. Anche un dissoluto può percepire questi suoni e vivere un'esperienza profonda.

4.83 Attraverso l'ascolto prolungato della nada, la consapevolezza del suono esterno diminuisce. Quindi, lo yogi supera la turbolenza mentale entro quindici giorni e prova piacere.

4.103 Tutti i processi di hatha yoga e laya yoga sono solo i mezzi per raggiungere il raja yoga (samadhi).

4.109 Nel samadhi uno yogi non conosce né odore, gusto, forma, tatto o suono, non riconosce il proprio sé (ego) né quello degli altri.

Solo quando la dualità del tempo e dello spazio non esiste, puoi conoscere il vero sé. Darshan significa vedere, ma non con gli occhi. Quando gli occhi sono chiusi e i sensi sono chiusi, la mente si è ritirata e l'ego è stato permanentemente bloccato, in quel momento sei faccia a faccia con quello che chiami 'Dio'.

Il mantra è la base stessa dello yoga, del tantra e della vita spirituale. Il mantra può dare contentezza e influenzare la tua personalità. Il mantra può influenzare il cervello, il corpo e l'inconscio. Lo yantra è la forma del mantra. È una figura geometrica precisamente designata.

4.114 Mentre il prana non scorre nel passaggio centrale (di sushunna) mentre il bindu non è stabilizzato dal contenimento del prana, mentre la mente non riflette la meditazione spontanea, allora coloro che parlano di conoscenza spirituale si abbandonano solo a storie vanagloriose e false.

Il bindu è un punto di energia potenziale. Parlare di illuminazione, di risveglio di energia e coscienza, se non ha avuto luogo dentro di te, è ipocrisia. Chiunque parli di un argomento del genere deve aver avuto una sorta di realizzazione.

Il principio dello hatha yoga e del tantra è "Pratica e realizza", piuttosto che parlare e filosofare.

Le persone e gli insegnanti possono occuparsi dell'insegnamento della spiritualità, ma uno yogi lo vivrà.

mercoledì 9 giugno 2021

Tre amici in cerca di saggezza: L'ego, amico o impostore?

 Il libro Tre amici in cerca di saggezza: Consigli per una vita felice (Trois amis en quête de sagesse)  è stato scritto nel 2017 da  Christophe André, Alexandre Jollien, Matthieu Ricard.

Sia io che il mio amico Dominique abbiamo letto ed adorato questo libro, ed entrambi riconosciamo in Cristophe André un grande punto di riferimento.

Articolo scritto dal mio amico Dominique Bordet

Christophe André è uno psichiatra che lavora negli ospedali e scrive libri che fanno del bene all'umanità. La sua esperienza gli ha fatto capire i limiti della psicoanalisi, e della "distanza terapeutica" istituita da certe correnti della psicologia, e rivendica la creazione di un bel legame fatto di presenza e di ascolto compassionevole con i suoi pazienti. Christophe André ha introdotto le pratiche terapeutiche della meditazione mindfulness negli ospedali in Francia come la psicologia positiva e cognitivo-comportamentale, per citarne alcune. Avevo letto il suo bel libro Imparfaits, libres et heureux. Pratiques de l’estime de soi che spiega bene come un'autostima deregolata (troppo debole o troppo forte) sia fonte di sofferenza e come sia necessario calmarla e renderla silenziosa, cioè non problematica, per vivere felicemente nella società.  Christophe André ha scritto altri libri, tra cui  Méditer, jour après jour - 25 leçons pour vivre en pleine conscience, e durante l'estate del 2019 ha offerto nove programmi di 30 minuti sulla meditazione su France Inter, disponibili come podcast sul sito della radio, che consiglio vivamente di leggere e ascoltare.

Il libro da cui ho estratto le poche note che seguono è il risultato di una riunione di dieci giorni nella quiete della campagna di questi tre amici. Avevo letto altri libri molto illuminanti di Matthieu Ricard, un monaco buddhista che ha accompagnato e tradotto il Dalai Lama in Francia, e di Alexandre Jollien, un filosofo.  In particolare, il bellissimo Eloge de la faiblesse di Alexandre Jollien racconta la storia della sua paralisi cerebrale - è nato con il cordone ombelicale avvolto intorno al collo, che lo ha asfissiato e ha creato danni duraturi al suo cervello - e come ha vissuto la sua prima vita in istituti speciali per disabili e come è diventato un filosofo molto ascoltato.   

Questo libro vuole essere utile a coloro che soffrono e vogliono crescere come esseri umani. Propone pratiche quotidiane che costituiscono un cammino spirituale verso una minore sofferenza, pratiche che ci avvicinano agli altri e che non hanno nulla di religioso. Infatti, il fatto che esistano forme di spiritualità laica, libere da dogmi e teologie, può essere di grande utilità per coloro che non vedono o sentono il bisogno di credere in Dio.

Il libro ha 12 capitoli che sono la trascrizione del dialogo tra questi tre amici. L'introduzione e il primo capitolo danno le motivazioni e le aspirazioni dei tre autori per scrivere questo libro, così come un'auto-presentazione molto interessante di loro stessi, delle loro vite e delle scelte che hanno fatto per diventare quello che sono. Qualsiasi saggio, qualsiasi tesi, qualsiasi spiegazione pedagogica dovrebbe, secondo me, dare queste chiavi autobiografiche, che ci permettono di apprezzare la profondità della ricerca che porta gli autori a offrire dei consigli... Nel caso di questo libro, vediamo che le motivazioni vengono da lontano, da un enorme lavoro di autoconoscenza e sforzo per vivere migliore, e non solo per vivere meglio. Questo è ciò che mi commuove e rende questo libro così prezioso.  Di seguito viene presentato il capitolo due del libro dedicato all'ego.  Vengono riportati degli stralci del capitolo e i commenti di Dominique.

L'ego, amico o impostore? (capitolo 2)

Parlare dell'ego è entrare in un universo che il buddhismo ha esplorato in grande dettaglio, e che i tre autori conoscono tutti bene, come meditatori buddhisti o ispirati dal buddhismo, di cui parlano in modo eloquente, Buddhismo Zen coreano per Alexandre Jollien, e meditazione mindfulness per Christophe André, come sviluppato da Jon Kabat-Zin negli ospedali americani, una meditazione laica anche se è basata su concetti buddhisti. Matthieu Ricard, invece, è un monaco buddhista, molto attaccato alla "decostruzione dell'ego" e dà in ogni occasione le definizioni, le spiegazioni e gli esempi necessari per comprendere questi concetti.   

AJ (Alexandre Jollien). L'ego è un grosso problema. Il racconto della Genesi fornisce una diagnosi luminosa. 

DB. (Dominique Bordet) NB: La Genesi racconta la caduta dell'uomo e della donna in preda al loro ego e al loro desiderio. Penso che AJ fa riferimento al fatto che, in certe personne, una morale cristiana che parla di "peccato originale", può favorire odio di sé, vergogna, o senso di colpa, e quindi la sofferenza dell'ego... Invece secondo Matthieu Ricard, la cultura buddhista parla di "bontà originale", anche se spesso è sepolta come una pepita d'oro in un magma di fango, da liberare con la pratica quotidiana... Il che mi sembra un buon punto di partenza :-)

AJ. Come possiamo evitare di entrare nella spirale infernale della vergogna e della colpa, dell'egocentrismo? Perdere l'innocenza è guardare il proprio ombelico, cominciare a custodire un'immagine di sé, un mucchio di etichette, un mucchio di illusioni, tagliarsi fuori dalla realtà e voler essere il centro del mondo rivendicando un'indipendenza assoluta.  Questa tendenza congenita al narcisismo ci causa molte tensioni. Come curare l'egocentrismo?

CA (Christophe André). L'ego non fa parte del vocabolario corrente della psicologia, si parla piuttosto di "autostima", che definisce l'insieme dei modi di guardarsi, giudicarsi, considerarsi, trattarsi. L'autostima è profondamente influenzata da tutte le nostre relazioni sociali. Il valore che si dà a se stessi è costituito quasi esclusivamente dalla sensazione di dover essere stimati dagli altri. È lo sguardo degli altri che condiziona la qualità dello sguardo che si crede di portare su se stessi, che è solo il riflesso del modo in cui ci si vede nello sguardo degli altri. 

Ci sono due principali patologie dell'autostima (l’estime de soi EDS): 1) l'eccesso di attaccamento a se stessi, nelle persone narcisiste, che pensano di essere superiori e autorizzate a darsi diritti superiori agli altri; 2) la mancanza di EDS, che è un attaccamento negativo; invece di essere alla ricerca di ammirazione e comportamenti sottomessi, queste persone sono alla ricerca di giudizi e critiche perché hanno paura di essere rifiutate, temendo di non essere amate abbastanza.

Il lavoro sul EDS è iniziato negli anni '60. Cinquant'anni dopo si capisce che l'ideale del lavoro della EDS è la dimenticanza di sé, che è in linea con l'ideale buddhista della decostruzione dell'ego. Osservando coloro in cui l'EDS sembra funzionare bene, ci rendiamo conto che non hanno un ego gonfio. Non si interrogano più del necessario su ciò che la gente pensa di loro e si impegnano in azioni o connessioni senza porsi troppe domande su se stessi. Gli americani parlano di un "quiet ego": un ego tranquillo, libero dall'ossessione del "cosa penserà la gente di me? Sono abbastanza bravo? "

Come raggiungere questo obiettivo? (...) Una mia paziente racconta come si vede negli occhi delle persone a cui si sente così inferiore da volersi nascondere. La terapia la invita a dire a se stessa: "Non sei così piccola, e non farti così grande... dì a te stessa che la gente non si appassiona a te, non è sempre te che guardano, che giudicano. Finché non ti alzi dal tavolo e gridi, hai il tuo posto tra gli altri senza essere un oggetto di ossessione per loro.

Sono stati fatti molti studi sull'EDS... uno che mi è saltato all'occhio dice che la EDS migliora coltivando un senso di appartenenza, di fratellanza con gli altri; questo non svaluta, ma calma e rassicura. Al contrario, il desiderio di dominio è insicuro, minaccioso ed estenuante. Non è necessario, per essere accettati dagli altri, essere ammirati da loro: questo è un errore che fanno spesso i pazienti che soffrono di EDS. Non c'è bisogno di diventare dominanti* per smettere di essere dominati. Le storie di dominio sono molto costose dal punto di vista emotivo. Sappiamo che i soggetti narcisisti che hanno queste preoccupazioni di dominanza, riconoscimento, sottomissione da parte degli altri sono persone estremamente insicure, con alti livelli di stress, ansia, tensione e tensioni. Lo stesso vale per le persone con deficit EDS. I soggetti dominati si sentono facilmente umiliati, sminuiti, si vergognano di se stessi e si sentono in colpa per quello che gli succede.

DB: *Questo mi fa pensare che tutti noi abbiamo avuto a che fare con maschi o femmine dominanti nella nostra infanzia o adolescenza... Sto scherzando, ma non troppo, perché l'espressione riflette un lato animale della vita familiare e di altre attività sociali (scuola), e lascia il segno: il giovane non è attrezzato per non subire gli atteggiamenti di dominazione, li subisce in modo confuso, e quando diventa adulto, le è naturale riprodurli per liberarsene, perché non si è imparato altro che i comportamenti che erano all'opera nella famiglia o nel gruppo sociale. Riproduciamo tutti un po' o molto quello di cui abbiamo sofferto... 

CA. Ma l'ego è un male necessario, ne abbiamo bisogno per attraversare la vita, come una macchina a noleggio per andare da un punto all'altro. Possiamo scegliere tra un grosso 4x4 che inquina e suona il clacson per passare e una bicicletta che non fa alcun rumore. Possiamo, e dobbiamo, regolare il nostro ego in modo che non inquini gli altri, e non sia troppo costoso in energia, cura e manutenzione per noi. Non possiamo staccarci dall'ego disprezzandolo. I nostri sforzi devono portarci non al distacco ma al non attaccamento all'ego. Per i pazienti EDS, la soluzione non è continuare a disprezzarsi. Sono entrambi ossessionati da se stessi e arrabbiati con se stessi. 

DB. Su questi temi, raccomando la lettura del libro di Christophe André Imparfaits libres et heureux, che parla così bene dell'autostima, che ha avuto un grande successo. 

MR (Matthieu Ricard). Le persone sono spesso confuse dalla decostruzione dell'ego nella pratica buddhista. Non bisogna avere un forte ego per funzionare bene nella vita? I buddhisti preferiscono parlare di forza interiore piuttosto che di ego, una forza che si sviluppa di pari passo con il liberarsi dalle catene dell'ego, che è la fonte primaria di tutto ciò che avvelena la nostra mente. La ricerca ha dimostrato che la compassione, la gentilezza, la generosità, l'indulgenza verso se stessi permettono di avere una sana autostima. D'altra parte, i metodi utilizzati, soprattutto in Nord America (il discorso del "Tu sei speciale"), per rafforzare l'autostima in modo artificiale portano al narcisismo. Il 90% degli studenti interrogati pensa di essere tra il 10% più intelligente... Non bisogna essere un matematico per vedere la distanza tra la realtà e la rappresentazione che la gente fa di se stessa. Ma una buona e sana autostima è essenziale per illuminare la vita, e la malata svalutazione di se stessi può portare a gravi disturbi psicologici e a grandi sofferenze.

Prendiamo il nostro Io per un'entità unica, autonoma e durevole, ma non è affatto la realtà. L'Io vive nel presente, la persona riflette una storia, e l'Io è spesso considerato come il cuore stesso del nostro essere, un tutto indivisibile e permanente, dalla nostra infanzia alla nostra morte. Quando la percezione di un Io e di una persona si cristallizza in questo senso di identità molto più forte che è l'ego, vogliamo proteggere e soddisfare questo ego.  Basta esaminare questo ego per capire che è solo una mistificazione della nostra mente. È il risultato di una continua attività mentale che mantiene un'entità immaginaria viva nella nostra mente.  Spesso pensiamo che l'ego sia la nostra coscienza. Tuttavia, questa coscienza è anche un flusso inafferrabile: il passato è morto, il futuro non è ancora nato, si vive solo nel presente che non ha durata. L'ego non può sopravvivere a lungo se rimane nella trasparenza del momento presente, libero da ogni pensiero discorsivo. Ha bisogno di alimentarsi con ruminazioni del passato e anticipazioni del futuro. Se l'ego è un'illusione, liberarsene non significa estirparlo dal cuore del nostro essere, ma aprire gli occhi. Paul Ekman, fu colpito dal fatto che le persone con qualità eccezionali, bontà, candore, gioia (Dalai Lama, Desmond Tutu), hanno un ego impercettibile. Le persone desiderano istintivamente la loro compagnia, il che è particolarmente arricchente. 

AJ. Ciò che ci libera è identificare le emozioni dirompenti come segni di un possibile attaccamento dell'ego. Spinoza: "non deridere, non piangere, non odiare, ma capire". Per raggiungere la vera gioia, il maestro Dogen indica la via diretta: dare porta al distacco. Ciò che davvero spoglia l'ego è l'autoironia. "La salute è la vita nel silenzio degli organi" René Leriche, chirurgo 1936. La gioia incondizionata è il silenzio dell'ego. 

MR. Il silenzio dell'ego è la salute mentale. 

CA. Lavorare su come rispondere ai complimenti e alle critiche è un ottimo esercizio per i pazienti con bassa autostima. Accetta i complimenti senza fare i gargarismi. Le critiche non sono necessariamente verità, ma sono sempre informazioni, o su di me o su come la persona mi vede. In entrambi i casi sono messaggi utili. Non cadere nella dipendenza dai complimenti o dalle critiche, devi anche imparare a diffidarne.

CA. Doccia di gratitudine. È utile lavorare sulla gratitudine con i pazienti EDS, facendoli riconoscere ciò che dovevano agli altri quando erano stati felici. "In questa felicità o successo, cosa devo agli altri? ". Più i pazienti imparavano a funzionare in questa modalità, più acquisivano fiducia. La gratitudine li ha liberati dalla falsa fiducia in se stessi di credere solo nelle loro forze e capacità. Acquisiscono una fiducia ancorata a tutte le fonti di aiuto, amore e affetto che li circondano, alle quali non hanno necessariamente prestato attenzione e che hanno sollecitato solo quando erano in fondo al buco, mentre al contrario, è necessario pensarci quando siamo nell'essere buoni, nel successo. Invece di indebolirci, come dicevano i narcisisti, dire a noi stessi "tu devi una parte - grande o piccola, non importa - di quello che stai vivendo" ci rafforza aumentando il nostro legame di solidarietà con gli altri. Comte-Sponville: "La gratitudine si rallegra di ciò che deve, quando l'amor proprio vorrebbe dimenticarlo".

Consigli su come affrontare l'ego (conclusione del capitolo 2)

AJ. 

  • * Praticare la gratitudine ed entrare nelle sue immense catene di solidarietà. 
  • * Prenditi cura di te stesso per liquidare l'ego o almeno renderlo più silenzioso. 
  • *Chi sono io? Quando l'angoscia ci visita, chiediamoci subito: chi ha paura? E quando attraversiamo momenti turbolenti, dobbiamo renderci conto che c'è sempre una parte del nostro essere che sfugge alla sofferenza, anche in mezzo al caos. 

MR

  • * Smettere di mettere etichette di "io" o "mio" su noi stessi e sulle cose. 
  • * Essere liberi dai capricci dell'ego. Meno preoccupati dalla necessità di proteggere se stessi,  saremo più disponibili verso gli altri
  • * Sii benevolo. Questo è il modo migliore per raggiungere la propria felicità.

CA. 

  • * Sii tuo amico, abbi un'amicizia con te stesso, ma non inseguire l'ammirazione o la promozione della tua immagine. 
  • * Avere dei piccoli mantra di gentilezza per te stesso: "Fai del tuo meglio, e non farti mai del male". 
  • * Alleggerisci, lascia che il tuo ego sia come una piccola bicicletta silenziosa e non un 4x4 inquinante. 
  • * Tutte le sere fare delle docce di gratitudine.

 

 

martedì 8 giugno 2021

Meditazione, un desiderio di approfondire il nostro rapporto con il mondo e con la realtà

 Meditazione, un desiderio di approfondire il nostro rapporto con il mondo e con la realtà  osserva lo scrittore Marc de Smedt (1946 - ), che la pratica dagli anni 70.   Zoom su questa tecnica particolarmente alla moda.  

Marc de Smedt, fondatore della rivista «Nouvelles dés» e codirettore della collana «Spiritualités vivantes» presso l'editore Albin Michel, è autore di numerosi volumi sulle tecniche di meditazione e sulla filosofia zen, ormai divenuti dei classici in Francia.   

Di seguito ho riportato l'intervista di Virginie Larousse (Marzo 2021) fatta a Marc de Smedt. 

"Nel 1968, se molti hanno fatto la loro rivoluzione esterna, io ho vissuto la mia rivoluzione interna", confida Marc de Smedt. All'epoca, era un giovane giornalista che soffriva di un invasivo stress professionale, e decise di rivolgersi alle spiritualità orientali per imparare a "centrarsi". Divenne allievo del maestro Zen giapponese Taisen Deshimaru, che seguì per undici anni. Crede che nel clima di pessimismo e incertezza in cui viviamo, la meditazione possa portarci significato, pace e positività.

Come definirebbe la meditazione?

"La meditazione è fermare la corsa", diceva il maestro Zen Kodo Sawaki. Si tratta di smettere di agitarsi, di sedersi con la schiena dritta, di concentrarsi sulla respirazione e di diventare uno spettatore di ciò che succede dentro di te piuttosto che un attore del tuo trambusto interiore. "Nella calma c'è la saggezza; nella saggezza c'è la calma", scriveva il sesto patriarca cinese [maestro spirituale], Huineng, nel settimo secolo. Dogen, che portò il buddhismo zen Soto [il più importante ramo del buddhismo] in Giappone nel 13° secolo, disse: "La meditazione è accendere una candela nel buio. "  La stessa idea si trova nei Saggi di Montaigne: "Mi sembrava di non poter fare un favore maggiore alla mia mente che lasciarla nell'ozio più completo, per intrattenersi, e fermarsi e sedersi in se stessa (...). La mente dell'uomo scivola sempre. "

La meditazione è dunque, in un dato momento, uscire dalle attività esterne, dal caos interiore e da questa mente che vaga incessantemente, sedersi su tutto questo e lasciarlo riposare, come un bicchiere d'acqua fangosa: se lo si agita incessantemente, l'acqua è disturbata; ma se lo si lascia riposare, il fango si deposita sul fondo e appare acqua limpida. Questo è ciò che accade nella nostra mente e nel nostro corpo durante la meditazione.

Quando è nata la meditazione? Quali sono i primi testi che ci parlano di questa pratica?

Penso che sia nata allo stesso tempo dell'arte rupestre, che mostra le prime domande dell'essere umano di fronte ai misteri dell'esistenza. Il sentimento del sacro, del mistero, della ricerca interiore risale probabilmente all'arte delle caverne e lo ritroveremo più tardi con le pietre erette o i cerchi di pietra.  Per quanto riguarda la meditazione stessa, le più antiche rappresentazioni di yogi a gambe incrociate risalgono al 2.500 a.C.: appaiono su sigilli incisi trovati a Mohenjo Daro, nella valle dell'Indo [attuale Pakistan]. I primi scritti su questa pratica risalgono ai Veda, i testi più antichi dell'induismo, intorno al IX secolo a.C. Per quanto riguarda gli Yoga-Sutra, nel II secolo a.C., essi affermano che "i disturbi mentali causati dalle piccole sofferenze della nostra vita possono essere dissolti dalla meditazione".

Qual è lo scopo della meditazione? E, in effetti, dovrebbe servire a qualcosa? In questo caso, non dovremmo evitare una concezione utilitaristica?

Il mio maestro Zen, Taisen Deshimaru, diceva sempre che la nostra pratica dovrebbe essere mushotoku, cioè senza alcun obiettivo o spirito di profitto, e quindi priva di qualsiasi utilitarismo. Ma alla sua morte, un altro maestro della scuola zen Soto disse, "Se tu non avessi una meta, non saresti qui". La meditazione ci fa sentire bene. D'altra parte, si dovrebbe evitare di praticare la meditazione nella speranza di ottenere qualcosa (migliore produttività sul lavoro, più soldi, salute, ecc.). Tutto ciò che è dato nella meditazione è dato in aggiunta. Se cerchiamo di ottenere qualcosa, corrompiamo il processo: invece di sopprimere l'ego, lo alimentiamo. La meditazione è speciale in quanto richiede una certa disciplina, ma allo stesso tempo deve rimanere un processo disinteressato.

Gli occidentali sono più familiari con la meditazione mindfulness, che si caratterizza per il suo approccio laico. Tuttavia, i fondamenti della meditazione non sono religiosi?

Assolutamente. Che si tratti di yogi indù, monaci buddhisti o cristiani come i Padri del Deserto, rabbini chassidici o sufi musulmani, la meditazione è un atto di connessione con il sacro, con qualcosa di più grande di se stessi, con quell'energia primordiale. Risponde a una ricerca dell'assoluto e della verità. Secondo me, il denominatore comune di tutte le religioni è la ricerca del silenzio - quel silenzio che è lo sfondo di tutta la realtà. I saggi dicono che è solo quando si riesce a fare silenzio in se stessi che si può essere in contatto con un universo metafisico. Questo asse, se è religioso, può tuttavia diventare abbastanza laico.

Ma non c'è il rischio che si abusi di questa pratica "secolarizzandola", anche se la sua vocazione è di aprirci al trascendente, al sacro?

Al contrario. Penso che sia una porta aperta a qualcosa di più profondo dentro di sé, una sorta di soglia: le persone che sono interessate alla piena presenza vorranno forse andare oltre, pur rimanendo laiche, agnostiche, o addirittura atee, e approfondire la loro interrogazione metafisica - che sia attraverso la poesia, la filosofia o la spiritualità. Quindi per me è un'apertura.

Prendiamo un esercizio molto concreto e conosciuto, quello dell'uva passa. Guardate quest'uva, osservatela, annusatela, ruotatela in bocca, analizzate la sua consistenza, prima di masticarla - il più delicatamente possibile - e inghiottirla, notando come scende nell'esofago, invece di ingoiarla intera. Questo esercizio, tra gli altri, apre un universo molto vasto: da un solo piccolo morso, accediamo a un'altra dimensione dell'essere e del sentire. La mindfulness ci invita ad essere consapevoli di ciò che stiamo facendo, Se ci mettiamo in questo stato, improvvisamente succede qualcosa: il mondo diventa più grande. Ed è proprio questo il senso della meditazione, il desiderio di approfondire il nostro rapporto con il mondo e con la realtà. Quindi non penso che la diffusione della meditazione sia un problema, al contrario: è un'opportunità per l'Occidente.

Agli occhi del grande pubblico, la meditazione è vista più come una pratica orientale. Anche le religioni monoteiste hanno invitato i loro seguaci a questo approccio?

Sì, certo che l'hanno fatto. Nella Bibbia, la parola "meditare" appare 17 volte, per esempio nei Salmi: "Sui tuoi precetti io medito". "Questa nozione si trova soprattutto nella Cabala, la corrente mistica ebraica, con il concetto di tsimtsum, un termine che significa "concentrazione, contrazione, ritiro", e che il filosofo Marc-Alain Ouaknin ha ben spiegato nel suo libro omonimo.

Per controbilanciare l'esilio in cui si trova l'essere umano in assenza di Dio, poiché si è ritirato dal mondo, la Cabala ci invita a sciogliere i nodi che imprigionano l'anima, a creare il Messia in noi stessi piuttosto che aspettarlo. Questo lavoro prende diverse forme nella tradizione ebraica, per esempio la meditazione sull'alfabeto ebraico.

"Giorni come il venerdì per i musulmani, il sabato per gli ebrei e la domenica per i cristiani erano dedicati al ritiro dal quotidiano".

Allo stesso modo, quando Cristo dice che "il regno dei cieli è dentro di voi", quando Sant'Antonio, eremita nel deserto egiziano nel IV secolo, afferma che "chi conosce veramente se stesso non avrà dubbi sulla sua essenza immortale", o quando il maestro Eckhart spiega che "le profondità dell'anima e le profondità di Dio sono le stesse", tutti, alla fine, invitano alla meditazione.

Nell'Islam, pregare cinque volte al giorno è, di per sé, una forma di meditazione. Il maestro sufi Rûmi diceva: "Cerca la risposta nello stesso luogo da cui ti è venuta la domanda", cioè dentro di te. Giorni come il venerdì per i musulmani, il sabato per gli ebrei e la domenica per i cristiani erano dedicati al ritiro dalla vita quotidiana. Lo spirito della meditazione è quindi presente in tutte le tradizioni spirituali.

Come possiamo spiegare che la meditazione sia stata resa popolare in Occidente attraverso l'Oriente, quando le tradizioni monoteiste offrono pratiche simili?

È vero che la meditazione è arrivata a noi attraverso l'induismo, il buddhismo e il taoismo, per una ragione molto semplice: queste tradizioni sapevano come prendersi cura del corpo - qualcosa di meno evidente nei monoteismi. Ciò che mi ha colpito di più quando ho scoperto le filosofie orientali nel 1968 è che il loro approccio è sia diverso che complementare alla nostra filosofia. In una certa misura, vanno anche oltre, poiché si basano su pratiche corporee (yoga, tai chi, qi gong, ecc.).

Autocontrollo e lavoro di squadra, due nozioni chiave della convivenza che il Canada promuove nelle scuole attraverso esercizi di rilassamento e meditazione (qui a Toronto).

Questo spiega perché l'Occidente è saltato a bordo. Perché mentre è difficile disciplinare la mente con la mente, è possibile disciplinare il corpo. Il Buddha ha detto: "Dobbiamo prestare attenzione al nostro corpo in modo che la coscienza rimanga. "Gli orientali sono stati in grado di portarci questo approccio, che non era sfuggito ad Alessandro Magno, le cui truppe si sono spinte fino all'India. Chiamava i filosofi indiani "gimnosofisti", cioè ginnasti della saggezza. Oggi, gli occidentali stanno digerendo queste gimnosofie, sia seguendole alla lettera (convertendosi al buddhismo), sia adottando tecniche che sono state rese secolari.

La meditazione è attualmente così popolare che alcuni la vedono come una forma di materialismo spirituale. Dovremmo preoccuparci dei potenziali abusi?

Come in ogni industria, gli abusi sono possibili. Alcune persone pretendono di essere istruttori di mindfulness dopo solo poche ore di formazione. Possono esistere anche aberrazioni settarie, così come la monetizzazione. Tuttavia, la monetizzazione esiste in tutti i settori: si vendono libri, trattamenti, ecc.

Cosa può fare la meditazione in un mondo in crisi, a livello individuale e collettivo?

La meditazione ha cominciato a diffondersi in Occidente all'inizio degli anni '70. Se è diventato gradualmente più democratico, è perché la gente ha capito che queste tecniche funzionano. Riuniscono i loro esseri frammentati, danno loro un'espansione di coscienza, una tranquillità dell'essere. In questo periodo in cui una sorta di ansia diffusa permea tutto, imparare a calmare questo stress è molto positivo. La buona notizia sui metodi di meditazione è che funzionano, ma bisogna continuare a rinnovare la pratica, perché ogni giorno siamo diversi: "Un giorno, una vita", dice un koan [aforisma] Zen.  È importante darsi dei momenti per vedere le cose più chiaramente e poi poter andare avanti meglio, qualunque siano le difficoltà lungo il cammino. Abbiamo tutti gli elementi dentro di noi per creare endorfine e sentirci meglio, invece di ricorrere a varie camicie di forza chimiche!

Secondo lei, questa tendenza continuerà a crescere o è destinata a svanire?

Penso che aumenterà a causa del bisogno psicologico e fisico che abbiamo, e anche perché gli studi scientifici hanno corroborato gli effetti benefici sull'ipertensione arteriosa, i marcatori di infiammazione profonda, le reazioni immunitarie, lo stress e l'umore. La meditazione potrebbe anche rallentare l'invecchiamento cellulare e migliorare la plasticità del cervello. Il professore americano Jon Kabat-Zinn ha messo in evidenza i benefici che le persone con il cancro provano grazie alla meditazione: vivono meglio il loro trattamento. Sarebbe importante che questa pratica si diffondesse negli ospedali e nelle scuole, perché permette ai bambini di rilassarsi e migliorare la loro attenzione.

Che consiglio darebbe a qualcuno che vuole imparare la meditazione?

Il più grande strumento di queste tecniche è il respiro. Ogni giorno, respiriamo circa 20.000 volte in modo totalmente inconsapevole. Qualcuno che vuole imparare la meditazione può quindi iniziare con l'essere più consapevole del suo respiro. Puoi, naturalmente, aiutarti con metodi moderni, come quelli proposti su applicazioni per smartphone, CD di meditazioni guidate, per esempio quelli, pieni di buon senso, del dottor Christophe André. Dopo di che, devi fare il grande passo, trovare una tecnica che ti si addice, che sia yoga, zen, tibetana o meditazione laica; devi provarla, sentire che la persona che ti dà il corso è efficace, umile e gentile.

In ogni caso, la tecnica più immediata è quella di sedersi su una sedia, schiena dritta, mettere le mani sulle cosce, inspirare gonfiando la pancia, espirare il più lentamente e profondamente possibile - questo più volte. Se i pensieri arrivano - e inevitabilmente arriveranno - non li scacciamo, non li manteniamo, non li giudichiamo, li lasciamo passare come nuvole nel cielo. Mentre siamo permanentemente gli attori del nostro cinema interiore, improvvisamente vediamo questo cinema svolgersi quasi fuori di noi. Nella meditazione, il grande ego - quello che viene a cercare la calma, la profondità - guarda l'ego piccolo, meschino, futile e agitato. Penso che sia importante avere degli istruttori, così come imparare le tecniche. Per non dimenticare l'aspetto altruistico della meditazione, che si riassume in una formula del Buddha: "Nella meditazione, impregno il mio volto e il mio essere di benevolenza verso tutto ciò che esiste animato e inanimato."

Questa pratica non è raccomandata per certe persone, per esempio in caso di disturbi psichiatrici?

Solo un medico potrebbe giudicare. Il mio maestro Zen diceva però che il dojo - il luogo dove si pratica la meditazione - non è un ospedale e che le persone troppo nevrotiche non possono stare in meditazione, perché letteralmente bollono. Tuttavia, alcuni medici, come Christophe André e il suo team, utilizzano tecniche di meditazione secolare all'ospedale Sainte-Anne (Parigi) con pazienti depressi. E il professor Jean-Gérard Bloch ha creato il primo diploma universitario "Medicina, meditazione e neuroscienze" alla facoltà di Strasburgo.

La meditazione non rischia di tagliarci fuori dalla realtà?

Per me, la meditazione è complementare all'azione. Ovviamente, non si tratta di chiudersi in questo approccio, ma di praticare qualche minuto al giorno, nei momenti di pausa. La meditazione rende la realtà più profonda e densa, perché non la vediamo più attraverso il prisma della nostra mente sovraccarica.

Tu stesso pratichi la meditazione dagli anni '70 e sei stato iniziato dal maestro Zen Deshimaru. Quali cambiamenti ha portato nella sua vita?

Sono una persona iperattiva: redattore, scrittore, sono stato anche giornalista e ho sempre avuto diversi progetti in corso. Il fatto di meditare, che sia fermo o in movimento (attraverso il tai-chi e il qi gong), mi dà il la alla giornata, mi ri-connette con me stesso. Questa pratica mi porta molta calma, positività e senso in un mondo che spesso ne sembra privo. È un vero lusso!

Libri consigliati per approfondire il tema della meditazione:

  • Fabrice Midal: Più diciamo alla gente "Sii zen", più la rendiamo infelice.
  • Yasmine Liénard: La meditazione mi ha insegnato che l'infelicità non si cura con la testa ma con il corpo.
  • Noa Berger e Myrtille Picaud: Virtù della meditazione o tirannia del benessere? 
  • Alexandre Jollien: Meditare è liberarsi di questa ricerca insaziabile di guadagno.
  • Antonio Pele: La mania per la meditazione è una risposta alle esigenze sempre crescenti del capitalismo.
  • Kahina Bahloul: La meditazione sufi ci unisce, donne e uomini, nella stessa fratellanza.

lunedì 7 giugno 2021

La meditazione vipassana

La vipassana, praticata da religiosi e laici di ogni nazionalità è la più classica delle meditazioni, e consiste semplicemente nell’osservare il proprio respiro, i propri pensieri, emozioni e sensazioni e tutti gli stimoli che provengono dall’esterno, comprese le proprie reazioni a quest’ultime. In pratica è una tecnica di auto-osservazione, che conduce alla graduale purificazione della mente e alla piena consapevolezza di sé e del proprio corpo.

Vi significa in vari modi e passana significa guardare; solitamente in questo tipo di meditazione si usa come filo conduttore il respiro, focalizzando la consapevolezza sull’aria che entra ed esce dalle narici, oppure sul movimento dell'addome e del torace durante la respirazione. Occorre osservare il respiro senza sensi di colpa, anche se viene perso in continuazione in quanto siamo distratti da pensieri, rumori nell'ambiente o piccoli dolori nel corpo. Durante la vipassana la cosa da fare è riportare costantemente l’attenzione al respiro, senza giudicarsi.


Durante la pratica di meditazione c’è una presa d’atto della realtà. Bisogna semplicemente riuscire ad essere un testimone, di qualsiasi cosa accada, senza apportare nessun giudizio. Questo è un espediente per facilitare l’osservazione e quindi la consapevolezza. Occorre accettarsi nella totalità senza condannare nulla.

Quando nella vita quotidiana non si percepisce più la stessa energia, la stessa vitalità occorre ripetere la meditazione vipassana, e praticare ogni volta che se ne senti il bisogno.  Praticare la meditazione durante un ritiro ed in gruppo può essere  molto stimolante, poi però si deve trovare la forza per continuare autonomamente, infatti se non c'è continuità e disciplina non ci saranno risultati. E' preferibile praticare dieci minuti ogni giorno che praticare otto ore al giorno per un weekend durante il ritiro e poi non praticare per giorni.

Nella posizione seduta si conserva molto l’energia. La posizione del loto è fatta in modo tale che tutte le estremità si tocchino: i piedi sui piedi, le mani sulle mani, il corpo diventa quasi un cerchio e l’energia circola in maniera armonica  ed  i blocchi di energia si sciolgono.

L’essere testimone del proprio respiro, dei propri pensieri, è un elemento che appartiene a molte tradizioni meditative, con la meditazione il testimone emerge, e ci si ritrova ad osservare quello che succede intorno, ma da uno spazio che non è di separazione ma quasi di fusione…

sabato 5 giugno 2021

Gli yoga sutra

Il testo Light on the Yoga Sutras of Patanjali, che tradotto significa Luce sullo Yoga Sutra di Patanjali da parte di B.K.S. Iyengar ci permette di esaminare questa opera che è uno dei testi di riferimento più importanti della tradizione dello yoga.  Patanjali è una figura leggendaria, forse mai esistita. Alcuni autori suggeriscono che sia vissuto nel quarto secolo prima di Cristo, mentre altri insistono che sia vissuto  d.c.  Questo testo, che dovrebbe essere nella libreria di tutti i praticanti yoga, è stato scritto tra il 400 a.C e il 200 d.C  È infatti attorno a tale epoca che lo stile degli aforismi, non solo ebbe la sua massima diffusione, ma raggiunse probabilmente il suo più alto livello stilistico. L’opera di Patañjali è largamente riconosciuta come l’esempio più raffinato nella tecnica dei sutra. 

Patañjali ha ripreso quanto trasmesso dalla tradizione che era stato per lungo tempo astratto e incomprensibile e l’ha incapsulato nel cuore dei suoi sutra, presentando un sistema coerente ed autonomo in grado di sostenere il ricercatore spirituale a livello teorico e pratico.
Spiega la natura e la psicologia umana durante le fasi della vita.

L'opera è composta da 4 capitoli o pada e 196 frasi o sutra. I quattro pada sono: Samadhi Pada, Sadhana Pada, Vibhuti Pada, Kaivalya Pada.  
Nel primo capitolo spiega cosa è lo yoga, che cosa è la coscienza e come arrivare al samadhi. Nel secondo capitolo spiega quale è il vero scopo della nostra vita, le qualità necessarie per arrivare all'obiettivo e quali sono gli ostacoli che possiamo incontrare durante il percorso, quali sono gli otto componenti dello yoga. Nel terzo capitolo parla dei poteri che lo yogi acquisisce controllando corpo, mente e natura. Nel quarto capitolo parla della liberazione. Adesso mi cimenterò nel titanico compito di cercare di riportare l'essenza di questa opera fondamentale in queste poche righe.  Di seguito ho riportato le frasi che più mi hanno colpito facendole precedere dal numero del capitolo e della strofa.

1 capitolo - Samadhi Pada.  Samadhi significa profonda meditazione e devozione suprema.

1.1 "Con le preghiere per la benedizione divina, ora inizierò l'esposizione dell'arte sacra dello yoga".

1.2 "Yogah citta vrtti nirodhah".  E' la famosa frase in sanscrito con cui viene descritto lo yoga che significa:  "Lo yoga è la cessazione dei movimenti nella coscienza". La coscienza è composta dalla mente (manas), dall'intelligenza (buddhi) e dall'ego (ahamkara). Il sé rappresenta la persona, la sua identità ed è separata dalla mente, dall'intelligenza e dall'ego. L'io è una forma del sé.                      L'Ego ha delle qualità diverse a seconda che sia rajasico ossia spinge all'azione, tamasico al riposo o sattvico all'equilibrio. 

L'esecuzione dell'asana (la posizione) offre un campo di battaglia controllato per il processo di conflitto e creazione. Questa lotta è vissuta in ogni posizione: ci sfidiamo a migliorare la posizione e nello stesso tempo la paura dell'atto ci blocca. Se siamo timorosi non facciamo progressi, ma se si osserva l'interazione tra le due forze, possiamo raggiungere la perfezione.

La coscienza (citta) è come una lente ottica, posta sopra una fonte di pura luce, l'anima individuale. La superficie superiore della lente è in contatto con il mondo, e quando entra in contatto con desideri e paure diventata nuvolosa, opaca, persino sporca.   Trascendendo i guna, l'anima è pienamente percepita.

1.8 "La conoscenza illusoria o errata si basa sul non-fatto o sul non-reale. “Comprensione errata e falsi concetti generano sentimenti sbagliati e contaminano la coscienza.

1.10 "Il sonno è l'assenza non deliberata di onde del pensiero o conoscenza".

1.12 "La pratica e il distacco sono i mezzi per calmare i movimenti nella coscienza". La pratica (abhyasa) e il distacco (rinuncia: vairagya) sono le due ali dello yoga.

1.13 "La pratica è lo sforzo costante per calmare queste fluttuazioni"   che operano nella coscienza per poi muoversi verso il silenzio: raggiungere uno stato mentale costante, calmo, tranquillo. 

La mente è considerata dai saggi come l'undicesimo senso, un organo di senso interno. Le fasi del distacco sono: liberare i sensi dall'azione, allontanarsi dal desiderio, calmare la mente, dominare il desiderio, arrivare al supremo distacco.

1.17 "La pratica e il distacco sviluppano quattro tipi di samadhi: l'autoanalisi, la sintesi, la beatitudine e l'esperienza del puro essere."

L'esperienza dell'Essere puro è samprajnata samadhi, dove si verifica un graduale progresso dal corpo grossolano verso la mente sottile, e dalla mente stabile verso la fonte, il fondamento e nucleo dell'essere.

1,18 "Le impressioni nascoste giacciono dormienti, ma sorgono durante i momenti di consapevolezza, creano fluttuazioni e disturbano la purezza della coscienza."

1.20 "La pratica deve essere perseguita con fiducia, sicurezza, vigore, memoria acuta e potere di assorbimento per rompere questo compiacimento spirituale."

1.21 "L'obiettivo è vicino per coloro che sono estremamente vigorosi e intensi nella pratica."

1.23 "Il citta (i movimenti nella coscienza) può essere trattenuto dalla profonda meditazione su Dio e dal totale abbandono a Lui."

1.27 Il Brahman o il Tutto  "È rappresentato dalla sacra sillaba AUM, chiamata pranava."

Il mantra deve essere ripetuto costantemente e con sentimento: in questo modo rimuoverà tutti gli ostacoli che sono malattia, inerzia, pigrizia, indisciplina ecc. Bisogna lavorare anche sul respiro attraverso il pranayama perchè il respiro irregolare distrae la coscienza.

1.34 "Mantenendo lo stato pensoso percepito al momento dell'espirazione dolce e costante e durante la ritenzione passiva dopo l'espirazione."

Si dovrebbe inspirare ed espirare lentamente e fare una pausa tra i due movimenti del respiro, mantenendo la ritenzione per tutto il tempo che è comodo. La pratica permetterà alla coscienza di diventare  un lago calmo.

La coscienza ha quattro livelli: l'inconscio, il subconscio, il conscio, il super-cosciente conosciuto come Turya. Turya è il samadhi, lo stato finale in cui l'anima individuale (jivatman) si fonde con l'Anima Universale (Paramatman).

1.41 "Lo yogi comprende che il conoscitore, lo strumento del conoscere e del conosciuto sono uno, se stesso, il praticante. Come un puro gioiello trasparente, riflette una purezza incolmabile. "

Patanjali nei prossimi versi spiega i diversi stati del samadhi.

1,46 "Gli stati del Samadhi descritti nei precedenti sutra dipendono da un supporto o seme e sono chiamati sabija".

1.49 "Questa verità, la conoscenza e la saggezza sono distinte e al di là della conoscenza dei libri, della testimonianza o dell'inferenza."   Questa è una conoscenza speciale e diretta che nasce dall'anima.

1,51 L'ultima strofa di questo capitolo è il seguente: "Quando anche questa nuova luce della saggezza viene abbandonata, albeggia il samadhi senza semi". Questo è il nirbija samadhi: lo stato di identità assoluta con il praticante.

2 capitolo - Sadhana Padi.  Sadhana significa pratica, strategia.

2.1 "Lo zelo ardente nella pratica, lo studio individuale e lo studio delle Scritture e l'abbandono a Dio sono gli atti dello Yoga".

Lo yoga dell'azione kriya yoga è costituito da volontà e motivazione, autodisciplina (tapas),  ripetizione dei mantra e studio personale dei testi sacri (svadhyaya), arrendersi a Dio (Isvara pranidhana).

2.2 "La pratica dello yoga riduce le afflizioni e conduce al samadhi".

 2.3 "Le cinque afflizioni disturbano l'equilibrio della coscienza". Le afflizioni o klesha sono considerate la causa principale di tutto il nostro dolore e sofferenza in questa esperienza umana e sono: 1. Avidya - Ignoranza o mancanza di saggezza, 2. Asmita - Egoismo, essere in preda dell'ego o senso dell'io 3. Raga - Attaccamento al piacere, 4. Dvesa - Avversioni al dolore, 5. Abhinivesa - Paura della morte e  il tenersi aggrappato alla vita.

2.4 "La mancanza di vera conoscenza è la fonte di tutte le pene e dolori".

2.11 "La fluttuazione della coscienza creata da afflizioni grossolane e sottili deve essere messa a tacere attraverso la meditazione."

2.14 "Secondo le nostre azioni buone, cattive o miste (il nostro karma), la qualità della nostra vita, la sua durata e la natura della nascita sono vissute come piacevoli o dolorose".

2.17 "La causa del dolore è l'associazione o identificazione del praticante (atma) con la natura (prakti), il mondo manifesto e il rimedio si trova nella loro dissociazione".

2.18 "La natura con le sue tre qualità (guna), satva, rajas e tamas esiste eternamente per servire il praticante, per il godimento o l'emancipazione".    Questi tre principali guna sono generalmente associati con la creazione (sattva), la conservazione (rajas) e la distruzione (tamas).

Gli umani sono composti da cinque strati o kosas: anatomico (annamaya); fisiologico (pranamaya); mentale (manomaya); intellettuale (vijnanamaya); beatitudine (anandamaya) che corrispondono ai cinque elementi.

2.19 "I guna generano le loro divisioni caratteristiche ed energie nel praticante".

La natura (prakti) ha le tre qualità e manifesta la sua energia nel carattere dei cinque elementi (terra, acqua, fuoco, aria ed etere).

2.20 "Il praticante diventa pura coscienza."

2.21 "La natura e l'intelligenza esistono unicamente per servire il vero scopo del praticante, che è l'emancipazione (kaivalya)".   2.23   e per permettergli di scoprire la sua vera natura.

2.24  La mancanza di comprensione spirituale (avidya) è la causa della falsa identificazione del praticante con il mondo esterno.   Con la pratica  dello yoga le impurità vengono distrutte (2.28).

Nel verso 2.29 Patanjali descrive gli otto componenti dello yoga che sono: yama, niyama, asana, pranayama, pratyahara, dharana, dhyana.

2.31 "La non violenza, la verità, l'astensione dal furto, la continenza e l'assenza di avidità di possesso oltre il proprio bisogno sono i cinque pilastri dello yama." Yama sono gli impegni sociali.

2,32 "La pulizia, la contentezza, lo zelo religioso, lo studio personale e l'abbandono del sé al Sé supremo o Dio sono i niyama." Niyama è la pratica individuale necessaria per costruire il carattere del sadhaka, il praticante.

2.35 "Quando la non violenza nella parola, nel pensiero e nell'azione viene stabilita, la propria natura aggressiva viene abbandonata e gli altri abbandonano l'ostilità nella propria presenza".

2.40 "La pulizia del corpo e della mente sviluppa disinteresse nel contatto con gli altri per autogratificazione".   Il praticante (sadhaka) rispetta il corpo come un tempio.

2.46 "L'asana è perfetta fermezza del corpo, fermezza dell'intelligenza e benevolenza dello spirito."

2.47 "La perfezione in un'asana si raggiunge quando lo sforzo per eseguirlo diventa senza sforzo e l'infinito che è dentro di noi viene raggiunto".

2,49 "Pranayama è la regolazione del flusso di respiro in entrata e in uscita con ritenzione. Deve essere praticato solo dopo che la perfezione in asana è raggiunta."

Tutto ciò che vibra nell'Universo è prana: calore, luce, gravità, magnetismo, vigore, potenza, vitalità, elettricità, vita e spirito sono tutte forme di prana.                                                                                    Prana e coscienza sono in costante contatto l'uno con l'altro. Lo yogi pratica il pranayama per stabilizzare energia e coscienza.   Esistono dieci tipi di energia vitale: prana, apana, samana, udana, vyana, naga, kurma, krkara, devadatta e dhanamiaya.

Secondo l'Ayurveda il corpo è composto da sette costituenti (dhatus) e tre umori permeabili (dosha). Nel corpo umano ci sono dei canali energetici dentro i quali circola l'energia. I tre canali più importanti si trovano nella colonna vertebrale, Ida si trova sulla parte sinistra della colonna vertebrale ed è collegato al sistema nervoso parasimpatico, a destra si trova pingala che è collegata al sistema nervoso simpatico e al centro della colonna passa susumna che è collegato al sistema nervoso centrale.

Lo yogi che controlla il prana e l'energia potrebbe mantenere l'intero sistema fisiologico umano in perfetta armonia.

2.50 "Il pranayama ha tre movimenti: inalazione prolungata e fine, espirazione e ritenzione; tutto regolato con precisione in base alla durata e al luogo. "

2.54 "Ritirare i sensi, la mente e la coscienza dal contatto con oggetti esterni, e quindi trascinarli verso l'interno del praticante, è pratyahara."

2,55 che è l'ultimo sutra del capitolo recita così: "Il pratyahara ha come risultato il controllo assoluto degli organi di senso".

3 capitolo - Vibhuti Pada.   Vibhuthi significa  facoltà sovrannaturali, sebbene il termine possa essere tradotto con i termini estensione, sviluppo, manifestazione, realizzazione, ed il termine siddhi, sinonimo di vibhuti, può essere tradotto con perfezione, e manifestazione di vari poteri.

3.1 "Fissare la coscienza su un punto o regione è la concentrazione (dharana).

3.2 "Un flusso costante e continuo di attenzione diretto verso lo stesso punto o regione è la meditazione (dyana)". 

3.3 "Quando l'oggetto della meditazione ingloba il meditatore, apparendo come soggetto, la consapevolezza di sé viene persa. Questo è il samadhi".

3.4 "Questi tre insieme costituiscono l'integrazione o samyama".

Samyama spiega le discipline necessarie sia per vivere nella grazia naturale dello yoga, sia per acquisire poteri soprannaturali, o siddhi. Questi poteri creano attaccamento e afflizione, ed è per questo che Patanjali li ritiene degli ostacoli al dhyana e al samadhi. Questi siddhi vengono acquisiti da uno yogi che ha padroneggiato il suo corpo, la sua mente e la sua anima.

Il filo conduttore della filosofia di Patanjali è la relazione tra il Sé (purusa) e la natura (prakrti). Mantenere un flusso costante e ininterrotto e l'intensità dell'attenzione in piena coscienza è un'altra fase di trasformazione.

3,38 "Questi conseguimenti (poteri) sono impedimenti al samadhi, sebbene siano poteri molto efficaci  nella vita attiva".

3.53 "Con samyama  lo yogi ottiene temporaneamente una conoscenza esaltata, libera dalle limitazioni di tempo e spazio."

4 capitolo - Kaiwalya pada. Kaiwalya significa liberazione.

4.1 "Le realizzazioni (emancipazione) possono essere raggiunte attraverso la nascita, l'uso di erbe, incantesimi, autodisciplina o il samadhi".

 Anche se la sadhana (la pratica) non riesce a portare a una completa trasformazione nella vita di un sadhaka (un praticante), certamente serve a rimuovere gli ostacoli nel percorso della sua evoluzione. L'abbondante flusso di energia della natura provoca una trasformazione nella propria rinascita, aiutando il processo di evoluzione.

4.7 "Le azioni di uno yogi non sono né bianche né nere, le azioni degli altri sono di tre tipi, bianche, grigie, nere".   Le azioni di uno yogi sono di un quarto tipo incolori, e non producono frutti.

Come conseguenza di un'azione avremo effetti tamasici, rajasici e sattvici. C'è una tendenza ad associare la rinuncia all'ottuplice sentiero di Patanjali con il rinunciante che supera le tentazioni e desideri semplicemente rigettando il mondo civilizzato e dimorando in luoghi in cui non esistono tentazioni. Di tutte le discussioni su come appartenere al mondo, agire in esso e tuttavia rimanere incontaminato, orgoglioso del ruolo svolto è l'oggetto del dibattito tra il Dio Krsna e Arjuna (II, 50) alla vigilia della battaglia. Krsna dice che l'azione non può essere evitata, perché l'inazione è anche azione, e che bisogna evitare l'attaccamento ai frutti dell'azione che porterebbe al coinvolgimento.

I frutti delle azioni rimangono intatti da una vita all'altra, come se non ci fosse separazione tra le nascite.

4.12 "L'esistenza del passato e del futuro è reale come quella del presente. ... " La nostra esistenza è determinata dall'ordinata processione ritmica dei eventi che abbiamo vissuto e che costituiscono la ruota del tempo (kala chakra). 

4.14 "L'unità nella mutazione del tempo causata dalle qualità permanenti della natura, sattva, rajas e tamas, causa modifiche negli oggetti, ma la loro unica essenza o realtà, non cambia".

4.15 "A causa della variazione della qualità del contenuto mentale, ogni persona può vedere lo stesso oggetto in modo diverso, secondo il proprio modo di pensare".

L'oggetto della natura o prakrti è reale quanto il soggetto (purusa), ma sebbene la sostanza della natura o dell'oggetto rimanga la stessa, la sua percezione varia a seconda della differenza nello sviluppo della coscienza di ogni persona. Una mente condizionata non può mai percepire correttamente un oggetto. 

4.19  "La coscienza non può illuminarsi come un oggetto conoscibile".

4.31 "Quindi, quando i veli delle impurità vengono rimossi, la conoscenza più alta, soggettiva, pura, infinita viene raggiunta e il conoscibile, il finito, appare banale".

4.32 "Quando il dharmameghah samadhi viene raggiunto, le qualità della natura (guna) tendono al  riposo. Avendo adempiuto al loro scopo, la loro sequenza di mutazioni è alla fine".

4.33 "Man mano che le mutazioni dei guna cessano di funzionare, il tempo, il movimento ininterrotto dei momenti, si ferma. Questa decostruzione del flusso del tempo è comprensibile solo in questa fase finale di emancipazione".

4.34  è l'ultimo sutra e recita così: "Kaivalya, la liberazione, arriva quando lo yogi ha realizzato i purusartha, i quattro scopi della vita, e ha trasceso i guna. Obiettivi e guna ritornano alla loro fonte e la coscienza si stabilisce nella sua propria naturale purezza".

Purusartha sono i quattro scopi dell'uomo nella vita: dharma (scienza del dovere), artha (scopo e mezzi di vita), kama (godimento della vita) e moksa (libertà dai piaceri mondani). 

I pensieri di Patanjali sui Purusartha sono implicitamente contenuti nei capitoli precedenti. Moksa significa liberazione, libertà dalla schiavitù dei piaceri mondani. Nello stato di beatitudine ci si rende conto che il potere, la conoscenza, la ricchezza e il piacere sono solo fasi di passaggio. Ogni individuo deve lavorare sodo per liberarsi dalle qualità della natura e ottenere uno stato di felicità indivisibile, infinito, pieno, puro.

Epilogo.   Patanjali ha studiato la condizione umana in profondità e ha mostrato perché l'uomo soffre, e come superare le sue sofferenze. Ha mostrato come ognuno di noi, attraverso lo yoga, può condurre una vita più piena e più felice.

Academy of Indian Philosophy, per lo studio dello Yoga Sutra ed eventualmente del Sanscrito.
https://www.youtube.com/channel/UC_vIWhFa_RdLgNs1x1pQWPQ

mercoledì 2 giugno 2021

L'India e il Covid

I record di infezioni e morti legati al Covid-19 in India non si indeboliscono.  In un solo giorno, (fine maggio 2021), l'India ha ufficialmente registrato 4197 nuovi decessi. La macabra cifra porta il totale dei morti nel Paese di 1,3 miliardi di abitanti a più d 300.000 morti ufficiali dall'inizio della pandemia. In un giorno, il paese ha registrato 401.078 nuovi casi di Covid-19, portando il numero totale di casi a quasi 22 milioni. Nonostante gli aiuti internazionali, i pazienti continuano a morire alle porte degli ospedali intasati. E, secondo gli esperti, il peggio deve ancora venire, con il picco dell'epidemia previsto entro poche settimane. Ma queste cifre sono senza dubbio ben al di sotto della realtà. Rispetto agli ospedali, si registra la mancanza di letti, ossigeno e di personale. La gente ha paura e non va più a lavorare.

Il leader dell'opposizione Rahul Gandhi ha invitato il primo ministro a imporre un blocco nazionale per prevenire la diffusione della pandemia, che sarebbe "devastante" per l'India e altri paesi. Il governo, sotto tiro per la sua gestione della crisi, ha in gran parte lasciato ai singoli Stati indiani la decisione sulle misure per combattere la pandemia. Mentre la situazione si sta stabilizzando nelle grandi città come Nuova Delhi e Mumbai, che hanno ricevuto ulteriori forniture di ossigeno - molte delle quali dall'estero - è ora nel sud rurale del paese dove il virus si sta diffondendo più rapidamente.

È in questo contesto che Baba Ramdev, uno dei più famosi guru del Paese, interviene in un raduno di fedeli per promuovere i rimedi tradizionali. "Centinaia di migliaia di indiani sono morti di Covid-19 nonostante i trattamenti allopatici".  Swami Ramdev è uno dei più noti divulgatori di Yoga e Ayurveda in India,  organizza e conduce grandi campi di yoga dal 2002, trasmettendo le sue lezioni di yoga su vari canali TV,  e dirige una grande società che produce prodotti ayurvedici. Questo swami sostiene di aver trovato una cura ayurvedica per combattere il Covid,  e raccomanda di fare yoga e  pranayama come prevenzione.  

Il video del suo discorso, ritrasmesso sui social network, ha suscitato un enorme clamore: l'associazione medica indiana ha minacciato di portare Baba Ramdev in tribunale. Dopo queste dichiarazioni si è aperto un aspro confronto tra la medicina tradizionale indiana e la medicina allopatica. Vedi link    vedi link (2)  vedi link (3)

martedì 1 giugno 2021

Il simbolo dello yoga

 Il simbolo dello yoga rappresenta gli stati della coscienza.


  1. - rappresenta il sonno profondo,
  2. - rappresenta la veglia, la coscienza spinta verso l'esterno, l'illusione dei sensi.
  3. - rappresenta il sonno, la coscienza rivolta verso l'interno,
  4. - rappresenta maya, l'illusione che separa i due stati: la coscienza ordinaria e la coscienza pura,
  5. - rappresenta la coscienza in uno stato elevato e di beatitudine, Turiya, l'essenza del sentiero spirituale.

Che cosa è la coscienza per gli yogi?

La coscienza è una delle più grandi scoperte dell'India, per gli yogin sviluppare una coscienza superiore o pura non vuol dire isolarsi dal reale, ma esattamente il contrario, ossia vivere intensamente e concretamente la vita in un eterno presente, a livelli inaccessibili al profano.

Gli asceti indiani e gli yogin conoscono quattro modalità della coscienza:

  •     coscienza di veglia o diurna dove si vivono esperienze ordinarie;
  •     coscienza del sonno con sogni;
  •     coscienza del sonno senza sogni dove la coscienza è annullata;
  •     coscienza pura, o Turiya in cui si può sperimentare la verità ultima o la coscienza cosmica.

Lo yoga è quindi un lungo percorso per scoprire la nostra vera essenza, la pura coscienza.

La Mandukya Upanishad definisce la turiya in questo modo: "Il quarto stato non è quello che è conscio dell'oggetto, né quello che è conscio del soggetto, né quello che è conscio di entrambi, né la semplice coscienza, né la massa completamente senziente, né quella completamente all'oscuro. È invisibile, trascendente, la sola essenza della coscienza di sé, il completamento del mondo”.

A questi quattro stati possiamo aggiungere un tipo di coscienza catalettica che si ottiene prolungando lo stato di sospensione del respiro per mezzo del pranayama. 

Il Campo Unificato e la Coscienza

L’evoluzione della scienza si è sempre mossa nella direzione della scoperta di livelli sempre più unificati delle leggi di natura. Per esempio è stato dimostrato che l’elettricità e il magnetismo, che una volta si riteneva fossero due forze differenti, sono due aspetti diversi del campo elettromagnetico. Einstein con la sua teoria della relatività ha espresso l’equivalenza fra energia e materia ed è sempre stato guidato dall’intuizione profonda che il livello più fondamentale della natura fosse un singolo campo unificato. Milioni di volte più basilare e potente della forza nucleare, il Campo Unificato (che unifica tutte le fondamentali forze di natura note: la forza di interazione debole, la forza di interazione forte, la forza elettromagnetica e la forza di gravità), è la causa fondamentale dell’ordine che pervade l’intero e vasto universo.  

L’indagine teorica ed empirica ha rivelato che le qualità fondamentali del Campo Unificato: intelligenza, dinamismo e auto-consapevolezza sono le stesse caratteristiche che definiscono la coscienza. In pratica anche la coscienza opera come ogni altro aspetto della natura cioè come un campo infinito e invisibile ovunque disponibile, con onde che si irradiano in tutta la realtà. Una mente o coscienza ordinata e coerente è capace di contattare i livelli più profondi della natura, quelli che appartengono al campo quanto-meccanico, al campo unificato. Questa esperienza del campo unificato, o pura coscienza, costituisce il quarto stato di coscienza umana, distinto fisiologicamente dalla veglia, dal sogno e dal sonno.  

Di questo quarto stato elevato di coscienza Turya ne parla molto la tradizione vedica e il raggiungimento di questo stato produce effetti misurabili sulla fisiologia umana essendo contrassegnata dall’aumento delle onde alfa, che indicano l'aumento della funzionalità cerebrale e il pieno utilizzo del potenziale mentale del cervello umano.  I Maestri yoga dicono che sfruttiamo solo una piccolissima percentuale delle potenzialità del nostro cervello, e il raggiungimento di un livello più elevato di coscienza con i suoi effetti armonizzanti influenzerà e “in-formerà” tutta la realtà circostante, riducendo e calmando la violenza nella società, dissipando stress, tensioni collettive.

La coscienza agisce come un noto principio scientifico, chiamato in fisica “Effetto di Campo“ che come ogni altro aspetto della natura, quali la forza di gravità, l’elettromagnetismo, la forza nucleare e le particelle subatomiche, ha la propria base in un campo non materiale e illimitato.  I costituenti di base del mondo fisico apparente, le particelle subatomiche, sono di fatto onde che si propagano nei campi quantici ed ogni aspetto dell’apparente universo fisico ai livelli fondamentali della natura non è altro che onde invisibili e non materiali che attraversano campi invisibili e non materiali. E' possibile sintonizzarci con il Campo Unificato con l’unico strumento, molto probabilmente, capace di accedervi, il cervello umano.  Per la fisica moderna l’intero universo non è altro che vibrazione. Tutto nell’universo vibra con frequenze diverse, in una sinfonia di suoni. Ogni sistema, dalle particelle elementari, alle galassie, a ogni essere umano, è energia in movimento più o meno condensata, realmente composto di suono, uno specifico stato vibratorio del Campo Unificato che è l’unità fondamentale alla base dell’enorme diversità del Cosmo. 

Vedi anche teoria della Superstringa di Schwarzschild eWaldrop, 1985.

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