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venerdì 24 novembre 2023

La meditazione per Matthieu Ricard.

Il più delle volte, la nostra ricerca istintiva e maldestra della felicità si basa su inganni e illusioni, piuttosto che sulla realtà, e così ci sfianchiamo nel tentativo di modellare il mondo per farlo combaciare con le nostre fantasticherie, o alteriamo artificialmente i nostri stati di coscienza. Non sarebbe meglio trasformare la nostra mente? - Matthieu Ricard                  

Per Matthieu Ricard, uno dei monaci buddhisti più conosciuti in Francia, "è il pensiero che crea la realtà". Nato nel 1946, è figlio di un noto filosofo, Jean-François Revel e della pittrice surrealista Yahne Le Tourmelin. Diventato specialista di genetica cellulare, abbandona la ricerca scientifica per la ricerca spirituale in Himalaya e diventa monaco buddhista e poi l’interprete di sua Santità il Dalai Lama, intraprendendo un cammino che l’ha reso uno dei più importanti esponenti in Occidente del buddhismo tibetano. Nel 1997, scrive con il padre il libro Il monaco e il filosofo e, con l’enorme successo di questo libro, diventa ricco e celebre e ne approfitta per fondare nel 2000, una associazione chiamata Karuna-Shechen per lottare contro la povertà e per costruire una società più altruista ed inclusiva in Asia.
Ha pubblicato una trentina di libri, anche di fotografia, che hanno avuto tutti un grande successo di pubblico. I diritti di autore vanno interamente all’associazione i cui beneficiari, nel campo dell’educazione, salute e servizi sociali, sono circa 400.000 persone in Nepal, Tibet, India.

Cos’è la meditazione per Matthieu Ricard.
La parola sanscrita per meditazione, “bhavana”, significa “coltivare” e la parola tibetana “gom” significa “familiarizzare”. Così, in un certo senso, la meditazione si riferisce all’allenamento della mente, coltivando qualità positive come la presenza attenta e l’amore altruistico, e in un altro modo si riferisce al diventare più familiare con il funzionamento della nostra mente e, infine, con la vera natura della mente, che è sia consapevole che priva di esistenza intrinseca. Si possono anche distinguere due tipi principali di meditazione: analitica e contemplativa. La prima si usa per esempio quando si de-costruisce la nozione di un “sé” indipendente, unitario e duraturo o quando si medita sull’impermanenza e l’interdipendenza di tutti i fenomeni; la seconda è quella di riposare nella natura ultima della mente, nell’unione di apparenza e vuoto.

Quando sono andato per la prima volta in India nel 1967, il mio obiettivo principale era quello di incontrare uomini e donne di saggezza notevoli che potessero ispirare la mia vita e darmi un senso di direzione, in modo da utilizzare l’esistenza umana nel miglior modo possibile. Grazie ai miei maestri spirituali, ho poi gradualmente studiato e praticato il sentiero del buddhismo, che comprende effettivamente ciò che la gente chiama “meditazione”, tra gli altri mezzi utili per aiutare il discepolo a passare dall’illusione alla saggezza, dall’essere impigliato nella sofferenza e nelle sue cause alla libertà finale.

Senza i miei maestri, i loro insegnamenti e tutti gli altri insegnamenti che costituiscono il tesoro di trattati, commenti e consigli spirituali che si trovano nella letteratura tibetana, non sarei andato da nessuna parte nella mia pratica. Perciò devo tutto a loro e ai maestri del lignaggio spirituale che risale al Buddha stesso.

La pratica contemplativa è al centro della mia vita, ma come ho detto quello che ordinariamente si chiama meditazione è solo un aspetto della mia pratica, che comprende molti esercizi spirituali, visualizzazioni, ecc. Ma tutto questo dovrebbe essere fatto all’interno dello spazio della consapevolezza, che è la meditazione definitiva oltre la meditazione.

La crescita interiore potrebbe essere intesa come l’eliminazione di tutte le nostre tossine mentali e il portare al loro punto finale tutte le qualità interiori - libertà interiore, pace interiore, saggezza, compassione, resilienza, e non attaccamento alle preoccupazioni mondane (guadagno e perdita, piacere e dolore, lode e critica, fama e anonimato).

Combinare la pratica meditativa con l’essere parte attiva nella vita quotidiana è possibile, ma dipende da come facciamo la pratica. Se la nostra mente corre in modi del tutto ordinari, non ha senso dire che “Le attività quotidiane sono la mia meditazione”. È solo un modo per prendersela comoda e rimanere in uno stato ordinario di confusione. Un meditante esperto, invece, dovrebbe essere in grado di portare nelle attività quotidiane la qualità dell’esperienza acquisita attraverso l’addestramento meditativo e sperimentare tutto all’interno della pura consapevolezza. Questo è il frutto della pratica, ma ci vuole tempo per arrivarci!
A coloro che desiderano praticare la meditazione consiglio di cercare una fonte autentica che sia ben radicata e di lunga tradizione e che sia ancora viva oggi.
Inoltre, consiglio di non mettersi nelle mani di persone non qualificate. Se non potete incontrare un autentico maestro spirituale, almeno trovate qualcuno che sia capace, compassionevole e che voglia solo aiutare gli altri, non promuovere i propri interessi egoistici.

Vedi i seguenti link:     

  • https://www.youtube.com/watch?v=0FAz5XF6s78&ab_channel=Inspiration-Zen
  • https://www.youtube.com/watch?v=GUh-C5Cln-w&ab_channel=Karuna-Shechen

mercoledì 22 novembre 2023

Moi, Bouddha

"Il buddhismo: molto più che una religione, è una attitudine di fronte alla vita, alla morte, di fronte agli altri".   

 Il testo Moi, Bouddha scritto nel 2004 da José Frèches ricostruisce la via del Buddha, dall'inizio della sua ricerca della Verità, all'Illuminazione. Grazie al talento di José Frèches, per la prima volta Buddha ci racconta la sua vita. 

José Frèches ha iniziato una ricerca spirituale che lo ha portato a studiare gli antichi testi in cui il Buddha si esprime in prima persona. E ha deciso di osare descrivere la vita di Buddha in prima persona, utilizzando proprio le sue parole, pensando che fosse il modo migliore per condividere il destino straordinario di quest'uomo con il maggior numero di persone possibile.

Pensiamo di conoscere Buddha, ma conosciamo soprattutto il buddismo. Eppure, all'inizio di questo grande movimento che ha appassionato intere civiltà, come sempre, c'è un uomo.

Un ragazzino indiano coccolato, erede di un'illustre famiglia di guerrieri, nato nel II secolo a.C., che cresce circondato dalla tenerezza e dal lusso, imparando a cacciare e scoprendo l'amore. Il suo nome è Siddharta Gautama. Ma Siddharta si rende presto conto della realtà della vita in India: le caste, la miseria, l'ingiustizia... E si ribella alla sua esistenza dorata, così lontana dalla condizione dei suoi simili. Così lasciò tutto, la sua famiglia, la sua fortuna e i suoi servitori. Scandalo... Vestito come un mendicante, si mette in cammino per incontrare i poveri e i saggi. Di giorno in giorno, sperimenta rifiuti e avventure, dapprima da solo, poi affiancato dai discepoli più inaspettati, progredendo a poco a poco lungo il sentiero della conoscenza. Il suo carisma e il suo discorso, al tempo stesso esigente e generoso, travolgono chi lo incontra. Improvvisamente, il buddismo nacque da quest'uomo solo.

In queste memorie immaginarie, José Frèches rivela la vera vita e le parole del Buddha, un uomo affascinante, commovente e, alla fine, molto vicino a noi.      

José Frèches, nato nel 1950, è un sinologo e romanziere storico francesee  ha scritto molti romanzi ambientati in Cina. E' stato responsabile del Museo Guimet e del museo del Louvre.

Libri consigliati per conoscere il Buddha e il buddhismo. 

  • Amstrong Karen, Le Bouddha, 2003
  • Bareau André, Les Religions de l'Inde, 1966
  • Brosse Jacques, Le Bouddha, 2001
  • Conze E., Le bouddisme, 1971
  • Grousset René, Sur les traces de Bouddha, 1991
  • Dictionire du bouddhisme, 1999

Il buddhismo.   Molto più che una religione il buddhismo è una filosofia, ma ancora meglio, un'attitudine di fronte alla vita, un approccio morale e fisico - che costituisce un'immensa sfida per gli esseri umani avidi di piacere e di felicità, che temono il dolore e il malessere, invitati ad abbandonare i beni materiali per proiettarsi in un mondospirituale dove, finalmente, l'essere umano può sfuggire alla sua condizione umana. 

Alla realità duale di piacere/sofferenza,   felciità/infelicità, vita/morte, caldo/freddo, il Buddha propone il superamento di questa condizione: il nirvana. Un mondo ideale dove tutte le sensazioni sono sparite e dove regano la pace, il vuoto, il nulla. La volontà del Buddha è quella di liberare l'essere umano dai gioghi spirituali e materiali che lo tirano verso il basso, e sostituisce la divinità, il Dio, al centro dell'universo con l'essere umano.  La salvezza e la liberazione dipendono solo da lui.  Deve essere capace, poco a poco, di liberarsi di quello che riteneva prezioso, dalle sue catene per scoprire i veri valori.

Di fronte ai dolori del mondo gli esseri non sono soli, e questo porterà a svilupare il concetto di compassione che è al centro dei rapporti umani e il rispetto dell'altro (il busddhismo è la sola corrente spirituale/religiosa a aver sempre rifiutato di fare ricorso alle armi).  Questo umanismo profondo porterà questa filosofia a svilupparsi in tutta l'Asia e attualmente in Occidente.  Il buddhismo è la quintessenza dello spiritualismo. Grazie alla meditazione, la mente finisce per trovare la via della liberazione dalla consizione umana. Le discussioni intorno al vuoto, il nulla, e la mancanza di un "sè" portano l'adepto ad una percezione analitica della realtà del mondo e lo guidano verso un sentiero in cui l'ultima tappa è quella del nirvana: un semplice altrove dove l'essere umano, infine liberato di tutto, non soffre più, perchè, semplicemente, non ha più una ragione di essere.

Dharamsala

Dharamsala è il posto dove gli Occidentali vogliono andare e il posto da dove i tibetani sognano di partire.

Dharamsala è una borgata indiana nei contrafforti dell'Himalaya, alla frontiera nord del Pendjab nel distretto di Kangra, Himachal Pradesh, India.  Sopra questa borgata, a circa 10 km,  ci sono una serie di costruzioni attaccate alla montagna,  che costituiscono McLeod Ganj che è  il luogo per eccellenza del buddhismo tibetano (nel 2015 ci abitavano circa 12.000 tibetani).  Nel 1947 dopo l'indipendenza dell'India McLeod Ganj era un villaggio fantasma, abitato solo da un coppia di persi di religione zorastriana, i Nowrojee, che avevano preso in gestione l'intero Paese.   Quando nel 1960 il Dalai Lama trova rifugio a Mussoorie in India, un luogo troppo esposto al pericolo cinese, il signor Nowrojee propone al Governo indiano di far trasferire i rifugiati tibetani in questo posto a titolo quasi gratuito nelle vecchie case che i vecchi proprietari gli avevano lasciato in gestione. 

E così  McLeod Ganj diventa la sede del Dalai Lama e di un governo senza Stato reale, dove trovano rifugio migliaia di tibetani in esilio da un Paese, il Tibet occupato dalla Cina. In basso ci sono gli edifici amministrativi e la biblioteca, più in alto la residenza del Dalai Lama, e ancora più in alto le residenze dei tibetani con negozi e hotel per turisti. Poi sui fianchi della montagna si estende il villaggio dei bambini tibetani gestito dalla sorella del Dalai Lama.

Nel 1960, Il Tibet, regno del buddhismo vajarayana, è diventato una provincia cinese e la sua cultura rischiava di sparire. Scacciati dai templi e dai monasteri, le autorità religiose hanno attraversato l'Himalaya e per impedire che la Cina distruggesse completamente la civiltà tibetana, hanno fatto di Dharamsala un santuario dove questa cultura tibetana potesse essere preservata e svilupparsi.  A Dharamsala sono state costruite delle biblioteche dove sono conservati i manoscritti inestimabili che sono stati salvati dalla distruzione. 

Tra i tibetani che vengono ad approfondire le loro conoscenze, ci sono molti occidentali che assistono ai corsi e agli insegnamenti tenuti dal Dalai Lama e altri maestri.  I primi, con lo spirito di conservare la loro cultura, i secondi con il desiderio di trovare un equilibrio interiore. 

Qui a Dharamsala alcuni giovani tibetani facenti parte del  Tibetan Youth Congress, non condividono pienamente la posizione del Dalai Lama che prova a instaurare un dialogo con la Cina e propone un'autonomia del Tibet più che l'indipendenza.  Sopra la porta del Community Center c'è il nome di Thupten Bgodup, il monaco che ha lasciato gli abiti religiosi per combattere contro i cinesi e nel 1998,  si è immolato con il fuoco per far conoscere all'opinione pubblica la situazione del Tibet. 

Le famiglie che arrivano dal Tibet (ormai cinesizzato)  sono accolte e formate alla lingua e alla cultura tibetana, alla storia del Tibet e al buddhismo vajrayana.  Le scuole sono finanziate congiuntamente dal Governo indiano e tibetano, dall'Alto commissariato per i rifugiati e dalle offerte di numerosi occidentali. Oggi più di 160000 tibetani vivono fuori dalle frontiere del loro paese d'origine. Molti sono rifugiati in India, Nepal e Bhutan, molti altri in Europa (Svizzera e Francia) e Canada. I religiosi e i Lama viaggiano di monastero in monastero, in Asia e in Europa per insegnare il buddhismo tibetano o lamaismo.

Nel 1961 si tenne la prima seduta del governo del Tibet in esilio. Dal 1960 per gestire il flusso di rifugiati, le autorità hanno creato un'organizzazione chiamata Central Tibetan Administration (CTA) che non è però riconosciuta dall'ONU e da nessuno Stato.  Nel 1991 è promulgata la nuova costituzione da parte dell'Assemblea dei deputati.  Il governo tibetano è costituito da otto membri di cui due donne e un monaco. Le decisioni sono ratificate dall'assemblea dei deputati e devono essere confermate dal Dalai Lama che detiene il diritto di veto.  Le leggi sono promulgate dal consiglio dei ministri (Kashag) nominato dall'asemblea dei deputati (Chetui Lhenkhang). I suoi 46 parlamentari sono eletti a suffragio universale. Tutti i tibetani di più di 25 anni possono votare, sia se vivono in Tibet o all'estero. Nel 1992 una corte di giustizia è stata instaurata che regola le controverise tra i rifugiati tibetani, 350 funzionari lavorano nei minsieri per preservare e trasmettere la cultura tibetana

Oggi la montagna verdeggiante è scomparsa, a causa della deforestazione massiccia di questi ultimi decenni, ed è stata sostituita da un dedalo di viuzze, da casette minuscole, una sopra l'altra,  attaccate ai costoni della montagna, dove c'è spazio solo per un altare, un letto e una televisione; Con accompagnamento di  inquinamento sonoro, inquinamento ambientale e fango.  Scimmie, vacche e cani randagi lottano sulle strade fangose, in mezzo agli imbottigliamenti di camion, taxi, autobus occupati da  mendicanti indiani e viaggiatori occidentali in cerca di spiritualità. I giovani hanno cominciato a sostituire i loro costumi tradizionali con vestiti occidentali. I Lama sempre più disturbati dai turisti, per trovare pace e tranquillità  hanno cominciato a partire da Dharansala per andare in Ladakh o Sikkim.

I tibetani sono per il 98,9 % buddhisti e i rimanenti sono di religione islamica sunnita e i 20000 rifugiati suniti hanno trovato rifugio nel Cachemire indiano, dove il 90% della popolazione è mussulmana. Gli israeliani sono la terza nazionalità più rappresentata a Dhramsala dopo tibetani e indiani. Esiste anche uan piccola comunità cristiana composta da una ventina di fedeli, ma il prete indiano della chiesa di Saint John non celebra più la messa...

sabato 23 settembre 2023

Samsara. S.S. Il Dalai Lama (1)

 "Cercate di aiutare gli altri. Se non ne siete capaci , non fate del male agli altri" - Sua Santità il Dalai Lama riassume in questa frase l'essenza del Buddhismo.    

"Dobbiamo abbandonare il nostro egoismo, o almeno cerchiamo di essere egoisti in modo intelligente".

Nel primi due capitoli del libro Samsara, Liberarsi dalla sofferenza, combattere l'intolleranza attraverso la non-violenza, il Dalai Lama parla dell'invasione del Tibet da parte della Cina fino ad oggi  e dell'esperienza del suo esilio.

Il suo predecessore, il tredicesimo Dalai Lama Thupten Gyatso aveva indicato chiaramente il pericolo che veniva dalla Cina e aveva chiesto più volte a Buthan e Nepal di creare un'armata comune, ma questa proposta fu ignorata.  L’invasione del Tibet ebbe inizio nell’ottobre del 1950, dopo la fine della guerra civile cinese che vide il Kuomintang (il Partito Nazionalista Cinese, KMT) e il Partito Comunista Cinese (PCC) guidato da Mao Zedong contendersi il potere dal 1927 al 1949. Un anno dopo la vittoria del PCC e la conseguente fondazione della Repubblica Popolare il 1° ottobre 1949, ebbe inizio l’invasione del Tibet, regione fino ad allora indipendente dal governo di Pechino. Tra il 6 ed il 7 ottobre 1950, l’esercito cinese (People Liberation Army, PLA) – sotto l’influenza del futuro leader Deng Xiaoping, – circondò la città tibetana di Chamdo, che cadde sotto il comando cinese il 19 ottobre. La sconfitta dell’esercito tibetano a Chamdo diede inizio alle trattative per l’annessione cinese del Tibet che si conclusero un anno dopo con l’Accordo dei Diciassette Punti, con cui il governo tibetano e il Dalai Lama accettavano la presenza del PLA e la sovranità cinese sul suolo tibetano.

Negli anni 1954 il Dalai Lama fu invitato varie volte in Cina  e fu accolto dal Primo ministro Chou En-Lai e dal vice ministro Chu Teh, e per la prima volta, in quell'occasione, vide Mao e scrive di lui che aveva una grande forza magnetica, cordiale e spontaneo. E sempre in questo libricino il Dalai Lama rivela di essere stato attirato dal comunismo, il solo difetto che vedeva nel comunismo era quello di occuparsi dell'aspetto puramente materiale dell'esistenza.  Mao nel 1955 durante una conversazione gli disse "La religione è un veleno, frena il progresso". 

In questo periodo il Dalai Lama incontra anche Nehru in India, che gli fece comprendere chiaramente che l'India non avrebbe potuto aiutare il Tibet.  Gli consigliò di riprendere gli accordi con i cinesi. 

Dal 1949 al 1959 il Dalai Lama restò il capo politico e capo spirituale del suo popolo cercando di stabilire delle relazioni pacifiche tra le due nazioni: Cina e Tibet. La resistenza popolare contro la Cina comunista durò in Tibet fino al 1959, culminando in una giornata di insurrezione generale quando il 10 marzo 1959 300mila tibetani si riunirono ai piedi del Potala, residenza del Dalai Lama, per proteggerlo dalle proteste scoppiate nella capitale Lhasa. Il Dalai Lama chiese ancora una volta consiglio all'oracolo che quella sera gridò "vai via, vai via immediatamente", In seguito, il Dalai Lama dopo essersi recato al santuario di Mahakala, la sua divinità protettrice e avergli fatto l'offerta di una kata (sciarpa di seta bianca) lasciò il Paese per rifugiarsi in India, dove vive ancor oggi da esiliato. Nello stesso anno, l’Accordo dei Diciassette Punti venne ripudiato sia dal governo cinese che da quello tibetano e il Tibet venne ufficialmente annesso ai territori della Repubblica Popolare Cinese come regione autonoma.

Attualmente la popolazione autoctona, nel Tibet, conta 6 milioni di persone mentre la popolazione cinese arriva a 7,5 milioni di persone, ed è una questione veramente grave.  Ogni situazione deve essere considerata nella sua singolarità, ma il fatto di perdonare o di mostrarsi pazienti non significa che i tibetani debbano accettare tutto da chiunque. 

Il periodo attuale si inscrive tra i più difficili per il popolo tibetano, il Dalai Lama non cessa di sperare che il popolo tibetano, la sua cultura e la sua fede sopravviveranno e conosceranno di nuovo la prosperità.  Pensa che la sua presenza nel mondo libero, all'esterno del Tibet, possa essere più utile alla causa tibetana che  ritornare in Tibet.

La giornata della vita del Dalai Lama.   Si sveglia alle 4,00 per recitare il mantra Ngak-djinlap, è una preghiera attraverso la quale  dedica tutti i pensieri, le azioni, le parole come un'offerta agli altri. Guarda il cielo e prende coscienza della nostra insignificanza nel cosmo, e  dell'impermanenza. Fa colazione ascoltando le notizie della BBC.  Dalle 6,00 alle 9,00 medita; attraverso la meditazione cerca di sviluppare la giusta motivazione: compassione, perdono e tolleranza. Medita 6 o 7 volte al giorno.  Dalle 9,00 alle 12,00 legge e studia le scritture. Alle 12,30 prende il pranzo, in generale non vegetariano. Il promeriggio è dedicato agli incontri ufficiali. Alle 18,00 prende il thè, essendo monaco  non cena.  La sera vede le serie della BBC sulla civilizzazione occidentale e documentari sulla natura. 

Obbedisce ai voti di povertà e non ha alcun oggetto personale.  In Thailandia, Sri Lanka e Birmania i monaci sono autenticamente impegnati nella pratica della disciplina monastica, e a differenza dei monaci tibetani, hanno conservato l'abitudine di mendicare il loro cibo, come duemila anni fa, all'epoca del Buddha e dei suoi discepoli.  Spesso i tibetani sono conosciuti per la loro allegria, e questo è dovuto forse all'identificazione con un ideale di compassione.

L'assegnazione del premio Nobel per la pace al Dalai Lama nel 1989 ha permesso all'opinione pubblica di scoprire il problema tibetano. Il Dalai Lama  cominciato ad interagire con vari capi di Stato europei che spesso per problemi diplomatici lo hanno ricevuto in forma privata.  Di questo esilio il Dalai Lama ne ha preso l'aspetto positivo che è quello di scoprire il resto del mondo, incontrare altri popoli, di conoscere altre tradizioni. Auspica che il prossimo governo tibetano sia eletto democraticamente. 

Nel terzo capitolo parla del mondo di oggi.    "Constato che i dirigenti del mondo attuale hanno un grande coraggio, il coraggio di compiere il male"  - Il Dalai Lama.

Dobbiamo già affrontare la morte, la vecchiaia, le catastrofi naturali... tante sofferenze che ci lasciano impotenti, Non sono sufficienti?   Dobbiamo anche affrontare le guerre e la stupidaggine umana?

La sola cosa che valga la pena di fare da parte di un essere umano è provare a sviluppare i pensieri positivi, aumentare il loro potere o la loro forza, e ridurre il modo di pensare negativo. Creare delle comunità e ridurre le disuguaglianze e il fossato tra Nord-Sud del mondo dovrebbe essere l'obiettivo principale dell'Occidente. Oggi la nostra generazione, tutti i membri della nostra famiglia umana, vasta e diversificata, devono malgrado tutto apprendere a vivere insieme e dare vita a una comunità universale.  Quello che colpisce il Dalai Lama è il manicheismo degli occidentali che hanno l'abitudine di pensare in maniera dicotomica, in termini di opposizione nero/bianco, per/contro, dimenticando l'interdipendenza e la relatività dei fatti, e l'esistenza di una zona grigia che esiste tra i due punti di vista. Con questo modo di ragionare si creano distinzioni e frontiere a partire dal colore della pelle, dal luogo geografico, o da fatti storici maturando il sentimento di essere diversi. E' così che nascono critiche, conflitti e guerre.  In questi capitoli, accenna al problema della sovrapopolazione, e si dichiara favorevole al controllo delle nascite e fa presente che le vecchie interdizioni religiose non aiutano.  Per dare prosperità e giustizia ai quasi 8 miliardi di persone che popolano il pianeta è evidente che dovremmo evitare che aumentino di numero. Un'altra necessità è quello di educare le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo.  

Ribadisce comunque di difendere tutte le forme di vita, anche quella degli animali. Dal punto di vista buddhista, tutti gli esseri sensibili, gli esseri dotati di sentimento, di esperienze e sensazioni, sono considerati uguali.

Quando l'uomo neglige di coltivare la sua dimendione interiore, diventa l'ingranaggio di una macchina e diventa schiavo delle cose, allora non ha di umano che il nome.   In Occidente, lo sviluppo tecnologico dovrebbe garantire un benessere permanente; ma non è così. Sotto l'apparenza essite del malessere, dell'insoddisfazione mentale e agitazione. Questo mostra che il solo progresso materiale non è la risposta completa all'aspirazione dell'essere umano. In Occidente, si vie in una tensione, in una competizione e una paura incessanti.

I media propongono solo violenza e sesso che portano guadagni e soldi. E' compito dello spettatore contrastare questa tendenza.  Ciascun individuo ha la responsabilità di ridurre la negatività della situazione nella quale si trova confrontato. Se volete cambiare il mondo, provate prima di migliorarvi e trasformarvi.     Siamo in un periodo storico in cui dobbiamo cercare di sostituire i dogmi estremisti con valori spirituali e umani.

Samsara. S.S. Il Dalai Lama (2)

"Senza le qualità umane fondamentali: amore, compassione, bontà, non potremo sopravvivere. La notra propria pace e stabilità mentale dipendono da queste qualità" -  Il Dalai Lama  

Nella seconda parte del libro Samsara, Liberarsi dalla sofferenza, combattere l'intolleranza attraverso la non-violenza, il Dalai Lama parla della fede, della scienza e della religione.


Il buddhismo non cerca di convertire; il buddhismo è un'esperienza personale. Uno degli insegnamenti principali del Buddha è il seguente: "Devi aspettarti tutto da te stesso".

Il buddhismo non accetta la teoria di un Dio o di un creatore. Da un certo punto di vista è una religione, da un altro punto di vista è una scienza della mente. mettendo da parte l'idea di un Dio creatore e giudice, entriamo nel campo di un  "religione umana", ossia nata dalla riflessione umana per rispondere a un bisogno umano.  Il buddhismo non fa nessuna discriminazione tra i sessi, lo scopo ultimo è identico, così come le capacità di arrivare al nirvana. Nella società tibetana presa nel suo insieme, non esiste differenza di status o rango tra uomini e donne ( c'è una grande differenza con India e Cina).

I buddhisti e non buddhisti si distinguono per il fatto che prendano o meno rifugio nel Triplice gioiello, e nell'accettazione dei Quattro sigilli attestando che la dottrina è la parola di Buddha. Il Triplice gioiello è costituito dal Buddha,il dharma (l'insegnamento) e il sangha (la comunità spirituale). I Quattro sigilli attestanti che una dottrina è la parola del Buddha sono; 1- tutte le cose composte sono impermanenti, 2- l'esistenza condizionata è essenzialmente sofferenza, 3- tutti i fenomeni sono vuoti di esistenza in sè, e 4- il nirvana è pace. 

La dottrina del Buddha può essere riassunta in due frasi: "Aiuta gli altri" e "nel caso non puoi farlo , non nuocere agli altri". Questa dottrina è radicata nel terreno dell'amore e della compassione. 

L'etica è la nostra difesa, e la nostra principale arma di attacco è la saggezza, per questo sono necessarie stabilità mentale e concentrazione. La perfezione dell'etica è raggiunta quando avrete sviluppato fino al punto supremo l'idea di non danneggiare gli altri e non compiere le dieci azioni negative. Questo porta all'estinzione del fuoco dell'attaccamento, della collera e della rabbia.

Le azioni si compiono attraverso tre porte: il corpo, la parola e la mente; le dieci azioni negative sono: l'omicidio, il furto e condotta sessuale inappropriata, la menzogna, l'incomprensione, la parola che ferisce e il pettegolezzo, la lussuria, la malizia, il punto di vista scorretto o perverso.  I quattro antidoti sono il potere del  rimpianto, il potere della purificazione, la forza della determinazione, la forza suprema della meditazione.  

La principale tecnica per arrivare alla pace della mente è la meditazione. La nostra vera natura è calma, per questo il Buddha ci raccomanda di cercare profondamente in noi stessi, in noi stessi troveremo il desiderio di pace.   L'etica è il fattore principale per una rinascita favorevole.

Dopo l'illuminazione, il Buddha girò più volte la ruota della legge prima del aprinirvana, che è la legge cosmica rivelata dal Buddha, l'insegnamento religioso che impedisce di entrare nel ciclo della sofferenza del samsara. L'essenziale resta l'analisi attraverso la logica e la ragione. Se certe cose non si accordano con la ragione e la realtà non dovete mai accettarle. L'uomo che ha la comprensione del Dharma considera uguali i tesori del mondo e la goccia della rugiada sospesa sulla punta di un filo d'erba.   Le grandi scritture, tradotte in tibetano sotto il nome di kangyur, ricoprono l'insieme degli insegnamenti del Buddha. La vera pratica consiste nell'applicazione immediata di quello che apprendiamo.

Non dobbiamo dimenticare che in tutti gli esseri umani esiste un seme di amore e di compassione che farà di lui, un giorno, un Buddha.

Nel capitolo cinque parla della vita. Nel buddhismo si dice che ciascuno è il maestro di se stesso. Il potenziale è identico per ogni essere umano. Se avete la volontà potete fare quello che volete. Se non alleniamo la nostra mente e non riflettiamo, ci è impossibile ottenere la felicità. La felicità non può coesistere con l'aggressività.  

I nostri maestri più preziosi sono i nostri nemici.  Il Dalai Lama consiglia di essere prudenti nello sposarsi, una famiglia felice è un passo verso un mondo felice. La base di tutti gli insegnamenti morali dovrebbe essere la non risposta agli attacchi.  L'ideale sarebbe di spendere il 50% del tempo e dell'energia a occuparsi degli affari correnti e il 50% a coltivarsi interiormente.  Tutti insieme si dovrebbe cercare di sviluppare una spiritualità nuova, parallelamente alle religioni, in modo tale che tutte le persone di buona volontà possano aderire. Un concetto nuovo, una spiritualità laica. 

Tutto quello che è nostro è soggetto all'impermanenza, niente di quello che comunemente crediamo essere reale è permanente. A torto crediamo che il corpo e la mente possiedono una specie di "io". La vacuità corrisponde al vuoto, all'assenza totale di esistenza intrinseca, La vacuità è paragonabile a uno zero, uno zero in se stesso non è niente, ma senza lo zero non è possibile contare. Di conseguenza lo zero è qualcosa anche essendo niente. Lo stesso è per il vuoto; il vuoto è vuoto, ma allo stesso tempo la base di tutto.   La forma è il vuoto, il vuoto è la forma. La materia di cui siamo composti è vuota, tuttavia questo non vuol dire "il nulla", e a torto molti commentatori hanno accusato il buddhismo di nichilismo. Secondo i buddhisti il mondo è una fluidità, una corrente di stati, tutte le cose dipendono da altre cose. Niente esiste separatamente. le cose appaiono, esistono e scompaiono, e appaiono di nuovo. Ma non esistono mai per loro stesse. La forma dunque è vuoto, non separata, non indipendente. Questa forma dipende da una moltitudine di altri fattori. Il vuoto è forma perchè tutte le forme si sviluppano in questo vuoto, in questa assenza di esistenza indipendente. Il vuoto è là per condurre alla forma.

Sull'origine dell'universo, i buddhisti dicono che il secolo in cui viviamo è la conseguenza dei secoli precedenti, e così via fino all'origine dei tempi, 20 o 25 miliardi di anni fa.     Ma come il Big Bang si è prodotto? Ci sono due risposte che i buddhisti non accettano, la prima che non c'è nessuna causa, ma qualcosa è successo.  La seconda risposta è la soluzione divina: Dio ha deciso di creare il mondo.  Secondo le scritture buddhiste delle particelle particolari esistevano nello spazio prima della creazione dell'universo.   Queste particelle spirituali sono ancora là, costituiscono gli esseri, e hanno dato via al Big bang. 

Nel buddhsimo, come in altre tradizioni c'è una via diretta al risveglio costituita da yoga, misticismo, certe forme di meditazione e di estasi. Questo approccio diretta che può condurci per esperienza all'origine del mondo è estremamente difficile. Presuppone che la nostra mente si sia sviluppata e affinata fino alle sua più alta qualità di coscienza sottile, che la sottrae ai cicli temporali. Poche persone arrivano a questi livelli. Quando si arriva a questi livelli di coscienza sottile e di estasi si può con piacere contemplare l'assenza di esistenza in sè, la vacuità e il vuoto. 

Per quanto riguarda la coscienza, benchè ne facciamo esperienza da secoli, non sappiamo cosa sia veramente. Dobbiamo dedicare parte dei nostri sforzi (oltre che alla scienza) alla ricerca interiore, nel campo della mente restano degli immensi spazi da esplorare.  Molti scienzati hanno compreso che il buddhismo non è una religione rigida, e si sono resi conto che è anche una scienza e come tutte le scienze si basa sull'esperienza.  La natura umana è provvisoriamente contaminata, attraverso un processo di purificazione, di risveglio, la nostra mente può raggiungere quella alta qualità che si chiama Nirvana. Lo spirito (la mente) si trova allora trasformato in saggezza e non si è più sottomessi al ciclo delle esistenze. 

Quando la fine è prossima, dobbiamo volgere i nostri pensieri verso la pratica, dobbiamo studiare il processo della morte e familiarizzare con esso attraverso la meditazione, e vivere le otto fasi della dissoluzione del corpo. 1- Il processo comincia con la dissoluzione dell'aggregato delle forme: l'elemento terra si indebolisce, il morente ha l'impressione di finire sotto terra e la sua vista indebolisce, 2- l'elemento acqua perde consistenza e prevale il fuoco, la bocca diventa secca, 3- nella fase seguente l'elemento aria diventa predominante, il morente non riconosce più i suoi cari, interiormente vede come delle lucciole. 4-, l'elemento vento si indebolisce, il sintomo esterno è l'arresto della respirazione, internamente il morente vede una fiamma rossastra. In questo stadio un medico dichiara la persona morta. Ma secondo il buddhismo, il processo non è ancora terminato, la coscienza della persona è ancora presente, ma ciò non significa che si può ritornare indietro.  Ci sono ancora altri quattro stadi, 5-  la percezione di una visione bianca e di energia all'interno, nessun segno esteriore. 6- Poi la percezione di un luce rossa, 7- poi la coscienza di un nero e oscurità profonda, si entra in una specie di incoscienza.  8- Quando la percezione del nero e dell'energia motrice si dissolvono, si manifesta la percezione più sottile di tutte: la chiara luce della morte.  E' allora che la vita si arresta veramente. In questo momento per lo yogi è venuto il momento di mettere alla prova la sua pratica, prima che le cellule degenerino.  Conosce in quel momento il livello più sottile: la coscienza della luce chiara.  La coscienza è divisa in tre livelli di coscienza sottile: lo stato di veglia ( a livello grossolano della coscienza), lo stato di sogno (che è più sottile), e lo stato di sonno profondo (senza sogni e che si rivela ancora più sottile), di una modalità simile, le tre tappe della nascita, della morte fisica, e dello stato intermediario del bardo che procede la rinascita,  sono stati classificati secondo la sottigliezza dello stato di coscienza.  Durante il processo di morte, l'essere penetra nel più profondo della sua coscienza sottile. Ma dopo la morte, durante il bardo, la sua coscienza si prepara e diventa più grossolana, e continua durante il processo della rinascita e della reincarnazione. 

Lo yoga può contribuire al benessere generale, ma il mezzo principale per purificare la mente, è la mente. Attraverso la saggezza si perviene alla verità profonda, o ultima della vacuità, questa saggezza che percepisce l'assenza dell'io, può essere diretta o indiretta.

Il canone buddhista

I testi sacri del Buddhismo sono attualmente raccolti in tre canoni: il Canone pāli, il Canone cinese e il Canone tibetano così denominati in base alla lingua degli scritti.



Il Canone pāli (letteralmente “Tre canestri” in sanscrito Tripitaka) è la più antica collezione di testi canonici buddhisti pervenutaci integralmente. Secondo la tradizione della scuola Theravāda il loro contenuto fu fissato in forma orale durante il primo concilio buddhista a Rājagaha subito dopo la morte del Buddha e furono messi per iscritto in Sri Lanka nel I secolo a.C. da parte della comunità del monastero Mahāvihāra, anche se l’edizione del Canone pāli di cui disponiamo oggi risale al V secolo d.C. (quando la versione attribuita al periodo del re Vaṭṭagāmaṇī (30 a.C.) fu rivista dai monaci del Mahāvihāra.).

I Tre Canestri. Questi scritti si possono dividere in tre categorie, i cui fogli dei primi manoscritti, originariamente consistenti in foglie di palma, erano conservati in canestri, donde il nome collettivo (tipiṭaka, pāli, da ti, tre, e piṭaka, cesto o canestro, tripitaka in sanscrito). 

  • Il primo “canestro”, il Vinaya Piṭaka, è la disciplina monastica, contenente le regole dell’ordine e le procedure da seguirsi in caso di infrazione da parte di un monaco, insieme al resoconto delle circostanze che hanno portato alla promulgazione di ciascuna regola;
  • Il secondo “canestro”, il Sutta Piṭaka, contiene resoconti della vita e degli insegnamenti del Buddha. Il Sutta Piṭaka è a sua volta suddiviso nei cinque Nikāya.
  • Il terzo “canestro” è l’Abhidhamma Piṭaka ed è una raccolta di testi che elaborano ulteriormente diversi concetti e tesi della dottrina presentati nel Sutta Pitaka, giungendo ad una loro trattazione filosofico-metafisica.

In genere le raccolte in cui è diviso contengono testi sia antichi e probabilmente testimoni delle autentiche vicende delle prime comunità monastiche e dell’insegnamento del Maestro, che testi più recenti e successivi. Ad esempio, nel Majjhima Nikāya si confronta il sistema sociale castale indiano con quello greco privo di caste, il che porta a datare questo testo a non prima del III secolo. Il Sutta Piṭaka sembra il prodotto di una comunità unita, che non ha ancora vissuto eventi scismatici. Studiosi osservano che il Canone pali potrebbe non riportare direttamente l’autentico insegnamento del Buddha Shakyamuni. Da fonti esterne si può evincere come tutti i cinque Nikāya del Sutta Piṭaka abbiano preso la loro forma attuale prima della composizione del Milinda Pañha, composto nel I secolo d.C. Studi accademici considerano l'Abhidhamma Piṭaka risalente al III secolo a.C.

L’editto di Bhāru dell’imperatore Aśoka dimostra come almeno parte dei primi quattro Nikāya abbiano preso una forma definitiva durante il III secolo a.C..   Alcuni testi dei cinque Nikāya possono essere datati prima del II secolo a.C..  Alcuni studi di gran lunga più recenti ritengono però che la versione del canone pāli che ci è giunta per opera della comunità monastica del Mahāvihāra di Anurādhapura, Sri Lanka, sia stato redatto per fornire alla comunità di questo monastero «una base istituzionalizzata per la crescita e lo sviluppo continuo della tradizione Theravāda.

Il Canone buddhista cinese rappresenta la versione del Tripitaka buddhista in cinese in tutte le sue recensioni storiche diffuse e accettate in Cina, Giappone, Corea e Vietnam in epoche diverse. Da questo Canone derivano anche i Canoni buddhisti manciù e tangut.

La versione più antica del Dàzàng Jīng (letteralmente: “Grande tesoro delle scritture”), di cui rimane solo il catalogo delle opere che conteneva, risale al 515 ed era riprodotta su rotoli di carta e di seta. La prima edizione a stampa risale invece al 972 (dinastia Song Settentrionali), quando l’imperatore Tàizǔ decise di avviare l’incisione dell’intero Canone. La prima incisione del Canone su blocchi di legno terminò nel 983, quando oltre 5 000 manoscritti che contenevano 1076 testi furono riprodotti su 130 000 blocchi, l’insieme dei quali costituisce la versione del Canone cinese denominata Kāibǎo.

Questa versione xilografica fu poi portata in Corea dove, nel 1030, fu completata l’opera di una edizione analoga sempre su blocchi di legno (Canone coreano), edizione andata poi perduta a causa delle invasioni dei Mongoli nel XIII secolo.   Dopo l’edizione Kāibǎo ne seguirono delle altre, sempre a blocchi, denominate in base al luogo di realizzazione, spesso dei monasteri.

Anche in Giappone si realizzarono diverse edizioni complete del Canone cinese, prima su blocchi lignei e poi a stampa tra il 1640-1680.  Poi il  Canone di Tokyo XIX sec. ; l’ultima edizione, in 85 volumi di stile occidentale è divenuta lo standard di riferimento nei paesi di antica influenza cinese.

Il Canone tibetano è l’opera che raccoglie i sutra, i tantra e in generale le scritture buddhiste ritenute importanti per la tradizione del Buddhismo Vajrayana in Tibet.  Il canone fu composto dal monaco Butön (Bu ston) (1290 – 1364) ed è diviso in due parti: Kangyur e Tengyur. Nella prima sono raccolte le opere espressione diretta degli insegnamenti dei Buddha o dei Bodhisattva, nella seconda i commenti e gli scritti delle varie scuole e lignaggi del Buddhismo tibetano.
Giacché Butön aveva escluso dal canone gli insegnamenti Nyingmapa questi furono raccolti da Ratna Lingpa (1403 – 1478) in un’opera intitolata Nyngma gyubdun.

Il Canone tibetano fu dato alle stampe in tibetano la prima volta a Pechino nel 1411 e solo nel 1742 in Tibet in 333 volumi.
Lo sforzo cui tendeva il canone fu quello di accettare nel Kangyur i testi di cui si possedesse l’originale sanscrito o pali, cassando i testi di cui esisteva oramai la sola traduzione tibetana o cinese. Così solo pochi sutra del Buddhismo dei Nikaya trovarono posto nel canone rispetto ai sutra del Mahayana. Il Vinaya stesso, il codice di regole monastiche, è quello sanscrito dei Mulasarvastivadin. Dato che ormai l’India era sotto il controllo islamico e tutte le università buddhiste e monasteri erano stati distrutti il canone tibetano rappresenta l’estremo tentativo di salvare la tradizione indiana del Buddhismo.


Il Nirvana

Termine sanscrito che letteralmente significa «spegnimento». È utilizzato in contesto induista e buddista per indicare la realtà ultima e la liberazione, in opposizione al saṃsāra, dal ciclo delle rinascite in cui consiste l’esistenza ordinaria. Nel Canone buddista pāli il nirvana è descritto come l’assenza di ogni perturbazione mentale causata da ignoranza e attaccamento o avversione.       

Il Buddha non risponde a domande specifiche in merito alla natura del nirvana, considerandole inutili nel cammino verso il risveglio (bodhi), e il nirvana stesso, come chi venga colpito da una freccia velenosa dovrebbe occuparsi solo di eliminarla e non di porre domande sul veleno, sull’arciere, o sulla natura della condizione in cui si troverà una volta rimossa la freccia. 

Inoltre, secondo un tema implicito nel Canone pāli ed esplicito nel buddismo successivo, il linguaggio è intrinsecamente inadatto a parlare del nirvana perché intrinsecamente condizionato (mentre il nirvana rappresenta proprio l’estinzione di tali condizionamenti). Il nirvana è fra i bersagli dell’acume critico di Nāgārjuna, che arriva a mostrare come anche l’opposizione fra saṃsāra e nirvana sia insostenibile.

Alcuni studiosi hanno suggerito che ciò equivalga a dire che il nirvana non è altro che il saṃsāra una volta rimossa l’ignoranza. Non quindi un’entità esistente ‘altrove’, bensì una trasformazione della nostra esperienza ordinaria. Altro tema dibattuto è se l’ingresso nel nirvana significhi anche la fine di ogni possibile influenza benefica sugli altri. Il raggiungimento del nirvana - seguendo alcuni spunti critici del Mahāyāna – rischia di configurarsi come un desiderio egoistico e può essere un ostacolo nel cammino verso il risveglio. Nel Mahāyāna, la soluzione è offerta dalla figura del Bodhisattva.

mercoledì 13 settembre 2023

Le scuole del buddhismo tibetano

La penetrazione del Buddhismo nel Tibet risale all’VIII sec. E.C..    Il Buddhismo tibetano era in occidente erroneamente denominato “lamaismo” dall’appellativo lama «superiore», con cui vengono chiamati i monaci quando sono anche maestri spirituali. Il c.d. lamaismo discende dalla scuola del Māhayāna, ma nella pratica rivela qualche connessione con riti e credenze della primitiva religione tibetana, successivamente denominata Bön, definibile un complesso di credenze animistiche. Oggi i Bönpo, o seguaci del Bön, sono presenti soprattutto nel Tibet orientale.         
Il Buddhismo si divide in due yana o “veicoli”, cioè modalità per raggiungere il Risveglio (bodhi): il Theravada o buddhismo antico diffuso nell’Asia meridionale e sud-orientale, e il Mahayana, diffusosi dal nord del subcontinente indiano in gran parte dell’Asia fino al Giappone. Madhyamaka e Yogachara sono le principali correnti filosofiche dello sviluppo del Buddhismo Mahayana in India prima dell’introduzione del Buddhismo in Tibet. La scuola Yogachara (“pratica dello yoga”), è detta anche Vijnanavada, o “dottrina della sola coscienza”.  Madhyamaka è la scuola della via mediana, annunciata dal maestro Nagarjuna (150-250) nel secondo secolo E.C..   Per approfondimenti vedi: https://www.sangye.it/altro/?p=9979    
Nagarjuna, insieme ad Asanga, è una delle figure le più eminenti del Grande Veicolo Mahayana in India e fu anche abate dell'università monastica di Nalanda; nelle sue opere ha perfettamente condensato la totalità degli insegnamenti del Buddha. A Nalanda ricevette in giovane età l'iniziazione a una pratica tantrica di lunga vita che apparentemente gli permise di superare la malattia di cui soffriva. Lettere a un amico è un poema scritto (un testo sacro o shastra) al suo amico e discepolo, il re Détcheu Zangpo, soggetto a debolezze e in preda al dubbio, come del resto molti dei praticanti buddhisti occidentali ancora oggi. Un altro importante testo di Nagarjuna è Le strofe della via mediana, uno dei fondamenti di questa corrente filosofica. 

 

Le quattro scuole del Buddhismo tibetano derivano tutte dal Vajrayana o Veicolo di Diamante (considerato come un ramo del Mahayana o Grande Veicolo) che unisce agli insegnamenti del Buddha alcuni elementi esoterici, in particolare alcune tecniche di meditazione trasmesse da maestro a discepolo, destinate a raggiungere rapidamente il Risveglio, se possibile in una sola vita. Queste scuole condividono gli stessi insegnamenti e gli stessi riti; si distinguono per dettagli di dottrina e di pratiche trasmesse dai loro rispettive lignaggi di maestri. Grande importanza ha la mistica e le pratiche caratteristiche dello yoga indiano, le quali consentono di raggiungere il samādhi, cioè quello stato di meditazione profonda e astratta con cui si attua il completo e assoluto distacco da ogni evento esteriore e contingente. Nei conventi e nei templi si compiono rituali e cerimonie collettive del culto con una liturgia che consiste nella recitazione di formule religiose fatta ad alta voce, spesso in coro, in benedizioni e in offerte.
Nyingmapa (gli Antichi). La scuola appunto più antica, stabilita nel sec. VIII E.C., rivendica di discendere da Padmasambhava, il “nato dal loto”, anche detto Guru Rinpoche, “il maestro prezioso” che introdusse il tantra buddhista nel Tibet e che viene considerato come un secondo Buddha. Padmasambhava avrebbe lasciato nelle grotte e nei laghi degli insegnamenti che dovrebbero essere scoperti al momento opportuno da esseri ispirati (terton). Questa scuola sostiene che esistono due vie di trasmissione: la “trasmissione dei tesori spirituali” (terma), considerata la più breve perché scavalca le generazioni, e la trasmissione orale o lunga (karma) che risale al Buddha secondo una filiazione continua da maestro a discepolo. I Nyingmapa non conoscono organizzazione centralizzata, ma si riuniscono intorno a maestri che spesso hanno reputazione di santità. Molti di questi maestri sono sposati (i maestri delle altre scuole sono quasi sempre monaci). Gli insegnamenti si fondano in questa scuola su un itinerario articolato in nove veicoli – i più elevati, che sono i più segreti, sono in qualche modo le anticamere del Risveglio. Alla vetta si trova la pratica dello dzoghen, la Grande Perfezione che conduce al “corpo di luce”. Una fra le divinità principali degli Nyingmapa è Vajrakilaya. Il capo attuale di questa scuola è Penor Rimpoché.  L' A.C.E.C.  Centre d'etudes de Chanteloube fa (vedi: https://songtsen.org/chanteloube/) fa riferimento alla tradizione Nyingma e si ispira alla vita e al lavoro di Kangyur Rinpoche. Il centro fu fondato nel 1980 con il supporto di Dilgo Khyentse Rinpoche, e la principale attività è quella di organizzare ritiri per studiare e praticare il Buddhismo.
L’ordine Sa-skya-pa (o Sakyapa, la Terra chiara). Nel sec. XI Virupa, un potente maestro tibetano, trasmette il suo insegnamento tantrico al tibetano Drokmi Shakya Yeshe, che a sua volta ebbe come discepolo un appartenente della famiglia Khon, Köntchok Gyalpo (o Konchog Gyalpo: 1034-1102). Questi fonda un monastero nel Tibet centrale nel 1073, in un luogo dove la terra è di color grigio chiaro e perciò lo chiama sakya, “terra chiara”. Portò dall’India l’insegnamento dei grandi yoghin e, grazie alla posizione del monastero, che si trovava lungo una frequentata via commerciale, l’ordine e la forza dell'ordine Sa-skya-pa crebbe rapidamente. Questa scuola è famosa per la perfezione dei suoi rituali e i suoi studi metafisici molto avanzati. Il suo insegnamento specifico è il lamdré, “la Via e il frutto”, che postula l’unità ultima del samsara (il ciclo delle rinascite) e del nirvana (il Risveglio). Questa è l'unica scuola dove la trasmissione sia familiare, generalmente da zio a nipote. Il ramo ngorpa è noto per il suo rigore monastico. Due figure importanti sono il grande erudito Sakya Pandita (1182 – 1251) e il filosofo Gorampa (1429 – 1490).  La scuola è centrata sulla divinità tantrica Hevajra.  Dalla famiglia Khon nasce anche il ramo Karma-pa.

SSST-2  Sua Santità il 41esimo Sakya Trizin è Kyabgon Gongma Trichen Rinpoche (1945 - ).

  L'ordine Kagyu (o Kagyupa, la Via della Trasmisione orale) fu fondato da Marpa (discepolo di Naropa, che fu discepolo a sua volta di Tilopa) ed è diventato famoso con il suo discepolo Milarepa, il più famoso e potente degli yoghin tibetani, celebre per i suoi poteri magici. Il suo insegnamento segue un itinerario di sei veicoli di cui la vetta è il Grande Sigillo (mahamudra) – l’unione della vacuità e della chiara luce. Il più conosciuto discepolo di Milarepa, fu Gampopa (1079-1153). Sotto l’influenza di Gampopa, i Kaguypa fondarono varie scuole e si dotarono di numerosi monasteri che sono diventati centri importanti di insegnamento. Se assegnano, come gli Nyingmapa, molto spazio allo yoga e alla meditazione, mettono tuttavia l’accento sull’importanza della teoria. Vari lignaggi sono usciti da questa scuola: la più conosciuta è quella dei Karma Kagyupa, diretta dai karmapa, sono il primo lignaggio dichiarato di tulku, reincarnazioni di Düsum Khyenpa (XII secolo).   Il XVII karmapa risiede attualmente in India. Il Ghyalwa Karmapa è ritenuto essere pienamente illuminato, titolare del lignaggio Kagyu. Trinley Thayé Dorje è il XVII ghyalwa karmapa (c'è stata una grande controversia per la successione).   Fra gli altri lignaggi citiamo i Shangpa Kagyu, ai quali apparteneva Kalu Rimpoche e i Drukpa Kagyu. Una delle divinità principali è Chakrasamvara. 

Il monastero Dhagpo Kagyu Ling, fondato nel 1975 in Francia, è la sede europea della scuola Karma Kagyu. In Francia, quasi settanta centri sono collegati al Dhagpo (vedi: https://www.dhagpo.org/).     

 Con Gampopa passiamo dall’epoca dei traduttori a quella degli studiosi buddhisti tibetani in grado di scrivere dissertazioni sulla dottrina. Dei maestri studiosi Sa-skya ricordiamo Kun’-dga’-snying-po (che sistematizzò gli insegnamenti basati sui culti tantrici) e Kun-dga’rgyal-mtshan (che commentò i tantra principali e scrisse sulla filosofia, la logica, la grammatica e la poesia) e ancora ‘Phags-pa (che compose le spiegazioni dei Tantra). Dall’inizio del XIII secolo vi furono sette centri importanti di insegnamento in Tibet. La fama e la ricchezza dei monasteri crebbero in fretta.
Da VII al XIII secolo i sapienti tibetani furono principalmente impegnati nella traduzione di ogni opera buddhista indiana scritta in sanscrito, opere che andarono a costituire la base fondamentale delle scritture tibetane comuni a tutti i diversi ordini tradizionali.

Dal XII secolo alcuni sapienti tibetani avevano trasferito in Tibet non solo i testi ma anche l’intero modo di vivere dei monaci buddhisti e degli yoghin indiani. I tibetani acquisirono tutto il possibile del Buddhismo indiano fino a percepire il Buddhismo non più in collegamento con la sua patria d’origine, ma come religione propria e tradizionale, soprattutto, dopo l’invasione dei musulmani nell’India settentrionale che aveva provocato la distruzione dei più grandi centri buddhistici [buddhistico lo preferisco, ma devi uniformare] in India (XII-XIII secolo) e l’uccisione dei monaci.
I mongoli di Gengis Khan nel XIII secolo si introdussero nella corte cinese. Nello stesso periodo il Tibet si sottomise pacificamente ai mongoli che adottarono la religione buddhista (mentre il Buddhismo scompariva nei paesi confinanti). Nel 1239 Godan, uno dei due figli di Ogodai (successore di Gengis Khan), impressionato da ciò che gli venne riferito sui grandi Lama, convocò un rappresentante tibetano alla sua corte. Nel 1244 il Lama di Sa-skya fu nominato “reggente” con l’obbligo di risiedere alla corte del Khan e iniziò Godan al Buddhismo.
Alcuni Lama cercarono di imitare i Sa-skya e chiesero protezione a qualche capo mongolo. Si creano così delle rivalità e guerre vere e proprie fra monasteri per cercare di avere l'appoggio mongolo e ottenere maggior prestigio. I Sa-skya regnarono per circa settantacinque anni e furono affiancati dal potere Karmapa. Il declino dei Lama Sa-skya fu in parte dovuto al sistema della successione per nascita (ad ogni Lama deceduto corrispondevano tre reincarnazioni: del corpo, della mente e di beatitudine) che produsse un gran numero di eredi potenziali.
Dal XIV secolo (forse anche prima) prende piede in Tibet una forma di successione, quella del lama incarnato, che per quanto supportata dalla dottrina buddhista canonica ha caratteri unici. La rinascita di un Lama incarnato è vista come rinascita di un Buddha, libero dal karma, che rinasce volontariamente per il bene degli altri. In punto di morte il lama da indicazioni sul luogo in cui si dovrà cercare la sua prossima nascita.
-  La scuola Ghelugpa (o Guelugpa i virtuosi). Il Buddhismo viene rivitalizzato in Tibet dal Lama Tzong Khapa (o Tsongkhapa) nel 1400 (inizio del sec. XV) che fonda la scuola dei cosiddetti berretti gialli, i Gelugpa (a questa tradizione appartiene il Dalai Lama), dal berretto che i monaci portano per distinguersi dalle altre scuole che hanno un berretto rosso. I copricapi dei primi eruditi (pandita) buddhisti sarebbero stati gialli, colore che evoca la terra e la stabilità. Nel sec. VII, per manifestare la loro volontà di trionfare sui seguaci di altre religioni in occasione di dibattiti che spesso si tenevano, gli oratori buddhisti avrebbero adottato dei berretti rossi, colore del fuoco e dell’eloquenza. Con l’adottare il berretto giallo, Tsong khapa, fondatore della scuola Ghelugpa, preconizzava un ritorno alle origini.

La scuola Ghelugpa è la più recente delle scuole tibetane e mette l’accento sul rigore della disciplina monastica e sullo studio, riservando le pratiche tantriche agli studenti più avanzati.  Ventuno anni di studi portano all’esame di dottore (gheshe), coloro che riescono a superare l'esame possono essere nominati abate (rettore di una università monastica). Si pone un’attenzione del tutto particolare sullo studio della logica e della filosofia buddhista, e più particolarmente sulla vacuità (shunyata). Il capo dei Ghelugpa è il Ganden Tripa. 

Il Dalai Lama, capo spirituale e temporale del Tibet, è uscito dai Ghelugpa, ma riceve insegnamenti da maestri di tutte le scuole di cui è il protettore. Il Panchen Lama, seconda autorità spirituale del Tibet è anche lui uscito dalla scuola Ghelugpa.
Conseguita la supremazia sulle altre scuole tibetane, nel sec. XVI    i capi di questa scuola assunsero dal 1578 il titolo di Dalai Lama e consolidarono nel sec. XVII l'assetto politico-religioso che il Tibet conservò per circa tre secoli. Tzong Khapa ingiunse ai monaci l’osservanza del celibato e di una rigorosa disciplina e sul piano dottrinario assegnò alla preparazione scolastica un ruolo essenziale nel conseguimento dell'Illuminazione contro l'uso indiscriminato della "Via dei Tantra", senza però negare la legittimità del tantrismo stesso. Espose il suo pensiero in due Summae di vasta estensione. 
Il Dalai Lama è una emanazione di Avalokiteshvara, il bodhisattva della compassione. È anche un maestro vajra dei mandala esoterici del tantra dello yoga supremo, specialmente del Kalachakra (“La ruota del tempo”). L’università tantrica Ghyuto fu fondata nel 1475 da Jetsun Kunga Dhondup, ed è una delle più grandi istituzioni tantriche dell'ordine tradizionale Ghelugpa. Altra analoga istituzione importante di questa tradizione è il Ghyume.  

L'istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia fa riferimento a questa tradizione (vedi: https://www.iltk.org/chi-siamo/lignaggio-maestri/). 

Vedi anche https://rigpa.it/rigpa-chi-siamo/

Lettre a un ami - Nagarjuna

Lettre a un ami di Nagarjuna, commentato da Kangyiur Rinpoché (1875-1975), maestro e erudito d'eccezione fu la reincarnazione di uno dei discepoli di Padmasambhava. Kangyour Rinpoché dedicò i suoi ultimi anni della sua vita, quando era in India, alla preservazione del Dharma e costruì un monastero a Darjeeling. Contribuì a portare il Dharma in Francia (in Dordogna), dove la sua famiglia si installò alla sua morte.     

Nagarjuna, insieme a Asanga, è una delle figure le più eminenti del Grande Veicolo e fu anche abate all'università monastica di Nalanda, e nelle sue opere ha perfettamente condensato la totalità degli insegnamenti di Buddha. A Nalanda ricevette in giovane età l'iniziazione a una pratica tantrica di lunga vita che apparentemente gli permise di superare la malattia di cui soffriva. Lettere a un amico è un poema scritto (un testo sacro o sastra /shastra), al suo amico e discepolo, il re Détcheu Zangpo soggetto a debolezze e in preda al dubbio, come molti dei praticanti buddhisti occidentali. Un altro importante testo di Nagarjuna è Les stances de la Voi médiane, uno dei fondamenti di questa corrente filosofica.

Il testo inizia come è tradizione nei shastra, con una promessa, e poi comincia a spiegare le sei virtù trascendentali (paramita). La via progressiva è realizzabile anche da esseri ordinari e il testo è utile a chi si allontana dalla via e dalla meditazione, distratto da vari stimoli esterni.   

Contenuto del testo Lettre à un ami. Omaggio a Manjushri Kumarabhuta.

2- Questi versi espongono il santo Dharma.

4- Il Buddha, la Dottrina, la comunità, la generosità, la disciplina e gli esseri celesti; i Vincitori spiegano perfettamente questi sei punti.

8- Generosità, disciplina, pazienza, diligenza, concentrazione e conoscenza; sviluppa queste incommensurabili virtù. Bisogna essere generosi con i genitori. Queste virtù faranno di te un Buddha.

10- Astieniti da nuocere, rubare, avere relazioni sessuali, mentire, bere dell'alcol, mangiare avidamente, cantare, danzare, e portare gioielli.

12- Considera come nemici della virtù l'avarizia, il tradimento, l'attaccamento, la pigrizia, l'arroganza, la sete, la rabbia e l'orgoglio.

15- Non cedere mai al più piccolo istante di collera, rinunciare alla collera permette di raggiungere lo stadio del Senza-ritorno.

16- Rinuncia al rancore,

21- Non guardare la donna di altri, e scappa dal piacere dei sensi che sono la nostra perdita.

32- Fede, disciplina, erudizione, generosità, coscienza morale immacolata, senso della vergogna, e conoscenza superiore, sono i sette tesori che insegna il saggio.

34- Accontentarsi è una delle più belle ricchezze, se sei soddisfatto in ogni circostanza, sarai veramente ricco.

38- Considera il cibo come una medicina, e prendilo senza attaccamento, né avversione; mangia solo per nutrire il tuo corpo.

44- L'agitazione e il rimorso, animosità o ostilità, il torpore e la sonnolenza, l'aspirazione al piacere dei sensi, il dubbio, questi sono i cinque ostacoli, pronti a mettere in pericolo la virtù.

46- La malattia, la vecchiaia, la morte e la separazione dai nostri cari ci spiano,

48- Sappi queste verità: gli uomini soffrono, sono impermanenti e sprovvisti di un "Io" e impuri.

49- La materia non è il sé, il sé non è la materia. Non c'è un sé o "Io", vedi la vacuità degli aggregati.

52- La liberazione riposa su di te soltanto, esercitandoti allo studio, alla disciplina, e alla concentrazione applicati con diligenza alle quattro nobili verità.

58- Tutto è impermanente e sprovvisto di un sé.

59- E' più difficile di rinascere umano, che per una tartaruga di passare fortuitamente la testa in un cerchio che galleggia in un immenso oceano.

62- L'importanza dell'amico spirituale.

89- Gli animali soffrono di diversi tormenti.

91- Anche i preta soffrono i terribili tormenti. I preta, nel buddhismo sono degli esseri rinati in una condizione inferiore a quella umana e a quella animale a causa del loro comportamento dettato da avarizia o gelosia.

105 - Attraverso la disciplina, la concentrazione e la conoscenza è possibile lo stato del nirvana, dove tutto è purezza, in uno stato d'immortalità, senza vecchiaia.

106 - Attenzione, discernimento, diligenza, gioia, elasticità estatica, il raccoglimento, l'imparzialità sono i sette componenti del Risveglio.

109- Il saggio insegna che dall'ignoranza provengono gli atti, dagli atti la coscienza, e da questa il fattore nome-forme che condiziona l'apparizione delle sei facoltà di percezione sensoriale.

111- Da che apapre la nascita, vengono la sofferenza, la malattia, la vecchiaia, ... una massa di sofferenze.

112- Chi vede l'interdipendenza correttamente è sulla strada del Buddha.

113- La vista, i mezzi di sussistenza, lo sforzo, l'attenzione, il raccoglimento, la parola, il comportamento e il pensiero costituiscono gli otto componenti della via.

117- Controlla la mente! IL Buddha insegna che la mente è la radice di tutti i fenomeni.

120- Controllare lo yoga di tutte le eccellenze durante numerose vie è l'indicazione di Avalokiteshvara.

121- Possa tu rinascere all'immagine del Buddha Amitabha.

123- E quando avrai raggiunto lo stato di re dei Vincitori, libera dalla paura, dalla nascita e dalla morte gli innumerevoli essere tormentati dalle passioni.

Possa tu , pacificare tutto nel nirvana dove i nomi sono assenti, raggiungere lo stato senza paura, immutabile e senza errori.

Commenti. Il sanscrito è la più eminente delle lingue dell'Asia, ed è usato dai saggio che hanno conosciuto il risveglio per trasmettere gli insegnamenti.

Ci sono quattro categorie di esseri: quelli che vanno dalla luce alla luce, altri vanno dalle tenebre alle tenebre, altri vanno dalla luce alle tenebre, altri vanno dalle tenebre alla luce. Di queste quattro categorie appartieni alla prima: quella che va dalla luce alla luce.

La sensazione del piacere non fa nascere il benessere e la felicità, benché per gli esseri ordinari i piaceri possono assomigliare alla felicità; rinuncia a questi piaceri, in quanto le emozioni perturbatrici dell'attaccamento sono le catene che legano strettamente gli esseri umani al cerchio delle esistenze.

Il saggio ha vinto la battaglia contro i sensi, ci sono persone ordinarie che vincono delle guerre ma non riescono a controllare le sensazioni percettive.

Onora le persone che sono dotate di conoscenza e disciplina, anche se sono sprovvisti di altre qualità come la bellezza, discendenza prestigiosa, ecc... Queste persone sono posizionate tra i santi.

Tu che conosci il mondo sai sicuramente quali sono le otto preoccupazioni mondane: benessere e malessere, onore e infamia, lode e critica, guadagno e perdita, per arrivare al di là del mondo non bisogna farsi coinvolgere da queste preoccupazioni.

Giocare, andare allo spettacolo, rimanere senza far niente, avere cattive compagnie, bere e andare in giro la notte, queste sono le sei attività che ti porteranno ai regni inferiori.

Rinunciare all'attaccamento al cibo, considera il cibo come una medicina e prendilo senza avversione né attaccamento, mangia solo per sostenere il tuo corpo.

Medita come puoi, senza arrestarti sull'amore, la compassione, la gioia empatica, e l'imparzialità, anche se non arriverai allo stato superiore, sarai comunque felice.

Al cuore della compassione - Commento alle 37 pratiche dei boddhisattva di Dilgo Khyentsé

"Le 37 pratiche dei boddhisattva costituiscono l'insegnamento del Grande veicolo il più diretto e il più profondo sulla modalità di raggiungere il Risveglio".   

Al cuore della compassione. Commenti delle 37 pratiche dei boddhisatva - di Thonmè Zangpo. Autore Dilgo Khyentsé.  Le 37 istanze, scritte nel XIV secolo da Gyalsé Ngultchou Thogmé (considerato l'incarnazione di Avalokiteshvara), sono il riassunto del Bodhicaryavatara di Shantideva (685-763), una delle opere più importanti del Grande Veicolo.         

Biografia di Gyalsé Thogmé (1295-1369). Ricevette l'ordinazione a 14 anni, e passò la vita in povertà con il giuramento di non possedere mai niente, insegnando regolarmente i testi del grande veicolo, come il Bodhicaryavatara e la Conoscenza trascendentale. Dalla sua più tenera età aveva tagliato i legami con il desiderio e l'attaccamento, e la sua bontà era meravigliosa. Era sufficiente vederlo e incontrarlo per essere presi dalla fede, la rinuncia, l'amore e la compassione e dalla voglia di coltivare lo spirito del Risveglio. Grandi maestri dicevano di lui: "E' il Buddha sotto forma umana" e si inchinavano in direzione del suo eremo. I suoi ultimi consigli furono: "Rispettare i tre giuramenti, abbandonate l'attaccamento e la credenza all'esistenza reale delle cose, e aiutate gli esseri in atti, parole e pensieri. Ecco quello che costituisce una pratica eccellente".

Biografia di Dilgo Khyentsé Rimpoché (1910-1991) è stato uno delle principali figure della tradizione nyingma, e praticò meditazione per ventidue anni in ritiro. Erudito, saggio e poeta, non cessava di impressionare chi lo incontrava per la sua semplicità e buon umore. Il suo maestro principale fu Shèchen Gyaltsap. Un altro grande maestro, Khenpo Shenga de Dzogchen gli trasmise la sua opera maggiore, I tredici grandi trattati. I Khyen-tsé (significa saggezza e amore) sono le reincarnazioni di grandi personaggi della storia del buddhismo Tibetano (come il re Thrisong Détsen, Vimalamitra e Gourou Rimpoché che introdussero nel IX secolo il buddhismo tantrico). Dilgo Khyentsé Rimpoché passò parte della sua vita a ri-editare le più importanti opere del buddhismo tibetano e a costruire stupa e monasteri in luoghi sacri; è stato uno dei maestri più rispettati del Bhutan. Andò per la prima volta in Occidente nel 1975, insegnò soprattutto in Dordogna, a Tashi Pelbar Ling, la sua sede europea dove si può fare il ritiro dei tre anni. In Dordogna fu accompagnato dalla sua sposa Sangyoum Lhamo e da suo nipote Rabjam Rinpochè erede spirituale. Diede insegnamenti anche al Dalai Lama a Dharamsala. E' stato il maestro di Matthieu Ricard.

Prefazione.  Omaggio a Lokeshvaraya  (Omaggio al signore del mondo).
Rispettosamente rendo sempre omaggio attraverso le tre porte ai supremi lama e al protettore Avalokiteshvara che, pur percependo tutti i fenomeni come privi di ‘andare’ e ‘venire’, s’impegnano univocamente per il beneficio dei trasmigratori.  I perfetti buddha, fonti di beneficio e felicità, sorgono dall’aver praticato il santo Dharma che, a sua volta, dipende dalla conoscenza delle pratiche relative.

Commenti. Nelle istruzioni fondamentali delle 37 istanze della pratica del boddhisattva si trovano gli insegnamenti del Grande Veicolo sulla disciplina, la concentrazione e la saggezza. Assimilandole e realizzandole, si percorrerà senza difficoltà la via della liberazione.

L'attaccamento o l'avversione derivano dal fatto che si crede si essere un individuo realmente esistente. Shantideva nel suo Bodhicaryavatara dice: "Tutto il benessere del mondo viene dalla ricerca del benessere altrui, tutte le sofferenze del mondo vengono dalla ricerca del proprio benessere". La via del Grande Veicolo consiste nell'abbandonare l'idea stessa di un sè realmente esistente. Quando la preoccupazione del sè si dissipa, non c'è più ragione di avere della rabbia, dell'attaccamento egoista, l'orgoglio, gelosia o ignoranza. Praticando correttamente gli insegnamenti del Grande veicolo (Mahayana), si praticano anche gli insegnamenti del Piccolo veicolo (Hinayama). Quando lo spirito del risveglio nascerà spontaneamente in voi, possederete la radice stessa di tutti gli insegnamenti dei sutra (sutrayana), dei mantra (mantrayana), del grande sigillo (mahamudra), e della grande perfezione.

Avalokiteshvara, il Buddha della compassione si è manifestato varie volte nel mondo, le sei sillabe del mantra Om mani padme houng (Om ma ni pad me hung) sono una sua manifestazione. Chiunque ascolta questo mantra riceverà il seme della liberazione. Per arrivare alla liberazione occorre combinare i mezzi e la conoscenza superiore (praticare le virtù trascendentali) e la realizzazione della vacuità. L'uomo ha la fortuna di avere la libertà di praticare, delle 10 ricchezze favorevoli alla pratica: 5 sono legate alle condizioni individuali: essere nato come essere umano, in una regione centrale, disporre di tutte le facoltà, condurre una vita che si accorda con il Dharma, avere fede negli insegnamenti. Le altre riguardano le condizioni generali: un Buddha è apaprso, la sua dottrina si è perpetrata fino ad oggi, avere l'opportunità di praticare, essere accettati da un amico spirituale. Le tendenze avverse sono: essere presi da attività varie, avere un atteggiamento corrotto e depravato, non credere alle sofferenze del samsara, essere privi del gioiello della fede, non avere rimorso nel compiere atti negativi, non coltivare qualità positive, aver rotto i legami sacri del veicolo del Diamante (samaya) che legano il discepolo al maestro.

Shantideva dice: "L'esistenza umana è un battello per traversare l'oceano della sofferenza". "Gli esseri umani sono così rari nei sei mondi che corrispondono alle stelle del mattino".

I Paesi in cui il Dharma è una tradizione vivente sono rari, in questi Paesi quante persone sono ispirate dalla pratica? Quanti di loro mediteranno fino a raccoglierne i frutti? La gran parte degli esseri umani butta via la loro vita in attività inutili, egoiste e volgari.

Oggi l'incontro con il Dharma non è una semplice coincidenza, ma il risultato dei nostri atti passati. Solo il Dharma ci aiuterà nel momento della morte e noi sappiamo che la morte è certa. Quindi è pura follia non iniziare subito a praticare. Si dice che il samsara è impregnato di tre tipi di sofferenze: 1- la sofferenza accumulata, 2- la sofferenza del cambiamento, e 3- la sofferenza inerente a tutto ciò che è composto. Gli esseri umani subiscono le quattro sofferenze: della nascita, della vecchiaia, della malattia e della morte. E non possiamo invertirne il corso.

Importante è essere convinti che la sola cosa per cui valga la pena è impegnarsi  per raggiungere il Risveglio Supremo.  Quando il Buddha fece girare la ruota del Dharma per la prima volta, insegnò le quattro nobili verità: 1- la sofferenza esiste ed è importante riconoscerla, 2- la sofferenza ha una causa, e bisogna individuarla e rinunciare a questa causa., che sono le emozioni perturbatrici (klesha). Le principali sono: il desiderio, l'aggressività, l'ignoranza, orgoglio e gelosia. 3- c'è una via che libera gli esseri da questa sofferenza, e bisogna seguirla. 4- Facendo questo, la sofferenza terminerà.

Il primo passo, quindi, è quello di ascoltare gli insegnamenti, il secondo consiste nel riflettere sugli insegnamenti e scoprirne il senso profondo, il terzo consiste nel meditare su questi insegnamenti profondi, passando da una tappa all'altra le vostre qualità spirituali nasceranno spontaneamente, perchè la natura di Buddha (tathagatagarbha) che è in voi si rivelerà.

Questa opera svela l'essenza stessa di questi insegnamenti sotto forma di semplici istruzioni che dovranno essere applicate. Forse un giorno aspirerete alla solitudine di un ritiro per meditare profondamente su questi insegnamenti.

Lasciare il paese di origine , significa rinunciare all'attaccamento e alla rabbia,e al fattore oscurante dell'ignoranza che li impregna. In generale questi tre veleni sono più violenti nel nostro ambiente, nei nostri rapporti con la famiglia e gli amici. In un nuovo ambiente, niente risveglierà questi sentimenti e emozioni negative. Nella solitudine, non c'è niente da fare che domare la nostra mente e le nostre emozioni. Cosi scrive Shantideva nel Bodhicaryavatara, VIII, 85) : "Disgustati dal desiderio, troviamo la gioia nella solitudine di piacevoli foreste esenti di conflitti e emozioni negative". Questo è quello che facevano gli yogi di un tempo, andando come mendicanti da un luogo all'altro, l'animosità lascerà il posto alla voglia di aiutare gli altri, l'attaccamento ai vostri amici a un sentimento potente di impermanenza e dell'imminenza della morte.

L'essenza degli studi è la riflessione, e l'essenza della riflessione è la meditazione. Anche se praticate meditazione una sola ora al giorno, le vostre qualità non cesseranno di crescere regolarmente.

Gli amici più intimi che per tanto tempo si sono accompagnati si separano, le ricchezze e i beni accumulati con grande sforzo vengono lasciati e si comincia a intravedere l'impermanenza. 

La vita è così effimera come la goccia di rugiada su un filo d'erba. Voi potrete essere estremamente bello, non riuscirete a sedurre la morte. Un grande Maestro disse al suo discepolo che chiedeva degli insegnamenti. "Io morirò, tu morirai". Questo è tutto quello che ho da dirti. E' su questo che medito e pratico, non c'è niente di più grande. I grandi saggi ascoltavano gli insegnamenti sulla morte e l'impermanenza, li tenevano a mente, poi ci riflettevano prima di integrarli nel più profondo della loro coscienza attraverso la meditazione. Non preoccupatevi troppo della quotidianità e concentratevi sul Dharma, passate la giornata aspirando al risveglio, la sera riflettete su quello che avete fatto durante la giornata e individuate quello che è stato negativo, dedicatevi al benessere di tutti gli esseri. Sperate di fare meglio il giorno seguente. Il bhrahmano Upagupta indicava con una piccola pietra nera i pensieri e atti negativi, con una piccola pietra bianca quelli positivi. All'inizio erano quasi tutte pietre nere, poi con attenzione e vigilanza si ritrovò con tutte pietre bianche.

Gli amici influenzano notevolmente i vostri pensieri e emozioni e la vostra pratica. Si distinguono due categorie di cattive compagnie: 1- i falsi maestri spirituali, 2- gli amici nefasti. In compagnia di alcune persone vedrete che i vostri difetti e le vostre emozioni si accrescono, è il segno che non sono dei veri amici. Più tempo passerete con loro, più i tre veleni si svilupperanno: rabbia, cupidigia, ignoranza.

E' impossibile liberarsi dal cerchio delle esistenze e arrivare al risveglio senza un maestro spirituale autentico e qualificato. Tale maestro agisce, pensa e parla in perfetto accordo con il Dharma.

Senza fede non otterrete nessun beneficio seguendo il Dharma. La fede è un elemento decisivo per il percorso spirituale.  Solo con la fede potreste essere pronto a seguire il Dharma e prendere rifugio nei tre gioielli: Il Buddha, il Dharma, il Sangha.

Shakyamuni è il quarto dei mille e due Buddha della presente era cosmica. Ha trasmesso tre categorie di insegnamenti che vengono chiamati I tre Canestri (tripitaka): 1- le vinaya o disciplina, 2- i sutra o istruzioni condensate, e 3- l'Abhidarma che tratta anche della metafisica e della cosmologia. Il Buddha ha insegnato in tre luoghi e in tre diversi tempi, per questo si parla dei tre movimenti della ruota del Dharma. Alla prima ha spiegato la verità relativa, alla seconda un misto di verità relativa e assoluta, alla terza ha spiegato la verità ultima.

Per prendere rifugio in maniera autentica nel Dharma occorre possedere quattro gradi di fede, senza la fede sarà inutile prendere rifugio; quando abbiamo preso rifugio, dobbiamo rispettare scrupolosamente i precetti, questi consistono ad astenersi a compiere tre azioni e compierne altre tre azioni. Le tre azioni da evitare sono: non prendere rifugio negli dei mondani, abbandonare ogni forma di violenza in pensieri, azioni e non dovete seguire le persone che hanno un modo di vivere totalmente diverso. Le tre azioni da compiere sono: dovete rispettare tutte le rappresentazioni del Buddha, dovete rispettare tutte le scritture, dovete rispettare i membri della comunità monastica e tutti i vostri compagni che praticano il Dharma.

Seconda parte. L'insegnamento principale: presentazione della via. Una volta preso rifugio nei tre gioielli, qualsiasi cosa arriva è importante agire rispettando gli insegnamenti.Ci sono quattro vie:

  • La via degli esseri con poche facoltà. Cercate di compiere atti benefici e evitate di nuocere alle persone. Non mentire, essere onesto e benevolente con tutti, portare tutti gli esseri sulla via del risveglio, rispettare i maestri spirituali, non mentire sui propri difetti e qualità, non tradire chi è degno di rispetto.
  • La via degli esseri con capacità medie. Quando realizzerete l'unità della vacuità e della produzione interdipendente, vedrete chiaramente che le vie del mondo sono fittizie e scoprirete la vera natura del samsara, il modo di liberarsi è rafforzare la disciplina, allenarsi alla concentrazione e alla conoscenza trascendentale (prajna). Per distaccarsi dal mondo conviene rispettare undici accorgimenti: essere solo, lasciare la terra natale, non avere desideri sessuali, non preoccuparsi dell'opinione degli altri, con la meditazione arrivare a liberarsi dell'attaccamento degli esseri cari, adottare la posizione più umile possibile davanti agli eventi, non affliggervi di niente, non avere niene a rimproverarsi di questa vita, come un mendicante al momento del suo ultimo soffio, recitare costantemente il mantra: Non ho bisogno di niente, avere bene le redini del proprio destino, praticare costantemente in modo autentico.
  • La via degli esseri con facoltà elevate. Quando si riconosce la natura del samsara, subentrerà un grande abbandono, e questo inciterà ad andare verso la liberazione, facendo tutti gli sforzi possibili. La sofferenza del samsara dipende dal credere e all'attaccamento a un "sè". La liberazione consiste nel liberarvi dell'io delle emozioni e dalle azioni negative. IL mezzo per liberarvi è la pratica del Dharma, allenarsi alla disciplina, alla concentrazione e alla prajna, la conoscenza trascendentale che permette di realizzare l'irrealità del sè dell'individuo e dei fenomeni. Gli esseri che assaporano la pura gioia della pratica del Dharma rinunciando a tutte le preoccupazioni di questa vita sono estremamente rari. Per distaccarsi dal mondo è importante non avere niente a rimproverarsi in questa vita, come unmendicante al momento del suo ultimo respiro.
  • La via degli esseri con grandi facoltà. Questa via consiste nel meditare sulla vacuità e la compassione per raggiungere la liberazione al di là del samsara e del nirvana. Lo spirito del risveglio è la volontà di contribuire al raggiungimento del risveglio per tutti gli esseri umani. Non conservare per se le conoscenze, i beni e le realizzazioni, ma dedicateli interamente a tutti gli esseri e fate il giuramento che possano ascoltare il Dharma, riflettere e meditare su di esso. I meriti e la saggezza portano verso la buddhità. Quando un boddhisatva fa qualcosa di utile, il suo atto è totalmente disinteressato. Voler cercare di aiutare gli altri senza essere pronti è ricercare i problemi. La vostra pratica deve crescere in stabilità, occorre coltivare le attitudini e l'altruismo incondizionato. Sarete allora pronti a mettere in opera il vostro amore e la vostra compassione in modo realmente benefico.

Lo spirito del risveglio presenta due aspetti: 1- lo spirito del risveglio assoluto è la realizzazione della vacuità, 2- lo spirito del risveglio relativo che può portare all'altruismo, al profondo desiderio di aiutare gli altri e non nutrire più il nostro egoismo.

Per aiutare ad allargare questa visione si usa la pratica di quello che si chiama "lo scambio di se stessi con gli altri", in tibetano tonglen, si prova a scambiare con sincerità la sofferenza e la felicità degli altri, e un giorno potrete veramente arrivare a guarirli.

Un'altra pratica è quella di provare ad avere una sensibilità e una compassione profonda per tutti gli esseri; meditare sulle persone care fino ad arrivare a tutte le persone che considerate nemici o vi creano problemi. Applicate la pratica dello scambio con intensa compassione, concentratevi sulla persona che detestate di più e espirando inviategli la vostra vitalità, felicità, salute, ecc, inspirando assorbite i suoi difetti, le sue malattie, ecc..

Non si può avanzare nella pratica se lasciamo che le nostre emozioni negative si manifestino come nella vita ordinaria. Uno dei testi fondamentali della pratica del risveglio è il Bodhicaryavatara di Shantideva. Nel capitoloVIII, v 129.130 dice: "Tutta la felicità del mondo viene dalla ricerca della felicità degli altri, tutte le sofferenze del mondo vengono dalla ricerca del proprio benessere".

La miglior offerta al Buddha è quella di aiutare gli altri. Occorrerebbe essere capaci di utilizzare le condizioni sfavorevoli come perdita, sofferenza, infamia e critica in occ asioni di crescita sulla Via della liberazione. Quando siete testimoni di un atto negativo, pensate alla sofferenza creata nell'autore dell'atto.

Occorre, inoltre, essere consapevoli che l'"IO" è un'etichetta che mettiamo su una combinazione effimera di concetti e di attaccamento relativi al corpo, parola e mente. Non è una verità assoluta, eterna e indistruttibile come il corpo assoluto dei Buddha.

Se volete essere un vero discepolo di Buddha, non ci si deve vendicare del male subito. Ricordare i quattro precetti dell'allenamento positivo: se vi insultano, non rispondete all'insulto, non rispondete con la collera, se qualcuno parla dei vostri difetti, non fate altrettanto, se qualcuno vi colpisce non reagite.

Praticate la pazienza e non cedete mai alla collera, prendete le cose in modo positivo e eliminate il vostro orgoglio, praticate la generosità e la compassione. Molti grandi maestri buddhisti sono stati malmenati dai cinesi nel Tibet, e piuttosto che cedere alla rabbia, prendevano questi eventi come un modo per purificare le azioni negative di tutti gli esseri. Shatideva dice: "Non c'è peggior errore che la collera, né miglior ascesi che la pazienza".

Il miglior amico spirituale è quello che vi aiuta a scoprire i vostri difetti nascosti, e vi dà le istruzioni per eliminarli. Un maestro direbbe: "non faccio altro che mostrare alle persone i loro difetti nascosti, e dico loro: se potete riuscire ad accettarlo, rimanete altrimenti potete tranquillamente partire".

Due circostanze difficili da accettare e sopportare sono l'ingratitudine e l'umiliazione. Ci sono molte persone che non sono in grado di gestire le loro azioni e non sono in grado di correggere le loro azioni. Qualsiasi sia il loro comportamento hanno bisogno del vostro aiuto e della vostra compagnia e ricordate che sono vittime delle loro emozioni.

Quando l'amore e la compassione si sono radicate in voi, non ci possono essere più nemici fuori. Il testo Les Cent Stances recita: "Se eliminate la collera, eliminerete i vostri nemici per sempre".

La vera ricchezza è accontentarsi di quello che si ha. I grandi saggi di un tempo si accontentavano dello stretto necessario e vivevano in grotte.

Spesso noi dividiamo la nostra quotidianità in aspetti gradevoli e sgradevoli, ma l'esperienza del gradevole o dello sgradevole non è inerente agli oggetti che percepiamo, ha solo un'esistenza nella mente. Questo è insegnato dal saggio Talopa a Narpa: "quello che ti lega non è l'oggetto, ma l'attaccamento, taglia questo attaccamento".

Spesso dei forti ricordi del passato affluiranno alla coscienza, progetti, decisioni e speculazioni concernenti il futuro, si passa il tempo a correre dietro a pensieri, concetti, una serie di attività mentali non utili per la pratica. La vera sorgente del benessere è la nostra mente ed è importante conoscerne il funzionamento. Spesso le reazioni ad un evento sono solo pensieri, ma una volta che installati nella mente, possono prendere il sopravvento e generare altri pensieri. La mente non è che una accumulazione aleatoria di pensieri e per lavorare sul mentale l'unico oggetto di analisi possibile è il pensiero presente. Tutti i pensieri sono vuoti per natura e non esiste altro che la vacuità. I pensieri che nascono dalla mente sono sprovvisti di realtà tangibile o di consistenza, non c'è dunque nessuna ragione logica per cui i pensieri abbiano tanto potere sull'individuo, non ci sono ragioni per diventarne schiavi. La persona si compone dei cinque aggregati, uno per il corpo e quattro per la mente, il nome, l'idea dell'"IO" designa l'associazione momentanea del corpo e della mente. Una volta riconosciuto che i concetti di corpo, mente e nomi sono vuoti, così come i fenomeni, non resta niente di quello che chiamiamo "Io". Il corpo è un insieme insieme di elementi e quando questi elementi sono separati non resta niente che possa essere identificato con il corpo. In verità tutti i fenomeni dell'universo appaiono nella loro infinita varietà come il risultato di una combinazione di cause e condizioni particolari.

Chiarezza e vacuità sono inseparabilmente unite nella vera natura dello spirito che va oltre i concetti di esistenza e inesistenza. Quando un pensiero sorge, riconoscetene la vacuità, allora perderà immediatamente tutto il suo potere e non produrrà attaccamento e rabbia. E quando non c'è più attaccamento o rabbia,la realizzazione del Dharma autentico si svilupperà dall'interno.

In questo modo si svilupperà la calma mentale (shamatha) e ciò permetterà alla mente di restare in uno stato di tranquillità meditativa, libera della molteplicità dei pensieri. La visione profonda (vipashyana) permetterà di riconoscere la vacuità della mente in questo stato di calma. L'unione della calma mentale e della visione profonda costituisce l'essenza della pratica della meditazione.

Se avete contemplato la vacuità dei fenomeni durante la meditazione, vi sarà più facile di vedere, tra una seduta e l'altra di meditazione, che i fenomeni sono simili ai sogni che non hanno una propria esistenza. Fare il bene degli altri senza sosta è la pratica post-meditativa dello spirito del Risveglio assoluto.

Potete anche arrivare a credere facilmente che se avete tutto quello che desiderate - famiglia, amici, ricchezze, voi sarete perfettamente felice. Se lascerete la mente seguire la sua tendenza naturale cercherà di avere più amici, più ricchezza e così via (più amici avrete e più saranno quelli che sarete costretto a vedere morire, ecc, a che serve allora avere più amici?). Il desiderio, per sua natura, non porta che problemi e insoddisfazioni. Quando vi arriva qualcosa di indesiderabile pensate che è il frutto delle vostre cattive azioni del passato.

I migliori amici che potrete avere sono la calma della mente e il controllo di sé. Le sei virtù trascendenti sono: generosità, disciplina, pazienza, diligenza, concentrazione e conoscenza superiore.

La generosità è l'espressione naturale dell'altruismo e del distacco del bodhisattva. Ha per essenza il non-attaccamento. Ci sono tre forme di generosità: 1- la prima materiale, 2- la seconda consiste nel salvare la vita degli esseri e proteggerli dalla paura, 3- la terza è il dono degli insegnamenti di Buddha.

Senza disciplina non si può arrivare al proprio benessere. La disciplina permette di coltivare tutte le qualità positive ed è il pilastro delle pratiche del Grande veicolo, del veicolo del Diamante, e del veicolo Fondamentale. Disciplina significa anche rispettare i samayas, i legami sacri che uniscono il discepolo e il maestro spirituale.

Indicazione per la pratica:  1- coltivare la pazienza senza risentimento per chiunque. 2- sopportare il male che vi affligge, 3- rafforzare senza paura le prove legate al Dharma (ad esempio malattia, calore, freddo, fame sete), 4- contemplare senza paura il senso profondo della dottrina e le qualità illimitate dei tre gioielli. 5- Se qualcuno vi ferisce, non cercate di vendicarvi o e non abbiate rancore.

La diligenza consiste nel coltivare un coraggio e una forza d'animo come un'armatura contro lo scoraggiamento, e non cedere mai agli ostacoli posti dai quattro demoni che sono: emozioni negative, l'attaccamento al conforto, la malattia fisica e la morte. E' importante utilizzare lo studio, la riflessione e la meditazione.

La concentrazione. Esaminiamo il corpo, la parola e la mente, è facile riconoscere la supremazia della mente. se la mente è perfettamente addestrata alla calma mentale e alla visione profonda, il corpo e le parole la seguiranno sulla via della liberazione. In questo modo si può arrivare a liberarsi dal desiderio, dalla rabbia, dall'ignoranza. Per far si che la vostra concentrazione acquisti stabilità è utile ritirarsi in un luogo piacevole e isolato, lontano dalle distrazioni. La calma mentale si può ottenere con o senza oggetto di concentrazione. Nel meditare mettetevi seduto nella posizione in sette punti del bouddha Vairocana: gambe incrociate, le mani posate nel gesto dell'uguaglianza, le spalle rilassate, la colonna vertebrale dritta, il mento leggermente rientrato, lo sguardo posato sullo spazio all'altezza del naso, la lingua tocca il palato, gli occhi fissano senza distrazione un punto situato al di là della punta del naso (a douze travers de doigt). Poi visualizzate il buddha Shakyamuni. Piano piano si deve cercare di avere la visione più fine e precisa possibile. Il metodo migliore nella concentrazione è unire la calma mentale e la visione profonda.

La più importante virtù trascendentale è la conoscenza superiore. Senza la conoscenza superiore, le altre cinque virtù, generosità, disciplina, pazienza, diligenza, concentrazione, sono come cinque ciechi che senza la conoscenza superiore non possono trovare la cittadella della liberazione. Solo quando sono associate alla conoscenza superiore possono essere qualificate virtù trascendenti (paramita). La conoscenza superiore presenta tre aspetti che corrispondono a tre tappe graduali: la conoscenza attraverso lo studio, la conoscenza scaturita dalle riflessioni sugli insegnamenti, la conoscenza che nasce dalla meditazione. La realizzazione della conoscenza superiore è lo scopo ultimo degli insegnamenti. Gli insegnamenti si dividono in due categorie: quelli il cui senso è provvisorio o espedienti, che rivelano la verità relativa e quelli il cui senso è diretto e definitivo, che rivelano la verità assoluta. Il punto ultimo di tutti gli insegnamenti è la comprensione della vacuità che passa attraverso lo studio del sistema filosofico della via mediana (madhyamika) fino alla più intima convinzione della vacuità.

Eliminare i propri errori attraverso l'esame del vostro spirito come se fosse uno specchio, analizzando dall'interno la mente, voi potrete sapere se le vostre parole, i vostri atti,i vostri pensieri sono conformi al Dharma. Spesso i praticanti fanno notare i difetti negli altri , trascurando la montagna che è formata dai loro difetti. Alcuni dei difetti dei praticanti sono: essere eruditi in materia di Dharma senza rinunciare al male, ritenere istruzioni profonde, senza riuscire a cambiare in meglio, essere bravi a lodarsi e a svalorizzare gli altri. La natura di Buddha ( tathagatagarbha) con tutte le qualità positive, è presente in tutti gli esseri. Trattatevi mutualmente con grande bontà e grande apertura e non cercate i difetti negli altri, se cominciate a trovare dei difetti, ne troverete ovunque. Considerate tutte le tradizioni o scuole buddhiste come punti di vista diversi e non come contraddittori in quanto tutte sono un'espressione autentica dell'insegnamento del Buddha (Il pandit Lobsang Yeshe). Nel veicolo del Diamante la fede e la visione pura sono le due radici della pratica che inizia dopo aver ricevuto una iniziazione.

Tagliate definitivamente con le attività ordinarie, giorno dopo giorno siate contento di quello che avete e soddisfatto di quello che vi accade. Tutto il resto troverà il suo posto. La vostra pratica sarà l'antidoto alle emozioni negative e della credenza nell'esistenza reale delle cose. Una emozione comincia sempre con un pensiero o un sentimento infimo che poi si amplia. Se riuscite a riconoscere questo pensiero nell'istante preciso in cui sorge, vi sarà più facile farla dissipare. Le emozioni distruggono le persone che praticano, gli altri e la disciplina. Per sbarazzarsene è sufficiente riconoscerle.

Se nel presente nessuna malattia fisica, nessuna sofferenza mentale vi affettano, è il tempo per voi di praticare.

Dharma in tibetano si dice tcheu, termine che significa nello stesso tempo "rimediare ai difetti" e "fare nascere tutte le qualità positive". In sanskrito Dharma significa "quello che si tiene" o "quello che teniamo" nel senso che una volta stabilita una connessione con il Dharma, questo vi sosterrà fermamente per farvi uscire dalle profondità del samsara verso il Risveglio.

Per concludere la pratica del boddhisattva consiste nel superare l'attaccamento all'IO, eliminare ogni traccia di egoismo, e a mettersi al servizio degli altri, aver veramente assimilato la realizzazione della vacuità. Solo colui che ha raggiunto la realizzazione perfetta della vacuità è libero dai concetti di soggetto, oggetto e azione. La vera generosità consiste a non avere attaccamento, la vera disciplina nel non avere desideri, la vera pazienza a non avere della rabbia. E' importante comunque, che in ogni istante verifichiamo le nostre attitudini e motivazioni. Le azioni che avrete compiuto senza orgoglio o rimpianti avranno una energia incredibile che vi permetterà di progredire rapidamente sulla strada del Risveglio.

Il signore Buddha Shakyamuni ha fatto girare la ruota del Dharma a tre riprese, la prima volta a Benares insegnò le quattro nobili verità, la seconda volta a Rajagriha, e insegnò l'assenza delle caratteristiche; e la terza, in tempi e luoghi diversi, annunciò la verità ultima. Così spiegò la via del Risveglio in maniera incredibilmente profonda e vasta. e il saggio Thogmé, in modo umile, ha cercato di esporre l'essenza di tutti questi insegnamenti. Thogmé significa "senza intralci, senza ostacoli"; ed è un fatto che la sua conoscenza e comprensione degli elementi più profondi della teoria e della pratica del Dharma non conosceva né dei limiti, né degli ostacoli.

Ultimi consigli: Milarepa ha detto: "Non attendetevi nessun risultato, ma praticate sinceramente fino alla vostra morte". Il grande saggio Patrul Rimpoche ha detto: "In questa era oscura, si può definire Dharma di trasmissione il semplice fatto di ascoltare gli insegnamenti, e Dharma di realizzazione quello di praticare 24 ore su 24 la calma mentale e la visione profonda".

"Nel momento presente, tutto è nelle vostre mani, voi avete tutto il necessario per praticare e raggiungere il Risveglio; Non perdete un solo istante".

Il Buddha disse: "Vi ho mostrato il cammino, non dipende che da voi, il poter raggiungere la liberazione".

Il vero maestro ha una vasta conoscenza dei sutra, dei tantra, dei shastra. ai suoi discepoli offre dei regali, parla con dolcezza, insegna secondo le facoltà di ciascuno, e si conforma a quello che insegna. Anche se ha l'apparenza di una persona ordinaria, si trova costantemente nello stato del risveglio che trascende quello degli esseri ordinari. Prostratevi davanti a lui, non camminate davanti a lui, non camminate sulla sua destra, e camminate intorno al luogo dove vive.

Dal sutra del Pendant d'oreille: "Senza maestro spirituale noi non riusciremo a liberarci dalla esistenza samsarica". Il grande veicolo insiste sulla assoluta necessità di seguire un maestro spirituale autentico che detiene una tradizione e ne ha la realizzazione.

Estratto dal Vaso di amrita. "Occorre essere veramente profondamente disgustati dal cerchio delle esistenze e provare un forte desiderio di uscirne per iniziare la pratica".

Si può effettuare la meditazione di concentrazione su un oggetto, sull'antidoto, sui nove stadi di stabilizzazione dello spirito. 

Alcune istanze: 

  • Istanza 15 - Inchinarsi con rispetto verso chi svela i nostri difetti, è agire da Boddhisatva.
  • Istanza 17 - Anche se qualcuno, per orgoglio, ci umilia, rispettarlo come un maestro spirituale, è agire da Boddhisatva.
  • Istanza 26 - senza disciplina, non si può realizzare il proprio bene, allora pretendere di fare il bene degli altri, diventa assurdo. Osservare una disciplina senza motivazione mondana è agire da Boddhisatva.
  • Istanza 31 - Esaminare costantemente i nostri errori, è agire da Boddhisatva.
  • Istanza 34 - Rinunciare alle parole sgradevoli, è agire da Boddhisatva.

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Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi personali.  Nel blog c...