venerdì 1 agosto 2025

Oltre l’invisibile. Dove scienza e spiritualità si uniscono - Federico Faggin

Il testo Oltre l’invisibile non è soltanto l’autobiografia di un inventore di fama mondiale: è il racconto di un’esplorazione profonda e personale, un invito a superare i limiti del visibile per avventurarsi nei territori misteriosi della coscienza.                                         

 

Federico Faggin (1941- ), fisico, inventore e imprenditore italiano naturalizzato statunitense, è noto in tutto il mondo per aver ideato il primo microprocessore. Ma la sua figura va ben oltre la rivoluzione tecnologica: in questo libro, ci accompagna in un viaggio che parte dall’innovazione per approdare a una riflessione sul significato più profondo dell’esistenza, in cui scienza e spiritualità non sono più antitesi, ma due vie convergenti verso la comprensione dell’essere.

Il racconto si apre con la sua carriera pionieristica nella microelettronica, un percorso che ha trasformato radicalmente il mondo della tecnologia e che oggi plasma ogni aspetto della nostra vita quotidiana. Tuttavia, già dalle prime pagine, emerge una dimensione più intima: Faggin non si limita a celebrare i successi scientifici, ma condivide il suo bisogno di andare oltre, alla ricerca di risposte alle grandi domande sull’identità umana, sulla coscienza, sul senso della realtà.

Nel suo passaggio da scienziato a pensatore spirituale, Faggin abbraccia una visione che mette in discussione il materialismo e il determinismo classici. Interroga ciò che sfugge alla logica quantitativa della scienza: cosa significa essere coscienti? Qual è la natura dell’io? Come si può comprendere ciò che si nasconde oltre ciò che possiamo vedere o misurare?

La coscienza, fulcro del libro, viene descritta come un enigma che la scienza convenzionale non riesce a risolvere. Non è un sottoprodotto dell’attività cerebrale né una semplice sequenza di reazioni biochimiche: per Faggin, la coscienza è l’elemento che ci rende autenticamente umani, un canale attraverso il quale ci connettiamo con una realtà più vasta e profonda, che trascende il mondo materiale.

Parallelamente alla sua attività scientifica, Faggin coltiva da sempre un interesse per la dimensione interiore e invisibile dell’essere umano: pensieri, emozioni, creatività. Questo «oltre» non è una fuga dalla realtà, ma la sua origine, la sorgente dell’ispirazione stessa che ha guidato la sua mano nella creazione del microprocessore. In quegli anni, una forte esperienza spirituale lo porta a una nuova consapevolezza: l’essere umano ha una capacità innata di andare oltre la realtà fisica, una facoltà che non si può spiegare con la sola fisica classica.

Questa intuizione segna un punto di svolta. Faggin comincia a esplorare la coscienza come il vero cuore della realtà, e l’interiorità come luogo di scoperta e trasformazione. Secondo lui, la spiritualità – lontana da dogmi e fedi cieche – diventa una via per alimentare l’innovazione e per comprendere ciò che la scienza, da sola, non riesce a spiegare.

Il libro propone una critica netta al materialismo scientifico, che riduce l’essere umano a un semplice organismo meccanico. Una simile visione, sostiene Faggin, è incompleta: ignora l’esperienza soggettiva, le emozioni, la creatività, il senso stesso della vita. Per questo, auspica un cambiamento di paradigma: una scienza della coscienza, capace di superare i limiti della materia e di riconoscere il ruolo fondamentale della spiritualità nell’indagine della realtà.

Attraverso il racconto di esperienze personali e spirituali, Faggin mostra come sia possibile accedere a una dimensione invisibile della realtà, percepibile solo con una consapevolezza diversa da quella razionale. Questo percorso interiore lo porta a formulare il concetto di Seity, ovvero l’essenza spirituale del sé, e ad approfondire la natura del campo quantico: una matrice fondamentale dell’esistenza, che sfida le distinzioni tra materia e coscienza, tra osservatore e osservato.

Per Faggin, la coscienza non è un epifenomeno biologico, ma l’espressione di un’interazione profonda con questa dimensione quantica. La realtà, dunque, non è solo ciò che possiamo misurare: è anche ciò che possiamo sentire e intuire attraverso la consapevolezza.

Oltre l’invisibile diventa così un invito a riconsiderare il nostro modo di guardare il mondo. Con un linguaggio accessibile e avvincente, Faggin riesce a rendere fruibili concetti complessi, parlando tanto agli appassionati di tecnologia quanto a chi cerca risposte più profonde sul senso dell’esistenza. La sua visione è quella di un universo in cui scienza e coscienza si intrecciano, aprendo la strada a una nuova comprensione dell’essere umano e del suo ruolo nel cosmo.

Il libro tocca temi come la morte, i sogni, la religione e l’intelligenza artificiale, in un quadro in cui nulla è separato: tutto è connesso da una rete invisibile di consapevolezza. La Seity e il campo quantico sono i cardini di questa nuova teoria della realtà: la prima rappresenta la nostra natura autentica e immortale; il secondo è il fondamento invisibile da cui tutto origina.

In definitiva, Oltre l’invisibile è un’opera che invita a superare i limiti della percezione ordinaria e a cercare una verità più ampia e luminosa. È un appello a unire scienza e spiritualità per costruire un nuovo modo di abitare il mondo, fondato su consapevolezza, rispetto e cooperazione. È un’esplorazione affascinante e coraggiosa dell’ineffabile, che ci ricorda che noi siamo luce – dobbiamo solo aprire gli occhi.

Le quattro nobili verità - Ajahn Sumedho

 Il monaco Ajahn Sumedho risiede nel monastero Santacittarama a Poggio Nativo - Rieti.

Il Dhammacakkappavattana sutra verte sulle Quattro nobili verità ed è la quintessenza dell'insegnamento del Buddha. Dopo l'illuminazione il Buddha fu convinto a insegnare dalla divinità creatrice Brahma Sahampati. Il primo insegnamento che fece fu diretto ai cinque asceti suoi precedenti compagni.       

Le quattro nobili verità sono argomento di riflessione per una vita. Ogni nobile verità ha uno schema con questi tre aspetti: un'affermazione, una prescrizione, poi il risultato della pratica. E ha dodici stadi. 

La prima nobile verità con i suoi tre aspetti è la seguente:  c'è sofferenza dukkha, deve essere compresa, è stata compresa. Tutti soffrono dappertutto. La maggior parte delle persone pensa di essere confusa e triste perchè ritiene di non essere stata trattata in modo adeguato e cerca di trovare un capro espiatorio ai propri problemi. 

L'approccio buddhista è particolare, evidenzia che la via di uscita dalla sofferenza avviene per mezzo della saggezza, della libertà da ogni illusione. Se cerchiamo di trattenere qualcosa, ciò  porterà a sensazioni spiacevoli;  se ci attacchiamo a persone che rispettiamo e amiamo, inevitabilmente ci sarà qualcosa che non ci piace in loro e che ci farà soffrire. Se saranno criticate ci sarà indignazione.   Attraverso la pratica e la meditazione dobbiamo cercare di percepire cosa c'è in noi che ci porta a lamentarci e a criticare. C'è veramente qualcosa di sbagliato in queste cose, oppure siamo noi a generare sofferenza intorno a noi? Dobbiamo accogliere tutto nella nostra mente e non dobbiamo fissarci sul passato, trascorrendo il tempo a rigurgitare le cose accadute nella vita e a indulgere senza fine in congetture e analisi? Dovremmo sbarazzarci di questo fardello e non farci catturare da questi tipi di giochi; e concludere dicendo "la sofferenza è stata compresa".

La seconda nobile verità con i suoi tre aspetti è la seguente:  l'origine della sofferenza  è l'attaccamento al desiderio. Il desiderio deve essere lasciato andare. Il desiderio è stato lasciato andare. Ci sono tre tipi di desiderio: il desiderio per il piacere sensoriale, il desiderio di divenire, il desiderio di liberarsi di qualcosa.

Il desiderio non causa sofferenza, la causa è l'aggrapparsi al desiderio. Quando c'è chiarezza e si vede in modo retto, allora non c'è desiderio. Potete provare la fame, e il bisogno di cibo senza che questo diventi un desiderio.    Il desiderio può essere lasciato andare in cosciente consapevolezza e in seguito a comprensione profonda.  Non siamo mai come dovremmo essere secondo i nostri più alti ideali.  Le persone e le cose del mondo appaiono non essere come dovrebbero essere. Diventiamo ipercritici nei confronti di tutto e di noi stessi.  Sulla base dell'intuizione di visione profonda dovremmo lasciare andare ogni desiderio.

La terza nobile verità è la seguente: c'è la cessazione della sofferenza,  la cessazione della sofferenza deve essere realizzata; la cessazione della sofferenza è stata realizzata.  L'insegnamento è basato sulla investigazione e sull'osservazione interiore e sulle considerazioni della mente.  Tutto quel che sorge è soggetto alla cessazione, è impermanente e non- sè. Una volta capito questo realizzeremo la realtà ultima, "ciò che non muore".  Tutti i piaceri sensoriali muoiono. Possiamo avere successo e diventare ciò che vogliamo, ma anche questa è una cosa che muore. La disperazione è la morte della mente; la depressione  è una sorta di esperienza della morte sperimentata dalla mente.    Durante la meditazione dovremmo riuscire a far sorgere il subconscio al livello della consapevolezza. Si consente a tutta l'angoscia, rabbia, gelosia, repressione di emergere nella coscienza. E spesso non ci sentiamo così buoni come vorremmo essere.  Lasciando andare i desideri  di essere persone migliori, la mente diventa pura.  La meditazione può portare alla luce le cose peggiori di noi, per poi lasciarle andare. Spesso si passa la vita tentando di fuggire da queste cose, come ad esempio ricordi della fanciullezza e dell'adolescenza che riportano alla luce paure o avversioni, e si compensa magari mangiando dolci o leggendo. Con la meditazione si attiva un processo di purificazione di questi aspetti negativi.  Ma occorre un lungo lavoro su se stessi e a volte occorre anche soffrire, sopportare questi aspetti negativi. Soprattutto occorre tanta pazienza.  

Invece di attarci ai desideri dovremmo metterli da parte, lasciarli andare insieme alle nostre paure e allora si potrà sperimentare  nirodha, la cessazione della sofferenza (dukkha), la vacuità, il non-attaccamento.

Solo quando cominciamo a fare meditazione, iniziamo a capire quanta paura e quanta mancanza di fiducia provengano dalle nostre esperienze dell'infanzia che lasciano impressioni indelebili nella nostra mente e influenzano le successive relazioni con gli altri. Spesso lasciano la terribile paura di essere rifiutato.  La mente razionale sa che è ridicolo stare a pensare alle tragedie dell'infanzia però non riusciamo a prenderne le distanze. Solo con la visione profonda riusciamo ad ascoltarci interiormente; lasciar andare e realizzare la cessazione dei desideri.  Quando c'è vigilanza, chiarezza e attenzione non vi è alcuna sensazione di io e mio.  Luoghi, ruoli diventano solo convenzioni, non realtà ultime. C'è solo vacuità. Tutto quello che sorge è soggetto alla cessazione.

La quarta nobile verità  ha tre aspetti: c'è il nobile sentiero, deve essere sviluppato, il sentiero è stato pienamente realizzato. Gli elementi del sentiero sono raggruppati in tre sezioni: 

  • Saggezza: retta visione, retta aspirazione.
  • Moralità: retta parola, retta azione, retto sostentamento.
  • Concentrazione: retto sforzo, retta presenza mentale, retta concentrazione. 

Quando il cuore è puro, la mente è serena. Tutto quel che sorge è soggetto alla cessazione.  La retta visione, la conoscenza profonda vengono dall'intuizione, non dalla conoscenza e dalle idee.  Rendersi conto che l'infelicità, l'angoscia e la disperazione dell'umanità sono fondate sulle illusioni è una cosa triste. Quando lo si capisce, si comincia a provare una compassione infinità per tutti gli esseri. Quando meditiamo, la mente rallenta e possiamo vedere le cose così come sono. Non critichiamo, non paragoniamo, non cerchiamo di ottenere o possedere e proviamo piacere e gioia per la bellezza che sta intorno a noi. Possiamo apprezzare la bellezza (anche per l'altro sesso) senza desiderio egoistico di possesso o contatto.  

Noi siamo così come siamo e le cose stanno così. Dobbiamo relazionarci con le nostre ossessioni e tendenze che sono diverse per ogni individuo. E soprattutto non dovremmo volere che gli altri e la società si confermino alle idee che abbiamo su come le cose dovrebbero essere, ma finiamo sempre per sentirci frustrati.

Quando si sviluppa l'intelligenza discriminativa  bisogna pensare in una maniera saggia e non auto-distruttiva.  E riuscire ad aspirare alla verità, bellezza e alla bontà senza attenderci niente. Riuscire a capire che questo pianeta non è la nostra vera casa.  Dovremmo essere attenti a quello che facciamo e diciamo, altrimenti arrechiamo danni agli altri e a noi stessi. Occorre agire con attenzione e capire quanto sia spiacevole dire cose sciocche, stare a chiacchierare senza ragione. Testa, corpo e cuore sono elementi integrati che lavorano insieme per la liberazione. 

La meditazione samatha consiste nella concentrazione della mente su un solo oggetto, come la sensazione del respiro, osservando il respiro si rientra in se stessi. Quando vi concentrate veramente diventate proprio quella condizione di estrema tranquillità. Se poi praticate la meditazione vipassana rimanete consapevoli e lasciando andare tutto, accettando l'incertezza, il silenzio e la cessazione delle condizioni, ne risulterà che vi sentirete sereni invece che solo tranquilli. 

Talvolta le situazioni di vita sono solo così come sono. Non si può fare nulla, e perciò lasciamo che le cose siano in quel modo,  consentiamo che le cose cambino naturalmente, senza avversione.

Quando la gente toccherà i nostri punti deboli, non ci offenderemo, né ci agiteremo, né proveremo dolore per quello che succede; queste piccole cose non dovrebbero fare a pezzi nessuno.  A volte vi sentite sconvolti e feriti, ma se contemplate bene, capirete che è solo suscettibilità. Avere emozioni equilibrate vuol dire che,  se le persone dicono cose negative su di voi, le accoglierete. Se siete una persona che è sempre ferita e offesa dalla vita, dovrete sempre scappare o nascondervi oppure trovare un gruppo di ossequiosi adulatori con cui vivere.  Dovrete trovare ambienti speciali, nei quali si dice  solo quello che vi fa piacere, che vi fa sentire al sicuro e non vi minaccia in nessun modo. 

Se seguiamo il desiderio sessuale senza preoccuparci della moralità saremo presi da cose che causano auto-avversione.  Possiamo anche avvalerci dell'intelligenza per ingannare e mentire, ma quando abbiamo dei fondamenti morali siamo guidati dalla saggezza. In occidente abbiamo usato la razionalità e gli ideali per dominare e eliminare le emozioni col risultato che siamo diventati insensibili alla vita, alle cose e a noi stessi.  

Tutto quello che sorge cessa. tutto lavora insieme in un solo energetico sviluppo.  Sta a voi essere abbastanza coraggiosi da prendere in saggia considerazione le cose così come sono.  La pratica buddhista è immediatamente sintonizzata sul qui e ora, osserva le cose così come sono.  

L'unione che genera armonia - Francesca Leone

 "E' dando e condividendo che si riceve in abbondanza. Il servizio all'umanità e il culto più alto" - Sai Baba.        

Questo testo scritto da Francesca Leoni propone degli spunti e delle riflessioni sul come trasformare la nostra vita è avere una nuova visione di noi stessi e del mondo.  Attraverso una serie di pratiche riusciremo a vivere serenamente con più consapevolezza in questo mondo sempre più complicato.   Francesca ha ideato il prana yoga olistico PYO ed  è allieva del maestro Sarhya Sai Baba.

La meditazione ci aiuta a vivere meglio. La ricerca interiore è un addestramento mentale, il processo di cambiamento è graduale, cercare di comprendere chi realmente sono e entrare in armonia con la vita.  Nella limitatezza umana posso sperimentare l'interdipendenza di tutte le cose,  l'infinito, la vacuità che diventa Tutto, l'Uno. Posso sperimentare l'interconnessione e l'interdipendenza con gli altri. Cercare di indagare la Coscienza per conciliare e integrare corpo mente anima Spirito. Non farsi coinvolgere più di tanto dalle situazione esterne , coltiva la fiducia e il sorriso dentro di te. Cerca di non farti coinvolgere da chi ti crea continuamente problemi, comprendi il suo stato ma distaccati. Cercare di cambiare gli altri, non funziona mai... l'unica cosa che puoi fare è lavorare su te stesso per migliorare la tua vita e il tuo carattere.  Nessuno e niente mi appartiene.

Rilassati e respira. Respira solo con il naso e chiudi le orecchie con l'indice. Non permettere alla tua mente di criticare e lamentarsi. Osserva come un testimone tutto ciò di brutto intorno a te.  Tutte le persone che incontriamo e gli eventi hanno un significato nella nostra vita.  Ogni distacco e rottura nei rapporti ti serve per diventare meno dipendente dagli altri e più autonomo.

Tre caratteristiche sono comuni a tutti gli esseri umani essere coscienza beatitudine.  Sat chit ananda, li abbiamo solo coperte dal nostro egoismo e le nostre illusioni.

So ham  Quello Dio sono io, io sono io, io sono lui, noi siamo uno e non ci sarà più dualità.

Quando guardi il meglio degli altri vuol dire che la tua autostima è ok,  non disprezzare l'altro.  Preoccuparsi è inutile, tutto passa, sdrammatizzare, in ogni evento, in ogni crisi c'è sempre un aspetto, un messaggio positivo, occorre cercarlo.

Resta fedele ai tuoi obiettivi, credici e impegnati

non cedere ma alla tentazione di giudicare, la mente giudicante deriva da vecchi condizionamenti del passato,.  Se vogliamo la pace dobbiamo essere consapevoli dell'ego e  sbarazzarcene o ridimensionando. Le paure e emozioni negative non sono vere al 100% bisogna sdrammatizzare..  quando incontri l'ego ipertrofia degli altri, vai oltre e guarda solo il meglio in ognuno, ritroverai la tua serenità.

Perché  non ti senti in pace? Perché non riesci a godere di quello che hai? Cosa ti manca veramente? Perché vuoi sempre di più ed ignori la fortuna che già hai? Uno dei principali fondamentali della filosofia yoga è sintonia (sapersi accontentare). Mettere un freno all'auditorium e ai continui desideri. Chi desidera sempre di più sarà sempre insoddisfatto. Bisogna apprezzare ciò che si ha e chiedersi: mi serve veramente questa cosa? Vivi un'abitazione semplice e naturale, lascia andare ogni forma di esibizionismo e competizione. Concentriamoci su ciò che amiamo fare un piccolo orto, dipingere, ecc  ritroviamo la meraviglia in quello che facciamo, la semplicità ci porterà la leggerezza...

Gioire di sane e sincere amicizie, usare la compassione e aiutare chi ha bisogno ci porta la gioia. 

Non cercare di cambiare gli altri, puoi solo cambiare te stesso. Sei il so responsabile della tua vita. Se impari a conoscerti dentro, puoi migliorare te stesso e il tuo carattere.  Ognuno di noi può riscoprire la sua piccola missione: aiutare i senza tetto, dedicarti agli anziani del tuo quartiere.

Se ci sentiamo irritabili, intolleranti, ansiosi vuol dire che non scarichiamo nostri sentimenti negativi.   Dovremmo scriverli su dei foglietti le emozioni negative e bruciarli nel fuoco... lascio andare il passato, ti perdono, mi perdono. 

Se non sai quale è il tuo vero talento cercati un'area che ti piace ed esprimere attraverso la musica, la pittura ecc  abbiamo tante risorse da poter reinventare la nostra vita in qualsiasi momento, dobbiamo solo crederci...

Una vita serena senza Amore e senza Dio non ha senso. Se ti ami, sei pronto anche ad amare gli altri. Aiutare gli altri ma nel rispetto di se stessi. Il vero amore si sviluppa nel rispetto reciproco, senza attese, niente ci appartiene, tutto è impermanente...  L'amore non ha bisogno di ricompense... poiché la gioia di amare è il suo compenso... diventa più flessibile. Il dogmatismo è la rigidità portano all'arroganza e presunzione. Non attaccarti al tuo punto di vista, rispetta quello degli altri....

Gratitudine alto potere vibrazionale, ti capisco, ti apprezzo per quello che hai fatto, dovresti scrivere un diario con  frasi di gratitudine.

Nella filosofia yoga è importante l'auto-indagine, che è anche chiamata tecnica dell'osservatore per diventare testimone delle nostre esperienze e di ciò che ci accade... tutto è considerato un'opportunità per imparare dalla vita.  Ascolta con attenzione  amorevole gli altri, senza interferire con le tue convinzioni o parlare di te. Gli insicuri vogliono avere ragione, chi ama sa ascoltare..  Bisogna mettere a punto una comunicazione amorevole. Non dobbiamo dire falsità, parlare eccessivamente e trovare errori negli altri. Concentrati su quello check di buono in te, il resto è passato, non c'è più.

Dobbiamo lasciare gli altri (anche i figli) fare le loro scelte, anche se non ci sembrano giuste e non le condividiamo. I tuoi giudizi sono giudizi illusori propinato dall'ego.

Non bisogna essere attaccati alle proprietà, alle cose, al lavoro tanto da non avere più tempo per noi stessi. Bisogno essere pronti a lasciare andare tutto in ogni momento. Se non sai cosa fare prendi tempo, concentrati sul presente finché non ti sarà tutto chiaro.

Occorre avere fiducia in sé stessi, vivere rapporti liberi e non vincolanti, non dipendenti e rapportasi con gli eventi con un sano distacco (vairagya) sapendo che tutto è transitorio.

Occorre dare attenzione, incoraggiamento e un sorriso  a chi ne ha bisogno. Nessuno ha tanto bisogno di un sorriso come colui che non sa darlo ( Frederick Faber).  Sapere e conoscenza senza la pratica del servizio alla società sono sprecate. Occorre attivare la pratica del servizio (seva) disinteressato creando attività di utilità e di benessere comune con compassione e amabilità. Il servizio disinteressato ripulisce l'ego e libera dai legami tossici. Un bravo insegnante yoga dovrebbe dare l'esempio e fornire un modello di servizio sociale. Occorre renderci utili a chiunque ci capiti di incontrare, sia con le competenze che con il tuo ascolto e la tua presenza. Solo sperimentando e coltivando  la gioia in noi stessi possiamo donarla agli altri, e questo è il segreto per avere relazioni armoniose con tutti.

La mente è responsabile della gioia e del dolore.

Patrick Torre - Yoga du son

 Maestro di Yoga del Suono, Patrick Torre sviluppa da 30 anni una sintesi unica di tecniche vibratorie di antichissima provenienza unite ai canti armonici. Nutrito dal Tantrismo Shivaita del Kashmir, dal Buddismo Tibetano, dal Taoismo e dal Sufismo Persiano, egli diffonde lo Yoga del Suono (Mantra Yoga) e la Phonatherapy ® in Europe e negli Stati Uniti. In un approccio universale della voce e della spiritualità attraverso i Mantra, sviluppa ricerche coordinate con il mondo scientifico, legando il « Suono » alla fisica Quantistica e la Salute. E’ fondatore dell’ “Institut des Arts de la Voix” a Parigi.

 https://www.yogaduson.net/linstitut-des-arts-de-la-voix/       


 

Il tradimento dello yoga

POST di Simone Carbonardi  su Facebook: https://www.facebook.com/groups/442250463745970/posts/1246087630028912/   Turiya Yoga Academy (https://turiyayoga.it/ Frosinone-RM)          

Lo yoga, così come viene rappresentato oggi, è vittima di un tradimento. Non è una crisi della disciplina in sé, ma del modo in cui viene insegnata e compresa. Il problema non sta nella sua diffusione globale, che è oggi più ampia che mai, ma nella frammentazione e semplificazione operata dai sistemi formativi, che svuotano lo yoga della sua essenza, trasformandolo in un prodotto accessibile e immediato, ma privo della profondità che lo caratterizza.
 
Eppure, anche nella sua parzialità, lo yoga dimostra una forza straordinaria. Le asana, ridotte spesso a posture fisiche, portano benefici tangibili, alleviano dolori, migliorano la qualità della vita. Questo ci ricorda quanto fosse potente lo yoga nella sua unità: una scienza talmente completa che anche un frammento isolato riesce a trasformare. Ma questa realtà non deve farci dimenticare l’importanza di rappresentare lo yoga nella sua totalità. Se una parte della disciplina può fare tanto, cosa potrebbe accadere se fosse insegnata e praticata nella sua completezza?

Il tradimento dello yoga non risiede nei praticanti o nella loro ricerca di sollievo, ma nel sistema che ha dimenticato la centralità dello studio teorico, ignorando il legame indissolubile tra teoria e pratica. Questo tradimento si manifesta nei corsi istruttori, dove il tempo è dedicato principalmente a posture, allineamenti, accenni al corpo energetico e persino al marketing, mentre la teoria che dà significato a queste pratiche è relegata a un ruolo marginale o del tutto assente.
 
Sono corsi distruttori di Yoga se non ti insegnano l'integrità di un testo ed una pratica che ne rispecchi la portata in ogni ambiente tecnico ad esso associato che sia corpo, respiro, mente o connessione spirituale.
Lo yoga è innanzitutto una scienza della mente, e i suoi strumenti operano per trasformare e armonizzare i processi mentali. Tuttavia, il sistema formativo moderno ha invertito l’ordine naturale: si parte dal corpo, senza comprendere la mente. Questo approccio non solo tradisce la disciplina, ma priva chi vi si avvicina della possibilità di sperimentarla nella sua totalità. Prima di muovere il corpo, è necessario studiare. Prima di adottare una postura, bisogna sapere cosa questa postura rappresenta, quale scopo serve e quale percorso teorico la sostiene.
Solo per darvi una piccola contezza della materia in una sua sintetica ma almeno rappresentativa totalità e non in una bieca seppur magica e benefica parzialità.
 
Gli Yoga Sutra di Patanjali offrono una guida completa per comprendere lo yoga nella sua interezza. Questo testo non è una semplice raccolta di precetti, ma un manuale sistematico che integra teoria e pratica. I suoi quattro capitoli — il Samadhi Pada, il Sadhana Pada, il Vibhuti Pada e il Kaivalya Pada — descrivono un percorso progressivo e coerente per comprendere, praticare e vivere lo yoga.
Il primo capitolo, il Samadhi Pada, è la base teorica dell’intero sistema. Descrive la mente, i suoi processi e gli stati di consapevolezza, fornendo una mappa dettagliata per raggiungere il samadhi, lo stato di unione e stabilità che elimina gli errori cognitivi alla radice della sofferenza. Il secondo capitolo, il Sadhana Pada, introduce la Ashtanga Yoga, un sistema di strumenti pratici che lavorano direttamente sul karmashaya, il deposito delle impressioni mentali. Questi strumenti, spesso ridotti a tecniche isolate, sono invece parte di un sistema che guida la mente verso la liberazione.
Solo per creare un po' di curiosità in più sul tema più bistrattamente estrapolato da questo testo rappresentato proprio dall'ashtanga Yoga.
L'Ashtanga , spesso frainteso, comprende otto rami che operano in sinergia e descrivono un corpo unico chiamato nella sua interezza Yoga sempre se compreso attraverso l'interezza del testo e non solo attraverso questa semplicistica rappresentazione che nasce e si emancipa per la finalità del secondo capitolo. Gli Yama e i Niyama, che aprono questo sistema, non sono semplici regole morali, ma strumenti per armonizzare la mente. Gli Yama lavorano sulla relazione tra interno ed esterno, aiutando a stabilire una base di equilibrio mentale implementando un sistema di lavoro e di armonizzazione del nostro passato affinché il nostro presente si relazioni meglio con il contesto, rappresentano di fatto gli strumenti di una parte della disciplina che corrisponde alla psicologa analitica dello yoga. I Niyama, invece, guidano verso un lavoro più introspettivo, permettendo una taratura precisa della strumentazione visiva indirizzandola dall'interno verso l'esterno in maniera più efficiente. Asana, spesso ridotto come concetto ad esercizi fisici, ha una funzione ben più profonda: stabilizzare la mente attraverso ogni terreno di studio nel quale si vorrà esperire la pratica. Il pranayama che permette al praticante di cominciare ad estendere la propria consapevolezza sul comparto energetico che ci permette ogni lavoro conoscitivo. Il pratyahara, il ritiro dei sensi, rappresenta la sospensione della propensione mentale verso l’esterno, preparando il praticante a concentrare l’attenzione sul piano mentale nella sua più profonda interezza.
Pratiche che culminano in dharana (ritenzione dell’attenzione) il primo allenamento per stabilizzare la mente allenandola a ritenere la propria attenzione in maniera concentrata su un oggetto. Solo attraverso questo processo si arriva a dhyana, pratica di osservazione continua che apre la consapevolezza ad uno studio crescente su vari piani di espansione che utilizzano i vari aspetti grossolani e sottili che eruttano dall'oggetto che prendiamo in esame.
Questo sistema non è un insieme di tecniche isolate, ma un percorso integrato che richiede una comprensione teorica profonda per essere praticato correttamente. Tuttavia, nei corsi istruttori moderni, questa teoria è spesso assente o trattata in modo superficiale. Questo tradimento della base teorica svuota le pratiche del loro significato e priva gli aspiranti insegnanti della capacità di trasmettere lo yoga nella sua vera essenza.
Il problema si riflette anche nel tipo di pubblico che accede a questi corsi. Lo yoga moderno è diventato accessibile principalmente a chi cerca un’esperienza fisica o una risposta immediata a problemi specifici. Non invita alla complessità, ma la semplifica, offrendo una versione frammentata che non rappresenta la totalità della disciplina. Questo non significa che chi vi si avvicina non abbia domande profonde o legittime, ma che il sistema non è in grado di rispondere a queste domande in modo adeguato se non per qualche rara perla in evoluzione personale o a quei rari che anche utilizzando un mezzo parziale abbiano saputo perforare quel recinto nel quale ci siamo autorinchiusi.
Lo yoga ha un compito straordinario: eradicare la sofferenza. Ma per farlo, deve essere rappresentato nella sua totalità, rispettando la sua integrità teorica e pratica. Ogni pratica deve riflettere fedelmente la teoria che la sostiene. La meditazione, ad esempio, non è un atto isolato, ma un risultato progressivo che richiede disciplina e un protocollo strutturato, come descritto negli Yoga Sutra. Non possiamo continuare a proporre un sistema frammentato, che ignora la complessità dell’essere umano e riduce lo yoga a una serie di tecniche.
Questo è il tradimento dello yoga. E questa è la sfida: restituirlo alla sua integrità, affinché possa tornare a essere ciò che è sempre stato — la più grande scienza psicologica mai concepita, un sistema completo per trasformare la mente, il corpo e la relazione tra di essi e ancora di più: rompere la bolla che crea la più grande errata percezione che si auto-replica nel mondo portandoci in condizione di sofferenza rappresentata dall'incapsulamento dell'esistenza in un ego incapace di liberare la sua vera e potente natura infinita. Solo allora potrà compiere il suo scopo più alto: portare l’umanità oltre la sofferenza, verso una libertà autentica e duratura.
 
La Darshana Yoga, una disciplina millenaria di trasformazione interiore, è stata in gran parte ridotta da una continua errata rappresentazione, nel panorama moderno, a un insieme di parzialità che vengono continuamente diffuse a promulgate a partire dai corsi istruttori che per lo più si occupano di posture fisiche, comparto medicale e una mistura di tecniche superficiali prese anche da contesti non relativi allo yoga.
Questa frammentazione ha tradito la profondità della sua visione originaria, ma al contempo ha creato un'opportunità straordinaria: ripensare lo Yoga per riconnetterlo alla sua essenza e trasformarlo in uno strumento universale per elevare di nuovo l’uomo ad operare da punti di vista più vicini all'umanità che ad uno stampo totalmente personalistico.
Non si tratta di rifiutare ciò che lo Yoga moderno ha costruito, ma di integrare e trascendere la visione riduttiva per restituirgli il suo potenziale trasformativo.
Viviamo nel Kali-Yuga, un’epoca di frammentazione e dispersione mentale, in cui la mente è dominata dagli oggetti sensoriali e sempre più privata della sua capacità discriminatoria. In questo contesto, lo Yoga moderno ha offerto una porta d’accesso preziosa attraverso le posture fisiche, erroneamente definite asana il cui termine avrebbe da regalare molto di più alla disciplina ed anche alle stesse posizioni se meglio compreso. Pratiche che rappresentano comunque un punto di partenza straordinario per molti, consentendo loro di iniziare un viaggio di consapevolezza attraverso il corpo. Tuttavia, è necessario riconoscere che le posture sono solo uno dei possibili punti di partenza nel quale, la continua reiterazione di questa perversa cognizione ci ha condotto, di sicuro non il fine ultimo dello Yoga.
La vera essenza dello Yoga si trova nella trasformazione della mente. Gli Yoga Sutra di Patanjali, il testo fondamentale della disciplina, ci insegnano che il lavoro reale dello Yoga è rivolto alla mente. Il Sutra 2.11, in particolare, sottolinea che il primo compito del praticante (sadhaka) è attenuare le afflizioni mentali (klesha), poiché senza questo lavoro preliminare gli altri anga rimangono inaccessibili. Il primo anga che si incontra nel testo è Dhyana. Un protocollo meditativo ben strutturato è quindi essenziale per guidare la mente dalla dispersione verso la concentrazione e, infine, verso l’unità. Solo una mente libera dalle afflizioni può accogliere pienamente la pratica dello Yoga nella sua totalità.
L'allenamento alla ritenzione dell'attenzione in concentrazione su un fattore supportativo deve diventare nuovamente ciò che nello Yoga ha la possibilità di chiamarsi Pratica.
Questo percorso richiede un’integrazione graduale e progressiva della teoria e della pratica.
Gli Yoga Sutra rappresentano l’architettura teorica e pratica dello Yoga, offrendo gli strumenti per orientare il praticante verso una comprensione più profonda della disciplina.
Tra i quattro capitoli, il Samadhi Pada è il punto di partenza imprescindibile, poiché fornisce le basi per comprendere la mente e sviluppare la concentrazione. Una volta padroneggiata questa teoria, ogni tecnica può essere trasformata in un’opportunità di crescita. La teoria non è un vincolo, ma una guida che consente di valorizzare ogni pratica e di espandere la consapevolezza attraverso ogni esperienza della vita.
La chiave per costruire un protocollo meditativo efficace è un lignaggio autentico e ininterrotto. Solo un lignaggio che unisce la saggezza di generazioni può garantire la coerenza e la profondità necessarie per creare un sistema meditativo rappresentativo.
Il mio incontro con il lignaggio di Swami Rama e Swami Veda Bharati è stato fondamentale per comprendere questa visione. La meditazione supercosciente, sintetizzata da Swami Rama, incarna pienamente gli insegnamenti degli Yoga Sutra. Questo protocollo meditativo non solo libera la mente dalle distorsioni sensoriali, ma rende possibile integrare tecniche da ogni tradizione con discernimento e consapevolezza.
Solo quando si domina coerentemente lo Yoga ogni cosa diventa terreno di pratica ed ogni indirizzo tecnico possibilità di accrescimento verso sensibilità altre.
Uno degli errori più comuni nello Yoga moderno è il confinamento della pratica a determinati schemi fisici o mentali, creando una visione settaria e abilista che esclude chi non soddisfa certi criteri. Questa riduzione ignora la natura universale dello Yoga, che si adatta a ogni individuo e situazione. Una mente ben formata, invece, può trasformare ogni esperienza – ogni incontro, ogni pensiero, ogni oggetto materiale – in un’opportunità per praticare Yoga. Questo approccio elimina ogni limite imposto dalle circostanze fisiche o culturali, restituendo alla disciplina la sua universalità.
Sarà la devozione alla conoscenza della teoria che libererà la potente azione trasformativa dello Yoga.
Parallelamente, è necessario affrontare la questione della sostenibilità economica.
E' possibile bilanciare l’autenticità della tradizione con un approccio moderno che garantisca una base solida. Questo equilibrio permette di mantenere alta la qualità dell’insegnamento, assicurando dignità agli insegnanti e accessibilità agli studenti.
Le posture fisiche, utilizzate come catalizzatore di attenzione che riconosce pienamente l'errore cognitivo che imperversa nel mondo Yoga su ciò che sia effettivamente Yoga, riscoprono sempre più la loro opportunità quando si rivedono in funzione propedeutica raccogliendo ciò che il corpo, della disciplina, può contenere potendo poi sostenere un percorso più ampio che deve includere teoria, meditazione e quindi trasformazione interiore.
Si fanno delle lezioni di posture aspiranti Asana ma lo Yoga viene insegnato nel corso di teoria che utilizza la meditazione come primo ground di pratica per come individuata negli Yoga Sutra.
Lo Yoga autentico è inclusivo, universale e trasformatore.
Non si limita a una tecnica o a una sensibilità personale, ma abbraccia ogni aspetto della vita.
La devozione alla teoria ed alla pratica è ciò che permetterà allo Yoga di estendersi a chiunque in ogni settore realizzando davvero ciò che sembra solo essere la solita ripetizione stonata dello "yoga oltre il tappetino" riportando il tappetino nel suo ruolo splendidamente propedeutico e marginale rispetto alla pratica che si costituisce nel lavoro che si compie verso la stabilità del campo mentale.
Quando teoria e pratica si integrano, la vita stessa diventa un campo di sperimentazione yogica, trasformando ogni esperienza in un’opportunità per crescere e riconnettersi all’universale.
Questo approccio supera la frammentazione moderna e riporta lo Yoga alla sua essenza originaria: un ponte tra l’individuo e l’universale, tra l’uomo e l’umanità, restituendo alla vita il suo senso più autentico.. 
 

La difficile impresa di ricostruire la Biografia di Gesù

 “Sono molto scettico sulla possibilità di scrivere una biografia affidabile di Gesù”.  In un'intervista a Le Monde, Rémi Gounelle, decano della Facoltà di Teologia protestante dell'Università di Strasburgo, ripercorre la difficoltà di creare un'immagine canonica di Gesù durante i primi secoli del cristianesimo.

Quello che possiamo vedere è che la memoria di Gesù si è persa molto rapidamente, o almeno si è istituzionalizzata molto rapidamente”, osserva Rémi Gounelle, professore di storia dell'antichità cristiana, quando gli si chiede cosa sappiamo veramente della vita di Gesù. Dell'impressionante diversità del cristianesimo delle origini, poche correnti sono sopravvissute e “le comunità che sono scomparse più spesso hanno portato con sé le loro immagini di Gesù”, sottolinea il preside della facoltà di teologia protestante dell'Università di Strasburgo. Da qui il graduale sviluppo di un'immagine canonica del fondatore che, sebbene sia più inequivocabile, ha il merito di aver permesso al movimento di Gesù di sopravvivere, secondo l'accademico.
Perché i Vangeli canonici tacciono su gran parte della vita di Gesù?         

Gli Evangeli canonici – sottolinea Gounelle – non possono essere considerati opere storiche nel senso moderno del termine. I loro autori non intendevano scrivere una biografia oggettiva, bensì trasmettere quegli eventi della vita di Gesù che ritenevano fondamentali per fondare la fede e la prassi delle prime comunità cristiane. Miracoli, Passione e Resurrezione rappresentano i fulcri narrativi scelti.

L’enigma degli “anni oscuri” di Gesù.  Interrogato sulle ipotesi relative alla vita di Gesù tra l’infanzia e l’inizio del suo ministero pubblico – periodo sul quale i testi canonici tacciono – Gounelle si mostra prudente: secondo lui, non esiste alcuna teoria realmente fondata. Le fonti disponibili, benché numerose, sono lacunose e in parte contraddittorie. Le teorie su presunti viaggi in India, ad esempio, mancano totalmente di evidenze concrete. Più plausibile è che Gesù abbia ricevuto una formazione approfondita nelle Scritture, forse in una scuola giudaica (yeshiva), e che conoscesse a fondo il contesto religioso del suo tempo.

Il ruolo della memoria e delle istituzioni.   Gli studi sulla memoria indicano che quella individuale tende a svanire dopo alcune decadi, lasciando spazio a una memoria collettiva, modellata dalla narrazione sociale e istituzionale. La memoria di Gesù non fa eccezione: le testimonianze dirette si sono perse, mentre la sua figura è stata modellata in funzione della coesione teologica e comunitaria.

Senza l’istituzione, afferma Gounelle, il movimento carismatico di Gesù sarebbe verosimilmente svanito. L’opera di sistematizzazione teologica, a partire dal II secolo, ha cercato di conciliare le divergenze tra i quattro Evangeli – ciascuno dei quali propone un ritratto distinto – attraverso le cosiddette “armonie evangeliche”, ovvero tentativi di redigere un’unica narrazione biografica.

Evangeli perduti e testi apocrifi.  Oltre agli Evangeli canonici, circolarono altri testi, come quelli di Tommaso e di Pietro, letti ancora nei secoli III e V. Molte di queste opere non furono accolte dall’istituzione, ma hanno lasciato un’impronta significativa nell’immaginario collettivo. Le rappresentazioni dell’infanzia di Gesù, ad esempio, derivate da testi apocrifi, continuano a influenzare la tradizione popolare, tanto in Occidente quanto in Oriente e perfino nell’islam.

La pluralità del cristianesimo delle origini. Gounelle propone un’immagine suggestiva per descrivere il cristianesimo primitivo: non un albero con un unico tronco centrale, ma un nocciolo, con molteplici fusti che emergono direttamente dal terreno. Questo modello rende conto della ricchezza e della complessità delle origini cristiane, più che lo schema gerarchico troncato di un albero come la quercia. Di quella molteplicità originaria restano oggi solo alcune “ramificazioni” sopravvissute.

Nuove scoperte?   Infine, Gounelle invita alla cautela nei confronti di possibili nuove scoperte. Pur non escludendo del tutto l’emergere di testi o reperti archeologici inediti, ritiene improbabile che essi possano modificare in maniera sostanziale la conoscenza storica di Gesù. I dati ritenuti più verosimili – il battesimo, la predicazione in Galilea, la condanna romana e la crocifissione – costituiscono un nucleo narrativo condiviso, ma andare oltre questi elementi con rigore storico appare, a suo giudizio, fuori portata.

Pranayama e Hatha Yoga: l’arte antica della respirazione consapevole

L’Hatha Yoga rappresenta una delle forme più antiche e complete della disciplina yogica, risalente a millenni fa e tutt’oggi praticata in tutto il mondo. Questo sistema, codificato nei testi classici della tradizione tantrica indiana, si fonda sull’integrazione di posture fisiche (asana) e tecniche di controllo del respiro (pranayama), con l’obiettivo di armonizzare corpo, mente e spirito. Sebbene le asana siano spesso la componente più visibile della pratica, è nel pranayama che risiede il cuore pulsante dell’Hatha Yoga.            


Il significato profondo di “Pranayama”. Il termine pranayama deriva dal sanscrito e si compone di due radici: prana, che comunemente viene tradotto come “respiro”, e ayama, che significa “espansione” o “estensione”. Tuttavia, prana ha un significato ben più profondo: non si tratta soltanto dell’aria che respiriamo, ma della forza vitale sottile che anima ogni forma di vita. È l’energia che connette la nostra coscienza al mondo materiale. Pranayama, quindi, non implica soltanto il controllo del respiro, ma la capacità di estendere e dirigere consapevolmente questa energia vitale in tutto l’organismo e oltre, favorendo un’espansione della coscienza.    
La pratica del pranayama, così come trasmessa nei testi fondamentali dell’Hatha Yoga – Hatha Yoga Pradipika, Gheranda Samhita e Shiva Samhita – comprende una vasta gamma di tecniche, accessibili alla maggior parte dei praticanti, purché eseguite con costanza, rispetto e consapevolezza.

Precauzioni e indicazioni preliminari.  È importante avvicinarsi al pranayama con un atteggiamento di attenzione e rispetto. In presenza di patologie respiratorie, cardiovascolari o neurologiche è essenziale consultare un medico prima di iniziare. Inoltre, le pratiche più intense devono essere seguite da momenti di riposo, per permettere all’organismo di assimilare i benefici in modo equilibrato. 
La respirazione va eseguita preferibilmente a digiuno o almeno tre ore dopo l’ultimo pasto, in un ambiente tranquillo. In caso di sensazioni sgradevoli, come nausea o vertigini, è fondamentale sospendere immediatamente la pratica e sdraiarsi.

La postura e l’atteggiamento mentale.  Il pranayama si pratica in genere seduti a terra, a gambe incrociate, con la colonna vertebrale eretta e la testa allineata. Il primo passo è semplicemente osservare il proprio respiro, lasciandolo fluire naturalmente, mentre si rilassano consapevolmente le varie parti del corpo.

Dirga Pranayama: il respiro yogico completo.   Il Dirga Pranayama – noto anche come “respiro a tre fasi” – è la tecnica base da cui partire. Durante l’inspirazione, si riempie prima l’addome, poi il torace e infine la zona clavicolare. Nell’espirazione, si svuota il corpo nell’ordine inverso, partendo dalle clavicole, poi il torace, infine l’addome, che viene leggermente contratto verso la colonna vertebrale. È essenziale mantenere la durata dell’espirazione pari o superiore a quella dell’inspirazione per stabilizzare il sistema nervoso e la mente.

Kumbhaka: la ritenzione del respiro. Elemento centrale del pranayama, kumbhaka (ritenzione del respiro) consente di calmare le fluttuazioni mentali e accedere a stati di meditazione più profondi. Tuttavia, deve essere affrontata con gradualità: trattenere il respiro troppo a lungo prima che il corpo sia pronto può provocare effetti collaterali spiacevoli, come disorientamento o ansia. Dopo l’inspirazione si trattiene il respiro per alcuni secondi, quindi si espira lentamente. Alla fine dell’espirazione, si può trattenere di nuovo il respiro eseguendo il Uddiyana Bandha, un controllo muscolare che coinvolge l’addome. L’importante è non compromettere la naturalezza del respiro per prolungare artificialmente la ritenzione.

Kapalabhati: il soffio di fuoco. Kapalabhati è una tecnica energizzante e purificante che comporta espirazioni rapide e forzate, accompagnate da una contrazione attiva dell’addome. L’inspirazione avviene passivamente. Si crede che questa pratica stimoli il fuoco digestivo e aumenti l’energia nella zona pelvica, favorendo la fertilità e la vitalità. Un ciclo iniziale può durare 60 secondi, per poi essere gradualmente esteso. Dopo ogni sessione è bene effettuare ritenzioni del respiro per stabilizzare l’effetto sul sistema nervoso.

Nadi Shodhana: respirazione a narici alternate.  Nadi Shodhana, o “purificazione dei canali energetici”, è una delle tecniche più efficaci per calmare il sistema nervoso e promuovere l’equilibrio interiore. Consiste nell’alternare l’inspirazione e l’espirazione attraverso le narici, usando le dita per chiudere e aprire le vie nasali. È particolarmente indicata in momenti di stress, prima del riposo notturno o come preparazione alla meditazione.

Bhastrika: il respiro a soffietto. Bhastrika è una tecnica più intensa, in cui si alternano inspirazioni ed espirazioni profonde e rapide, generando calore interno e stimolando l’energia vitale. Può condurre a stati di coscienza modificati e favorire l’accesso a livelli profondi di meditazione. Al termine di un ciclo di Bhastrika, si integrano fasi di ritenzione del respiro ispirate a Nadi Shodhana, per regolare i livelli di anidride carbonica e favorire l’equilibrio fisiologico.

Benefici del Pranayama.  Numerosi studi scientifici confermano gli effetti benefici del pranayama su più livelli:
  •     Riduzione di ansia e depressione – La respirazione profonda stimola il sistema nervoso parasimpatico, contribuendo al rilassamento e alla stabilizzazione dell’umore.
  •     Miglioramento della funzione respiratoria – Le tecniche respiratorie profonde favoriscono una migliore ossigenazione del sangue e possono alleviare condizioni come l’asma o la BPCO.
  •     Qualità del sonno – Pratiche regolari aiutano a regolare i ritmi circadiani e ridurre l’insonnia.
  •     Potenziamento cognitivo – Alcune tecniche, come Kapalabhati, stimolano onde cerebrali associate a creatività e chiarezza mentale.
  •     Regolazione della pressione sanguigna – Le pratiche lente e consapevoli tendono a ridurre la pressione arteriosa, seppur con effetti variabili da individuo a individuo.
Il pranayama non è solo una tecnica di respirazione: è un vero e proprio percorso interiore che permette di accedere a un livello più sottile della nostra esistenza. Integrato nella pratica dell’Hatha Yoga, rappresenta un ponte tra corpo e mente, materia e spirito. Con pazienza, costanza e rispetto per i propri limiti, ogni praticante può sperimentare benefici tangibili e duraturi, non solo a livello fisico, ma anche emotivo e spirituale.  

La Via dello Yoga Integrale: Sulle Orme di Swāmī Śivānanda

Sabato 8 Marzo 2025 - Roma. Seminario dedicato alla tradizione yoga di Swāmī Śivānanda, un maestro che ha influenzato generazioni di praticanti con la sua visione olistica e integrata.

In un tempo segnato da incertezza e frammentazione, riscoprire la profondità di una tradizione spirituale autentica è un atto rivoluzionario. Questo seminario è dedicato alla trasmissione viva e trasformativa della tradizione yoga di Swāmī Śivānanda, maestro universale che ha illuminato il cammino di generazioni con una visione olistica, integrata e profondamente umana dello yoga.

Protagonista di questa giornata è Antonio Nuzzo, figura di riferimento nello yoga italiano e custode di un lignaggio che attraversa i grandi nomi della spiritualità contemporanea: Swami Satyananda, discepolo diretto di Śivānanda, e André Van Lysebeth, pioniere della diffusione dello yoga in Europa.

La guida esperienziale di Nuzzo ci accompagna in un viaggio che non è solo corporeo, ma interiore: un’esplorazione viva dei principi trasmessi da questi maestri, che uniscono sādhanā, disciplina, devozione e consapevolezza.

Il respiro è il fulcro della pratica. Come ponte tra microcosmo e macrocosmo, esso riflette i nostri stati interiori. Le vṛtti — le fluttuazioni mentali — alterano il respiro; i sensi, nel loro agire, lo modificano. Attraverso il prāṇāyāma, passiamo da un respiro irregolare, dettato dall’ego, a un respiro più consapevole, che apre le porte agli stati più sottili dell’essere.  Con movimenti semplici ma significativi — distesi a terra con le ginocchia al petto, le mani che seguono i centri energetici, le posizioni del gatto e del piccione, le espansioni del torace e l’ascolto del diaframma — si apre uno spazio nuovo. Il corpo denso lascia affiorare il corpo sottile, dove il respiro si muove nell’immobilità e la coscienza guida ogni gesto.    

Oltre le Etichette: Uno Yoga per l’Essere.   "Che tipo di yoga fate?" — Una domanda comune, ma fuorviante. Lo yoga è uno, anche se si manifesta in forme diverse. Śivānanda, vissuto in un'epoca travagliata da guerre, epidemie e materialismo, comprese che l’unica vera cura era l’espansione della coscienza, resa possibile dalla pratica.  "Attraverso una sadhana possiamo espandere la nostra coscienza, per il riequilibrio del mondo".

Śivānanda nasce nel 1887 nel Tamil Nadu, con una vocazione iniziale per la medicina e la cura. Inizia a esercitare medicina in Malesia,  poi da lì intraprese un pellegrinaggio interiore ed esteriore in India che lo portò fino a Rishikesh, dove fondò una comunità spirituale vivace e inclusiva. Tra i suoi discepoli più noti ricordiamo Satyananda, fondatore della Bihar School of Yoga, e Sat Chit Ananda, che ispirò anche la controcultura degli anni '60.

Attraverso una sādhanā che unisce tapas (l’ardore) e svādhyāya (lo studio dei testi sacri indiani), si giunge all’abbandono al Divino — Īśvara Praṇidhāna. Vayraga (distacco) e Tapas (passione) sono le linee guida di Patanjali per la costruzione di un percorso interiore. La spiritualità, nella visione di Śivānanda, non è mai astratta: è radicata nella vita quotidiana, nei gesti, nella responsabilità verso il mondo. Per questo scrisse centinaia di libri e articoli, con l’intento di rendere accessibili i principi universali del percorso spirituale. 

Lignaggio e Passione.  Anche André Van Lysebeth, tipografo, scrittore e ricercatore instancabile, fu toccato da uno dei testi di Śivānanda. Per oltre quarant’anni ha divulgato lo yoga in Europa, mantenendo vivo lo spirito originale: passione, distacco, ricerca della verità.   La vera devozione è un atto vitale. Come ci ricorda Nuzzo, “chi è credente davvero, deve essere passionale”: la passione per il Divino è ciò che dà senso all’esistenza. Il distacco non è apatia, ma chiarezza interiore, una libertà profonda dal risultato dell’azione.

La Silenziosa Potenza dello Yoga.   Lo yoga non è ginnastica. I veri maestri non si limitano a prescrivere posizioni come fossero fisioterapisti: lo yoga è percezione sottile, spazio interiore, ascolto profondo. È il movimento del respiro nell’immobilità della posizione, la capacità di sentire l’arto sottile prima ancora di muovere quello fisico, la connessione profonda con il sé.  La pratica culmina nel silenzio mentale, nella ritenzione spontanea del respiro (kevala kumbhaka), dove il corpo e la mente si ritirano, e la coscienza può finalmente espandersi.

In un mondo che corre, lo yoga della tradizione Śivānanda ci invita a fermarsi, ascoltare, interiorizzare. Non esiste salvezza che non parta da dentro. Ogni respiro consapevole, ogni gesto guidato dalla presenza, è un passo verso la nostra verità più profonda.   Come ricorda la tradizione: non possiamo uscire vivi dalla vita, ma possiamo viverla con coscienza.   Occorre "Essere nel Momento, Essere Sé Stessi". 

Antonio Nuzzo è un punto di riferimento nel mondo dello yoga italiano e un custode della tradizione trasmessa da Swami Satyananda e André Van Lysebeth. E’ conosciuto infatti per il suo approccio empatico e umano all’insegnamento, cercando di rendere lo yoga accessibile a tutti e adattandolo alle esigenze di ciascun individuo.   https://www.centrostudiyogaroma.com/i-docenti/antonio-nuzzo/

Ha partecipato al seminario anche Francesca Palombi. Vedi suoi articoli: https://www.francescapalombiyoga.it/it/articoli/willy-van-lysebethvi-racconto-mio-padre-andre   https://www.francescapalombiyoga.it/it/articoli.  https://www.francescapalombiyoga.it/

Quando iniziamo a fare Yoga?

C’è un momento che segna l’inizio del vero cammino yogico. Non è un momento definito da una conquista o da un traguardo fisico, ma da un risveglio: la consapevolezza che lo yoga non è confinato al tappetino, alle posture o alle tecniche di respirazione. È un percorso che abbraccia tutta la vita, che offre strumenti per affrontare la sofferenza, comprendere la mente e trasformare il nostro rapporto con l’esistenza. Questo risveglio avviene quando ci permettiamo di essere esposti alla sua complessità, quando smettiamo di cercare risposte rapide e comode e iniziamo a porci domande più profonde.     

Gli Yoga Sutra di Patanjali delineano un percorso che non si limita a tecniche o esercizi fisici, ma che si concentra sulla relazione tra l’osservatore e ciò che viene osservato. Il Sutra 2.17 identifica la radice della sofferenza in una confusione percettiva: l’osservatore si identifica con ciò che è comprensibile, schiacciandosi sulle modificazioni della mente (vritti). Questo stato replica quanto espresso nel Sutra 1.4, dove l’osservatore, perso nelle fluttuazioni mentali, si allontana dalla propria natura. È questa identificazione che genera frammentazione, sofferenza e una percezione limitata della realtà.

Lo yoga, tuttavia, non individua mai gli ostacoli in fattori esterni. Ogni limite, ogni afflizione, ogni resistenza che incontriamo è sempre interno alla mente, e proprio per questo è accessibile e trasformabile attraverso il lavoro consapevole. La mente, con le sue dinamiche, crea il cono percettivo attraverso il quale osserviamo e comprendiamo il mondo. Riducendo le afflizioni che gravano su questo cono, non solo modifichiamo la nostra percezione interna, ma cambiamo anche la nostra relazione con ciò che percepiamo all’esterno. In questo senso, il superamento degli ostacoli nella mente coincide con il superamento degli ostacoli che sembrano esistere fuori di noi.

Il Sutra 2.11 ci offre una guida fondamentale in questo processo: la meditazione (dhyana) è il mezzo per ridurre l’impatto delle afflizioni e stabilizzare la mente. Questo non avviene attraverso un’eliminazione forzata dei pensieri o delle distrazioni, ma grazie a un lavoro progressivo che riorienta la mente, rendendola uno strumento al servizio dell’osservatore. Quando la mente si stabilizza, ogni ostacolo perde forza, ogni difficoltà si trasforma in un’opportunità di apprendimento.

Il Sutra 2.15 amplia ulteriormente questa visione, invitandoci a vedere la sofferenza come una parte integrante dell’esperienza umana. Non è un nemico da combattere, ma un aspetto della realtà che, se compreso, può diventare un terreno di pratica e trasformazione. Nasce dall’attaccamento, dall’impermanenza e dalla distorsione percettiva. Lo yoga non elimina la sofferenza, ma ci insegna a utilizzarla per sviluppare una sensibilità più profonda, per espandere il nostro cono percettivo e per vivere con maggiore equilibrio.

In questo contesto, il concetto di asana assume un significato che va ben oltre quello che comunemente gli viene attribuito. L’etimologia stessa della parola asana ci riporta all’idea di un posizionamento stabile e confortevole, ma questa stabilità non è confinata al corpo. Asana è, innanzitutto, un posizionamento della mente, un equilibrio mentale che permette di donare chiarezza e confortevolezza alla mente stessa. È in questo stato che la mente trova la capacità di affrontare le afflizioni e di stabilizzarsi. Il corpo, in questo senso, può diventare uno dei livelli in cui questa stabilità si manifesta, ma non è il centro né il limite del concetto. Asana non è una postura: è uno stato che permea ogni livello di pratica, dal corpo alla mente, e che non può essere ingabbiato in una mera replica fisica, come spesso accade nella tradizione moderna. Nel suo senso più profondo, asana rappresenta la capacità di stabilizzare e rendere confortevole ogni aspetto della nostra esperienza, a partire dalla mente.

Il percorso culmina nel Sutra 2.26, dove Patanjali descrive la discriminazione costante (viveka khyati) come il mezzo per liberare l’osservatore dalla sofferenza. Questa discriminazione non è il risultato di un evento isolato, ma il frutto di un lavoro consapevole che integra teoria e pratica. È solo attraverso questa integrazione che l’osservatore può distinguere tra ciò che è transitorio e ciò che è permanente, tra ciò che osserva e chi osserva.

Quindi, Quando iniziamo a fare yoga? Quando accettiamo che lo yoga non è solo tecnica, ma un cammino che abbraccia la mente, il corpo e l’esistenza intera attraverso una serie di rappresentazioni che toccano l'intera umana essenza.

Il Sutra 2.11 ci ricorda che la meditazione è il mezzo per ridurre le afflizioni; il Sutra 2.15 ci invita a vedere la sofferenza come una possibilità di apprendimento; e il Sutra 2.26 ci guida verso una discriminazione che liberi l’osservatore. L’asana, intesa come posizionamento mentale, rappresenta un equilibrio che ci permette di vivere questa complessità con apertura e presenza.     

Lo yoga, in definitiva, è un’arte e una scienza che ci invita a riconoscere che ogni momento, ogni sofferenza, ogni domanda è un portale verso una comprensione più profonda di noi stessi e dell’esistenza.

Om Namah Shivaya

Qui di seguito è riportato il significato dei due importanti mantra.

 Il mantra "Om Namah Shivaya" significa “Mi inchino con profondo rispetto; salute a te, Shiva!”
Questa formula sacra sanscrita ha diversi significati; essa si appella a Dio come Śiva, una forma di Īśvara (l'aspetto personale di Dio) e può essere tradotta come "Signore, sia fatta la Tua volontà", oppure "Mi arrendo a Te, Dio". È considerato uno dei mantra più completi e potenti. 

Il mantra  'Hari OM Tat Sat " significa " ciò che è verità". Quello che io vedo con i miei occhi e ciò che è al di là i miei occhi sono entrambi la stessa cosa, non una diversa. Il creatore e la creazione non sono due. Il creatore non ha creato la creazione, ma ha manifestato o trasformato se stesso in creazione.

OM o AUM  nei Veda, è l’inno primordiale. Questo suono trascendentale è identico alla forma del Signore. Tutti gli inni vedici sono basati su questo mantra.  Tat deriva da tad, la forma neutra di “ta”, che significa “quello”. È un modo informale per riferirsi a Dio, la Persona Suprema. Sat:  Sat significa esistenza ed eternità.  

https://www.youtube.com/watch?v=R9Yg1IPFW-E

Kumbh Mela: il più grande raduno religioso del mondo,

Ogni dodici anni, l’India ospita un evento unico al mondo per portata spirituale e dimensioni umane: il Kumbh Mela, il più grande raduno religioso esistente, che raccoglie centinaia di milioni di fedeli induisti lungo le rive sacre del Gange e dello Yamuna. L’edizione del Maha Kumbh Mela, celebrata quest’anno (2025) a Prayagraj, ha visto la partecipazione di oltre 400 milioni di pellegrini, con picchi di 76 milioni di persone in un solo giorno, il 29 gennaio.

Il Kumbh Mela è molto più di un pellegrinaggio: è un momento di purificazione spirituale in cui i fedeli si immergono nelle acque sacre per lavare i peccati e cercare la liberazione dal ciclo della rinascita. Il tempismo dell’evento è determinato da un raro allineamento astrologico tra Giove, il Sole e la Luna, che – secondo la tradizione vedica – conferisce potere spirituale all’acqua del Gange. Il luogo è considerato ancora più sacro perché, oltre ai due fiumi visibili, si crede che in forma metafisica si unisca anche il mitico Sarasvati, rendendo il sito una convergenza divina.

Per accogliere una tale moltitudine, viene costruita una megalopoli temporanea su una pianura alluvionale di 4.000 ettari. In appena due mesi, il governo indiano allestisce strade, ponti, tende, servizi igienici (oltre 30.000), acqua potabile, elettricità e copertura mobile. Le sistemazioni vanno dalle tende collettive statali alle lussuose Dome City, strutture a forma di bolla trasparente con ogni comfort moderno.

Tredici gruppi spirituali, gli Akharas, guidati da santoni ascetici, attraversano i ponti fluviali per sfilare e guidare le cerimonie. I sadhu benedicono i pellegrini, mentre le offerte di calendule e il canto incessante avvolgono l'atmosfera in una dimensione sospesa tra devozione e festa.

Il Kumbh Mela è anche una prova logistica senza pari. Le autorità hanno mobilitato 13.000 treni, 40.000 poliziotti (tra cui 1.300 donne agenti specializzate), 2.700 telecamere dotate di intelligenza artificiale per monitorare la folla, e 150.000 bagni portatili. Eppure, i rischi rimangono. Il 29 gennaio, una calca ha causato 30 morti e 90 feriti, rilanciando il dibattito sulla gestione della sicurezza, soprattutto nei confronti dei pellegrini più poveri, spesso trascurati rispetto ai visitatori VIP.

Il Kumbh Mela è anche solidarietà.  Numerose organizzazioni caritatevoli, tra cui la Società Internazionale per la Coscienza di Krishna, hanno offerto fino a 100.000 pasti vegetariani gratuiti al giorno. Iniziative sanitarie come la clinica Netra Kumbh hanno fornito screening visivi, occhiali gratuiti e interventi di cataratta a migliaia di persone. Grazie a una gestione oculata, negli ultimi anni non si sono verificati gravi focolai epidemici, un risultato straordinario per un evento di tali proporzioni.

Terminato il festival, il terreno torna al suo uso agricolo. Ci vogliono settimane per ripulire la città temporanea, ma la piena autunnale del Gange completerà l’opera, riportando tutto alla normalità, come se niente fosse mai accaduto. Ma i pellegrini, tornati a casa, porteranno con sé molto più che semplici ricordi: un’esperienza spirituale collettiva, un momento di connessione, purificazione e rinascita.

Vedi link:   https://www.nationalgeographic.it/kumbh-mela-che-cos-e-e-come-si-celebra-in-india-il-piu-grande-raduno-religioso-del-mondo?utm_source=firefox-newtab-it-it


Il potere del respiro e la consapevolezza profonda

Respirare è il gesto più naturale e costante che compiamo: lo facciamo migliaia di volte al giorno, senza pensarci. Eppure, proprio per questa sua apparente semplicità, la respirazione è spesso trascurata, sottovalutata nel suo potenziale trasformativo. Respirare non è solo sopravvivere: è vivere pienamente, accedere a uno stato di salute più profondo, di equilibrio psicofisico, di chiarezza mentale.

Non è un caso se emozioni intense – come paura, ansia o gioia – ci tolgono il fiato. Il respiro è lo specchio del nostro stato interiore. Quando impariamo a respirare bene, possiamo iniziare a governare le nostre emozioni, ridurre lo stress, gestire la fatica, migliorare la qualità del sonno, dell’alimentazione e persino della vita sessuale.

Una respirazione completa e consapevole aumenta l’ossigenazione del corpo, migliora il funzionamento cellulare, supporta il cervello e ci rende più lucidi ed energici – senza bisogno di stimoli esterni.
In un’epoca in cui il ritmo della vita è sempre più frenetico, molti di noi respirano in modo superficiale, utilizzando solo una minima parte della nostra capacità polmonare. Questo schema limitato è spesso legato a tensioni profonde, stress cronico e sovraccarico emotivo.

Imparare a modulare il respiro ci consente di entrare in uno stato di calma, chiarezza e benessere. È una vera e propria forma di auto-guarigione naturale, accessibile a tutti, in qualsiasi momento.
Il respiro nello Yoga: ponte tra corpo, mente e spirito

Nello yoga, il respiro è molto più che un’azione fisiologica: è prana, energia vitale. È il primo nutrimento, il legame diretto tra corpo e mente. Il respiro può calmare i pensieri, modificare lo stato d’animo e condurci verso stati meditativi profondi.
La disciplina del pranayama, che significa “controllo del respiro”, è alla base della trasformazione interiore nello yoga. La mente, da sola, non può fermarsi: ma il respiro può. E quando si ferma il respiro, si placa anche la mente.

In condizioni di stress, la respirazione diventa toracica e superficiale, spesso disfunzionale. Il passaggio a una respirazione profonda e volontaria coinvolge il diaframma, il “secondo cuore” del corpo. Quando attivato correttamente, il diaframma:
  •     stimola la circolazione venosa,
  •     supporta la funzione degli organi interni,
  •     favorisce l’eliminazione delle tossine,
  •     modula il nervo vago, che regola rilassamento e digestione.
La respirazione nasale, inoltre, filtra le impurità e favorisce una maggiore efficienza respiratoria.
Esercizi pratici di respirazione consapevole

Per ristabilire un ritmo naturale e sano del respiro, è utile praticare ogni giorno:
La Respirazione diaframmatica
  •     Inspira dal naso, gonfiando l’addome.
  •     Espira lentamente, contraendo l’addome.
  •     L’espirazione dovrebbe durare il doppio dell’inspirazione.
  •     Ripeti per almeno 10 cicli respiratori.
La Respirazione completa (Siddhi Pranayama)
  •     Fase addominale: gonfia l’addome inspirando, sgonfialo espirando.
  •     Fase toracica: espandi il torace, poi rilassalo.
  •     Fase clavicolare: solleva le clavicole, poi rilassa.
  •     Fase integrata: inspira in tre fasi (addome, torace, clavicole) ed espira nello stesso ordine.
Applicare il Ritmo base:
  •     prima fase, inspira contando fino a 3  
  •     seconda fase,  trattieni contando fino a 12 
  •     terza fase, espira contando fino a 6. 
Questo schema favorisce un equilibrio interiore profondo e stimola la presenza mentale.

Il respiro è anche veicolo di energia sottile (prana). Le tecniche di respirazione modulano il flusso energetico nei chakra, in particolare nei primi tre centri legati ai bisogni primari. Una respirazione alta e superficiale (solo clavicolare) può generare squilibri; una respirazione piena e consapevole favorisce la circolazione uniforme dell’energia vitale.

Per praticare bene, è utile rafforzare la cintura addominale con esercizi mirati, poiché i muscoli respiratori devono essere educati come qualunque altro muscolo.

Quando si ha bisogno di risvegliare l’attenzione mentale, ci si può rivolgere a tecniche più attive come:
  •     Kapalabhati: respirazione forzata e veloce, con espirazioni rapide e attive.
  •     Bhastrika: respirazione energica e profonda, utile contro il torpore mentale.
Entrambe stimolano la mente e il corpo, e sono particolarmente efficaci prima della meditazione.
Conclusione: il respiro come maestro interiore

Lo Yoga è una via che ci invita a rallentare, osservare, comprendere. Tra tutte le tecniche yogiche – posizioni, meditazioni, mantra – la respirazione è la base. È lo strumento più semplice e, allo stesso tempo, il più potente per trasformare la nostra vita.

Purtroppo, anche tra chi pratica yoga da tempo, la consapevolezza respiratoria è spesso superficiale. Ma i grandi maestri lo hanno sempre insegnato: il respiro è la chiave per la salute, la chiarezza e la libertà interiore.

I Tattva

Tattva, termine sanscrito che significa "stato vero o reale", "verità", "realtà" "principio reale", o anche "verità". In accordo con varie scuole di filosofia indiane, un tattva è un elemento o aspetto della realtà concepito come una emanazione della realtà assoluta nel processo di manifestazione dal sottile al grossolano. Sebbene il numero dei tattva vari a seconda della scuola filosofica essi, nel loro insieme, sono supposti formare la base di ogni nostra esperienza.         

Nella filosofia Yoga contando anche Puruṣa e Prakṛti sono descritti 26 tattva (elementi primari); i tattva vanno dai più sottili tipo Puruṣa e Prakṛti fino ai più grossolani (bhūta).  I cinque elementi: Terra, Acqua, Fuoco, Aria, Etere, sono presenti in ogni sostanza esistente in natura. Essi non esistono di per sé stessi, ma ciascuno di essi contiene, in piccola parte, anche gli altri quattro. La filosofia Sāṃkhya usa un sistema di 25 tattva o principi (Tattva Samasa è una parola della filosofia Sankya attribuita a Kapila stesso) mentre lo Shivaismo ne riconosce 36.   
La filosofia cinese prevede cinque elementi: il Fuoco (rosso), il Metallo (bianco), l'Acqua (nero), il Legno (verde), e la Terra (giallo).
 

Nella filosofia  Yoga e Sāṃkhya i cinque elementi rappresentano il mondo materiale reso manifesto attraverso l’unione di Spirito e Natura. Inizialmente è la combinazione dei tre gunas che da vita ai cinque elementi (tattva) che sono terra, acqua, fuoco, aria e etere. tattva. Infatti, ognuno dei cinque elementi e’ sotto l’influenza dei guna, essendo soggetti a rajas (movimento), tamas (non movimento) e sattva (equilibrio). 

 I cinque elementi testimoniano che l’universo é fatto di energia ed intelligenza che assume diverse forme.
Negli esseri umani, la diversa combinazione degli elementi crea la possibilità di cambiamento, crescita, espansione e tensione. Tutto questo è necessario per l’evoluzione.

I cinque elementi hanno diverse frequenze di vibrazione e rappresentano le sostanze solide (terra), liquide (acqua), gassose (aria); energia (fuoco) e spazio (etere). Questa classificazione si avvicina a quella della fisica moderna che suddivide gli elementi in solidi, liquidi e gassosi, e riconosce l’esistenza di energia e spazio.  I cinque elementi poi danno vita ai nostri sensi e a tutti i fenomeni fisici.

Questo argomento è strettamente correlato anche con i chakra perché ogni elemento corrisponde ad uno dei primi cinque chakra:

  •     Terra = Muladhara
  •     Acqua = Svadhisthana
  •     Fuoco = Manipura
  •     Aria = Anahata
  •     Etere = Vishudda

Il pensiero irriducibile - Tiziano Terzani

"Le Teorie economiche non considerano mai il numero di persone felici"

Conosciuto in tutto il mondo per i suoi reportage di viaggio, Tiziano Terzani, nei brevi saggi che compongono il volume, riflette sul mondo che cambia, sulla deriva soprattutto spirituale che ha colpito l’Occidente e sulla sua particolare e unica esperienza di vita, spaziando dagli anni trascorsi in Olivetti al suo grande amore per la poesia, rimasto sempre costante negli anni. 

Tre scritti personali e sentiti, capaci di illuminare ancora il nostro presente.

  • La famosa risposta a Oriana Fallaci all’indomani degli attentati dell’11 settembre; 
  • Una riflessione sulla modernità e su quel che comunemente si definisce progresso a partire dall’esperienza giovanile in Olivetti; 
  • Uno scritto inedito, personale e intimo, sul ruolo della poesia nel mondo contemporaneo. 

Tre testi per avvicinarsi all’eredità di pensiero lasciata da un grande protagonista del secolo scorso, con lo sguardo rivolto al futuro di tutta l’umanità.         

Nel 2019 "Il pensiero irriducibile" di Tiziano Terzani veniva pubblicato dalla casa editrice fondata da Adriano Olivetti e presentato a Lugano con la partecipazione dell’editore Beniamino De’ Liguori Carino (nipote di Olivetti) e Àlen Loreti (biografo di Terzani), di cui riportiamo un estratto dell’intervista.

─ 𝗖𝗼𝘀𝗮 𝗰𝗶 𝗱𝗶𝗿𝗲𝗯𝗯𝗲 𝗧𝗲𝗿𝘇𝗮𝗻𝗶 𝗼𝗴𝗴𝗶 𝘀𝘂𝗹𝗹’𝗲𝗰𝗼𝗻𝗼𝗺𝗶𝗮 𝗲 𝘀𝘂𝗹 𝗿𝗮𝗽𝗽𝗼𝗿𝘁𝗼 𝘁𝗿𝗮 𝗮𝘇𝗶𝗲𝗻𝗱𝗲, 𝘀𝗼𝗰𝗶𝗲𝘁𝗮̀ 𝗲 𝗮𝗺𝗯𝗶𝗲𝗻𝘁𝗲?
─ Nel 1987 intervistato dalla tv svizzera disse: «Il futuro del mondo si gioca in Asia». Pochi capirono quella previsione. In tutta la sua opera ritorna il rapporto tra Uomo e Modernità. Dietro ai conflitti sociali e politici c’è sempre questo aspetto. Senza essere un antropologo o un economista Terzani ha condiviso in anticipo le preoccupazioni sulla globalizzazione e sulla politica dominata dalla finanza: ne "Il pensiero irriducibile" si coglie questa profonda facoltà analitica carica di inquietudine.

─ 𝗤𝘂𝗮𝗹𝗲 𝗲𝗿𝗮 𝗹𝗮 𝘃𝗶𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗧𝗲𝗿𝘇𝗮𝗻𝗶 𝘀𝘂𝗹𝗹’𝗲𝗰𝗼𝗻𝗼𝗺𝗶𝗮 𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗿𝗮𝗽𝗽𝗼𝗿𝘁𝗼 𝘁𝗿𝗮 𝗹’𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲 𝘂𝗺𝗮𝗻𝗼 𝗲 𝗹’𝗲𝗰𝗼𝗻𝗼𝗺𝗶𝗮?
─ «L’economia – diceva – deve cominciare a lavorare in funzione dell’uomo, non dei ricchi, non della borsa. Oggi, in Occidente, bisogna dire chiaramente che dobbiamo dividere la nostra ricchezza. Non potremo mai essere in pace, se gli altri sono in guerra. Non potremo mai essere felici, se gli altri non lo sono.» Terzani condannava la perdita di umanità resa oggi evidente dal crescere delle disuguaglianze: un’economia, e una politica, che rinuncia all’etica porta solo guai e conflitti.

─ 𝗧𝗲𝗿𝘇𝗮𝗻𝗶 𝗮 𝟮𝟯 𝗮𝗻𝗻𝗶 𝗶𝗻𝗶𝘇𝗶𝗼̀ 𝗮 𝗹𝗮𝘃𝗼𝗿𝗮𝗿𝗲 𝗽𝗿𝗼𝗽𝗿𝗶𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝗹’𝗢𝗹𝗶𝘃𝗲𝘁𝘁𝗶, 𝗰𝗵𝗲 𝗲𝘀𝗽𝗲𝗿𝗶𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗳𝘂?
─ Furono 5 anni intensi e decisivi. Terzani deve all’Olivetti il regalo più grande: avergli fatto scoprire il mondo. Dopo aver lavorato come manager in Europa, in Giappone, in Australia e in Sudafrica si rese conto che non voleva viaggiare il mondo per vendere macchine per scrivere, ma usare la macchina per scrivere per raccontare il mondo. Lasciò l’azienda per diventare giornalista.

─ 𝗢𝗹𝗶𝘃𝗲𝘁𝘁𝗶 𝗲 𝗧𝗲𝗿𝘇𝗮𝗻𝗶: 𝘀𝗲𝗰𝗼𝗻𝗱𝗼 𝗹𝗲𝗶, 𝗰𝗼𝘀𝗮 𝗹𝗶 𝗮𝗰𝗰𝗼𝗺𝘂𝗻𝗮𝘃𝗮 𝗲 𝗶𝗻 𝗰𝗼𝘀𝗮 𝗲𝗿𝗮𝗻𝗼 𝗶𝗻𝘃𝗲𝗰𝗲 𝗱𝗶𝘃𝗲𝗿𝘀𝗶?
─ Olivetti morì nel 1960, Terzani fu assunto nel 1962: non si conobbero. Hanno però in comune una tensione spirituale che non va sottovalutata. La definirei un bisogno e una ricerca di armonia. Non azzarderei una vicinanza politica anche se in entrambi c’è uno spirito socialista che si ispira ai valori più nobili: un fortissimo senso di giustizia, un bisogno di lotta, di riforma sociale. Olivetti praticò su scala pubblica questa visione di società, Terzani – viste le sue umili origini – pensò in primo luogo a un riscatto personale. Sono stati uomini liberi, veramente moderni, con un cuore antico.

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  Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono c...