domenica 27 giugno 2021

Spiritualità e saggezze orientali

Uno dei Paesi in cui la spiritualità è sentita ed espressa in tutte le sue forme è l'India. In India si registra una religiosità senza religione,  e qui coabitano un grande numero di movimenti e filosofie, dal XII è presente anche l’Islam. Dalla competizione costante tra le varie religioni, per dimostrare la validità dei loro dogmi, è nata la filosofia Indiana.

Per Isabel Ratié (professore alla Sorbona, lingua e letteratura sanscrita) gli indù aspirano a liberarsi dal  samsara (ciclo delle rinascite) e l’esistenza umana è fondamentalmente una sofferenza, un'illusione. Dell’idea di liberazione, non se ne trova traccia nei Veda (1500 a.c.), comincia ad apparire nelle più antiche upanishad ( VI, V secolo a.c.). 
Per gli indù noi siamo atman, una sostanza immutabile che è in noi, la parte cosciente e immortale; per liberarsi occorre scoprire questo atman in noi. 
 I buddisti sono in disaccordo totale ed asseriscono che soffriamo perché pensiamo che ci sia qualcosa di permanente, mentre niente dura e tutto è impermanente. Buddha significa risvegliato, ha cercato di spiegare che non c’è neanche l’atman, ma solo vacuità. ( discussioni tra il V e XII secolo).  Nel XII secolo il buddhismo, su pressione della religione Vedica, sparisce dall'India.
Tutti i sei sistemi filosofici indiani (darshana) che sono: yoga, vedanta, sankhya, nyaya, mimamsa, vaisheshika, concordano sulla realtà dell’atman. 
Il sankhya e lo yoga mettono in discussione l’efficacità dei riti dei Veda, e pensano che l’universo è costituito da materia (prakiti) sempre attiva e dalla coscienza inattiva (purusha) ed immutabile. 
Per il vedanta l’universo è uno, la materia è solo illusione. 
Le filosofia nyaya e vaisheshika credono in un Dio organizzatore. L’intelletto (buddhi) non è vicino alla coscienza, ma è più vicino al corpo e alla materia. Il pensiero discorsivo tende ad allontanarci dalla vera realtà. 
La corrente shivaita Pratyabhijñā ("riconoscimento"), è una scuola filosofico-religiosa dello Shivaismo kashmiro fiorita intorno al IX secolo che propone una via di liberazione tendenzialmente facile: porre una semplice attenzione al reale e ai nostri stati di coscienza senza disdegnare il piacere dei sensi. 
Il buddhismo si colloca a metà strada tra i due estremi dell’ascetismo e del piacere dei sensi ed asserisce che praticando certe discipline si cambia il modo di essere nel mondo. 
 
Lo yoga utilizza tecniche di respirazione, esercizi fisici e tecniche di purificazione per discendere negli stati di coscienza sempre più profondi. 
Bisogna precisare che non c’è un solo tipo di yoga, all’inizio si praticava un'ascesi rigorosa che si fondava sul testo Gli Yoga sutra di Patanjali (III secolo a.c.  -  V secolo d.c) che definiva tecniche mentali e corporali per imparare a non più agire ed arrivare al Kaivalya, l'obiettivo finale del Raja yoga e significa "solitudine", "distacco" o "isolamento".   Vedi link
Kaivalya sta per isolamento di purusha da prakṛti; uno stato della coscienza in cui non c'è più confusione con il mentale, l'ignoranza sulla nostra vera natura è caduta, la liberazione dalla rinascita, cioè moksha. Questo yoga però non era accessibile a tutti. 
A poco a poco i fondamenti filosofici e metafisici sono stati accantonati, e a partire dall' XI secolo è stato lasciato il posto all’hatha yoga. Lo scopo dell’hatha yoga è quello di risvegliare la kundalini (energia latente alla base della colonna vertebrale) e farla salire attraverso una serie di chakra fino alla testa e congiungersi con Shiva o con l’energia cosmica.    La Bhagavad Gita  che data V e VI secolo a.c. introduce il concetto di yoga dell'azione.
Purtroppo lo yoga oggi praticato in Occidente e dalle classi agiate in India ha il solo scopo di ottenere una sorta di benessere. 
Nel testo Lo yoga, la via del corpo, Ysé Tardan-Masquelier storica delle religioni, presidente della federazione francese di yoga fa un'indagine chiara e rigorosa sulle origini indiane dello yoga e sui suoi rapporti con la tradizione e la modernità. L'autrice analizza la pratica dello yoga in Europa, le sue radici autentiche e gli apporti successivi. Sviluppa e analizza i concetti chiave della disciplina nel corso della storia e indaga sul progresso spirituale che lo yoga ha avuto durante il suo percorso, ponendo una domanda fondamentale: "Un cristiano, un ebreo, un musulmano o un ateo possono praticare yoga? E questa disciplina in cosa può aiutare tutti?". 
L'Hatha yoga è una filosofia che va a servire di fondamento ad una esperienza, ed è vissuto prima di tutto come un'esperienza basata sul lavoro del corpo e della respirazione. Gli occidentali si avvicinano allo yoga per problemi di schiena, cattiva digestione e per gestire lo stress, ma dopo un certo tempo di pratica subentra l’aspetto spirituale. 
Patanjali, l'autore degli Yoga Sutra, asserisce che l’essere umano porta l’assoluto in lui, l'atman, la pratica permetterà di entrare in contatto con questo assoluto. 
A partire dal X secolo le sette tantriche si concentrano sull’aspetto energetico, il risveglio attraverso la pratica di kundalini. Coloro che praticano il tantrismo spiegano che nell’attuale era del kali yuga occorre abbandonare l'ascetismo e concentrarsi soprattutto sulle pratiche corporee. 
Ramakrishna  (186-1886) familiarizzo con l’islam e il cristianesimo, per lui tutti i cammini portano a Dio.  L’uomo alla nascita ha due tendenze: una vidya che lo porta verso Dio, l’altra avidya che lo porta verso la via terrestre., alla nascita queste due tendenze sono in equilibrio,  lo stesso è per l’anima che cade nelle trappole di maya (mondo illusorio),  esiste l'io personale ed l'io superiore, Noi siamo tutti collegati all’io superiore.   L’anima individuale (javatman) che resiede nel cuore dell’uomo, deve ricongiungersi con l'anima universale ( paramatman).  Ramakrishna fa l'esempio della bambola di sale che vuole misuarare gli abissi dell’oceano,  appena mette piede nell’acqua, diventa un tutto uno con l’oceano,  il differenziato diventa un tutt'uno con l’indifferenziato.  "In verità ve lo dico, fino a quando non hai realizzato Dio, bisogna ritornare entro le mani del ceramista, rinascere a varie riprese nel ciclo delle rinascite,  come il ceramista che raccoglie la creta del vaso rotto e la rimodella.   Dio è un grande oceano le cui bolle sono le anime, in lui nascono, in lui esistono, in lui ritornano". 
Vivekananda (1863-1902) allievo di Ramakrishna porta lo yoga in Occidente, e raggruppa le scuole yogiche in quattro categorie: jnana yoga, bhakti yoga, karma yoga, esiste una quarta via, più modesta ma indispensabile alle altre, il punto di partenza verso le altre vie che è l’hatha yoga.
Swami Sivananda (1887-1963) convinto che lo yoga sia uno strumento di pace individuale e collettiva, incaricò un suo allievo swami Vishnudevananda (1927-1993) di esportare lo yoga in Occidente. Vishnudevananda  creò il primo ashram in Quebec nel 1962, poi incominciò ad aprire vari centri in tutta Europa.
 
Per evitare un’interpretazione troppo libera dello yoga,  negli anni '70 in Europa si iniziano a formare degli insegnanti e dar loro un quadro deontologico.  In molte nazioni europee erano state create varie strutture federative e nel 1973 a Zinal in Svizzera, si era svolto il primo convegno internazionale di yoga organizzato dall’Unione Europea Yoga sulla spinta del belga André Van Lysebeth. Con il contributo di molti insegnanti della Federazione Italiana Yoga nel 1977 iniziò il primo corso di formazione triennale per insegnanti yoga in Italia. 
Oggi in India lo yoga è stato trasformato in tecnica di benessere e si pratica nelle palestre, si sviluppano tecniche particolari come lo yoga brikam che si pratica in sale riscaldate fino a 40 gradi e che hanno poco a vedere con il nucleo tradizionale dello yoga. Il nazionalista primo ministro dell’India Narendra Modi, creando la giornata internazionale dello yoga, ha promosso lo yoga come ambasciatore della cultura indiana.

Buddhismo.  Per Philippe Cornu (tibetologo, professore di scienze e religioni e del buddhismo) gli occidentali riducono il buddhismo ad una forma di sviluppo personale. Il buddhismo ha lasciato l’India per introdursi in Tibet nel VII secolo.   Le tre correnti del buddismo sono: Hinayana letteralmente «piccolo veicolo (per la salvezza) ,  Mahayana (grande veicolo), Vajrayana (veicolo del diamante) , in quest’ultimo, presente in Tibet e Buthan, si applicano delle pratiche esoteriche sofisticate per raggiungere più facilmente il risveglio ed è essenziale in questo cammino l'iniziazione del discepolo. Queste tecniche devono essere comunque al servizio della saggezza e della compassione. 
Le scuole principali nel buddhismo tibetano sono: Guelougpa, Sakyapa, Bonpo che hanno un profilo più filosofico, mentre le scuole Kagyupa e Nyingmapa privilegiano di più l'aspetto pratico e il rituale.

Lo Dzogchen, che significa Grande perfezione, secondo alcune scuole del buddhismo tibetano e della tradizione religiosa Bön, è lo stato naturale e primordiale, ovvero una condizione spontanea della mente, e, allo stesso tempo il corpus di insegnamenti volti a condurci alla nostra natura fondamentale. Nel buddhismo è fondamentale il ruolo del maestro e la cerimonia d'iniziazione che è l'incontro di due spiriti: il maestro e l'allievo ed ognuno di questi incontri è unico nel suo genere.  Nel vajrayana i tantra sono dei testi spirituali destinati a facilitare il risveglio e in alcuni casi particolari si accenna che la sessualità può contribuire al risveglio. Alcuni lama sono laici e possono avere delle relazioni sessuali e sposarsi. Altri sono dei gelong, dei monaci con voto di castità.
 
Il tonglen è un tipo di meditazione che porta allo sviluppo della compassione verso tutti gli esseri. Nel buddhismo sono usati molto i mantra e i tantra. Il mantra è una formula sacra che si ripete e che è considerata come un suono della realtà assoluta al di là delle apparenze e dei condizionamenti. I mandala sono delle rappresentazioni grafiche o mentali dell’universo e la quintessenza di tutte le cose. Il ngondro è costituito da un insieme di pratiche preparatorie e dalla contemplazione dei quattro pensieri fondamentali per il buddhismo:  Impermanenza, karma, sofferenza delle rinascite nel samsara.   Per i buddhisti "La conoscenza deve essere bruciata, martellata e battuta come dell’oro puro, non la si accetta senza averla esaminata a fondo e discussa".   Chogyam Trungpa (1939-1987) scappato dal Tibet ha introdotto il buddhismo tibetano in USA e Gran Bretagna.  

La meditazione è un esercizio di attenzione a quello che passa qui e ora, ed una esperienza di presenza pura. Questo non implica nessun dogma. 
A partire dal XIV secolo la meditazione ha cessato di essere un pilastro del buddhismo, in Oriente i buddhisti che praticano la meditazione sono rari. 
Il buddhismo si rivolge a qualsiasi persona, in quanto filosofia permette di analizzare la nostra esistenza con una finezza stupefacente. Il buddhismo ha per oggetto la mente umana che intende chiarificare e liberare dalle sue reazioni negative. 
In Occidente è stato introdotto un buddhismo laico alla carta, togliendo il corpo spirituale della tradizione tibetana. e negli Usa c'è un approccio che non fa appello a nessun principio religioso. 
La meditazione buddhista appassiona numerosi psicoterapeuti ed apre un’altra via, oltre quella della psicologia occidentale, per la comprensione e la tranquillità della mente umana invitando a non fuggire il dolore, ma incontrarlo e permettergli di trasformarsi. Meditare è tutta un’altra cosa che di seguire una qualunque tradizione di pensiero, qualunque dogma o rito, è imparare che esiste un benessere dell’essere che non si manifesta finché non smetto di tormentarmi, torturarmi, non giudicarmi, non compararmi.   Per Matthieu Ricard, il monaco buddhista francese più conosciuto in Occidente, la meditazione benevolente potrà cambiare il mondo. Apprendere la meditazione passa necessariamente per una trasmissione vivente, un incontro. I maestri di Matthieu Ricard sono stati Kanjur Rimpoche, a Darjeeling (India)  e Dilgo Khyentse Rinpoche presso il  monastero Schechen (Nepal).
La pratica spirituale comporta la recitazione di preghiere, di mantra, visualizzazioni. La pratica  costante per trenta minuti al giorno, per un mese, è sufficiente a generare dei cambiamenti funzionali e strutturali nel cervello, ma anche a rinforzare il sistema immunitario. 
Non si può ridurre la meditazione a un semplice metodo di sviluppo personale; se si vede in essa solo un modo per rilassarsi e vuotare la mente bloccando i pensieri (cosa impossibile) si perde il senso profondo della meditazione.
Meditazione in sanscrito bhavana che significa coltivare e in tibetano gom che significa familiarizzare. Meditando si familiarizza con il funzionamento della nostra mente, si sviluppano le qualità che spesso sono trascurate, come l’attenzione, l’amore altruista, la libertà interiore per diventare un miglior essere umano, per trasformarsi interiormente e mettersi al servizio degli altri. 
La meditazione è un mezzo accessibile a tutti e l'obiettivo è quello di promuovere i valori umani. La meditazione di piena coscienza sviluppata dal psichiatra  Jon Kabat-Zinn produce eccellenti risultati nel ridurre l’ansietà, del dolore ma non favorisce lo sviluppo da parte del meditante dell’amore altruista. Per questo, penso che è necessario sviluppare la piena coscienza benevolente, caring mindfulness, che è una forma di compassione e la capacità di accogliere le sofferenze dell’altro in maniera costruttiva, diverso dall'empatia che può portare ad una forma di angoscia. 
La compassione riafferma la nostra forza d’animo, il nostro equilibrio interiore e la nostra determinazione coraggiosa ad aiutare quelli che soffrono.
La meditazione benevolente associa compassione ad amore altruista. Trenta minuti di meditazione sull’amore altruista fanno aumentare comportamenti pro sociali, ed una diminuzione dell’attivazione della amigdala, l'area neuronale del cervello associata all’aggressività e paura. La meditazione benevolente può servire a medici e infermieri a rafforzare e reagire in maniera più positiva alla sofferenza. Lo sviluppo dell’altruismo può far bene alla società tutta intera. 
Man (manas) è la mente, Tra significa proteggere: proteggere dalla sofferenza e l’ignoranza. I differenti livelli della mente corrispondono ai diversi livelli del corpo. Dal corpo grossolano al corpo di energia, al livello più sottile. E’ a questo piano che si manifesta il potere di guarigione dei suoni. I punti energetici sono identificati con suoni particolari. Quando la vibrazione di un organo malato entra in fase con la vibrazione di un mantra curativo appropriato l’organo può guarire. Il famoso mantra buddhista "OM Mani Padme Hum" riporta in equilibrio i bioritmi del corpo (respirazione, cuore, tensione arteriosa) grazie alla ripetizione di questo mantra. 
La visione olistica della fisica quantistica odierna conferma che tutto è energia e vibrazione. La stessa materia è energia condensata.

Cina. Le tre filosofie presenti in Cina sono: 
Confucianesimo (Vi e V secolo a.c.) che è l'insegnamento dei letterati, si afferma l'importanza della virtù personale e il rispetto dei genitori, propugna un ordine sociale gerarchizzato. 
Taoismo (VI e V secolo a.c) o la dottrina del Tao, la Via fondata sugli scritti di Lao Tseu e Tchouang-tseu, in cui si esalta l'armonia del tao e la comunione con la natura, 
Buddhismo Mahayana, solo nel III e IV secolo è stato accettato dalle elite cinesi. La più importante scuola buddhista in Cina è il Chan che esportata in Giappone diventerà zen.  Nel buddhismo cinese la meditazione occupa un posto centrale. 
--- Questi tre insegnamenti si sono opposti e influenzati reciprocamente. Per esempio è in reazione al monachesimo buddhista che il taoismo si è dotato di un clero e di monasteri. Il buddhismo in Cina invece si è laicizzato. In ogni città cinese esistono due tipi di templi: il tempio dedicato alla famiglia e gli antenati e quello consacrato alle divinità locali.  Il confucianesimo, invece, sarà seguito essenzialmente dai dirigenti cinesi.
Nella medicina cinese è tutta questione di Qi (energia vitale): ogni individuo riceve alla nascita una certa quantità di Qi e quando è esaurita muore. L’uomo può interagire con l’energia cosmica e nutrirsene prolungando la vita. 
La malattia è una perturbazione del Qi interno. Per riequilibrare il Qi si usano diverse tecniche come l'agopuntura o esercizi energetici che sono confluiti nel Tai chi chuan (arte marziale di derivazione taoista, che lavora sul Qi) e il Qigong (esercizi sul Qi o lavoro sull’energia vitale, una specie di yoga cinese). Le 5 branche della medicina tradizionale cinese sono: farmacopea, dietetica, massaggi, esercizi energetici, agopuntura.  Attraverso massaggi (Wushu), l'agopuntura ed esercizi energetici, si  cerca di armonizzare il Qi nei meridiani e farlo circolare meglio.
Il Qi è il soffio vitale circolante all’interno del corpo umano, come attraverso tutto quello che compone l’universo. Lo scopo è quello di apprendere a controllare e a sviluppare l’energia presente in noi.
Uno dei gruppi più famosi, che propone delle tecniche di controllo del Qi è il Falun Gong. Un gruppo non troppo ben visto dal regime cinese. Il guru dei Falun Gong, Li Hongzhi declama che la fine del nostro mondo decadente è vicina e solo chi praticherà assiduamente il Qi-gong sopravviverà.
L'I Ching o libro dei mutamenti, conosciuto anche come yi jing, o i king  costituisce uno dei fondamenti della cultura cinese e su di esso si sono cimentati eserciti di studiosi anche occidentali. L'Yiking viene utilizzato come guida di decisione di natura morale, ed  è uno strumento per comprendere meglio il mondo e fare la buona scelta.  La sola cosa che non cambierà mai è che tutto è in cambiamento. Il caso per i cinesi è quello che collega insieme tutti gli elementi costitutivi di una situazione in  un dato istante. Gli esagramma  sono costituiti  di sei tratti sovrapposti, discontinui (yin), continui (yan). 

Giappone.  Per Jean Noel Robert il buddhismo mahayana è apparso in Giappone nel 55 d.c. ed è nell'85 d.c. che un monaco giapponese Saicho, fondatore della scuola Tendai, porta lo zen in Giappone.
Zen in giapponese, Chan in cinese, Dhyana in sanscrito significano meditazione, l'atto di pensare, in tranquillità. Lo zen è nato in Cina e si è sviluppato in Giappone, Corea e Vietnam.
I maestri zen giapponesi più importanti sono: Eisai della scuola Rinzai, che usa i koan e Dogen della scuola Soto, in cui si pratica lo zazen. Nel XIX e XX secolo c'è stata una riscoperta di queste scuole.
Lo zen, una pratica meditativa che permette di arrivare al risveglio (satori), non è stato molto importante nella cultura giapponese. L’importanza che gli occidentali hanno dato allo zen ha fatto si che recentemente fosse rivalorizzato agli occhi degli stessi giapponesi. 
Lo zen, a partire dal medioevo coesiste con altre correnti come esoterismo, la terra pura, la scuola di Nichiren che cercano di accelerare il risveglio. 
Lo zen trascende la concettualizzazione, si esprime nella forma più impossibile e irrazionale, intrattenendo una intima relazione con la Via. Cerca di partire dalla riflessione sulle piccole cose che ci sono di fronte per poi operare una riflessione sull'intera realtà.
In Giappone i pochi monasteri sono quasi esclusivamente maschili, osservano regole di vita millenarie, oggi i monaci zen si sposano e trasmettono la tradizione di padre in figlio, celebrano riti, funerali,  ecc, e di questi monaci solo il 5% medita regolarmente. Il tempio giapponese è un santuario dove si può assistere a dei riti magici-esoterici effettuati dai bonzi. 
Lo zen, così come compare in Occidente si è sviluppato in Giappone dopo il 1945, alcuni monaci hanno tentato di rivivificare la tradizione, introdotto la meditazione come strumento di risveglio, e si sono indirizzati ai laici.
In Germania lo zen è insegnato da cristiani, uno di questi è stato il monaco benedettino Willigis Jager. 
I cattolici tedeschi spesso leggono il mistico Maestro Eckhart. 
Negli Stati Uniti fu Shunryu Suzuki ad introdurre lo zen Soto negli anni ’60 dove ha due dimensioni: uno zen pastorale, che ha adottato il modello di comunità, gli insegnati sono preti che celebrano i passaggi della vita,    ed uno zen impegnato, come movimento di lotta per i diritti civili. 
In Francia il monaco giapponese Taisen Deshimaru, negli ultimi 50 anni ha introdotto lo zen, depurato dai riti, introducendo lo zazen (la meditazione seduta).  
Attualmente in Francia lo zen è in competizione con la meditazione in piena coscienza che è una forma di meditazione laica, sviluppata nel 1990 negli Stati Uniti, e che cerca di rispondere al malessere del nostro tempo. I Maestri zen per identificarsi rispetto alla piena coscienza adottano un approccio più identitario e più religioso.
Tecniche e pratiche presenti in Giappone:
Budo: la pratica delle arti marziali, la via della guerra, il combattente entra in una dimensione spirituale ed agisce in armonia con l’universo. Nel X secolo si trovano le prime menzioni dei samurai. Questa casta di guerrieri rappresentava il 5% della popolazione e creò una vera e propria cultura: dal teatro No alle arti marziali. Le arti marziali sono passate da tecniche di combattimento a vie di sviluppo personale. Il Budo termina nel 1600. All’inizio del XX secolo si trasformò in kendo, judo, karatè e Ueshiba Morihei lo trasformò in aikido. Poi queste arti marziali furono vietate dalle forze di occupazione americane. Dopo furono trasformate in discipline sportive e di sviluppo personale o autodifesa. Durante queste pratiche occorre sviluppare un silenzio mentale e una coscienza interiore, apprendere ad agire senza opposizione, ad armonizzarsi alle situazioni. Giocando al samurai si può arrivare a dei risultati simili a tecniche austere. Per questo è detto lo zen in movimento.
Chado: la cerimonia del tè, una forma di meditazione sociale. La cultura del tè si sviluppò grazie agli sforzi di Elisai Myoan il fondatore della scuola Rinzai, che fondò i primi monasteri Jufuku-ji a Kamakura e il Kennin-ji a Kyoto. Lo zen conferisce alla cerimonia un aspetto spirituale ed estetico. E' una forma di amicizia e di  socializzazione.
Haiku: una forma poetica che usa massimo 17 sillabe; evoca una percezione fugace, per portare il lettore nello spazio infinito. Questo nano poema è nato in Giappone più di tre secoli fa. Un haiku è un istante, è il cogliere l’istante nell’immediatezza pura. La certezza che nella semplicità e brevità si può trovare l’immenso e che nell’effimero si nasconde l’eterno. Esprime anche l’impermanenza di tutte le cose. E’ il versante poetico dello Zen. Alan watts e Kerouac lo hanno fatto conoscere in Occidente. Grazie a Twitter l’haiku conosce una formidabile diffusione.
Ikebana: l’arte di far vivere i fiori creando un’armonia lineare. Le composizioni simbolizzano la terra, il cielo e l’uomo, l'unione cosmica. 
Koan: è un enunciato paradossale o un racconto usato dal maestro per aiutare il discepolo alla meditazione e quindi a "risvegliare" in lui una profonda consapevolezza e rivelare la natura ultima della realtà.
Karesansui: è un paesaggio secco, un giardino zen, spoglio, senza colori, che invita alla pratica della meditazione. Nella composizione di questi giardini, soprattutto a Kyoto, le rocce e le pietre, simboli di immutabilità, eternità, occupano un posto privilegiato. I giapponesi venerano gli elementi naturali come rocce, cascate, alberi che rappresentano i kami, le divinità. Nel taosimo i kami sono considerati esseri immortali. 
Kyudo: la via dell’arco. Lo scopo del tiro con l’arco non è quello di arrivare al bersaglio, ma di avanzare nella vita interiore. Allenarsi ad una performance esteriore serve al divenire dell’essere interiore. Durante questa pratica non si pensa al bersaglio, ma solo al gesto, si cerca di essere totalmente nel momento presente.  Si pratica per il solo spirito della ripetizione. 
Shodo: la via della scrittura. Attraverso la scrittura occorre vuotare lo spirito e rivelare il kokoro, lo spirito cuore, la vera natura, che va oltre l’essere. 
Zazen: è un raccoglimento meditativo da seduti per liberare la mente dall’ossessione delle immagini e idee, ed entrare in uno stato di lucidità perfetta.  Per Andrè Comte-Sponville, la migliore definizione dello zazen è la seguente “Non fare niente, ma a fondo”.   Lo zazen e la meditazione di piena coscienza non sono molto differenti, si tratta sempre di una filosofia seduta, silenziosa, e senza oggetto. 

Saggezza e meditazione sono in parte legati. Sono duemila anni che si medita, ma il primo profondo cambiamento avvenne negli anni ’60 e fu dovuto a diversi fattori.
Primo fattore: Il contatto con maestri autentici fu possibile grazie alla maggiore presenza in America e Europa di insegnanti asiatici, dovuto alle congiunture storiche particolari, diaspora di maestri zen dal Giappone dopo la seconda guerra mondiale, o quella di lama e tulku tibetani a seguito dell’annessione del Tibet alla Cina o dall’esilio per motivi politici come nel caso celebre di Thich Nhat Hahn. 
Anche grazie alla maggiore facilità con cui, a partire da questi anni era possibile recarsi in Oriente, India e Giappone. 
Secondo fattore: che ha permesso lo svilupparsi di un interesse più maturo nei riguardi delle pratiche contemplative buddhiste è stato il fiorire di una generazione di praticanti "ricettori", un gruppo di persone nate tra 1930 e 1950 di lingua inglese o conoscitori dell’inglese, iniziatori di una nuova fase del buddhismo, dei suoi adattamenti e sviluppi. Joseph Goldestein, Cristina Feldman, Jack Kornfield, Larry Rosenberg, Sharon Salzberg e Corrado Pensa hanno fatto un’opera di metabolizzazione. Dopo aver ricevuto gli insegnamenti, ne hanno saputo cogliere gli aspetti vitali per riformularli e trasmetterli agli occidentali nel rispetto dello spirito originario. Riformulazione e integrazione però non significa necessariamente sincretismo. Sebbene il linguaggio possa risultare lontano da quello tradizionale, allo stesso tempo, vi resta fedele nel profondo. L’insegnamento richiede un carisma particolare che alle volte non hanno neppure le persone progredite nel cammino interiore. Si usa il termine Pratyekabuddha, per indicare una persona realizzata ma non in grado di mostrare agli altri il cammino. Corrado Pensa fece la prima esperienza meditativa nel 1970 presso lo zen center di san Francisco sotto la guida di Suzuki Rosho. Il contatto con la vipassana avvenne nel 1975 con Jack Kornfield in California.
Negli anni ’60 entra in voga la meditazione trascendentale insegnata da Maharishi Mahesh Yogi, tinta di una spiritualità new-age con colpi di gong e incenso.  I suoi discepoli più famosi furono i Beatles.
Un altro importante cambiamento si ha negli anni ’80 quando Jon Kabat-Zinn che capisce che gli enormi benefici delle pratiche meditative potranno essere accessibili al grande pubblico, solo se queste pratiche sono laicizzate e semplificate. Jon Kabat-Zinn si inspirò alla pratica vipassana, per elaborare la mindfulnesspratica della piena coscienza, l’iniziazione a questa disciplina comporta otto sedute per otto settimane con un insegnamento progressivo e adattato agli occidentali. 
Questo triplo movimento (laicizzazione, semplificazione, codificazione) permetterà l’entrata della meditazione negli ospedali, faciliterà gli studi di validazione scientifica della meditazione.
I risultati favorevoli aiutano alla diffusione di questa pratica nel mondo delle cure mediche (Vedi l'ospedale Parpan a Toulouse), nel campo dell’educazione e dell’imprese.
La meditazione è un cammino nel quale si porta l’attenzione verso un certo numero di variabili (corporee, sensoriali e mentali) e questo movimento della mente è volontario. Per far si che si parli di meditazione questi esercizi devono essere deliberati, prolungati e ripetuti. Spesso meditare è percepito come un’attività intellettuale (riflettere su un soggetto) mentre la maggior parte delle pratiche meditative passano per il corpo. 
Ci sono una moltitudine di pratiche: alcune richiedono l’immobilità altre, a volte, il movimento. Spesso si associa la meditazione ad un quadro di convinzioni religiose mentre si può perfettamente praticare in un quadro laico. I punti comuni ad ogni pratica sono: 
1- non agire, 
2- concedere un tempo di ritiro, di silenzio, di lentezza, di continuità, durante il quale l’attenzione del praticante si stabilizza, 
3- non reagire alle stimolazioni esterne od interne  (rumori o pensieri ed emozioni), ma osservarli in maniera attenta e distaccata. 
Meditare deriva da meditari in latino, da mederi dare delle cure.  Le persone in salute che praticano regolarmente riescono a ridurre lo stress.  Sul piano psicologico meditare significa prendere del distacco dagli eventi e essere presente alla vita, riuscire ad aumentare il sentimento di benessere. 
Una pratica meditativa regolare permette di migliorare le difese immunitarie e si è constatato scientificamente che il fattore genetico può essere migliorato dalle nostre emozioni. Uno studio condotto ad Harward ha concluso che la meditazione regolare ed intensiva potrebbe compensare le nostre fragilità ereditarie. Nei nostri cromosomi ci sono dei cappucci protettori chiamati telomeri che ne frenano l’usura e che possono essere riparati da un enzima chiamato telomerase. 
Un altro studio importante sotto il nome di progetto Shamatha in California (Vedi link) ha dimostrato che la meditazione stimolava l’attività della telomerase e poteva frenare l’invecchiamento cellulare ed aumentare la longevità.
Per andré Compte Sponville "La saggezza è una forma di ricerca che tenta di non negare il reale. Il sapere guarda verso l’esterno, la saggezza all’interno".
Per un saggio zen "La saggezza non può fare a meno della conoscenza di sé, una conoscenza umile e esigente". 
La saggezza è un sistema esperto per la gestione delle conoscenze, come acquisirle e come utilizzarle. 
I criteri che possono essere utili  alla saggezza sono: contestualizzazione, relativismo dei valori, la tolleranza all’incertezza, saper ascoltare anche quello che ci dà fastidio. 
Saggezza e meditazione sono molto vicine, in Occidente per molto tempo abbiamo messo l’accento sul solo aspetto intellettuale mentre le saggezze orientali sono più attente all’equilibrio emozionale e corporeo. Cristophe Andrè, scherzando durante un'intervista, dice: "E' difficile proclamare la nostra saggezza nella quotidianità di fronte a persone che dividono la nostra intimità e che ci hanno visto tante volte “non saggio” ma si può sempre farlo credere davanti ad un pubblico anonimo". 
Gli insegnamenti buddhisti precisano che ci sono due vie: quella del rilassamento shamata (calma mentale) ma è importante che a questa sia associato il discernimento, vipassana (visione penetrante) e questa è molto vicina alla saggezza come è stata definita sopra. 
La meditazione apprende a non fissarsi sui pensieri preoccupanti ed emozioni negative ma a tollerare la loro presenza senza aderirvi mantenendo le distanze da esse. Molte forme di meditazione sono indirizzate sulla benevolenza e la compassione e gli studi mostrano che queste tecniche funzionano anche sui debuttanti modificando effettivamente il comportamento di aiuto e di apertura verso gli altri. 
Quando si pensa non si percepisce, quando si percepisce non si pensa” dicono i testi zen. 
La spiritualità è la vita dello spirito nel suo rapporto con l’infinito, l’eternità, l’assoluto, e  gli atei non hanno meno spiritualità che gli altri. 
L’occidente privilegia il logos (il discorso e la ragione), il soggetto (l’anima, l’ego, il cogito) e l’immutabile e la trascendenza. L’oriente privilegia il silenzio, l’immanenza, l’impermanenza, il buddhismo arriva anche a negare l’esistenza del sé, sia assoluto (Brahman) che relativo (atman).

Riferimenti:

Tara Michael,  Les voies du yoga,
Arnaud Desjardins,  Le lac des yogis - VHS ,
Matthieu Ricard e Tania Singer,  Verso una società altruista,
Sofia Stril-Rever, Phakyab Rinpoche, la meditazione salvò la mia vita,
Phakyab Rinpochè, I suoni tibetani che guariscono, https://www.phakyabrinpoche.org/index.php/it/ 
Tenzin Wangyal Rinpochè. MantraTerapia,  https://ligmincha.it/
Nida Chenagtsang, Programma per vivere la pace e la guarigione interiore,  
Catherine Despeux. La Cina bagna nel Qi, 
Cyrille J.D. Javary.  Le Yi Jing: le grand livre du yin et du yang, 
Taitaro Suzuki Daisetz, Lo zen e la cultura giapponese. Suzuki Daisetsu ha riscoperto lo zen negli Stati uniti e poi lo ha fatto conoscere nel mondo intero.  
Francois Lachaud, per la cerimonia del té, conosciuta anche come Chadō o Sadō,
Nicolas Fieve, La pace dei giardini, 
Pascale Senk, L'effet haïku: Lire et écrire des poèmes courts agrandit notre vie,
Leo Tamaki, L’Aikido. Lo zen e il movimento,
Jacques Castermane, Il Kyudo, dimenticare il bersaglio, Comment peut-on être zen ? http://www.centre-durckheim.com/
Anne Cheng. La storia del pensiero cinese,
Isabel Ratié, professore alla Sorbona, lingua e letteratura sanscrita,
Swami Kailasananda direttrice dell’ashram di Neuville-aux-bois vicino Orleans, 
Chogyam Trungpa scappato dal Tibet, ha introdotto il buddhismo tibetano in USA e Gran Bretagna. 
Fabrice Midal, filosofo e specialista del buddhismo, professa un buddhismo laico, 
Il Tai-chi nel 2008 è stato presentato come disciplina olimpica, 
Ursula Gauthier, giornalista, sinologa francese,
Simposio di Ricerca Scientifica sul Qigong per la salute all'ospedale “de la Pitié – Salpêtrière”.

sabato 26 giugno 2021

Spiritualità, religione, ateismo e il business del benessere

 Praticare la spiritualità consiste a esplorare e cambiare lo spirito umano. Si tratta si di una trascendenza per accedere ad una vera conoscenza. Le tradizioni orientali sono all’origine di una metodologia introspettiva estremamente preziosa, della meditazione e di approcci empirici, sofisticati e liberi da disordini religiosi.   Queste pratiche, che sono di interesse per i neuro scienziati e gli psicologi, portano stabilità emozionale, benessere psicologico, e migliorano la salute fisica. Migliorano le difese immunitarie, riducono stress, ansietà e depressione. Nessuna preghiera a non importa quale Dio otterrebbe una minima parte di questi benefici.

Ci sono mille modi per essere felici, ma quello che ci rende felice è impermanente, siamo in uno stato di insoddisfazione cronica e siamo coinvolti in una conversazione perenne e sgradevole con noi stessi: autocritica, rimorsi per il passato, e ansietà per il futuro. La meditazione è lo strumento che ci permette di fermare questa agitazione incessante, anche se per brevi istanti.
Acquisire una coscienza spirituale ci permettere di vivere l’istante presente in uno stato fuori dall’usuale. Lo scopo esplicito delle pratiche contemplative orientali è quello di assimilare nel profondo concetti come la non dualità o l’illusione dell’ego. Ci permette di trasformare radicalmente la nostra coscienza sul piano emotivo, contemplativo e etico modificando profondamente la nostra relazione con gli altri.
La spiritualità, quindi, può essere definita come un cammino interiore che aiuta il praticante a trovare  il vero e profondo Sé, ovvero a  ritrovare il rapporto perduto con il Tutto, l’Assoluto, con l’Essere supremo, con tutti gli altri esseri viventi  e manifestare la natura divina che esiste eternamente in noi. 

Molti mistici, come il poeta persiano Roumi, Maestro Eckhart, il mistico persiano Al-Hallaj, sono riusciti a fare questa esperienza dell'assorbimento dell'Io nel Tutto contro i dogmi fondamentali della loro fede e sono stati trattati come blasfemi.  Di questi tipi di esperienza non troverete niente nei libri sacri delle religioni monoteiste. Ed è per questo che le chiese, il più delle volte, non amano i loro mistici (da vivi), perché essi, con la loro libertà e indipendenza di ricerca interiore, non avvertono il bisogno di una chiesa. 
La spiritualità si riferisce ad esperienze mistiche, stati di coscienza non ordinari svincolati totalmente dalle società e dal tempo dove si producono. Il cuore del percorso spirituale è il bisogno dell’io di andare oltre se stesso, di trascendere i propri limiti.  La religione, invece, è il tentativo sistematico e interessato di spiegare queste esperienze e le spiegazioni sono sempre date tramite metafore o  concetti che esistono in un certo tempo e in una certa cultura. Il fondatore della religione stabilisce quali strumenti  (dogmi, luoghi speciali, danze, libri, preghiere, riti, cerimonie, droghe, ecc...) usare per avere delle esperienze spirituali e con quale linguaggio comunicarle e condividerle. Questi strumenti definiti sacri  dovrebbero facilitare l’esperienza spirituale.
Né il nostro dualismo religioso, né il nostro cartesianesimo aiutano a studiare la coscienza. La spiritualità è universale, ha una dimensione personale, non dipende da alcuna tradizione culturale particolare. Mentre la religione sì.
Andrè Comte Sponville  scrive: “Troppo spesso la religione istituzionale ha prodotto e alimentato il conflitto tra l’intelligenza e la fede, finendo, con una insistenza plurisecolare, per fornire di esse una immagine che appare inevitabilmente antitetica.  Il dogma diventa antitetico a  qualsiasi puro spirito di ricerca spirituale ed ha prodotto come reazione l’ateismo".
Comunque l'ateismo non preclude al cammino spirituale. Tutti, anche i non credenti e gli atei possono rivendicare una propria dimensione spirituale.  Il grande mistico indiano, Ramakrishna Paramahamsa (1836-1886) insegnò che persino l’ateismo può essere, per alcuni, un passo verso l’illuminazione e far parte, quindi, dell’evoluzione spirituale di un individuo. “Se un ateo è sinceramente convinto di svilupparsi attraverso un grande impegno e sforzo personale, consapevole di essere un ricercatore della verità, allora come l’aria fresca passa attraverso una finestra aperta, così la verità si rivela alla mente lasciata aperta da un sincero spirito di ricerca”. L’unico ostacolo al progresso è  chiudere l’entrata della comprensione “con le imposte dell’egocentrismo”. 
Ramakrishna  familiarizzo con l’islam e il cristianesimo, per lui tutti i cammini portano a Dio. L’uomo alla nascita ha due tendenze: una vidya che lo porta verso Dio, l’altra avidya che lo porta verso la via terrestre. Alla nascita queste due tendenze sono in equilibrio, lo stesso è per l’anima che cade nelle trappole di maya, c’è l'Io personale e l'Io superiore con cui siamo tutti collegati. Se voi conoscete l’Uno, voi potete conoscere tutto. L’anima individuale javatman che risiede nel cuore dell’uomo tende a ricongiungersi con l’anima universale paramatman. Come la bambola di sale che, volendo scoprire gli abissi dell’oceano, appena mette piede nell’acqua diventa tutto uno con l’oceano, il differenziato diventa un tutt'uno con l’indifferenziato. Il Divino è un grande oceano le cui onde sono le anime, in lui nascono, in lui esistono, in lui ritornano.  Fino a quando non hai realizzato questa unione con il Tutto, bisogna ritornare entro le mani del ceramista e rinascere a varie riprese; Allo stesso modo il ceramista raccoglie la creta del vaso rotto e la rimodella.

Il rapporto tra spiritualità e ateismo è stato recentemente riproposto da Samuel Benjamin Harris (1967), un filosofo, saggista e neuroscienziato statunitense ed autore del libro La fine della fede (2004).  Harris è considerato uno dei principali esponenti del nuovo ateismo, insieme a Hitchens, Dawkins e Dennett.
Harris nel suo ultimo libro, Waking Up, difende l’idea che l’etica e la spiritualità possono avere un fondamento laico e scientifico.   Questo testo presenta la natura della mente sotto una nuova luce: un approccio razionale alla spiritualità per offrire una visione più chiara del problema e alcuni strumenti utili a risolverlo. La nostra mente determina in gran parte la qualità della nostra vita. Certo l’ambiente esterno ha anch’esso un ruolo importante, ma una volta soddisfatti i bisogni primari, il modo in cui utilizziamo la nostra attenzione in qualsiasi momento può fare la differenza tra felicità e tristezza. 
In particolare, Harris spiega che l’abitudine a trascorrere qualsiasi momento di veglia, persi nei pensieri, ci lascia alla mercé di qualsiasi pensiero appaia nella nostra mente, nel bene e nel male. La meditazione è un ottimo metodo per rompere questo incantesimo. L’attenzione, su cui si basa la mindfulness, è un aspetto fondamentale: si scopre che essere concentrati (su qualsiasi cosa) è di per sé piacevole.

Secondo David Donnini: “La storica antitesi fra religione e scienza, fede e ragione, spiritualità e ateismo - in cui l’Occidente sembra essersi imprigionato come in una trappola culturale -  può certamente trovare una via di uscita nel momento in cui si pone la seguente domanda: "siamo sicuri che l’oggetto d’interesse della ricerca spirituale debba necessariamente accompagnarsi all’idea di Dio nel modo in cui questa è abitualmente espressa in Occidente?”. 

In più bisogna precisare che la spiritualità non è necessariamente associata ad una religione, infatti basta dare uno sguardo in Oriente, al buddhismo o al taoismo, per scoprire che esistono immensi spazi di spiritualità che non avevano e non hanno niente a che vedere con la fede in un Dio trascendente, personale e creatore. Il cuore del percorso spirituale e della meditazione è il bisogno dell’io di andare oltre se stesso, di trascendere i propri limiti, perdere il senso di dualità (sé stesso – mondo) e arrivare ad un senso di pienezza, al cuore dell’essere, al cuore del mistero dell’essere. Del resto lo stesso XIV Dalai Lama, Tenzin Gyatso afferma: “Non credo che la religione sia indispensabile per la vita spirituale”. Bisogna comunque sottolineare, che per il buddhismo la spiritualità consiste anche nello sviluppo della pratica contemplativa e dello sviluppo intenzionale di qualità interiori come la compassione, la gentilezza, l’attenzione e la calma mentale.
Uno dei Paesi in cui la spiritualità è sentita ed espressa in tutte le sue forme è l'India. In India coabitano un grande numero di movimenti e filosofie, dal XII anche l’Islam, e dalla competizione costante tra le varie religioni per dimostrare la validità dei loro dogmi è nata la filosofia Indiana. 

In Occidente si è incominciato ad associare la spiritualità al benessere; lo yoga, la meditazione e altre forme di percorsi spirituali hanno adattato il loro scopo della ricerca che non è più la sperimentazione  di elevati stati di coscienza ma l'ottenimento di una sorta di benessere. 
E' dalla fine degli anni novanta che si è avuto il boom della scienza del benessere, della new age sino a diventare un vero e proprio business. Il benessere è diventato il cuore della strategia commerciale ed editoriale e il mercato è stato invaso da libri per vivere meglio, da vere e proprie guide pratiche del benessere, manuali di yoga per bambini e opere per essere genitori positivi, ecc... Si è assistito alla proliferazione di workshop, seminari, coaching, MOOC consacrati al benessere. Il sociologo Nicolas Marquis, che studia il fenomeno da anni, presentando i risultati delle sue ricerche ha dichiarato che nell’universo professionale avere un lavoro medio e una vita media è diventato inaccettabile. Bisogna essere soddisfatti interamente. Vedi il suo libro Du bien-être au marché du malaise. La société du développement personnel.   link
Nelle imprese sta addirittura nascendo il profilo del Chief Happiness Officer. Nella mentalità corrente si sta instaurando un’ingiunzione ad essere felici. Visto che il miglioramento di se stessi è infinito, in questo spazio possono entrare i mercanti del benessere e guru senza scrupoli. Il settore del benessere personale è propizio all’apparizione delle sette, e la scientologia è molto presente in questo settore. E questa è la  faccia oscura della ricerca all’appagamento personale.

Sotto sono riportati alcuni dei personaggi più conosciuti, di questa nuova tendenza alla ricerca estenuante del benessere:
  • Tal Ben-Shahar, (1970), è un insegnante americano e israeliano e scrittore nei settori della psicologia positiva e della leadership. Docente alla Harvard University, Ben-Shahar ha creato il corso più popolare nella storia di Harvard.   vedi link
  • Florence Servan-Schreiber (1964) ha creato in Francia una accademia on line consacrata all’apprendimento della psicologia positiva, la 3kifsacademie, Vedi link
  • Audrey Akoun, insieme a Isabelle Pailleau, è la creatrice della fabbrica del benessere. vedi link
  • Laurent Gounelle (1966)  i cui libri vendono 200.000 esemplari.  vedi link  
  • Raphaëlle Giordano (1974), scrittrice, artista, pittrice, coach di creatività, scrive sul tema che le è più caro: l'arte di trasformare la propria vita per trovare la strada del benessere e della felicità. Il suo libro La tua seconda vita comincia quando capisci che tu ne hai solo una, ha venduto 600.000 esemplari. vedi link
  • Claire Aubé è una giornalista impegnata a difendere la causa ecologica. Aiuta le persone a svilupparsi professionalmente grazie al Positive Coachingvedi link
  • Deepak Chopra (1946) è uno scrittore e medico indiano, autore di saggi "New Age".  vedi link
  • Francesco Cavalli-Sforza (1950)  autore della Scienza della felicità. Come vivere meglio?vedi link
Da Les sagesses orientales - articolo pubblicato dal Nouvel Observateur - luglio 2017.

giovedì 24 giugno 2021

The open secret di Tony Parsons

The open secret - Tutto ciò che è. è un bestseller di fama mondiale scritto  nel 1995 da Tony Parsons (1953 - ) . Sito : https://www.theopensecret.com    http://www.non-dualita.it/tony-parsons/   vedi testo   vedi intervista

Altro testo consigliato è All there is, una raccolta di trascrizioni degli incontri sul tema del risveglio, tenuti in questi anni in varie parti in Europa da Tony Parsons.

Tony Parsons è un giornalista e un conduttore televisivo ed è uno dei principali assertori della Non dualità.  Tony Parsons in The Open Secret racconta la storia del suo risveglio, della sua illuminazione, della sua perdita di dualità con straordinaria semplicità, umanità e profondità portando il lettore a riconoscere  ciò  che in realtà vive attraverso la nostra forma, il nostro vero Sé.      Anni fa, camminando in un parco, Tony ha vissuto una straordinaria esperienza in cui ha avvertito la Coscienza riconoscere se stessa attraverso quel corpo-mente chiamato Tony Parsons. Durante quella breve esperienza c'era solo la presenza, una presenza che era stata sempre lì, in osservazione di ogni momento della vita di quella forma, inclusi i tentativi di scoprire un segreto che sembrava nascosto.

Nel suo libro e nelle sue conferenze Tony ha cercato di trasmettere e testimoniare questo evento con acume ed intelligenza, e dalle sue parole traspaiono una vera libertà e autentico amore incondizionato vissuti da chi ha completamente realizzato il Sé. Senza nessun compromesso per la mente e l'ego, Tony parla con l'ironia e grazia di un vero maestro di Advaita, anche se si discosta completamente dal clichè del guru e si pone da amico, annullando così ogni illusione di apparente separazione.

Il suo messaggio è semplice, chiaro e diretto: non esiste nessuno all'interno del corpo-mente chiamato "me", non esiste l'individuo, ma esiste un unico Sè che vive attraverso diverse forme. Il Tutto è il divino che si manifesta e da nessuna parte esiste qualcosa che sia separato. Ogni ricerca spirituale è completamente inutile, perché presuppone l'idea che ci sia qualcosa da trovare, qualcosa di perduto. Nulla è perduto, l'ovvio segreto è sempre pronto ad essere scoperto e l'invito del divino perché questo accada è costante, basta solo riconoscerlo. E come puntualizza Tony, nulla si può fare a riguardo, perché quell'invito sarà colto solo quando è arrivato il tempo giusto.

La ricerca spirituale termina, non perché qualcosa è stato trovato, ma perché si riconosce che non c'è nessuno che possa trovare niente. Questo riconoscimento che è al di là della possibilità dell'immaginario individuo accade per grazia; una grazia che, Tony precisa, è sempre disponibile.

Si tratta di una delle posizioni più radicali del messaggio Advaita e tra le più pure che si possano trovare nel cosiddetto panorama spirituale. Tony Parsons non nega le caratteristiche dell'individuo, anzi ci invita a celebrare la propria unicità come forme, riconoscendo allo stesso tempo come non ci sia nessuno che le vive. La forma è solo testimoniata da questo Sé che osserva ogni cosa, che appare e scompare. La nostra natura originaria è dunque un nulla che è anche ogni cosa.

Secondo Tony Parsons nessuno diventa illuminato.  Riporto alcune delle sue frasi: "Una volta credevo veramente che le persone diventassero illuminate e che quell'evento fosse simile a qualcuno che vince il primo premio alla lotteria nazionale. Una volta vinto il premio, il beneficiario avrebbe avuto garantita beatitudine permanente, infallibilità e incorruttibile bontà. Nella mia ignoranza pensavo che queste persone avessero ottenuto e possedessero qualcosa che le rendesse speciali e totalmente diverse da me. Questa idea illusoria aveva rinforzato in me la credenza che l’illuminazione fosse virtualmente impossibile da ottenere eccetto che per poche persone elette e straordinarie. Questi malintesi sorgevano da qualche immagine che mantenevo riguardo a come dovesse essere uno stato di perfezione. Non ero ancora in grado di vedere che l’illuminazione non ha nulla a che fare con la perfezione. Queste credenze erano rafforzate nel momento in cui comparavo la mia immaginaria inadeguatezza con l’immagine che intrattenevo di qualunque “eroe spirituale” verso cui in quel momento mi sentissi attratto.  Sento che la maggior parte delle persone vedono l’illuminazione in modo simile. Certamente ci sono state molte persone, e ancora ce ne sono, che cercano di incoraggiare tali credenze e che, in effetti, reclamano di essere illuminate. 

Ora posso vedere come questa sia una dichiarazione senza senso, come quella di un qualcuno che proclami al mondo di essere in grado di respirare. Essenzialmente la realizzazione dell’illuminazione porta con sé l’improvvisa comprensione che non ci sia nessuno e nulla che si illumini. L’Illuminazione semplicemente è. Non può essere posseduta, così come non può essere raggiunta o vinta come se fosse un trofeo.

Tutto e ogni cosa sono l’Uno, e tutto ciò che facciamo è metterci di mezzo attraverso il nostro cercare di arrivare a questo uno.

Coloro che reclamano l’illuminazione o prendono tale posizione, semplicemente non ne hanno realizzato la natura paradossale e presumono di possedere uno stato che immaginano di aver raggiunto. Essi hanno probabilmente avuto una profonda esperienza personale di qualche natura, ma questa non supporta assolutamente nessuna relazione con l’illuminazione. Di conseguenza resteranno ingabbiati nei propri concetti individualistici basati sul loro particolare sistema di credenze.

Queste persone hanno spesso bisogno di intraprendere il ruolo di “insegnanti spirituali” o “maestri illuminati” e inevitabilmente attraggono coloro che hanno bisogno di essere studenti o discepoli. I loro insegnamenti, ancora radicati nel dualismo, promuovono una netta e incolmabile scissione tra l’“insegnante” e chi segue l’insegnamento". 

"Uno dei sintomi più classici, quando il ruolo di Guru è stato adottato, è di evitare qualunque ammissione o segno di “umana debolezza”. Inoltre, di solito si crea una certa distanza tra il “maestro” e i suoi seguaci. Man mano che l’essere speciale del “maestro” diventa sempre più effettivo e le richieste da parte dei seguaci divengono sempre più grandi, invariabilmente gli insegnamenti diventano più oscuri e contorti. Quando l’oscurità degli insegnamenti cresce, anche la scissione diventa più ampia e molti dei seguaci spesso diventano più confusi e sottomessi. L’effetto tipico su coloro che ne restano coinvolti, può essere di indiscussa adulazione, disillusione, o un risveglio e un andare oltre".

Coloro che hanno pienamente compreso e abbracciato l’illuminazione non hanno assolutamente nulla da vendere. Quando condividono la loro realizzazione, non hanno bisogno di abbellirsi o di abbellire quello che condividono. Né hanno alcun interesse nell’essere delle madri, dei padri o degli insegnanti.

L'individuo da quando viene al mondo, ha una sensazione di perdita che non lo lascia mai. (Questo punto di partenza è molto simile da quanto asserisce Mauro Bergonzi nel libro Il sorriso segreto dell'essere. Mauro è un ex docente universitario di Filosofie orientali assertore anche lui del Non dualismo. Vedi Post) Per sopperire a questa mancanza proviamo ad inventarci degli obiettivi, a costruire un mondo o un’esistenza nelle quali ci consoliamo. Questo prende diverse forme: denaro, lavoro, marito, moglie, figli… Ma niente serve. Qualsiasi cosa capiti, qualunque sia la riuscita che ci accreditiamo, rimane una sensazione di mancanza, qualcosa di cui siamo alla ricerca. Quando, malgrado tutti  i nostri sforzi, niente di ciò che facciamo ci riempie, allora ci rivolgiamo alla religione.  Quando anche questo fallisce, alcuni si orientano verso le terapie… e quando anche lì c’è un fallimento, un piccolo numero di noi si mette in cerca di qualcosa chiamato illuminazione

La maggior parte del tempo ci rivolgiamo ad esperti di illuminazione che presumono l’esistenza di un’entità separata, che, propongono di fare qualcosa per avere l’illuminazione… Così la ricerca prosegue, fortificata dall’idea che ci sia qualcuno che può aspirare a qualcosa chiamata illuminazione… Tutta questa idea è radicata nell’ignoranza e non fa che rinforzare la ricerca e intensifica la sensazione dell’io o del me che cerca.

Ora, svelato il segreto, il messaggio è che c'è solo il Sé. La conseguenza di questa realizzazione è il ricordo di una percezione, ma non solo per qualcuno, che niente può essere fatto e che non può essere operata nessuna scelta per raggiungere l’illuminazione. E’ altrettanto chiaro che non c’è niente da diventare, nessun luogo dove andare e niente da scoprire.

La carità che uccide

 Vi consiglio di leggere questi due bei libri che parlano degli aiuti ai Paesi in via di sviluppo in una chiave di lettura molto critica: 

La tirannia degli esperti: Economisti, dittatori e diritti negati dei poveri   di William Easterly del 2014. L'autore in questo testo ricostruisce le politiche per lo sviluppo economico messe in atto nei Paesi in via di sviluppo da organizzazioni come la Banca Mondiale, le Nazioni Unite, La Gates Foundation, e altre agenzie. La sua analisi evidenzia i gravi errori dell'approccio tecnocratico allo sviluppo che poggia su una premessa sbagliata: che gli abitanti dei paesi poveri siano troppo inaffidabili per lasciare che prendano da soli le proprie decisioni. Easterly dimostra che questo presupposto è doppiamente errato: è moralmente offensivo e politicamente sbagliato.   Easterly dimostra che una crescita economica più rapida non può essere la motivazione per calpestare i diritti degli individui e i valori democratici. Joseph Stiglitz, Premio Nobel per l'Economia. William Russell Easterly (1957) è un economista americano, specializzato nello sviluppo economico. È professore di economia alla New York University.

La carità che uccide: Come gli aiuti dell'Occidente stanno devastando il Terzo mondo  di  Dambisa Moyo del 2011 ma ancora estremamente attuale.   Gli aiuti dei Paesi occidentali alle disastrate economie dell'Africa subsahariana ammontano ad oltre mille miliardi di dollari elargiti a partire dagli anni Cinquanta. Venticinque anni dopo, la situazione è ancora rovinosa: cosa impedisce al continente africano di affrancarsi da una condizione di povertà cronica? Secondo l'economista africana Dambisa Moyo, la colpa è proprio degli aiuti, un'elemosina che, nella migliore delle ipotesi, costringe l'Africa a una perenne adolescenza economica, rendendola dipendente come da una droga. Questi aiuti contribuiscono a diffondere la corruzione in Paesi privi di una governance solida e trasparente. In questo libro Dambisa Moyo pone l'Occidente intero di fronte ai pregiudizi intrisi di sensi di colpa che sono alla base delle sue "buone azioni", e lo invita a liberarsene. Allo stesso tempo invita l'Africa a liberarsi dell'Occidente, e del paradosso dei suoi cosiddetti "aiuti" che pretendono di essere il rimedio mentre costituiscono il virus stesso di una malattia curabile: la povertà.  Dambisa Moyo (1969) è un'economista e scrittrice zambiana naturalizzata statunitense analista di macroeconomia e di affari globali. Attualmente fa parte dei consigli di amministrazione di Barclays Bank.


Video che trattano gli argomenti contenuti nei libri:
  • Why Democracies Aren't Producing Economic Growth (2018) - Dambisa Moyo    Vedi link
  • The Tyranny of Experts (2014)  Vedi link
  •  William Easterly and Dambisa Moyo: Emerging economies in 2013  Vedi link
  •   Is Aid Killing Africa? Dambisa Moyo talks about Dead Aid on AB  (2009)   Vedi link

mercoledì 23 giugno 2021

Il Canto IV della Bhagavad Gìta.

 Canto IV della Bhagavad Gìta.    Il questo canto il Dio Krishna parla ad Arjuna, ed il tema della discussione è  "Che cos’è l’agire? Che cos’è il non agire?"

Colui che sa vedere nell’agire il non agire e nel non agire l’azione, questi fra tutti gli uomini possiede la vigilanza della mente, quegli è unificato nello yoga, quegli assolve tutti i suoi compiti.

Quegli, le cui imprese sono affrancate dal desiderio e da progetti [interessati], è lui che chiama saggio la gente avveduta, quegli il cui agire è bruciato dal fuoco della conoscenza ...

Abbandonando ogni attaccamento al frutto dell’atto, eternamente soddisfatto, non cercando alcun appoggio [esterno], anche se si impegna nell’atto, non “fa” assolutamente nulla.

Non domandando né aspettando nulla, padrone della propria mente e di tutta la propria persona, poiché ha rinunciato a ogni appropriazione e non compie atti se non corporalmente, non cade in errore alcuno.

Soddisfatto di quanto riceve per caso, avendo superato le coppie dei contrari, esente da egoismo, sempre uguale nel successo come nell’insuccesso, anche se agisce non è legato all'atto.

Quando ogni attaccamento se ne è andato, ed egli è affrancato da ogni legame, e la sua mente è stabilita nella conoscenza [liberatrice] ed egli agisce in vista soltanto del sacrificio, tutto intero il suo atto si dissolve.

Quando non si aderisce più agli oggetti dei sensi né agli atti, è allora che avendo rinunziato a ogni “progetto interessato”, si è detti aver terminato l’ascesa dei gradi dello yoga.

Colui che ha lo stesso giudizio nei confronti di esseri benevoli, amici, nemici, neutri, gente odiosa, alleati, buoni e anche malvagi,  Colui …….. a cui appaiono uguali la zolla, la pietra e l’oro, quegli si distingue eminentemente.   

Il corpo esposto al vento dorato

 Cosa si fa di fronte ai problemi che la vita pone continuamente?

Li si vede, li si accetta, li si riconosce, e ci si rimboccano le maniche per trasformare le cose negative in opportunità di crescita. Del resto in cinese e giapponese l’ideogramma di “problema” è lo stesso di “opportunità”.

Quello che noi incontriamo come problema può essere vissuto e trasformato in opportunità di crescita. È un’occasione d’oro per capire delle cose di noi stessi e della vita. Si tratta di rivolgere lo sguardo dentro di noi e fidarsi di come vadano le cose nella vita.

Spesso vogliamo che vadano in un modo e ci incamminiamo in una direzione che magari è totalmente sbagliata. Spesso si chiudono tante opportunità, fino a che se ne presenta un’altra che in ultima analisi si rivela molto più adatta a noi di quanto inizialmente avessimo ritenuto.

Gli indiani dicono che  il karma, sia come un imbuto che ci convoglia verso quella che è la migliore direzione possibile per noi. Possiamo anche NON essere convinti che sia la migliore soluzione possibile per noi, ma esiste forse un’alternativa? 

Questa potrebbe essere l’interpretazione del seguente koan. Nello zen i i koan sono delle frasi apparentemente senza senso ma che racchiudono profonde verità.

Un monaco chiese ad un maestro zen “Com’è quando gli alberi ingialliscono e le foglie cadono?

Il maestro zen rispose “Il corpo esposto al vento d’orato”.

Il significato è il seguente: quando sei esposto ad eventi non belli cerca di prendere il meglio e coglierne le opportunità.

Ma che cos'è davvero il Tantra?

Non c’è area del pensiero filosofico indiano che susciti tanta curiosità e al tempo stesso tanti equivoci quanto il tantrismo. Ciò innanzitutto per la grande confusione dovuta ad una inadeguata conoscenza dei testi. Di fatto, solo negli ultimi decenni sono apparse edizioni e traduzioni dei grandi testi tantrici: primo fra tutti, il Tantraloka di Abhinavagupta (X-XI secolo). L’opera si presenta come una gigantesca summa del sapere esoterico, in cui si tratta diffusamente di ogni possibile aspetto della via tantrica alla liberazione: la natura onnicomprensiva della coscienza, le pratiche yogi connesse con il respiro  e il risveglio della kundalini, l’uso dei mantra, la preparazione dei mandala. Descrive i vari tipi di pratiche d'iniziazione, dai riti con contenuti sessuali più o meno espliciti, ai metodi che consentono al meditante di far emergere le emozioni profonde, fino ad arrivare a percepire la pulsazione della coscienza. 
La parola Tantra ha origine dal sanscrito, traducibile come “trama” ed è composta dalla radice Tan = "espansione", e il suffisso Tra = "liberazione". Si tratta di un insieme di dottrine e di pratiche millenarie volte all'espansione dell'ordinario stato di coscienza, e all’unione della coscienza individuale con quella universale, e del maschile con il femminile. 

Il Tantra è un processo quindi per renderci più coscienti.  Ci spinge a risvegliarci, ad essere più attenti alle restrizioni e alle identificazioni del nostro falso ego e a diventare più vitali attraverso il risveglio delle diverse forme di energia: energia trascendente, energia mentale, energia espressiva, energia affettiva, energia emozionale ed energia sessuale. L’obiettivo è quello di riconoscere la propria intima, intrinseca vera natura sotto le apparenze esterne. Quando ne diventiamo consapevoli, anche il più insignificante momento quotidiano acquista un’estrema bellezza. In questo modo, non c’è più nulla di ordinario nella vita. Il tantra incoraggia a vivere la vita intensamente, totalmente, liberandola dalle tensioni, dai modelli precostituiti, dalle inibizioni. E’ il sentiero dell’anima che onora anche la sacralità del corpo celebrando i sensi e le esperienze di vita, la gioia della sensualità e della sessualità. 

La filosofia tantrica affonda le sue radici sia nel buddhismo che nell’induismo arcaico, ma si ritiene che sia stato l’induismo ad ereditare il tantra dal buddhismo, e non viceversa, poiché i più antichi testi filosofici di riferimento sono di compilazione buddhista. Al centro del pensiero tantrico vi è l’universo manifesto, considerato come espressione fisica e sensoriale del non manifesto: da qui l’idea che, attraverso l’immersione nel primo, si possa giungere a realizzare la piena unità con il secondo.
La disciplina tantrica lavora sull’armonizzazione dell’energia maschile e femminile, Shiva e Shakti, e il fine è risvegliare e canalizzare in modo appropriato l’energia Kundalini, che risiede dormiente alla base della colonna vertebrale, depositaria del segreto dell’illuminazione. 

Asana, mantra, pranayama, meditazione e retto agire, sono le componenti fondamentali del Tantra Yoga, e sono questi gli elementi che costituiscono l'ossatura della disciplina.  Nel cammino tantrico vengono ben distinte le vie cosiddette “della mano destra” e “della mano sinistra”. Nelle scuole della mano destra i precetti che spingono all’unione del principio maschile e femminile sono interpretati come una metafora dell’unione a livello energetico, mentre nelle vie della mano sinistra sono interpretati quasi letteralmente. Da qui ha origine il maithuna – il rituale segreto dell’amore – che non è tuttavia una pratica centrale, malgrado il Tantra sia oggi comunemente associato a questo. Al contrario il maithuna è ritenuto uno dei più alti e ultimi stadi che lo yogi deve affrontare perché solo i veri yogi possono permettersi di praticarlo come tecnica di meditazione.  Oggigiorno, molte scuole occidentali e alcune scuole indiane di vama marga che si sono separate dal dakshina marga, ovvero sentiero della mano destra o della conoscenza, non interpretano più le metafore sessuali ma le praticano letteralmente, almeno in parte. Ognuno ha il suo parere a riguardo ed è difficile capire dopo millenni se queste scuole siano completamente deviate dall'insegnamento iniziale, o se abbiano ragione almeno in parte. L’unica cosa che si può affermare è che, nonostante non ci siano mai stati dogmi morali riguardo le energie sessuali, esse erano considerate la materia prima di un processo trasformativo, e non lo scopo finale.  Il Tantrismo è l’esatto opposto dell’ascetismo che concepisce il corpo come primo nemico dello spirito. Il corpo nel Tantra è considerato infatti il tempio del divino (realtà sacra) ed è visto come il microcosmo dove l'anima individuale risiede per poter comprendere il macrocosmo dell'Universo, come strumento di sviluppo di consapevolezza superiore.  Il Tantrismo è la via che più si addice all'uomo che vive in questa epoca che non è quella del puro distacco, bensì quella della conoscenza, del risveglio, del dominio delle energie segrete racchiuse nel corpo. Il Tantra pone fine alla dicotomia corpo e spirito e cerca di ricongiungere la vita dello spirito e quella ordinaria e del corpo. «Secondo il tantra l’amore è sacro in quanto l’uomo è la manifestazione terrena di un Dio (Shiva) e di una Dea (Shakti). Perciò quando una coppia è in fusione amorosa significa che vi è un incontro tra due Divinità: l'una rappresenta l'energia maschile e l'altra quella femminile.  

Il famoso rituale insegna sia all’uomo sia alla donna ad utilizzare la sessualità per la propria evoluzione a tutti i livelli: fisico, mentale, emozionale e spirituale.  Tutte le scuole prevedono diversi livelli di approfondimento: si va dallo sguardo al tocco leggero, dal massaggio rituale alla meditazione.  Questo tipo di yoga può essere definito come ‘yoga del contatto" il cui obiettivo è la liberazione dal flusso ripetitivo dei pensieri, lo sblocco delle emozioni, l’ascolto del corpo a tutti i livelli energetici, da quello sessuale fino a quello spirituale: è molto frequente durante la pratica, che una persona pianga per l'emozione o che acceda a istanti di profonda consapevolezza. Unisce immanenza e trascendenza, corpo e spirito, sessualità e spiritualità, estinguendo ogni dicotomia e facendo incontrare le persone nella loro interezza e nella loro integrità. 

I benefici del Tantra yoga sono quelli specifici di ogni altra forma di yoga, e oltre i benefici a livello fisico, si avranno benefici nell'armonizzazione energetica, nella dimensione psicologica con netto miglioramento dell’umore, diminuzione dello stress, contenimento di stati depressivi, aumento della capacità di concentrazione. Volgendo lo sguardo alla dimensione intima della pratica, senza dubbio l’approccio tantrico contribuisce ad alleviare le tensioni di coppia, portando benefici in caso di problemi, quando questi hanno radici psicologiche. 

In tempi recenti il Tantra ha conosciuto una grande notorietà in Occidente, principalmente a causa dell'enfasi erroneamente posta sull'utilizzo di alcune pratiche sessuali; queste in realtà costituiscono solo una piccola parte della dottrina tantrica che combina corpo e mente, gioia e spiritualità, il riconoscimento della sacralità della Vita, una solida base morale, la pratica quotidiana delle asana per la purificazione del corpo e dei canali energetici, esercizi di concentrazione e meditazione. 

Nel Tantra yoga rientrano le forme di yoga più conosciute, insegnate e praticate in occidente: il Kundalini yoga, l’Hatha yoga, il Raja yoga, il Laya yoga e il Mantra yoga. Nelle scuole di yoga tantrico la precedenza viene data a pratiche e rituali di tipo soprattutto fisico - sensoriale. Descrivono bene questo concetto le parole di Mircea Eliade, storico delle religioni : “In queste discipline, le attività sensoriali venivano magnificate sconvolgendo le proporzioni come risultati di infinite identificazioni con gli organi e le funzioni fisiologiche con regioni cosmiche, stelle e pianeti, dei, eccetera. Hatha Yoga e Tantra transustanziano il corpo fornendogli dimensioni macro-antropiche e assimilandolo ai vari corpi mistici (…) Molti 'corpi sottili' sono sovrapposti: il corpo sonoro (suono), il corpo architettonico, il corpo cosmologico, il corpo mistico-fisiologico. Questa omologazione multistrato deve essere compresa; ma in quanto risultato dell'esperienza yogica, il corpo fisico si “dilata”, si “cosmicizza” e si transustanzia”. Sembra qualcosa di molto lontano, eppure si realizza ed esiste ogni giorno.  Diventarne consapevoli significa ampliare la coscienza. Fondamentale comunque, perché una via o un insegnamento possano definirsi tantrici, è l’approccio devozionale che enfatizza, nelle cose come nelle persone, la parte spirituale entrando in una dimensione, che ci permetterebbe di trovare l'armonia interiore e, simultaneamente, ci si "sintonizzasse col cosmo".   

All'estero il Tantra è molto più praticato rispetto all'Italia. In Germania e Francia, ma soprattutto in India e nei paesi orientali, è visto anche come un importante metodo di cura.  Comunque, attualmente, sono molte le scuole, associazioni che praticano l'insegnamento tantrico anche in Italia. 

Riferimenti.

  • Il testo Tantraloka (Luce dei Tantra) di Abhinavagupta è un trattato completo su tutti gli aspetti della via tantrica.  La traduzione dal sanscrito da Raniero Gnoli è considerata  una delle imprese più ardue dell’indologia contemporanea.
  • Shri Param Eswaran, è un maestro contemporaneo, iniziato alle pratiche dello yoga tantrico dal Maestro Swami Sivananda. Nel corso della sua vita Shri Eswaran ha privilegiato l’aspetto devozionale di questa filosofia. I suoi insegnamenti vertono su pratiche di sound healing (mantra), meditazione, massaggio tantrico e sull’adorazione del femminile sacro, quello che lui chiama “la Dea vivente”.  Vedi sito
  • Il testo Tantra. L'iniziazione di un occidentale all'amore assoluto di Daniel Odier, anche lui maestro contemporaneo, fonda nel 1995 il centro Tantra/Chan a Parigi. I suoi libri sono testi di riferimento per il tantrismo moderno. 
  • Il testo Amore e Tantra - Un percorso pratico per la felicità di coppia  di Stefano e Corienne Ananda. Sono due docenti di Yoga e Tantra presso la loro scuola Tantrayoga di Bologna.   Vedi sito
  • Il testo Yoga tantrico del Kashmir di Eric Baret. L'autore ci invita a scoprire la sottigliezza di questa disciplina, di questa arte di vivere millenaria, che utilizza il corpo come supporto alla realizzazione spirituale. Questa opera contribuisce senza dubbio a ridare allo yoga tutto il suo senso e la sua dimensione originale.
  • Il testo Tantra, la via dell'estasi sessuale di Elmar e Michaela Zadra che sono maestri contemporanei. Formati presso ashram induisti e monasteri buddhisti sui diversi aspetti della tradizione tantrica, integrati successivamente con materie più moderne (bioenergetica, PNL, sessuologia), Elmar e Michaela Zadra propongono un approccio al Tantra indirizzato principalmente alle coppie. 

domenica 20 giugno 2021

Lo yoga è pericoloso?

In occasione dell'International Yoga Day Vi propongo questo interessante articolo  comparso su Repubblica qualche tempo fa. 

Date un'occhiata anche al link con i 20 suggerimenti a fine articolo.

Per molti lo yoga è una disciplina "intoccabile". Ma come in tutte le cose bisogna trovare un giusto equilibrio. Non pretendere di fare esercizi avanzati se non siamo preparati, non affidarsi a maestri poco preparati, e non pensare che lo Yoga curi tutti i mali. Tra studi e ricerche, pareri di maestri e di medici facciamo il punto sulla polemica che continua a scuotere il popolo del web.

L’esercito degli Yoga-amatori è in continua crescita. Ormai lo praticano anche adolescenti e anziani, e non c’è palestra di fitness che non abbia corsi Yoga, sempre più affollati. Ma lo Yoga fa sempre bene? E perché aumentano i casi di incidenti dovuti alla pratica yogica? In rete il dibattito è vivace, e sono spesso gli stessi insegnanti che intervengono, per chiarire i dubbi e puntualizzare alcuni aspetti.

Il dibattito è partito dagli Stati Uniti, dove più di venti milioni di persone si dedicano ormai a questa pratica. A lanciare il sasso è stato, ormai qualche tempo fa, William J. Broad, autore del libro The Science of Yoga: The Risks and Rewards, di cui una sintesi è stata pubblicata in un articolo del New York Times che ha dovuto chiudere i commenti tante erano le reazioni polemiche. Broad cita le argomentazioni dell’anziano guru Glenn Black, del quale molti allievi sono reduci da infortuni seguiti da incidenti durante la pratica Yoga.

In seguito a questa esperienza, Black è arrivato a una posizione radicale: “la maggioranza delle persone dovrebbe abbandonare lo Yoga”. Viviamo infatti, secondo il guru, vite urbane, spese per la maggior parte del tempo seduti sulle sedie, così che lo Yoga si riduce a un paio di ore settimanali, nelle quali si pretende di fare pose avanzate nonostante la scarsa flessibilità e altri problemi fisici. “Ma ho visto anche insegnanti”, rivela Black, “fare la posizione del Cane a testa in giù così testardamente da lacerarsi i tendini di Achille”.

Insegnanti sempre meno preparati. Anche le riviste scientifiche – come Neurology, The British Medical Journal e The Journal of the American Medical Association – lo confermano da decenni (con tanto di storie cliniche a supporto): esistono posizioni Yoga realmente rischiose, che possono persino portare disabilità permanenti. Non è un caso che, negli anni 2000, il numero di ricoverati per incidenti Yoga, sempre negli Stati Uniti, è cresciuto esponenzialmente, senza contare quelli che si rifugiano da dottori, chiropratici e altri tipi di terapeuti. Sempre in America, nel 2009, un’ampia inchiesta rilevò che il maggior numero di incidenti durante lo Yoga aveva a che fare soprattutto con la spalla, il ginocchio e il collo.

Ma ad essere messa sotto accusa un po’ da tutti, come spiega anche l’insegnante di lungo corso Jessica Goldberg (che ne parla in un articolo apparso su Lapresse (leggi qui), è la formazione frettolosa degli insegnanti: “Si innamorano dello yoga, si iscrivono a una formazione che dure 200 ore e si lanciano nell’insegnamento”. Le conseguenze, conclude, sono facilmente immaginabili.

Sfatiamo alcuni miti: non è una medicina. E in Italia? Il dibattito si è più recentemente acceso anche da noi. Francesco Vignotto, che insegna nel centro Zenon di Novara, sostiene che non esiste al mondo “Nulla che possa fare bene se non può fare anche del male, quando utilizzata in modo sbagliato” (leggi qui). È come per i metodi naturali: pensare che si possano comunque prendere “tanto non possono fare danni” è come ammettere che non abbiano neanche alcuna efficacia benigna. E dunque, per quanto basso sia il rischio di infortunarsi, “non significa che lo Yoga sia innocuo”. Secondo Vignotto, “lo Yoga non è una medicina, né un brand che produce pillole miracolose e immuni da effetti collaterali”. Non solo. “Qualsiasi tecnica insegnata nello Yoga, presa di per sé e isolata da un contesto e da un percorso personale, cessa di essere Yoga ed è anzi potenzialmente dannosa se eseguita senza alcuna cognizione delle conseguenze che questa pratica comporta, ma soprattutto dell’obiettivo che tali pratiche hanno all’interno del sistema originario”.

Lo Yoga può aiutare a risolvere problemi di salute, migliorare l’aspetto e le prestazioni di ogni tipo, è invece “del tutto falso” che lo Yoga “inverta il processo di invecchiamento, risollevi seni, distrugga la cellulite, potenzi le prestazioni atletiche, sessuali e mentali, raddrizzi le schiene e curi questo o quel disturbo o che guarisca miracolosamente da malattie che la medicina ritiene incurabili” conclude l’esperto. (Su questo paragrafo non sono molto d'accordo, secondo la mia modesta esperienza, può ridurre il processo d'invecchiamento e lavorando sulla mente può arrivare a curare malattie non curate dalla scienza tradizionale).

Occhio all’integralismo ideologico e al divismo.  Interviene nel dibattito anche il medico e agopuntore Marco Invernizzi (leggi qui), che cita uno studio americano, dove si sostiene che le posizioni più rischiose sono quelle più avanzate, come le cosiddette inversioni: ad esempio la posizione sulla testa può portare a un aumento momentaneo della pressione intraoculare, e per questo dovrebbero essere praticate con cautela. Sempre Invernizzi porta l’attenzione, come tanti insegnanti Yoga, sulla pratica del Bikram Yoga, che è molto intensa e si svolge in stanze riscaldate e umide: per questo “può ridurre la capacità di avvertire il proprio limite da parte dell’allievo, aumentando di conseguenza il rischio di infortuni muscolari e/o articolari”.   Ma a potersi infortunare non è solo l’apparato muscolo scheletrico. Ancora più dannosa può essere un’ideologia dogmatica dello Yoga. “Ritengo infatti”, argomenta sempre Vignotto, che “integralismi, rigidità mentali e insane dinamiche di gruppo innescate soprattutto dal divismo da parte dell’insegnante siano dei veleni altrettanto dannosi quanto l’approssimazione nell’insegnare le tecniche corporee”. Di qui il consiglio a “cercare l’equilibrio, la concretezza più che l’immediata gratificazione emotiva, estetica o intellettuale” ed “evitare come la peste qualunque luogo dove si respiri aria di settarismo (chi è dentro è dentro e guai a chi si allontana) e dove si parli di argomenti che non si possano toccare con mano”.

L’unica cosa che conta? L’umiltà. E un monito a fermarsi di fronte a settarismi e personalismi è apparso anche qualche giorno fa sulle pagine del The Guardian (leggi qui). Dopo aver assistito al recente incontro-scontro sulla BBC (che verteva sulla proposta di regolare ruolo e compensi degli insegnanti yoga del paese) tra Paul Fox, il direttore del British Wheel of Yoga, un’associazione yogica storica inglese, e Swami Ambikananda Saraswati, un monaco indu, l’insegnante e scrittore Matthew Remski è intervenuto con un articolo sui possibili pericoli dello yoga.   Premettendo che rispondere alla domanda se lo yoga possa causare danni o meno è complicato, perché prima bisognerebbe chiarire cosa sia davvero lo yoga (uno sport, una terapia, una religione?), Remski scrive che le sue ricerche lo “hanno portato a credere che se ci sono danni da temere, ebbene quelli derivano non tanto da particolare posture o da un training inadeguato, ma da relazioni di apprendimento disfunzionali nelle quali le attitudini e i comportamenti dispotici degli insegnanti più noti vengono interiorizzate dagli studenti”. In altre parole, il vero rischio sono “i culti della personalità che rischiano di normalizzare metodi di insegnamento opinabile”. Certo, continua Remski, se rivendicare che la propria pratica derivi da una tradizione religiosa induista di cinquemila anni può spingere le persone verso la credulità, anche l’ossessione per la sicurezza può inculcare in insegnanti e allievi nuove manie, imperniate intorno a parole chiave, come “biomeccanica”, “movimento funzionale” e “sensibilità al trauma”. “Ma così si dimentica che gli atteggiamenti migliori per fare lo yoga sono la spontaneità e la curiosità”. In conclusione dice Remski, “né i burocrati dello yoga, né i preti dello yoga possono garantirvi la sicurezza. Se invece incontrate insegnanti indipendenti, di basso profilo e che non si danno arie, potrete facilmente intuire che vi stanno offrendo spontaneamente qualcosa che né la regolamentazione ossessiva né la religione vi possono garantire: l’umiltà”.

Francesco Vignotto, insegnante yoga, ci spiega la filosofia che deve guidare i nostri primi passi nella pratica dello yoga. Ma questi 20 tips sono importanti anche per chi già pratica per non dimenticare che lo yoga è una disciplina "intoccabile". E che come in tutte le cose bisogna trovare un giusto equilibrio. Non pretendere di fare esercizi avanzati se non siamo preparati, non affidarsi a maestri poco preparati, e non pensare che lo Yoga curi tutti i mali. Ecco tutta la verità sulla disciplina tra le più amate al mondo.  Vedi i 20 consigli

23 novembre 2016, D. Repubblica.it

L'International Yoga Day

 Il 21 giugno si celebra la giornata Internazionale dello Yoga.  Il 21 giugno è anche il solstizio d’estate, ovvero il giorno dell’anno in cui il sole raggiunge il punto più alto rispetto all’orizzonte e che regala, a noi abitanti dell’emisfero boreale, la giornata con più ore di luce ed è il  momento migliore per la nostra evoluzione spirituale e per assorbire l’energia cosmica.

In questo giorno, si rende omaggio al primo guru che ha trasmesso gli insegnamenti dei Veda  il saggio Vyasa, e a tutti i maestri o guru dello yoga.

L'International Yoga Day è stato istituito dall'ONU nel 2014, su suggerimento del Premier indiano Narendra Modi, riconoscendo che lo yoga favorisce un approccio olistico alla salute e al benessere della persona, e che una più ampia divulgazione dei benefici contribuirebbe a migliorare la salute della popolazione a livello mondiale. L'International Yoga Day è stato festeggiato per la prima volta il 21 Giugno 2015. La giornata internazionale dello yoga si festeggia in tutto il mondo, in tutte le piazze delle capitali europee con lezioni pubbliche che attirano migliaia di persone.  Nel 2017  ad Ahmedabad, Gujarat, in India  si è raggiunto il numero di 54.522 partecipanti.

Ogni anno viene scelto un tema per questa speciale giornata di yoga, un tema che  è calato nella realtà del momento. Quest'anno, vista la pandemia, si è deciso di utilizzare questa giornata per promuovere lo yoga praticato in casa ed in famiglia, con numerosissime proposte virtuali, che ci si augura possano dare un importante segnale di forza e speranza.

Di solito in questa occasione si propone una speciale lezione di yoga che segue il protocollo stabilito dal Governo Indiano per la giornata internazionale dello yoga. Vedi articolo  

Si tratta di una sequenza completa, che lavora su tutto il corpo e nella quale oltre l’esecuzione delle principali posizioni di hatha yoga, sono comprese anche le tecniche di controllo del respiro (pranayama), mudra e il canto dei mantra.

Le parole sanscrite e la traduzione del mantra scelto per questa occasione speciale sono le seguenti: 

“Sam gacchadvam sam vadadhvam       “Possiate muovervi in armonia, 

Sam vo manam janatam                           Possiate parlare all’unisono

Deva bhagam yatha purve                        Lasciate che le vostre menti  siano equanimi come al principio

Sanjanana upasate”                                  Lasciate che la divinità si manifesti nei vostri sacri intenti”

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Le sequenze di asana termineranno con la recitazione del mantra per la pace:

“Sarve bhavantu sukhinah,                                    “Possano tutti essere felici,

Sarve santu niramayah,                                            Possano tutti essere liberi dalle malattie,

Sarve bhadrani pashantu,                                         Possano tutti vedere quello che è buono,

Maa kascit duhkha bhagvavet                                 Che nessuno soffra

Shantih, shantih, shantih”                                         Pace, pace, pace”

La ricerca spirituale - Nisargadatta Maharaj

Chi si immette sul cammino spirituale è spesso alla ricerca. 

"Ma cos’è che stai cercando?  Non c’è niente! C’è solo il processo della ricerca, la tua vita è solo il tuo esistere, il mondo oggettivo è fatto di dualità, nel mondo oggettivo c’è soltanto dipendenza…. 

Solo la coscienza è indipendente, ed è solo un minuscolo granello, ma tutto questo mondo illusorio nasce da essa."    Nisargadatta Maharaj


Lo scopo dello yoga è ritrovare il vero Sé, ritrovare l’unità, trascendere la non dualità.

Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel blog ci sono ci...