venerdì 14 gennaio 2022

Il business del benessere

E’ dalla fine degli anni '90 che ci si interroga sulla scienza del benessere,  Il sociologo Nicolas Marquis studia il fenomeno da anni.  Nell’universo professionale avere un lavoro medio e una vita  media è diventato inaccettabile. Bisogna essere soddisfatti interamente. Si sta instaurando un’ingiunzione ad essere felici.  Visto che il miglioramento di se stessi è infinito, infinite diventano le proposte.

Oggi il benessere è il cuore della strategia editoriale. Libri per vivere meglio, delle vere e proprie guide pratiche. Manuali di yoga per bambini e opere per essere genitori positivi.  Proliferazione di workshop , seminari, coaching, MOOC consacrati al benessere.  Tra i libri più venduti abbiamo La tua seconda vita comincia, quando capisci che tu ne hai solo una di Di Raffaele Giordano, che ha venduto 600.000 esemplari. Seguono i testi del psichiatra Cristophe Andrè  (tra cui Vivere felici),  e le opere di Laurent Gounelle.   Paragonato a Paulo Coelho, Gounelle è autore di diversi bestseller in Francia, fra i quali La felicità viaggia sempre in incognito, Il filosofo che si stancò di essere saggio e L'uomo che voleva essere felice

Tal Ben Shahar, professore ad Harvard e star della psicologia positiva, organizza seminari durante tutto l'anno. Florence Servan-Schreiber ha creato in Francia una accademia on line consacrata all’apprendimento della psicologia positiva, la "3kifsacademie".    Per  Fabrique Spinoza occorre  ridare al benessere il posto centrale nella nostra società.  Audrey Akoun è la creatrice della fabbrica del benessere.  Nelle imprese sta nascendo il profilo del Chief Happiness Officer.. 

Purtroppo in questo immenso spazio possono entrare i mercanti del benessere e guru senza scrupoli. Molti seguono proprio un percorso di impresa.  Il settore del benessere personale è propizio anche all’apparizione delle sette, e la scientologia è molto presente in questo settore.  E’ la faccia oscura della ricerca all’appagamento personale. Secondo un report di McKinsey (settembre 2021) il settore del benessere costituisce un business da 1,5 trilioni di dollari, e crescerà con un tasso annuale del 5-10% a livello globale. Un’importante occasione per le aziende.

 Altri testi:

  •   Il business del benessere. Claire Aube. 
  • La scienza della felicità. Come vivere bene? Nuova ediz. di Francesco Cavalli Sforza, Luca Cavalli Sforza

Waking Up: A Guide to Spirituality Without Religion - Sam Harris,

Sam Harris, in Waking Up: A Guide to Spirituality Without Religion,  tratta una vasta gamma di argomenti tra cui la spiritualità secolare,  l'illusione del sé, le sostanze psichedeliche e la meditazione. Difende l’idea che l’etica e la spiritualità possano avere un fondamento laico e scientifico. La spiritualità consiste a esplorare e cambiare lo spirito umano. Si tratta si di una trascendenza per accedere ad una vera conoscenza.  Le tradizioni orientali sono all’origine di una metodologia introspettiva estremamente preziosa, la meditazione e di approcci empirici, sofisticati e liberi da disordini religiosi.

Queste pratiche spirituali sono di interesse per i neuro scienziati  e gli psicologi, perchè portano stabilità emozionale, benessere psicologico, e migliorano la salute fisica. Migliorano l’immunità, riducone lo stress, l'ansietà e la depressione. Nessuna preghiera a non importa quale Dio, otterrebbe una minima parte di questi benefici.  Ci sono mille modi per essere felici, ma quello che ci rende felice è impermanente, siamo in uno stato di insoddisfazione cronica e siamo coinvolti in una conversazione perenne e sgradevole con noi stessi:  autocritica, rimorsi per il passato, e ansietà per il futuro. La meditazione è quello strumento che ci permette di fermare questa agitazione incessante, anche se per brevi istanti. Prendere coscienza spirituale, ci permettere di vivere l’istante presente in uno stato fuori dall’usuale. Lo scopo esplicito delle pratiche contemplative orientali è provare nel profondo, concetti come la non dualità o l’illusione dell’ego.  Ci permettono di trasformare radicalmente la nostra coscienza sul piano emotivo, contemplativo e etico modificando profondamente la nostra relazione con gli altri.

La spiritualità è universale, non dipende da alcuna tradizione culturale particolare. Molte mistici sono riusciti a fare una esperienza trascendentale al di la dei dogmi della loro fede, e sono spesso stati trattati come blasfemi.  Tra questi, il poeta persiano Roumi, il Maestro Eckhart, e il mistico persiano Al-Hallaj. Se quello che si cerca è la comprensione dello spirito umano, non si troverà niente nei libri sacri delle religioni monoteiste. Anzi, i dogmi a volte sono particolarmente sconcertanti, l’idea che Dio esista,  che esista la Trinità, Gesù che si è sacrificato, pensare all’anima come qualcosa di separato dal corpo, ecc.    Né il nostro dualismo religioso, né il nostro cartesianesimo aiutano a studiare la coscienza.  Praticando certe discipline si cambia il modo di essere nel mondo. Esercizi fisici e a volte anche duri sono utilizzati per discendere negli stati di coscienza sempre più profondi. 

sabato 8 gennaio 2022

Yoga. L'enciclopedia - Ysé Tardan-Masquelier

 "Lo yoga non avrebbe mai raggiunto un pubblico così vasto se non avesse soddisfatto un'aspettativa dell'Occidente". Spesso abusato, lo yoga non è né uno sport, né una religione, né una semplice tecnica di benessere. Ripercorrendo la storia plurimillenaria di questa pratica, l'accademica Ysé Tardan-Masquelier offre una storia intellettuale originale e stimolante dello yoga.

Ysé Tardan-Masquelier (1949 - ), dottore in storia e antropologia delle religioni, ha insegnato per molti anni alla Sorbona e all'INALCO, ed è direttrice di Cultures et spiritualités d'Asie all'Institut Catholique di Parigi. Attualmente direttrice del progetto della Scuola Francese di Yoga, e ha creato l'Observatoire du yoga. Con Frédéric Lenoir, Ysé Tardan-Masquelier ha realizzato l'Encyclopédie des religions (2000) e Le livre des sagesses (2002). Ha pubblicato molti libri, tra cui Un milliard d'hindous, Jung et la question du sacré, e L'Esprit du yoga.

Intervista a Ysé Tardan-Masquelier, effettuata da Le Monde, dicembre 2021.

Praticato da quasi 300 milioni di persone nel mondo, lo yoga è, per molti dei suoi seguaci, molto più di una semplice attività sportiva. Rivolgendosi alla totalità dell'essere, impegna il corpo tanto quanto la mente. Ysé Tardan-Masquelier ha curato Yoga. L'encyclopédie, un'affascinante saga dello yoga che "non ci dice come si fa lo yoga, ma come è stato fatto, chi lo ha inventato e reinventato nel corso di una lunga storia, come ha permeato la cultura indiana e perché è stato globalizzato in Occidente".

Domanda:  Cosa significa la parola "yoga"?

Risposta: Nei testi vedici, che costituiscono la base originale delle tradizioni indiane, composti tra il XV e l'VIII secolo a.C., questa parola designa l'azione di legare un cavallo a un carro - in un contesto epico - o un animale a un carro per viaggiare. Si tratta di 'aggiogare', di 'unire' le energie in modo tale che si uniscano in un percorso unificato - 'giogo', 'unire' e 'yoga' condividono la stessa etimologia. "La parola "yoga" sarà associata all'idea di disciplina interiore, il sentiero della vita. Questo significato è diventato molto rapidamente metaforico.  La parola yoga si trova nell'antico buddismo, nel giainismo e nei primi testi della tradizione indù, in particolare nella Bhagavad-Gita, nel II secolo a.C. 

D: Lo yoga è davvero radicato, come spesso si pensa, nel tempo immemorabile?

R: Lo storico non può confermarlo. Al massimo, può risalire al periodo che precede la nascita dello yoga stesso, nel primo millennio a.C. Alcuni studiosi hanno ipotizzato una forma originale indigena di yoga che risale a due o tre millenni prima di Cristo. Al momento non lo sappiamo.

D: In cosa consisteva lo Yoga alle sue origini?

R: Nel periodo vedico, cioè alla fine del secondo millennio a.C., gli asceti praticavano esercizi piuttosto austeri - posture invertite o sedute molto lunghe, combinate con esercizi di respirazione o digiuni, per esempio. Anche se rari, i resoconti di questi asceti diventano più frequenti nei secoli successivi, in particolare all'epoca della spedizione di Alessandro Magno (IV secolo a.C.), che si dice abbia incontrato degli asceti in India. Chiamati "gimnosofisti" - letteralmente "saggi nudi" - dai greci, erano capaci di stare seduti per lunghi periodi al sole, circondati da fuochi per aumentare la temperatura, o altri esercizi.  Tuttavia, queste pratiche non sono ancora indicate come 'yoga' ma come tapas, che significa ascetismo, ascesi. Lo yoga conserva il suo significato di disciplina di vita, di saggezza, come si trova nella Bhagavad-Gita, e soprattutto nel grande testo fondatore dello yoga, gli Yoga sutra, composti intorno al 3°-4° secolo della nostra era.  Questo corpus non parla quasi mai di posture o di respirazione: solo tre aforismi riguardano le posture, altri tre la respirazione. In realtà, la postura di base è quella seduta. Poiché lo scopo dello yoga è quello di raggiungere stati meditativi e di potervi rimanere a lungo, era necessario trovare la posizione più stabile e facile possibile - la posizione del loto, per esempio.

D: Quando si sono sviluppate le asana, le posture emblematiche dello yoga?

R: Apparentemente abbastanza tardi, all'inizio del secondo millennio d.C. Ci fu allora una convergenza tra gli esercizi ascetici e la filosofia dello yoga, dando origine a una saggezza che era incarnata, che passava attraverso il corpo. Gli esercizi posturali e di respirazione, così come la visualizzazione di uno spazio interno sottile nel corpo, sono stati gradualmente sviluppati. Tutto questo è all'origine dell'hatha yoga, che si è formato tra il 13° e il 15° secolo.  

D: In Occidente è diffusa l'idea che si tratti di una forma di "spiritualità secolare", per dirla in modo anacronistico. Che cos'è veramente?

R: È davvero anacronistico, poiché il mondo indiano non sapeva cosa fosse la laicità fino al XX secolo. Tuttavia, la dimensione filosofica dello yoga significa, che non è necessariamente radicata in una religione. Se esiste uno yoga devozionale, in particolare dedicato al dio Shiva, tutta una riflessione metafisica sviluppata in particolare negli Yoga sûtra non implica la venerazione di una divinità. Questo crea una certa plasticità metafisica, che significa che lo yoga è stato in grado di adattarsi al mondo musulmano o cristiano, così come ai mondi atei.  A partire da questa base, una grande diversificazione avrà luogo: certe scuole di asceti si faranno strada proponendo varie sequenze di posture. I sufi musulmani erano particolarmente interessati e ripresero il vocabolario posturale e respiratorio degli yogi. Poi è stato il turno degli occidentali a partire dal XIX secolo.

D: Che ruolo ha il respiro e perché è così fondamentale in questa disciplina?

R: I primi sperimentatori, gli asceti di cui ho parlato prima, hanno capito che c'è una relazione tra il respiro e le emozioni. Quando la mente è agitata, si disperde, e anche il respiro è agitato. Al contrario, quando calmiamo il ritmo del respiro, questo ha un effetto sulla mente e sulle emozioni. In secondo luogo, il respiro non è che il riflesso a livello dell'individuo di qualcosa di molto più universale: il soffio della vita, che sta alla base dell'esistenza dell'universo. C'è un continuum tra il corpo umano e il cosmo, che sono animati dagli stessi respiri - per questo la funzione respiratoria dell'essere umano è stata fortemente sviluppata.

D: Per quale alchimia la sequenza di posture, al di là della semplice ginnastica, può favorire la calma della mente?

R: La sequenza di posture è giustificata solo se introduce l'intero organismo umano in un ritmo fluido che lo calma. La mediazione del respiro è dunque indispensabile. Naturalmente, lo yoga può essere praticato come una forma raffinata di ginnastica, per portare l'equilibrio a livello fisiologico. Ma in realtà, suona su diverse ottave. Molto rapidamente, anche se l'idea di una separazione tra corpo e mente è proposta dalla nostra razionalità occidentale, il praticante si rende conto che sono intimamente legati. Lavorare sul corpo con il respiro agisce necessariamente sulla mente. "Ciò che distingue lo yoga dalla ginnastica raffinata è la sua apertura a un livello di percezione più sottile". Altre ottave, che corrispondono a ciò che potremmo chiamare in generale la ricerca di senso, possono allora essere rivelate. Quindi, ciò che distingue lo yoga dalla ginnastica raffinata è la sua apertura a un livello più sottile di percezione, a una forma di trascendenza, anche se non è necessariamente religiosa.

D: Come possiamo spiegare che i saggi dell'antica India avevano l'intuizione di una saggezza attraverso il corpo, quando l'Occidente tende ad enfatizzare la mente, l'intelletto?

R: A questa domanda si può rispondere solo per ipotesi. Le scuole di saggezza indiana e greca sono molto simili in termini di interrogazione filosofica e metafisica.  Eppure le saggezze greche tendevano a lasciare da parte il corpo, a rimandarlo alla palestra o alle Olimpiadi, mentre l'India faceva fiorire l'esperienza spirituale dal corpo. Perché è successo? È impossibile rispondere. In effetti, c'è qualcosa di molto asiatico in questa enfasi sul corpo, che si trova in Cina nel taoismo, in Giappone, in Corea, in Tibet... Questa grande rottura tra corpo e spirito, che ci viene dai greci, non è certamente avvenuta in Asia.

D: Marginale per millenni, persino elitaria, la pratica dello yoga è diventata universale. Perché?

R: Nel corso dei secoli, in India si è verificata un'apertura dei lignaggi yogici alla società. Un tempo riservato ai bramini e agli asceti, lo yoga cominciò a interessare i principi Mughal e i raja indù dal XVI al XIX secolo. Questo interesse si è poi diffuso in una popolazione molto più ampia. A partire dal XVII secolo, molti yogi divennero i maestri spirituali degli uomini di tutto il mondo. C'è stato quindi un movimento continuo, dalla metà del II millennio d.C., di apertura e "popolarizzazione" dello yoga. I guru venuti in Occidente a partire dal XIX secolo, come Vivekananda (1863-1902), facevano parte di questo movimento. Ma lo yoga non avrebbe probabilmente mai trovato un tale pubblico, al di fuori di circoli estremamente ristretti, se non avesse soddisfatto un'aspettativa dell'Occidente. Quando i primi guru arrivarono alla fine del XIX secolo, i movimenti che criticavano la modernità come troppo razionale, troppo materialista e insufficientemente umanista stavano già attraversando le società occidentali. Questa modernità, che ha dato vita alla rivoluzione industriale, non ha soddisfatto alcuni bisogni essenziali di benessere e di spiritualità. In breve, lo yoga è arrivato in Occidente in un momento in cui stava emergendo una forma di disillusione nei confronti della modernità. Così, i trascendentalisti americani, gli spiritualisti romantici tedeschi e i teosofi cominciarono a cercare altrove le fonti di resilienza e rigenerazione, rivolgendosi all'Asia. 

D: Secondo un recente sondaggio condotto dall'Unione Nazionale degli Insegnanti di Yoga, 10 milioni di francesi hanno praticato yoga negli ultimi tre anni, un aumento del 300% in dieci anni. Dovremmo essere felici di questa democratizzazione dello yoga o dovremmo preoccuparci del rischio di un suo uso eccessivo?

R: Lo yoga è, in un certo senso, già abusato. Ciò che questo sondaggio evidenzia è la portata del fenomeno yoga in Francia, dato che un quinto dei francesi adulti pratica o ha praticato yoga negli ultimi tre anni. Sotto il nome di yoga si trovano tutti i tipi di pratiche, alcune delle quali sono in realtà molto incoerenti. L'unico modo per rispondere a questa dispersione, che è molto caratteristica della globalizzazione, è quello di uscire allo scoperto insistendo su due elementi fondamentali: la formazione degli insegnanti e il rispetto di un codice etico. Questi due strumenti esistono e sono il frutto di un lavoro ventennale, iniziato prima del 2000. Oggi si tratta di far conoscere meglio questi due strumenti, affinché si affermino gradualmente. Per esempio, non è normale pretendere di formare un insegnante di yoga in un solo seminario di quaranta ore. Certo, l'insegnante di yoga non deve essere onnisciente, ma è comunque portatore di una disciplina che ha diverse migliaia di anni e di cui deve conoscere la storia. Dovrebbe anche avere conoscenze di anatomia, psicologia e conoscere i suoi limiti. L'insegnante di yoga deve anche lavorare su se stesso, in modo che la relazione tra l'insegnante e lo studente sia giusta e sicura. Se 10 milioni di francesi fanno yoga o l'hanno fatto di recente, devono sentirsi sicuri. Dobbiamo quindi continuare a spiegare e formare meglio. 

D: L'ultimo rapporto di Miviludes (la Missione interministeriale di vigilanza e lotta contro le aberrazioni settarie) avverte dei potenziali rischi di aberrazioni settarie associati a questa pratica. Cosa ne pensa?

R: Come in molte discipline, c'è spesso una forte relazione tra l'insegnante e la persona che intraprende questa pratica. I rischi di aberrazioni sono altrettanto alti, ed è quindi giusto che Miviludes li indichi, che queste aberrazioni siano intenzionali o meno: desiderio di esercitare un'influenza sui discepoli, inesperienza degli insegnanti, ecc. 

D: Un'altra minaccia per lo yoga non è la sua strumentalizzazione per scopi politici in India?

R: Assolutamente. Ciò che sta accadendo in India deve essere monitorato da vicino, poiché il Paese è attualmente guidato da un gruppo nebuloso di politici che sono stati cresciuti con una visione del nazionalismo indù - quello di un'India che, pur rimanendo democratica, trarrebbe la sua identità dalla religione di maggioranza, l'induismo. Questa spinta identitaria, che esiste altrove che in India, ha un impatto sullo yoga. In effetti, lo yoga è usato come una vetrina non violenta per il nazionalismo, usato come strumento di seduzione. Nel 2015, il primo ministro indiano Narendra Modi ha ottenuto che le Nazioni Unite dichiarassero la Giornata Internazionale dello Yoga il 21 giugno. Mentre molti praticanti in tutto il mondo si uniscono alle celebrazioni, dobbiamo fare attenzione a questa strumentalizzazione dello yoga da parte di forze che sono estranee alla sua filosofia.

D: Lei scrive che lo Yoga è una "scuola di saggezza". In che modo questa scuola di saggezza rimane rilevante per il nostro tempo?

R: Lo yoga è più rilevante che mai, mi sembra, perché il mondo moderno in cui viviamo è complesso e disorientante. Ci permette di ri - focalizzarci, di mettere in ordine il nostro corpo fisico e mentale - di ritornare al significato antico di 'yoga', quello di imbrigliare le nostre energie per camminare su un sentiero. Lo yoga è un percorso. Avere una disciplina oggi, in questi tempi di trasformazioni rapide e confuse, mi sembra estremamente prezioso.

D: Che consiglio darebbe a qualcuno che vuole iniziare a fare yoga?

R: Chiedere al loro maestro dove è stato formato, non affidarsi a nessuno, e anche coltivare la pazienza. Se succede che uno è entusiasta fin dalla prima lezione, deve lasciarsi andare allo yoga, che a poco a poco pervade il corpo e lavora in profondità. Bisogna avere la pazienza di praticare regolarmente da tre a sei mesi per iniziare a sentire gli effetti.        _____________________________________

Anche se ci sono centinaia di manuali su questa disciplina, che ha avuto origine nell'antica India, e che si soffermano sull'arte e sul modo di tenere le famose asana - o posture - una storia intellettuale dello yoga mancava nel panorama editoriale francese. Questa lacuna è stata ora colmata  ed è stata appena pubblicata l'opera "Yoga. L'enciclopedia". E' una vasta opera illustrata da una ricca iconografia (duecento illustrazioni a colori), che ha riunito una sessantina di collaboratori provenienti dai quattro angoli del mondo, sotto la direzione di Ysé Tardan-Masquelier. Storici, antropologi, sociologi, filosofi, etnologi e insegnanti di yoga fanno luce sulla storia a lungo termine di questa pratica, dalla sua culla indiana alla sua globalizzazione esponenziale a partire dal XIX secolo, in un modo particolarmente innovativo. Il libro interesserà tanto gli esperti del saluto al sole, quanto coloro che non hanno mai messo piede in un'ashram. Perché, nel raccontare la straordinaria storia di questa pratica, un tempo marginale, che è diventata oggi un fenomeno sociale mondiale, questo libro parla a tutti.

Alle radici dello Yoga – Mauro Bergonzi

Mauro Bergonzi è stato docente di “Religioni e Filosofie dell’India” presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, è socio ordinario della International Association for Analytical Psychology (I.A.A.P.) e psicologo analista didatta del Centro Italiano di Psicologia Analitica (C.I.P.A.). Ha pubblicato articoli e saggi sui processi meditativi nel buddhismo antico, sulla psicologia del misticismo, sul simbolismo religioso, sul comparativismo filosofico, sugli aspetti transpersonali nella psicologia analitica di C.G.Jung, sul pensiero filosofico non-dualista, sull’incontro tra Oriente religioso e Occidente contemporaneo e sul dialogo interculturale fra psicologie sapienziali orientali e psicologia occidentale. Da diversi anni conduce gruppi di “condivisione dell’essere” a Roma, Bologna e Rimini secondo una prospettiva non dualista e non confessionale.

 Nel 2017 il prof. Mauro Bergonzi è stato ospite a Ravenna per una conferenza pubblica sul tema “Il silenzio della mente e la luce della coscienza: alle radici dello yoga”.       https://www.youtube.com/watch?v=Uc5uOmY_Xy4

Durante la conferenza il prof. Mauro Bergonzi ha trattato gli aspetti essenziali dello yoga, non solo come sistema filosofico, ma anche come sistema di salvezza e le sue origini.  "Yug" significa unire, mettere insieme, quindi yoga è l’unione del sé individuale con il sé universale, questa definizione è comunque restrittiva e si applica solo ad alcune forme di yoga che si trovano nell’ambito di scuole come il Vedanta. Lo yoga come sistema a sé, indica da un lato un sistema di salvezza indiano che si fonda sugli Yoga sutra di Patanjali (II e III secolo d.C. , lo yoga è uno dei sei darshana, i sentieri filosofici indiani) e dall’altro c’è un modo di intendere la parola yoga, paleo indiana che esisteva dalla notte dei tempi ed ha influito sul pensiero indiano, infatti c’è stato uno yoga buddhista, yoga jainista, yoga vedanta.   Yoga è quindi una parola molto più ampia e più antica.

Le origini dello yoga. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che lo yoga è un portato delle civiltà pre-arie, dal 1500 a.c. , questa civiltà indo-europea si diffonde in tutta l’India per poi diventare una religione, il bramanesimo che ha prodotto i Veda (la letteratura sanscrita più antica che abbiamo). Altri studiosi hanno ipotizzato che lo yoga potrebbe essere anche più antico, 2500 a.c. quando esisteva la civiltà dell’Indo. Di questa civiltà, sono stati trovati diversi sigilli di divinità associate allo yoga, come la statuetta a gambe incrociate e fallo eretto, che è stato supposto essere un proto- shiva, che unisce gli opposti, l'eros e l'ascesi.  I Veda sono stati tramandati oralmente e ancora oggi molti indiani sono in grado di recitarli interamente a memoria. La scrittura dei Veda inizia nel 1500 a.C e finisce nel 4-5 secolo a.C.  Nella parte più recente della letteratura vedica, le Upanishad, che sono la matrice seminale di tutti i sistemi filosofici indiani, compare la parola yoga.  Le Upanishad parlano per intuizioni mistiche, in molte parti di questi testi compare la domanda fondamentale:“Chi sono io?”  Una domanda che tutti i sistemi sapienziali pongono, da non confondere con una ricerca psicologica, che ha come obiettivo di conoscere la propria psiche, le sue dinamiche, le parti inconsce per riuscire a vivere una vita nella sua pienezza, evitando conflitti.  La domanda posta nelle Upanishad è "Quale è la mia l’essenza, la mia identità, se scarto tutte le manifestazioni esteriori?" Noi soffriamo perché in realtà non sappiamo chi siamo. Quello che sono io, è questa sorgente misteriosa da cui proviene il mio sguardo sul mondo. Quello che vede tutto, quello che percepisce tutto è l’atman e coincide con tutto quello che appare, con il fondamento della realtà, io non sono solo questo corpo, questa mente, io sono l’universo intero, sono il Brahman.

L’insegnamento mistico centrale delle upanishad. (VIII – V secolo a.C.)
.  Il Brahman è la sostanza con cui è fatto tutto, il fondamento di tutto, noi non lo vediamo perché non ha forma, ma assume tutte le forme. E' come l’oro che può assumere tutte le forme. L’atman è collegato al respiro, quando non respiriamo più non c’è più identità. Il vero sé esiste quando scarto tutto quello che non sono. Cosa è quella cosa che c’è sempre, nonostante i cambiamenti? Se scarto tutto quello che cambia: i vestiti, il corpo, le emozioni, i pensieri,  resto sempre io. Quale è il residuo che rimane invariato?  

In India c'è un racconto che dà una risposta a questa domanda: Un re incontra un saggio brahmano e gli chiede il permesso di fargli delle domande. In India, il brahmano è superiore al re, e il saggio glielo concede. Il re chiede: Quale luce illumina l’uomo? Il saggio risponde: Il sole,  Il re chiede:   Si, ma durante la notte? Il saggio risponde: La luna.  Il re chiede: E quando è tramontato il sole e la luna non c’è? Il saggio risponde: Il fuoco.  Il re chiede:  E quando il sole e tramontato, la luna non c’è?  Il saggio risponde: Il fuoco illumina l’uomo.    Il re chiede: Ma quando il sole non c’è, la luna non c’è, il fuoco non c’è, che cosa illumina l’uomo? Il saggio risponde: La parola.  Il re continuò a domandare: Ma quando c’è silenzio, quale è la luce che illumina l’uomo?  Il saggio risponde: “l’atman”, ed il re allora chiese: Cosa è l’atman?  Il saggio risponde: E' quell’essenza che noi chiamiamo coscienza.

Quando noi abbiamo eliminato tutto ciò che cambia, rimangono due cose, quello che rimane è il fatto che ci sono, e sono cosciente. Se non sono cosciente, non appare niente. Nel sonno profondo sparisce tutto.  Bisogna fare una distinzione tra la coscienza e i contenuti della coscienza. Per lo yoga è importante la distinzione tra le cose di cui sono cosciente: percezioni, sensazioni, pensieri e la coscienza in sé, l’osservatore. Le sensazioni appaiono e scompaiono, l’osservatore non cambia.  Esempio del sonno: Nel sonno, uno si identifica con il personaggio del sogno, il dormiente, identificandosi con questo personaggio sembra che tutto il resto sia esterno a sé, il dormiente non sa che le montagne, fiumi, ecc, che percepisce sono della stessa sostanza di cui è fatto lui, la coscienza. La coscienza che abita in lui, è la stessa che abita tutto il sogno. Il personaggio del sogno pensa di essere una coscienza separata da tutto il resto, se qualcuno lo insegue scappa, ecc. Secondo questi sistemi, l’illusione di essere un io separato nello stato di veglia è identica a quella del sogno; Jiva è l’illusione di essere un io separato, illusorio, il campo corpo-mente che appare nella coscienza. L'Uno è anche quel corpo-mente, ma non è solo quel corpo-mente, è tutto l’universo. Queste considerazioni portano ad una differenza enorme nella percezione, se mi identifico con il corpo che si ammala, ho il terrore della morte, se invece penso di essere la coscienza dove tutto appare, è totalmente diverso. Quando ci mettiamo alla ricerca di questo sé, dobbiamo solo partire dalla considerazione che il sé è qui e adesso, ed eliminare tutte le distrazioni. Anche la meditazione può essere male interpretata, può essere considerata come un processo, dal più semplice al più complesso, come lo studio della matematica. La meditazione parte dalle nostre complicazioni della vita e dovrebbe andare verso la semplicità, quindi non è un costruire, ma un decostruire, non è fare, ma lasciare andare, fino ad arrivare alla semplicità del Sé, che sta sotto tutte le complicazioni. Bisognerebbe semplificare e lasciare andare tutti i pensieri.

 C’è un detto taoista: "l’uomo dotto apprende una cosa al giorno, l’uomo del tao dimentica una cosa al giorno fino a che non raggiunge il non fare". Il silenzio della mente è importante per trovare la coscienza. Nello yoga si inizia la meditazione concentrandosi su un punto, se tu metti l’attenzione sul punto, escludi tutto il resto.  Rimani in silenzio, ed osserva il respiro continuamente, vedrai tutte le sensazioni ed i pensieri che vanno e vengono in periferia. Nella Chandoya Upanishad questo processo si presenta sotto forma di allegoria: "Come un uccello legato ad una corda volando qua e la, e non trovando sostegno, si rifugia dove è legato, quindi sul palo, il pensiero divaga qua e  la e non trovando rifugio da nessuna parte si appoggia sul respiro, al respiro è legato il pensiero".   Nella Kata Upanishad, appare per la prima volta la parola yoga legata ad un percorso interiore e meditativo, ci troviamo di fronte ad un proto yoga che attua il silenzio della mente, con un ri-orientamento dell’attenzione. La luce della coscienza che di solito si proietta all’esterno tramite i sensi, viene ruotata di 180 gradi, e rivolta all’interno alla ricerca della sua stessa sorgente, che è il Sé. Cito dalla Kata upanishad: "L’essere in sé effettuò l’apertura verso l’esterno, ma di tanto in tanto, alcuni spiriti arditi, desiderando l’immortalità, hanno rivolto lo sguardo all’interno trovando se stessi. Gli uomini guardando all’esterno incappano nella rete della morte, ma i saggi avendo visto l’immortalità non cercano le cose qua, che sono transitorie, ma conoscendo il grande Sé, ciò che è sempre presente, nella veglia e nel sonno, i saggi non hanno nessuna paura". Quindi i sensi e il pensiero discorsivo vanno acquietati, ciò che nel sistema classico sarà chiamato pratyahara.  Si tratta di portare l’attenzione della coscienza all’interno ed investigare sulla sorgente da cui sgorga la mente stessa. Il saggio controlla dunque il pensiero e la parola, la mente la faccia rientrare nel pensiero razionale, poi rinunci anche a questo, faccia rientrare la ragione nel grande Sé, nel Sé pacificato.  Il saggio avendo intuito che l’origine dei sensi è diversa da quella della coscienza, ed avendo intuito che i sensi sorgono e spariscono indistintamente dalla coscienza, non ha più paura:  "Quando i cinque sensi e la mente cessano la propria attività, la ragione non opera più, allora si dice che questa è la meta più alta, questo fermo dominio dei sensi lo chiamano yoga". Questa é la prima definizione di yoga nella letteratura sanscrita come un sistema di meditazione. Poi, dopo le Upanishad, la parola yoga apparirà nei grandi poemi epici come il Maharabhatta e nella Bhagavad Gita (canto sesto di questo poema), e spesso associata alla concezione della scuola Sankya.

La scuola (o filosofia)  Sankya sostiene la distinzione tra l’osservatore e l’osservato, ossia è un sistema dualista che assomiglia al sistema di Cartesio res cogita, res extensa. Per il Sankya da una parte c’è la prakrti, la materia, che si muove, ma non è cosciente e forma la natura che ha livelli diversi di intensità, anche i nostri pensieri sono materia sottile. Dall’altra parte c’è il purusha, che è sola coscienza, è immateriale, non fa niente, osserva, ed è il nostro vero Sé. Secondo questa scuola, se uno fosse liberato si renderebbe conto di essere una coscienza eterna che osserva lo spettacolo della materia e della mente.  Esempio della proiezione del film: Il purusha, la coscienza è lo schermo, la prakrti è il film, e  accade tutto nel film.   Noi ci identifichiamo con il corpo e con la mente e quello che succede al corpo e alla mente, pensiamo accada anche a noi.  Perché si verifica questa falsa identificazione?   Perchè la buddhi (l'intelletto) paragonata ad un computer non cosciente, che discrimina ciò che vede, determinando se è vero o falso,  essendo coperta da tante scorie, non funziona bene, e non riesce a percepire il vero Sé.  Per il Sankhya la buddhi (l'intelletto) è la parte della materia più sottile e trasparente ma non cosciente, quando il Sé osserva la materia, tra cui la buddhi, la trasparenza della buddhi crea la confusione, tra coscienza e quello che fa la buddhi. Per spiegarlo gli indiani usano l’immagine del cristallo, su una mano ho un cristallo, dall’altra un fiore di ibisco rosso acceso, quando il fiore, passa dietro e si allinea al cristallo, sembra che il cristallo sia di colore rosso, il rosso sia dentro. L’incomprensione nasce quando la coscienza del Sé (il fiore) attraversa la buddhi (il cristallo) e si crea l’idea sbagliata che la buddhi sia cosciente. In questo caso quando ci si chiede "Chi sono io?",  si risponde: io sono un corpo, una mente cosciente e si crea tutta l’identificazione che ci fa soffrire, per tutto quello che succede al corpo e alla mente. Quando prevalgono gli elementi satvici, più puri, le scorie sono rimosse, la buddhi funziona meglio e si accorge dell’errore attraverso la discriminazione, ed avviene la liberazione.   Questa è la base del sistema sankya, che sottolineava l’importanza di capire la differenza tra la mia identità come osservatore e il mondo esterno. Se riesco a capirlo bene, sono libero.  

 Lo yoga usa le stesse categorie, però in modo diverso;  Non è convinto che il metodo Sankya, ossia del ragionamento logico e delle considerazioni, possa portare alla liberazione. Infatti, il Sankya non parla di meditazione e di azioni. Queste considerazioni non bastano per lo yoga, in quanto siamo fortemente condizionati dal nostro passato, che inconsciamente distorce la nostra percezione, quindi occorre un grosso lavoro (meditazione ed altro) per disinnescare questi condizionamenti, e quindi non basta il ragionamento logico.  Lo yoga ritiene che occorra fare un’esperienza di cosa è la pura coscienza indipendentemente dal ragionamento logico. Esempio della proiezione del film: Se stanno proiettando un film dove ci sono scene di paura, panico ecc, il Samkya dice "guarda che è solo un film", e lo spettatore non ha più paura.  Lo yoga invece ti spegne il proiettore per un po’, così capisci che l’unica cosa reale è uno schermo bianco, non ci sono paure, pallottole, ecc.   Perché ci sia una reale trasformazione e una reale comprensione,  devo spegnere per un po’ il proiettore, per vedere cosa c’è realmente. Una cosa è dire: io sono la coscienza, una cosa è fare meditazione, ed eliminare le sensazioni fisiche, i pensieri, i ricordi. Quando è stato eliminato tutto, il meditante si accorge, che quando spegne il corpo e la mente, lui c’è, come pura coscienza di esserci. Ha coscienza di cosa resta, quando si rimette in modo il film è più consapevole.

All’inizio del testo Yoga sutra di Patanjali, su cui è fondato lo yoga come sentiero filosofico, i primi versi spiegano brillantemente questo concetto.

  •     1 verso:  “yoga citta vritti nirodha”, citta indica la mente, lo psichico che è la materia sottile, vritti, vorticare, un girare continuo, l’attività della mente, nirodha bloccare, arrestare,
  •     2 verso: perché allora l’osservatore, il purusha, il sé, la coscienza, dimora nello swarupa, dimora nella vera forma, essenza,
  •     3 verso: altrimenti assume la forma della attività mentali.

Lo yoga è fermare le attività della mente, solo in questa dimensione il purusha, il sé, la coscienza dimora nella sua vera forma, altrimenti assume la forma delle attività mentali. Lo yoga è fermare il film, allora lo schermo diventa visibile nella sua vera forma, altrimenti assume la forma del film. Questo approccio pone la centralità del purusha, del testimone, che rimane allo stato puro quando si raggiunge il samadhi. Nello yoga, la pratica del samadhi è una tecnica estremamente avanzata in cui la mente è ferma e dimora quieta, assapora ciò che rimane dopo avere eliminato l'eliminabile e se una cosa si può togliere, significa che non è la parte essenziale di te. Lo yoga asserisce che se non si arriva al samadhi, non ci si può convincere. L'Essenza non  può essere percepita solo razionalmente o intellettualmente e mentalmente.   Lo yoga è un fermare tutto, anche l’asana, la postura, il respiro.

Successivamente, lo yoga tantrico ha introdotto l’hatha yoga che lavora sulle energie sottili ed ha moltiplicato le forme fisiche per lavorare sul corpo e sul respiro.  In realtà  i praticanti dello yoga originario pensavano solo alla meditazione, non gli importava niente delle posizioni. Nel testo Yoga sutra le posizioni non sono nemmeno accennate, ti dicono solo che la posizione (di meditazione) deve essere comoda e confortevole, tenuta a lungo. Come si fa ad arrivare ad una quieta profonda tenendo una posizione scomoda?  E' come combattere per la pace.

Dobbiamo fermare il corpo, fermare il respiro, Il pranayama è infatti la sospensione del respiro, il ritirare i sensi, e tutto questo per raggiungere la quieta profonda. A furia di spegnere il film, riesci a capire che dietro c’è solo lo schermo, alla fine si arriva ad una comprensione profonda. Anche per lo yoga, come tutte le correnti soteriologiche ( dottrina o idea di salvezza) dal Vedanta al buddhismo, ecc, il vero nemico è avydia, spessa tradotta con l’ignoranza, ma in realtà viene da a - privativo e - vydia vedere.  Quindi avydia vuol dire non vedere, è l’inconsapevolezza di quello che ci manovra alle spalle. La conoscenza ordinaria diretta, invece, si basa sul "conosco perché vedo".  Un maestro vedantico del secolo scorso affermò: "Noi possiamo essere liberi solo da ciò che conosciamo, ciò che non conosciamo ci prende alle spalle e ci travolge".

Il soggetto della liberazione è la buddhi? Secondo il Sankhya il nostro vero sé è sempre libero, noi siamo sempre liberi, la sofferenza nasce da una confusione che si crea nella buddhi (l'intelletto) quando si identifica con l'io. La cosiddetta liberazione è una rettifica della visione della buddhi. La materia è composta dai guna, ossia dai tre fattori: satva, rajas, tamas. Il satva è collegato alla trasparenza, leggerezza, lucidità; Quando nella buddhi prevale il satva, la buddhi viene liberata dalle tante scorie e comincia a funzionare meglio, in questo modo è più facile percepire il vero Sé, e correggere l’errore.  Il sistema sankya è un sistema dualista, l’universo è costituito da queste due cose, la natura, la prakti e il Sé cosciente, il purusha  sin dall’origine. Si usa spesso per spiegare questo concetto l'esempio del cieco che porta sulle spalle uno zoppo, la natura non è cosciente ma si muove; invece il sé cosciente, non si muove, non fa niente. Al Sankya non interessa mettere all’origine un Dio, è un sistema ateo, e non pone nessun principio prima di queste due cose.

Questa dicotomia tra osservatore e osservato, purusha e prakrti, è ripreso dallo yoga.  Per lo yoga è utile distinguere i contenuti della coscienza, dalla coscienza stessa, e nello yoga la liberazione è chiamata kailasha che vuol dire, isolamento, ciò vuol dire che il purusha si isola dalla prakrti, ma potrebbe anche voler dire che nell’immagine che ho di me stesso, isolo ciò che veramente sono (la nostra parte divina Atman che è un'emanazione del Brahman), da quello che credevo di essere, ma non ero. Non si è arrivati mai ad una chiara metafisica dello yoga perché il testo Yoga sutra è più di pratica meditativa, che di filosofia ontologica e non dice molto sulla concezione dell’universo. Si potrebbe solo arrivare a dedurre che il sistema Yoga non è ateo.    

Domande e risposte.

Domanda: Lo yoga di Patanjali si differenzia dagli altri tipi di yoga che lavorano sulle energie sottili, posizioni ecc, quando c’è stato questo spartiacque?
Risposta di Mauro: E’ uno sviluppo, un processo, intanto lo yoga inteso come insieme di pratiche meditative, e liberazione è tipicamente indiano, c’è uno yoga buddhista molto più antico di Patanjali, ad esempio negli Yoga sutra ci sono molti influssi buddhisti, nella terminologia, nirodha viene dal buddhismo,  e prima del risveglio il Buddha andò da due maestri che insegnavano una meditazione sulla linea dello yoga. Il Buddha ha imparat da altri la pratica meditativa basata sulla concentrazione e la quiete. Gli Yoga sutra si affermano in un periodo in cui prevale la purificazione della mente, per avere una chiarezza della buddhi tale da arrivare alla liberazione, l’individuo deve purificarsi di tutto quello che è negativo: le emozioni negative, ecc, una via basata sull’ascesi. All’epoca chi praticava lo yoga, lo faceva full time, non ti sposavi, oppure eri arrivato ad un periodo in cui lasciavi la famiglia ed andavi in questi luoghi di comunità di meditanti e facevi yoga dalla mattina alla sera. In una prospettiva ascetica, dove si lasciava una vita operativa per una vita contemplativa.  C’erano comunque altre vie, nella Bagvad Gita si parla di tre yoga, ma qui la parola yoga non è specifica come quella che abbiamo usato; yoga vuol dire via, tre vie di cui solo una, lo jnana yoga, lo yoga della conoscenza corrisponde a quello di cui abbiamo parlato fino adesso, il karma yoga ad esempio non prevede l’abbandono della vita attiva, hai una famiglia, ecc… quindi non si deve rinunciare all’azione, ma al frutto delle azioni, quello di trarne un vantaggio egoico. Lo yoga è comunque la via della purificazione, nel tempo, lo yoga viene ad assumere tanti altri aspetti, quello delle scuole vedantiche, l’aspirazione verso l’Uno, la comunione con Shiva, Vishnu, fino ad un certo periodo, da dove inizia un fenomeno chiamato tantrismo, che ha la caratteristica di sostituire il concetto di purificazione con quello di trasformazione delle energie.

Il tantrismo dice che la via della purificazione va bene, mi devo liberare da odio, paura, attrazione, desiderio, confusione, queste cose le devo eliminare gradualmente attraverso un tragitto lunghissimo per avere una mente pura ed arrivare alla liberazione. Ognuna di queste cose negative, paura, ira, è abitata da una energia neutra che poi diventa negativa, perché sei coinvolto, se impari a svincolare l’energia dal contesto in cui avviene l’emozione, tu la puoi cavalcare verso la liberazione, accelerando i tempi. Da qui si rivalutano tutte quelle cose considerate impure dalla cultura pragmatica, come il corpo. Nella visione purificatrice, il corpo non deve darci fastidio, per il tantrismo il corpo è uno scrigno sacro pieno di energie che collegano il micro e macro cosmo, che possono essere usate, trasformando i processi fisici, usando anche il sesso.  Nello yoga viene applicato il brahmacharia, l’energia sessuale va usata ma non dispersa, nel tantrismo l’energia sessuale va cavalcata e gestita.  Nel tantrismo, questo processo di controllo delle energie è molto pericoloso, ecco perché nel tantrismo assume importanza la figura del guru, perchè ci vuole un controllo stretto quando si manipolano certi tipi di energie, l'energia è come un serpente in una canna di bambù, può andare verso l’alto o verso il basso, in questo caso diventa pericoloso. Un maestro tibetano scappava inseguito da un allievo fuori di testa con un’ascia, il maestro si volta e dice: "fermati e guardati, adesso tu sei compiuto nell’ira". L’allievo si guarda lascia cadere l’ascia e comincia a danzare. L’osservazione del maestro si sposa con l’auto osservazione, l’energia della rabbia cade e diventa danza.  All'avvento del Tantrismo non c’è stata una scissione netta tra questi diversi indirizzi di yoga.  Lo yoga ascetico ha continuato a coesistere insieme a certe forme di tantrismo.  La scuola tantrica dopo qualche secolo si è estinta, ma lo yoga no. Nel libro Yoga sutra si parla di energie sottili, ma questo aspetto non è stato poi sviluppato. Si tratta, soprattutto, l’aspetto spirituale psicologico. Esiste una correlazione tra energie e cosmo, e la conoscenza delle energie sottili in India è molto antica, già nei Veda e in molte Upanishad c’è il riferimento alle nadi collegate al sole, ecc.     Invito a leggere gli Yoga sutra con commenti affidabili, suggerisco il commento di Vyasa, che data circa 100 anni dopo la stesura finale degli Yoga sutra, che poi è stato a sua volta commentato. E' il più affidabile, essendo il più cronologicamente vicino agli Yoga sutra, si suppone che possa darne una spiegazione che rifletta meglio quello che voleva dire l’autore. Gli autori che nei secoli successivi hanno citato gli Yoga sutra intendono anche il commento di Vyasa, lo trattano come un unico testo, ed è cominciata ad emergere l’idea che il commento lo avesse fatto lo stesso Patanjali, Vyasa vuol dire anche compilatore. A volte il commento forza il sutra per interpretarlo. L’ipotesi più accreditata è quella del Prof. Raffaele Torella, il quale asserisce che Patanjali è l’autore dei commenti e non del testo Yoga sutra, nel senso che lui, volendo fondare una sintesi sullo yoga, è andato a scegliere uno per uno questi sutra da testi esistenti che datano al massimo un secolo prima. Leggendo gli Yoga sutra con commento di Vyasa si evita di fare elucubrazioni e proiezioni.

Domanda: Quando inizia questa separazione tra l’Io e il Tutto?
Risposta: Nella scienza moderna si è sviluppato moltissimo quello che viene chiamato pensiero sistemico, si vede l’universo come un solo processo, un sistema solo, dove astrattamente puoi separare una cosa per studiarla, ma ogni cosa è una manifestazione di questa corrente interattiva, chiamata universo. Come individuo biologico non sono separabile dall’aria che respiro, faccio parte di questo flusso continuo, se qualcuno mi chiede "chi sono io?" dovrei rispondere: sono l’universo, perché non c’è nessun pezzo staccabile dall’universo e dire io sono solo questo, io sono tutto questo. Un individuo complesso crea un sé per coordinare il tutto, attualmente le neuro scienze non hanno identificato un punto del cervello che corrisponde al sé, ma emerge come una costruzione mentale che, è utile a coordinare le parti e a dare risposte veloci. Il punto è se la coscienza può ridursi a questo sé, la coscienza purtroppo non è studiabile, non è un processo. Puoi studiare i contenuti che appaiono alla coscienza, puoi studiare i pensieri, cosa succede se tocco quell’area del cervello, ecc.   Le scuole filosofiche indiane non dualiste, dicono che l’universo è un’esplosione di differenze, ma non c’è nessuna reale separazione, le differenze non vengono negate, ma non sono separate. Un giorno Dio che è il tutto, si annoiava, voleva giocare a nascondino, creò delle parti di sé, che si dimenticassero di essere lui, in modo che Lui si nascondesse a loro in loro, quelle parti siamo noi che ci siamo dimenticati di essere Dio. Il senso è quello di fare tana e ricordarci che, noi siamo sempre stati Lui. Si parla di cuore del riconoscimento, uno si accorge che pur essendo anche un corpo, una mente, ecc. è Shiva, è sempre stato Shiva.
Il tutto, l’universo che senso ha? Per dare un senso dovremmo collegarlo a qualcosa di esterno, ma se dico il tutto, non c’è un fuori. In India inventano la danza, c’è il piacere di muoversi fine a se stesso, è la danza stessa il senso del sé, l’universo viene visto come la danza di Shiva. Alan Watts dice: noi viviamo la vita come un viaggio, questo è il problema, ci dicono che il traguardo è quando andremo a scuola, alle elementari, alle medie, alle superiori, all’università, laurea, lavoro, successo nel lavoro, ecc; e quando arriva il successo ti accorgi che sei infelice come lo eri prima, il traguardo diventa la pensione, dove ti potrai godere la vita, poi ti accorgi che sei senza capelli. La prostata ingrossata, non puoi più fare niente. Alan Watts dice: Tutto avrebbe potuto essere la stessa cosa, ma non come un viaggio, ma come una musica, che va cantata o danzata in momento in momento, e vivere quello che facciamo.  La metafora indiana della danza di Shiva rispecchia proprio questo approccio. Trova senso in se stessa, nella danza stessa, non in altro.

Domanda: Che giudizio dà sui tipi di yoga attualmente in Occidente?
Risposta: Non ho approfondito molto questa questione, ma so che studi recenti ritengono che gran parte dello yoga che è arrivato in Occidente,  ha delle origini molto ristrette, non è il panorama dello yoga che c’è in India, ma è soltanto una parte della tradizione, quindi non abbiamo coscienza della ricchezza della vastità dello yoga. Lo yoga che è pervenuto in Occidente è uno yoga tardo tantrico, derivante dai testi tantrici, ed in particolare dal testo Hatha yoga pradipika.  Non c’è connessione tra gli studi accademici da una parte, e i praticanti e i maestri dall’altra. Occorre che l’accademico non insegni soltanto ma impari dalle scuole yoga, le scuole yoga invece, hanno bisogno di una visione più obiettiva, spesso maestri che commentano gli yoga sutra, dicono tante stupidaggini. Poi le forme occidentali in cui lo yoga è usato per altro, non le demonizzo, ma ad esempio la concentrazione, il rilassamento, il lavoro sul corpo di per sè non sono aspetti spirituali. Lo yoga è stato concepito come una via, in cui il corpo ha la sua importanza, come forma di conoscenza diretta, che non passa per la testa, per il pensiero, è un via spirituale, di liberazione, non dai conflitti psichici, ma liberazione da ciò che nasce e che muore.  Sono perplesso e contrario a ridurre lo yoga a quello del trekking, ecc.

Molto belle le considerazioni di un partecipante alla conferenza e di seguito riportate: Salve professore, ho ascoltato con molta attenzione la sua conferenza e devo farle i complimenti per la profondità dei contenuti e la chiarezza della sua esposizione, devo però dissentire su una conclusione che lei cita in merito alla “liberazione” cui arrivano la maggior parte degli autori che scrivono in materia, e cioè: “…il meditante, che grazie allo yoga è riuscito a interrompere il film mentale, ha un'esperienza diversa rispetto a quella del Samkhya, dove invece nella migliore delle ipotesi lo studioso comprende solo razionalmente di essere il Purusha!”     Tutto questo è senz'altro vero ma secondo me è errato pensare che a furia di ripetere l'esperienza diciamo del “samadhi” , cioè continuando a interrompere il film mentale prima o poi si ottenga “la liberazione”. La realtà credo sia diversa e la si può comprendere
solo se si fa la distinzione tra “illuminazione” e “realizzazione”. L'illuminazione non è il risultato finale come tanti pensano del percorso yogico (di qualsiasi tipo esso sia); di fatto esistono molte forme di illuminazione che consistono nei diversi gradi della presa di coscienza di essere il Purusha. Come anticipato, lei ne ha accennate due: quella del Samkhya dove il soggetto arriva a comprendere: "Io sono Io! E questo che vedo è solo un film!" e quello dello Yoga dove il soggetto che riesce a spegnere addirittura il film dice: "Io sono Io! E questo era solo un film!".    Posso ammettere che siano magari due livelli di illuminazione di intensità diversi (come due lampadine a diverso voltaggio) ma tutt'e due sono “solo” illuminazioni, “la liberazione vera” invece si ottiene solo quando questa presa di coscienza viene messa in pratica e cioè trasferita nella pratica quotidiana. In che modo? I modi sono tanti, per esempio il Buddha, preso spesso come parametro di riferimento, non si è liberato dopo aver ottenuto l'illuminazione, per liberarsi ha dovuto realizzare questa sua presa di coscienza. Come? Ritornando alla vita sociale e iniziando la divulgazione del suo sapere, attraverso l'insegnamento e la costituzione di gruppi orientati a rifare il suo percorso. In questo modo la liberazione (il Nirvana), l'ha poi verosimilmente ottenuto dopo la sua morte naturale. Tutto questo per dire di non fare lo stesso errore della psicoanalisi, o della psicologia in genere, dove molti credono che la guarigione dalla malattia mentale avvenga già solo con la presa di coscienza delle proprie problematiche. No, la guarigione si ottiene soltanto mettendo in pratica ciò che si è capito e, nel caso dello Yoga, la liberazioe si ottiene mettendo in pratica la consapevolezza di essere tutti Uno (ovvero che noi e gli altri siamo davvero la stessa entità) il che significa, o si traduce con, il mettersi al servizio degli altri in maniera altruistica e disinteressata (in molti modi come ho detto), come se gli altri fossero noi stessi, proprio come ha fatto il Buddha.

venerdì 7 gennaio 2022

The pillow

The Pillow è un canal Youtube aperto da alcuni ragazzi per raccontare storie di mondo, condividere prospettive diverse ed esaltare le differenze tra persone e popoli.  

Casualmente mi sono imbattuto su alcune storie riportate da questi ragazzi che danno una prospettiva diversa del modo di vivere oggi, sono storie di persone che decidono di vivere in modo più naturale, meno nevrotico, immersi nella natura, rivalutando il senso del sacro e dedicando tempo allo sviluppo di una coscienza piuttosto che al consumismo. 

Vi riporto alcuni servizi che penso potrebbero interessare persone che cercano una vacanza diversa, a contatto con la natura. 

  • Tra i boschi dell'Umbria si nasconde una comunità spirituale fondata sugli insegnamenti del grande Guru indiano Paramahansa Yogananda.    https://www.youtube.com/watch?v=maFzHYItcSU
  • Un borgo del Molise ha deciso di offrire un soggiorno di 4 notti in cambio di un libro. https://www.youtube.com/watch?v=bkRFN9MVIJ8   Comune di Macchiadodena (Isernia)
  • Il pianista che vive in un rifugio sul mare da 5 anni.
  • L’isola in affitto per 50€ a notte.
  • Nel nome di "another perspective" siamo partiti alla scoperta dell'isola Asinara e dell'incredibile storia del suo unico abitante.
  • Esiste un luogo in Italia in cui le persone vivono e lavorano senza mai utilizzare il denaro. 
  • Esiste un borgo ligure anche detto "Borgo degli artisti" nel quale si respira un forte senso di libertà.
  • Santo Stefano di Sessanio in Abruzzo, per incentivare il ripopolamento, è disposto a fornire alloggio e stipendio a chi fosse pronto a trasferirsi in paese per almeno 5 anni.  L'albergo diffuso Sextantio.
  • L'eremita che dal 1990 vive isolato tra i boschi dell'appennino umbro.
  • L'ex imprenditore che vive in un camper sulle sponde del lago di Garda

ecc, ecc...   Hanno scritto un libro vedi: https://www.amazon.it/gp/product/8858038657/ref=as_li_tl?ie=UTF8&camp=3414&creative=21718&creativeASIN=8858038657&linkCode=as2&tag=andreanonni-21&linkId=d63de8bf224ede1d669b79e26117eccf   

Un viaggio verso il Sè. L'opera visionaria di Jung - Frédéric Lenoir

 Frédéric Lenoir (1962 - ) è uno scrittore,  filosofo e sociologo francese, autore di saggi, romanzi, racconti, che vengono tradotti in varie lingue.    Ha co-fondato la Fondation SEVE , Savoir être et Vivre Ensemble e ha creato l'associazione Ensemble pour les Animaux .  sito: https://www.fredericlenoir.com/it/

Nel testo Jung - Un voyage vers soi, pubblicato recentemente, Lenoir parla  dell'opera visionaria di Karl Gustav Jung (1875-1961) che costituisce una delle più grandi rivoluzioni del pensiero umano. Jung è stato uno dei pionieri della psicanalisi ed ha elaborato una serie di concetti, all'epoca nuovi, come la sincronicità, l'inconscio collettivo e gli archetipi, i tipi psicologici dell'anima e animus, l'ombra ed il processo di individuazione. Jung ha trattato il rapporto dell'uomo con la spiritualità, il bisogno dell'uomo del sacro ed ha criticato il formalismo e l'intolleranza delle grandi religioni.  Secondo Jung l'uomo occidentale ha perso questo rapporto con il sacro e il numinoso; l'uomo occidentale deve ricominciare questo processo di individuazione, ossia esprimere pienamente se stesso e realizzare quello che gli indù chiamano il Sè, la totalità dell'essere o Brahman, e riscoprire la parte divina, che porta a sentirsi parte della natura e dell'universo. Durante questo processo, si devono integrare le polarità, la nostra parte femminile,  l'anima, e la nostra parte maschile, l'animus, e riconciliarsi con la nostra parte nascosta.   Questo processo di individuazione è avviato dal Sè, una specie di guida interiore e coadiuvato dal me (dall'io).  Questo processo di individuazione è avviato grazie a simboli,  immagini,  miti e archetipi, che rappresentano dei "linguaggi" che permettono una forma di comunicazione tra gli individui, e che sorgono attraverso dei "mediatori", che sono le sincronicità, i sogni, l'immaginazione e i riti.   Questo processo di individuazione che porta alla realizzazione del Sé passa attraverso quattro tappe: 1- passare dalla persona (il ruolo sociale) al me (all'io), una volta che il me è ben definito ed integrato nella psiche, 2- è possibile domare l'ombra, (aspetti della personalità che rimangono inespressi e nascosti)  3- integrare il proprio animus e anima (archetipi della personalità maschile e femminile), poi 4- riconciliare gli opposti al fine di arrivare alla realizzazione del Sé.

Jung ha un rapporto particolare con l'esoterismo e i fenomeni paranormali  in quanto era circondato in famiglia, da persone che avevano queste facoltà mediatiche.  Questo lo portò a scrivere la tesi intitolata Della psicologia e della patologia dei fenomeni occulti.  Jung comincia ad esercitare la professione da Psichiatra nella clinica di Zurigo, ed è convinto che non serve a niente di trattare i sintomi del paziente senza una conoscenza della sua storia personale. Quindi un approccio olistico, un trattamento della totalità della persona.

Jung sposa Emma Raushenbach che assisterà e consiglierà il marito fino alla morte.  Jung pensa che molti grandi artisti come Bach, Shakespeare sentano che la loro opera, la loro arte è l'espressione diretta del loro inconscio. Nel 1907, all'età di 31 anni, inizia la collaborazione con Sigmund Freud. La rottura avverrà nel 1914, per le posizioni diverse sulla libido, e sull'idea di Freud che tutti i disturbi sono di origine sessuale,  e sull'idea che l'inconscio è popolato principalmente da desideri sessuali. Jung ha un'idea più ampia della libido e la considera come Bergson, uno slancio vitale e considera l'inconscio un vasto continente inesplorato che cerca di comunicare con il nostro io cosciente attraverso i simboli. Jung sarà molto influenzato da Bleuler, Pierre Janet e Theodore Flournoy.

La rottura con Freud, lo porta ad una forma di depressione, e comincia ad emergere in lui la parte inconscia, una personalità irrazionale, poetica, introversa e contemplativa. Anche dal punto di vista della sessualità è stato un precursore dell'amore libero e delle istanze del sessantotto. Benché molto attaccato alla famiglia e alla moglie, in questo periodo va ad aprirsi ad altre relazioni amorose.  Sarà un suo paziente ed amico ad affermare che la civilizzazione ha spento la forza creatrice dell'essere umano: la sessualità.  Questo suo amico asserisce che credere nella permanenza di un sentimento amoroso per una sola persona durante una vita intera è un'illusione e che l'esclusività sessuale è una menzogna. E predica la liberazione sessuale e l'amore libero. Jung sulla base di queste considerazioni decide di vivere un rapporto con una giovane russa,  sua ex paziente Sabina Spielrein.  Sabina Spierlein diventerà medico e pioniere del movimento psicanalitico in Russia, creerà la pratica psicoanalitica con i bambini, analizzerà il celebre pedagogo Jean Piaget.  Fu assassinata dai nazisti nel 1942. David Cronenberg  ha realizzato un film su questa passione amorosa dal titolo A Dangerous Method.  Questo rapporto consente a Jung di scoprire e di assumere la sua natura poligama. Durante la sua vita avrà diverse legami con altre donne, senza nasconderlo a sua moglie. La quale finì per accettare la relazione durevole che Jung ebbe con Antonia Wolff, che divenne in pratica la sua seconda compagna, più che la sua amante.

Sempre nel periodo della rottura con Freud, Jung fu sommerso da un flusso di visioni e voci interiori, di sogni che annunciavano eventi collettivi, come il bagno di sangue della prima guerra mondiale. Comincia ad eseguire mandala (immagini simboliche di supporto alla meditazione) e annota queste esperienze basate sul dialogo tra conscio ed inconscio. Ne scaturirà un libro il Libro rosso, su cui incolla anche disegni simbolici e calligrafie. Questo testo è la dimostrazione che i grandi pensatori possono convivere con la follia senza esserne catturati. E fa pensare molto al testo di Nietzsche Così parlò Zaratustra.

Jung asserisce che al centro della coscienza c'è quello che viene chiamato io, la coscienza è sottomessa a due attitudini della libido: una che spingerebbe la persona verso il suo mondo interiore ed una che lo spingerebbe verso l'esterno. Inoltre, la coscienza utilizza quattro funzioni differenti per apprendere l'ambiente dove vive che sono: la sensazione, l'intuito (irrazionali), il pensiero e il sentimento (razionali). Di volta in volta, una di queste funzioni prende il sopravvento per caratterizzare la persona.

Spinoza è stato uno dei primi autori a sottolineare che, la maggior parte dei nostri atti sono il frutto del nostro inconscio. L'inconscio non è solo il deposito del nostro passato, ma può conoscere il futuro attraverso dei sogni premonitori. L'io è soltanto il soggetto della  coscienza, mentre il Sè (termine preso dalla filosofia indiana) è il soggetto della totalità, incluso l'inconscio.  L'io conscio non deve essere sommerso dalla potenza dell'inconscio altrimenti si arriverà alla schizofrenia.

Dopo avere tenuto una serie di conferenze in Europa e negli Stati Uniti, a partire dal 1920, Jung inizia i suoi viaggi in Tunisia, Nuovo Messico, Kenia, Egitto, Sudan.  Poi inizia a viaggiare in Oriente e il testo Metamorfosi e simboli della libido,  contiene commenti dei Veda e della Upanishad, e pratica yoga per ritrovare la calma interiore. Jung conosce l'Yi-king il più celebre testo della saggezza cinese commentato  dall'orientalista Richard Wilhelm di cui diviene amico.  Dalla lettura di questo testo, elabora la teoria della sincronicità, ossia l'esistenza di due eventi che sono legati tra loro in maniera non casuale. Si interessa in modo particolare al Buddhismo di cui apprezza la trasformazione progressiva del Dio in concetti. Fa il commento al libro Bardo-Thodol, il libro tibetano dei morti. E' stato uno dei pionieri a mettere in evidenza la differenza tra Oriente, dove si aspira all'esplorazione e  alla dominazione del Sè interiore ed Occidente, dove si aspira alla dominazione del mondo esterno. Uno dei primi lama che sono venuti in Occidente Chogyam Trungpa Rimpoche, negli anni settanta, denunciò, che gli occidentali, consumano la spiritualità orientale per nutrire il loro ego, come consumano tutto il resto. Sia Jung, che lo stesso Dalai Lama avvertono che è psicologicamente e spiritualmente pericoloso cambiare religione, ed invitano gli occidentali a ritornare alle proprie tradizioni spirituali. Ciò non impedisce comunque di praticare delle tecniche come lo yoga e la meditazione per tranquillizzare la mente.

Nel 1928 scopre il pensiero alchimista leggendo il trattato taoista Il mistero dei fiori d'oro e passa più di dieci anni a studiare il pensiero alchemico europeo del medioevo e del rinascimento. Questi studi , a cui ha contribuito una giovane ragazza, Maire-Louise von Franz, confluiranno nel testo  Psicologia e alchimia, pubblicato nel 1944. Il testo contiene l'analisi di più di 400 sogni di un paziente Wolfgang Pauli, che poi otterrà il premio Nobel della fisica nel 1945.  Queste analisi confermano le teorie di Jung sul processo di individuazione, sugli  archetipi e l'inconscio collettivo, dandogli un fondamento storico millenario.

Alla fine della seconda guerra mondiale Jung ha settanta anni, e in questo periodo riceve delle forti critiche per il suo atteggiamento ambiguo che aveva tenuto di fronte al regime nazista. Frédéric Lenoir, sulla base del libro Jung, une biographie di Deirdre Bair, una dettagliata biografia di 1300 pagine e sulla base degli archivi della famiglia Jung, fonti affidabili, arriva a concludere che Jung non è mai stato antisemita, né simpatizzante nazista. Anzi, sembra che abbia collaborato con i servizi secreti americani ed abbia aiutato economicamente molti rifugiati ebrei in Svizzera.   Comunque si rimprovera Jung, per una certa ingenuità, nel pubblicare in quel periodo di guerra, un articolo sulla differenza tra la psiche ariana e ebrea.   Nel 1944, ha un infarto e va in coma, durante il coma ha delle esperienze di morte imminente, che poi descriverà quando sarà guarito. In una di queste immagini si vede volteggiare nello spazio, sopra l'isola di Sri Lanka e la catena himalaiana.   Si trova a sperimentare uno stato di beatitudine, che Spinoza descriveva in questo modo: "Sentiamo e sperimentiamo che siamo immortali".  Uscito dal coma, Jung affermerà di non avere più paura della morte, e quello che si chiama vita è solo un corto episodio tra due grandi misteri, la nascita e la morte. Dobbiamo dedicare la prima parte della vita a produrre e a riprodursi, mentre dobbiamo dedicare la seconda parte della vita ad elevare il nostro livello di coscienza e di conseguenza elevare il livello della coscienza generale nella vita terrena. Secondo Jung la coscienza sopravvive al corpo fisico. Qui si nota l'influenza del buddhismo sul pensiero di Jung, che però non ha mai espresso una posizione netta su questi temi.   Riporta tutti i concetti chiave del suo pensiero in un testo destinato al grande pubblico:  L'uomo e i suoi simboli che sarà supervisionato e pubblicato dopo la sua morte da Marie Louise von Franz.   Il giorno della sua morte, il pioppo sotto il quale amava sedersi  e meditare, in riva al lago è colpito da un fulmine e spaccato in due, Quale interpretazione avrebbe dato Jung a questa sincronicità?

Jung e il sacro

Jung si è fatto incidere sulla tomba le seguenti parole "Chiamato o non chiamato, Dio sarà presente" o secondo l'interpretazione di Ysé Tardan-Masquelier che insegna spiritualità orientale, "Che lo vogliamo o meno, la questione del divino si impone".
Carl Gustav Jung (1875-1961) è stato uno psichiatra, psicoanalista, antropologo, filosofo, esoterista e accademico svizzero, una delle principali figure intellettuali del pensiero psicologico, psicoanalitico e filosofico.
Noi siamo tutti, indipendentemente da quello che sia il nostro condizionamento sociale o personale, marcati dalla religione, e i simboli e archetipi religiosi saranno presenti nel nostro inconscio collettivo.
Confrontato al mistero del mondo e all'enigma della vita e della morte, l'essere umano fa l'esperienza del numinoso, del sacro.  Jung si ispira molto al libro Il sacro, di Rudolf Otto pubblicato nel 1917. Questo incontro con il mistero costituisce per l'essere umano una forma di trascendenza, che le religioni del mondo hanno cercato di razionalizzare attraverso il rito, le credenze e il dogma.  Di Dio o se vogliamo del divino, non possiamo dire niente, ma possiamo solo farne un'esperienza, indicibile e sconvolgente.  Nessuno può conoscere Dio. 
Jung è sedotto da una concezione panteista, nella quale un divino immanente impregna ed è presente in tutte le cose. Si avvicina alla filosofia indiana dell'Advaita Vedanta, che propugna l'esistenza di Brahman che permea tutte le cose, e anche l'essere umano ha in sé la scintilla divina, il "Sè" o l'atman.  Il "Sé" corrisponde all'individuo nella sua verità profonda.  E' il luogo da dove scaturiscono gli archetipi, i simboli che costituiscono la via regale per accedere alla totalità.  Il percorso spirituale indiano consiste proprio nel prenderne consapevolezza.  Questa ricerca di infinito nasce da un bisogno profondo di senso, di allargamento della coscienza che spesso coincide con la crisi esistenziale della mezza età, caratterizzata dal l'influenza predominante dell'inconscio che porta ad un cambiamento di personalità. Il processo di individuazione è un modo per sperimentare il divino dentro di noi: solo quando l'uomo conoscerà se stesso, conoscerà Dio.

Jung ha cercato di ridefinire una spiritualità al di fuori di ogni credenza religiosa. Critica il formalismo e l'intolleranza delle grandi religioni, senza per questo negare la dimensione religiosa dell'animo umano e il suo bisogno del sacro. Jung denuncia una triplice amputazione dell'uomo moderno: la rottura con la natura, con il passato, con il cuore e l'interiorità. Questa dissociazione con la natura è la fonte di molte nevrosi. "Ed è esaminando la natura e l'universo. che l'uomo accede ai grandi misteri della vita".

mercoledì 5 gennaio 2022

Convinzioni - Bertrand Russel

 "Il fatto che una convinzione sia ampiamente condivisa non prova assolutamente che non sia del tutto assurda, vista la stupidità della maggioranza degli esseri umani, è più probabile che una convinzione diffusa sia più priva di senso che ragionevole".  Bertrand Russel.

Bertrand Arthur William Russell (1872 - 1970) è stato un filosofo, logico, matematico, attivista e saggista britannico. Fu un autorevole esponente del movimento pacifista.


martedì 4 gennaio 2022

Gino Strada

Gino Strada (1948 – agosto 2021), è stato un medico, attivista e filantropo italiano, fondatore della ONG Emergency e si è sempre battuto per i più deboli e contro il razzismo. Emergency ha curato oltre 11 milioni di persone. 

Addio a Gino Strada, il cordoglio sui social: "Nel suo cuore c'era tutto il bene del mondo"

Gino strada: "Da ragazzo ero sicuro che diventando adulto il mondo sarebbe stato migliore"

La figlia: "Mi ha insegnato che proteggere i diritti degli altri significa difendere anche i propri"

Gino Strada è morto in Normandia. Il co-fondatore di Emergency aveva 73 anni ed era malato di cuore. L’ONG— cui aveva dato vita con la moglie Teresa Sarti nel 1994 — ha costruito ospedali e posti di primo soccorso in 18 Paesi, curando 11 milioni di persone. Gino Strada lascia la figlia Cecilia, avuta dal primo matrimonio con Sarti, che è scomparsa nel 2009. Di recente si era risposato, a Milano, con Simonetta Gola.

Gino Strada si laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università Statale di Milano e si specializza in Chirurgia d’Urgenza. Per completare la formazione da medico-chirurgo, negli anni Ottanta vive per quattro anni negli Stati Uniti, dove si occupa di chirurgia dei trapianti di cuore e cuore-polmone presso le Università di Stanford e di Pittsburgh. Si sposta poi in Inghilterra e in Sud Africa, dove svolge periodi di formazione. Nel 1988 decide di applicare la sua esperienza in chirurgia di urgenza all’assistenza dei feriti di guerra. Negli anni successivi, fino al 1994, lavora con la Croce Rossa Internazionale di Ginevra in Pakistan, Etiopia, Tailandia, Afghanistan, Perù, Gibuti, Somalia, Bosnia. Ed è qui che decide: fondare un’organizzazione indipendente chiamata Emergency, che porti aiuto e sostegno medico alle vittime di guerra.   Il primo progetto è in Ruanda durante il genocidio. Poi la Cambogia, Paese in cui resta per alcuni anni. 

Nel 1998 parte per l’Afghanistan: e l’anno dopo, Emergency apre un Centro chirurgico per vittime di guerra.  Gino Strada rimane in Afghanistan per circa 7 anni, operando migliaia di vittime di guerra e di mine antiuomo. Oggi Emergency è presente in Afghanistan con  ospedali, centri di maternità e una rete di Posti di primo soccorso.   Dal 2005 crea un centro di cardiochirurgia, in Sudan, totalmente gratuito: il Centro Salam. Nel 2014 si reca in Sierra Leone per affrontare l’emergenza Ebola.         

lunedì 3 gennaio 2022

L'inerzia è uno dei problemi dell'ambiente - Matthieu Ricard

 Matthieu Ricard: "L'inerzia è uno dei problemi dell'ambiente". Intervista con il monaco buddista e dottore in genetica cellulare, che era a Parigi per la COP21.  Articolo pubblicato da Le Monde, dicembre 2015.       Matthieu Ricard, monaco buddhista tibetano, interprete del Dalai Lama, saggista, filosofo e fotografo, vive in Nepal dagli anni 70. In visita a Parigi per la COP21, questo dottore in genetica cellulare avverte dei disastri che il cambiamento climatico sta già portando.

Domanda: Perché è interessato alla COP21?

Risposta: Un accordo internazionale sul clima è una questione complessa, dal punto di vista politico, economico, scientifico e strategico. Eppure, alla fine, si riduce ad una sola questione, quella dell'egoismo contro l'altruismo. Se non abbiamo alcuna considerazione per le generazioni future, non ci interessa cosa succederà tra dieci anni. "Dopo di me il diluvio ..."  Ma per la prima volta, il destino delle generazioni future è nelle nostre mani. 10.000 anni fa, c'erano 5 milioni di esseri umani, oggi non solo ce ne sono 7 miliardi, ma la potenza dei loro strumenti è decuplicata. Il nostro impatto sul pianeta è diventato decisivo. Siamo entrati nell'Antropocene e siamo un po' sopraffatti dal nostro potere sull'ambiente.

Domanda: Perché è così difficile per gli uomini riconoscere le loro responsabilità?

Risposta: È semplice: poiché il fenomeno è globale, la responsabilità è diluita. Quando mi sveglio la mattina, non mi dico che sto distruggendo il pianeta, non ho né l'intenzione né la sensazione di farlo. E questi fenomeni sono estremamente graduali. Se la CO2 fosse rosa e il cielo diventasse ogni giorno più rosa, saremmo già allertati. In gioventù ero un ornitologo. A Croisic, in Bretagna, c'erano migliaia di oche all'epoca, ne sono rimaste solo una decina, ma la loro scomparsa è avvenuta gradualmente. L'evoluzione ci ha giustamente attrezzato per reagire ai pericoli immediati. Il futuro non fa male, o almeno non ancora. Infine, siamo presi dall'attualità, che si tratti di eventi tragici o di dispute campanilistiche come le elezioni regionali.

Domanda: Questi risultati politici non vi sembrano importanti?

Risposta: Contano per i francesi, ma agli occhi della storia rappresentano un'increspatura in uno tsunami. Prendiamo l'immigrazione, che dovrebbe aiutare il punteggio del Fronte Nazionale. Oggi, se ricevessimo 3 milioni di migranti in Europa, ciò corrisponderebbe allo 0,2% della popolazione. Quando ci saranno 250 milioni di rifugiati climatici in fuga per la loro vita, una gran parte arriverà qui. Quando 40 milioni di bengalesi, molti dei quali sono musulmani, andranno in India, un paese indù, potete immaginare i conflitti e la sofferenza che questo creerà. Se trascuriamo le cause che, tra le altre devastazioni, spingeranno queste persone sulle strade, c'è davvero da preoccuparsi. Senza allarmismi apocalittici, dobbiamo avere la saggezza, la volontà e l'altruismo per prevenire queste tragedie. Il primo giorno della COP21, grandi capi di stato hanno fatto grandi discorsi - compreso il presidente francese. Pensavo che l'azione sarebbe seguita, ma stiamo lottando per andare oltre il breve termine.

Domanda: Se la questione non va avanti politicamente, non c'è bisogno di un maggiore sostegno da parte delle autorità spirituali?

Risposta: I problemi sono creati dagli esseri umani, devono risolverli. Non ci rivolgeremo a un Dio buono e gli chiederemo di risolverli! Le religioni possono giocare un ruolo. Si parlava di organizzare un grande incontro a Parigi, prima della COP, con Desmond Tutu [arcivescovo sudafricano e premio Nobel per la pace], forse il Papa, il Dalai Lama... È fallito per motivi diplomatici. Non si trattava di inimicarsi la Cina, che dovrebbe prendere decisioni sagge sul cambiamento climatico.

Domanda: Ha notato delle difficoltà nel trovare soluzioni durante questo COP? 

Risposta: Si è parlato molto poco dell'oceano, che ci fornisce l'ossigeno. Tuttavia, l'allevamento industriale è il grande assente ai miei occhi. È la seconda causa di emissioni di gas a effetto serra. È un male etico, dato che più di 60 miliardi di animali terrestri e marini vengono uccisi ogni anno, è un male per la salute ed è una fonte di povertà: milioni di tonnellate di cereali sono utilizzati per nutrire il bestiame, piuttosto che gli esseri umani. Eppure non ho sentito nessuno dire che lo ridurremo drasticamente nel mondo.

Domanda: Ma perché è così difficile parlare di tutte queste questioni?

Risposta: Nel caso della carne, c'è una dissonanza cognitiva: sappiamo dov'è il problema, ma non vogliamo parlarne. Non vuoi cambiare nulla nel tuo piatto. L'inerzia è uno dei problemi dell'ambiente. Abbiamo bisogno di un cambio di cultura, un cambio di visione, la fine del solo opportunismo economico, ma preferiamo pensare che l'uomo sarà inventivo, che troverà delle soluzioni... tranne che se il 30% delle specie scomparirà entro il 2050, non è conservando il loro DNA in un frigorifero che torneranno.

Domanda: Sta sostenendo un cambiamento nei nostri modelli di consumo?

Risposta: Quando si parla di decrescita, alcuni la intendono come un ritorno all'età delle caverne, mentre il termine si riferisce a una migliore qualità della vita utilizzando meno risorse naturali. Per essere sana, intelligente, la vera crescita deve essere inclusa in un'armonia sostenibile. Per esempio, smettendo di dare 500 miliardi di dollari all'anno in sussidi ai combustibili fossili, mentre cerchiamo 100 miliardi per aiutare i paesi poveri ad adattarsi. Perché non lo decidiamo subito? In Nepal, i blackout di 12 ore sono all'ordine del giorno; le madri fanno code chilometriche per avere 3 litri di paraffina per cucinare i loro pasti. A New York, ho visto almeno 1.000 persone in fila, pronte ad aspettare tre ore per comprare sciarpe firmate a 300 dollari invece di 500! La coda della vanità accanto alla coda della necessità riassume le disuguaglianze economiche che causano insicurezza e danni ambientali. Gli Stati Uniti emettono 200 volte più CO2 dello Zambia e del Qatar, 2.000 volte più dell'Afghanistan!

Domanda: Vede qualche trasformazione in Nepal?

Risposta: La desertificazione sta occupando intere colline. Tutte queste sorgenti si stanno prosciugando e questi villaggi vengono abbandonati. I contadini locali, che non hanno mai sentito parlare del cambiamento climatico, dicono con tristezza che l'Himalaya sta diventando nero per la mancanza di neve. L'anno scorso ho visto delle farfalle fuori dal mio eremo in Nepal, in dicembre, a 2000 metri di altitudine.

Domanda: Perché vuol far conoscere la situazione sul "tetto del mondo"?

Risposta: Il Tibet è sintomatico. Uno scienziato cinese l'ha chiamato il "terzo polo" perché ha diverse migliaia di ghiacciai. Questi si stanno sciogliendo più velocemente che negli altri due poli, perché vi si depositano i fumi industriali dell'India e della Cina. Oltre al grave problema della deforestazione, c'è anche la minaccia del permafrost. Se questo strato di terreno ghiacciato - un quarto del quale si trova sull'altopiano tibetano - si scioglie, rilascerà enormi quantità di metano, un gas che è 20 volte più attivo del CO2 nel riscaldamento. Questo renderà impossibile mantenere il riscaldamento sotto i 2 gradi. Infine, i sei più grandi fiumi dell'Asia - sia il Mekong che il Brahmaputra - hanno origine qui, e il 35% della popolazione mondiale dipende da loro. Il Tibet è un luogo essenziale per tutti i suoi vicini e per il pianeta.

domenica 2 gennaio 2022

Un aperitivo con Matthieu Ricard

 Un aperitivo con Matthieu Ricard: "L'epoca sta vivendo un'epidemia di narcisismo, dobbiamo evitare il contagio".  Intervista effettuata da Le Monde, ottobre 2021, nei giardini delle Tuileries a Parigi. 

Matthieu Ricard, è un monaco buddista, interprete del XIV Dalai Lama, rinomato fotografo himalayano, autore di successo e cavaliere della Legione d'onore. Ha pubblicato recentemente Carnets d'un moine errant  - 50.000 copie vendute.    

Alle Tuileries, Matthieu Ricard, 75 anni, è un po' a casa. "Da giovane studente, ci andavo a piedi con Henri Cartier-Bresson, che era amico dei miei genitori e viveva lì vicino. Lunghe passeggiate dal Louvre a plaze de la Concorde e ritorno". Più tardi, nel 1972, fu ancora sotto alberi alti, nella foresta, che comunicò a suo padre, il filosofo Jean-François Revel, la sua decisione di rinunciare alla brillante carriera di genetista che gli si stava aprendo per diventare monaco buddhista in Nepal. "Non ha detto niente". Lo stesso silenzio aveva accompagnato i loro passi. Ma aveva un significato diverso.

"Quello che sono, quello che avrei potuto essere, non mi riguarda. Non rimpiango nulla. Non provo nostalgia. Ho sempre cercato di migliorare". Per anni ha vissuto con 30 euro al mese. Oggi, le sue royalties (libri, foto) sono versate alla sua associazione Karuna-Shechen. "Ho creato 200 posti di lavoro".  Lontano dall'Himalaya, sono le colline boscose del Périgord, in mezzo alle quali scorre la Vézère, che Matthieu Ricard percorre. Lì ha raggiunto sua madre, la pittrice 98enne Yahne Le Toumelin, anche lei diventata monaca buddhista, per alleviarle la solitudine dei confinamenti. Lì continua a camminare. "Dodicimila passi al giorno. È una forma di meditazione. Posso dire le mie preghiere mentre cammino". Ha persino risposto a un'intervista radiofonica mentre camminava nella foresta. I perimetri di uscita imposti dalle norme di sicurezza sanitaria non hanno corrotto questo stile di vita degno della scuola peripatetica del filosofo greco Aristotele. Camminava in tondo declamando mantra. "Tutto questo prepara alla meditazione". Che di per sé dura diverse ore. Un esercizio salutare, il risultato di una disciplina, dura ma molto meno dolorosa per il neofita, che sedersi a gambe incrociate. L'obiettivo per  Matthieu Ricard è : "Dissolvere la reificazione del mondo delle apparenze. I pensieri vengono dalla pura coscienza risvegliata, senza costruzione mentale."

Matthieu Ricard deve molto al suo maestro principale, colui che lo ha accolto, trasmesso gli insegnamenti e iniziato: Kangyur Rinpoche. Morì il 23 gennaio 1975, al tramonto, "seduto in meditazione". Le sue parole, le sue immagini, la sua memoria riempiono i Quaderni di un monaco errante. "Quando hai passato vent'anni vicino a Socrate, ha voglia di condividere questa esperienza". E quando uno ha camminato accanto a Henri Cartier-Bresson, ha imparato la genetica con François Jacob, vincitore del premio Nobel per la medicina nel 1965, ed è cresciuto sotto l'autorità di Jean-François Revel?   Tutti mi hanno insegnato molto, ovviamente. 

Tra migliaia di mantra, migliaia di chilometri (con il Dalai Lama), migliaia di foto, quasi mille pagine per i suoi Quaderni e migliaia di interviste e conferenze per la promozione dei suoi libri, ci si chiede se Matthieu Ricard, trovi ancora il tempo per passeggiare. Per non parlare dei post sul blog (matthieuricard.org). Lui dice: "Le persone dell'associazione lo gestiscono per me". E, improvvisamente, questa confessione: "Mi manca l'Himalaya". Nel frattempo, dobbiamo andare nel 16° arrondissement per un pranzo con vecchi amici. Un'altra escursione. Matthieu Ricard e i suoi sandali da backpacker imbottiti di spessi calzini di lana viola non passano inosservati. Una muscolosa guardia di sicurezza lo ringrazia di esistere. Una giovane donna gli dice che è "ancora meglio di persona". I turisti sono sul punto di chiedergli un autografo. 

Link all'esposizione di foto ad Arles  https://www.youtube.com/watch?v=SlXnFyMlVRY

Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi personali.  Nel blog c...