lunedì 30 ottobre 2023

Frasi scelte

In compassione e amore, chino la testa e trasferisco le mie energie a coloro che mi amano, e in compassione e comprensione chino la testa e mi riconcilio con coloro che mi hanno ferito. -- Thich Nhat Hanh          


L'unico modo per non farsi consumare dal consumismo è digiunare, digiunare da qualsiasi cosa non sia assolutamente indispensabile, digiunare da comprare il superfluo.
Basta rinunciare a una cosa oggi, a un'altra domani. Basta ridurre i cosiddetti bisogni di cui presto ci si accorge di non avere affatto bisogno.
Questa è la vera libertà: non la libertà di scegliere, ma la libertà di essere.
La libertà che conosceva bene Diogene che andava in giro per il mercato di Atene
borbottando fra sé e sé: "Guarda, guarda... quante cose di cui non ho bisogno!
✏Tiziano Terzani
 
Oggi l'economia è fatta per costringere tanta gente a lavorare a ritmi spaventosi per produrre delle cose per lo più inutili, che altri potranno acquistare lavorando anch'essi a ritmi spaventosi.
E se imparassimo a vivere di piccole cose, nell'essenziale, del cibo semplice, magari imparando anche l'arte del riciclo, del baratto, acquistando anche cose usate, non ci sarebbe povertà, soprattutto ci sarebbe più ricchezza di animo, e di tempo, che è il bene più prezioso che abbiamo, per viverci le persone amate, per vivere la natura.   ✏Tiziano Terzani
 
🙏 « 𝗡𝗼𝗻 𝘀𝗶 𝘁𝗿𝗮𝘁𝘁𝗮 𝗱𝗶 𝗾𝘂𝗮𝗻𝘁𝗼 𝗵𝗮𝗶 𝘃𝗶𝗮𝗴𝗴𝗶𝗮𝘁𝗼, 𝗺𝗮 𝗱𝗶 𝗰𝗶𝗼̀ 𝗰𝗵𝗲 𝗵𝗮𝗶 𝗿𝗶𝗽𝗼𝗿𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗶𝗻𝗱𝗶𝗲𝘁𝗿𝗼. » ─ Tiziano Terzani     • il testo completo in italiano: http://goo.gl/Pp3JaQ
 
Il tuo silenzio interiore ti rende sereno.
Pratica l'arte di non parlare. Progressivamente si svilupperà l'arte di parlare senza parlare e la vostra vera natura interiore sostituirà il germoglio lasciando la luce del vostro cuore e il potere della saggezza "nobile silenzio".
Rispetta la vita degli altri e tutto ciò che esiste nel mondo. Non cercare di forzare, manipolare e controllare gli altri. Diventa il tuo insegnante e lascia che gli altri siano ciò che sono o ciò che hanno la capacità di essere.  
Mettiti nel silenzio e nell'armonia dell'intero universo. -- Thich Nhat Hanh 🙏
 
Se c'è pace nella tua mente, troverai pace con tutti. Se la tua mente è agitata, troverai agitazione ovunque. Quindi prima trova la pace interiore e vedrai questa pace interiore riflessa ovunque. Tu sei questa pace. La pace è come una sorgente che scaturisce dall'interno, non si può ottenerla dal mondo esteriore.🙏
Dove altro troverai la pace se non dentro di te?  --  Sri Hariwansh Lal Poonja, chiamato "Papaji
 
Ormai nessuno ha più tempo per nulla.
Neppure di meravigliarsi, inorridirsi, commuoversi, innamorarsi, stare con se stessi.
Le scuse per non fermarci a chiedere se questo correre ci rende felici sono migliaia, e se non ci sono, siamo bravissimi a inventarle. ✏Tiziano Terzani

Quando un uomo sa più degli altri diventa solitario. Ma la solitudine non è necessariamente nemica dell’amicizia o dell’amore, poichè nessuno è più sensibile nelle relazioni, di un solitario. C. G. Jung
 
Leggere nel letto, nel silenzio, nella pace, al caldo,  con la luce adeguata, è uno dei più grandi piaceri sulla terra.  Jean Giono.

The Monk and the gun

The Monk and the Gun, film diretto da Pawo Choyning Dorji, è ambientato nel 2006, anno in cui il Regno del Bhutan ha dato inizio alla sua transizione in favore della democrazia, segnando a una vera e propria svolta storica per il Paese. Il film contiene una satira antimilitare sul Bhutan in transito, con diffidenza, dalla ruralità alla modernità; su questa democrazia neonata, che non ha mai conosciuto un'elezione e deve educare il popolo al voto. Un popolo, quello del Bhutan, in cui le persone non sanno neppure la loro data di nascita e si ritrovano ora a dover essere censite.            

I protagonisti, monaci, insegnanti, banconisti, perfino il Lama (tutti attori per necessità, non per professione) abituati da secoli ad affidarsi totalmente al loro Re, diffidano delle elezioni.
Vengono raccontate diverse storie: dal monaco (Tandin Wangchuk), che è incaricato di procurarsi delle pistole, a Benji (Tandin Sonam), che accetta di lavorare come interprete per Ron (Harry Einhorn), un collezionista americano di armi antiche, giunto nel Paese per acquistare un fucile risalente al XIX secolo.

Pawo Choyning Dorji, già regista candidato all’Oscar con Lunana, spiazza il pubblico e ci propone che il denaro non ha valore in sé, che la democrazia americana  forse non val bene una monarchia ultra centenaria. Gli Stati Uniti," un paese con più armi che persone”, non hanno niente da proporre al Bhutan, un paese dove la pace regna sovrana. I cittadini non conoscono l’odio e, con poco, vivono sereni. Tanto che il benessere viene calcolato attraverso un indicatore chiamato "felicità interna lorda".   

Fa riflettere il fatto che nell’ancestrale, ultra-monarchico Buthan la democrazia sia arrivata solo nel 2006. E con lei la tv, internet, il cinema. Insomma, tutti i simulacri consumistici della modernità occidentale. Eppure non è detto che sia un bene. 

Nel film si cerca proprio di mettere in evidenza che la democrazia potrebbe non essere il migliore dei sistemi politici, e per farla funzionare occorrono tempi lunghissimi, fondandola su una coscienza civile che per attuarsi ha bisogno di decenni (secoli per guardare in casa nostra).  Emerge, inoltre, il rimpianto conservativo verso un patrimonio di tradizioni destinato a scomparire a suon di Coca Cola e film di James Bon 

Il film è ambientato nel 2006 ad Ura, nel Bhutan.  Un Lama, maestro di Dharma, è in ritiro spirituale. Mentre ascolta la radio, apprende la notizia dell’arrivo delle elezioni ad Ura. Ordina allora ad un monaco, di procurargli due pistole entro l’arrivo della luna piena. Un’impresa che, si rivelerà fin da subito, non facile. Molti dei cittadini, infatti, non avevano nemmeno mai visto una pistola in vita loro. Nel frattempo, un americano, coinvolto nel traffico d’armi, atterra in Bhutan, con l’obiettivo di comprare un fucile pregiato. 

FIL (felicità interna lorda)  e PIL (prodotto interno lordo).    Il Bhutan occupa il 160° posto nella classifica mondiale del PIL, che misura la ricchezza economica. Eppure i suoi abitanti sono felici, tanto che il benessere viene calcolato attraverso un indicatore chiamato GHN che sta per Gross National Happiness, che possiamo tradurre alla lettera come “felicità interna lorda”.  Si tratta infatti di un indicatore che misura il benessere di un popolo attraverso la felicità e la consapevolezza e non calcolando la ricchezza economica. 

Il GNH riguarda lo sviluppo olistico dell’Uomo grazie al bilanciamento del benessere materiale e spirituale dei bhutanesi. La crescita del GNH si misura attraverso l’incremento o il decremento della felicità sociale e diventa così indice di progresso. Se un bhutanese ha dal 50% al 65% delle condizioni a sua disposizione nei nove domini allora accede al livello di persona appena felice. Se queste condizioni si verificano in una percentuale dal 66% al 76%, è abbastanza felice. Se questa percentuale supera il 76% è profondamente felice. Non consideriamo la felicità soggettiva, che è individuale, effimera e momentanea – la felicità misurata dal GNH è servire gli altri, vivere in armonia con la Natura e realizzare la bontà dei valori e della saggezza delle persone.  Uno dei nove domini del GNH è lo stile di vita e mira a un concetto sostenibile di PIL: crescere ma in modo sensato e non essere solo dei voraci consumatori.

Il GNH si basa su un’economia fondata sui bisogni e non sull’avidità e di una crescita sostenibile che prosegua anche quando arriveranno le generazioni future.  D’altra parte, il PIL si basa sulla distruzione e sull’eccessivo consumo delle risorse naturali. L’80% del territorio del Bhutan è verde e il 72% è coperto da foreste. Gli alberi vivi non hanno valore secondo la logica del PIL, ma se li uccidiamo e li abbattiamo gli indicatori economici salgono improvvisamente… ma qual è il prezzo da pagare in termini di equilibrio biologico e biodiversità? Allo stesso tempo, per esempio, se ci sono dei conflitti, se cresce il consumo di droghe, l’alcolismo, il fumo, allora la compravendita di armi e di sostanze che creano dipendenza fa aumentare automaticamente il PIL. E ancora: se uno dei due genitori smette di lavorare e rimane a casa per curare il futuro del Paese, che sono i figli, non c’è alcuna crescita economica. In altre parole, come abbiamo visto, ciò che fa progredire l’economia non si traduce in felicità e benessere per le persone.

Il PIL può continuare a crescere, nella misura in cui ha una ricaduta positiva sull’Uomo e sulla Natura, sulla lotta ai combustibili fossili o sul contenimento delle emissioni, in modo che il riscaldamento globale si riduca.

Se smettessimo di mangiare carne e altri prodotti di origine animale, restituiremmo alla Natura questo 80% di terra fertile ed essa si rigenererebbe. Il 20% della superficie coltivata secondo metodi biologici sarebbe sufficiente per mantenere il triplo dell’attuale popolazione terrestre. Questo è stato dimostrato dalla dottoressa Vandana Shiva presso la fattoria Navdanya dell’Università della Terra nel Deharadun indiano e dal professor Ganesh Bagaria dell’Istituto Indiano di Tecnologia di Kanpur attraverso il concetto del valore umano. Ciò che l’America Settentrionale e l’Europa sprecano ogni anno sarebbe abbastanza per il fabbisogno di tre anni dell’intera popolazione mondiale.

Dobbiamo anche placare la nostra sete di consumo, cercare di usare di più il trasporto pubblico (quando è possibile), utilizzare la corrente elettrica il minimo indispensabile, non comprare una quantità eccessiva di vestiti, scarpe e altri oggetti – prima di acquistarle dobbiamo chiederci se ne abbiamo davvero bisogno, mangiare per nutrire il nostro corpo e smetterla con il cibo spazzatura… e molte altre cose!

La scienza sacra di Swami Sri Yukteswar (2)

 Nel corso dei secoli i profeti di ogni Paese sono riusciti a trovare Dio perchè hanno raggiunto lo stato della vera illuminazione, il nirbikalpa samadhi, in cui al di là delle parole e delle forme, si realizza la Realtà Suprema.  

In questo testo Sri Yukteswar (1855-1936), mette in evidenza l'unità intrinseca tra le Scritture del Cristianesimo e del Sanatana Dharma (Religione eterna, ossia il corpus degli insegnamenti vedici che costituiscono la base dell'induismo).  Lo scopo del testo è mostrare che esiste una armonia e un'unità di fondo tra tutte le religioni; solo pochi esseri particolarmente dotati riescono a sottrarsi all'influenza del proprio credo e a scorgere l'identità perfetta delle verità sostenute da tutte le grandi religioni.  Tra gli insegnamenti spirituali orientali e quelli occidentali non solo non esistono reali divergenze, ma neppure vere contraddizioni. Spesso, invece, le varie religioni innalzano barriere quasi insormontabili che minacciano di dividere per sempre il genere umano.      

E' stato scritto nel 1894 per obbedire a una richiesta di Babaji, il maestro di Lahiri Mahasaya, suo maestro, incontrato ad Allahabad, il sacro Prayaga Tirtha, punto d'incontro dei fiumi Gange, Yamuna e Sarasvati, dove si svolge il Kumbha Mela, qui si radunano grandi saggi completamente votati allo spirito e uomini ancora schiavi del mondo.   E' stato scritto nel Dvapara Yuga, un'era di rapido sviluppo in tutti i campi della conoscenza e in cui l'uomo è favorito nel comprendere i misteri dell'esistenza.    

Il libro è diviso in quattro parti che corrispondono alle quattro fasi di sviluppo della conoscenza. La metà suprema è la conoscenza del Sè, Atmanjnanam, ma per raggiungerla è necessario conoscere il mondo esterno. Tutte le creature desiderano tre cose : Esistenza, Conoscenza e Beatitudine.

  • Capitolo 1.  Le sacre scritture. Sutra 1. Parambrahma (lo spirito) è eterno, assoluto, senza inizio nè fine. E' l'Essere unico e indivisibile. E' la sola sostanza reale, Sat ed è presente in tutto l'universo. E' incomprensibile all'uomo, a meno che, trascendendo Maya, l'uomo non diventerà egli stesso divino.
  • Sutra 2. In Esso è l'origne di tutta la conoscenza, l'amore, la gioia.
  • Sutra 3. Parambrahma  induce la creazione, la natura inerte (prakrti) ad emergere. Da Om (pranava) hanno origine il tempo (kala), lo spazio (anu), l'atomo (la struttura vibratoria della creazione).
  • Sutra 4.  Gli atomi sono la causa della creazione, nel loro insieme sono chiamati Maya che genera l'illusione, ogni singolo atomo è chiamato avidya, illusione.
  • Sutra 5. Il Sè individuale essendo una manifestazione di Parambrahma, è uno con Esso.
  • Sutra 6. L'atomo sotto l'influsso di Cit (la conoscenza universale) forma il Citta, ossia quella condizione di calma della mente, che uan volta spiritualizzata, prende il nome di Buddhi, l'intelligenza (intuito). Il suo opposto e Manas, la mente, nella quale dimora il Jiva:il sè con Ahamkara, l'ego, e l'idea dell'esistenza separata. 
  • Sutra 7-10. Quando compare l'idea dell'esistenza separata del Sè, compaiono cinque manifestazioni che costituiscono il corpo causale del Purusha. Le cinque forze elettriche tramite i loro tre attributi o Guna (satva, rajas, tamas) danno origine agli organi dei sensi, agli organi dell'azione e agli oggetti dei sensi. Questi 15 attributi uniti alla mente e all'intelligenza costituiscono le membra del corpo sottile (Lingasarira).
  • Sutra 11-12. I cinque attributi o oggetti combinandosi fra loro producono l'idea della materia nei suoi cinque stati solido, liquido, igneo, gassoso e etereo. I  5 stati, i 15 attributi, mente, intelligenza, citta (il cuore) e ego costituiscono i 24 principi fondamentali della creazione. Sono soltanto l'evoluzione l'evolversi dell'ignoranza (avidya), la creazione non ha in effetti uan vera esistenza, ma è solo un gioco di idee in seno alla sostanza eterna.
  • Sutra 13. Questo universo si suddivide in 14 sfere, 7 svarga e 7 patala (7 centri vitali). 
  • Sutra 14. Il Purusha (il figlio di Dio) è coperto da 5 kosha o involucri (cuore, buddhi, manas, prana, materia fisica). 
  • Sutra 15-16. Le nostre percezioni nello stato di veglia sono irreali, essendo soltanto il prodotto dell'inferenza. Il mondo esteriore non è ciò che ci appare.
  • Sutra 17. Abbiamo bisogno di un guru che ci risvegli alla devozione e alla percezione della verità.
  • Sutra 18. La liberazione (Kaivalya)  si ottiene quando si realizza l'identità del proprio Sè con il Sè universale, la verità suprema.  Si ottiene in questo modo l'assolutà libertà e indipendenza. 
  • Capitolo 2. La mèta.  Sutra 1. Nasce il desiderio di raggiungere la liberazione.
  • Sutra 2 . La liberazione è lo stabilirsi di Purusha (Jiva, l'anima) nel suo vero Sé, Liberarsi dalla schiavitù di maya diventa lo scopo della vita.
  • Sutra 3. finisce ogni sofferenza e si consegue lo scopo supremo.
  • Sutra 4. Altrimenti, nascita dopo nascita, l'uomo prova infelicità che dha origine dai desideri insoddisfatti.
  • Sutra 5-6. Il dolore nasce da avidya, l'ignoranza che è la percezione dell'inesistente.
  • Sutra 7-15. L'ignoranza si manifesta sotto forma di egoismo, attaccamento, avversione e cieca ostinazione. L'egoismo asmita genera l'identificazione del Sè con il corpo fisico. 
  • Sutra 16-21. L'esistenza (sat), la coscienza (cit), e la beatitudine (ananda) sono le tre grandi qualità che costituiscono la vera natura dell'uomo.  Quando ogni desiderio è soddisfatto e ogni infelicità eliminata si raggiunge Paramartha (la metà suprema).
  • Sutra 22. Quando l'uomo si unisce attivamente al divino, il Sè al Sè supremo, arriva allo stato di Kaivalya, l'unione. 
  • Capitolo 3. Il cammino. Sutra 1-4. Yajna, il sacrificio, consiste nella penitenza (tapas), nel profondo studio (svadhyaya), e nella pratica della meditazione sull'OM (Brahamanidhana). Tapas è l'auto disciplina e l'imperturbabilità in qualsiasi circostanza e nell'equanimità di fronte alla dualità. La meditazione sul suono divino di Om (pranava) è la sola via che porta a Brahman. 
  • Sutra 5-6. L'Om si ode coltivando sraddha (l'amore ), virya (la forza morale), smirti (il ricordo della propria natura divina) e samadhi (la vera concentrazione).  La persona che soffre nel corpo e nella mente non troverà mai pace e la vita gli diventerà di peso. 
  • Sutra 7. Bisogna sviluppare sraddha verso il guru e seguire i suoi insegnamenti.
  • Sutra 9-11. La forza morale è rafforzata seguendo Yama e Niyama. Yama comprende: non violenza, sincerità, onestà, moderazione e assenza di avidità. Niyama significa: purezza del corpo e della mente, contentezza in ogni circostanza e seguire gli insegnamenti del guru.
  • Sutra 12-18. Dobbiamo eliminare odio, vergogna, paura, dolore, critica, pregiudizi, orgoglio. Questo porta alla grandezza d'animo. In tal modo possiamo praticare le asana, pranayama, pratyahara.  Attraverso il pranayama si possono controllare i nervi involontari (del cuore, polmoni, e altri organi vitali). con il riposo riprendono a funzionare con rinnovata vitalità, si allontana il decadimento del corpo fisico. Con il pratyahara lo yogi rivolge i sensi interiormente verso il proprio Sè. Per percepire chiramente una cosa nel proprio cuore, si deve mettere in prtica l'asana, la posizione immobile e confortevole del corpo.
  • Sutra 19-22.  IL samadhi, la vera concentrazione, consente di abbandonare l'individualità per l'universalità. Così nasce samyama (il controllo e superamento del sè egoistico)  grazie al quale si può percepire la vibrazione OM che rivela il divino.
  • Sutra 25-26.  Sandhisthala è lo stato intermedio, in cui gli uomini sono ansiosi di raggiungere la vera conoscenza.  L'uomo ama stare in compagnia di color che dissolvono le sue angoscie, chiariscono i suoi dubbi e gli concedono la pace. 
  • Sutra 30. Non più sottoposto all'influenza dell'ignoranza maya, l'uomo consegue la purezza del cuore. accede alla casta dei brahmana (coloro che conoscono Brahma), questo è lo stato mentale che predomina nel Satya Yuga. 
  • Sutra 31. L'uomo raggiunge lo stato di liberazione finale o Kaivalya, l'unione con lo spirito. Nell'universo non esiste niente altro al di fuori del proprio Sè.
  • Capitolo 4. La Rivelazione. Sutra 1-3. l'essere umano deve purificare i tre corpi, la materia densa si purifica attraverso la natura, il corpo sottile attraverso la penitenza, la mente attraverso i mantra. 
  • Sutra 4-5. Grazie ai mantra si può udire il Pranava o suono di Om. 
  • Sutra 6. Chi ha puriifcato il cuore, con la guida del guru inizia a percorrere il sentiero della disciplina spirituale (sadhana), e diventa un iniziato pravartaka.
  • Sutra 7. Praticando yama e Niyama l'essere umano diventa un vero discepolo (sadhaka) in grado di conseguire la salvezza. 
  • Sutra 10-11. In virtù dells conoscenza e del potere dello yoga l'essere umano consegue la salvezza e diventa uno con il divino. 
  • Sutra 12. La conoscenza dell'evoluzione, della vita e della dissoluzione, porta così alal completa liberazione dai legami di maya, l'illusione. Contemplando il sè nel Sè supremo, l'uomo conquista la libertà eterna.

Parte del testo lo trovi all'indirizzo: https://www.google.it/books/edition/La_Scienza_Sacra/PfJvEAAAQBAJ?hl=it&gbpv=1&printsec=frontcover

Accenno agli Yuga.  Gli Yuga sono periodi temporali.

  • Il primo yuga composto da 1200 anni è il Kali yuga  (1000 anni + 100 anni l'alba + 100 anni il tramonto). Durante questa fase l'intelletto umano può capire solo gli aspetti più elementari del mondo esteriore).
  • Il secondo il Dvapara yuga è composto da 2400 anni (inclusi alba e tramonto ognuno 200 anni). L'intelletto umano può comprendere la materia sottile).
  • Il terzo è il  Treta yuga composto da 3600 anni, (considerando l'alba e il tramonto, ognuno di 300 anni). L'intelletto umano può arrivare a capire la sorgente e le forze da cui dipende il mondo.
  • Il quarto, il Satya yuga dura quattromila anni, la sua alba e tramonto hanno 400 anni (in totale 4000+400+400 = 4800 anni) ed  è la fase più favorevole all'illuminazione, l'intelletto può comprendere tutto. 

Questo ciclo  di quattro fasi, che dura complessivamente 12.000 anni, viene dichiarato un'Età degli Dei.   Un giorno di Brahma è costituito di mille Età degli Dei, la notte di Brahma ha la stessa durata.

Religioni e odio

                                                                             ----------


Premio Nobel per la Pace 2023 all’attivista iraniana Narges Mohammadi

Donna, vita, libertà”. “Donna, vita, libertà”.  Questo slogan  è diventato il simbolo della lotta delle iraniane dopo la morte di Mahsa Amini, uccisa mentre era in custodia della polizia perché non indossava correttamente il velo.            

Il Premio Nobel per la Pace 2023 è stato assegnato dall'Accademia di Oslo alla giornalista e attivista iraniana per i diritti delle donne Narges Mohammadi (nata nel 1972,)  ripetutamente incarcerata e torturata. Attualmente è ancora detenuta nel carcere di massima sicurezza di Evin a Teheran e non può avere contatti con l’esterno. 

L’Accademia di Svezia ha deciso di premiare Mohammadi, l’attivista e giornalista 51enne per la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e la sua battaglia per promuovere i diritti umani e la libertà per tutti. Il premio è un riconoscimento “alla sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran”, che ha portato avanti “a fronte di un’enorme sofferenza“. Ma è anche “un riconoscimento alle centinaia di migliaia di persone che hanno protestato contro le politiche di discriminazione e oppressione contro le donne del regime teocratico”.

Quest’anno Mohammadi ha vinto anche il PEN/Barbey Freedom to Write Award 2023, conferito ogni anno a uno scrittore incarcerato per onorare la sua libertà d’espressione.

Narges Mohammadi giornalista professionista, scrittrice e attivista è anche la vicedirettrice del Defenders of Human Rights Center (DHRC) e le sue prime battaglie erano contro la pena di morte. Fu condannata per la prima volta a un anno di carcere nel 1998 per le sue posizioni contro il governo. Da quel momento Mohammadi è ripetutamente entrata e uscita di prigione, perdendo la propria libertà, la propria famiglia, dedicando la propria vita a una lotta per il proprio Paese.
Secondo Amnesty International a Narges Mohammadi sono state negate persino le più elementari cure mediche ed è stata frustata e torturata. Oltre a tutto ciò non si contano le ferite psicologiche inflitte dall’isolamento prolungato e dai continui interrogatori.

Nonostante tutto Mohammadi non si è mai arresa, anche tra le mura claustrofobiche del carcere ha continuato a scrivere, sostenere le sue idee a favore delle proteste e a ribellarsi. Nei suoi scritti Narges Muhammadi non ha mai smesso di sottolineare anche gli abusi subiti dai compagni di detenzione costretti, come lei, dietro le sbarre.
Sta ancora lottando con tutte le sue forze per cambiare l’Iran, afferma il marito Taghi Rahmani (anche lui dissidente e giornalista che vive esiliato a Parigi insieme ai figli)  che negli ultimi mesi ha anche denunciato le sue gravi condizioni di salute che l’hanno costretta a un ricovero d’urgenza lo scorso giugno.
La presidente del Comitato del Nobel Berit Reiss-Andersen spera che il governo iraniano “faccia la cosa giusta”, cioè rilasci Mohammadi assieme a tutti gli altri prigionieri politici.

Soltanto nell’ultimo anno di proteste cominciate dopo la morte di Mahsa Amini mentre era in custodia della polizia religiosa, secondo i dati delle Nazioni Unite sono stati arrestati ventimila manifestanti.

Alla difficile esperienza dell'isolamento carcerario Mohammadi ha dedicato anche un libro “White Torture”, letteralmente la “tortura bianca”.  Nel volume sono raccolte le interviste a dodici donne iraniane tenute prigioniere, oltre che la sua testimonianza.  Queste donne, che sono giornaliste, attiviste politiche, oppure appartengono a minoranze religiose: tutte, nessuna esclusa, vengono ogni giorno torturate con il sistema infido della white torture, ovvero con l’isolamento prolungato, le minacce ai membri della propria famiglia, le lunghe ore di interrogatorio.  La tortura bianca, afferma Narges Mohammadi, è molto peggio della tortura fisica perché tende a minacciare l’identità stessa del prigioniero, la sua coscienza, a influenzare il pensiero che ha di sé stesso. Le donne iraniane sono infatti custodite in una cella completamente bianca per periodi di tempo molto lunghi, con lo scopo di portarle a una totale deprivazione sensoriale attraverso l’isolamento. L’aspetto più inquietante del libro di denuncia di Mohammadi è che nessuna delle donne prigioniere ha commesso un crimine: tutte sono state arrestate con lo scopo di estorcere loro confessioni o costringerle a collaborare con il governo. 

sabato 14 ottobre 2023

Letture luminose 2023-2024

Siamo ormai al quarto ciclo di questa iniziativa, nata per trarre ispirazione vitale da autori di epoche e culture diverse, in un periodo in cui l’umanità ha più bisogno che mai di orientarsi.

Ci ritroveremo come sempre ogni due settimane, on line su piattaforma Zoom,  il mercoledì alle 18.30 per un’ora di lettura antologica e una mezzora di conversazione libera e serena tra di noi. 

L’iniziativa è gratuita.  Per iscriversi occorre mandare una mail a fpistolato@yahoo.it con la dicitura: CICLO LETTURE LUMINOSE 2023-2024. Il link di accesso verrà fornito alla vigilia di ogni incontro, che verrà registrato e inviato poi a tutti gli iscritti, i quali potranno così riascoltarlo con calma in qualsiasi momento, o anche seguire comunque il ciclo, qualora non sia stato possibile partecipare alla diretta.

Inizieremo mercoledì 11 ottobre 2023 come da calendario riportato qui sotto:

  • 11.10.2023 Martin Luther King: Lettera dal carcere di Birmingham, a cura di Roberto Fantini
  • 25.10.2023 Mauro Bergonzi: Il sorriso segreto dell’essere. Oltre l’illusione dell’io e della ricerca spirituale (2011), a cura di Cesare Maramici, con la partecipazione dell’autore. Mauro Bergonzi è stato docente di “Religioni e Filosofie dell’India” presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” e socio ordinario della International Association for Analytical Psychology (I.A.A.P.) e del Centro Italiano di Psicologia Analitica (C.I.P.A.). Ha pubblicato articoli e saggi sui processi meditativi nel buddhismo antico, sulla psicologia del misticismo, sul simbolismo religioso, sull’incontro tra Oriente religioso e Occidente contemporaneo e sul dialogo interculturale fra psicologie sapienziali orientali e psicologia occidentale. Vedi sito:  https://sites.google.com/site/ilsorrisodellessere/
  • 8.11.2023 Marco Pizzuti: Deep State, a cura di Francesco Pistolato
  • 22.11.2023 Federico Faggin: Irriducibile, a cura di Francesco Pistolato
  • 6.12.2023 Erasmo da Rotterdam: Adagia, a cura di Roberto Fantini
  • 20.12.2023 Don Miguel Ruiz: I quattro accordi, a cura di Francesco Pistolato
  • 17.1.2024 Cristophe André, Matthieu Ricard, Alexandre Jollien: Tre amici in cerca di saggezza, a cura di Cesare Maramici
  • 31.1.2024 Erich Maria Remarque: Niente di nuovo sul fronte occidentale, a cura di Roberto Fantini
  • 14.2.2024 Viktor E. Frankl: Alla ricerca di un significato della vita, a cura di Francesco Pistolato
  • 28.2.2024 Massimo Teodorani: Sincronicità, a cura di Francesco Pistolato
  • 13.3.2024 Giovanni Papini: Il diavolo, a cura di Roberto Fantini
  • 27.3.2024 Mauro Biglino: La Bibbia non parla di Dio, a cura di Francesco Pistolato
  • 10.4.2024 Erich Fromm: Avere o essere?, a cura di Roberto Fantini
  • 24.4.2024 I Tre Iniziati: Il Kybalion, a cura di Francesco Pistolato
  • 8.5.2024 Helena P. Blavatsky messaggera di Luce (raccolta antologica), a cura di Roberto Fantini.

giovedì 12 ottobre 2023

Fahrenheit 451

Per superare la situazione drammatica in cui si trovano le società occidentali oggi, caratterizzata da una classe dirigente corrotta a tutti i livelli, un pensiero dominante a senso unico, censure, mancanza di modelli di riferimento ecc, dovremmo organizzarci in maniera creativa in gruppi di persone cercando di perseguire la costruzione di un mondo diverso.  I nostri politici sono dei fantocci a tutti i livelli, cambiano opinioni e idee, per opportunismo, per tornaconto personale, con grande facilità, non abbiamo più modelli di riferimento, le poche personalità positive che emergono, vengono tranquillamente eliminate nella totale indifferenza della comunità internazionale.  Dopo la globalizzazione gli Stati hanno perso la loro sovranità, il potere degli organismi delle Nazioni Unite è stato depauperato, non c'è più uno stato interlocutore, ma solo poteri occulti e dittature invisibili. 

Per darci un minimo di speranza in questa palude di potenziale disperazione, dobbiamo far riferimento a Fahrenheit 451  che è un romanzo di fantascienza del 1953, scritto da Ray Bradbury.    Il romanzo mostra ciò che la censura è in grado di fare in una società in cui una dittatura totalitaria ha impedito la lettura e il possesso di libri, considerati un pericolosissimo strumento di libero pensiero e che quindi vengono bruciati da uno specifico corpo di polizia. Fahrenheit 451 è così una riflessione sul ruolo della lettura e dei mass-media e sulla libertà dell’individuo nella società contemporanea.

Il cambiamento negli stili di vita, che sono diventati più rapidi e superficiali, ha portato alla richiesta di opere scritte più facili e comprensibili e che creassero meno discussioni e dibattiti, privilegiando solo argomenti futili e leggeri. Il governo, giustificando il tutto come servizio per il bene comune, ha deciso successivamente di mettere al bando i libri e di distruggerli sistematicamente.   Guy Montag, il protagonista, è un "fireman" che porta sull'elmetto il numero 451 e il cui compito non è quello di spegnere gli incendi ma di provocarli, bruciando con il cherosene libri, giornali e riviste conservati illegalmente.  Il titolo si riferisce alla temperatura alla quale i libri prendono fuoco.

Guy incontra una ragazza, Clarisse sua vicina di casa, che lo fa riflettere sulla società in cui vivono: una dittatura in cui non c'è spazio per le opinioni personali e che cresce uomini che non conoscono la natura e i sentimenti umani. Clarisse viene da una famiglia che non ha televisori in casa, che è cresciuta in modo diverso e che non è allineata al modo di pensare dettato dal governo. Clarisse, al termine del loro primo incontro, chiede a Guy se è felice, e questo instilla nel protagonista un dubbio che lo porterà a cambiare radicalmente e ritrovare il gusto della lettura. Un professore di nome Faber illusta a Guy la potenza sovversiva dei libri, spiegandogli l’importanza della ricerca del significato che sta dietro alle parole, mentre gran parte della gente si è progressivamente accontentata delle spiegazioni più semplici e superficiali, come quelle fornite dalla televisione.  Poi Faber, lo indirizza verso una comunità di ribelli che costituiscono la memoria letteraria dell’umanità: ognuno di loro ha infatti memorizzato un testo letterario per trasmetterlo alle nuove generazioni quando il mondo sarà libero dalla tirannia. Questo gruppo di ribelli contribuisce in questo modo alla costruzione di un nuovo mondo.

Oggi non ci sono corpi speciali che entrano in casa per bruciare i libri, ma è stato messo in piedi un sistema di annichilimento del libero pernsiero e delle libere opinioni che è molto simile a quello di Fahrenheit 451.  Quella povera gente cosa faceva per contrastare quel disegno?  Cercava di salvare i tesori, ossia le parole luminose provenute dai grandi maestri e preservarle dallo sfascio generale,  con l'intento della salvaguardia del meglio che l'umanità ha prodotto in un fase in cui sembrava prevalere il peggio.

Martin Luther King scriveva:  "il nostro pianeta oscilla sulla soglia della guerra, l'odio prende il sopravvento: così come i falsi Dei del nazionalismo e del materialismo.  Stiamo assistendo al trionfo del peggio dell'umanità, all'orgoglio e all'egoismo, e alla minaccia di un annientamento atomico.

La salvezza del nostro mondo dal fato imminente avverrà non attraverso il compiacente adattamento della maggioranza conformista, ma dalla costruttiva capacità di inadattamento di una minoranza non conformista.  La salvezza dell'umanità è in mano a quelli che sono costruttivamente inadattati e non conformisti.    Queste persone permettono di lasciare aperta una porta ad un futuro diverso, continuando a  ricordandoci, che il mondo che sta trionfando non è il solo mondo posssibile e non è destinato ad essere il mondo del futuro. 

Noi,  cercando di recuperare il meglio dal nostro passato, dovremmo lasciare il testimone a chi ci sta accanto e a chi verrà dopo di noi. In questo modo potremmo dare un piccolissimo contributo alla vittoria delle cose migliori che l'uomo ha fatto, è , e può essere, o può diventare,  rispetto a tutto l'orrore che ha prodotto e continua a produrre.

L'azione deve comunque essere caratterizzata da una strategia non violenta caratterizzata dai seguenti punti: la nonviolenza non è fatta per i codardi, richiede  un enorme coraggio, il nonviolento non aspira a umiliare l'avversario, l'obiettivo è quello non di cancellarlo, ma di redimere l'avversario, contribuire a sviluppare in lui un'assunzione di coscienza e responsabilità, una crescita in vista di una riconciliazione,  ossia voglio farti capire quanto stai sbagliando e fare in modo di darti i mezzi per rinnovare te stesso; occorre lottare, non tanto contro le persone che sbagliano, ma contro il male in sè, e nello stesso tempo dobbiamo essere pronti ad accettare delle sofferenza senza nutrire desiderio di vendetta, dobbiamo rifiutare l'idea di un odio mentale sempre nell'ottica di questa aspirazione a un'armonia cosmica in cui ci possiamo tutti ritrovare purificati.

Dobbiamo prendere consapevolezza dei nostri limiti, dei nostri sbagli, assumendosene la responsabilità fino in fondo, senza mai desiderare di infierire sull'altro, senza mai aspirare ad acquisire un potere che ribalterebbe la situazione precedente, creando nuove forme di oppressione, nuove burocrazie di oppressori come è successo nei fenomeni rivoluzionari.

domenica 8 ottobre 2023

Le 10 malattie trasmesse spiritualmente

"Tutto ciò che gonfia l'Ego è totalmente opposto allo Spirituale". 

"Pensiamo davvero che se qualcuno medita per 5 anni o pratica yoga per 10 anni, sarà una persona meno nervosa di chiunque altro? No, per niente, al massimo ne sarà un po' più consapevole».

La Psicoterapeuta dott. Mariana Caplan ha dedicato la sua vita all'esplorazione del discernimento nella spiritualità, soprattutto in quelle aree scivolose come il potere, il sesso, l'illuminazione, i guru, gli scandali, la psicologia e la nevrosi...  Questa non è vera spiritualità, perché, secondo Mariana, si tratta di idee confuse e immature rispetto a principi spirituali complessi, che però si diffondono come una malattia  

Le 10 malattie spiritualmente "trasmissibili" da cui dobbiamo tutti guardarci:

1) SPIRITUALITÀ FAST-FOOD: consiste nel credere che esistano rimedi facili e rapidi per eliminare la sofferenza ed evolvere spiritualmente. La trasformazione spirituale non può essere rapida perché il processo spirituale stesso consiste nel lasciare la fretta e rispettare i propri ritmi naturali.
2) SPIRITUALITÀ IMITATIVA: è la tendenza a parlare, vestirsi e/o agire come dovrebbe fare una persona spirituale. È come indossare una pelle di leopardo per sembrare un leopardo.
3) MOTIVAZIONI CONFUSE: anche se il desiderio di crescere è autentico, spesso si mescola con altre motivazioni come quella di appartenere, essere amato, essere speciale o addirittura superiore e concretizzare l'ambizione personale.
4) IDENTIFICATI CON ESPERIENZE SPIRITUALI: accade quando l'ego, dopo aver vissuto un'esperienza spirituale, se ne appropria, in modo da poter credere che tutto ciò che è suo deriva da queste esperienze spirituali, che in realtà sono stati transitori che trascendono l'ego.
5) L'EGO SPIRITUALE: quando la persona si identifica eccessivamente con i concetti e le idee spirituali tende ad essere invulnerabile alle critiche, in modo che la sua crescita si rallenta. Diventa un essere impenetrabile, lontano dal mondo.
6) PRODUZIONE IN MASSA di MAESTRI SPIRITUALI: attualmente ci sono molte tradizioni spirituali che danno titoli a persone che sono molto lontani dall'aver raggiunto la loro maestria spirituale eppure si vendono come maestri spirituali. Il problema non è che questi insegnanti formino altre persone, ma che si vendano come se avessero raggiunto un alto grado di master.
7) ORGOGLIO SPIRITUALE: la persona, dopo aver raggiunto un vero grado di spiritualità, si stagna lì
scusandosi in questa conoscenza per non continuare a crescere.  Spesso è legato a un sentimento di superiorità, di essere migliore degli altri.
3) MENTE DI GRUPPO: descritto anche come pensiero di gruppo, mentalità di culto o malattia di Ashram, si verifica quando le persone appartenenti a un determinato gruppo accettano le regole implicite su come pensare, parlare, vestire e agire. Le persone con questo "virus" rifiutano altre persone che non rispettano questa normativa e si rifiutano di confrontarsi con loro.
9) IL COMPLESSO DI PERSONE SCELTE:  è la convinzione che "il nostro gruppo è più evoluto, potente, illuminato o semplicemente migliore degli altri".  È diverso pensare di aver trovato il gruppo migliore per noi,  che pensare che sia il gruppo migliore .
10) IL VIRUS MORTALE:  IL "SONO GIÀ ARRIVATO":
questa malattia è cosÌ forte che ha il potenziale di uccidere la crescita spirituale. È un po' come sono arrivato alla fine della mia crescita spirituale, non ho più nulla da imparare".  In quel momento la crescita
spirituale cessa, è come se uccidessimo la nostra anima. 

vedi: https://lameditazione.com/10-malattie-spiritualmente-trasmissibili/

Amatorialmente tradotto in italiano da “10 spiritually transmitted deseases” di Mariana Caplan.
L’articolo è un adattamento da Eyes Wide Open: Cultivating Discernment on the Spiritual Path  di Mariana Caplan.

Mariana Caplan è laureata in Antropologia Culturale e in Counseling Psychology. E' autrice di diversi libri. Diversi suoi articoli e saggi sono pubblicati in italiano su www.fiorigialli.it.

venerdì 6 ottobre 2023

Ibrahim Traoré - L'uomo che vuole liberare l'Africa dall'Occidente

Ibrahim Traoré (nato nel 1988) è un militare e politico burkinabé, presidente ad interim a 34 anni del Burkina Faso dal colpo di stato del 30 settembre 2022, che ha estromesso il presidente Paul-Henri Sandaogo Damiba. 

 Qualcuno lo ha definito il nuovo "Che Guevara africano" e lo hanno associato a Sankara (1949-1987) il primo presidente africano a mettere in guardia la popolazione dall'AIDS, invitando i compatrioti a usare dei contraccettivi per evitare eventuali sieropositività. Abolì la poligamia e vietò l'infibulazione, pratiche ampiamente diffuse e tollerate in tutta l'Africa.

Sankara si impegnò per eliminare la povertà attraverso il taglio degli sprechi statali e la soppressione dei privilegi delle classi agiate. Finanziò un ampio sistema di riforme sociali incentrato sulla costruzione di scuole, ospedali e case per la popolazione in estrema povertà, oltre a condurre un'importante lotta alla desertificazione con la piantumazione di milioni di alberi nel Sahel.  Il suo rifiuto di pagare il debito estero di epoca coloniale, insieme al tentativo di rendere il Burkina autosufficiente e libero da importazioni forzate, gli attirò le antipatie di Stati Uniti d'America, Francia e Regno Unito, oltre che di numerosi paesi circostanti. Questo stato di cose sfociò nel colpo di Stato il 15 ottobre 1987, in cui, all'età di 37 anni, il giovane capitano Sankara fu assassinato dal proprio vice, Blaise Compaoré. È celebre soprattutto per il suo discorso all'Organizzazione dell'Unità Africana contro imperialismo e neocolonialismo. Rinunciò a qualunque beneficio personale come Presidente del Burkina Faso e, al momento della morte, gli unici beni in suo possesso si rivelarono essere un piccolo conto in banca di circa 150 dollari, una chitarra e la casa in cui era cresciuto.
 
Ibrahim Traoré  sta ripercorrendo le orme di Sankara, ci sono molte analogie tra i due personaggi, ha rinunciato allo stipendio presidenziale, ha già pronunciato un discorso che è diventato virale sul web contro il neo-colonialismo.  Dura meno di sette minuti. Ma è il discorso che più di ogni altro ha lasciato il segno al summit Russia – Africa tenutosi fino luglio 2023 a San Pietroburgo di fronte a Vladimir Putin “Non capiamo perché, pur con così tante ricchezze e risorse sotto il nostro suolo, l’Africa è oggi il continente più povero. E come mai i nostri capi di stato attraversano il mondo mendicando? Il vero grande problema è vedere i nostri capi di stato africani, che non portano a nulla ai loro popoli in lotta, cantare la stessa musica degli imperialisti. I nostri capi di stato africani devono smetterla di comportarsi come marionette!"

Ibrahim Traoré ha studiato all'Università di Ouagadougou dove ha fatto parte dell'Associazione degli studenti musulmani. Si è arruolato nell'esercito del Burkina Faso nel 2010 ed è stato promosso capitano nel 2020.  Prestò servizio come capo di un'unità militare a Kaya, una città nel nord del Burkina Faso. Era uno dei tanti giovani ufficiali che hanno combattuto contro i ribelli in prima linea durante l'insurrezione jihadista in Burkina Faso.

Analisi sul Burkina Faso e sul colpo di Stato:  https://youtu.be/ItapMt7XDqg?si=Qpvo4mlUGiArHiSK 

Discorso di Ibrahim Traoré a San Pietroburgo:   https://youtu.be/XO9DbSwXMHI

Sadhguru a Milano

Sadhguru (nato nel 1957), il cui vero nome è Jagadish Vasudev, è molto noto sui social (più di 11 milioni di seguaci ) ed è considerato uno dei più popolari guru indiani contemporanei. E' noto soprattutto in Occidente ed è considerato da molte persone sul percorso spirituale un punto di riferimento. 

Sadhguru non è un filosofo, né un maestro e nemmeno un religioso; è semplicemente un uomo alla ricerca, che in materie di spiritualità è tra le più autorevoli persone al mondo. Se per spiritualità però intendiamo la profonda conoscenza di sé stessi. Un mistico certo, ma assolutamente al passo con i tempi. Perché con il suo linguaggio semplice, accompagnato da una intelligente ironia, sa trasmettere concetti profondi, ma estremamente pratici. Invitato ad Harvard, ad Oxford, alle Nazioni Unite, alla FAO, all'UNESCO, ha parlato di quella crescita individuale che passa solo attraverso la consapevolezza, per inebriarsi della vita senza alcol né droghe, ma solo sperimentandola. Un messaggio che Sadhguru trasmette dall'inizio del suo viaggio, da quella esperienza mistica (avuta nel 1982, su una collina vicina a Mysore) che gli cambiò la vita.

All'Allianz Cloud di Milano, (il 1 ottobre 2023) erano in 4mila ad ascoltare le parole di Sadhguru, il mistico indiano amato dalle star hollywoodiane come Will Smith e Matthew McConaughey. E' stato il più grande evento di meditazione mai realizzato in Italia.

Sadhguru è salito sul palco tra gli applausi e i canti dei presenti e ha iniziato a ballare qualche passo davanti alla folla entusiasta. Poi ha tenuto un discorso di cinque ore in cui ha spiegato la sua visione della vita: "tutto ciò che accade nel mondo dipende da ciò che accade dentro di noi, quindi dobbiamo imparare a “controllare il corpo, la mente, le emozioni e le energie, e vivere una vita felice e appagante”.

Vedi: https://video.sky.it/news/spettacolo/video/sadhguru-a-milano-incontro-con-il-mistico-indiano-866745

Il guru ha interrotto il suo monologo solo per una breve pausa di meditazione collettiva di circa 15 minuti. La parte finale dell’evento è stata dedicata alle domande del pubblico.  La prima domanda è stata: “Qual è il senso della vita?”. E lui, che ha le idee chiare a riguardo, ne ribalta il significato: “A che serve, anzi a chi serve chiedersi qual è il significato della vita? Qual è il significato del sole che sorge, di un fiore che sboccia, del sorriso sul viso di un bambino? È solo la mente umana che deve trovare un senso per fuggire alla follia”.   Altra domanda: "Se non si trova un senso, almeno come si arriva alla felicità?”. La risposta per Sadhguru è semplice ed è dentro ognuno di noi: “Tutti abbiamo gli stessi bisogni, come mangiare e dormire, ma i nostri desideri sono diversi. Come trovare la felicità? Perché devi trovare la felicità? Quando eri bambino eri felice, poi cos’è successo?    Il problema è la capacità cerebrale che la maggioranza degli esseri umani non sa gestire”.  “Se non fate pace con la vostra mente come potete fare pace con il mondo – ha detto Sadhguru – Il problema del mondo sono gli esseri umani, perché non sanno gestire la loro mente”.  Sadhguru ha anche parlato del suo progetto di costruire una città in California – seguendo le orme dell’altro grande maestro indiano Osho – e forse anche una sede europea: “Prima pensavo fosse sufficiente costruire dentro il cuore delle persone, ora ho capito che alcuni rischiano di smarrirsi e che ci vogliono posti e persone dedicate che le aiutino”.

Sadhguru, letteralmente 'guru non istruito', non ha una formazione specifica sulle tematiche spirituali, e il suo insegnamento si basa solamente sulla sua esperienza interiore.  Ha organizzato l’evento a Milano per “portare il potere trasformativo della meditazione e dello yoga nel cuore dell’Italia” ed è comunque un personaggio controverso.

Jagadish Vasudev è nato a Mysore ed è figlio di un oftalmologo che non gli diede alcuna educazione spirituale. Dopo essersi laureato iniziò a girare l'India in motocicletta, sua grande passione, fondando assieme ad un amico un’impresa edile. La svolta mistica avvenne all’età di 25 anni, come raccontato dallo stesso Sadhguru in un Ted Talk del 2009 e in altre interviste. Nel 1982, salito in moto su collina vicina a Mysore, mentre era seduto su una pietra ebbe una esperienza mistica e una rivelazione: “Per la prima volta non sapevo cos’ero io e cosa non ero io, all’improvviso ero ovunque, la roccia su cui ero seduto, l’aria e l’atmosfera intorno a me, ero esploso in ogni cosa. Mi sentivo far parte del tutto". Quella fu la svolta. Jagadish Vasudev decise di abbandonare la sua attività imprenditoriale e di dedicarsi ai viaggi e alla meditazione: iniziò ad insegnare yoga gratuitamente e il suo nome iniziò a farsi conoscere in India come all’estero.

Il cambio di prospettiva arriva dieci anni dopo la sua prima esperienza mistica: nel 1992 fonda infatti la Isha Foundation, un’organizzazione ufficialmente senza scopo di lucro con 300 centri sparsi nel mondo dove si svolgono molte attività, tra cui ritiri di yoga e meditazione pagamento. Nel 2021 la Fondazione aveva un fatturato vicino ai 30 milioni di dollari: è gestita da 5.600 persone a tempo pieno, quasi tutte volontarie, e da oltre 16 milioni di volontari part-time.  Un guru sempre in movimento, soprattutto in motocicletta con cui lo scorso anno ha percorso in 100 giorni ben 30.000 km, per il movimento Save Soil cui è il fondatore.  Il guru indiano è stato invitato a parlare da importanti società private come Google e Microsoft, ed ha tenuto discorsi anche al World Economic Forum (per ben tre volte), alle Nazioni Unite e alla Banca Mondiale.

Nel 2017, Sadhguru ha ricevuto il Padma Vibhushan, il secondo più alto riconoscimento civile del governo indiano. Lo stesso anno ha inaugurato a Coimbatore la gigantesca statua di Adiyogi Shiva (il primo yogi) alta 34 metri, riconosciuto dal Guinness dei primati come il busto più alto al mondo

La “coesistenza” tra il suo ruolo di guru mistico e la sua maniacale attenzione all’immagine, così costruita, oltre all’essere di fatto titolare di un impero commerciale, hanno attirato feroci critiche a Sadhguru.  Il mistico è stato anche indagato, e poi archiviato, in una inchiesta per la morte della moglie Vijikumar, avvenuta nel 1997. Il guru sostenne che sostenne che si fosse trattato di Mahasamadhi, ossia un’ultima grande meditazione in cui la persona abbandona volontariamente il proprio corpo per fondersi col divino e raggiungere l’onnipresenza. Sadhguru si è attirato numerose critiche anche per aver propagandato idee pseudoscientifiche: Tulasi Srinivas, docente di antropologia e religioni all’Emerson College, ha definito Sadhguru “un guru neoliberale per tempi neoliberali”.

venerdì 29 settembre 2023

Sequenza di posizioni yoga - Facile

 Sequenza proposta all'ashram di Krishnamacharia.  Leggera difficoltà.

 
 
 

La puissance de la joie (1) - Frédéric Lenoir

L'effet de la sagesse, c'est une joie continue. -  Seneca.     La gioia è una potenza, coltivatela. - Il Dalai Lama.            

Frédéric Lenoir è filosofo e sociologo e coproduttore dell'emissione " les racines du ciel" su France Culture. È autore di numerosi opere, saggi e romanzi che sono delle riflessioni sulla saggezza e l'arte di vivere, e tradotti in una ventina di lingue. In questo testo ci parla della gioia sotto vari aspetti. 


La gioia è un'emozione più profonda del piacere, più concreta del benessere, un'emozione che coinvolge tutto l'essere e che diventa, attraverso mille sfumature, il sentimento supremo desiderabile.  La gioia porta in essa una potenza che ci va vacillare, ci invade, ci fa gustare la pienezza dell'essere. È una affermazione della vita e una manifestazione della nostra potenza vitale, è il mezzo che abbiamo a disposizione per toccare questa forza di esistere, di gustarla. Filosofi come Bergson, Spinoza e Nietzsche hanno messo la gioia al cuore del loro pensiero.

"Bisogna andare oltre il piacere effimero, e andare verso la felicità, più durevole e globale". Pierre Rabhi.

La felicita è continuare a desiderare ciò che già  possediamo.  L'ideale di saggezza si riassume in una parola: aurarkeia, l'autonomia ossia la libertà interiore che non fa più dipendere la nostra felicità o il nostro malessere dalle circostanze esterne. Reagiamo solo di fronte a quello che dipende da noi, a quello che possiamo cambiare. Oltre la felicità e il piacere c'è la gioia, un'emozione, un sentimento che i due psichiatri Christophe André  e Francois Lelord, descrivono come un'esperienza mentale e fisica intensa, in reazione a un avvenimento di durata limitata. Per Spinoza la gioia permanente, la beatitudine si raggiunge quando ci siamo liberati dalla schiavitù delle passioni, è l'obiettivo ricercata dai grandi saggi. L'amore può essere una gioia passiva (una passione) quando è fondato su un falso pensiero, su una non conoscenza dell'altro, quando creiamo dei legami con una persona che abbiamo idealizzato e sulla quale abbiamo proiettato delle attese infantili, che procureranno tristezza piuttosto che gioia. Nietzsche come Spinoza giunge alle conclusioni che la gioia è la potenza della vita sulla quale appoggiarsi. Critica ferocemente le religioni che definisce la teologia della tristezza, che predicano una morale della repressione dall'istinto, del corpo, del desidero e riducono le possibilità della gioia.  Per Bergson la gioia è legata alla creazione, alla riuscita nella vita. Un atto di creazione, un'opera d'arte, una nascita, ecc, procurano gioia.  

Ci sono una serie di attitudini che possono creare un clima favorevole alla gioia. La prima è l'attenzione, occorre essere qui e adesso per vivere pienamente le esperienze sensoriali che portano alla gioia. Inoltre, occorre riapprendere a sentire interiormente, a non tagliarci dalle nostre emozioni. L'attenzione ci educa alla presenza, ma la presenza va oltre il semplice fatto di essere attento. Consiste nell'accogliere con generosità il reale, l'altro, il mondo. La presenza è sentire una qualità dell'essere, sentire profondamente l'altro, essere presente all'altro con uno sguardo, con un sorriso, una carezza. Una vita riuscita non sarà in funzione del numero di esperienze fatte, ma dalla qualità di queste esperienze. Gli occidentali quando viaggiano cercano il circuito più completo, si fermano sul posto, giusto il tempo di fare un selfie,  e ripartono; senza nemmeno provare a comunicare con le persone o  conoscere la storia del Paese. 

Una delle esperienze che ci possono educare all'attenzione e alla presenza è la meditazione. La mindfulness o piena attenzione (preferibile a piena coscienza) ci permette di accogliere tutto quello che emerge in noi, accettare di vivere con una certa vulnerabilità, di connetterci alle nostre emozioni profonde che possono procurare gioia e a volte tristezza. Spesso preferiamo proteggerci e blindare le nostre emozioni, relegarle nel nostro sub-conscio, proteggere il nostro cuore per non soffrire. Ma in questo modo ci proteggiamo dalla tristezza e dal dolore, ma ci precludiamo l'accesso alle gioie dell'amore. Per aprire il nostro cuore bisogna aver fiducia nella vita, e questo dipende dai nostri genitori e dai primi anni di esistenza. Quando la gioia busserà alla nostra porta, dobbiamo essere pronti ad accoglierla, per questo è importante essere predisposti all'apertura e all'incontro.

Per i buddhisti, la gioia è il frutto di un amore altruista, che consiste nel gioire del benessere altrui. Questo amore e la gioia che l'accompagna hanno origine dalla benevolenza, maitri, che i praticanti provano verso ogni essere vivente. Questo è il miglior rimedio contro l'invidia che la maggior parte delle persone provano nei confronti di chi ha successo e chi è felice. Tutte le nostre attività sono intraprese per avere in cambio denaro,  riconoscenza o successo sociale e raramente sono mosse dalla gratuità. Dobbiamo avere gratitudine per quello che abbiamo, ringraziare di essere là, per avere una buona salute, avere la possibilità di fare ciò che amiamo. Spesso non apprezziamo quello che abbiamo, e spesso come scrive Jacques Prevert: "ho riconosciuto la felicità dal rumore che ha prodotto lasciandomi". Bisognerebbe ringraziare la vita ogni mattino, e avere voglia di vivere la giornata. La sera prima di addormentarci dovremmo ricordarci di cinque bei momenti della giornata passata.

Spesso una grande gioia è il frutto di una grande perseveranza, come tenere una conferenza in inglese in America, dopo avere studiato per sei mesi. Confucio ci dice che per essere felici, bisogna essere virtuosi, e imitare l'ordine cosmico. Tutto è prevedibile e rassicurante, mentre per i taoista dobbiamo lasciarci andare al flusso della vita. E accettare anche che, a volte, ci allontaniamo dagli obiettivi che ci siamo prefissati. Utilizziamo le contrarietà e le difficoltà per far emergere del positivo e la gioia.

La puissance de la joie (2). Frédéric Lenoir

Frédéric Lenoir è filosofo e sociologo e coproduttore dell'emissione " les racines du ciel" su France Culture. È autore di numerosi opere, saggi e romanzi che sono delle riflessioni sulla saggezza e l'arte di vivere, e tradotti in una ventina di lingue. In questo testo ci parla della gioia sotto vari aspetti.            

Divenire se stessi. "Il più ignorante degli uomini è colui che rinuncia a quello che conosce di sé stesso per adottare l'opinione di altri". Ahmad Ibn Ata Allah, un maestro sufi.     

Spinoza si domandava se esiste un cammino da percorrere che ci permetterebbe di rendere la gioia più costante, o permanente anche se di più debole intensità, meno soggetta a eventi esterni.
- Il primo cammino consiste nell'andare verso se stessi, è la gioia della liberazione;  - Il secondo consiste ad andare verso gli altri ed essere in armonia con il mondo, e la gioia della comunione.
Il primo percorso consiste nel diventare pienamente se stessi, con un lavoro di introspezione si elimina ciò che ci è stato imposto dall'esterno e si cerca di sviluppare aspetti che sono stati soffocati. Questo processo di individuazione, come lo definisce Jung, comincia verso i 35 anni, quando abbiamo preso coscienza, confrontandoci con l'esperienza, della nostra vera natura e delle nostre aspirazioni reali. Importante è mantenere i legami con la comunità, la famiglia e avere dei valori. Spinoza direbbe: "osserva quello che ti porta della gioia e quello che ti rende triste". 
È impossibile vivere nella gioia se siamo in permanenza dipendenti della critica o del giudizio degli altri.       

Come sottolinea Spinoza: "non si nasce liberi lo si diventa", e fino a quando non abbiamo fatto questo lavoro interiore di conoscenza di sè e di lucidità, siamo condizionati dalle nostre emozioni, desideri, passioni,  credenze, immaginazione, opinioni. 

Quello che noi pensiamo di compiere liberamente è il risultato dei nostri condizionamenti. Essere liberi è agire secondo la nostra natura e non secondo i nostri condizionamenti. Dobbiamo liberarci dallo sguardo degli altri  e in modo particolare dallo sguardo dei genitori; ma soprattutto dalla nostra schiavitù  interiore che porta spesso al vittimismo. Spinoza è stato il filosofo che ha annunciato il secolo delle Lumieres reclamando una repubblica  laica che rispetti le libertà di coscienza e d'espressione, e nello stesso tempo è il grande pensatore della libertà interiore. La schiavitù dell'uomo è dovuta al cattivo orientamento dei desideri, dobbiamo orientarci verso oggetti che ci elevano utilizzando il discernimento razionale. Potremo allora gustare la gioia piena e costante di un nostro desiderio, regolato in modo adeguato.

 Una volta che l'essere umano è diventato perfettamente autonomo, è molto più utile agli altri e capace di amare in maniera giusta. Corrisponde a quello che dice Gandhi: "solo cambiando se stessi  si cambierà il mondo". La rivoluzione è interiore.

"Essere capaci di trovare la propria gioia nella gioia dell'altro: ecco il segreto della felicità". - Bernanos.  Nessun essere umano può vivere e restare senza amore, senza legami affettivi con gli altri e il mondo. Nell'etica a Nicomaque, Aristotele usa la parola philia per descrivere l'amore è l'amicizia. Philia è un amore profondo che unisce sia degli amici che delle coppie, il fondamento di tutte le relazioni umane autentiche: si sceglie una persona per condividere un progetto, o condivisione di scambi, di piaceri e di conoscenze. E' fondata sulla reciprocità, con una persona con la quale ci incoraggiamo mutualmente, ci aiutiamo reciprocamente a svilupparci, a essere pienamente noi stessi. 

Philia comporta una dimensione senza la quale nessun amore può essere vero: la gioia di poter essere pienamente se stesso e di aiutare l'altro a essere, anche lui, pienamente se stesso. A volte c'è un amore incondizionato verso l'altro, a volte questo amore è condizionato (genitori cha amano i figli se riescono negli studi, il partner che ama il compagno/a se mantiene una certa forma fisica, ecc).  Un esempio di forte amicizia è quello tra Montaigne e La Boétie che si incontrarono nel 1558 al parlamento di Bordeaux.

Il vero amore non consiste nel possedere una persona, ma nel volere la sua autonomia. Nella sua forma più autentica, l'amore unisce due esseri autonomi, indipendenti, e deve sempre esserci uno spazio tra di loro, come ha ben descritto il poeta Khalil Gilbran. Spesso la fusione nell'amore è l'indicatore di mancanza di sicurezza interiore. La dipendenza assoluta tra due persone è la manifestazione di qualche forma di perversione, la voglia di possedere l'altro è una forma di perversione che inquina l'amore. 

Se un amore finisce  non è dovuto al fatto, che grazie alla libertà e autonomia, la persona ha incontrato un altro, ma perché è semplicemente triste con noi. Quando in una relazione non c'è più gioia  domandiamoci se è buono per noi, se è una relazione tossica, e se  vediamo che un processo di ricreare una relazione sana è impossibile, troviamo qualcuno che ci permette di sbocciare e fiorire. Sono le relazioni giuste che ci permettono di evolvere.

Esiste un altro tipo di relazione d'amore, l'amore dono. Si ama senza attendere niente in cambio. Quando aiutiamo qualcuno in maniera disinteressata. È l'amore-compassione (karuna) del buddhismo che si distingue dalla semplice benevolenza (maitri) del buddhismo primitivo. Corrisponde alla agape del nuovo testamento, e questo amore dono qualifica sia l'amore divino che l'amore gratuito per l'altro. Una frase di Gesù è la seguente: "c'è più gioia a dare che a ricevere". I greci evocavano l'idea di accordarsi al mondo in maniera armoniosa. Ossia entrare in risonanza con i nostri simili, la natura, il cosmo. L'obiettivo è condurre una vita eticamente giusta, sentirsi in armonia con tutto quello che ci circonda. Contemplare un'opera d'arte che ci emoziona, fermarsi davanti alla perfezione della natura ci permette di collegarci a qualcosa di trascendente, far emergere la parte più  nobile di noi. Rispettando la natura e la vita, l'essere umano si accorda al mondo, ha un'attitudine etica giusta.

La filosofia è la psicologia dell'India, ben sintetizzata nel XX secolo da swami Prajnanpad, il cui insegnamento è stato diffuso in Occidente da Arnaud Desjardins: "la nostra personalità si struttura intorno a due istanze: l'ego e il mentale". 

L'ego permette di avere delle percezioni gradevoli o spiacevoli, che l'educazione ci permette di gestire. È anche il supporto delle nostre emozioni: paura, collera,  tristezza  gioia che contribuiscono alla costruzione della nostra personalità. Una volta che la nostra personalità è costruita siamo completamente identificati al nostro ego.   L'altra istanza è il mentale, che ci aiuta a razionalizzare gli avvenimenti e a sopravvivere.  Farci accettare il reale anche se a volte non è facile. Per Freud la più grande invenzione del mentale è Dio o la provvidenza. Il mentale è l'ego hanno costruito un filtro tra noi e il reale. Ci impediscono di vedere il mondo così come è veramente. Per questo bisogna trascendere l'ego e abbandonare la bussola del mentale è arrivare a percepire il nostro vero Sé. Questo potrebbe essere comparato all'esperienza del risveglio del Buddha che si basa sulla presa di coscienza dell'illusione dell'ego. Attraverso questo processo accediamo alla conoscenza intuitiva. Il saggio percepisce di fare parte di un Tutto. C'è una similitudine tra la filosofia delle Upanishad e quella di Spinoza: "Dio non esiste fuori dal mondo  il mondo e Lui sono la stessa sostanza, tutto è in Dio, come Dio è in tutto". Il saggio esce dalla dualità e diventa un essere liberato (jivan mikta) che vive in piena felicità della pura coscienza (sat chit ananda). Romain Rolland ha trovato l'espressione "sentimento oceanico" per descrivere questo sentimento di unità con l'universo, con quello che è più grande di noi stessi. Anche le arti ( ad esempio la musica) possono provocare  un'esperienza cosmica o mistica. Ci aiuta a uscire dal nostro ego, del nostro sentimento di individualità e ad andare verso l'universale.

Spesso le scelte di una vita monastica e spirituale  si basano sulla trappola della ferita narcisistica, e il bisogno di riconoscimento che ne deriva e ciò fa si che si cerca di elevarsi, di diventare un eroe spirituale, senza riconoscere la profonda fragilità da cui questa aspirazione scaturisce (Jean Vanier, il fondatore della comunità l'Arche).  Lenoir ha passato quasi tre anni a un monastero e stava per prendere i voti, e ha cambiato idea quando ha ascoltato una conferenza di Jean Vanier. Ha anche accennato alle molte persone, buddhisti o cristiani, che ha incontrato nei suoi ritiri e che avevano delle personalità psicotiche. Oggi non si può intraprendere un percorso spirituale senza un lavoro psicologico, un vero lavoro di conoscenza di sé e delle nostre motivazioni. Spesso occorre conoscere le nostre zone d'ombra e fare un lavoro di ristrutturazione dell'ego, per non rimanere vincolati dai giudizi di approvazione. Occorre anche amore e riconoscenza sociale.

La vera gioia, arriva quando nasciamo ed è la gioia di vivere, che è la gioia perfetta secondo il filosofo Clément Rosset La gioia di vivere è ricevere la vita come un regalo e approfittarne in tutte le sfumature. Il Dalai Lama sorride tutto il tempo anche se ha sulle spalle il pesante fardello delle condizioni in cui vivono i tibetani. Dominique Lapierre ha scritto sulla situazioni delle bidonville di Calcutta nel libro La città della gioia : "malgrado le condizioni materiali, questa bidonville era una cattedrale di gioia  di vitalità, di speranza".  Ci sono popoli che vivono in estrema semplicità ma pieni di gioia (vedi emissione "Rendez-vous en terre inconnue" di Frederic Lopez su France 2). Noi vorremmo vivere di più  e speriamo di diventare immortali, invece dovremmo apprendere a vivere meglio e toccare l'eternità in ogni istante pienamente vissuto. 

Solo l'accettazione del dolore, degli ostacoli, della vita nella sua interezza apre le porte della gioia. 

Esistono due tipi di saggezza che hanno come scopo di portare ad un benessere profondo e durabilità. 

  • -La prima mira all'atarassia, all'assenza di problemi e alla serenità, con diminuzione dei piaceri e dell'affettività.    Epicuriani, stoici e buddhisti, anche se non esprimevano i piaceri, vivevano una vita ascetica, sobria e moderata.
  • -La seconda aspira alla gioia perfetta, prima che all'assenza di problemi o alla serenità. Meno portata sulla repressione delle passioni, appplica una sorta di distacco, senza essere succubi dei piaceri mondani e dei beni materiali. Altra soluzione è quella di accettare pienamente la ricchezza e l'intensità di una vita affettiva, accettando la sofferenza come corollario (La via dei taoista, di Montaigne e Spinoza). 

Per esempio,  se amo una persona, la amo pienamente senza spirito possessivo, né  attaccamento passionale, ma assumendo il rischio di una separazione. E se un giorno succederà, soffrirò, piangerò, il mio cuore sarà ferito, ma il mio amore per questa persona non sarà indebolito, nè il mio amore per la vita. La mia gioia di vivere sarà sempre presente e potrò cercare di superare questa prova. Questo amore, nella misura che è vero, ha raggiunto una forma di pienezza che gli conferisce un carattere eterno: più niente e nessuno potrà farlo sparire, o far sparire la gioia vissuta durante questo rapporto. Tutti gli esseri che abbiamo amato, anche se la loro assenza ci è dolorosa, continuano a vivere in noi.  Percepiamo ancora questa gioia nata dall'amore. Quando amiamo veramente una persona, questo amore se è vero, è eterno, e non può scomparire o trasformarsi in rabbia. Si vive una gioia, la gioia di sentire il nostro amore, quello di più puro e vero è ancora là.

La saggezza della gioia ci incita anche a vivere nel cuore del mondo, per sposare le contraddizioni e impegnarsi per trasformarlo. Si deve avere come obiettivo il pieno sviluppo, per tutti gli esseri viventi. La gioia di vivere è empatica, invita alla compassione e alla condivisione. La gioia di vivere ci rende più coraggiosi, più aperti, più audaci, più tolleranti di fronte ai problemi degli altri.  La gioia di vivere non porta nessuna risposta teorica al male. Ma apporta una piccola pietra per la costruzione di un mondo migliore: non rispondere con violenza alla violenza, aiutando le persone vicine, provando a inquinare meno, consumare meno, impegnarsi nella comunità e nel volontariato. Il movimento Colibrì è uno dei tanti movimenti che cercano di dare il loro contributo per cambiare il mondo ed è stato fondato da Pierre Rabhi. Come emblema è stato scelto il colibrì che cerca di spegnere l'incendio nella foresta trasportando una piccola goccia d'acqua nel becco. Cerchiamo di fare la nostra parte in questa opera immensa che è di guarire il mondo dalle piaghe che le nostre cattive passioni gli infliggono:  desiderio di dominazione, cupidigia, gelosia, invidia, orgoglio e paura.

Con la saggezza della gioia trasformiamo noi stessi e convertiamo le nostre passioni in azioni.

Eloge de la faiblesse - Alexandre Jollien

Il filosofo e sociologo Alexandre Jollien (1975-) è nato con un grave handicap cerebrale-motorio per un parziale strangolamento causatogli dal cordone ombelicale. Ha passato molti anni (17 anni), fino all'universita in un centro di riabilitazione. In questo libro, attraverso in dialogo simulato con Socrate, racconta la sua permanenza al centro, la sua debolezza, il suo percorso, le sue difficoltà a trovare un equilibrio, una dimensione nella società. Questo libro, Elogio della debolezza, ripercorre un itinerario interiore, una specie di conversione alla filosofia, I suoi tentativi di essere indipendente.             

Esiste una dipendenza obbligata: dal mio fornaio, dal calzolaio, dal mio professore di filosofia, la nostra società è organizzata con la condivisione dei compiti;  Poi esiste la dipendenza psicologica e emotiva che  genera tensione, la paura di perderla, la paura di ferire, di essere rifiutato dall'amico. L'altro viene strumentalizzato, lo si riduce al rango di un mezzo per colmare un vuoto, la solitudine.  Ci attacchiamo, andiamo verso l'altro per fuggire da noi stessi. Sartre descrive lo sguardo dell'altro come uno strumento per valorizzarci. Visto che l'altro mi valorizza, farò di tutto per piacergli, per ricevere la sua amicizia e approvazione.

Le difficoltà incontrate posso diventare formatrici,  e un uomo dotato di buon senso ne trarrà benefici.  La difficoltà stimola  perchè ci obbliga a trovare delle soluzioni. Spesso un ambiente iperprotettivo è contro producente , si vedono madri che non si allontanano di un pollice dal loro bambino, e in questo caso,  l'amore può costituire un ostacolo allo sviluppo personale, allo stesso modo che il disprezzo. La fiducia è vitale per lo sviluppo della personalità. Nietzsche parla spesso di trarre profitto dalle prove, e va fino a consigliare di trarre profitto anche dall'ingiustizia.

Le prove formano più che le perfette dimostrazioni di eminenti scientifici o pedagogisti che illustrano i loro schemi. Occorre trarre profitto da tutte le situazioni, anche le più terribili.  Le prove sono inevitabili, bisogna trovare il modo di eliminare la sofferenza, e se non fosse possibile dargli un senso. Bisogna trovare l'equilibrio tra la dimensione spirituale e il corpo, cercare l'armonia tra queste due dimensioni, e saperla gestire, è questo "Il cuore dell'umano".  Essere saggio significa conoscere le nostre debolezze e le nostre potenzialità e gestire la propria realtà. Si può usare la filosofia per cercare di comprendere quello che succede e trarne profitto.

Alexandre racconta nel suo libro che da adolescente, non vedeva nessuna limitazione alla sua libertà, davanti alla mancanza totale di alternative, semplicemente si rassegnava, infatti non si può desiderare ciò che non si conosce. Le difficoltà vissute al collegio sono state un peso per lui durante l'adolescenza, ma all'università queste difficoltà divennero una ricchezza. Cosciente di non poter restare solo, andò spontaneamente verso l'altro e delle sane relazioni si crearono. 

Aristotele parla di diversi gradi di amicizia, al più alto livello situa l'amicizia che unisce due persone uguali. I due amici devono arricchirsi reciprocamente senza sfruttarsi.  Racconta:  "all'università, i miei compagni mi aiutavo a prendere appunti durante le lezioni, nella mia debolezza ho potuto apprezzare il regalo della presenza dell'altro, e a mia volta, provavo a offrire ai miei compagni la mia umile e fragile presenza". Mettere in pratica questo atteggiamento e assumere fino in fondo la propria debolezza non è facile. "Assumere fino in fondo la mia anormalità  non è stato facile, e il nemico da combattere è stato la mancanza di fiducia in me stesso e l'incomprensione. La filosofia, in quanto lotta contro i cliché, mi ha aiutato molto a opporre la ragione a questo fardello di pregiudizi e di sentimenti negativi, a lottare contro la paura  l'irruzione, la crudeltà".

"La distinzione normale-anormale ha caratterizzato tutta la mia vita, esistono due effetti della normalità: la normalità può costituire uno stimolo per la persona che se ne sente escluso, suscita in lei il desiderio di diventare sempre migliore  di ridurre la distanza che lo separa dagli altri. La normalità può anche creare marginalità ed esclusione".

Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi personali.  Nel blog c...