Visualizzazione post con etichetta NonDualismo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta NonDualismo. Mostra tutti i post

giovedì 9 giugno 2022

Il percorso spirituale - Mauro Bergonzi

Mauro Bergonzi ha insegnato Religioni e Filosofie dell’India e Psicologia Generale all’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” dal 1985 al 2017. E’ membro della International Association for Analytical Psychology (I.A.A.P.) e psicologo analista didatta del Centro Italiano di Psicologia Analitica (C.I.P.A.). Ha pubblicato articoli e saggi sui processi meditativi nel buddhismo, sulla psicologia del misticismo, sul comparatismo filosofico e sull’incontro tra Oriente religioso e Occidente contemporaneo, con particolare riferimento al campo della psicologia transpersonale e agli studi sulla coscienza. A partire dagli anni ’70, ha praticato varie forme di meditazione con uno spirito libero da dogmi e adesioni confessionali, approdando infine ad una prospettiva non-dualista, che da diversi anni trasmette attraverso i suoi incontri di ‘condivisione dell’essere’ (sat-sang).


La meditazione non è un fuggire dalla vita.  Dai percorsi spirituali, dalle pratiche di meditazione e di contemplazione si cercava e si cerca una protezione dal dolore, dalla sofferenza. Comunque i grandi saggi dell’umanità non hanno mai promesso che,  raggiunto un certo livello di saggezza, l'individuo sarebbe stato libero dalla sofferenza. Dal momento che abbiamo un corpo e una mente non possiamo esserne immuni.

Tony Parsons, il teorico del non dualismo, parla della via del ghiaccio, che è la via per costruire una protezione alla sofferenza.  Adottare questa via significa adottare la pratica del testimone, mettersi ai margini della vita, ed osservare tutto, anche la sofferenza in maniera impersonale, ma questa via ci isola dalla vera vita, dalle esperienze della vita. L’altra via opposta, di cui parla Tony Parsons, la via del fuoco, è invece quella dell’intimità della vita, strettamente personale.  Finché non avviene questo matrimonio tra le due vie, il fuoco ha paura del ghiaccio e viceversa, se non avviene questo matrimonio, nell'individuo non ci sarà una vera trasformazione interiore.

Mauro durante la conferenza spiega : "Mentre seguivo questi percorsi di trasformazione interiore, e ne ero convinto della loro validità, mi rendevo conto che non era una fuga dal mondo, ma un vivere più consapevole. Sotto sotto, c’era l’idea di essere protetto, percorrevo la via del ghiaccio che è più tipicamente maschile. La via del fuoco, con l’intimità della vita non è avvenuta tramite la meditazione, ma quando mi sono dedicato anima e corpo a mia madre, negli ultimi anni della sua vita. Nella situazione dolorosa mi sono dedicato totalmente a lei, e ho chiuso il cerchio della vita, indipendentemente da tutto,  ha avuto un grande effetto trasformativo".
Se si riesce a vivere l'intimità della vita, e nello stesso tempo agire in maniera impersonale e distaccata, queste due modalità messe insieme, produrranno una grande trasformazione.
Occorre cercare di rimuovere le cause della sofferenza, ed  investigare e cambiare il rapporto con la sofferenza. A secondo del modo con cui ci si rapporta con la sofferenza l’evento diventa più o meno sopportabile. Ad esempio, se la prendiamo come una giusta esplicazione del karma, o come una ingiustizia, il livello di angoscia percepito è diverso.
Questo Io, che si rapporta con la sofferenza è veramente come ce lo immaginiamo?  Pensiamo veramente di essere un io separato dal mondo, dalla sofferenza. Esiste veramente un io separato dalla sofferenza e dall’universo ?  

Se noi interroghiamo la mistica e la scienza tutto questo è un po’ dubbio. Noi siamo costituiti da un flusso sempre cangiante, aria, acqua, sostanze nutritive, che mentre ci attraversano diventano l'Io, quindi il confine tra interno ed esterno è molto labile. Un individuo biologico è considerato come un gorgo d’acqua, i gorghi non sono separati dalla corrente, il gorgo non è una parte della corrente, ma è la corrente del fiume come appare in quel punto. 

La sofferenza è anche una questione d’identità. Ad esempio in una malattia degenerativa, si instaura una perdita di memoria e silenzio, la persona non c’è più, e quello che proviamo è simile alla perdita di una persona cara. Non si è più un figlio, una madre, ecc.

Nei percorsi spirituali e meditativi si cerca di arrivare ad uno stato di coscienza privo di memoria definito come silenzio. Anche se non è la stessa cosa, ci dovrebbe comunque far riflettere.
Bisogna tenere sempre presente la domanda « Chi sono io ? » che è il titolo di un libro scritto da Ramana Maharshi, il grande mistico indiano.

Per rispondere a questa domanda dobbiamo andare verso quello che non cambia: Il corpo, i pensieri, e le percezioni cambiano. Quindi, cosa resta ? La memoria e i ricordi sono gli aspetti più legati all’Io;
Per Nisargadatta Maharaj "L’assenza di memoria non è la prova di inesistenza".
La sola cosa di cui sono certo è il fatto che esisto e che sono cosciente, quello che cambia è di che cosa sono cosciente.
La fisica quantistica sta considerando l’ipotesi che la coscienza sia un dato a priori nella costruzione dell’universo. Se il mio esserci ed essere cosciente non è separabile da quello degli altri, ci permette di sentirci un tutt’uno con gli altri e questo può diventare una manifestazione d’amore. Questa risonanza è possibile sentirla se ci liberiamo dalle false idee su "chi siamo noi".
Nella vita ci sono due dimensioni, una orizzontale che non ha fine, di auto miglioramento, di situazioni che si susseguono, e da queste situazioni di vita possiamo sempre imparare qualcosa.
Poi c’è una dimensione verticale che è l'autorealizzazione che è fuori dal tempo.

Ma cosa è la felicità che cerchiamo tutti? Non è il piacere che può  essere più o meno intenso, la felicità è completezza, il vivere in una situazione in cui non ho bisogno d’altro. La felicità o c’è o non c’è, non è misurabile.
La felicità è un nostro diritto di nascita, ma ci sembra di averlo perso. Shankara, che è stato un teologo e filosofo indiano, nonché il fondatore della scuola dell'advaita vedānta racconta una storiella:  "dieci amici decidono di attraversare un fiume a nuoto. Uno di loro comincia a contare, uno-due, ... nove manca qualcuno, poi vedono un passante a cui chiedono di contare e conta: uno_due_nove ... mette una mano sul cuore e conta dieci".
Se si crede di essere incompleti, si soffre, la causa principale della sofferenza è quando ci si convince di essere un io separato dall’universo. Con il pensiero abbiamo separato il tempo in passato, futuro, presente che intuitivamente dura un secondo.  Questo presente ingloba passato, presente e futuro. Ramana Maharshi diceva: « l’unico ostacolo al risveglio è l’idea di non esserlo già».

Quando tiro una linea tra me e il mondo, inizio la battaglia, e devo necessariamente fare qualcosa per dare un senso alla vita. Ma il fare significa confermare questa distinzione tra me e il mondo, tra me e la vita. Invece io sono totalmente immerso nella vita. Questa sensazione non deriva da una comprensione intellettuale. E' qualcosa che accade. Occorre liberarsi dall’illusione che è quella della separazione, e scoprire quindi il Sé originario, che non è il mio piccolo sé.

Se pensiamo che facciamo tutti parte della coscienza cosmica,  anche l'ira diventa perfettamente inutile. Il taoismo per spiegare questo concetto usa la metafora della barca: Un barcaiolo di notte con la nebbia stava scendendo il fiume, quando vede che un lume in lontananza sta scendendo dalla parta opposta e sta per andargli contro, a quel punto comincia a gridare e ad insultare il presunto barcaiolo, poi la barca si avvicina e si accorge che è vuota….. Si era liberata dagli ormeggi…

Altri interventi di Mauro Bergonzi su varie tematiche.

giovedì 7 aprile 2022

Commento delle Upanishad - Mauro Bergonzi

Evoluzione del pensiero filosofico religioso indiano nella tradizione vedica, lo yoga nella Bhagvad Gita, L’advaita vedanta di Shankara. - Presentazione di Mauro Bergonzi   https://sites.google.com/site/ilsorrisodellessere/satsang

Mauro Bergonzi è stato docente di “Religioni e Filosofie dell’India” presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” e socio ordinario della International Association for Analytical Psychology (I.A.A.P.) e del Centro Italiano di Psicologia Analitica(C.I.P.A.). Ha pubblicato articoli e saggi sui processi meditativi nel buddhismo antico, sulla psicologia del misticismo, sul simbolismo religioso, sull’incontro tra Oriente religioso e Occidente contemporaneo e sul dialogo interculturale fra psicologie sapienziali orientali e psicologia occidentale.

Le Upanishad non hanno una dottrina unica ed esprimono un pensiero connesso alla matrice mistica, nel testo si usa spesso un tono apodittico: "te lo dico, non te lo devo dimostrare". Contengono i semi del pensiero indiano, la Katha upanishad parla dello yoga  (VIII secolo a.c.).  Lo yoga e il proto samkhya (un altro sentiero filosofico indiano) hanno lo stesso substrato metafisico. La ​Bṛhadāraṇyaka e la Chandogya sono le due Upanishad più antiche. 

I due principi filosofici alla base delle Upanishad sono:

  • identità di Atman (il proprio vero sé) e Bhraman (la sostanza dell’universo), Non si può staccare il sé dall’universo, l'obiettivo è scoprire l’assoluto guardando dentro o fuori di noi, il principio dell’Uno – Tutto
  • il principio del karma, trattato nella Bṛhadāraṇyaka (libro 1. capitolo 4. verso 7), qui si  parla anche di nome e forma,  il concetto di nama (nome) e rupa (forma) è trattato anche nel buddhismo antico.

Conoscendo il Sé si conosce l’universo, l’universo è un tutt’uno unico e indivisibile, io mi identifico con la coscienza, il mio sé.   "Chi sono io?"    Sono l’universo che si manifesta con il mio pensiero. Il discorso è fatto di parole, ma le parole e i nomi focalizzano solo una parte della realtà, mentre la realtà non è fatta di pezzi staccati. Il nome mette un confine alla realtà e si perde il tutto, come un punto sulla lavagna. Noi siamo le onde, ed il mare esiste anche senza le onde, l’onda nasce e muore, noi crediamo di vedere solo la forma, ma vediamo la realtà.

Il sé non è una forma, senza l’io non posso percepire il resto, l’io è un esserci cosciente.  La coscienza osserva tutto, ma non può essere osservata, ma è certo che esiste. L’universo è un sistema auto-osservante, una parte che osserva e una parte osservata, ed ogni osservazione è incompleta. La coscienza è vuota di nomi e forme, la vera coscienza non ce la dà il pensiero, non si può separare il vedere dall’essere cosciente.  I sensi ci mostrano in ogni momento che noi siamo il tutto, il vedere e il sentire sono attività della coscienza, e noi ci identifichiamo con le attività della coscienza. Il principio assoluto non può essere rappresentato in una forma particolare. 

Chi è "risvegliato" è più potente degli dei (perché anche gli dei sono una manifestazione del Tutto). La coscienza comprende mondo, mente e corpo. Nella veglia la coscienza attiva la percezione del mondo, la mente con i relativi pensieri, e le sensazioni fisiche del corpo. E poi piano, piano  si comincia a pensare che la mente stia dentro il corpo e il corpo stia dentro il mondo. Nessuna percezione può contenerne un’altra. Quando andiamo a dormire blocchiamo le percezioni, sparisce il mondo, il corpo sta fermo e sparisce, solo la mente agisce nello stato di sonno e a volte crea pensieri. Rimane la coscienza, senza oggetti. Nello stato di sonno profondo senza sogni (rem), la coscienza è invisibile, è un tuffo in un mondo di energia.

I confini del sé sono illusori, in quanto coincidono con il mondo. L’ego è un’illusione. L’egoista ama un falso sé idealizzato, se si presenta in un certo modo, mentre il vero sé autentico è disprezzato. L'amore dal punto di vista monista è espressione di unità e tende ad eliminare il dualismo.

"Con che cosa si potrà conoscere il conoscitore?" Non si può.  Posso avere coscienza di qualcosa soltanto se siamo in due, io e quel qualcosa. La coscienza ci porta a  dire “ io sono questo e non sono quello", in quel momento si è creata la dualità tra mente - corpo e mondo. 

"Io sono, ci sono", questa è un'evidenza innegabile, l’unica cosa che non posso mettere in discussione, quindi  "L'Io sono" è esistenza e consapevolezza. Si manifesta con il corpo e la mente,  e finisce con il corpo.  Ma c’è qualcosa che sa che ci siamo, è questo è il purusha. La ricerca della liberazione ha lo scopo di comprendere che il nostro corpo fa parte di qualcosa di più grande.

Il sogno è collegato al desiderio, nello stato di sonno profondo, si manifesta ananda: che è lo stato di unità e completezza, non c’è più la coscienza di ciò che è interno e ciò che è esterno, i desideri cessano, solo il sé esiste. 

Esistono due livelli di manifestazione: quello del corpo-mente,  dell'io sono, e quello della  consapevolezza pura, dove c'è l'uno senza secondo.

__________________________________________

Che cosa è il purusha? In sanscrito significa "uomo" e "anima". Nel Ṛgveda (X, 81) esso designa il divino uomo primigenio, da cui deriva tutto ciò che fu, è e sarà.
Secondo il sistema filosofico Samkhya, i  due principi eterni, sono il Purusha e la Prakriti.
Il primo, Purusha,  rappresenta l’Energia Cosmica Spirituale, la coscienza cosmica impassibile ed immutabile, di cui nel microcosmo ritroviamo il riflesso nella coscienza di un individuo non identificata nella materia e nell’ego.
Il secondo, Prakriti, è la materia inerte primordiale, l’essenza di tutta la natura materiale.
Tutta la creazione può essere ricondotta a questi due principi, che coesistono in un’eterna dualità, opponendosi ad ogni tentativo di risoluzione o di unione. Per questo il Samkhya viene considerato come una filosofia dualistica (dvaita).
Quando il Purusha e la Prakriti entrano in contatto fra loro si manifesta l’universo.

Video in inglese molto interessante che spiega bene Purusha e Prakriti, vedi link https://www.atuttoyoga.it/purusha-prakriti/

venerdì 14 gennaio 2022

Non Dualismo radicale - Mauro Bergonzi

Mauro Bergonzi ha insegnato Religioni e Filosofie dell’India e Psicologia Generale all’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” dal 1985 al 2017. A partire dagli anni ’70, ha praticato varie forme di meditazione con uno spirito libero da dogmi e adesioni confessionali, approdando infine ad una prospettiva non-dualista radicale, che da diversi anni trasmette attraverso i suoi incontri di ‘condivisione dell’essere’ (sat-sang).

Noi viviamo in una rete di parole e concetti, tenuti insieme da emozioni e sentimenti, una specie di matrix, che noi pensiamo sia la realtà. Ma Non è come sembra.

Una parola è una cornice ( dentro ciò che è, e fuori la realtà) , una parola è un pezzetto della realtà o del processo.  Sulla mutua esclusività degli opposti si sono sviluppate le scienze moderne: l'etica si basa sul concetto di bene e male, l'estetica sul concetto di bello e brutto, ecc.  Un dualismo espresso a parole è una mappa, ma non è il territorio.  Bisogna stare attenti ad non entrare nella trappola del dualismo. Abbiamo il Monismo e due tipi di Non dualismo: il Non dualismo parziale e il Non dualismo radicale.

Il monismo accetta l’uno e nega i molti. Il Non dualismo accetta l’uno e i molti.  Il dualismo è una prospettiva e anche questa deve collassare. Il Risveglio è l'esperienza che una persona ha quando la ricerca collassa.

Nel Non dualismo parziale, tutto è qui, anche Dio, non riesco a vederlo perché c’è avydia (un velo che copre la realtà) ed allora devo fare qualcosa per cercare di arrivare all'illuminazione, ad esempio la meditazione. Ma a questo punto si pone la domanda: "Chi deve fare meditazione?  Io che non ci sono?" Saremo sempre nel  percorso della ricerca senza trovare mai.  Nella realtà c’è una gerarchia: abbiamo il livello supremo, il livello personale (meno reale) e poi il dualismo che si esprime nella realtà convenzionale. 

Nel Non dualismo radicale, la presenza è una e molteplice, la realtà è personale e impersonale, anche se ciò  è inconcepibile alla nostra mente logica.  Nessuno può dire a monte di cercare e non cercare, finché cerco sono convinto che mi manca qualcosa, se invece smetto di cercare e non mi aspetto niente sono in armonia con la Presenza.  Senza coscienza non appare il corpo e il mondo. Se il mondo appare,  mi sento incompleto,   se mi metto sulla via della ricerca aumento l’illusione, in quanto io sono una parte del mondo percepito dalla coscienza.

La meditazione è uno strumento, che lavora sull’immagine di sé e degli altri e ti permette di arrivare ad uno stato di quiete profonda. Ma è importante capire che solo quello che già hai, non lo perderai. Come dice Nisargadatta "Ciò che è qui è altrove, ciò che non è qui non è da nessuna parte". Ogni singola esperienza nella quotidianità, deve essere un invito a conoscere la Presenza. Sia che l'invito è accolto o non accolto, la Presenza permea comunque la tua storia personale.  La comprensione ti evita la sofferenza, ma non è la chiarezza che risplende sempre. Spesso pensiamo che grazie alla meditazione siamo riusciti a percepire la Presenza. Ma è stato semplicemente un caso, in effetti non c’è relazione tra causa ed effetto.

La dualità nasce nell'infanzia. I bambini vivono in un’unica realtà, poi percepiscono mente e corpo, a cui segue l'affermazione di un io piccolo e mancante, e cominciano a pensare che ciò che è fuori è separato da loro, e nasce il dualismo. L’io separato dalla totalità, è un’illusione. L’io esiste, ma non è separato dal Tutto. Prima che nascessimo c'era il buio, poi simanifesta la luce della coscienza, poi subentra la paura di morire. La realtà è l’essere che appare come tutto, se collassa la persona, collassa l’io, ed abbiamo il Tutto. La perdita dell’io porterebbe alla liberazione.

L’osservatore guarda attraverso la coscienza, la coscienza corrisponde agli occhi (che non si possono vedere), dobbiamo solo constatare l'elusività della coscienza, che la mente non può afferrare e che possiamo solo  chiamare Coscienza consapevole. Il “Ci sono e sono cosciente” resta inalterato in ogni situazione ed è la mia vera natura. Essere e Coscienza sono la stessa cosa, non possiamo essere coscienti di essere. “Esserci ed essere coscienti” viene prima di ogni cosa, il pensiero è un’espressione dell’io, presenza e pensiero sono la stessa cosa.

Quando mi sveglio affermo “io sono” poi prendo coscienza del corpo, poi dell’universo, Se non c’è coscienza non c’è il mondo, la coscienza è la realtà che appare a se stessa. La Coscienza di veglia è la coscienza dello spazio senziente che si esprime con:

  • percezioni :            mondo
  • sensazioni fisiche corpo 
  • pensieri                  mente

Le sensazioni fisiche e i pensieri danno vita all’IO sono. La coscienza è la realtà che appare a noi stessi, la consapevolezza è non duale. 

L’io è la coscienza che percepisce corpo e mente e mondo, dentro la mente e il corpo c’è la coscienza, la mente sta nel corpo, il corpo sta nel mondo.  Solo noi esistiamo, tutto il resto è il prodotto della nostra coscienza, noi siamo la sorgente della coscienza. Quando ti addormenti, l’ultima cosa che rimane è l’io sono. La coscienza è il comparire e scomparire dell’io. Quando dormiamo e siamo nel sonno profondo, spariscono le percezioni e le sensazioni fisiche, anche la mente si sospende, resta solo la coscienza.   Sono qui e adesso, a parte il pensiero che cosa mi manca? Con il pensiero concepiamo che ci manca qualcosa. Il pensiero è la coscienza, senza coscienza non vedremo niente. La coscienza è la luce che illumina il mondo, coscienza e mondo sono due modi per esprimere la stessa cosa, la consapevolezza non duale. Niente è separato nella realtà, se non dalle parole.

"Il mondo oggettivo e' fatto di dualita', nel mondo oggettivo c'e' soltanto dipendenza. Solo la coscienza e' indipendente, ed e' solo un minuscolo granello, ma tutto questo mondo illusorio nasce da essa".    Nisargadatta Maharaj

Nisargadatta Maharaj - Mauro Bergonzi

"Ma cos'e' che stai cercando? Non c'e' niente, c'e' solo il processo della ricerca, la tua vita e' solo il tuo esistere, il mondo oggettivo e' fatto di dualita', nel mondo oggettivo c'e' soltanto dipendenza. Solo la coscienza e' indipendente, ed e' solo un minuscolo granello, ma tutto questo mondo illusorio nasce da essa".    Nisargadatta Maharaj

Mauro Bergonzi incontra per caso Nisargadatta a Bombay nel 1980, un incontro che, come lui dice spesso, lo trasformò completamente.  Mauro racconta: Ero consapevole che i pensieri e le sensazioni del corpo e della mente vanno e vengono senza motivo e mi identificavo con la coscienza.  Quando incontrai Nisargadatta, nel retro della sua abitazione che usava come ashram,  mi fece la domanda:  "Che cosa c’è oltre la coscienza? Quando lasci andare anche la consapevolezza cosa resta? Questa è l’unica domanda che conta".  Nisargadatta continuò: "La c’è l’assoluto, dove tu non sai, la c’è l’ignoto. Non ti perdere nei mille rami, dalle mille domande, ma vai alla radice, alla domanda che conta e resta fisso lì, finché non muore il cercatore ed allora ti troverai al di là, nell’ignoto".  Nisargadatta piantò dei semi che stanno ancora lavorando. 

Il saggio Nisargadatta Maharaj il cui vero nome è Maruti Shivrampant Kambli (1897 - 1981) nacque il 17 aprile 1897 a Bombay da genitori profondamente religiosi, Shivrampant Kambli e Parvatibai. La sua famiglia era composta da due fratelli e quattro sorelle. Il padre era un assistente domestico ed in seguito agricoltore, con un'educazione indù. Alla sua morte Maruti - che allora aveva 18 anni - dovette lasciare la famiglia per lavorare a Mumbai come tabaccaio. Nel 1924 sposò Sumatibai da cui ebbe tre figlie ed un figlio. Nel 1933 conobbe il suo guru Sri Siddharameshwar Maharaj che gli insegnò a concentrarsi sul mantra "Aham Brahmasmi"  che significa "Sono il Supremo", "Io sono divino". Quando reciti questo mantra, si  riconosce che sei il mondo, sei tutto e contemporaneamente affermi che in realtà non esiste un'entità come te.    Seguendo le istruzioni del suo guru di concentrarsi sul senso di "Io sono", usava tutto il suo tempo libero per ritrovarsi in silenzio, e rimase in questo stato per tre anni, praticando la meditazione e i canti devozionali (bhajan).  Alla morte del suo guru, nel 1936,  Maruti aveva riacquistato la coscienza del Sé. Presto ricevette un nuovo nome, "Nisargadatta" che significa "uno che vive nello stato naturale". Fu anche nominato leader spirituale del ramo di Inchegeri Sampradaya Navnath, la tradizione dei Nove Maestri, un posto che mantenne per tutta la vita.  Nel 1937 lasciò Mumbai e viaggiò attraverso l'India. Rendendosi conto della debolezza di una vita distaccata da questo mondo, e dei benefici spirituali delle azioni disinteressate, tornò finalmente alla sua famiglia a Mumbai nel 1938. Fu lì che trascorse il resto della sua vita, lavorando come venditore di bidi ( sigarette di foglie arrotolate) nel suo negozio, e dando lezioni a casa durante il suo tempo libero.   Tra il 1942-1948, soffrì due perdite personali, prima la morte di sua moglie, Sumatibai, seguita dalla morte di una figlia. Iniziò a prendere discepoli nel 1951, solo dopo una rivelazione del suo guru Sri Siddharameshwar Maharaj.  Morì di cancro alla gola nel 1981.  

Nisargadatta è considerato uno dei più rappresentativi esponenti della scuola non dualistica del Vedānta,  rispettato e venerato anche in Occidente. Si può condensare il suo pensiero con il Mahavakya  o "Gran Verdetto": "Tat tvam asi"  ossia "Quello tu sei". Il suo commento in proposito era: "Il Gran Verdetto è verace, ma le tue idee sono false, perché tutte le idee lo sono".

Il pensiero di Nisargadatta Maharaj

Frasi di Nisargadatta Maharaj.  Dal libro The wisdom teachings from Nisargadatta Maharaj: a visual journey 
Questo libro riporta una serie di colloqui con il saggio Nisargadatta Maharaj (1987-1981) registrati alla fine degli anni '70 e all'inizio degli anni '80, che rappresentano  i suoi insegnamenti fondamentali. Questo libro è un viaggio spirituale verso la vera essenza dell'essere umano. Nisargadatta Maharaj era un semplice padre di famiglia e proprietario di un negozio di sigarette. La bellezza dei suoi insegnamenti risiede nella loro notevole chiarezza e saggezza, che nasce dalla più alta realizzazione e comprensione spirituale..
Il guru è il tuo stesso Sé.  La vera conoscenza non può essere trasmessa da qualcun altro, a volte arriva. La tua vera natura è colui che ascolta, è prima di ogni descrizione, non può essere afferrata con la mente eppure esiste. È la sorgente di tutte le cose.
Tu sei “Quello” che sempre esiste e che precede ogni manifestazione. Che cosa viene prima? Il mondo o colui che vede il mondo? Il mondo è la creazione da parte della propria coscienza. Senza dualità non esisterebbe il mondo. Il più gran miracolo, è la coscienza della propria esistenza, che crea in un istante il mondo.
Trova tu stesso cos’è che non cambia mai.  Io sono prima di tutto e sono il testimone di ogni cosa. Questo è il sentiero della saggezza. Tutto ciò che è percepito è il riflesso della propria coscienza.
Il mondo è un gioco divertente ottenuto dal senso della propria esistenza. Non è possibile portare ordine nel mondo perchè in realtà, non vi è nulla qui.  Devi diventare la tua propria prova dell’Assoluto non-duale. Là non incontrerai nessun altro.
Sii fermamente convinto che sei Pura Coscienza: questo deve accadere spontaneamente, solo così è possibile. Diventi ciò che credi di essere.  Le convinzioni hanno una gran forza. Riconosci la verità e lascia da parte ogni concetto. Chi fa questo trascende nascita e morte. Il fondamento della spiritualità sta nell’attenzione al Sé.  Felicità o infelicità sono determinate dal tuo modo di considerare nascita e morte. Tutto ciò è il gioco di immaginazioni che si manifestano e delle quali credi essere l’agente. 
Lo spirito pensante è solo un insieme di impressioni immagazzinate fin dalla nascita. È occupato da pensieri che si basano su un concetto predominante. Cerca di afferrare ‘’chi’’ è lo sperimentatore della mente. Sii il testimone dei pensieri, rimani colui che vede. Solo lo spirito pensante nasce, Non tu! 
 
Il mondo esiste solo nel tuo pensiero. La mente è immaginazione e fa nascere tutto ciò che le piace. È la sua natura. Quando si riconosce la vera natura dei concetti, allo stesso momento si riconosce “Quello” che è libero dai concetti. 
Questo fiume scrosciante del mondo proviene dall' Io sono”. 
Concediti totalmente alla Coscienza senza limiti, allora essa si donerà a te.  La mente diventerà silenziosa non appena cessa il fiume dei pensieri. Quando sei radicato nel Sé, il costante commento della mente smetterà. Il tuo vero stato esiste eternamente. Ciò che è riconosciuto senza comprensione non cambia mai.  
Le attività di tutta una vita si basano sul concetto “Io sono”; poi segue l’idea “sono questo “ o “sono quello”.  Ma “Chi ero ”Prima “ che questo avvenisse?  
L’idea “Io-sono” è un ricordo di ciò che immagini di essere.  La natura di questo ricordo sta nella dimenticanza di ciò che sei veramente. L’intelletto è il gioco dell’idea “Io-sono”, è la corda che trattiene l’aquilone.
Solo l’Assoluto esiste veramente.  Sarai libero quando riconoscerai che la Pura Coscienza che proprio ora ascolta, è la tua Vera Natura. Rimani nel normale stato dell’Essere. La tua essenza è già perfetta.  L’illusione di avere forma e aspetto è sopraggiunta quando hai dimenticato la tua Vera Natura. 
Rifletti a quando questo concetto di essere si è sviluppato. Lo stato prima di qualunque parola non ha un nome,  poiché ha creduto vere le parole, la coscienza corporea le ha prese per vere e ti ha imprigionato. 
Sii convinto che sei separato dalle sensazioni e che l’esperienza dei sensi non è tua. 
La Pura Coscienza non ha mai avuto un’esperienza. 
Quando il sentimento “Io-sono” sparisce, sparisce anche il mondo. 
Questo deve essere riconosciuto con intimo e sottile discernimento. Così come il sogno è solo tuo e non può essere percepito da nessun altro, così il mondo che vedi è solo il tuo. 
La tua Vera Natura è prima di ogni definizione, non può essere afferrata dall’intelletto eppure esiste: è la Sorgente di ogni cosa. ”Chi” è nato: la persona o il tempo? 
L’illuminazione ti porterà a riconoscere che non sei mai nato, che non hai compiuto azioni nel contesto della dualità. Non esiste un “risvegliato” esiste solo la Realizzazione. Non esiste né memoria, né dimenticanza. La conoscenza del Sé, è prima di qualunque parola o concetto, sii determinato a riconoscere che sei senza forma, sei Pura Coscienza. Ciò che è riconosciuto senza comprensione intellettuale non cambia mai.
Fa attenzione a “Quello” che rimane sempre con te, e che è inalienabile. Tutto ciò che si può trovare non è la verità. 
Riconosci ora che la dualità non è mai esistita, è illusoria. Tutto ciò non fu mai veramente creato, eppure appare in movimento. 
 
Per il saggio nessuno vive o muore; chi è libero dalla sensazione di dualità, non è mai toccato da nulla, non ha intenzioni né desideri. 
Esiste veramente la dualità? Esiste solo se ci credi! I raggi del sole sono separati dal sole? Non vi è creatore, né conservatore, né distruttore del mondo. Tutto avviene spontaneamente. Ciò che appare alla coscienza è la dualità. La vera origine della dualità viene dal fatto che tu “senti” la tua propria esistenza. L’esperienza della tua esistenza come tale è irreale.  È così semplice, ma gli uomini intraprendono incredibili percorsi spirituali. In questa immensa coscienza non esiste né religione, né karma, né tempo. 
 
Esisti prima del senso di essere. Non provare a riconoscerlo, ma rimani in questa comprensione. La verità non può essere un oggetto di conoscenza. Il testimone vigile della coscienza esiste prima di questo. Trova come sei giunto all’esperienza del mondo e di te stesso. 
La coscienza è la vibrazione dell’Essere. Solo l’Assoluto esiste veramente, nulla di ciò che esiste è separato da te. 
Medita e non solo, vivi la meditazione, riconosci che sei Puro Brahman, l’Assoluto e convinciti di questo. Rimani fermo in questa convinzione. Se vuoi ritornare alla Sorgente, concentrati su ciò che “conosci” e che si differenzia da “Quello” che sei. Sei Puro Brahman, l’Assoluto. 
Le tecniche non servono per raggiugere il più alto stato, moltiplicano solo i concetti. Il senso di essere l’agente è falso, sei il solo testimone e allora rimani così. Questo è l’unico esercizio da fare. La tua vera natura è prima di qualunque descrizione: è l’origine di ogni cosa.
Resta devoto alla suprema Realtà e rimani senza pensieri durante la veglia, ciò è la più alta devozione. È ironico che l’ego creda di essere un corpo mentre cerca di “conoscere” la propria Sorgente. Non innamorarti delle ricchezze, della fama, dei tuoi cari. Rimani nel Sé.
La gente è indaffarata perché trova difficile sostenere la propria coscienza. La realizzazione non può essere prevista: per alcuni avviene spontaneamente, per altri nemmeno dopo molti sforzi e molte vite. Arrivati ad un certo punto, avviene un cambiamento ed allora la mente sparisce.
Se cerchi di raggiungere il Sé te ne allontani. Sii il Sé. La mente ti impedirà di rimanere nel ‘’Io-sono non-verbale”. Continua a provare. Poni l’attenzione sulla Sorgente da cui proviene il senso di essere. Svegliandoci dal sonno profondo, sorge il senso di essere: questo seme è la causa di ogni esperienza che in un attimo prende la forma dell’universo. Vediamo un mondo reale perché crediamo che il corpo sia reale.
La prima illusione: la gente crede che il mondo sia antico, invece sorge ora con la coscienza. Tutte le tradizioni religiose sono basate su concetti: rinunciandovi vi è silenzio.
Le ultime parole di Nisargadatta sono state: "Sento il dolore nel corpo, ma non soffro per la morte imminente. Sono “Quello” che esiste prima della manifestazione".

lunedì 20 dicembre 2021

La vita di Ramana Maharshi

La domanda centrale e unica che Ramana Maharshi chiedeva a chi si rivolgeva a lui era: "Chiediti, Chi sono io?Alcuni andavano da Maharshi, sperando di ottenere da lui una panacea per tutti i mali del mondo. Gli chiedevano quali soluzioni proponeva per i problemi della miseria, dell'analfabetismo, delle malattie, della guerra e cosi' via.  La risposta  che il saggio dava a tutti coloro che gli rivolgevano queste domande era: "Prima hai trasformato te stesso?"   Per trasformare se stesssi si deve passare per la soppressione dell'ego. L'ego non e' l'IO,  ma e' solo lo pseudo-io, responsabile di tutti i mali e di tutta l'infelicita' del mondo, e che la felicita' finale e duratura potra' essere realizzata solo quando sara' eliminata l'ignoranza, che è la causa dell'ego, e l'ego sarà purificato e attenuato. Percio', se non si ricerca il vero IO, non si puo' servire veramente la societa'. La trasformazione deve cominciare da se stessi.

Vedi siti:  http://www.ramana-maharshi.it/      https://www.sriramanamaharshi.org/

Ramana Maharshi nacque nel 1879 nel sud dell’India, ed è uno dei saggi più celebrati in India. Dall'età di 17 anni, visse ai piedi del monte Arunachala una delle montagne sacre dell'India, dove restò fino alla morte nel 1950. Davanti a lui è passata una folla immensa d’umanità, da filosofi, re, persone umili, anche solo per ricevere uno sguardo.  Numerosi ricercatori spirituali divennero suoi devoti e ricevettero i suoi insegnamenti.  In Ramana si manifestava l’Assoluto che irradiava lo spazio circostante, ed avvolgeva i suoi devoti.   Maharshi è un termine tamil equivalente al sanscrito maharishi; nome composto da maha: grande e rishi: saggio. Srì che precede il suo nome, significa santo, benedetto, ed era l'appellativo che si da ai Maestri.

La sua famiglia apparteneva alla casta dei brahmini;  alla morte del padre si trasferì a Madurai. Ramana non era un ragazzo come gli altri, non gli interessavano molto le cose della vita e approfittava di ogni minuto di tempo libero, per immergersi nella profondità del suo Essere. Non ci volle molto perché in lui maturasse il senso dell’inutilità di quello che faceva, dell’inadeguatezza della sua attuale condizione terrena.   Dopo un'esperienza dell'assorbimento nel Sé, Ramana lasciò la famiglia senza dire niente, prese il treno e si stabilì sulle pendici del sacro monte Arunachala, di cui diceva di essere stato attratto. Passò direttamente dalla condizione di studente a quella di rinunciante.  Il biglietto tutt’ora è conservato al Ramanasramam. Nel 1896 arrivò a Tiruvannamalai, dove raggiunse il grande tempio di Arunachalashvara, qui si manifestarono una serie di eventi particolari, stati di percezione particolari, fino alla sua illuminazione.

Insensibile agli stimoli esterni, rimase seduto immerso in meditazione senza dar segni di vita  in un sacrario sotterraneo per diversi mesi, ed è li che raggiunse la beatitudine del samadhi e le estreme vette dell’ascesi. In quel periodo veniva nutrito a forza da Palaniswami un sadhu, che viveva lì e che poi divenne suo discepolo.  Man mano che passava il tempo, sempre più persone venute in pellegrinaggio a Tiruvannamalai, notavano quel giovane asceta immobile, sempre immerso nel silenzio e in samadhi continuo. La sua fama ormai si era così diffusa, che i devoti arrivavano da tutta l'India per vederlo.
Alle tante domande, Ramana rispondeva scrivendo, ed è in questo modo che i devoti scoprirono il suo nome, da dove veniva e che conosceva l’inglese.  Solo successivamente Ramana scoprì che l'esperienza che aveva vissuto era descritta come "liberazione", nei libri sul Vedanta. I suoi parenti, sua madre e suo zio vennero a trovarlo cercando di persuaderlo a ritornare, ma lui rimase in rigoroso silenzio.
Dopo due anni e mezzo dal suo arrivo, Ramana ritornò a uno stile di vita “normale” e  si stabilì in una grotta sulle pendici della sacra montagna di Arunachala, che esercitava una “attrazione misteriosa” su di lui.  Per la maggior parte del tempo risiedeva nella grotta di Virupaksha.
«Lo scopo di tutte le scritture è l’indagine sul sé. In esse si dichiara che la Liberazione sta nell’annientamento del senso dell’Ego.  Se si riuscirà ad essere consapevoli dell“io nell’io”, "questa consapevolezza annienterà completamente il senso dell’“io” nel corpo e si arriverà a quello stato che saggi e scritture chiamano liberazione".  «La ricerca del sé»,  porta ad un sentiero diretto alla liberazione, che corrisponde al nucleo dell'Advaita Vedanta.  Ramana parlava con estrema parsimonia, al punto che i discepoli pensavano che avesse fatto voto di silenzio (muni) mentre lui riteneva che il Silenzio sul piano manifesto, è il simbolo più alto del Sé.

Tutte le domande fatte dai vari discepoli e le relative risposte, vennero riportate in un piccolo libretto dal titolo “Chi sono io” revisionato dallo stesso Ramana. Per esprimere la felicità, che è la nostra vera natura, è essenziale conoscere se stessi e per fare ciò, il mezzo migliore è rispondere alla domanda "Chi sono io?"

 Io non sono questo corpo fisico, né sono i cinque organi della percezione sensoriale;
 io non sono i cinque organi dell’attività esterna organi d’azione,
 né le cinque forze vitali i cinque “soffi” o prana,    e neppure sono la mente pensante.
Non sono neppure quell’inconscio stato di nescienza che conserva semplicemente le sottili vasana (potenzialità latenti della mente), pur essendo libero dall’attività funzionale degli organi sensoriali e della mente, rimanendo inconsapevole dell’esistenza degli oggetti della percezione sensoriale.
Perciò, respingendo in blocco tutti i succitati complementi fisici e le loro funzioni, dicendo: “ Io non sono questo; no, non sono né questo né quello”, ciò che allora rimane separato e da solo, quella pura Consapevolezza è ciò che io sono. Questa consapevolezza è per sua stessa natura Sat-Chit-Ananda (Esistenza-Coscienza-Beatitudine).


Ramana diceva che la mente non è altro che l’insieme dei pensieri e che il primo pensiero è quello dell’”io”. Ecco che, dissolto questo primo pensiero, resta solo il Sé che brilla incontaminato.
«Anche quando pensieri estranei spuntano durante tale investigazione, non cercate di completare il pensiero che sorge, ma invece investigatevi a fondo dentro chiedendovi: A chi si è presentato questo pensiero?"
«Per placare la mente non c’è un altro mezzo più efficace e adeguato della ricerca del Sé. Anche se la mente sembra placarsi con altri mezzi, sarà così soltanto apparentemente».
Ramana diceva  «La morte è inevitabile per chi è nato. Tutti incontreranno la morte un giorno. Non c’è bisogno di addolorarsi».
Dopo la grotta di Virupaksha, Ramana si trasferi a Skandashram, e sul pendio della montagna fu costruito l’ashramam il Ramanasramam e Ramana vi rimase fino alla sua morte. La madre lo raggiunse,  e morì nell'ashram nel 1922. 
Dopo diversi anni, nel 1947 il Maharshi cominciò ad ammalarsi. Mano a mano che il suo corpo si indeboliva, la sua magnifica aura e il suo sguardo splendente sembravano espandersi ancora di più.
Continuò  a dare insegnamenti (darshan) alla solita ora: dalle cinque alle sei del pomeriggio, fino alla sua morte.   All'annuncio che avrebbe dato il suo ultimo darshan, una folla enorme venne ad ascoltarlo all'ashram. Una stella cadente apparve nel cielo sopra il monte Arunachala proprio nel momento in cui Sri Ramana Maharshi esalò il suo ultimo respiro.

giovedì 11 novembre 2021

Il Sé esiste o non esiste?

 L'argomento del sè o di chi sono io è un argomento molto dibattuto in filosofia, i grandi mistici indiani come Nisargadatta Maharaj e Ramana Maharshi i cui libri  "Chi sono io?" , e "Io sono quello"  minano qualsiasi certezza. Anche il buddhismo con il secondo insegnamento di Buddha, il primo è stato quello sulle quattro  nobili verità, tratta l'argomento del  Non-sè.

Per il buddhismo al centro di questo mondo c'è l'illusione dell'esistenza di un 'sé', l'illusione che ci fa credere di esistere come qualcosa di individuato e separato dal tutto. É un po' come se un'onda credesse di esistere separatamente dal mare. Le onde si raccolgono, si infrangono, si rimescolano nel mare e l’acqua stessa che le forma non è mai la stessa.  
Alla base di questa illusione primaria c'è l'ignoranza: uno stato di offuscamento in cui non siamo in grado di percepire la vera realtà delle cose.  Perduti in questo ciclo del samsara, dell'esistenza illusoria, gli esseri si trascinano di vita in vita.   Tutto ciò che esiste è privo di sé, è vacuità (la vacuità ultima dei fenomeni intrinsechi),
Quindi l'unico modo che abbiamo per annullare tutto ciò, è quello di ottenere la comprensione dell'impermanenza e vacuità o 'Emptiness", che è la realtà ultima. Nāgārjuna, asserisce che, poiché nessun fenomeno possiede una natura indipendente, si può dire che tutto ciò che esiste è vuoto. L'esperienza della vacuità è la via che porta al "Risveglio". Perciò, bisogna capire bene l'origine dipendente. 
L'obiettivo del buddhismo è quindi arrivare al  risveglio, alla bodhi, all'illuminazione o liberazione. 'Risveglio' significa superare lo stato della nostra coscienza ordinaria.  La nostra ordinaria percezione del  mondo è  fondamentalmente 'illusione' come è  illusione l'esistenza di un 'sé', come qualcosa di individuato e separato dal tutto.
Il Dhammapada, il 'Cammino del Dharma', uno dei testi fondamentali del buddhismo conferma ciò ai seguenti versi:
 277.  Ogni cosa esistente è impermanente. Comprendendo ciò, vai al di là della sofferenza. Questo è il cammino della purezza.
278. L’esistenza è sofferenza. Comprendendo ciò, vai al di là della sofferenza. Questo è il cammino della purezza.
279. Nessun essere è dotato di un sé.

Bisogna fare un'importante distinzione tra due modi diversi di cercare di capire l'idea del Non-Sé.      Uno è il modo che potremmo chiamare intellettuale, cercando di arrivare ad un'idea sul sè attraverso la ragione.  L'altro è una comprensione esperienziale. Cioè, sedersi e meditare, e alla fine, forse arrivare a percepire la verità della dottrina, vedere la verità del non sé, convincersi che non c'è nessun sé in noi. 

Il buddhismo considera l'essere umano composto di cinque aggregati (skandha): forma, sensazioni, percezioni, formazioni mentali e coscienza. Il termine Anatman (sanscrito) o Anatta (pali) è usato come aggettivo, specificando l'assenza di un sé permanente e immutabile o di un'anima in ciascuno dei costituenti dell'esistenza empirica: i cinque aggregati (skandha)

Il Buddha dice che il sé non è costituito da nessuno dei 5 aggregati.  Il sè non è né coscienza (vijnana), né forma (o immagine materiale, impressione) (rupa), né le nostre sensazioni o sentimenti (vedana), né le nostre percezioni (samina), né la nostra attività mentale, formazioni mentali o emozioni (sankhara) perché tutti i cinque aggregati sono impermanenti.   Se eliminiamo tutti gli aggregati, cosa rimane in un individuo?
E quindi possiamo dedurne che, il Buddha deve aver pensato che il sé abbia una proprietà all'incirca opposta all'impermanenza. Quando noi pensiamo al sé, in un modo comune, sensitivo, pensiamo a qualcosa di solido, una specie di essenza che dura nel tempo. Ma non è quello che i buddhisti  asseriscono.  Il sé potrebbe riguardare il controllo, essere in un certo senso, una sorta di nucleo solido che persiste nel tempo. E ciò manca in tutti gli aggregati. Questo potrebbe significare che c'è anche un controllore all'interno del sé. Ciò che Buddha dice nel sermone, non lo esclude.
La mia posizione è che esiste qualcosa che va al di là dei cinque aggregati, ma non lo chiamerei Sé individuale, è una parte del tutto, un'onda del mare, o l'atman che è la scintilla del Brahman indiano.  Come direbbe Ramana Maharshi "La mente proietta il mondo fuori di sé e lo risolve di nuovo nel Sé. Quando la mente esce dal Sé, appare il mondo. Pertanto, quando il mondo appare, il Sé non appare; e quando il Sé appare, il mondo non appare."   ...      Per arrivare a sperimentare la felicità, il Sè superiore, si dovrebbe conoscere se stessi. Per raggiungere questo obiettivo, il mezzo principale è il sentiero della conoscenza, la ricerca, l'indagine nella forma di "Chi sono io?".     "Non sono il corpo, non sono i cinque organi di senso, non sono i cinque organi di azione, non sono le cinque energie vitali. Non sono nemmeno la mente che pensa, né la memoria. Dopo aver negato tutto questo, rimane solo quella Consapevolezza: Quello sono io. Immortale coscienza".

giovedì 28 ottobre 2021

Libri consigliati sul tema della NON dualità

La meraviglia dell’essere di Jeff Foster,  questo libro del 2017 raccoglie in un'edizione congiunta e completamente riveduta i primi due libri di Jeff Foster che lo hanno portato alla notorietà internazionale: Life Without a Centre (Vita senza un centro) e Beyond Awakening (Oltre il risveglio).   Questo libro è sulla fine della ricerca, la fine della lotta, la fine della sofferenza, la fine dell'idea che siate persone separate dalla completezza.         Jeff Foster propone un percorso che  cambierà profondamente l'individuo e dove, ad un tratto, le parole non serviranno più. ... Nei nostri tentativi di cambiare, migliorare noi stessi o diventare "illuminati", finiamo per ignorare questa intimità senza parole, che è il nostro diritto di nascita e la nostra vera casa.

 
 
Altro libro consigliato del 2017: The Nature of Consciousness: Essays on the Unity of Mind and Matter di Rupert Spira e Deepak Chopra, Kastrup Bernardo.   Una serie di saggi portano all'esplorazione della natura di questo elemento conoscitivo che ognuno di noi chiama "io".       The Nature of Consciousness postula che la coscienza è la realtà fondamentale dell'apparente dualità di mente e materia. Mostra che il trascurare o ignorare questa realtà è la causa principale dell'infelicità esistenziale che pervade e motiva la vita della maggior parte delle persone, così come i conflitti più ampi che esistono tra comunità e nazioni. Al contrario, il libro suggerisce che il riconoscimento della realtà fondamentale della coscienza è il primo passo nella ricerca di una felicità duratura e la base per la pace nel mondo.

Rupert Spira è l'autore di The Essence of Non‑Duality · Teachings ·- Deepak Chopra, autore di Tu sei l'universo, Soluzioni spirituali e Super cervello. 

mercoledì 29 settembre 2021

Condivisione dell’essere, SAT-SANG con Mauro Bergonzi

Condivisione dell’essere, SAT-SANG con Mauro Bergonzi giugno 2020, vedi: https://www.youtube.com/watch?v=Lxs1NPeW2-g

Ho seguito con piacere, per quasi tre anni, questi incontri con Mauro Bergonzi, ed è uno dei pochi relatori in grado di esprimere a parole la "Non dualità". 

Mauro Bergonzi è stato docente di Religioni e Filosofie dell'India presso l'Università degli Studi di Napoli “L'Orientale” ed è socio analista del Centro Italiano di Psicologia Analitica (C.I.P.A.) ed è l'autore del bellissimo libro Il sorriso segreto dell'essere.


Secondo Mauro le nostre azioni quotidiane sono dettate dalla paura o dal desiderio (di emergere, di fare carriera, di migliorare la posizione sociale) e sono collegate al dolore (fisico o mentale) o al piacere. Paura e desiderio sono collegate, appaiono sempre insieme, non sono due cose, sono parte di un qualcosa, sono una l’ombra dell’altra, legate al pensiero e al tempo. La paura si genera dalla memoria del dolore, il desiderio si genera dalla memoria del piacere.  Cerchiamo attraverso la conoscenza di superare questa dicotomia e la conoscenza, in questo caso, diventa fonte di  potere.

La coscienza appare con il suono, con la forma, col pensiero, appare e scompare. Quando c'è un’osservazione c’è una coscienza A che si accorge dell’apparire e scomparire delle varie osservazioni della coscienza B, che è effimera, nasce e muore con l’esperienza.

La coscienza A include sia l’osservatore e l’osservato, percepisce l’apparire e lo scomparire della coscienza B. La coscienza A ha come punto di origine il senso di esserci, la presenza consapevole, il punto di partenza perché le esperienze appaiano o scompaiano.

Nisargadatta Maharaj usa una metafora: "quando il sole sorge, le infinite gocce di rugiada cominciano a splendere e, in ognuna di esse compare un puntino luminoso che è il riflesso del sole su ciascuna goccia di rugiada che sembra contenere questo puntino luminoso".

Se consideriamo le gocce come mente – corpo, quella coscienza di esserci, è il riflesso sul corpo-mente di una luce senziente che alcuni chiamano consapevolezza, la quale non ha una localizzazione. Senza una goccia quel puntino non appare, la goccia è necessaria ma non sufficiente. Quando la goccia evapora, per la luce del sole non fa nessuna differenza, quel puntino riflesso fa da ponte tra infinito e finito, da un lato è l’esserci e dall’altro è il testimone, è la luce che permette a questo senso di esserci, di essere cosciente; da quel puntino si dispiega tutto il mondo del conosciuto, ma la conoscenza non può conoscerlo. Si può conoscere il senso di esserci ma non si può conoscere la luce senziente che lo produce.

Noi sappiamo di esserci, se vi chiedete "Io ci sono"? Come fate a negarlo? Per negarlo dovete esserci, è la cosa più evidente che ci sia, ma quando ci mettiamo ad osservare. possiamo avere solo esperienze limitate.  L’occhio vede all’infinito e le forme più varie, ma non può vedere se stesso, ma è innegabile che l’occhio ci sia.

Io posso conoscere un’infinita di cose, anche il fatto di esserci. Cartesio asseriva: "se mi inganno vuol dire che ci sono". Questo esserci viene dalla luce senziente che noi siamo, che non ha limiti e non ha confini. La domanda che possiamo porci è:  “Che cosa posso conoscere? E scartare tutto ciò che conosco perché non è il Tutto, ma è solo un aspetto del tutto.

La paura di diventare nulla dipende da quale grado di identificazione che c’è tra quella luce senziente e  mente - corpo; può diventare nulla, solo ciò che diviene, la paura di morire è la paura di diventare nulla. David Loy, dice che è una paura o una fobia. In psicanalisi, la fobia viene dal fatto che la paura è stata rimossa, è un compromesso tra la vera paura del passato e la coscienza che non vuole conoscerla.

La paura della morte è la fobia per allontanare una paura più grande, quella che non ci siamo nemmeno adesso. Io sparirò fra vent’anni ed ho paura, ma adesso io ci sono, ma questo io è un miraggio. Nasce dall’identificazione della luce senziente con un determinato corpo - mente. E’ solo l’organismo che inserito nel tempo diviene, nasce e muore, ciò di cui è fatto rimane nell’universo, come l’onda del mare, quell’onda particolare svanisce, così le forme appaiono e scompaiono.

L’io separato non esiste nemmeno adesso, appare come un miraggio, ma non c’è separazione con il resto dell’universo, la coscienza che si riflette sulla mente ed appare come un io e che sa di esserci, che ha il senso di esistere, è l’io sono, è il sé. L’io è la falsa identificazione della coscienza,  soltanto con un corpo – mente (la persona).

Quando invece percepisci in maniera più evidente, il tuo esserci, l’io sono, è una evidenza. Ti accorgi chequesto senso di esserci non ha confini, è lui che da origine alla coscienza dentro cui appare il corpo e il mondo. Questo sé comprende tutto il conoscibile, tu ci sei, questo sé va e viene quando dormi, e sparirà questo senso di esserci quando il corpo non ci sarà più, per apparire ha bisogno di quel corpo, ma come coscienza comprende tutto che resta quando sparisce il corpo-mente. Diventi nulla rispetto a quell’io che credi di essere.

Se non sei identificato soltanto con il corpo mente ma con il senso di esserci, quella luce senziente è oltre l’esserci e il non esserci (ed è totalmente inconoscibile). Il corpo-mente è qualcosa di conosciuto quindi non è quella luce senziente.

Nisargadatta dice "tutte le cose sono visibili alla luce del giorno, ma la luce del giorno non è visibile". Il sé che osserva l’io, è qualcosa legato alla manifestazione, il sé senziente non è il nulla. E' il sé che osserva le cose, è il testimone di questo e di quello.

Il sé che intuisce sé stesso, è l’essenza dell’essere, questo sé è il riflesso della luce senziente sulla mente, quando smette di essere testimone. "Dove va l’udito quando non c’è rumore nella stanza?"

La luce senziente non va da nessuna parte, non sta nello spazio - tempo, forse possiamo definirla nulla, è sempre qui e adesso,  è l’Essere.

Essere e nulla possono essere usati indifferentemente, non c’è bisogno di arrivare al nulla, basta vedere che le nostre conoscenze sono false. Utili per manipolare la realtà e vivere. Scarti tutto quello che è falso, quello che resta è quello che veramente sei. Non c’è bisogno di conoscere l’essere perché "Noi siamo l’essere".

Ramana Maharshi dice: "Una delle cose più strambe è, che noi essendo la realtà, cerchiamo la realtà, e un giorno rideremo di tutto questo, e quello che ci sarà quel giorno, c’è anche adesso".

Leggendo attentamente il testo Io sono quello di Nisargadatta, si scopre che contiene dei dialoghi contraddittori, questo perché Nisargadatta rispondeva in funzione a chi stava di fronte a lui.

Per Toni Parsons, un altro grande teorico del Non dualismo, "Non c’è una via, un maestro ti dirà che non c’è differenza tra te e lui, le cose accadono, e tu non hai nessuna scelta. Non puoi cercare la realizzazione perché sei già un realizzato".

Un discepolo chiese a Nisargadatta "Se l’io è illusorio e le cose accadono, perché allora proponi questi incontri in cui tu parli e cerchi di spiegarci alcuni concetti?" e  Nisargadatta rispose: "Finché noi ci troviamo a questo livello di realtà del corpo-mente bisognerà pure passare il tempo in qualche modo".

Noi cerchiamo la liberazione, ma la libertà non può essere condizionata, non può essere causata. Tutto quello che tu farai per raggiungere la libertà avrà una conseguenza che non sarà libera, ma sarà condizionata da quello che tu hai fatto. Il vero incondizionato non lo puoi raggiungere.

Ramana Maharshi dice: "Ogni esperienza nuova che tu puoi avere, che non c’era prima, finirà". L’idea di fare un percorso verso la liberazione è contro natura, la natura ci dice: tutto quello che puoi raggiungere lo perderai, quello che nasce muore, quello che puoi costruire si distruggerà.

Nisargadatta dice: "Invece di cercare quello che non hai, trova quello che è sempre con te, se è sempre con te qui e adesso, cosa si deve fare per raggiungerlo? Se mi metto in un percorso, e quello è già qui, non mi accorgo che la felicità è già qui. È assurdo praticare o mettersi in un percorso spirituale per qualcosa che è già qui. Ad esempio se qualcuno ha praticato per molti anni e gli è capitato di aprirsi alla Non dualità, allora può facilmente ingannarsi e pensare che questa percezione l’ha avuta grazie ai molti anni di meditazione che ha fatto. Allora quella persona andrà ad insegnare agli altri dicendo: "se mediterete per molti anni,  come me arriverete all’illuminazione". Dandogli una causalità che non ha.

Un altro, che non ha mai meditato, sdraiato sulla spiaggia al sole arriva a percepire questa completezza e allora dirà: "non meditate, è una cosa spontanea". Questa apertura è sempre qui e non c’è niente che può attivarla.Tutte queste azioni danno per scontato che ci sia un Io sono. Le cose accadono, non c’è libero arbitrio, né determinismo. Solo con un Io separato,  può esserci libero arbitrio o determinismo.

Secondo Thich Nhat Hanh, maestro buddhista vietnamita, l’agire morale è l’autostrada per la liberazione. La morale, in generale, ha senso in relazione con gli altri, ed è utile per regolarizzare i rapporti impersonali. La chiarezza della mente diventa comprensione e riduce un’enorme massa di sofferenza, la comprensione, non è associata alla sensibilità, ma può aiutare a diventare sensibile.

Per Thich Nhat Hanh i precetti sono come una stella polare, un precetto può essere un’occasione per indagare sulla nostra libertà. Capendo l’interconnessione, si può arrivare a vedere che le cose sono tutte in rapporto con le altre. Quando non c’è più separazione l’unica risposta che accade è l’amore.

Esempio del barcaiolo nella nebbia, lungo il fiume vede una barca contromano che gli sta venendo addosso, il barcaiolo comincia ad insultare il conducente della barca, poi si accorge che non c’è nessuno su quella barca, e la rabbia sparisce.

La coscienza si manifesta quando siamo svegli con diversi tipi di contenuti: sensi, mondo, corpo, mente. Si manifesta anche quando dormiamo e sogniamo, e quando dormiamo e non sogniamo.

Nisargadatta asserisce: "L'Io identificato con corpo e mente, è infinitamente piccolo e contenuto nel Tutto, che è Dio, Dio contiene l’Io".  Dio lo vediamo come qualcosa di diverso da noi ed è il Tutto che ci contiene.  Allora cerchiamo di conoscere il Tutto, ma il compito è impossibile anche utilizzando i concetti più astratti, essere o non essere, ecc.  Spesso quando pensiamo al Tutto lo associamo a Dio. Noi rappresentiamo la realtà in base a come noi pensiamo noi stessi, così noi vediamo il Tutto.

Se mi vedo come un piccolo io separato, identificato con corpo e mente, quando penso al Tutto, lo penserò come Non me, come qualcosa che mi trascende, cercherò di raggiungere una fusione e una contemplazione con questo Tutto spesso associato a Dio. Ma io e Dio, siamo due maschere di questa realtà non separabile. Quando cade l’idea di Io anche il concetto di Dio cade, quello che resta è inseparabile, è indivisibile.

giovedì 24 giugno 2021

The open secret di Tony Parsons

The open secret - Tutto ciò che è. è un bestseller di fama mondiale scritto  nel 1995 da Tony Parsons (1953 - ) . Sito : https://www.theopensecret.com    http://www.non-dualita.it/tony-parsons/   vedi testo   vedi intervista

Altro testo consigliato è All there is, una raccolta di trascrizioni degli incontri sul tema del risveglio, tenuti in questi anni in varie parti in Europa da Tony Parsons.

Tony Parsons è un giornalista e un conduttore televisivo ed è uno dei principali assertori della Non dualità.  Tony Parsons in The Open Secret racconta la storia del suo risveglio, della sua illuminazione, della sua perdita di dualità con straordinaria semplicità, umanità e profondità portando il lettore a riconoscere  ciò  che in realtà vive attraverso la nostra forma, il nostro vero Sé.      Anni fa, camminando in un parco, Tony ha vissuto una straordinaria esperienza in cui ha avvertito la Coscienza riconoscere se stessa attraverso quel corpo-mente chiamato Tony Parsons. Durante quella breve esperienza c'era solo la presenza, una presenza che era stata sempre lì, in osservazione di ogni momento della vita di quella forma, inclusi i tentativi di scoprire un segreto che sembrava nascosto.

Nel suo libro e nelle sue conferenze Tony ha cercato di trasmettere e testimoniare questo evento con acume ed intelligenza, e dalle sue parole traspaiono una vera libertà e autentico amore incondizionato vissuti da chi ha completamente realizzato il Sé. Senza nessun compromesso per la mente e l'ego, Tony parla con l'ironia e grazia di un vero maestro di Advaita, anche se si discosta completamente dal clichè del guru e si pone da amico, annullando così ogni illusione di apparente separazione.

Il suo messaggio è semplice, chiaro e diretto: non esiste nessuno all'interno del corpo-mente chiamato "me", non esiste l'individuo, ma esiste un unico Sè che vive attraverso diverse forme. Il Tutto è il divino che si manifesta e da nessuna parte esiste qualcosa che sia separato. Ogni ricerca spirituale è completamente inutile, perché presuppone l'idea che ci sia qualcosa da trovare, qualcosa di perduto. Nulla è perduto, l'ovvio segreto è sempre pronto ad essere scoperto e l'invito del divino perché questo accada è costante, basta solo riconoscerlo. E come puntualizza Tony, nulla si può fare a riguardo, perché quell'invito sarà colto solo quando è arrivato il tempo giusto.

La ricerca spirituale termina, non perché qualcosa è stato trovato, ma perché si riconosce che non c'è nessuno che possa trovare niente. Questo riconoscimento che è al di là della possibilità dell'immaginario individuo accade per grazia; una grazia che, Tony precisa, è sempre disponibile.

Si tratta di una delle posizioni più radicali del messaggio Advaita e tra le più pure che si possano trovare nel cosiddetto panorama spirituale. Tony Parsons non nega le caratteristiche dell'individuo, anzi ci invita a celebrare la propria unicità come forme, riconoscendo allo stesso tempo come non ci sia nessuno che le vive. La forma è solo testimoniata da questo Sé che osserva ogni cosa, che appare e scompare. La nostra natura originaria è dunque un nulla che è anche ogni cosa.

Secondo Tony Parsons nessuno diventa illuminato.  Riporto alcune delle sue frasi: "Una volta credevo veramente che le persone diventassero illuminate e che quell'evento fosse simile a qualcuno che vince il primo premio alla lotteria nazionale. Una volta vinto il premio, il beneficiario avrebbe avuto garantita beatitudine permanente, infallibilità e incorruttibile bontà. Nella mia ignoranza pensavo che queste persone avessero ottenuto e possedessero qualcosa che le rendesse speciali e totalmente diverse da me. Questa idea illusoria aveva rinforzato in me la credenza che l’illuminazione fosse virtualmente impossibile da ottenere eccetto che per poche persone elette e straordinarie. Questi malintesi sorgevano da qualche immagine che mantenevo riguardo a come dovesse essere uno stato di perfezione. Non ero ancora in grado di vedere che l’illuminazione non ha nulla a che fare con la perfezione. Queste credenze erano rafforzate nel momento in cui comparavo la mia immaginaria inadeguatezza con l’immagine che intrattenevo di qualunque “eroe spirituale” verso cui in quel momento mi sentissi attratto.  Sento che la maggior parte delle persone vedono l’illuminazione in modo simile. Certamente ci sono state molte persone, e ancora ce ne sono, che cercano di incoraggiare tali credenze e che, in effetti, reclamano di essere illuminate. 

Ora posso vedere come questa sia una dichiarazione senza senso, come quella di un qualcuno che proclami al mondo di essere in grado di respirare. Essenzialmente la realizzazione dell’illuminazione porta con sé l’improvvisa comprensione che non ci sia nessuno e nulla che si illumini. L’Illuminazione semplicemente è. Non può essere posseduta, così come non può essere raggiunta o vinta come se fosse un trofeo.

Tutto e ogni cosa sono l’Uno, e tutto ciò che facciamo è metterci di mezzo attraverso il nostro cercare di arrivare a questo uno.

Coloro che reclamano l’illuminazione o prendono tale posizione, semplicemente non ne hanno realizzato la natura paradossale e presumono di possedere uno stato che immaginano di aver raggiunto. Essi hanno probabilmente avuto una profonda esperienza personale di qualche natura, ma questa non supporta assolutamente nessuna relazione con l’illuminazione. Di conseguenza resteranno ingabbiati nei propri concetti individualistici basati sul loro particolare sistema di credenze.

Queste persone hanno spesso bisogno di intraprendere il ruolo di “insegnanti spirituali” o “maestri illuminati” e inevitabilmente attraggono coloro che hanno bisogno di essere studenti o discepoli. I loro insegnamenti, ancora radicati nel dualismo, promuovono una netta e incolmabile scissione tra l’“insegnante” e chi segue l’insegnamento". 

"Uno dei sintomi più classici, quando il ruolo di Guru è stato adottato, è di evitare qualunque ammissione o segno di “umana debolezza”. Inoltre, di solito si crea una certa distanza tra il “maestro” e i suoi seguaci. Man mano che l’essere speciale del “maestro” diventa sempre più effettivo e le richieste da parte dei seguaci divengono sempre più grandi, invariabilmente gli insegnamenti diventano più oscuri e contorti. Quando l’oscurità degli insegnamenti cresce, anche la scissione diventa più ampia e molti dei seguaci spesso diventano più confusi e sottomessi. L’effetto tipico su coloro che ne restano coinvolti, può essere di indiscussa adulazione, disillusione, o un risveglio e un andare oltre".

Coloro che hanno pienamente compreso e abbracciato l’illuminazione non hanno assolutamente nulla da vendere. Quando condividono la loro realizzazione, non hanno bisogno di abbellirsi o di abbellire quello che condividono. Né hanno alcun interesse nell’essere delle madri, dei padri o degli insegnanti.

L'individuo da quando viene al mondo, ha una sensazione di perdita che non lo lascia mai. (Questo punto di partenza è molto simile da quanto asserisce Mauro Bergonzi nel libro Il sorriso segreto dell'essere. Mauro è un ex docente universitario di Filosofie orientali assertore anche lui del Non dualismo. Vedi Post) Per sopperire a questa mancanza proviamo ad inventarci degli obiettivi, a costruire un mondo o un’esistenza nelle quali ci consoliamo. Questo prende diverse forme: denaro, lavoro, marito, moglie, figli… Ma niente serve. Qualsiasi cosa capiti, qualunque sia la riuscita che ci accreditiamo, rimane una sensazione di mancanza, qualcosa di cui siamo alla ricerca. Quando, malgrado tutti  i nostri sforzi, niente di ciò che facciamo ci riempie, allora ci rivolgiamo alla religione.  Quando anche questo fallisce, alcuni si orientano verso le terapie… e quando anche lì c’è un fallimento, un piccolo numero di noi si mette in cerca di qualcosa chiamato illuminazione

La maggior parte del tempo ci rivolgiamo ad esperti di illuminazione che presumono l’esistenza di un’entità separata, che, propongono di fare qualcosa per avere l’illuminazione… Così la ricerca prosegue, fortificata dall’idea che ci sia qualcuno che può aspirare a qualcosa chiamata illuminazione… Tutta questa idea è radicata nell’ignoranza e non fa che rinforzare la ricerca e intensifica la sensazione dell’io o del me che cerca.

Ora, svelato il segreto, il messaggio è che c'è solo il Sé. La conseguenza di questa realizzazione è il ricordo di una percezione, ma non solo per qualcuno, che niente può essere fatto e che non può essere operata nessuna scelta per raggiungere l’illuminazione. E’ altrettanto chiaro che non c’è niente da diventare, nessun luogo dove andare e niente da scoprire.

domenica 20 giugno 2021

La ricerca spirituale - Nisargadatta Maharaj

Chi si immette sul cammino spirituale è spesso alla ricerca. 

"Ma cos’è che stai cercando?  Non c’è niente! C’è solo il processo della ricerca, la tua vita è solo il tuo esistere, il mondo oggettivo è fatto di dualità, nel mondo oggettivo c’è soltanto dipendenza…. 

Solo la coscienza è indipendente, ed è solo un minuscolo granello, ma tutto questo mondo illusorio nasce da essa."    Nisargadatta Maharaj


Lo scopo dello yoga è ritrovare il vero Sé, ritrovare l’unità, trascendere la non dualità.

martedì 18 maggio 2021

Documentario sul grande saggio indiano Sri Ramana Maharshi

 Documentario sul grande saggio indiano Sri Ramana Maharshi pubblicato nel maggio 2018 e prodotto da prodotto da Jean Raphael Dedieu.     link:  https://www.youtube.com/watch?v=hVYv9ktilQw

Sito: http://www.ramana-maharshi.it/

Ramana Maharshi (1879 - 1950) è stato un mistico indiano, ed un maestro dell'Advaita Vedānta del XX secolo.  È uno dei saggi più celebrati in India. Dall'età di 17 anni visse ai piedi del monte Arunachala, una delle montagne sacre dell'India, dove restò fino alla morte. 

Una frase tratta da uno dei suo libri. "La mente proietta il mondo fuori di sé e lo risolve di nuovo nel Sé. Quando la mente esce dal Sé, appare il mondo. Pertanto, quando il mondo appare, il Sé non appare; e quando il Sé appare, il mondo non appare".

martedì 11 maggio 2021

Nisargadatta Maharaj.

Frasi di Nisargadatta Maharaj.

Sri Nisargadatta Maharaj (1897 – 1981) è stato un maestro spirituale indiano molto conosciuto anche in Occidente ed è un esponente del non dualismo  Si può condensare il suo pensiero con il mantra tratto dalle Upanishad  Tat tvam asi , Tu sei Quello, che significa Tu sei il Sè superiore, il Tutto.

 La natura non né piacevole, né dolorosa. E’ tutta intelligenza e bellezza. Dolore e piacere sono nella mente. Cambia la tua scala di valori e cambierà tutto. Piacere e dolore non sono altro che un turbamento dei sensi. Trattali alla stessa stregua e ci sarà solo beatitudine. 

Il mondo è come lo fai essere, e allora rendilo più felice che puoi. Solo accontentandosi  si può essere felice: i desideri soddisfatti generano altri desideri. E’ la soddisfazione dei desideri che genera infelicità. Tenersi lontano da tutti i desideri e accontentarsi di ciò che viene da sé è la condizione più redditizia, il presupposto al raggiungimento dello stato di pienezza.  La libertà dai desideri è beatitudine. Eppure sono poche le persone che giungono a questo stato di non coinvolgimento e di distacco. E’ lo stato più elevato, l’anticamera della liberazione.   Non ho  desideri, mi accontento di ciò che viene, cerco di essere felice.

I rapporti umani sono una cosa viva. Sii in pace con te stesso, e sarai in pace con chiunque. Renditi conto che non sei padrone di ciò che accade, che non puoi controllare il futuro e programmare le tue azioni.  I rapporti umani non possono essere programmati, sono troppo ricchi e vari. Sii soltanto comprensivo e compassionevole libero da ogni egocentrismo.

Inoltre, non puoi evitare l’azione. Accade come tutto il resto. Non puoi agire secondo la tua volontà. Conoscerai la tua volontà soltanto dopo aver agito.

giovedì 22 aprile 2021

Sri Nisargadatta Maharaj - Oltre la libertà

Dal testo Oltre la libertà  di Sri Nisargadatta Maharaj,  Altro testo consigliato  Io sono quello.

Video consigliato: https://www.youtube.com/watch?v=C4_Ls8PdALY Nisargadatta Maharaj: la testimonianza di Mauro Bergonzi che ha avuto la fortuna di incontrarlo.

Nisargadatta Maharaj (1897 - 1981) è un altra grande figura spirituale e fautore della Non-dualità. Cercherò di riassumere, in poche frasi significative, il suo pensiero sotto forma di domanda e risposte.. 

Il consiglio di Sri Nisargadatta Maharaj è il seguente: "dimentica tutti i libri e vai dentro di te". L’identità personale è sempre stata illusoria. Tu sei impersonale e nello stesso tempo includi ogni cosa. Sei la coscienza universale non manifesta. 

Cosa accadrebbe se tu cercassi questa coscienza? Chi cerca sparirebbe nella ricerca, perché l’io sono, è l’unica cosa che c’è. La realtà è che non so chi sono.

Ma cos'e' che stai cercando? Non c'e' niente, c'e' solo il processo della ricerca, la tua vita e' solo il tuo esistere, il mondo oggettivo e' fatto di dualità, nel mondo oggettivo c'e' soltanto dipendenza. Solo la coscienza e' indipendente, ed e' solo un minuscolo granello, ma tutto questo mondo illusorio nasce da essa. Il concetto di maya o illusione nasce dall’io sono. L’uomo si è intrappolato da sé. Tu sei il Sé trascendente. Quando otterrai quello stato di conoscenza del Sé, ci sarà pace e quiete e una spontanea consapevolezza del proprio essere. Quando scoprirai quel Sé che non ha colore, aspetto e scopo sarai oltre la libertà. Devi essere uno con il sé, sii solo consapevole della presenza senza pensarci.

Non puoi essere libero quando ti identifichi con il corpo e con l’io. Se ti senti separato dal tuo vero Sé e cerchi di ritrovare l’unità, questo è lo Yoga. Il metodo praticato dagli yogin è il controllo del respiro e dell'energia attraverso il pranayama, grazie al quale riescono ad entrare in uno stato di samadhi dove non c’è mente e non c’è desiderio.  Però chi va in samadhi trattenendo il respiro ha solo acquisito una competenza, non ha alcuna conoscenza, né ha trasceso la conoscenza. Questi yogi non hanno realizzato l’unione ultima con l’assoluto.

Una volta saputo chi sei, rimani stabile nell’esperienza del Sé. Sii come Arjuna che anche nel fitto della battaglia aveva una costante consapevolezza. Poiché era unito con Krishna,  poteva andare in battaglia sapendo che non c’era nessuno che uccideva o che veniva ucciso.

Ognuno crea il suo mondo. Avevo deciso che non avrei mai ricevuto alcuna iniziazione e che non mi sarei mai affidato completamente ad un’altra persona. Quando incontrai il guru, mi chiese di chiudere gli occhi e mi diede l’iniziazione. Dopo un po’ mi chiese di riaprirli: era come se fossi esploso, e da quel momento divenni un’altra persona, riuscivo a spiegare e commentare libri di filosofia che prima non riuscivo a capire. Ho ottenuto queste capacità dopo l’iniziazione,  semplicemente è accaduto, non ne sono responsabile. La consapevolezza del mio essere è avvenuta automaticamente, E' accaduto e basta.  Dire:  "io sono l’assolutoaham brahmasmi" ti trasformerà nell’assoluto, e neppure la nascita e la morte potranno toccarti. Qualunque cosa vedi non è altro che la manifestazione di Dio. E’ la sorgente, o la coscienza, che appare in tantissime forme diverse.

Dove sei senza la coscienza? Che si tratti dei tuoi sogni o delle tue visioni, qualunque cosa vedi non è altro che la manifestazione di Dio. E’ la sorgente, o la coscienza, che appare in tantissime forme diverse. Vai in profondità oltre i pensieri, recitando “io sono il Brahman, aham brahmasmi “ raggiungi uno stato sottile ed evita il senso di essere corpo-mente.

Con la conoscenza “io sono” abbracci ogni cosa. Accetta il fatto che tu sei quello, quello significa senza forma e senza scopo. La beatitudine Sat-cit-ananda è una qualità superiore della felicità, ma non è permanente. La realizzazione è uno stato di non mente, ossia privo di pensieri. La conoscenza “io sono” che è dentro di te contiene l’intero universo, non puoi trovare la verità ultima cercandola fuori di te, è dentro di te. Finché continui ad identificarti con il corpo non troverai pace.

Quale è il passo successivo dell’io sono? Non c’è passo successivo se non comprendi l’io sono, ma una volta compreso non c’è più niente da comprendere. La mente è ciò che mantiene quello stato di separazione che chiamiamo realtà. Prima dell’io sono, c’è l’io sono. La mente si manifesta dopo l’io sono. La parte attiva è chiamata illusione, (maya) ed è dovuta alla mente. La parte inattiva è chiamata io-sono o purusa e semplicemente osserva. Solo quando ti identifichi con ciò che è immobile ovvero il purusa, puoi diventare l’osservatore dell’io sono e di tutte le sue attività. Senza l’io sono l’assoluto non sa di essere.  

Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi personali.  Nel blog c...