mercoledì 6 luglio 2022

Il silenzio tra due onde (2) - Corrado Pensa

  Nel testo Il silenzio tra due onde. Il Buddha, la meditazione, la fiducia - Corrado Pensa, autorevole esperto di buddhismo Therevada ci parla della pratica quotidiana di meditazione e della consapevolezza in azione. In modo particolare ci parla della lenta trasformazione del nostro quotidiano in virtù di una risposta ricettiva all'insegnamento del Dharma. Corrado Pensa è dal 1987 insegnante guida dell'A.ME.CO. (Associazione per la meditazione di consapevolezza) di Roma. E' stato per anni docente di Filosofia dell'India presso l'università la Sapienza di Roma, oltre che psicoterapeuta junghiano.  E' considerato un autorevole insegnante di meditazione buddhista e conduce ritiri intensivi.

L'apice del percorso meditativo è il conseguimento di stati di assorbimento profondo (jhana). Allo stesso tempo il Buddha non cessò mai di sottolineare l'importanza del raccoglimento, del samadhi, della calma concentrata. Comunque samatha o samadhi è un fondamento importante e deve servire alla vipassana, ossia a vedere ed acquisire una chiara visione.  Spesso ci si sofferma su stati di raccoglimento mentale, che sono piacevoli e danno un senso di forza e si lascia cadere la consapevolezza investigativa (caratteristica della vipassana). In molti sutta o insegnamenti del Buddha vengono descritti alcuni tipi di impedimento alla calma concentrata e i relativi antidoti.   Importante è dunque il raccoglimento (samatha), se non si possiedono basi di stabilità meditativa ci sarà il rischio che, ponendoci domande investigative, si andrà a rafforzare quella proliferazione mentale che si accompagna alla rabbia.

Un altro aspetto importante nel percorso meditativo, è quello di mantenere la pratica pura, ossia evitare che diventi meccanica, e come dice Suzuki Roshi occorre mantenere la "mente di principiante". Le relazioni interpersonali sono un momento fondamentale di occasione di pratica, soprattutto con i familiari. Essere presenti nelle relazioni è difficile ma nello stesso nutriente, sia per noi che per gli altri; un solo attimo di presenza è un raggio di luce. Il primo impedimento alle relazioni sono le aspettative sull'altra persona e il paragonarsi ad essa. Il secondo è il fare attenzione ai giudizi e ai risentimenti. Il terzo impedimento è l'essere spesso distratti nei confronti dell'altro. Il quarto impedimento è l'irrequietezza, ossia si cerca di andare da una relazione all'altra. Spesso non abbiamo una costanza di relazione ed è la sindrome "molte relazioni, nessuna relazione". L'avere molte relazione potrebbe apparire una grande apertura interpersonale, mentre in realtà, si tratta di una fuga dal rapporto. Ne abbiamo paura. Il quinto impedimento è il dubbio e la diffidenza, ossia la difficoltà a credere alla stima, all'amicia, all'affetto da parte di chi ci sta intorno.

O monaci, alcuni monaci male avvisati apprendono il Dhamma, ma avendo appreso il Dhamma, non esaminano il significato (attha) di quegli insegnamenti secondo saggezza (panna).  Molti utilizzano la conoscenza del Dhamma per vincere nei dibattiti e lo vedono come uno strumento per sentirsi superiori agli altri.  Il Dhamma deve servire ad attraversare il mare della sofferenza e non deve diventare oggetto di attaccamento. La costruzione della zattera corrisponde alla coltivazione della pratica, e alla  pratica bisogna dedicare il tempo di prima qualità (prime time) dove si conserva freschezza e qualità.

La pratica si divide in formale (meditazione e ritiri) e informale (i rapporti interpersonali) e sono entrambe importanti. La vita pratica diventa la palestra della pratica informale o pratica in azione che è molto più difficile da esercitare.  Nelle relazioni occorre utilizzare l'equanimità e il discernimento, che ci aiuta semplicemente ad esprimere con semplicità il nostro disaccordo o ad accettare critiche.  

Nelle relazioni le tre sfere (parola, azione e pensieri) sono intimamente connesse e interdipendenti. Nelle relazioni bisogna allenarsi ad allontanarsi dalla reattività ed avanzare verso la retta parola, la retta azione, verso l'equanimità.  Le relazioni sono un potente strumento di purificazione mentale e come dice Krishnamurti: "la relazione è un processo di autorivelazione, ci rivela a noi stessi".  Dovremmo scegliere a chi intendiamo riserbare la nostra ttenzione, e farlo in profondità. 

Dovremmo utilizzare e trasformare anche il più piccolo disagio in intenzione di pratica e lavoro diretto sulle difficoltà. Non alimentare la proliferazione mentale e l'identificazione con i pensieri negativi è un orogramma molto difficile.  Il lasciar andare è la risposta più efficace alla sofferenza (dukkha) e le sue cause.  Non dobbiamo però confondere il lasciar andare con passività e abulia.  Spesso ci trasciniamo dietro un peso e come dice Ajahn Chah se lo lasciamo andare, abbiamo paura che non ci resti più niente. Continuiamo così a portarcelo dietro.   Avversione, ignoranza ed attaccamento sono i tre veleni dai quali occorre liberarsi.

Lavorare alla ricerca del positivo, lottando contro la tendenza al negativo, è assolutamente cruciale nel cammino interiore.  Il Dalai Lama dice: "L'affetto e la compassione sono qualcosa di assolutamente indispensabile nella nostra vita di ogni giorno. Dobbiamo cercare di capire attraverso il discernimento se la nostra reazione negativa è dovuta all'attaccamento o al disagio".

I cinque elementi che rafforzano la pratica sono la perseveranza, stabilizzazione sia psicologica sia fisica, la chiara visione (consapevolezza di quello che facciamo).

Il silenzio tra due onde - Corrado Pensa

 Nel testo Il silenzio tra due onde. Il Buddha, la meditazione, la fiducia - Corrado Pensa, autorevole esperto di buddhismo Therevada ci parla della pratica quotidiana di meditazione e della consapevolezza in azione. In modo particolare ci parla della lenta trasformazione del nostro quotidiano in virtù di una risposta ricettiva all'insegnamento del Dharma.

Corrado Pensa è dal 1987 insegnante guida dell'A.ME.CO. (Associazione per la meditazione di consapevolezza) di Roma. E' stato per anni docente di Filosofia dell'India presso l'università la Sapienza di Roma, oltre che psicoterapeuta junghiano. E' considerato un autorevole insegnante di meditazione buddhista e conduce ritiri intensivi.

Oggi la via più usata per iniziare un cammino interiore è la pratica formale. La pratica va affrontata con distensione e lentezza, e si deve cercare di alimentare la motivazione, altrimenti diventerà una dei tanti impegni della giornata da depennare. La pratica formale rientra nella quarta verità dell'ottuplice sentiero che si prefigge la liberazione dalla sofferenza (retta comprensione, retta motivazione, retta azione, retta parola, retti mezzi di sussistenza, retto sforzo, retta consapevolezza, retta calma concentrata).  (1- Verità della sofferenza, 2- verità dell'origine, 3- verità dell'estinzione, 4- verità del cammino).

E' necessario addestrare la nostra mente per comprendere quali aspetti provocano la sofferenza, e questo addestramento viene chiamato cittabhavana ossia coltivazione della mente, educazione della mente, meditazione. La pratica meditativa ci mette in contatto in maniera unica con la sofferenza (dukka) che noi stessi creiamo, e nello stesso modo ci fa vedere la capacità di trascendere la sofferenza.  Se durante la pratica non riusciamo a focalizzare gli aspetti che ci fanno soffrire, è meglio lasciare perdere temporaneamente altrimenti aggiungiamo sofferenza.

Il sutta recita: C'è una via di mezzo tra l'indulgere nella ricerca degli oggetti sensoriali (idee, emozioni, pensieri, immagini) e l'automortificazione (intesa anche come colpevolizzarsi e autosvalutarsi). La via di mezzo esposta non è niente altro che l'ottoplice sentiero dove viene usato sempre l'aggettivo retto.

Cosa provoca la sofferenza? La nascita è sofferenza, la malattia è sofferenza, l'associazione con lo spiacevole è sofferenza, la separazione da ciò che amiamo è sofferenza, non ottenere ciò che vogliamo è sofferenza.  I cinque aggregati di attaccamento sono sofferenza.  I cinque aggregati sono il corpo,  le percezioni, le sensazioni, le formazioni mentali, la coscienza. L'attaccamento, tanha, al corpo-mente provoca sofferenza.

La sofferenza va riconosciuta (esiste dukka, disagio) e compresa, se non si fa appello alla anukampa, la simpatia e la compassione difficilmente riusciremo a farlo.   Di fatto, ognuno di noi infligge a se stesso una lunga lista di sofferenze non necessarie che, non abbiamo né riconosciuto, né compreso.  Dovremmo ripetere più spesso frasi di benevolenza nei confronti di noi stessi.   La pratica in azione può diventare lo strumento di approfondimento per eccellenza di ciò che abbiamo intravisto nella pratica formale.

Si comincia nella quotidianità ad intravedere una stretta dipendenza io-altri, ad emergere una diversa visione di noi stessi, meno preoccupata di sè, meno incline alla negatività e all'attaccamento. Con la pratica, cominciamo ad apprezzare la vita ed ad attenuare la nostra inclinazione alla infelicità. Anche di fronte alla morte si cambia posizione, si passa dalla paura al rispetto e ciò contribuisce a cambiare la qualità della vita.   L'amore per la pratica porta l'aspirazione al risveglio, al desiderio del bene per tutti.

L'ottoplice sentiero prevede tre gruppi di fattori: saggezza (retta motivazione, retta comprensione) etica  e meditazione. E' importante gestire i pensieri. Come il Buddha diceva: "Monaci, qualunque cosa un monaco frequentemente pensa e sulla quale si sofferma, ciò diventerà l'inclinazione della sua mente".

Secondo un grande maestro contemporaneo Ajahn Maha Boowa il cammino meditativo si presenta come una saggia alternanza di fasi di investigazione e fasi di concentrazione. Nelle fasi di concentrazione la mente si riposa e solo quando la mente è riposata si può investigare su ciò che giova e su ciò che nuoce.

Non si dovrebbe differire la pratica della meditazione, più presto si inizia e si svilupperà la motivazione più presto la mente prenderà una direzione salutare.

Il cuore dell'orgoglio sta proprio nella compulsione a confrontarsi, ossia comparare il concetto che si ha di se stessi con il concetto che si ha degli altri. I grandi traguardi del cammino interiore presuppongono un progressivo lasciar andare frammenti di attaccamento e egoità. Il lasciar andare dona invece di togliere.  Un altro ostacolo al progresso in campo spirituale è il giudicare, In un passo il Buddha dichiara che il non giudicare è l'essenza stessa della virtù. La mente giudicante è di grande ostacolo alla mente discernente, che significa esprimere un giudizio giusto privo di avversione.

Un esempio evidente di coltivazione dell'infelicità è l'indulgere mentalmente (ossia dare priorità)  in negatività varie, riguardo a noi stessi, gli altri, situazioni passate, presenti e future.  Queste afflizioni mentali si superano non in virtù di azioni o parole, ma vedendole con chiarezza, vedendo con chiarezza i nostri circuiti negativi.  Anche l'attaccamento è uno di questi circuiti negativi ed è una risposta sbagliata la nostro desiderio di benessere. L'attaccamento si riferisce anche ai pensieri e giudizi, ed abbiamo paura che perdendoli, perderemo anche la nostra identità. Spesso questo genera paure ed ansie di essere sostanzialmente indefinibili. Occorre capire che ogni pensiero è autoreferenziale. Per la maggior parte del tempo è tutto un pensare-giudicare-reagire-immaginare-concettualizzare che nell'insegnamento di Buddha è chiamato proliferazione mentale. La proliferazione dei pensieri e l'attaccamento si rafforzano a vicenda. Il solo modo per uscire da questo tunnel è la pratica meditativa e la fiducia nella consapevolezza. La consapevolezza dovrebeb portare pace, saggezza e compassione.

Coltivare il rapporto con noi stessi ha un'inevitabile ricaduta sui nostri rapporti con gli altri, e non può che generare fiducia. Il Buddha sottolinea l'importanza cruciale delle buone relazioni, soprattutto per una persona con una mente ancora immatura. Nel buddhismo si parla di amico spirituale e di sangha (la comunità). L'affrontare relazioni difficili ci può aiutare a far appassire delle nostre negatività, come ad esempio lo spirito di rivalsa, quel voler colpire, ferire perché siamo stati colpiti e feriti, o il desiderio di far pagare a qualcuno il nostro sentirci esclusi, abbandonati, non amati. Dal sentimento di rivalsa al risentimento cronico il passo è breve.

Il Buddha dice: "Il nobile discepolo che ha udito che tutto brucia in virtù del fuoco dell'attaccamento, dell'avversione e dell'ignoranza, riesce a vedere che tutto brucia, allora concepisce nibbida."    Nibbida è un piccolo risveglio e significa non trovare più niente, quindi il discepolo percepisce un sereno disincanto e all'equanimità.  E da nibbida si passa al non-attaccamento, alla liberazione, alla conoscenza della liberazione.

Mano a mano che si procede nella pratica, si è meno in fiamme, si sviluppa gradualmente il non attaccamento, equanimità, l'essere spassionati.  Ma non è un diventare un essere disanimato, santo e morto nello stesso tempo.  L'equanimità è definita il tranquillo flusso della mente, e l'equilibrio si manifesta in una mente che non è né depressa, né eccitata. equanimità è definita anche come rispondere rapidamente nel modo giusto ad una circostanza, agire quindi con creatività e adeguatamente. Ritiri lunghi, brevi, individuali sono tutti dei piccoli incentivi per favorire quel piccolo risveglio che è nibbida.


lunedì 27 giugno 2022

La pandemia, la guerra, la crisi ecologica: la via della NonViolenza

Articolo scritto da Roberto Fantini    Conversazione con Linda Maggiori, autrice di Semi di Pace!*

Abbiamo conosciuto Linda Maggiori all’inizio di giugno, a Roma, alla presentazione del suo Semi di pace! (La nonviolenza per curare un mondo minacciato da crisi ecologica, pandemia e guerra, Centro Gandhi Edizioni), libro bellissimo, straordinariamente illuminante, capace di fornire preziose chiavi di lettura su quanto accaduto in questi ultimi anni terribili, e capace di suggerire, su basi anche sperimentali, possibili concrete ed efficaci alternative al disumano sistema dominante. Linda è veramente una persona ammirevole, per la fermezza, la coerenza e la forza gentile con cui cerca di portare  avanti non soltanto intelligenti discorsi controcorrente, ma anche e soprattutto per l’impegno da lei gioiosamente condotto nel praticare uno stile di vita ispirato con lucida sapienza a valori autenticamente ecopacifisti.   Con lei è nata la conversazione che segue.

 “Discriminare un essere umano, che magari era tuo amico, cacciarlo da un bar o dall’università o da un bus, dalla propria casa, accettare il fatto di dover presentare una tessera per lavorare o studiare, respingere un parente perché ha fatto una scelta diversa dalla tua. Come è potuto accadere, come è stato accettato?
Con queste parole, Linda, sei riuscita a mettere a fuoco, i due interrogativi cruciali relativi a quanto accaduto nel nostro Paese, nei mesi passati, con l’introduzione del green pass, nelle sue varie declinazioni.
Qualcosa di terribile è accaduto. Qualcosa che non avremmo mai, fino a poco tempo fa, potuto immaginare.  Ti ritieni soddisfatta delle risposte che sei riuscita a darti con la scrittura del tuo libro o ci sono ancora aspetti della vicenda che non riesci a spiegarti? 

Linda:  - Ancora adesso sono sconvolta dall'efficacia delle strategie di psicologia sociale di manipolazione del consenso. Terrorizzare, martellare con continui messaggi sempre uguali, trovare un capro espiatorio, mettere gli uni contro gli altri, aizzare la rabbia del popolo contro un ipotetico nemico interno, premiare gli zelanti, umiliare i riottosi... ha sempre funzionato e sempre funzionerà, anche nelle nostre "democrazie occidentali". Per me è davvero qualcosa di inedito, che fa crollare tanti punti di riferimento, e di difficile comprensione, ancora adesso. E' incredibile come si possa scatenare la guerra civile tra gente che fino a poco prima viveva senza problemi insieme. Ma la storia ce lo insegna da tempo, e non c'è forse niente di nuovo sotto al sole, come dice una musicista, che ha rilasciato una toccante testimonianza nel mio libro. Nel libro traccio la trama degli interessi che sono sotto a queste gestioni autoritarie e tecnocratiche delle crisi:  i grandi capitali finanziari traggono profitto da ogni crisi, come diceva Naomi Klein e lo abbiamo visto chi si è arricchito, chi è sprofondato.
Difficile davvero resta e resterà il comprendere fino in fondo come sia stato possibile scardinare, con tanta facilità, i valori fondativi della moderna civiltà democratica relativi a libertà, uguaglianza e solidarietà.

Roberto: - Tu esprimi stupore ed amarezza a proposito di come la sinistra italiana e i sindacati abbiano potuto tollerare e sostenere le misure governative liberticide e discriminatorie, anche le più severe.
 Ma, mi chiedo, non è ancora più sconcertante il silenzio o la complicità di buona parte del mondo cattolico, di quello del volontariato e dell’associazionismo (soprattutto quello relativo ai diritti umani)?

 Linda: -  Assolutamente sì, e aggiungo alla lista anche il mondo ambientalista dal quale io derivo. Ora che ne siamo fuori, o almeno siamo in mezzo ad una parentesi, è come se quel periodo di discriminazione sia un vuoto spazio temporale, un blackout di coscienza. Fino a qualche mese fa io (come tanti altri) ero trattata come un paria, esclusa dalle riunioni, respinta dai bus, o dalle biblioteche, e quasi nessuno degli amici attivisti si indignava, ma tollerava in silenzio o ne era un fiero sostenitore. Proprio coloro che da anni lottavano per le minoranze oppresse e per tutti gli emarginati, improvvisamente hanno accettato questa barriera invisibile, che separava umani da subumani, cittadini di serie A da cittadini di serie B. Hanno accettato la soppressione dei diritti di base. Qualcosa di pazzesco e surreale. Ora che siamo di nuovo tutti uguali, queste associazioni preferiscono glissare, non ricordare, non rivangare. C'è stato davvero un atteggiamento poco onesto da parte di tante associazioni. Uniche eccezioni: Amnesty, a gennaio, fece un timido comunicato contro le discriminazioni e anche Attac Roma lanciò pesanti e preoccupanti moniti, che ho prontamente citato nel libro, e ovviamente il mio gruppo Famiglie senza Auto. Per il resto il vuoto cosmico, a parte, come racconto, semi di pace che germogliavano qua e là, ma non da associazioni "storiche".

Roberto: - Ampio spazio hai giustamente dedicato al mondo della scuola, probabilmente quello più flagellato dai vari provvedimenti governativi. Sei arrivata a scrivere parole durissime come le seguenti: “In pratica il governo ammette di usare una logica fascista” (p. 44) Qualcuno, certamente, potrà dire che hai esagerato …

Linda: - Sicuramente lo diranno, ma la logica purtroppo è quella. La logica fascista è sempre stata "credere, obbedire combattere" e così gli insegnanti non vaccinati, pur non essendo pericolosi, sono stati puniti per non aver obbedito. Non facevano male a nessuno, ma sono stati prima sospesi, poi demansionati, come un mobbing di stato. Una scuola che privilegia l'obbedienza cieca e punisce e umilia chi dissente usa una logica e una modalità educativa fascista, una pedagogia nera. Esattamente il contrario dell'insegnamento di Don Milani che diceva che l'obbedienza non è più una virtù!

 Nonostante questa devastante pressione per schiacciare la scuola pubblica, io ancora ci credo. Tutti e quattro i nostri figli vanno nelle scuole pubbliche, sono consigliera nel consiglio di istituto, e resto a combattere per migliorarle. So che ci sono tante scuole parentali, ma non tutti possono permettersi di pagare 2-300 euro al mese per ogni figlio. Non mi sembra neppure giusto che si stia andando verso un modello americano, con una scuola pubblica rottame e fiorenti scuole private.

 Come diceva ancora Don Milani, uscire da un problema insieme è politica, uscirne da soli è egoismo.
 
 Roberto:  -   Il tuo libro parla veramente di tante cose. Una delle sezioni che ho trovato più interessanti e più originali è quella dedicata alle varie iniziative sorte per fronteggiare i disagi, le proibizioni e i problemi che si sono abbattuti su coloro (a volte intere famiglie) che non hanno accettato l’inoculazione forzata del cosiddetto “vaccino”.
Hai fatto veramente bene a raccontarci di tante esperienze e di tante iniziative belle, intelligenti e, soprattutto, utili! Non credi, però, che, nel complesso, la popolazione italiana abbia troppo subito e continui a troppo subire le strategie governative, senza esercitare nessuna forma di pensiero critico?

Linda: -    Sì, nonostante tanti semi di pace germogliati qua e là, la veduta complessiva è desolante. Una società spaccata, divisa e piegata, dove chi crea alternative lo fa in modo pressoché clandestino. Come spesso accade, invece che riflettere su ciò che è accaduto e cercare di comprendere, si preferisce dimenticare e non parlarne. Per questo ho voluto scrivere un libro, perché è successo qualcosa di così grosso, nella nostra società, che non possiamo dimenticare. Anche la libertà di stampa è crollata. Anch'io ne ho fatto le spese. Collaboravo con un quotidiano di sinistra, ma dopo aver criticato pubblicamente la gestione della pandemia e la linea editoriale filogovernativa, sono stata di fatto messa da parte.
 La vita da freelance e scrittrice indipendente è sempre più difficile, in questo paese.

https://www.flipnews.org/component/k2/semi-di-pace-la-nonviolenza-per-curare-un-mondo-minacciato-da-crisi-ecologica-pandemia-e-guerra.html

domenica 26 giugno 2022

Radio immaginaria - la radio degli adolescenti

Radioimmaginaria è la prima e unica radio realizzata e condotta da adolescenti di età compresa tra gli 11 e i 17 anni. È nata nel 2012 a Castel Guelfo di Bologna. Il progetto coinvolge circa 300 ragazzi in tutta Italia e in Europa, producendo contenuti in 5 lingue da 50 antenne, di cui 10 nelle province di Bologna e Ravenna.   Vedi link: https://radioimmaginaria.it/

Trasmette da novembre 2014 anche da Castel San Pietro Terme, via web sulla piattaforma Spreaker (www.spreaker.com) un programma settimanale che oggi vanta oltre 190.000 ascolti. La presenza social di Radioimmaginaria vanta una global reach su Facebook fino a 10.500.000 di contatti settimanali, oltre 26.000 fan di pagina, oltre 6.000 fan su Spreaker, un seguito in crescita su Twitter e gli altri social.  Nella  radio nessuno adulto si impiccia dei contenuti e tutti gli speaker possono dire quello che pensano. Gli articoli  per comodità sono stati divisi in 4 categorie: Detective, Eco, Nerd e Pop.

La Fondazione del Monte sostiene Radioimmaginaria sin dalla sua nascita, quando era un progetto extra-scolastico.  Dall’acquisto delle prime attrezzature, Radioimmaginaria ha fatto tanta strada. Sono trascorsi anni di podcast che spaziavano da educazione sessuale a temi ambientali, sono aumentate le redazioni e il numero di ragazzi che hanno trovato nella radio uno spazio di parola dove esprimersi. Grazie alla straordinaria crescita del progetto, sono nate attività complementari, dalla collaborazione con Rai 2 a Oltrape, un viaggio da Bologna a Stoccolma per parlare di ambiente, che presto sarà raccontato in un documentario edito da Fabrica.
Radioimmaginaria continua a proporsi come un medium di riferimento per i ragazzi, con l’obiettivo di sviluppare le potenzialità degli adolescenti in un ambiente inclusivo, senza distinzioni derivanti da estrazione sociale, lingua o diversa abilità.

Con le puntate e gli articoli gli adolescenti provano a raccontare il mondo dal loro punto di vista, cercando di collegare quanti più ragazzi possibili, perché nelle camerette delle città di tutto il mondo c'è un adolescente che ha qualcosa di importante da dire.
Radioimmaginaria è un'antenna pronta a trasmettere e ricevere i segnali del mondo che verrà.

La campagna globale Conscious Planet promossa dal Maestro di yoga Sadhguru,

Che cosa accomuna Londra, Amsterdam, Berlino, Praga, Vienna, Lubiana e Roma? Queste città sono diventate le prime tappe di un lungo viaggio per sensibilizzare pubblico e governi contro la desertificazione del suolo.  Si tratta di un’iniziativa promossa dalla campagna globale Conscious Planet che nel 2022 ha lanciato il movimento “Save Soil” per avviare un approccio consapevole al suolo e al pianeta.
Il progetto prevede un viaggio in moto per oltre 30mila km da Londra al Sud dell'India guidato dal fondatore di Conscious Planet, Sadhguru, il maestro di yoga più seguito al mondo con oltre 1 miliardo di visualizzazioni su YouTube e più di 20 milioni di follower sui social.

Jaggi Vasudev, comunemente conosciuto come Sadhguru, è un mistico e yogi indiano premiato Padma Vibhushan, e autore di best seller per il New York Times. La sua fondazione Isha Foundation è una organizzazione no-profit che ha come obiettivo lo sviluppo umano e la rivilitazzione sociale. Vedi sito: https://isha.sadhguru.org/global/en


La risonanza mediatica, infatti, è una delle leve principali del movimento “Save Soil” che coinvolge moltissimi media e influencer per far sì che durante il viaggio di cento giorni, avviato il 21 marzo 2022, si parli su larga scala del suolo. L’obiettivo è attraversare 25 Paesi, organizzando 25 eventi con influencer internazionali, per raggiungere 3,5 miliardi di persone. Lo yogi Sadhguru lungo il suo percorso sta incontrando molti leader internazionali e rappresentanti dei governi nazionali per convincerli a stabilire politiche durature che rivitalizzino il suolo e l’ecologia.

La tappa romana e il contributo di artisti e del Wfp. Il 2 aprile il fondatore è arrivato a Roma e per l’occasione Conscious Planet ha organizzato un grande evento presso l’Auditorium Parco della Musica. La prima parte della manifestazione ha visto alternarsi sul palco celebri cantanti che, a seguito della propria performance, hanno espresso vicinanza alla campagna. Ad aprire l’evento Malika Ayane seguita poi da Giovanni Caccamo, Noemi.  Hanno partecipato anche Elisa, in veste sia di cantante che di intervistatrice dello yogi Sadhguru e Fabio Volo. Sadhguru ha posto all’attenzione del pubblico l’importanza dell’attività di fotosintesi che negli ultimi 100 anni si è ridotta dell’85%. Secondo lui, è bene preoccuparsi dell’anidride carbonica, ma è fondamentale porre l’accento soprattutto sull’ossigeno, alla base della vita sulla terra. L’ossigeno è prodotto da microorganismi tramite la fotosintesi che oggi, appunto, è sensibilmente diminuita: “No healthy soil no life” (no suolo sano, no vita) ha sottolineato il fondatore, aggiungendo anche che un suolo sano è il presupposto per persone sane. Lo yogi, di origini indiane, ha ricordato poi che il suolo dell’India è coltivabile da oltre 12mila anni, ma negli ultimi 45 anni la qualità del suolo coltivabile è scesa a tal punto che il terreno è prossimo alla desertificazione. Per questo ha deciso di creare un movimento di opinione che convinca i governi democratici a intervenire a favore del suolo: “Save Soil” crede che in ogni democrazia le persone siano il valore principale e l’obiettivo della campagna è mobilitare i cittadini affinché spingano i governi a promuovere politiche di lunga durata per il bene del pianeta. Sadhguru ha sottolineato un ulteriore aspetto importante della campagna “Save Soil” e cioè che il movimento non ha nemici e non è contro nessuno. La generazione attuale, evidenzia il fondatore della campagna, è l’ultima che può opporsi al disastro ambientale: ognuno di noi è direttamente o indirettamente responsabile del suolo, ma allo stesso tempo, ha ricordato Sadhguru, siamo anche tutti parte della soluzione e pertanto è nostro compito collaborare. 

Non un movimento di protesta, dunque, ma un modo di agire adesso per non pentirci quando non sarà più possibile farlo. Per ribadire l’importanza della rivitalizzazione del suolo e gli effetti devastanti degli ultimi decenni, lo yogi ha messo in luce il fatto che per assimilare le stesse sostanze nutritive che erano presenti in un’arancia vent’anni fa, oggigiorno occorre mangiare otto arance. Questo esempio offre un’immagine chiara dell’impoverimento del suolo per cui è necessario fare il possibile per invertire la tendenza. Per dirla con le parole dello yogi fondatore di “Save Soil”: “Dobbiamo essere consapevoli che se uccidiamo il suolo, uccidiamo il pianeta. Tutte le altre questioni sono rilevanti solo se abbiamo un pianeta”. Il viaggio di Conscious Planet continua.

È possibile rivedere l’evento di Roma a questo link. https://www.youtube.com/watch?v=pBpTT8otD6U

mercoledì 22 giugno 2022

venerdì 17 giugno 2022

Note sullo yoga - Dal testo Lo yoga spiegato a mia figlia

Quelle che seguono sono delle indicazioni per chi inizia a praticare yoga. Le note sono prese dal testo che ho scritto Lo yoga spiegato a mia figlia.  Vedi link

I libri da leggere per iniziare un percorso yoga, sono secondo me, i seguenti:“Yoga sutra” di Patanjali, “Bhagavad Gita”, “Hatha-yoga pradipika”, “Gheranda samhita”, “Shiva samhita”.  

La radice del termine “yoga”, ”yui” significa “unione”.  Yoga significa legame tra mente e corpo, legame tra individuo e universo. Lo Yoga è un cammino verso la liberazione dal condizionamento del corpo e della mente. In questo approccio lo Yoga è una psico-terapia molto vicino a una terapia Jungiana, che permette all’individuo di trovare il posto nel mondo e questo processo è fatto in modo inconsapevole. Lavorando sul corpo e sul respiro (questo è considerato il ponte tra corpo e mente) si cambia il modo di relazionarsi con l’altro e con l’ambiente.

Controllando il corpo con le asana e il prana (respiro, energia) con gli esercizi di pranayama si impara a controllare la mente e avere un atteggiamento positivo verso le cose e il mondo: la personalità rifletterà le conquiste fatte con il corpo e il respiro. Si acquisterà equilibrio, calma, serenità. Salvo casi eccezionali, i risultati in questo campo si raggiungono solo con lo sviluppo parallelo e interrelato degli otto aspetti o stadi dello Yoga: yama (etica), niyama (disciplina), asana (posture), pranayama (controllo del prana attraverso il respiro), pratyahara (controllo dei sensi), dharana (concentrazione), dhyana (meditazione), samadhi (raggiungimento dello stato di supercoscienza). (Non a caso Patanjali usa il termine ashtanga per esprimere il loro aspetto collettivo e indissolubile (ashta) membro (anga) pratica).

Importante è osservare il progresso spirituale nella quotidianità, quella che viene chiamata spiritualità in azione e solo quando saremo costantemente consapevoli dell’attimo presente potremo aspirare di assaporare le immense gioie di questo cammino.    "A che serve essere stati seduti sui talloni per ore a meditare se non si è con questo diventati migliori, un po' più distaccati dalle cose del mondo?” - Tiziano Terzani.

Le diverse scuole di yoga propongono percorsi diversi per arrivare a scoprire la natura divina dell'essere umano, e raggiungere il Samadhi. La maggior parte delle scuole di yoga hanno come base gli Yoga Sutra di Patanjali (tra il 1 secolo a.c al 5 secolo d.c) e la Bhagavad Gita - il canto del divino dove Krishna insegna lo yoga ad Arjuna. La Bhagavad Gita è un capitolo che è stato inserito all'interno del Marabattha (la storia epica indiana) nel 300 ac.     Ma lo yoga data 3000 anni prima di Cristo, un reperto archeologico con un uomo in una posizione di meditazione classica è stato scoperto nelle rovine di Mohenjo-Daro.

La stessa parola hatha non ha una origine ariana, Ha significa sole (parte maschile, destra, positiva, diurna), mentre in sanscrito sole è tradotto con Surya e Tha significa luna (parte femminile, sinistra, negativa, notturna, interiore,) mentre in sanscrito è tradotto con Chandras. La vera origine dello Yoga è la civiltà Dravida che scomparve con l'invasione ariana.

Lo yoga è una disciplina millenaria tramandata dagli antichi rishi (i saggi) da maestro ad allievo e Patanjali (II secolo a.c) decise di trascrivere questa tradizione orale. Il libro “gli Yoga Sutra” (sutra significa strofa) è diviso in 4 capitoli (pada), in cui l'autore spiega che la pratica (Sadana) è composta da 8 componenti (yama, niyama, asana, pranayama, pratyahara, dharana, dhyana, samadhi,. Patanjali è considerato il più importante maestro del Raja Yoga (la via regale) che fa parte della tradizione Samkhya. Gli altri tre sentieri sono Bhakti Yoga, Jnana Yoga e Karma Yoga.

Per Patanjali “lo yoga è citta vrtti niroda”. (Lo yoga è la cancellazione delle modificazioni della mente). Le diverse scuole si concentrano sul lavoro sul corpo, sulla respirazione, sulla meditazione o sullo studio dei testi sacri (svadhyaya).  Altri termini importanti nello yoga sono ahimsa: la non violenza che costituisce la base del percorso e il dharma che significa dovere; il dharma di un indù è influenzato dall'età della persona, dalla classe di appartenenza, dalla professione e dal genere. Lo Yoga utilizza musica e suoni (mantra, kirtan, japa, bhajan) per riattivare l’energia e ripulire la mente (il 90% dei nostri pensieri sono inutili o dannosi).

I mantra e i kirtan consentono di fissare la  gente su qualcosa, guadagnare attimi di pace e tranquillità e pulire il subconscio in modo rapido. Il nostro corpo fisico (soma) è avvolto da energia (prana), che è possibile essere rilevare con vari strumenti: la persona in buona salute avrà l’involucro energetico che circonda il corpo fisico di forma regolare e colore brillante. Le tecniche di yoga hanno lo scopo di controllare e gestire questa energia.

Le asana non solo aiutano a mantenere un corpo sano, ma contribuiscono a risvegliare l'energia nei centri correlati (chakras). La malattia è una distribuzione irregolare di energia nel nostro corpo fisico, e ciò significa che alcuni canali energetici (nadi) sono chiusi. L’obiettivo dello yoga è agevolare lo sblocco di energia e contribuire a risvegliare con varie tecniche l'energia (kundalini) dalla base della colonna vertebrale e farla salire fino alla sommità della testa. Questi centri energetici sono riconosciuti da discipline orientali come ayurveda, agopuntura, e da molte discipline occidentali come l’iridologia.

La parola "pranayama" è formata da prana (fiato, respiro, vita, energia, forza) e da ayama (lunghezza, controllo, espansione). Il suo significato è quindi di controllo ed estensione del respiro che è sempre nasale tranne in casi eccezionali. Tale controllo si attua durante le classiche quattro fasi: inspirazione (puraka), pausa respiratoria dopo l'inspirazione (antara kumbhaka), espirazione (rechaka), pausa respiratoria dopo l'espirazione (bahya kumbhaka).  Al di là di asana e pranayana lo yoga raccomanda delle tecniche di purificazione chiamate kriya per mantenere un corpo sano, il punto di partenza per scoprire le altre sfere dell'essere umano. Tutti possono praticare lo yoga semplicemente seguendo nella vita quotidiana queste cinque indicazioni:    .

  • Esercizio fisico
  • Corretta respirazione
  • Corretto relax
  • Corretta alimentazione
  • Pensiero positivo e meditazione, (attitudine mentale appropriata).

Il significato della parola yoga

Dal sito della Federazione Italiana Yoga.  Uno dei termini più conosciuti nell’intera cultura indiana ed ora anche in Occidente è la parola “yoga”.
Deriva dalla radice sanscrita “yuj” che significa: giogo, soggiogare, mettere insieme per compiere una azione comune ma anche unire e integrare..

Yoga pertanto indica sia il sistema filosofico (uno dei sei darsana o “visione” del pensiero indiano),  sia la sua applicazione pratica, cioè una serie di metodologie la cui finalità sarà l’unione e integrazione nell’essere umano dei vari piani che lo costituiscono, ma anche la sua integrazione con gli altri esseri e con la natura che lo circonda.
Secondo una visione globale dell’uomo nella sua essenza ed esistenza, lo yoga sviluppa un  pensiero teorico ed una disciplina pratica che avranno attinenza con gli aspetti più materiali e concreti della vita ma anche con le più alte speculazioni esistenziali del pensiero e delle aspirazioni evolutive dell’essere umano..
Lo yoga è un complesso ed immenso corpus teorico-pratico che comprende una filosofia, una cosmogonia, una raffinata psicologia, una mistica, uno studio dettagliato degli stati di coscienza insieme ai mezzi e alle condizioni per realizzarli, un processo spirituale evolutivo senza essere necessariamente legato a nessuna religione specifica. Lo yoga è anche una scienza del benessere psicofisico, che denota una conoscenza precisa e sofisticata dei processi fisiologici, nonché dei processi psichici e della interazione e reciproca influenza tra mente e corpo, anticipando molte conoscenze della moderna psicosomatica. Lo yoga sviluppa anche norme etiche e comportamentali personali e sociali (Yama e Nyama) e pertanto può anche definirsi una antropologia, una sociologia e una epistemologia.

Lo Yoga (dalla radice sanscrita Yuj, “aggiogare, unire”) è un antichissimo e complesso sistema di conoscenze, frutto prezioso della plurimillenaria cultura indiana.
Servendosi di una vasta scelta di tecniche, lo Yoga promuove e rende possibile l’integrazione dei vari piani dell’esistenza umana   Corpo – Respiro – Energia – Mente

Con la pratica regolare e costante sentiamo affiorare in noi benessere, calma e lucidità mentale. Si sviluppa un atteggiamento di maggiore responsabilità e centratura, per affrontare al meglio le prove e le sfide della vita quotidiana.
Lavorando sul piano psico-emozionale, il praticante di Yoga riesce a definire meglio il proprio cammino esistenziale, servendosi di insegnamenti spirituali universali e divenuti nel tempo patrimonio comune dell’umanità.
Le tecniche dello Yoga servono ad armonizzare il sistema corpo-energia-mente, e lasciano scaturire nel praticante forza, determinazione, chiarezza di idee.

Asana.  Le posizioni dello Yoga (sanscrito: asana), concepite per aumentare la flessibilità del corpo e il tono muscolare, attivano il sistema cardio-circolatorio, tonificano il sistema nervoso e favoriscono conseguentemente il controllo delle proprie emozioni e la concentrazione.
Praticando gli asana si riducono le tensioni muscolari e mentali e si acquisisce una corretta statica posturale.
L’esecuzione di asana si accompagna a un senso di benessere e di stabilità non solo fisica: nell’assumerli si evita qualsiasi forzatura o atteggiamento competitivo.
Si sviluppa la capacità di focalizzare l’attenzione contemporaneamente su corpo, respiro emente, accrescendo la consapevolezza dei processi fisici e psichici.

Pranayama.  Le numerose tecniche di respirazione ci aiutano a contrastare l’eccesso di stress, ridurre i disturbi del sonno, aumentare la facoltà di controllo e gestione della sfera psico-emotiva.
Nel Pranayama ritroviamo tutte le tecniche di controllo cosciente dell’energia, tese a:
– aumentare la captazione dell’energia vitale (prana);
– migliorare l’assorbimento e la distribuzione del prana stesso nel corpo umano.
Rispettando il principio di progressione, si inizia dal “recupero” di una corretta respirazione di base che include la riattivazione del diaframma.
Si procede poi verso tecniche più complesse che utilizzano la ritenzione del respiro e i bandha (particolari contrazioni muscolari localizzate).

Concentrazione e Meditazione. Allo scopo di calmare l’iperattività e la dispersione della mente vengono insegnati metodi di rilassamento psico-fisico e, in seguito, specifiche tecniche di concentrazione e meditazione.

Con la pratica costante e regolare, la meditazione attiva la sfera intuitiva e aumenta la creatività personale: si rivelano le grandi potenzialità latenti in ognuno, capaci di direzionare il nostro cammino evolutivo.

Vita da yogi

Lo yoga è un'armonia tra corpo, mente, respiro ed energia. Non è solo esercizio fisico ma una combinazione tra emozioni, alimentazione, respiro e condivisione.  E' una disciplina che, al netto di mal di schiena e dolori vari, rende anche più felici, allontana definitivamente lo stress e lo spleen. La pratica yoga, può diventare una fantastica esplorazione che rende la vita un terreno di sperimentazione e scoperta. Non è importante arrivare alla meta, quanto non smettere mai di provarci..

Lo yoga facilita la connessione tra le nostre emozioni e tutto ciò che di positivo ci circonda: la natura, la comunità di riferimento, le persone più care, i maestri.  La parola chiave è una sola: “Shanti, pace”. E se yoga vuol dire “unire” ecco allora che la gioia arriva dall’entrare in relazione con se stessi e poi con gli altri. Lo yoga insegna a non reprimere le emozioni ma ad indirizzarle verso mete più costruttive, ci aiuta a sviluppare la consapevolezza della nostra natura intima attivando un processo di guarigione fisica e mentale.

Ogni posizione diventa la metafora dei passaggi e del cambiamento. Le posizioni segnano la disponibilità all’abbandono, al lasciarsi andare, la nostra capacità di accettazione e di apertura verso l'altro. Le posizioni di equilibrio rappresentano l’anti paura, esecuzione dopo esecuzione, sino ad ottenere la padronanza completa. Padronanza della postura ma soprattutto dei timori più profondi.

Nella vita di uno yogi l’alimentazione vegetariana non dipende da una scelta ideologica ma è piuttosto la base per la purificazione del corpo. Secondo gli yogi la digestione lenta, dovuta dalla carne, fa sprecare energie e produce scorie inutili.  La combinazione tra una pratica yogica e una dieta vegetariana ben equilibrata produce un effetto di purificazione su tutto il corpo. La pratica yoga dona equilibrio interiore e armonia.  – lasciando la mente immergersi in un’unica attività trascurando ogni altra attività che possa distrarla.  “Lo yoga è molto più che un insieme di tecniche posturali e di respiro: è una forma di scienza per l’illuminazione individuale”.

 L'idea di Yoga in occidente oscilla tra esercizi ginnici e respiratori che aiutano a combattere lo stress e l’idea opposta che esso sia una pratica magica. Yoga significa unione, ossia ricongiungere la natura umana con la vera Realtà, l’Essenza. Lo yoga non è né una filosofia, né una religione ma una pratica mistica. 

Patanjali, l'autore del testo gli Yoga Sutra, indica nella mente lo strumento per raggiungere la suprema conoscenza o samadhi. Teoria e pratica sono inscindibili, occorre una pratica costante e un maestro che conduce l’allievo su una strada che non si può apprendere dai libri. Per Patanjali, gli ostacoli sono prevalentemente psico-emotivi: malattia, apatia, indolenza, negligenza, inclinazioni mondane, illusione, distrazioni. E’ comprensibile che per arrivare al controllo della mente è necessario controllare il corpo.  Con il samadhi la mente penetra negli stati più sottili della realtà, fino a trascendere la materia ( prakiti) ed arrivare alla suprema conoscenza, purusha.

Con lo yoga diminuisce l’attività del sistema nervoso vegetativo, della frequenza respiratoria, il flusso sanguigno diventa stabile e omogeneo. nell’elettroencefalogramma aumentano le onde alfa, quelle presenti in fase di sonno.

Attraverso il controllo della respirazione si giunge al pranayama, che è il controllo delle correnti del prana nel corpo sottile. Farla salire fino alla sommità del capo. L'ideale è praticare alla mattina presto o sera a stomaco vuoto. La pausa respiratoria viene progressivamente allungata, oltrepassando i limiti normali insorgono delle modificazioni nella fisiologia cardiovascolare molto particolari, si arriva la controllo del respiro, del battito cardiaco e del metabolismo. Il pranayama eseguito senza il controllo di un maestro può essere pericoloso.   Il corpo sottile è un concetto molto sviluppato nello hatha yoga e tantra yoga. Le nadi, ossia i canali energetici sono 72.000. Lo scopo dello yoga è quello di indirizzare il prana nel canale principale e spingerlo verso l’alto e realizzare samadhi.

La respirazione è una funzione fondamentale nello yoga e nell’ayurveda, è il processo che immette nell’organismo l’energia vitale. "La corretta pratica del pranayama elimina tutte le malattie, se la pratica è errata può insorgere ogni sorta di disturbo". Dal libro Hatha Yoga Pradipika.

Esistono degli esercizi preliminari, che non vanno ad incidere sulle correnti del prana o lo fanno minimamente, e che possono essere praticati tranquillamente: si tratta del respiro profondo e del respiro a narici alternate. La tecnica del pranayama consiste nella sospensione del respiro: Kumbhaka, la sospensione prolungata scatena riflessi cardiovascolari e modificazioni fisiologiche profonde. Nella respirazione yogica la parete addominale deve essere tonica e non contratta, si può fare solo sviluppando l’appropriata muscolatura con le asana. Nadi sodhana si inizia ispirando da entrambe le narici, poi chiudi la narice destra ed inspiri con la sinistra, chiudi la sinistra ed espiri dalla narice destra, inspiri da destra, chiudi la destra ed espiri dalla sinistra,  e così via, si termina espirando dalla narice destra.

“Un giorno buio per la libertà di stampa” - Estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti.

L’epilogo temuto dai sostenitori del fondatore di Wikileaks, Julian Assange, è diventato realtà.
La Westminster Magistrates’ Court di Londra durante una breve udienza (20/04/2022), durata solo sette minuti, presieduta dal giudice Paul Goldspring ha emesso l’ordine formale di estradizione negli Usa per Julian Assange, a cui l’attivista australiano ha assistito in videocollegamento dalla prigione di massima sicurezza di Belmarsh, dove è rinchiuso da tre anni.   Adesso (17/06/2022) la ministra dell’Interno britannica, Priti Patel, ha ordinato l’estradizione negli Stati Uniti del giornalista e attivista che con la nota piattaforma online svelò documenti secretati del governo americano provando numerosi crimini di guerra commessi dall’esercito di Washington negli anni delle missioni militari in Iraq e Afghanistan. L’attivista australiano rischia di scontare in un carcere Usa una pesantissima condanna, fino a 175 anni di carcere. “Un giorno buio per la libertà di stampa”, ha commentato WikiLeaks appena appresa la notizia.  

L'attivista australiano e il suo entourage legale hanno adesso 14 giorni per presentare ricorso presso l'Alta Corte contro la decisione del governo di Boris Johnson, opzione che verrà esercitata, come confermano anche dall'organizzazione: "Chiunque in questo Paese tenga alla libertà di espressione dovrebbe vergognarsi profondamente".

Anche Amnesty International si è opposta alla decisione dell’esecutivo di Londra: “Consentire che Julian Assange venga estradato negli Stati Uniti significherebbe esporre lui a un grande rischio e mandare un messaggio agghiacciante ai giornalisti di tutto il mondo”, ha dichiarato Agnes Callamard, segretaria generale dell’organizzazione. Secondo l’attivista per i diritti umani le rassicurazioni diplomatiche offerte da Washington sono insufficienti e non credibili, in particolare quelle su “l’isolamento prolungato in carcere, cosa che violerebbe il divieto di tortura e di maltrattamento” dei detenuti, dati “i precedenti della storia giudiziaria” americana.   Firma l'appello di Amnesty https://www.amnesty.it/appelli/annullare-le-accuse-contro-julian-assange/

Le probabilità di successo del ricorso sono però ridotte al minimo dopo il lungo iter legale della magistratura britannica e soprattutto il fatto che il mese scorso la Corte suprema si era rifiutata di riesaminare il caso.
Il Governo Britannico ha affermato che “i tribunali del Regno Unito non hanno ritenuto che sarebbe oppressivo, ingiusto o un abuso processuale estradare Assange. Né hanno ritenuto che l’estradizione sarebbe incompatibile con i suoi diritti umani, compreso il suo diritto a un processo equo e alla libertà di espressione, e che mentre si trova negli Stati Uniti sarà trattato in modo appropriato, anche in relazione alla sua salute”. Garanzie che sono state richieste e, per i giudici, soddisfatte dall’amministrazione di Washington.

La moglie di Assange Stella Moris, e l’organizzazione continuano senza sosta la propria battaglia per chiedere giustizia nei confronti dell’attivista fondatore di Wikileaks. La Moris ha parlato di “un giorno nero” non solo per la libertà d’informazione, ma anche per la “democrazia britannica”. “Julian non ha fatto nulla di sbagliato – ha proseguito – è un giornalista ed editore punito per aver fatto il suo dovere” rivelando documenti riservati e informazioni imbarazzanti su atti compiuti da vari Stati, Usa compresi. “Priti Patel aveva il potere di fare la cosa giusta, invece sarà ricordata come complice degli Stati Uniti, del loro progetto di trasformare del giornalismo investigativo in un’impresa criminale”. Secondo Morris, comunque, anche se “la strada verso la libertà di Julian si fa lunga e tortuosa”, la battaglia “non finisce qua”: a partire “dall’appello che riproporremo all’Alta Corte” di Londra e dall’organizzazione di proteste di piazza. “Non vi sbagliate – conclude -, questo è sempre stato un caso politico, non legale. Julian ha pubblicato prove sui crimini di guerra, le torture, la corruzione di funzionari stranieri commessi dal Paese che sta cercando di farselo consegnare”.

 Dalla stampa italiana: Assange è un criminale.  (articolo preso dal Fatto Quotidiano del 19/06/2022)
La notizia dell’imminente estradizione di Julian Assange da Londra agli Stati Uniti offre l’occasione di una imprevista lezione di giornalismo. Ce la dà Il Foglio, il quale racconta l’avvenimento come un atto di giustizia: “Julian Assange ha fatto molti danni agli interessi americani. I giornalisti non cospirano per decifrare password e postare online materiale classificato non redatto. Non fanno quello che ha fatto Assange, cioè entrare nei computer del governo degli Stati Uniti”. Insomma i giornalisti possono lavorare solo su fonti aperte, magari scopiazzando due tweet. Se ottengono informazioni riservate di enorme interesse pubblico – come quelle di Wikileaks, che hanno svelato l’improvvisazione americana nella guerra in Medio Oriente e poi email imbarazzanti del Comitato democratico per Hillary Clinton – è vietato darle. “Assange non è mai stato un eroe della trasparenza o della responsabilità democratica. I suoi obiettivi erano sempre e soltanto istituzioni o governi democratici, non autoritari. E se è davvero un protettore della trasparenza, non avrà nulla da temere da un processo in America, la patria del giusto processo”. I Paesi democratici, ovvero quelli che condannano un giornalista a 175 anni di carcere, non possono essere messi in difficoltà. A questo punto ci chiediamo: meglio l’analisi del Foglio o meglio Repubblica, che alla notizia ha dedicato tre righe a pagina 7? Due modi diversi per omaggiare la libera stampa.

giovedì 16 giugno 2022

Yama e Niyama

Yama e niyama sono dieci regole di comportamento e di stile di vita per chi pratica lo yoga, per migliorare la condotta del praticante nei confronti degli altri e di se stesso. Ne parla Patanjali negli Yoga sutra un testo che ancora oggi costituisce una base fondamentale per la pratica dello yoga. Il testo contiene duecento aforismi, tratta di ascesi, meditazione e del percorso da seguire per ottenere un’autentica conoscenza e padronanza dell’esperienza di sé. Questo percorso è caratterizzato da otto aspetti, otto “gradini” (o letteralmente “membra”, o “braccia”, anga in sanscrito):

  •      Yama (linee guida che rendono felici le relazioni)
  •      Niyama (linee guida personali)
  •      Asana (posizioni)
  •      Pranayama (respirazione)
  •      Pratyahara (ritrazione dei sensi)
  •      Dharana (concentrazione)
  •      Dhyana (meditazione)
  •      Samadhi (estasi)

I primi due “gradini”, yama e niyama costituiscono 10 regole etiche che ogni Yogi dovrebbe rispettare e ci forniscono consigli per lo stile di vita e per il comportamento: i cinque yama sono le cose da non fare; i cinque niyama sono le cose da fare.

Gli yama sono le “astensioni” e riguardano il nostro rapporto con gli altri; sono cinque regole etiche e morali universali che limitano i comportamenti dannosi e distruttivi per lo yogi e per le sue relazioni con gli altri. Eccoli:

  •     Nonviolenza (ahimsa),
  •     Sincerità (satya),
  •     Onestà (asteya),
  •     Continenza sessuale (brahmacharya),
  •     Non avidità nel possedere (aparigraha).

 I niyama sono le “osservanze”, e si identificano con la disciplina personale; sono cinque virtù e comportamenti positivi legati allo stile di vita del singolo individuo, da coltivare per migliorare sé stessi:

  •     Purificazione (saucha),
  •     Accontentarsi (santosha),
  •     Austerità (tapas),
  •     Studio e conoscenza di sé (svadhyaya),
  •     Abbandono alla volontà divina (ishvarapranidhana).

André Van Lysebeth, il maestro che ha introdotto lo yoga in Europa dice: “[Per praticare yama e niyama] la cosa più semplice è seguire la propria morale, in funzione della filosofia e delle credenze che ci fanno da guida.


La Bhagavad Gita e gli Yoga Sutra

Articolo di Marco Sebastiani.    La Bhagavad Gita e gli Yoga Sutra, sono i due pilastri antichi della disciplina dello yoga. Per chi è interessato alla tradizione sono entrambi imprescindibili.


Le due opere hanno tuttavia una serie di differenze. In primo luogo è diversa la forma, la Bhagavad Gita è molto più discorsiva e apparentemente chiara nei contenuti, che seguono una storia ed una narrazione, al contrario dei sutra di Patanjali, che espongono invece sintetici concetti filosofici. Nonostante ciò, i numerosi commenti che sono stati scritti sulla Bhagavad Gita espongono opinioni molto diverse anche sui concetti essenziali. La Gita è nauralmente letta come contenuto allegorico, ed il rapporto tra il suo protagonista, l'arciere Arjuna e il conducente del suo carro da battaglia, il dio Krishna, è identificato come il rapporto tra lo spirito individuale e lo spirito assoluto, riportando il discorso in un ambito molto vicino all'opera di Patanjali. I commentatori dei Vedanta, opera di cui la Gita fa parte, leggono però il rapporto tra il Sé e il Brahman nel testo, in modo completamente influenzato dalla propria visione del mondo: la scuola Advaita Vedanta vede nell'essenza dell'opera il non-dualismo di Atman (anima) e Brahman (spirito universale), mentre le scuole Bhedabheda e Vishishtadvaita vedono Atman e Brahman come allo stesso tempo distinti e non distinti, in una sintesi tra questi due estremi a loro giudizio perfetta, e infine la scuola Dvaita li vede, assecondando la propria visione dualistica, come distinti.
Il rapporto tra spirito individuale e spirito assoluto è, secondo chi scrive,  l'aspetto più interessante ed universale per il praticante di yoga moderno, nucleo centrale che rende quest'opera globale e senza tempo. Seppure la Gita abbia innegabilmente una connotazione più "religiosa" e devozionale rispetto ai sutra di Patanjali, ci pone di fronte ad un'indagine introspettiva e ad un viaggio su di un percorso comune a tutti coloro che si pongono in cammino verso il terreno della spiritualità. L'approccio potrà essere più religioso appunto o più meccanicistico e materialistico, a seconda della formazione e delle idee ultime del lettore, o forse, ancora meglio, ci si potrà abbandonare al testo senza idee preconcette, analizzando solo alla fine come ci abbia arricchito questa meravigliosa lettura.
L'ambientazione della Gita in un campo di battaglia è stata interpretata da sempre come un'allegoria per le lotte etiche e morali, senza tempo, della vita umana.

Bhagavadgītā significa in sanscrito "Canto del Divino", o "Canto del Beato", Bhagavad è infatti uno dei nomi di Visnu o di Krishna, suo ottavo avatar.
Costituisce a sua volta una parte del sesto libro della Mahābhārata, immenso poema epico dell'India antica. La Gita è un'opera, composta di  di circa 700 versi, shloka, in quartine di ottenari, divisa in 18 canti, adhyāya, letture. Essa è parte integrante della narrazione e della trama della Mahābhārata, ma ha, per altri versi, un contenuto tipico e distintivo rispetto a questa, incentrato sui temi apparentemente religiosi del brahaman, lo spirito universale, e del karma, la conseguenza delle azioni proprie ed altrui.

Esistono varie versioni del testo, di cui quella da noi commentata, in 700 versi, è la cosiddetta vulgata, divenuta ormai "canonica", redatta e commentata da  Shankara nell'VIII secolo d.C. Delle altre versioni la più nota è quella cosiddetta kashmira, più lunga di un terzo e con qualche peculiarità.
Tutti i capitoli dell'opera hanno un titolo che fa riferimento allo yoga: Lo yoga della sofferenza, lo yoga della devozione, lo yoga dell'azione, etc. etc. così per tutti e 18 i canti. Si parla infatti del messaggio dell'opera come dello "yoga della Bhagavad Gita", in quanto, semplificando, tutta l'opera, in ogni suo capitolo, descrive l'unione, il ricongiungimento, yoga, tra Arjuna e Krishna, tra lo spirito individuale e lo spirito universale, tra athman, spirito individuale, e brahaman, spirito assoluto, attraverso diversi sentieri.
La Bhagavad Gita ha valore di testo sacro, ed è divenuto, nella storia, tra i testi più prestigiosi, diffusi e amati tra i fedeli dell'Induismo. In tale contesto è il testo sacro per eccellenza delle scuole vishnuite e krishnaite, ma è venerato come testo rivelato anche dagli shivaiti e dai seguaci dei culti shakta.
Lo stato dell’Orissa, che si estende lungo la costa centro-orientale dell’India i templi conserva tracce di cultura jainista, buddista e induista. Di estremo interesse sono i siti Shakta, legati al culto della Shakti o Energia femminile suprema, e tra questi hanno grande importanza i due templi circolari delle 64 Yogini che fanno dell’Odissa un posto unico per incontrare tradizioni nelle quali il culto della’Energia femminile Suprema è ancora vivo.
Per i seguaci di Krishna la Bhagavad Gita proviene direttamente dal Dio e la sua composizione è antica quanto il mondo.
Il testo viene datato nelle sue parti più antiche tra il al 500 AC e il 200 AC e dal punto di vista filologico sono state individuate tre stratificazioni temporali all'interno: la prima, di contenuto "epico", è la più antica; la seconda che riporta insegnamenti propri delle dottrine del Saṃkhya-Yoga (canti 2-5); la terza è la stratificazione "teista" legata al culto di Kṛṣṇa (canti 7-11), la quale trova, nel canto 12, un vero e proprio inno alla bhakti, la devozione verso la divinità.
La Bhagavad Gita presenta una sintesi  di idee sul dharma, la legge universale, sul concetto teistico di bhakti, ovvero la devozione verso lo spirito divino o universale, e sui percorsi yogici verso la moksha, la liberazione dal ciclo delle rinascite grazie alla perfezione spirituale.

La Bhagavad Gita ha sempre affascinato i suoi lettori, sia orientali che occidentali. Il punto che personalmente mi ha sempre lasciato sbalordito è la discreta somiglianza con l'Iliade di Omero:
  - entrambe raccolgono una tradizione orale precedente,    
  - sono scritte all'incirca nello stesso periodo e hanno uno stile elevato,
  - sono in metrica, rispettivamente  ottenario ed esametro [NdR: il metro della Gita non si chiama formalmente ottenario, ma Anushtubh, ed è formato da 32 sillabe. Queste sono però divise in 4 versi di 8 sillabe, per questo motivo è fortemente paragonabile all'ottenario e suona anche in modo molto simile]
  - sono scritte in una lingua che ha molti punti di contatto: alfabeto confrontabile, casi, declinazioni,    coniugazioni, generi, etc. etc., nonchè alcuni termini in comune,
   -  portano avanti un'epica guerresca, di eroismo e di glorificazione della guerra,
   -  creano il mito dell'eroe guerriero
    - narrano una battaglia tra due fazioni opposte,
   -  intervengono prepotentemente eroi umani, eroi semidivini, nonchè gli dei in prima persona,
   -  è molto forte il concetto di fato e di destino,
    - comunicano un insegnamento,
    - hanno un epilogo tragico per entrambi gli schieramenti e per molti eroi giusti,
    - le ambientazioni sono simili: gli accampamenti, le città con mura, i campi di battaglia, etc.
    - le strategie di battaglia sono paragonabili,
   - gli strumenti di guerra sono simili: i carri da battaglia, gli auriga e gli arceri, gli scontri corpo a corpo, vari armamenti.

Si potrebbe sostenere che queste somiglianze rispondano a categorie che soggiacciono all'animo umano in modo universale, senza limiti di tempo e di spazio, ma così non è, in modo molto evidente. Sorprendentemente queste somiglianze non sono casuali, ma entrambe le opere furono scritte da popolazioni discendenti da un'unica tribù, insediata nelle steppe della Russia meridionale, che si spinse e colonizzò direttamente o indirettamente una vastissima area geografica, dall'India all'Europa. Queste sono le genti Ariane, o come si dice più correttamente ai nostri giorni: Indo-Europee, che sappiamo oggi condividere origini comuni, evidenti nelle lingue storiche e contemporanee, che spaziano appunto dal sanscrito al greco antico, alla quasi totalità delle lingue europee e indiane. 
 
La Bhagavad-gita è il dialogo tra Sri Krishna, Dio, Persona Suprema, e Arjuna, suo devoto, suo intimo amico e discepolo. Arjuna rivolge alcune domande a Krishna, che risponde presentandogli la scienza della realizzazione spirituale. Questo dialogo ha luogo durante una grande battaglia tra due opposte fazioni per il predominio sul grande regno indiano. Le due fazioni sono legate da vincoli di parentela nella più classica delle lotte fratricide di potere per il trono. Uno schieramento è virtuoso e mosso da ideali puri, l'altro è mosso dal desiderio di potere personale e da princìpi negativi, seppure tra le sue fila ci siano personaggi benemeriti mossi da ideali di fedeltà e rispetto.

La Bhagavad Gita fa parte della Mahabharata, che fu compilata secondo il mito da Sri Vyasadeva. La Mahabharata è la narrazione storica delle straordinarie imprese del grande re Bharata e dei suoi discendenti fino a giungere ai tre figli del re Vicitravirya: Dhritarastra, Pandu e Vidura. Dhritarastra, come figlio maggiore, avrebbe dovuto ereditare il trono, ma, a causa della sua cecità congenita, il potere toccò al fratello minore Pandu. Pandu ebbe cinque figli, Yudhisthira, Bhima, Arjuna, Nakula e Sahadeva; Dhritarastra ne ebbe cento, di cui il maggiore si chiamava Duryodhana. Dhritarastra non accettò mai la supremazia del giovane fratello e allevò i suoi figli animato dalla determinazione che un giorno essi avrebbero regnato sul mondo al posto dei Pandava, i figli di Pandu. Così Duryodhana e i suoi numerosi fratelli crebbero impregnati delle ambizioni paterne, del suo orgoglio e della sua avidità. Pandu morì prematuramente e i suoi figli furono affidati alle cure di Dhritarastra. Quest’ultimo attentò più volte alla loro vita e a quella della loro madre, Pritha, chiamata anche Kunti. Ma le congiure del cieco Dhritarastra furono sventate grazie soprattutto all' intervento di Vidura, zio dei Pandava, e alla protezione affettuosa di Krishna in persona. I guerrieri e i comandanti dell’epoca, gli ksatriya, osservavano un codice di cavalleria che proibiva loro di rifiutare una sfida al combattimento o al gioco. Abusando di questo codice, Duryodhana ingannò al gioco i cinque fratelli Pandava, sfruttando anche qualche debolezza del loro primogenito Yudhisthira, e riuscì a privarli del regno e perfino della libertà, costringendoli a un esilio di dodici anni. Trascorso questo periodo, i Pandava tornarono alla corte di Duryodhana per chiedergli un territorio su cui regnare, perché secondo il codice ksatriya un guerriero può svolgere soltanto la funzione di proteggere o di governare. I Pandava erano disposti ad accettare anche un solo villaggio, ma Duryodhana li schiacciò con disprezzo: non darà loro neanche la terra sufficiente a piantarvi un filo d’erba. Arjuna e i suoi fratelli, dopo l'ennesimo affronto, non ebbero altra scelta che ricorrere alle armi. Cominciò così una guerra di enormi proporzioni. Tutti i grandi guerrieri della Terra, si riunirono, chi per mettere sul trono Yudhisthira, il maggiore dei Pandava, chi per contrastarlo. Attaccarono battaglia a Kuruksetra, luogo molto noto dell'India del Nord, ad oriente del Punjab.

La lotta  durò solo diciotto giorni ma causò, secondo il mito, la morte di 640 milioni di uomini, il che ci fa intuire la portata del conflitto che l'opera vuole descrivere. Il poema descrive non solo come si conoscessero armi psichiche,  brahmastra, più sottili di quelle materiali, ma anche potenti armi convenzionali e altre ancora, che agivano sull’acqua, sull’aria e sul fuoco, tutte con un grande potere distruttivo. Ma, tornando ai primi istanti della battaglia, appena gli eserciti si riuniscono,  Krishna tenta d’intervenire in favore di una soluzione pacifica, ma trova Duryodhana deciso a governare la Terra a suo modo e pronto a disfarsi dei Pandava, la cui esistenza minacciava il suo diritto alla corona. 
I Pandava, puri,  devotie e con alte virtù morali, riconoscono Krishna come Dio, la Persona Suprema; mentre i figli di Dhritarastra, privi di tale virtù, non vedono la Sua natura divina. Krishna infatti si offre di partecipare alla battaglia, seppure in modo neutrale, rispettando i desideri degli schieramenti coinvolti: egli non combatterà di persona, ma ordinerà al Suo esercito di raggiungere il  campo di una fazione, mentre Lui stesso andrà nell’altro, dove agirà come consigliere. 
I Pandava scelgono di avere Krishna dalla loro parte come mentore e Duryodhana vede unirsi alle sue forze militari l’esercito del principe Krishna. 
Krishna diventa così il conduttore del carro del suo caro amico Arjuna e inizia la Bhagavad Gita. 
Gli eserciti sono schierati in ordine di combattimento e Dhritarastra, inquieto, chiede al suo segretario Sañjaya di descrivergli la situazione.

giovedì 9 giugno 2022

La tecnica di meditazione NYM proposta dal maestro yoga Swami Joythimayananda

Per swami Joythimayananda, maestro spirituale e sapiente ayurvedico (E’ il fondatore dell’ashram Joytinat Joytinatswami che si trova a Corinaldo, nelle Marche), la meditazione è uno stato in cui si sperimenta il silenzio, l’assenza di pensieri e in cui l’osservatore scompare. E’ uno stato di inazione in cui non esiste esperienza. Il risultato della meditazione è il samadhi, lo stato di beatitudine in cui si entra nel silenzio profondo e si sperimenta uno stato di estasi. Un abbandono totale in assenza di tempo, spazio, pensieri ed emozioni. Una buona pratica di meditazione porta lentamente ad una profonda trasformazione personale e contribuisce al miglioramento delle capacità di rapportarsi con se stessi, gli altri e il mondo esterno. All'ashram si pratica il Panchanga Yoga, i cinque sentieri dello Yoga: Bakti yoga, Raja yoga, Gnana yoga, Karma yoga, Hatha yoga. 

Oltre che la meditazione raja yoga, che è la via regale dello yoga, swami Joythimayananda propone la tecnica della meditazione NYM, che richiede il controllo della mente attraverso la creatività, la concentrazione e la contemplazione. E' un metodo che permette di ottenere a poco a poco tranquillità e creatività. Dopo aver creato un NYM mandala, che rappresenta se stessi, si porta l'attenzione al centro del mandala e si cerca di percepire la bellezza del mondo che è in noi.  La vita può essere quello che la cultura vedica definisce NYM: N=nam o nome, Y=Yantra o individuo, M=Mantra e Mandala (vibrazione individuale o cosmica).

Per praticare il NYM si utilizzano il proprio nome e la propria data di nascita. Secondo la cultura vedica, infatti, questi dati forniscono indicazioni relative a tutti i cinque elementi dell’individuo: corpo, fisiologia, mente, destino o Karma e anima individuale.

  •     Il nome corrisponde all’energia originale, o Anima.
  •     L’anno di nascita corrisponde all’energia causale, o Karma.
  •     Il mese di nascita corrisponde all’energia sottile, dell’intelletto e dell’ego (la mente).
  •     La data del giorno di nascita corrisponde all’energia funzionale fisiologica, o Kriya.
  •     Il giorno settimanale di nascita corrisponde all’energia solida, o corpo.

La pratica del Nym porta dei benefici su ogni elemento:

  •     Eleva l’energia originale dell’anima (nome), trasformando la vibrazione del proprio nome come un Mantra.
  •     Trasforma l’energia causale o Karma rendendola più leggera.
  •     Trasforma l’energia sottile dell’intelletto e dell’ego (la mente) rendendola chiara e pura.
  •     Trasforma l’energia funzionale (fisiologia) rendendola armonica e bilanciata.
  •     Fortifica e rende più sana l’energia solida (corpo).

La tecnica del NYM è individuale e per affinarsi necessita di svariati anni di pratica, tuttavia ognuno di noi, singolarmente e autonomamente, può allenarsi a sviluppare le sue facoltà intuitive. Per calcolare il nostro NYM personale si eseguono le seguenti operazioni:

  •     Tracciamo su un foglio il semplice disegno di un uomo o di una donna.
  •     Al centro indichiamo il nostro nome in cifre.
  •     A sinistra scriviamo il numero del giorno della data di nascita (fisiologia, Kriya).
  •     A destra scriviamo il numero del mese di nascita (mente).
  •     In alto scriviamo il numero dell’anno di nascita (destino, Karma).
  •     In basso scriviamo il numero del giorno settimanale di nascita.

Riduciamo tutti i numeri a una singola cifra, da 1 a 9, sommando a oltranza le cifre indicate in ogni blocco di numeri. Il risultato di questa composizione di disegno e semplici calcoli è il nostro Nym personale, che possiamo completare con vari colori o forme geometriche e appendere in casa.

Secondo la tecnica del Nym ogni giorno della settimana corrisponde a un numero secondo il criterio seguente:      Domenica = 1      Lunedì = 2       Martedì = 3       Mercoledì = 4       Giovedì = 5
    Venerdì = 6       Sabato = 7
Ogni nome proprio comprende vocali e consonanti. Secondo la tecnica del Nym le lettere si classificano in questo modo:     Vocali = 1       Consonanti = 2.

Esempio: Cesare  nato mercoledì    24/07/1957              Cesare: C=2    E=1    S=2   A=1    R=2    E=1        totale nome proprio   9         Giorno di nascita: 24  = 6   (2+4)  Mese: 7    Anno: 1957  = 1+9+5+7 = 22 = 4  (2+2) 

Dopo aver effettuato i calcoli tracciamo su un foglio il semplice disegno di un uomo o di una donna.

  •     Al centro indichiamo il nostro nome in cifre.    9
  •     A sinistra scriviamo il numero del giorno della data di nascita.   6
  •     A destra scriviamo il numero del mese di nascita.   7
  •     In alto scriviamo il numero dell’anno di nascita.  4
  •     In basso scriviamo il numero del giorno settimanale di nascita.  4
Totale 30.    3+0   = 3          La cifra 3 sarà il nostro punto di riferimento.

Il percorso spirituale - Mauro Bergonzi

Mauro Bergonzi ha insegnato Religioni e Filosofie dell’India e Psicologia Generale all’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” dal 1985 al 2017. E’ membro della International Association for Analytical Psychology (I.A.A.P.) e psicologo analista didatta del Centro Italiano di Psicologia Analitica (C.I.P.A.). Ha pubblicato articoli e saggi sui processi meditativi nel buddhismo, sulla psicologia del misticismo, sul comparatismo filosofico e sull’incontro tra Oriente religioso e Occidente contemporaneo, con particolare riferimento al campo della psicologia transpersonale e agli studi sulla coscienza. A partire dagli anni ’70, ha praticato varie forme di meditazione con uno spirito libero da dogmi e adesioni confessionali, approdando infine ad una prospettiva non-dualista, che da diversi anni trasmette attraverso i suoi incontri di ‘condivisione dell’essere’ (sat-sang).


La meditazione non è un fuggire dalla vita.  Dai percorsi spirituali, dalle pratiche di meditazione e di contemplazione si cercava e si cerca una protezione dal dolore, dalla sofferenza. Comunque i grandi saggi dell’umanità non hanno mai promesso che,  raggiunto un certo livello di saggezza, l'individuo sarebbe stato libero dalla sofferenza. Dal momento che abbiamo un corpo e una mente non possiamo esserne immuni.

Tony Parsons, il teorico del non dualismo, parla della via del ghiaccio, che è la via per costruire una protezione alla sofferenza.  Adottare questa via significa adottare la pratica del testimone, mettersi ai margini della vita, ed osservare tutto, anche la sofferenza in maniera impersonale, ma questa via ci isola dalla vera vita, dalle esperienze della vita. L’altra via opposta, di cui parla Tony Parsons, la via del fuoco, è invece quella dell’intimità della vita, strettamente personale.  Finché non avviene questo matrimonio tra le due vie, il fuoco ha paura del ghiaccio e viceversa, se non avviene questo matrimonio, nell'individuo non ci sarà una vera trasformazione interiore.

Mauro durante la conferenza spiega : "Mentre seguivo questi percorsi di trasformazione interiore, e ne ero convinto della loro validità, mi rendevo conto che non era una fuga dal mondo, ma un vivere più consapevole. Sotto sotto, c’era l’idea di essere protetto, percorrevo la via del ghiaccio che è più tipicamente maschile. La via del fuoco, con l’intimità della vita non è avvenuta tramite la meditazione, ma quando mi sono dedicato anima e corpo a mia madre, negli ultimi anni della sua vita. Nella situazione dolorosa mi sono dedicato totalmente a lei, e ho chiuso il cerchio della vita, indipendentemente da tutto,  ha avuto un grande effetto trasformativo".
Se si riesce a vivere l'intimità della vita, e nello stesso tempo agire in maniera impersonale e distaccata, queste due modalità messe insieme, produrranno una grande trasformazione.
Occorre cercare di rimuovere le cause della sofferenza, ed  investigare e cambiare il rapporto con la sofferenza. A secondo del modo con cui ci si rapporta con la sofferenza l’evento diventa più o meno sopportabile. Ad esempio, se la prendiamo come una giusta esplicazione del karma, o come una ingiustizia, il livello di angoscia percepito è diverso.
Questo Io, che si rapporta con la sofferenza è veramente come ce lo immaginiamo?  Pensiamo veramente di essere un io separato dal mondo, dalla sofferenza. Esiste veramente un io separato dalla sofferenza e dall’universo ?  

Se noi interroghiamo la mistica e la scienza tutto questo è un po’ dubbio. Noi siamo costituiti da un flusso sempre cangiante, aria, acqua, sostanze nutritive, che mentre ci attraversano diventano l'Io, quindi il confine tra interno ed esterno è molto labile. Un individuo biologico è considerato come un gorgo d’acqua, i gorghi non sono separati dalla corrente, il gorgo non è una parte della corrente, ma è la corrente del fiume come appare in quel punto. 

La sofferenza è anche una questione d’identità. Ad esempio in una malattia degenerativa, si instaura una perdita di memoria e silenzio, la persona non c’è più, e quello che proviamo è simile alla perdita di una persona cara. Non si è più un figlio, una madre, ecc.

Nei percorsi spirituali e meditativi si cerca di arrivare ad uno stato di coscienza privo di memoria definito come silenzio. Anche se non è la stessa cosa, ci dovrebbe comunque far riflettere.
Bisogna tenere sempre presente la domanda « Chi sono io ? » che è il titolo di un libro scritto da Ramana Maharshi, il grande mistico indiano.

Per rispondere a questa domanda dobbiamo andare verso quello che non cambia: Il corpo, i pensieri, e le percezioni cambiano. Quindi, cosa resta ? La memoria e i ricordi sono gli aspetti più legati all’Io;
Per Nisargadatta Maharaj "L’assenza di memoria non è la prova di inesistenza".
La sola cosa di cui sono certo è il fatto che esisto e che sono cosciente, quello che cambia è di che cosa sono cosciente.
La fisica quantistica sta considerando l’ipotesi che la coscienza sia un dato a priori nella costruzione dell’universo. Se il mio esserci ed essere cosciente non è separabile da quello degli altri, ci permette di sentirci un tutt’uno con gli altri e questo può diventare una manifestazione d’amore. Questa risonanza è possibile sentirla se ci liberiamo dalle false idee su "chi siamo noi".
Nella vita ci sono due dimensioni, una orizzontale che non ha fine, di auto miglioramento, di situazioni che si susseguono, e da queste situazioni di vita possiamo sempre imparare qualcosa.
Poi c’è una dimensione verticale che è l'autorealizzazione che è fuori dal tempo.

Ma cosa è la felicità che cerchiamo tutti? Non è il piacere che può  essere più o meno intenso, la felicità è completezza, il vivere in una situazione in cui non ho bisogno d’altro. La felicità o c’è o non c’è, non è misurabile.
La felicità è un nostro diritto di nascita, ma ci sembra di averlo perso. Shankara, che è stato un teologo e filosofo indiano, nonché il fondatore della scuola dell'advaita vedānta racconta una storiella:  "dieci amici decidono di attraversare un fiume a nuoto. Uno di loro comincia a contare, uno-due, ... nove manca qualcuno, poi vedono un passante a cui chiedono di contare e conta: uno_due_nove ... mette una mano sul cuore e conta dieci".
Se si crede di essere incompleti, si soffre, la causa principale della sofferenza è quando ci si convince di essere un io separato dall’universo. Con il pensiero abbiamo separato il tempo in passato, futuro, presente che intuitivamente dura un secondo.  Questo presente ingloba passato, presente e futuro. Ramana Maharshi diceva: « l’unico ostacolo al risveglio è l’idea di non esserlo già».

Quando tiro una linea tra me e il mondo, inizio la battaglia, e devo necessariamente fare qualcosa per dare un senso alla vita. Ma il fare significa confermare questa distinzione tra me e il mondo, tra me e la vita. Invece io sono totalmente immerso nella vita. Questa sensazione non deriva da una comprensione intellettuale. E' qualcosa che accade. Occorre liberarsi dall’illusione che è quella della separazione, e scoprire quindi il Sé originario, che non è il mio piccolo sé.

Se pensiamo che facciamo tutti parte della coscienza cosmica,  anche l'ira diventa perfettamente inutile. Il taoismo per spiegare questo concetto usa la metafora della barca: Un barcaiolo di notte con la nebbia stava scendendo il fiume, quando vede che un lume in lontananza sta scendendo dalla parta opposta e sta per andargli contro, a quel punto comincia a gridare e ad insultare il presunto barcaiolo, poi la barca si avvicina e si accorge che è vuota….. Si era liberata dagli ormeggi…

Altri interventi di Mauro Bergonzi su varie tematiche.

Vesak, la ricorrenza più importante per la comunità buddhista mondiale

La festività del Vesak, la festa del risveglio e della luce è una delle ricorrenze più importante per la comunità buddhista mondiale nel corso della quale si ricorda nascita, illuminazione e morte del Buddha. La celebrazione, corrispondente al Natale buddhista, offre la preziosa opportunità di riflettere su come gli insegnamenti del buddhismo possano aiutare la comunità internazionale a fronteggiare le sfide del presente. 

L'ultima  festività è stata dedicata alla pace in Ucraina e si è tenuta dal 28 al 29 maggio a Torino. in questa occasione la comunità buddhista italiana, attonita davanti al dolore innocente provocato da questo atroce conflitto,  ha lanciato un appello di pace che sarà firmato dai centri presenti sul territorio italiano.  “Di fronte al reale pericolo di una escalation nucleare preghiamo e chiediamo con forza che si fermi subito il conflitto" – ha dichiarato Filippo Scianna, presidente dell’Unione Buddhista Italiana. “Troppi sono i rischi che corre il mondo intero. Con le altre confessioni religiose ribadiamo la richiesta che le armi tacciano e che predomini il dialogo e la pace. Le religioni sono veicoli e strumento di pace e mai possono giustificare violenze e guerra verso gli inermi.

In questa occasione l'Unione Buddhista Italiana (UBI) ha ribadito il convincimento dell'insensatezza dell'uso delle armi nella risoluzione dei conflitti. Il conflitto in Ucraina rappresenta il simbolo dell’insensatezza di qualunque guerra in qualunque luogo del mondo. Un pensiero, quest’ultimo, che risponde ai più intimi valori buddhisti..


Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono ci...