martedì 29 agosto 2023

Una via occidentale allo zen - Christian Humphreys (parte 2)

Christian Humphreys (1901-1983), l'autore del libro, fondò nel 1924 a Londra la Buddist Società, la più vasta organizzazione d'Europa.    

Verso il buddhismo zen. Oltre gli opposti. Solo la coscienza, dopo vite di sforzo, può venire innalzata a un livello in cui la dualità non ci lega più, che il patriarca Hui-neng chiamò "l'essenza della mente pura". Per conoscere se stesso, il soggetto deve guardare l'oggetto.  Come dice Huang Po: "Tutti i Buddha e tutti gli esseri senzienti non sono altro che l'Unica mente, oltre la quale nulla esiste". Ma noi, abusando del pensiero, dividiamo la Realtà  e la rendiamo due. Dal punto di vista dell'al di là del pensiero anche spirito e materia sono solo aspetti della non dualità. Le parti separate della non dualità non hanno mai cessato di essere Uno. Nella mente si crea una tensione: da una parte la forza vitale, che scorre dal Non Nato attraverso ogni forma o cosa o avvenimento; dall'altra parte il sè-ego, il non-Atman o An-atta accecato dall'illusione dell'esistenza separata e sordo alla voce della Mente del Buddha interiore, combattendo per il sé, e opponendo la propria volontà a quella dell'universo,  è pieno di sofferenza forgiata dai suoi desideri personali. Il condizionamento mentale è dato dalla nascita, dal sesso, dalla religione.

Sulla sommità del pensiero umano, sta ciò che gli hindù chiamano CIÒ, e il Buddha chiamò " il Non Nato, Non Originato, Non Condizionato. Nel Parinirvana sutra è detto: " il solo principio della vita che esista indipendentemente da tutti i fenomeni esterni". I taoisti lo chiamano Tao, da cui viene l'Uno,  Eckhart l'ha definita "Deità al di là  di Dio".  La sua prima emanazione è l'Uno,  un'unità  indivisibile che nel processo della manifestazione si divide in due, e il due diventa tre (in virtù del rapporto tra di loro) e appare come le diecimila cose.  

Essendo la vita una, così è la coscienza che è ugualmente indivisibile e invisibile. C'è un ciclo di incoscienza e coscienza ( io sono), autocoscienza (so di essere io) e infine il nirvana (piena coscienza senza autocoscienza), il mistero ultimo che è il cuore dell'illuminazione. La scuola Theravada proclama la dottrina dell'adattamento: "nessun sè, nessun sè, nel senso di nessun sè separato o essenza in nessuna singola cosa"; e la scuola Mahayana ha ugualmente ragione a proclamare che: "se il Sè è la vita di CIÒ, non esiste nessuna altra cosa".   E' la luce solare della buddhi, dell'intuizione che ci permette di avere delle visioni di un mondo che non conosciamo del qui eterno e ora, in cui la forma è vacuità, e la vacuità è forma, in cui le differenze sono aspetti della Totalità, e la vita in tutte le sue forme è un vasro ciclo del divenire, di nascita e morte, finchè l'universo non ritorna nel seno del Non Nato da cui è venuto. Tutte le scuole buddhiste insegnano l'allenamento del carattere che implica sila, la morale, lo sviluppo della mente, bhavana, e la giusta motivazione, che implica la compassione alla pari della saggezza. Il percorso comprende lo studio, la meditazione e l'autodisciplina, e lo sviluppo dell'intelletto (indicatemi un solo mistico nella storia che non abbia avuto un cervello di prim'ordine). 

Prajna, la saggezza è l'improvvisa e immediata consapevolezza del mondo della non-dualità, è al di là del tempo, è un tocco dell'assoluto, questa consapevolezza è il satori (una percezione intuitiva). L'obiettivo della meditazione, dhyana è il raggiungimento di un atteggiamento che è uno stato di trance, il suo graduale procedere porta a uno stato di coscienza elevato. Uno stato mentale uniforme,  equilibrio e equanimità acquietano le onde del pensiero e dell'emozione della vita quotidiana. Il dhyana conduce al samadhi. I cinesi per il samadhi danno due versioni etimologiche: 1- o equilibrare o giusta accettazione, 2- ricevere le cose come sono.  Il patriarca Hui-neng fù il primo a distinguire prajna e dhyana: la prima improvvisa e indescrivibile, appartenente al mondo della non-dualità, e il secondo, come appartenente alla dualità, la meta gradualmente raggiunta di un processo. Anche al suo sommo, il dhyana nella samadhi non raggiunge la prajna, sebbene possa essere una buona preparazione per quella.  

Prajna sta sotto al dhyana e ne è la base e lo rende possibile. Perciò la preparazione all'illuminazione è necessaria e graduale, ma il momento in cui arriva è improvviso, un balzo dalla dualità alla non-dualità assoluta. Sebbene il samadhi possa essere raggiunto con il dhyana e duri per ore, non è il satori che può venire in qualsiasi momento, ma ciò che conta è l'intensità della volontà.

La nascita dello zen.  Tra i seguaci del Buddha sono nate molte scuole tra cui la scuola Theravada, il cui cnone Pali fu messo per scritto a partire dal  1 secolo a.C., ci sono poi le scuole Mahayana: quella Madyamika, associata la nome di Nagargiuna, e la scuola dell'Unica mente fondata secoli dopo da Asanga e Vasubandhu. L'insegnamento del Buddha passò in Cina dalla via della seta e l'accoglienza fu piuttosto fredda. Verso il 500 d.C. arrivò alla corte dell'imperatore cinese Bodhidharma e i cinesi ne furono conquistati e nacque così la scuola Ch'an che è stata definita la reazione al buddhismo indiano. Dopo vennero una serie di patriarchi, ma fù il sesto, Hui-neng che trasformò l'insegnamento in una scuola organizzata. Per cinquecento anni ci fu una successione di grandi maestri finchè nel 1200 d.C. il buddhismo Ch'an giunse in Giappone con il nome di zen, dove si ebbe lo sviluppo parallelo delle scuole Rinzai e Soto.    L'insegnamento di Hui-neng è quello della saggezza che è andata al di là (prajnaparamita) della scuola Madhyamika, applicata senza compromessi alla vita quotidiana. Deve esserci comunque un'apertura improvvisa del "terzo occhio" dell'intuizione della prajna, per vedere che tutte le cose sono falsamente immaginate e  derivano da un unico principio. Questo ritorno all'insegnamento del Buddha da parte di Hui-neng fu più tardi integrato dal maestro Huang Po, il quale insegnò che "tutti gli esseri senzienti non sono altro che l'Unica mente, oltre la quale nulla esiste". 

Il rinzai zen usa come allenamento per la meditazione il koan, mentre nel soto zen, si medita semplicemente stando seduti. Ma in entrambi i casi presuppone una vita monastica e tempo quasi illimitato. L'autore sostiene che questa via non è percorribile dagli occidentali interessati al buddhismo zen che dovrebbero trovare un'alternativa al tradizionale allenamento giapponese.

pag. 107.  Gli occidentali, in termini buddhisti, dovrebbero costruire il loro Dharma attraverso l'intelletto, uno strumento eccellente per l'acquisizione della verità nel campo della dualità, trascendere attraverso l'intuizione le limitazioni intrinseche e raggiungere una diretta visione della realtà.  Si dovrebbe, lentamente innalzare la coscienza finchè, illuminati progressivamente dalla luce crescente dell'illuminazione, siamo pronti per le prime brevi visioni della nuova consapevolezza (vedere ciò che siamo in essenza la mente del Buddha), e intanto serviamo i bisogni di tutta l'umanità con cuore umile e devoto.  La conoscenza, in questo caso, diventa saggezza e fiorisce nella compassione. Dopo qualche anno di pratica meditativa e allenamento dovremmo riuscire ad essere capaci di sospendere per qualche minuto ogni reazione ad avvenimenti o oggetti esterni, non nella meditazione profonda, ma nella vita normale, interrompere a volontà il chiacchiericcio mentale.  

pag.117 Se descriviamo lo zen come l'apertura del terzo occhio della saggezza- intuizione, e se tale risveglio è considerato la fonte e la meta dell'allenamento zen, possiamo innalzare la coscienza al piano, al livello di questa intuizione attraverso anni e vite di durissimo lavoro, e non restando semplicemnte a sedere e sperare.  I Buddha non fanno altro che indicare la via, ma ognuno deve togliere le bende dai propri occhi. Il vedere deve essere l'atto stesso di colui che ha fatto la scelta. Ognuno deve liberare se stesso dalle catene del pensiero e del presente pensare. Come ha scritto Suzuki: Ciò che distingue lo zen dagli altri insegnamenti spirituali è la perfetta padronanza delle parole o dei concetti, si usano per innalzare la coscienza ai suoi limiti e oltre; la mente va quindi controllata.  Come sarebbe possibile piantare nuovi semi nella nostra mente, anche i semi degli essenziali principi buddhistici, se non teniamo conto dello stato della mente in cui li seminiamo. La mente intrensicamente pura di Hui-neng ti chiede di estirpare dalla mente tutti i pensieri e i molti nomi delle molte cose. Dobbiamo vuotare la nostra mente, per provare ad entrare in una nuova dimensione.  Molto ricorrente è la storiella del maestro che versa del tè, fino a traboccare, nella tazza al discepolo che voleva degli insegnamenti e gli dice: "La tua mente è piena come questa tazza di té e non può accogliere i miei sentimenti".

Contrapporre ciò che ti piace a ciò che non ti piace, questa è la malattia della mente, prova a non cercare il vero, cessa soltanto di nutrire opinioni. Le domande che uno dovrebbe porsi sono: quanto sono ancora condizionato mentalmente?  Quanto sono ancora legato alla mia educazione, cultura, religione, ecc. Sono capace di vedere il punto di vista altrui in qualsiasi questione? Sono capace di vedere una Verità che è al di là di tutte le coppie di opposti? 

Su Dio il Buddha mantenne sempre un nobile silenzio. Dio come prodotto del pensiero è un innocuo abitante del cielo spirituale, infatti nella migliore delle ipotesi Dio è una creazione della mente, e non ha alcuna relazione con la Realtà che il pensiero non può nè raggiungere nè descrivere.  Eckhart disse: "Qualunque cosa tu dica di Dio non è vera"; e come dicono il cinesi "Il Tao che può essere espresso non è il Tao eterno". I buddhisti dicono che c'è un Non Nato, Non divenuto, Non fatto, perchè se non ci fosse non ci sarebbe scampo dalla nascita, dal divenire, dal fare. Su questo Uno che è al di là dell'uno e dei molti, il Buddha osservò un tonante silenzio. Il praticante che è sulla via lascia da parte i pensieri inutili e cerca di sviluppare nella mente la facoltà che sola può conoscere l'Assoluto: l'intuizione, il terzo occhio della consapevolezza diretta in viurù della quale la parte e il tutto sono conosciuti come uno solo, e l'Assoluto è visto in ognuna delle sue infinite e moltepli forme (simile alla concezione hindu delle manifestazioni dell'unico Brahman primordiale).    "Guarda dentro di te; tu sei Buddha, tu hai la natura di Buddha".  Un saggio sufi disse a un altro: "Non ho mai visto nulla senza vedere Dio dentro", L'altro saggio rispose: "Io non ho mai visto altro che Dio".

Lo zen è un modo di vita basato su un nuovo punto di vista, quello della non-dualità, e per raggiungerlo dovremmo ascoltare la Voce del silenzio, attenuare le nostre reazioni allo stimolo esterno (in qualunque forma si manifesti, parole, immagini, messaggi, ecc) e avremo bisogno di tutta la nostra forza mentale per arrivare alla Non-Mente, dimorando consciamente nel centro immobile del mondo che gira.

Ne consegue naturalmente che mentre l'intelletto è una macchina costruita per raggiungere ed esprimere la verità nel mondo della relatività, non potrà mai fondere colui che cerca, la sua ricerca e l'oggetto cercato in una sola intera esperienza. Questa è prerogativa e funzione dell'intuizione.

Nello zen il ruolo della meditazione è centrale. Qui è usata per intendere l'uso deliberato di una mente controllata per uno specifico fine spirituale, il risveglio  della facoltà dell'intuizione della prajna, che è al di là dell'intelletto. La meditazione zen ha lo scopo di identificare il soggetto con la massima realtà. Il sistema dei koan è stato messo a punto proprio per fornire un sostegno alla mente. Huang-po dice: "Tutti i Buddha e tutti gli esseri senzienti non sono altro che l'Unica mente, oltre la quale nulla esiste". Per lo zen quindi non c'è niente da raggiungere e nulla per raggiungerlo. C'è però un lungo viaggio prima di vedere, nella pura esperienza, che ciò è vero. Prima di poter usare la mente per la meditazione occorre porla sotto controllo, e uno dei più noti esercizi per questo fine è quello di sorvegliare il respiro, e calmare la mente. Per Hui-neng "meditare significa realizzare interiormente l'imperturbabilità dell'Essenza della Mente" e concorda con il grande ideale esposto nella Bhagavad Gita di raggiungere un equilibrio spirituale che non si smentisce rispetto agli eventi desiderati come a quelli non desiderati. La meditazione è un mezzo, una dei tanti per risvegliare la Prajna, e sviluppare così un modo interamente diverso di trattare con le cose.  Nella meditazione separi te stesso dal tuo ambiente e realizzi il Buddha in te stesso. Il Maestro è dentro di te, ma devi fare uno sforzo e bussare alla porta del tuo cuore.   

L'intellettualismo è la morte dell'esperienza zen, comunque la filosofia è un necessario sfondo e ingrediente dell'allenamento all'esperienza zen.   Suzuki è stato accusato di aver ridotto lo zen a livello dell'intelletto e aver scritto di ciò che non può essere descritto. La sua risposta è stata. "Per suscitare la prajna (la saggezza), intuizione  intelletto devono procedere di pari passo". L'intelletto è uno strumento magnifico, il suo pensiero eccelso sarà comunque che La verità è al di là di tutto il pensare. Dogen, il fondatore della scuolo Soto zen ha scritto sulla meditazione: "Pensa il Non pensabile". Ossia pensa al di là del pensare e del non pensare.   La mente funziona a due livelli, la mente inferiore opera nella quotidianità, la mente superiore astratta tende sempre alla facoltà più elevata, il piano dell'intuizione. La tensione tra queste due parti è incessante.  Piano piano, attraverso la comprensione, i pensieri superiori sostituiranno i pensieri di valore inferiore e sarà innalzato il livello del pensiero abituale.  Nel buddhismo Mahayana si legge della trinità di Sila (morale, grande integrità morale e forza di carattere), Samadhi  (una profonda quiete della mente che non è però l'obiettivo finale) e Prajna (saggezza dell'improvvisa e immediata consapevolezza del mondo della non-dualità che è la meta), il terzo occhio della consapevolezza zen. Davanti alle coppie di opposti cerchiamo il terzo superiore, al di sopra di entrambi. La prajna scaturisce come un lampo dall'inconscio eppure non lo abbandona mai; ne rimane inconscia.  Questo è il significato del detto: "vedere è non-vedere, e non vedere è vedere". La prajna è il massimo potere spirituale in nostro possesso attraverso il quale vediamo al di là del campo del pensiero o di qualsiasi funzione duale della mente, è molto più del samadhi che è passivo e molto più del dhyana.

Due sono i pilastri del grande edificio del budhhismo: grande saggezza e grande compassione. La saggezza scorre dalla compassione e la compassione dalla saggezza, infatti le due sono una sola; ciascuna è incompleta senza l'altra. Karuna cresce con la morte dell'IO'. Prajna appartiene più alla testa, e karuna più al cuore e corrispondono all'Jnana yoga e al Bhakti yoga.  La saggezza è rivolta all'interno e la compassione è rivolta all'esterno.  La compassione, non ostacolata da avidya (ignoranza) è completamente impersonale, un fatto per molti non facile da digerire. E' colore disinteressato, non conosce senso di separatezza, è senza attaccamento, senza pensiero di sacrificio o dovere, o di ricompensa. L'incarnazione umana della compassione è il Bodhisattva.  Suzuki pronunciò la seguente frase: "la cosa più importante è l'amore".

L'intuizione è il ponte che conduce il pensiero più alto all'Aldilà del pensiero. Occorre una graduale preparazione e consacrare la vita a scopi spirituali, a mano a mano che continueremo a elevare il livello abituale della coscienza per vivere nel Sé superiore, guarderemo con occhio nuovo le verità dello zen. L'intelletto da solo non può mai avere più che una conoscenza delle cose, non può mai sapere.  Possiamo vedere il terzo superiore di ogni coppia solo con una percezione senza mezzo, solo con l'intuizione. L'obiettivo della disciplina zen è proprio questo: prepararci al satori, ci prepariamo senza sosta, e quindi mentre procediamo, aspettiamo. Mentre aspettiamo inerpichiamoci verso il Sè superiore e guardiamo attraverso i suoi occhi. Ogni cosa è relativa e al tempo stesso è assoluta, è entrambe contemporaneamente.  Quando giunge la visione, quando sciogliamo le restrizioni della mente, quando la mente operante è sempre più illuminata dalla luce della mente del Buddha, noi pregustiamo la serenità, quell'equilibrio spirituale di fronte agli eventi (desiderati e indesiderati). E mentre attraversiamo il Ponte che non è, scopriamo la nostra saggezza che svegliandosi funziona in mille utili forme come profonda compassione per tutte le persone, cose e circostanze e,  per noi stessi. 

Quando il soffitto del samsara, il mondo duale dell'irrealtà, è trapassato dalla spada dell'intuizione della prajna, aprendo spiragli che lasciano intravedere un più ampio stato di coscienza, raggiungiamo il vero inizio dell'allenamento zen. Ora vediamo tutto così come è, e tutte le cose sono parti inseparabili della medesima pienezza/vacuità, un allenamento morale basato sull'esperienza del satori. 

Tutti gli esseri sono già illuminati, nella voce del silenzio è scritto "Guarda dentro di te, tu sei Buddha". Dobbiamo solo liberarci della benda che noi stessi ci siamo legati sugli occhi. La suprema scoperta del mistico è : "il discernimento zen non è nostra consapevolezza, ma consapevolezza dell'essere di esso stesso in noi". 

L'illuminazione è improvvisa consapevolezza zen, e lo zen è la luce del Non-nato in manifestazione. Sukuzi dice che la vita dello zen incomincia con l'apertura del satori, e l'obiettivo dello zen è preparare al satori la nostra coscienza relativa.  Arrivare a percepire un nuovo mondo finora non concepito nella confusione di una mente dualistica.  Il satori non può essere trasformato in concetto, è al di là della dualità. Un'esperienza in cui c'è un senso dell'io non è vero satori.  Alan Watts ha dichiarato che lo zen non comporta un abbandono dell'intelletto; l'intelletto deve essere sviluppato fino al suo culmine, fino al punto in cui il processo del ragionamento scompare.

 

sabato 5 agosto 2023

"Rompiamo il silenzio sull’Africa", l'appello di padre Alex Zanotelli ai giornalisti italiani

*Alex Zanotelli (1938- ) è un missionario italiano della comunità dei Comboniani, profondo conoscitore dell'Africa e direttore della rivista Mosaico di Pace.  È l'ispiratore e il fondatore di diversi movimenti italiani tesi a creare condizioni di pace e di giustizia solidale.  
 
Ecco l'appello rivolto ai giornalisti italiani:
Non vi chiedo atti eroici, ma solo di tentare di far passare ogni giorno qualche notizia per aiutare il popolo italiano a capire i drammi che tanti popoli africani stanno vivendo.

Scusatemi se mi rivolgo a voi in questa torrida estate, ma è la crescente sofferenza dei più poveri ed emarginati che mi spinge a farlo. Per questo, come missionario e giornalista, uso la penna per far sentire il loro grido, un grido che trova sempre meno spazio nei mass-media italiani, come in quelli di tutto il resto del mondo.

Trovo infatti la maggior parte dei nostri media, sia cartacei che televisivi, così provinciali, così superficiali, così ben integrati nel mercato globale ( mio inserimento: abbiamo già sperimentato l'informazione a senso unico sia durante la pandemia, sia durante la guerra in Ucraina).

So che i mass-media, purtroppo, sono nelle mani dei potenti gruppi economico-finanziari, per cui ognuno di voi ha ben poche possibilità di scrivere quello che veramente sta accadendo in Africa.

Mi appello a voi giornalisti/e perché abbiate il coraggio di rompere l’omertà del silenzio mediatico che grava soprattutto sull’Africa.

È inaccettabile per me il silenzio sulla drammatica situazione nel Sud Sudan (il più giovane stato dell’Africa) ingarbugliato in una paurosa guerra civile che ha già causato almeno trecentomila morti e milioni di persone in fuga.

È inaccettabile il silenzio sul Sudan, retto da un regime dittatoriale in guerra contro il popolo sui monti del Kordofan, i Nuba, il popolo martire dell’Africa e contro le etnie del Darfur.

È inaccettabile il silenzio sulla Somalia in guerra civile da oltre trent’anni con milioni di rifugiati interni ed esterni.

È inaccettabile il silenzio sull’Eritrea, retta da uno dei regimi più oppressivi al mondo, con centinaia di migliaia di giovani in fuga verso l’Europa.

È inaccettabile il silenzio sul Centrafrica che continua ad essere dilaniato da una guerra civile che non sembra finire mai.

È inaccettabile il silenzio sulla grave situazione della zona saheliana dal Ciad al Mali dove i potenti gruppi jihadisti potrebbero costituirsi in un nuovo Califfato dell’Africa nera.

È inaccettabile il silenzio sulla situazione caotica in Libia dov’è in atto uno scontro di tutti contro tutti, causato da quella nostra maledetta guerra contro Gheddafi.
 
È inaccettabile il silenzio su quanto avviene nel cuore dell’Africa, soprattutto in Congo, da dove arrivano i nostri minerali più preziosi.  ( mio inserimento: Per costruire un quartiere ecologico green in California distruggiamo ed inquiniamo ettari ed ettari di terreni e fiumi per estrarre le terre rare dalle miniere in Africa necessarie per le batterie delle auto elettriche e pannelli solari, e dove i bambini africani ci lavorano come schiavi   Vedi: https://maramici.blogspot.com/2021/04/la-faccia-nascosta-della-transizione.html).
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È inaccettabile il silenzio su trenta milioni di persone a rischio fame in Etiopia, Somalia, Sud Sudan, nord del Kenya e attorno al Lago Ciad, la peggior crisi alimentare degli ultimi 50 anni secondo l’ONU.

È inaccettabile il silenzio sui cambiamenti climatici in Africa che rischia a fine secolo di avere tre quarti del suo territorio non abitabile.

È inaccettabile il silenzio sulla vendita italiana di armi pesanti e leggere a questi Paesi che non fanno che incrementare guerre sempre più feroci da cui sono costretti a fuggire milioni di profughi. (Lo scorso anno l’Italia ha esportato armi per un valore di 14 miliardi di euro!).

Non conoscendo tutto questo è chiaro che il popolo italiano non può capire perché così tanta gente stia fuggendo dalle loro terre rischiando la propria vita per arrivare da noi. 

Questo crea la paranoia dell’“invasione”, furbescamente alimentata anche dai vari partiti xenofobi. 

Questo forza i governi europei a tentare di bloccare i migranti provenienti dal continente nero con l’Africa Compact, contratti fatti con i governi africani per bloccare i migranti.

Ma i disperati della storia nessuno li fermerà. 

Questa non è una questione emergenziale, ma strutturale al sistema economico-finanziario. L’ONU si aspetta già entro il 2050 circa cinquanta milioni di profughi climatici solo dall’Africa.

Ed ora i nostri politici gridano: «Aiutiamoli a casa loro», dopo che per secoli li abbiamo saccheggiati e continuiamo a farlo con una politica economica che va a beneficio delle nostre banche e delle nostre imprese, dall’ENI a Finmeccanica.

E così ci troviamo con un Mare Nostrum che è diventato Cimiterium Nostrum dove sono naufragati decine di migliaia di profughi e con loro sta naufragando anche l’Europa come patria dei diritti. Davanti a tutto questo non possiamo rimane in silenzio. (I nostri nipoti non diranno forse quello che noi oggi diciamo dei nazisti?).

Per questo vi prego di rompere questo silenzio-stampa sull’Africa, forzando i vostri media a parlarne. Per realizzare questo, non sarebbe possibile una lettera firmata da migliaia di voi da inviare alla Commissione di Sorveglianza della RAI e alla grandi testate nazionali? E se fosse proprio la Federazione Nazionale Stampa Italiana (FNSI) a fare questo gesto? Non potrebbe essere questo un’Africa Compact giornalistico, molto più utile al Continente che non i vari Trattati firmati dai governi per bloccare i migranti?

Non possiamo rimanere in silenzio davanti a un’altra Shoah che si sta svolgendo sotto i nostri occhi. Diamoci tutti/e da fare perché si rompa questo maledetto silenzio sull’Africa. 

Gli Stati africani cominciano ad accusare l'Occidente

Forse i Paesi Africani stanno cominciando a svegliarsi e l'Occidente sta cominciando a perdere influenza in Africa. Il 26 luglio 2023, in Niger  il capo di Stato Mohamed Bazoum è stato trattenuto dalla guardia presidenziale e ha preso il comando il colonnello Amadou Abdramane. Il Niger era considerato un alleato chiave per i paesi occidentali (in particolare per la Francia). Un golpe che si aggiunge alla sequenza di cinque colpi di Stato militari consumati in anni recenti fra Mali (2020, 2021), Guinea (2021) e Burkina Faso (2022), facendo scivolare  nel caos anche il Sahel occidentale.
Vedi video:  https://youtu.be/jXwU9nvRgnI
 
Comunque, bisogna precisare che questi Stati sono stati sospesi dall'ECOWAS (La Comunità economica degli Stati dell'Africa Occidentale), che adesso minaccia un intervento in Niger per riportare la situazione prima del golpe, con conseguenze catastrofiche nella regione e forse nel mondo. La Comunità economica degli Stati dell'Africa Occidentale è un accordo economico stipulato da sedici Stati dell'Africa occidentale nel 1975, e tuttora in vigore. Attraverso l'ECOWAS questi Paesi svolgono anche una funzione di cooperazione per la sicurezza dell'Africa occidentale.
Per avere un quadro completo bisogna anche citare l'importante presenza della Wagner (i mercenari pagati dalla Russia) nella regione che complica notevolmente la situazione.
 
Al recente vertice Russia-Africa che si è tenuto a San Pietroburgo il 27 e 28 luglio 2023 hanno partecipato 17 capi di Stato, altri 32 Paesi africani sono stati rappresentati da alti funzionari o ambasciatori. 
Durante questo vertice molti capi di Stato africani hanno accusato apertamente l'Occidente di aver saccheggiato per decenni l'Africa ponendosi la domanda: "Come è possibile che in un continente ricco di risorse e materie prime come l'Africa, le persone muoiono di fame e sono costrette a emigrare?"  (vedi l'emblematico intervento di Ibrahim  Traoré presidente del Burkina Faso https://www.youtube.com/watch?v=_ztLT-_gzww ,  vedi l'intervento del Presidente del Congo, Felix Tshisekedi al vertice Francia-Congo: "La Francia dovrebbe rispettare il Congo con dignità da pari, smettetela di vederci come un'ex colonia."  https://www.youtube.com/watch?v=FWC1p8LytAk     Burkina Faso, Mali, e Guinea riconoscono la giunta militare in Niger (che ha preso il potere a fine luglio 2023) e dichiarano che un intervento militare da parte dell'Occidente sarebbe un'interferenza in affari interni di un Paese e costituirebbe una dichiarazione di guerra. Vedi BBC news https://www.youtube.com/watch?v=mXzM5pFxCSA  
I Paesi africani stanno prendono consapevolezza di essere stati per anni sfruttati dall'Occidente con la complicità di molti capi di Stato africani corrotti.    (leggere anche l'articolo https://maramici.blogspot.com/search?q=La+carit%C3%A0+che+uccide ).
 
Il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha approfittato del vertice Russia-Africa per cercare di influenzare i Paesi africani a prendere le distanze dall'Occidente.  
Putin ha esortato gli invitati a stringere le relazioni con Mosca al fine di “stimolare il commercio e gli investimenti, nonché lavorare insieme su questioni urgenti come la lotta alla povertà, la formazione di professionisti qualificati, la sicurezza alimentare, il cambiamento climatico”. In più: il Cremlino ha auspicato il rapido ingresso nel G20 dell’Unione Africana (forum di venti nazioni), esattamente come già accade per l’Unione Europea.
Putin, inoltre, si è offerto di fornire grano ai Paesi africani più vulnerabili ed intende inviare fino a 50mila tonnellate di grano a Burkina Faso, Zimbabwe, Mali, Somalia, Eritrea e Repubblica Centrafricana nei prossimi tre o quattro mesi. 
Per Putini l'appoggio dei 54 paesi africani è strategico nelle votazioni alle Nazioni unite e il vertice di San Pietroburgo ha costituito una tappa importante per rafforzare i legami con un continente di 1,3 miliardi di persone che si sta affermando sempre più sulla scena globale (il precedente vertice ha avuto luogo nel 2021  e  avevano partecipato alle riunioni 42 Capi di Stato africani). 
  • Alcuni commenti ai video sopra riportati:  
  • African people are gradually waking up, and rising with a new confidence. If African union rises and stands as one power like the Europeans are doing, then Niger and Africa will succeed. It is high time Africa stood up against abuse, misuse of Africa by colonial mentality of Europeans and against corrupt African regimes!
  • Every country has the right to do what it wants with its government and politics without any outside interference!
  • Freedom and sovereignty for Africa! Solidarity with Niger, Burkina Faso, and Mali!
  • At last,Africa is gaining it's consciousness...A coup to revolution
  • Thanks for Zelenskyy. West losing alliance with everyone because of him . Congratulations.
  • As a young African man, I should also add that I wouldn't hesitate to go to Niger and fight against the colonizers and imperialists if any outside forces tried to meddle in that country's internal affairs     

giovedì 27 luglio 2023

Monaco per un mese in Ladakh

In Ladakh, a 3500 metri su un altopiano circondato dalle montagne innevate del Tibet e laghi azzurri, il Mahabodi International Meditation Centre di Leh offre la possibilità di sperimentare per trenta giorni un’esperienza spirituale di buddhismo tibetano himalayano.  Il Ladakh ha poco meno di 60 mila chilometri quadrati e dal 2019 è un territorio a se stante rispetto all’India. Chiuso al turismo fino al 1974 ha una densità di popolazione di neanche 4 abitanti per chilometro quadrato.       

I partecipanti prenderanno parte alle attività quotidiane del monastero che ospita 11 monaci (6 giovani e 5 anziani) e 9 monache, tutti del Ladakh. Un’esperienza limite, nel cuore di quello che viene chiamato il «piccolo Tibet», nel territorio di Leh che oggi è conosciuta soprattutto per i siti buddhisti e trekking. Il Ladakh è descritto come un luogo dove la spiritualità buddhista e la sua antica cultura regnano sovrane, immerse nella natura incontaminata. È un’area desertica, ma fredda nel nord dell’India, punteggiata da minuscoli villaggi disseminati sulle vette himalayane adiacenti al Tibet. Le condizioni climatiche sono difficili e può capitare, se non si è attenti, di subire scottature o congelamento anche in estate. Particolarmente importanti sono i primi giorni del ritiro, visto che l’organismo deve acclimatarsi per l’altitudine a 3.500 metri dell’altopiano.

«Le giornate iniziano alle 5.30 del mattino con il suono di una campana e sono dedicate agli insegnamenti e includono sessioni di meditazione. A fine giornata ci sarà un momento dedicato alle domande/risposte, durante il quale si potranno chiedere approfondimenti su tecniche di meditazione, letture, e molto altri. Durante il percorso proposto è previsto l’alternarsi di 3 giorni di meditazione “guidata” e 2 giorni di pratiche individuali, durante i quali si potranno mettere in pratica i frutti degli insegnamenti, interagire con i monaci del centro e con le altre persone presenti al ritiro, oltre ad avere l’opportunità di vivere un’esperienza spirituale rilassante in questo deserto ad alta quota. Questa esperienza permetterà di avere uno scambio culturale profondo; infatti, i partecipanti dovranno adattarsi allo stile di vita monastico, sperimentando anche la quotidianità dei monaci buddisti, osservando le regole ed i precetti del centro.

Il centro di meditazione Mahabodi International Meditation Center nasce nel 1986 con lo scopo di offrire sia servizi umanitari che spirituali alle persone del Ladakh, nonché provvedere alla loro istruzione per migliorare le condizioni di vita locali.  - Adesso offre la possibilità a viaggiatori provenienti da tutto il mondo, di partecipare ad un'esperienza spirituale che include ritiri di meditazione, un'opportunità di apprendere le tecniche meditative e di ritrovare il proprio benessere mentale e fisico. Gli alloggi previsti sono piccole casette tradizionali (kuti), semplici ma confortevoli e pulite, che rendono il soggiorno ancora più pacifico e piacevole, rispetto al pernottamento nei tipici dormitori dei monasteri.
Per coloro che avranno  il desiderio di un cambiamento radicale c’è anche la possibilità di avere un colloquio con il monaco principale del centro, Bhikkhu Sanghasena, presidente e fondatore della Mahabodi International Meditation Center nel 1986.

Vedi: http://www.mahabodhi-ladakh.info/   https://www.consciousjourneys.com/it/monaco-per-un-mese/

Nelle tue mani - film di Ludovic Bernard

Non rinunciare ai tuoi sogni perché hai paura di fallire!  Tutta la tua frustrazione, il tuo dolore è nella musica che dovrai metterli!   

Nelle tue mani è una commedia del 2018 diretta da Ludovic Bernard. L'adolescente Mathieu Malinski vive nelle banlieue parigine, la periferia della capitale francese e ha,  un talento  particolare per il piano. E' stato allenato al piano fin da bambino da un anziano vicino di casa. Ma le cose ora sono cambiate, deve pensare a portare qualche soldo a casa, per aiutare la madre e il fratellino, mentre il padre non c’è più.  Mathieu ha un gruppo di amici della sua stessa età, con cui ogni tanto commette piccoli furti per tirare a campare. La passione che però non gli fa smettere di sperare è quella per la musica classica. Quello per il pianoforte, in particolare, è il suo amore segreto, poco comprensibile nell'ambiente in cui è nato e cresciuto.
Un giorno qualsiasi, il giovane Mathieu si trova in una delle tante stazioni di Parigi, e alla vista di un pianoforte, inizia a suonarlo. La sua performance non passa inosservata: Pierre Geithner, direttore del Conservatorio, viene rapito dallo speciale talento del ragazzo. Gli propone dunque di iniziare una carriera da musicista. Mathieu però non è convinto e rifiuta l’offerta, continuando con la sua vita di sempre. Il ragazzo si caccerà di nuovo nei guai, facendosi arrestare per furto. Pierre, a quel punto, gli propone un patto: scontare la sua detenzione lavorando per il Conservatorio. Mathieu entra in un nuovo mondo che gli porterà una prima cotta e la complessità nel trovarsi a suo agio in un contesto così diverso dal suo. E' lì che Mathieu comincerà a trovare la sua strada e a pensare di partecipare ad un prestigioso concorso, ma non sarà per niente facile...


Il cinema francese degli ultimi anni ha presentato un vero e proprio  genere dedicato a chi, attraverso la cultura e la realizzazione in un ambito poco abituale nella propria famiglia, riesce a uscire dal contesto sociale delle banlieu multietniche che circondano Parigi. Una storia nata per caso, da un viaggio del regista Ludovic Bernard - grande amante di musica classica e opera - che, partendo da una stazione parigina, ha visto suonare divinamente Chopin al piano un giovane che non rispondeva minimamente ai codici sociali del pianista.
Il regista Ludovic Bernard è all’opera terza. I due precedenti lavori sono entrambi del 2017. In passato è stato per molto tempo aiuto regista di Luc Besson.
Mathieu Malinski è interpretato da Jules Benchetrit che per prepararsi al film ha lavorato al piano per tre ore al giorno, per riprodurre la corretta gestualità.
Il direttore del Conservatorio è interpretato da Lambert Wilson, la virtuosa insegnante del piano, dura ma sempre più affezionata al giovane Mathieu, è interpretata da Kristin Scott Thomas.

Seitai - La scuola della respirazione

Il testo La scuola della respirazione di Itsuo Tsusa (1914 – 1984) parla del Movimento rigeneratore e del metodo Seitai, fondato dal maestro Haruchika Nogushi (1911-1976) nella prima metà del XX secolo. L'autore è nato in Corea da una famiglia di samurai ed è stato un filosofo giapponese. Itsuo Tsuda all'età di sedici anni si rivoltò contro la volontà del padre che lo destinava a diventare l'erede dei suoi beni (diritto di primogenitura); lasciò quindi la sua famiglia e si mise a vagabondare, alla ricerca della libertà di pensiero. Dopo essersi riconciliato con il padre, si recò in Francia nel 1934, dove studiò sotto la guida di Marcel Granet (sinologo) e Marcel Mauss (antropologo) fino al 1940, anno del suo ritorno in Giappone. Dopo il 1950 si interessò agli aspetti culturali del Giappone: studiò la recitazione del No con il Maestro Hosada (Scuola Kanze Kasetsu), il Seitai con il Maestro Haruchika Noguchi e l'Aikido con il Maestro Morihei Ueshiba. Itsuo Tsuda tornò in Europa nel 1970 per diffondere il Movimento rigeneratore e le proprie idee sul "ki". Scrisse nove libri sul movimento rigeneratore a partire dal 1973 e poi tradotti in diverse lingue.        

Haruchika Noguchi e Itsuo Tsuda si sono spinti molto oltre nella loro comprensione dell'uomo.  Osservavano gli individui nella loro indivisibile globalità/complessità, Dice Itsuo Tsuda: "Il maestro Noguchi mi ha permesso di vedere le cose in modo molto concreto. Attraverso le manifestazioni di ogni individuo, è possibile vedere cosa c'è dentro. È un approccio completamente diverso da quello analitico: la testa, il cuore, gli organi digestivi, ognuno prende la sua specialità e poi il corpo da una parte, la psiche dall'altra. Il Seitai ha permesso di vedere l'uomo, cioè l'individuo concreto, nella sua interezza; Seitai significa "terreno normalizzato".  "La parola "terreno" è intesa come l'insieme che costituisce l'individuo, psichico e fisico, mentre in Occidente dividiamo sempre in psichico e poi fisico ". 

"La malattia è una cosa naturale, è uno sforzo dell'organismo per ritrovare l'equilibrio perduto [...] È bene che la malattia esista, ma le persone devono liberarsi dal suo asservimento, dalla sua schiavitù. [...]  È così che Noguchi concepisce la nozione di Seitai, la normalizzazione del terreno, se così si può dire. Se non ci si prende cura delle malattie, non ha senso curarle. Se si normalizza il terreno, le malattie scompaiono da sole. Inoltre, si diventa più vigorosi di prima. Addio alla terapia. Basta con la lotta alle malattie ".

L'abbandono della terapia va di pari passo con il desiderio di rompere il rapporto di dipendenza che lega il paziente al terapeuta. Noguchi voleva permettere agli individui di prendere coscienza delle loro capacità inutilizzate, per risvegliarli alla piena fioritura del loro essere. Durante i vent'anni trascorsi insieme, i due uomini parlarono a lungo di filosofia, arte e così via, e Noguchi trovò nella vasta cultura intellettuale di Tsuda qualcosa che alimentava e ampliava le sue osservazioni e riflessioni personali. Tra i due si sviluppò così un rapporto di reciproco arricchimento.  

Per riassumere brevemente il Seitai è un "metodo" o una "filosofia", un'arte di vivere dall'inizio alla fine e rappresenta un'idea molto complessa in quanto non considera il concetto di buona salute, quale sinonimo di assenza di malattia. Per formare un esperto nella tecnica seitai occorrono più di venti anni. Parallelamente a questa tecnica, il maestro Noguchi ha messo a punto un metodo chiamato il movimento rigeneratore che appartiene agli insegnamenti exoterici e dunque aperto a tutti, mentre la tecnica seitai è un insegnamento esoterico.  Il movimento rigeneratore libera la spontaneità repressa.  Per "ki" si intende l'insieme di spontaneità, respirazione  e intuizione. Il movimento rigeneratore è una liberazione generale, mentale e fisica. Il mentale e il fisico sono inseparabili, a meno di separarli per comodità intellettuale. Esiste infatti una poderosa energia nel nostro universo, anche se noi abbiamo imparato a usarne solo una piccolissima parte e la pratica della scuola della respirazione insegna a sviluppare tale energia. Il diffondersi dei medicinali ha provocato malattie sconosciute una decina di anni fa. Nell'applicare il Taiheki (la polarizzazione dell'energia vitale), il maestro Noguchi ha identificato 12 categorie di individui.

Oggi, anche in Giappone, il Seitai ha preso una direzione che lo avvicina alla terapia e a una tecnica da applicare. Sta diventando una sorta di ginnastica "leggera" per il benessere, per il rilassamento. È molto lontana dal risveglio del vivente, dalla capacità di reazione autonoma del corpo che è il tema del Seitai di Haruchika Noguchi.  Inoltre, il termine "Seitai" è abusato e si riferisce a qualsiasi cosa. Alcuni praticanti di terapie manuali si dichiarano troppo facilmente praticanti Seitai (Itsuo Tsuda diceva che ci volevano vent'anni per formare un tecnico in Seitai sōhō!). L'ampiezza dell'arte di vivere, la comprensione globale dell'Uomo nel Seitai sembrano molto lontani. Se tutto ciò che rimane è una tecnica da applicare ai pazienti, l'essenziale è perduto. 

martedì 25 luglio 2023

Milan Kundera. Il romanziere dell'esistenza

Con Kundera (1929- luglio 2023), perdiamo un testimone chiave e un grande pensatore dell'Europa del XX secolo, uno degli ultimi giganti della letteratura mondiale. Milan Kundera il romanziere dell'esistenza è morto e amava spesso dire "quello che conta è l'opera, non la vita dell'autore".

Per oltre trent'anni, Kundera rifiutò di essere intervistato. Odiava i giornalisti che riscrivevano, fraintendevano e sovrainterpretavano tutto quello che lui e la moglie Vera dicevano. A chi chiedeva un'intervista rispondeva:  "Tutte le risposte sono nei miei libri".

Nel 1975, Milan Kundera lascia la Cecoslovacchia, ma si è sempre definito un romanziere piuttosto che un dissidente. Il politologo Rupnik descrive bene l'entusiasmo di Kundera per l'ideale comunista, e di come pensava di cambiare il partito negli anni sessanta, durante "la primavera di Praga". In quel periodo Kundera era un autore molto apprezzato nel suo Paese.

In gioventù, Kundera fu amico intimo di Milos Forman, Jiri Menzel e Juraj Herz, rappresentanti della brillante Nouvelle Vague ceca. A metà degli anni Cinquanta Kundera si iscrisse al Partito Comunista, il che gli permise di pubblicare due raccolte di poesie liriche (L'Homme ce vaste jardin nel 1953, e Monologues nel 1957 e un grande poema dedicato al combattente della resistenza ceca ai nazisti, Julius Fucik (1955), oltre a un libro di saggi Les Propriétaires des clés (1962). Per un certo periodo Kundera fu vicino anche a Vaclav Havel (1936-2011), con il quale ebbe molte discussioni che portarono i due a posizioni diverse sul  "destino ceco". Kundera riponeva molte speranze nell'effervescenza della "Primavera di Praga" del 1968. 

In patria, Kundera pubblicò i suoi racconti Risibles amours e il romanzo La Plaisanterie senza problemi di censura. Dopo la repressione della "primavera di Praga" continuò a insegnare, anche se con vessazioni e umiliazioni ma l'arrivo dei carri armati russi nel 1968, fu la sua prima grande disillusione.  Gli fu vietato di pubblicare, fu espulso dall'Accademia del Cinema di Praga e fu messo sotto sorveglianza dal regime, costringendolo all'esilio. 

L'opportunità di emigrare, per quanto straziante, inaugura una nuova era, un quasi-rinascimento letterario che raggiunge il suo apice alla fine degli anni Ottanta, con la caduta del Muro di Berlino e il rinnovato interesse per la letteratura mitteleuropea in Francia. Dal 1975 si rifugia in Francia con la moglie Vera, prima a Rennes e poi a Parigi dove fu introdotto nell'ambiente intellettuale parigino da Aragon e Claude Roy. Qui insegna cinema e studia all'École des hautes études en sciences sociales. Dopo Le livre du rire et de l'oubli (1979), che portò le autorità cecoslovacche a ritirargli la cittadinanza, nel 1984 pubblicò il suo romanzo più famoso, L'insoutenable légèreté de l'être (L'insostenibile leggerezza dell'essere), da cui fu tratto un film di Philip Kaufman (mai approvato da Kundera). Il clamore mediatico e le polemiche furono tali che Kundera decise di chiudersi irrevocabilmente alla scrittura. D'ora in poi, pubblicherà direttamente in francese, analizzando gli eccessi della modernità globalizzata.

La sua opera letteraria e le sue dichiarazioni pubbliche sono profondamente legate alla storia intellettuale e alla cultura dell'Europa centrale. Il suo saggio principale Un Occident kidnappé. Ou la tragédie de l'Europe centrale, pubblicato nel 1983, mostra una profonda conoscenza e comprensione della storia della regione e dei numerosi problemi legati alle sue divisioni e tensioni dopo la Seconda guerra mondiale.  Paradossalmente dopo la pubblicazione di questo saggio,  in seguito alla scomparsa dell'Unione Sovietica, Kundera fu attaccato con veemenza dalla stampa ceca per i suoi legami giovanili con il Partito Comunista. Milan Kundera, invece, credeva fortemente che il regime cecoslovacco del suo tempo potesse essere trasformato pacificamente e diventare, soprattutto grazie alla cultura, il "socialismo dal volto umano". 

Comunque l'ammirazione di Kundera per la cultura europea occidentale (anche se si ispirava continuamente a Cervantes a Carlos Fuentes, a Goethe a Diderot, a Kafka a Musil) non è mai stata assoluta. I due personaggi femminili principali de L'insostenibile leggerezza dell'essere sono esempi eloquenti di queste ambiguità. Tereza, non riesce più a sopportare l'oscurità della sua patria sotto l'occupazione sovietica. Fugge in Occidente, ma non riesce ad adattarsi, tanto che finisce per tornare in Cecoslovacchia e alla sua quotidianità da incubo. L'altra protagonista, Sabina, è un'artista con una sete più intensa di libertà e normalità. Anche lei fugge dall'altra parte della cortina di ferro, ma a differenza di Tereza, e nonostante le difficoltà che incontra in questo nuovo ambiente estraneo, non torna mai indietro. Questo è solo un esempio dell'ambivalenza che esprime la diversità e la stranezza delle scelte umane nel contesto europeo dell'epoca.

Kundera era un "romanziere" - e non uno "scrittore" - nel senso pieno del termine che attribuiva all'arte del romanzo, inteso come mezzo di conoscenza totale, estetico e non teorico, una vera e propria "chiamata al pensiero". Il suo saggio Les Testaments trahis del 1993, riporta questo approccio poetico e meditativo all'esistenza, "un atteggiamento, una saggezza, una posizione che esclude qualsiasi identificazione con una politica, una religione, un'ideologia, una morale, una comunità".

Il pronto impegno di Kundera nei confronti di Salman Rushdie nel 1988, all'epoca della vicenda dei Versetti satanici, testimonia l'impegno dello scrittore naturalizzato francese (aveva ottenuto la cittadinanza francese nel 1981, dopo che gli era stata tolta la nazionalità ceca 1979) nel difendere i diritti inalienabili della narrativa.  

____  Riferimenti

  • https://www.lemonde.fr/disparitions/article/2023/07/19/milan-kundera-a-ete-incinere-dans-la-plus-stricte-intimite_6182661_3382.html
  • https://www.lemonde.fr/disparitions/article/2023/07/12/en-compagnie-de-milan-kundera_6181638_3382.html
  • https://www.lemonde.fr/disparitions/article/2023/07/12/milan-kundera-romancier-de-l-existence-est-mort_6181627_3382.html
  • https://www.lemonde.fr/idees/article/2023/07/13/norman-manea-avec-kundera-nous-perdons-un-temoin-cle-et-un-grand-penseur-de-l-europe-du-xx-siecle-de-ses-remous-de-ses-conflits_6181769_3232.html
  • Sur Arte : l’itinéraire d’un romancier en exil, entre triomphes éditoriaux et renoncements personnels 

L'amore secondo Kundera

Milan Kundera (1929-2023) mi ha colpito per lo stile e la struttura narrativa dei suoi romanzi, il suo senso dell'umorismo, la prospettiva visionaria sul suo tempo, il suo vigore e la sua ironia sfumata, il fascino dei suoi personaggi femminili e il posto che l'amore occupa nella sua opera.  

Uno dei miei libri preferiti è L'insostenibile leggerezza dell'essere di Kundera.  Questo libro, diventato dagli anni ottanta libro «da leggere» per tutti gli intellettuali, studenti e amanti della filosofia, fu portato sugli schermi nel 1988 da Philippe Kaufman con protagonisti Daniel Day-Lewis e Juliette Binoche. Il libro contiene la narrazione di vicende personali e sentimentali dei protagonisti ma sempre futili se confrontate con la cornice più storica e cruda della Cecoslovacchia della "Primavera di Praga". Lo stile era quello del romanzo-saggio, l’unico in grado di unire elementi propriamente narrativi a riflessioni personali.
Nel romanzo riporta la difficile condizione degli intellettuali in quel periodo, intrecciata a storie sentimentali, tradimenti e passioni. Le vicende dei quattro protagonisti e delle loro complesse vicende amorose sono in primo piano ma viene riportato lo sfondo storico, l'ambiente di censure e privazioni che caratterizzava quel periodo della repressione sovietica. É proprio questa quella "leggerezza" dell'opera di Milan Kundera, ciò che si oppone alla pesantezza della condizione umana, alla libertà negata e al pessimismo causato dall’invasione sovietica.
Accanto alla precarietà della condizione umana, Kundera riuscì a intrecciare abilmente trame capaci di catturare il lettore ma allo stesso tempo descrivere ambientazioni storiche. I suoi personaggi sono travolti da malintesi e illusioni svanite, con diversi colpi di scena che evidenziano l'inutilità di ogni progetto umano e la divergenza dei punti di vista tra gli individui. 

In questo libro Kundera parla dell'immortale tema dell'amore, del mito trattato da Aristofane nel simposio di Platone. Anche per Kundera l’amore è il desiderio e ricerca della metà perduta di noi stessi. L'unione è alla radice dell'amore. E' la ricerca dell'anima gemella narrata dal mito degli Androgeni: ''Per ciascuna persona ne esiste dunque un’altra che le è complementare''.

  

Solo che spesso l’uomo non trova l’altra metà di se stesso e al suo posto gli mandano in una cesta una ragazza quasi sconosciuta affidata alla corrente di un fiume. Quando ha aiutato questa ragazza a raggiungere la  riva si domanda se è stata la scelta giusta. Può passare tutta la vita a chiederselo, ma alla fine si convince che in realtà è del tutto naturale non sapere quel che si vuole, perché si vive una sola volta, e la vita non si può né confrontarla con le vite precedenti, né correggerla nelle vite future. Senza questa possibilità ogni considerazione è un gioco di ipotesi.

Sarebbe bello scoprire cosa resta della vita quando ci si sbarazza del “cosi deve essere”, del nostro “fardello interiore”. Forse poteva essere diversamente, forse ciò che abbiamo vissuto è stato determinato dal caso. Nel cervello esiste una regione del tutto particolare che si potrebbe chiamare "memoria poetica" nella quale viene registrato ciò che più ci affascina, che ci commuove che rende bella la nostra vita.

L’amore comincia nell’istante in cui si incontra una donna e si iscrive, con la sua prima parola, nella nostra memoria poetica. Da quel momento nessuna donna ha il diritto di lasciare in questa parte del cervello foss’anche la più fuggevole impronta.

Kundera associa la vita a una composizione musicale: Fintanto che le persone sono giovani e la composizione musicale della loro vita è ancora alle prime battute, essi possono scriverla in comune e scambiarsi i temi, ma quando si incontrano in età più matura, la loro composizione musicale è più o meno completa, e ogni parola, ogni oggetto, significano qualcosa di diverso nella composizione dell’atro.

Non potremo mai stabilire con certezza fino a che punto i nostri rapporti con gli altri siano i risultati dei nostri sentimenti, del nostro amore, del nostro non-amore, delle nostre paure, del nostro rancore e fino a che punto sono condizionati dal rapporto di forze tra gli individui. Per questo Kundera dice: “Cosi deve essere”.  Una cosa è certa ed è che tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci guardi. Esistono diverse categorie di persone:

  •  Quelle che desiderano lo sguardo di una infinità di persone anonime, 

  • Quelle che necessitano lo sguardo di molte persone conosciute, 

  • Quelle che hanno bisogno di essere davanti agli occhi della persona amata,  

  • Quelle che vivono sotto lo sguardo immaginario di persone assenti, questi sono i sognatori.

Spesso ci poniamo troppe domandare sull’amore: che cosa è l’amore, se ti amo, se ho mai amato qualcuna/o più di te ecc.   Tutte queste domande non aiutano all’amore. Forse non siamo capaci di amare proprio perché desideriamo essere amati, vale a dire vogliamo qualcosa dall’altro invece di avvicinarci a lei/lui senza pretese e volere solo la sua semplice presenza e dormire accanto a lui o lei.

Una cosa importantissima  è quello di provare compassione (co-sentimento) per qualcuno, che significa vivere e provare insieme a qualcuno dei sentimenti che possono essere gioia, angoscia, felicità, dolore.

Spesso le persone vogliono cambiare il tempo e per loro, la felicità è desiderio di ripetizione, ma purtroppo il tempo umano avanza in linea retta ed impedisce di essere felici.

Il tema centrale del libro è la leggerezza e la pesantezza dell'esistenza. Non c’è niente di più leggero e bello che tradire, uscire dai ranghi e partire verso l’ignoto. Però nello stesso tempo, l’assenza assoluta del fardello fa sì che l’uomo diventi leggero, diventi solo a metà reale, ed i suoi movimenti siano tanto liberi quanto privi di significato. Spesso il fardello che ci opprime ci schiaccia al suolo, e questa è l’immagine del più intenso compimento vitale. Tanto più la nostra vita è vicina alla terra, tanto più è reale e autentica. Ciò che è necessario è pesante, solo ciò che pesa ha valore. La pesantezza e la leggerezza sono due poli inconciliabili che si attraggono. Chi è pesante non può fare a meno di innamorarsi perdutamente di chi vola lievemente nell’aria, tra il fantastico e il possibile;  mentre i leggeri sono respinti dai loro simili e trascinati dalla “compassione” verso i corpi e le anime possedute dalla pesantezza.

Nella vita é dimostrato che tutto quello che scegliamo e apprezziamo come leggero non tarda a rivelare il proprio peso insostenibile. Forse solo la vivacità e la mobilità dell’intelligenza sfuggono a questa condanna. 

E' morto Kundera, lo scrittore che esplorava l'animo umano

Milan Kundera (1929-2023), scrittore di origine ceca è morto l’11 luglio 2023 a Parigi all’età di 94 anni. Nei suoi lavori ha spesso analizzato grandi temi come l’amore, la sofferenza, la mente degli uomini e il significato del tempo diviso fra passato, presente e futuro.
Profondo esploratore dell’animo umano, ha pubblicato una serie di romanzi nella sua lingua madre e in francese tra gli anni settanta e novanta, fra questi il primo successo fu Lo scherzo, del 1967 (mentre Cecoslovacchia stava attraversando il periodo che porterà alla cosiddetta "Primavera di Praga"), poi Il valzer degli addii, La vita è altrove, Il libro del riso e dell’oblio, fino al raggiungimento della fama mondiale con L'insostenibile leggerezza dell’essere

Lo scrittore di origine ceca, in fuga dal regime sovietico, ed esiliato in Francia dal 1981, ha raggiunto fama internazionale basandosi su una narrativa giocosamente filosofica e pensierosa,  prima di rinchiudersi in un silenzio durato per oltre trent’anni. Sola eccezione nel 2013, quando publica un altro romanzo La fete de l'insignifiance (La festa dell’insignificanza). Kundera che si definiva “Romanziere e non scrittore”, è stata una di quelle personalità letterarie del Novecento che ha inteso il romanzo come “mezzo di conoscenza totale ed estetico”.

Kundera ha sempre scherzato sul fatto di essere nato il 1 aprile (“ha un significato metafisico”) in una famiglia dell’élite colta di Brno, padre compositore e insegnante di pianoforte. Milan stesso si cimenterà nella musica, e l’educazione musicale troverà spazio nei suoi romanzi. Ottimo musicista nell'adolescenza (scrisse anche qualche composizione), prese tuttavia una strada diversa per l'università, che lo portò nella capitale Praga. Parallelamente agli studi di letteratura, studia sceneggiatura e regia all'Accademia del Cinema.
Ha curato personalmente la pubblicazione dei suoi romanzi, in modo quasi maniacale, che sono poi stati tradotti in oltre quaranta lingue.
Collaborò all’adattamento cinematografico de Lo scherzo (1968) e approvò l'adattamento del racconto Risibles amours (1970) fatto da Hynek Bocan, ma da lì in avanti con l’arte cinematografica fu rottura totale. 
Ma Kundera non fu solo scrittore, è stato poeta, saggista e drammaturgo. Scrisse tre volumi di poesia, un testo teatrale e un saggio sulla prosa di Vladislav Vančura. A teatro Kundera portò tre opere, l'ultima delle quali sarà Jacques e il suo padrone.    

Alcuni suoi  libri.

L’insostenibile leggerezza dell’essere. Questo è il romanzo più celebre di Kundera e racconta la storia di quattro personaggi, i cui destini si intrecciano nel contesto della Primavera di Praga nel 1968. Il libro esplora temi come l’amore, la libertà individuale e la ricerca di un senso nella vita.
La vita è altrove. Ambientato nel contesto della Praga degli anni ’50, il romanzo esplora la vita di un poeta che si scontra con il regime comunista.
Il libro del riso e dell’oblio. Questa raccolta di storie interconnesse esplora il tema della memoria e dell’oblio nella società totalitaria. Kundera affronta anche il concetto di umorismo come mezzo di resistenza e di liberazione.
La festa dell’insignificanza. È l’ultima opera pubblicata di Kundera. Il romanzo affronta temi come il senso dell’esistenza, l’ironia e la banalità della vita quotidiana.
L’immortalità. Questo libro esplora la natura dell’immortalità e del desiderio di essere ricordati. Attraverso una serie di storie interconnesse, l'autore mette in discussione il concetto stesso di immortalità.

Ecco alcune frasi celebri tratte dai suoi lavori:
  • Forse non siamo capaci di amare proprio perché desideriamo essere amati, vale a dire vogliamo qualcosa (l'amore) dall'altro invece di avvicinarci a lui senza pretese e volere solo la sua semplice presenza. (Da L'insostenibile leggerezza dell'essere)
  • Il terrore è uno shock, un istante di totale accecamento. Il terrore è privo di una qualsiasi traccia di bellezza. Noi non vediamo che la luce violenta dell'avvenimento sconosciuto che ci aspettiamo. La tristezza presuppone invece che si sappia. Tomas e Tereza sapevano quello che li aspettava. La luce del terrore si era velata e il mondo era visto in una luminosità azzurrina e tenera che rendeva le cose più belle di quanto non fossero prima. (Da L'insostenibile leggerezza dell'essere)
  • Chi tende continuamente "verso l'alto" deve aspettarsi prima o poi d'essere colto dalla vertigine. Che cos'è la vertigine? Paura di cadere? Ma allora perché ci prende la vertigine anche su un belvedere fornito di una sicura ringhiera? La vertigine è qualcosa di diverso dalla paura di cadere. La vertigine è la voce del vuoto sotto di noi che ci attira, che ci alletta, è il desiderio di cadere, dal quale ci difendiamo con paura. (Da L'insostenibile leggerezza dell'essere)
  • La storia è leggera al pari delle singole vite umane, insostenibilmente leggera, leggera come una piuma, come la polvere che turbina nell'aria, come qualcosa che domani non ci sarà più. (Da L'insostenibile leggerezza dell'essere)
  • Gli uomini gridano di voler creare un futuro migliore, ma non è vero. Il futuro è solo un vuoto indifferente che non interessa nessuno, mentre il passato è pieno di vita e il suo volto ci irrita, ci provoca, ci offende, e così lo vogliamo distruggere o ridipingere. Gli uomini vogliono essere padroni del futuro solo per poter cambiare il passato. (Da Il libro del riso e dell'oblio)
  • La accarezzava sul viso ed era come se l'accarezzasse da una distanza di molte centinaia di chilometri. (Da Il Valzer degli addii)
  • Ma il dolore non intende prestare ascolto alla ragione, perché il dolore ha una sua propria ragione che non è ragionevole. (Da L’identità)
  • Tutti sbagliano quando si tratta del futuro. L'uomo può essere certo solo dell'attimo presente. Ma sarà poi vero? Può davvero conoscerlo, il presente? Può davvero giudicarlo? Certo che no. E come potrebbe capire il senso del presente chi non conosce il futuro? Se non sappiamo verso quale futuro ci sta conducendo il presente, come possiamo dire se questo presente è buono o cattivo, se merita la nostra adesione, la nostra diffidenza o il nostro odio?. (Da L’ignoranza
  • Il fondamento della vergogna non è un nostro sbaglio personale ma l'oltraggio, l'umiliazione che proviamo per essere costretti ad essere ciò che siamo senza averlo scelto, e l'insopportabile sensazione che questa umiliazione sia visibile da ogni parte. (Da L’immortalità)
  • Se tu fossi tanto alto quanto sei stupido, il sole ti brucerebbe il cranio. (Da Lo scherzo).

mercoledì 19 luglio 2023

Yoga, il nuovo spirito del capitalismo

Lo spirito dello yoga è ancora qui?  Oggi, purtroppo, lo yoga è divorato dal capitalismo. 

La nuova generazione di yogi, viaggia abilmente sull'onda di un mercato in pieno sviluppo. Secondo una ricerca del sindacato nazionale dei professori di yoga, il numero di praticanti è esploso in Francia, passando da 3 milioni nel 2010 a 11 milioni di francesi che praticano yoga nel 2020. Nel mondo del benessere (di cui lo yoga fa parte), la cifra d'affari a livello mondiale è di circa 400 miliardi secondo il Global Wellness Institute. In venti anni, lo yoga si è imposto come "la gallina dalle uova d'oro del capitalismo" afferma Camille Test, ex-giornalista e poi diventata maestra di yoga, nel libro Politiser le biens etre.    Lo yoga nelle sue mille sfaccettature, ha inventato di tutto per attirare i clienti (c'è lo yoga della risata, l'acro yoga, lo yoga sulla barca, con le capre, bevendo la birra, ecc...).  "Si assiste a una segmentazione esponenziale di questo mercato concorrenziale, sul quale  bisogna differenziarsi per promuovere il proprio metodo", conferma Zineb Fahsi, autrice del libro Yoga, nuovo spirito del capitalismo.  Si sta creando un nuovo approccio allo yoga che è in linea con l'ideologia neo-liberale, che incoraggia l'individuo a concepirsi come una piccola impresa.   L'individuo deve avere la responsabilità della sua salute e del suo benessere, ma ciò non deve essere estremizzato ( non bisogna alzarsi tutte le mattine alle cinque del mattino per fare il saluto al sole, mangiare solo verdure crude, ecc).  

Queste promesse di benessere e di arte di vivere sono proposte dai nuovi guru 2.0  (Internet è inondata di foto di corpi atletici, in posture impossibili sullo sfondo di un paesaggio idilliaco).  Per il sociologo David Le Breton "Lo yoga è entrato nella nuova fase consumistica, dove il meglio si presenta a fianco del peggio".  A fianco di veri maestri che insistono sull'aspetto morale della disciplina ci sono una serie di personaggi che cercano di usare lo yoga per far passare la loro visione del mondo. Persone che avevano una vita triste, depressiva prima di vivere con lo yoga una esperienza che li ha trasformati e che cercano di trasmettere. 

Una cosa è sicura, tra l'India antica e l'Occidente moderno c'è una bella differenza, e questo non da ieri, lo yoga ha cominciato a perdere la sua anima quando ha cominciato a essere esportato in America alla fine del XIX secolo da guru che si sono messi a diffonderlo in cambio di una renumerazione, una saggezza universale in fase con le aspirazione di molti americani, critici nei confronti della società materialista. "Trasmetto spiritualità e loro mi danno dei soldi" diceva Vivekananda, uno dei primi a partecipare a questa mondializzazione.  Negli anni '60, il cambiamento della legge sull'immigrazione ha facilitato la venuta della seconda generazione di guru in America, soprattutto in California, patria degli hippies in cerca di esperienze mistiche.  A partire dagli anni '80 lo yoga entra in una nuova dimensione, e diviene l'emblema della new age con sullo sfondo lo sviluppo personale. Nutrita da mantra individualisti sul perfezionamento del sè e il culto del corpo, questa pratica è stata resa popolare da personalità come Madonna, che ha fatto lievitare il numero di nuovi adepti. La star frequentava lo studio Jivamukti a New York a cui hanno fatto riferimento anche Sting e Sarah Jessica Parker.  Nuovi metodi sono sviluppati da questa generazione di guru imprenditori di cui depositano poi il marchio come ad esempio l'hot yoga di Bikram Choudhury negli anni '90 (26 posizioni atletiche, 2 esercizi di respirazione e realizzato in una sala scaldata a 40 gradi). A questo tipo di yoga hanno aderito George Cloney, David Beckam, Lady Gaga. A questi nuovi tipi di yoga  si aggiungeranno una serie di servizi associati come l'alimentazione, gli stili di tute, massaggi, ecc.  "L'esplosione dello yoga va di pari passo a una industria associata che incassa miliardi di dollari"  dice Zineb Fahsi. 

Ci troviamo di fronte a uno yoga divorato dal capitalismo che non finisce di estendere il suo impero, ora  anche nel campo della spiritualità.  La prova?   Disneyland Paris ha organizzato per anni la celebrazione dello  Yoga Day che si tiene il 21 giugno. Nel 2018 si è tenuto davanti al castello della bella addormentata ed erano state invitate varie marche di vestiti e altro.

Per fronteggiare questi aspetti che avvelenano questa nobile disciplina, ognuno cerca l'antidoto: ad esempio l'associazione Gras Politique offre dei corsi a persone un po' grasse che si troverebbero in difficoltà nei corsi normali dominati da una bellezza stereotipata. Infatti, molti spazi sono inaccessibili per persone anziane, con handicap o grasse.  Inoltre, bisogna essere vigilanti sulla formazione degli insegnanti. Molti insegnanti, solo dopo anni, hanno scoperto che lo yoga si basa su valori di cooperazione e benevolenza, e non sulla competizione verso se stessi e gli altri.

Senza fare ricorso allo yoga autentico e puro, non si può non constatare il grande scarto che separa le proposte di yoga odierne e i principi fondanti di questa disciplina. "Si ritrova nelle pratiche moderne l'idea di un super umano capace di superare la sua condizione ordinaria, ma quando ci si avvicina ai testi antichi, si vede chiaramente che lo yoga non è una via di ottimizzazione del sè, nemmeno di introspezione. Inizialmente, l'obiettivo era quello di liberarsi dall'esistenza, trascendere il nostro piccolo sè per collegarsi a una forma di assoluto" insiste Zineb Fahsi.

Libri: Le yoga, nouvel esprit du capitalisme - Zineb Fahsi, 2023,    Politiser le bien-etre - Camille Teste, 2023.   Yoga. L'encyclopedie - Ysé Tardan-Masquelier, 2021.

 Da Telerama del 12/07/2023 -   Esprit du yoga, Es-tu toujours là?  - articolo scritto da Marion Rousset.

venerdì 7 luglio 2023

Vishnudevananda

Un grammo di pratica vale piu’ di una tonnellata di teoria” - Swami Sivananda

Vishnudevananda (1927-1993 ) era un un discepolo di Sivananda e fù il fondatore dei centri e degli Ashram internazionali di Sivananda Yoga Vedanta. Ha viaggiato in tutta l'India e in tutto il mondo per diffondere lo yoga.


Vishnudevananda incontrò il suo maestro Swami Sivananda nel suo Ashram a Rishikesh e rimase impressionato dalla semplicità, dalla retorica e dall'espressione di Sivananda: “E' stata la prima volta che ho visto una persona così genuina, e che usava parole erano così dirette". Comprò un paio di libri ed iniziò a praticare ogni mattina presto lo yoga e il pranayama. Nel 1947 abbandono il suo lavoro ed entrò nell'ashram di Sivananda e in breve, nonostante la sua giovane età, diventò maestro dell'hatha-yoga. Le asana, anche quelli difficili, erano molto facili per lui, e per quel motivo Sivananda lo chiamava “uomo senza ossa”.

Da Sivananda ricevette tante lezioni per la vita: una delle prime lezioni fu l'umiltà. Appena arrivato la seconda volta all'ashram di Sivananda, Sivananda con alcuni discepoli stava uscendo dall'ufficio e Vishnudevananda si trovò in difficoltà, perché si era proposto per tutta la sua vita di non inchinarsi mai davanti ad una persona, neanche ad una persona santa, perché era dell'opinione che tutti sono uguali. Ma si rese conto in questa situazione che tale comportamento sarebbe stato maleducato e così provò a nascondersi in un angolo, finché fossero passati. Ma nel momento in cui Sivananda lo vide, gli andò incontro, si inchinò davanti a Vishnudevananda toccandogli i piedi. In quel momento anche Vishnudevananda si gettò ai piedi di Sivananda, travolto dalla lezione di umiltà.

Sivananda gli diede il compito di portare lo yoga in Occidente e così nel 1957 partì per raggiungere gli Stati Uniti. Simbolicamente Sivananda gli diede 10 rupie per mostrarli che si occupava anche materialmente del progetto. Oltre la sua energia, il suo entusiasmo non aveva altro nella sua valigia.
In un clima da Guerra Fredda e capitalismo sfrenato, Swami Vishnudevananda capì quanto il suo lavoro fosse necessario. Il suo obiettivo era di iniziare un’evoluzione olistica verso la pace, seguendo la tradizione di Gandhi e Martin Luther King. Viaggiava effettuando tappe brevi. Dove si fermava, dava lezioni di yoga e con i soldi guadagnati andava avanti a raggiungere la tappa successiva. Scrisse il suo primo libro “Il grande libro illustrato dello yoga”, che è stato pubblicato nel 1960, come uno dei primi libri sullo yoga. In questo libro ha creato un programma completo per indirizzare la forza dello yoga al conseguimento dei seguenti obiettivi: rilassare e rinvigorire la mente, conferire al corpo più forza e flessibilità, sviluppare la consapevolezza spirituale, migliorare la capacità di concentrazione, insegnare al corpo a utilizzare in maniera più efficace l'ossigeno e le sostanze nutritive, prevenire malattie e ritardare il processo di invecchiamento. Aveva pianificato un viaggio di un anno, ma rimase stabilmente in Canada. A Val Morin, un paesino canadese, ha costruito il primo “Sivananda Ashram Yoga Camp” nel 1963.

Oggi milioni di persone praticano gli esercizi che Swami Vishnudevananda iniziò a insegnare in occidente 50 anni fa. La creazione di 70 centri e ashram Sivananda nel mondo è una prova delle enormi affermazioni e del dinamismo del maestro yoga. Per citarne solo alcuni:  New York, Montreal, il quartier generale a Val Morin in Canada, San Francisco, Los Angeles, Chicago, Nassau, Londra, Parigi, Berlino, Monaco, Vienna, Reith a Kizbühel, Ginevra, Madrid, Tel Aviv, Delhi, Madras, Uttarkashi (Himalaia), Neyyardam (Kerala), Buenos Aires, Montevideo.

Secondo il maestro Swami Vishnudevananda i cinque pilastri della pratica yoga, sono le asana (posture fisiche), gli esercizi di respirazione, il rilassamento profondo, una dieta vegetariana e il
pensiero positivo. Tutte le pratiche yoga culminano con la meditazione, esperienza di unità con il proprio sè. Nel 1969 Swami Vishnudevananda pose le fondamenta per la diffusione dello yoga conducendo il primo Corso di Formazione Insegnanti (TTC) in occidente; insegnanti che diffondono l’insegnamento dello yoga classico in palestre, scuole, centri benessere, ospedali, università e  prigioni.

Degno di menzione è il suo nome famoso "The Flying Swami" ("Swami volante") e le sue missioni per la pace nel mondo. Prese la patente di aviazione e si comprò un aereo e cominciò a compiere  numerose missioni per la pace volando sopra le regioni di guerra  attraversando simbolicamente i confini dei luoghi più tormentati del mondo.
Per Swami Vishnudevananda non esistevano barriere, né interiori né esteriori. Credeva che le barriere fossero solo costruzioni della mente e che in quanto tali andavano superate. Nel 1971 volò con l’attore Peter Sellers su un piccolo bimotore Piper Apache battezzato “Aereo della Pace” a Belfast in Irlanda del Nord facendo piovere petali di fiori e volantini con messaggi di pace; il primo di una serie di voli di pace sui luoghi più conflittuali del globo. Un mese dopo volò in Medio Oriente. Durante la guerra del Sinai, in un volo di pace sul Canale di Suez, jet militari israeliani cercarono di obbligarlo a atterrare, ma lui continuò la sua missione risolutamente. Il suo messaggio: “L’uomo è libero come un uccello, deve attraversare i confini con fiori e amore, non con pistole e bombe”.
Allo stesso modo nel 1983 sorvolò il muro di Berlino da ovest a est su un aereo ultraleggero “armato” solo di due mazzi di calendule. Atterrò in una fattoria a Weissensee, a Berlino Est. Dopo essere stato interrogato per quattro ore dalle autorità della Germania dell’est, fu accompagnato alla metropolitana con un panino al formaggio e rispedito a ovest del muro.
Un anno più tardi, nel 1984, per tre mesi attraversò l’India su un autobus a due piani decorato col motto “Yoga per la pace”. Voleva che gli uomini del paese che ha originato lo yoga si abituassero alle pratiche moderne dello yoga e alla sua filosofia. Swami Vishnudevananda lasciò il suo corpo nel 1993 a Mangalore, nel Sud dell’India, durante un pellegrinaggio per la pace e la comprensione reciproca nel mondo.
Swami Vishnudevananda diceva che era arrivato in Occidente, aveva fondato i centri e gli asharm Yoga Vedanta Sivananda e preparato migliaia di insegnanti di yoga, il tutto grazie all’energia di dieci rupie. “Dieci rupie mi hanno portato infinite volte intorno al mondo. Fu solo l’energia del mio maestro, Swami Sivananda, e la sua benedizione che mi hanno permesso di fare tutto quello che ho fatto. Tutto quello che ho realizzato l’ho fatto nel nome del mio Maestro.” 

Quando il suo stato di salute peggiorò, nell'estate de 1993, tornò in India, perché il suo desiderio era di lasciare il proprio corpo nel suo paese d'origine.

giovedì 6 luglio 2023

Come lo yoga ha conquistato il mondo

L'antichissima disciplina di origine indiana si è evoluta e ha cominciato a essere praticata un po' ovunque soprattutto nell'ultimo secolo. .

Come accade ogni anno dal 2015, in decine di paesi il 21 giugno migliaia di persone si sono riunite per celebrare la giornata internazionale dello yoga, una ricorrenza istituita dall’ONU per promuovere l’antichissima disciplina di origine indiana. Oggi lo yoga è praticato regolarmente da centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, sempre di più come forma di esercizio fisico che come pratica meditativa, com’era all’inizio: è arrivato in Europa e in Nord America soprattutto negli ultimi cent’anni, dove ha continuato a crescere, a evolversi e ad attirare un numero sempre maggiore di seguaci per via dei suoi molti benefici.

Fu il primo ministro indiano Narendra Modi (in una foto del 2018) a chiedere all’ONU di istituire la giornata internazionale dello yoga. Dal 2014, l’anno in cui è stato eletto, Modi si è impegnato molto per promuovere lo yoga come parte della storia e della cultura indiana: durante la prima celebrazione, il 21 giugno del 2015, lo ha descritto come un mezzo per raggiungere la pace e si è unito a migliaia di altre persone per una pratica collettiva sul Rajpath, il viale monumentale di New Delhi dedicato alle cerimonie più importanti. In un’altra occasione ha detto che molti paesi che prima non conoscevano la lingua, la tradizione e la cultura indiana adesso si avvicinano all’India proprio attraverso lo yoga.
Gli sforzi di Modi per rendere popolare lo yoga sono stati considerati da alcuni critici come un tentativo più ampio di promuovere discipline legate all’induismo, in linea con la politica del suo governo, che è quella di rendere l’India un paese sempre più nazionalista e molto diverso dallo stato laico che avevano voluto i suoi padri fondatori. Come ha osservato BBC, in ogni caso è vero che lo yoga è uno dei principali prodotti culturali indiani a essere stati esportati in giro per il mondo.

Lo yoga si basa su una serie di posture più o meno complesse che si chiamano asana e possono essere messe insieme in sequenze definite flow, creando cioè un flusso di movimenti. Ci sono pratiche più dinamiche e intense, e altre in cui lo sforzo aerobico è minore: senza scendere in troppi dettagli, l’Hatha yoga o lo Iyengar yoga sono stili più statici, mentre il Power yoga, l’Ashtanga e il Vinyasa sono più dinamici. 

Manmath Gharote, direttore di uno studio di yoga a sud-est di Mumbai, spiega che in ogni caso l’obiettivo della disciplina è far lavorare «in armonia» i cinque aspetti della personalità di ciascuna persona, cioè quello fisico, quello mentale e quelli spirituale, emotivo e sociale. Secondo Garote la dimensione fisica dello yoga contribuisce a migliorare la flessibilità della colonna vertebrale e delle articolazioni e a rafforzare i muscoli. La funzione principale degli asana però a suo dire è quella di far bene alla mente.

Su come e dove nacque esattamente lo yoga ci sono ipotesi diverse. Si sa comunque che in India è praticato da circa 5mila anni e che per la gran parte della sua storia era riservato ad asceti e religiosi. Jim Mallinson, studioso della storia dello yoga e professore della Scuola di studi orientali e africani dell’Università di Londra, spiega che all’inizio era una pratica meditativa, che comportava stare «completamente immobili e stabili». Alcuni degli asana e delle sequenze a cui pensiamo oggi quando abbiamo in mente lo yoga, come il cane a testa in giù o il saluto al sole, in effetti non compaiono nei testi antichi in cui veniva descritta la pratica: sono stati introdotti più di recente, anche per via dell’influenza di altre discipline.
Mallinson nota che il saluto al sole, parte integrante di moltissime pratiche, ha cominciato a essere insegnato solo negli anni Trenta. Stili di yoga come l’Ashtanga, l’Iyengar e il Vinyasa comprendono elementi che si trovano nei testi antichi ma molte loro parti sono innovazioni moderne, dice Mallinson.

Come ha osservato in un articolo su The Conversation Mark Singleton, un altro ricercatore della Scuola di studi orientali e africani di Londra, lo yoga arrivò nei paesi occidentali e cominciò a evolversi a partire dall’inizio del Novecento, grazie ad alcuni fattori in particolare. Intanto erano anni in cui la cultura del corpo e dell’esercizio fisico era molto diffusa (anche in Italia, sotto la dittatura fascista); inoltre era il periodo in cui stavano cominciando a circolare molto le fotografie, cosa che permise di far conoscere le posture praticate nello yoga in India al pubblico europeo e nordamericano attraverso libri, riviste e manuali.  All’inizio gli asana mostrati in queste foto venivano presi in giro ed erano visti come esotici e rozzi, racconta Singleton. Poi però a poco a poco la disciplina venne riconsiderata e cominciò a diventare popolare. Nel tempo si è evoluta grazie all’influenza degli esercizi di svariati tipi di ginnastica e al perfezionamento delle pratiche per il respiro, delle tecniche di rilassamento e di altre forme di meditazione.  

Si ritiene che il primo ad aver importato lo yoga nei paesi occidentali sia stato Swami Vivekananda, un monaco indù che a fine Ottocento contribuì a far conoscere la religione, la cultura e le discipline induiste negli Stati Uniti. Il suo libro del 1896 Raja Yoga ebbe un successo immediato: nei decenni seguenti furono numerosi i religiosi indiani che andarono in Europa e in Nord America per insegnare yoga.  Ci si interessarono anche persone non indiane né induiste, come Indra Devi, che nacque nel territorio dell’attuale Lettonia e fu la prima donna a poter studiare con il guru Tirumalai Krishnamacharya, considerato tra i padri dello yoga moderno. Devi, il cui vero nome era Eugenie Peterson, aprì il primo studio di yoga a Hollywood nel 1948 e fece conoscere la disciplina a numerose attrici e attori, tra cui Greta Garbo, Gloria Swanson e Yul Brynner. Negli anni Sessanta contribuirono a renderla popolare sia il movimento hippie sia i Beatles, che nel 1968 trascorsero un periodo alle pendici dell’Himalaya con il maestro di yoga Maharishi Mahesh, che avevano conosciuto l’anno prima durante un seminario in Galles.

Si crede che a livello globale lo yoga sia praticato regolarmente da circa 300 milioni di persone, anche grazie alle numerose app e ai canali YouTube che permettono di seguire lezioni a distanza, e si prevede che nei prossimi anni il numero aumenterà ancora di più. Secondo uno studio su un campione di cittadini svolto dalle autorità sanitarie statunitensi nel 2017, le persone che praticavano regolarmente yoga negli Stati Uniti erano più di 30 milioni: nel 2001 erano soltanto 4 milioni.   Uno dei motivi per cui la disciplina sembra attirare sempre più persone è che la possono praticare tutti – seppur con le dovute accortezze – perché a un livello base non richiede particolari capacità né molti accessori, a parte un tappetino o poco altro. C’è poi il fatto che, come hanno evidenziato alcuni studi, se lo si pratica con costanza può contribuire a migliorare la flessibilità del corpo e rafforzarlo, ma anche a ridurre lo stress e l’ansia.

In Italia lo yoga non è considerato uno sport perché il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) non lo riconosce come tale, per cui per chi lo insegna non c’è una vera e propria certificazione riconosciuta da tutti gli esperti del settore. Esiste tuttavia la certificazione per insegnanti di yoga di UNI, l’associazione italiana che si occupa di definire degli standard per quasi tutti i settori industriali, commerciali e dei servizi, ed esiste anche un’associazione di insegnanti di yoga, la YANI. C’è poi l’accreditamento di Yoga Alliance, una ong internazionale che certifica gli standard professionali minimi in materia di tecniche di insegnamento e metodologie, così come i principi di yoga, storia e filosofia yoga ed etica professionale. Ci sono anche persone che non hanno queste certificazioni ma insegnano comunque yoga perché lo hanno praticato per molti anni. 

Articolo pubblicato sul Post.it.   Vedi: https://www.ilpost.it/2023/06/22/yoga-pratica-diffusione/

Quando il naso tocca le ginocchia

Quando il naso tocca le ginocchia e si visualizza il proprio respiro. La pratica psicofisica che rivoluziona il Sé raccontata nel testo In Yoga’ da Silvio Bernelli  (fondatore a Torino di Yoga Thiaga) senza incomprensibili orientalismi..

L'autore propone una lezione di yoga sulla ricerca del Sé, sulla sperimentazione respiratoria e sulle posture fisiche, sull’equilibrio tra dentro e fuori il proprio corpo.  Un saggio semplice che delinea un percorso concreto, perché lo yoga come pratica psicofisica, a livello di mera “occidentalizzazione”, è un anche un tentativo di distacco dal deragliamento di abitudini e quotidianità, proprio per rifondare attitudine e comportamento del singolo e uscire dalla routine quotidiana.
Basterebbe cominciare ad ascoltare il proprio respiro, “naturale, regolare, rilassato” nelle sue due fasi principali – “inspirazione, espirazione” – per riattivare circuiti mai immaginati.  Occorre  praticare con un solo obiettivo: "evadere dalla persona che gli altri ritengono sia e inabissarsi in se stesso”. Questo inabissarsi, badate bene, scrive l’autore, raggiunge “una profondità piacevolmente infinita”, ma anche uno spazio di “consapevolezza e sicurezza infinite”. Coperta, tappetino, voce bassa,  e asana, attraverso il corpo si arriva a traguardi inimmaginabili durante la propria giornata lavorativo o di svago. 

Il segreto di una sessione yoga è la sua composizione (…) l’alternanza sforzo-riposo” con questo oscillare dell’attesa tra un asana e l’altro. “Dentro un corpo fisico c’è un corpo emozionale, segreto, che nessuno al di fuori può vedere né sentire. Uno influenza l’altro – scrive Bernelli; – “se uno duole anche l’altro duole, se uno gioisce l’altro fa lo stesso. L’errore dell’uomo è da sempre occuparsi dei guai del primo ignorando le esigenze del secondo”. L'obiettivo dovrebbe essere quello di provare a cercarsi, anzi trovarsi, in quello spazio interiore durante una seduta di yoga.

Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono ci...