Questa frammentazione ha tradito la profondità della sua visione originaria, ma al contempo ha creato un'opportunità straordinaria: ripensare lo Yoga per riconnetterlo alla sua essenza e trasformarlo in uno strumento universale per elevare di nuovo l’uomo ad operare da punti di vista più vicini all'umanità che ad uno stampo totalmente personalistico.
Non si tratta di rifiutare ciò che lo Yoga moderno ha costruito, ma di integrare e trascendere la visione riduttiva per restituirgli il suo potenziale trasformativo.
Viviamo nel Kali-Yuga, un’epoca di frammentazione e dispersione mentale, in cui la mente è dominata dagli oggetti sensoriali e sempre più privata della sua capacità discriminatoria. In questo contesto, lo Yoga moderno ha offerto una porta d’accesso preziosa attraverso le posture fisiche, erroneamente definite asana il cui termine avrebbe da regalare molto di più alla disciplina ed anche alle stesse posizioni se meglio compreso. Pratiche che rappresentano comunque un punto di partenza straordinario per molti, consentendo loro di iniziare un viaggio di consapevolezza attraverso il corpo. Tuttavia, è necessario riconoscere che le posture sono solo uno dei possibili punti di partenza nel quale, la continua reiterazione di questa perversa cognizione ci ha condotto, di sicuro non il fine ultimo dello Yoga.
La vera essenza dello Yoga si trova nella trasformazione della mente. Gli Yoga Sutra di Patanjali, il testo fondamentale della disciplina, ci insegnano che il lavoro reale dello Yoga è rivolto alla mente. Il Sutra 2.11, in particolare, sottolinea che il primo compito del praticante (sadhaka) è attenuare le afflizioni mentali (klesha), poiché senza questo lavoro preliminare gli altri anga rimangono inaccessibili. Il primo anga che si incontra nel testo è Dhyana. Un protocollo meditativo ben strutturato è quindi essenziale per guidare la mente dalla dispersione verso la concentrazione e, infine, verso l’unità. Solo una mente libera dalle afflizioni può accogliere pienamente la pratica dello Yoga nella sua totalità.
L'allenamento alla ritenzione dell'attenzione in concentrazione su un fattore supportativo deve diventare nuovamente ciò che nello Yoga ha la possibilità di chiamarsi Pratica.
Questo percorso richiede un’integrazione graduale e progressiva della teoria e della pratica.
Gli Yoga Sutra rappresentano l’architettura teorica e pratica dello Yoga, offrendo gli strumenti per orientare il praticante verso una comprensione più profonda della disciplina.
Tra i quattro capitoli, il Samadhi Pada è il punto di partenza imprescindibile, poiché fornisce le basi per comprendere la mente e sviluppare la concentrazione. Una volta padroneggiata questa teoria, ogni tecnica può essere trasformata in un’opportunità di crescita. La teoria non è un vincolo, ma una guida che consente di valorizzare ogni pratica e di espandere la consapevolezza attraverso ogni esperienza della vita.
La chiave per costruire un protocollo meditativo efficace è un lignaggio autentico e ininterrotto. Solo un lignaggio che unisce la saggezza di generazioni può garantire la coerenza e la profondità necessarie per creare un sistema meditativo rappresentativo.
Il mio incontro con il lignaggio di Swami Rama e Swami Veda Bharati è stato fondamentale per comprendere questa visione. La meditazione supercosciente, sintetizzata da Swami Rama, incarna pienamente gli insegnamenti degli Yoga Sutra. Questo protocollo meditativo non solo libera la mente dalle distorsioni sensoriali, ma rende possibile integrare tecniche da ogni tradizione con discernimento e consapevolezza.
Solo quando si domina coerentemente lo Yoga ogni cosa diventa terreno di pratica ed ogni indirizzo tecnico possibilità di accrescimento verso sensibilità altre.
Uno degli errori più comuni nello Yoga moderno è il confinamento della pratica a determinati schemi fisici o mentali, creando una visione settaria e abilista che esclude chi non soddisfa certi criteri. Questa riduzione ignora la natura universale dello Yoga, che si adatta a ogni individuo e situazione. Una mente ben formata, invece, può trasformare ogni esperienza – ogni incontro, ogni pensiero, ogni oggetto materiale – in un’opportunità per praticare Yoga. Questo approccio elimina ogni limite imposto dalle circostanze fisiche o culturali, restituendo alla disciplina la sua universalità.
Sarà la devozione alla conoscenza della teoria che libererà la potente azione trasformativa dello Yoga.
Parallelamente, è necessario affrontare la questione della sostenibilità economica.
E' possibile bilanciare l’autenticità della tradizione con un approccio moderno che garantisca una base solida. Questo equilibrio permette di mantenere alta la qualità dell’insegnamento, assicurando dignità agli insegnanti e accessibilità agli studenti.
Le posture fisiche, utilizzate come catalizzatore di attenzione che riconosce pienamente l'errore cognitivo che imperversa nel mondo Yoga su ciò che sia effettivamente Yoga, riscoprono sempre più la loro opportunità quando si rivedono in funzione propedeutica raccogliendo ciò che il corpo, della disciplina, può contenere potendo poi sostenere un percorso più ampio che deve includere teoria, meditazione e quindi trasformazione interiore.
Si fanno delle lezioni di posture aspiranti Asana ma lo Yoga viene insegnato nel corso di teoria che utilizza la meditazione come primo ground di pratica per come individuata negli Yoga Sutra.
Lo Yoga autentico è inclusivo, universale e trasformatore.
Non si limita a una tecnica o a una sensibilità personale, ma abbraccia ogni aspetto della vita.
La devozione alla teoria ed alla pratica è ciò che permetterà allo Yoga di estendersi a chiunque in ogni settore realizzando davvero ciò che sembra solo essere la solita ripetizione stonata dello "yoga oltre il tappetino" riportando il tappetino nel suo ruolo splendidamente propedeutico e marginale rispetto alla pratica che si costituisce nel lavoro che si compie verso la stabilità del campo mentale.
Quando teoria e pratica si integrano, la vita stessa diventa un campo di sperimentazione yogica, trasformando ogni esperienza in un’opportunità per crescere e riconnettersi all’universale.
Questo approccio supera la frammentazione moderna e riporta lo Yoga alla sua essenza originaria: un ponte tra l’individuo e l’universale, tra l’uomo e l’umanità, restituendo alla vita il suo senso più autentico..