mercoledì 19 novembre 2025

Introduzione al Blog

 Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono circa 950 articoli, la maggioranza dei quali verte su yoga, meditazione, buddhismo, filosofie orientali.      

Gli articoli sono essenzialmente riassunti di libri che ho letto su questi argomenti e che mi hanno particolarmente colpito.  Per ricercare un soggetto specifico si può usare la finestrina a destra, oppure si possono usare le categorie (etichette) che si trovano sulla destra. Sul Blog sono riportati anche i libri che ho scritto sullo yoga e la meditazione e la gallery di alcuni miei viaggi.                                              

       Buona lettura   


Lo Zen: una via di meditazione e risveglio

Il Buddhismo Zen è una delle principali correnti del Buddhismo Mahāyāna. Nasce in Cina, dove viene chiamato Chan, e da lì si diffonde in Giappone, Corea e Vietnam, assumendo i nomi di Zen, Seon e Thien. La parola “Zen” è la traslitterazione giapponese del cinese Chan, che a sua volta deriva dal sanscrito Dhyāna, ovvero “meditazione”. Non a caso, l’intera tradizione Zen pone al centro proprio l’esperienza meditativa: la pratica del zazen, l’esperienza diretta dell’illuminazione (satori) e la trasmissione “da mente a mente”, un insegnamento che va oltre il linguaggio e oltre lo studio dei testi.   

Uno degli slogan più noti della tradizione Zen sintetizza bene questo approccio: si parla infatti di “una trasmissione al di fuori delle scritture, non fondata sulle parole e sulle lettere, che punta direttamente al cuore dell’uomo, per vedere la propria natura e diventare Buddha”.


Origini e sviluppo in Asia. La storia dello Zen comincia in Cina, dove la tradizione Chan viene attribuita, in modo leggendario, al monaco indiano Bodhidharma, vissuto tra il V e il VI secolo. In Cina, il Chan si integra profondamente con il taoismo, dando vita a un Buddhismo improntato alla semplicità, alla spontaneità e all’esperienza diretta. Nel tempo si formano diverse scuole, tra cui la Caodong, da cui deriverà lo Sōtō Zen giapponese, e la Linji, che darà origine alla scuola Rinzai.

Lo Zen arriva in Giappone tra il XII e il XIII secolo. Qui si sviluppano due grandi tradizioni: il Zen Sōtō , fondato da Dōgen Zenji, e lo Zen Rinzai, introdotto da Eisai e in seguito riformato in profondità dal maestro Hakuin Ekaku. Accanto a queste figure, nella storia più recente dello Zen internazionale si riconoscono anche maestri come Thich Nhat Hanh, appartenente alla scuola Rinzai della tradizione vietnamita.

Testi e insegnamenti.  
Sebbene lo Zen enfatizzi la pratica più dello studio dottrinale, possiede comunque una ricca tradizione di testi, soprattutto raccolte di discorsi, dialoghi e koan—enigmi o paradossi spirituali utili a disinnescare la logica ordinaria.  Tra le opere cinesi più importanti troviamo il Sutra della piattaforma attribuito al sesto patriarca Huineng, i Dialoghi di Linji, il Mumonkan (o “La porta senza porta”) e lo Shōyōroku, una raccolta di casi illuminanti. La tradizione giapponese ha dato a sua volta testi fondamentali come lo Shōbōgenzō di Dōgen, il Zazengi con le istruzioni per la meditazione seduta, e I discorsi di Hakuin.

Maestri e figure di riferimento. 
La genealogia Zen è popolata da figure che hanno segnato profondamente questa via spirituale. Bodhidharma è ricordato come il padre del Chan, un maestro rigoroso e silenzioso. Huineng, vissuto nel VII secolo, è il grande innovatore dell’idea che l’illuminazione sia immediata e che la natura di Buddha sia già presente in ogni persona. In Giappone, Dōgen Zenji fonda la scuola Sōtō e sviluppa la pratica dello shikantaza, il “solo sedersi”, insegnando che pratica e illuminazione coincidono. Eisai introduce il Chan in Giappone, mentre Hakuin, secoli dopo, rinnova profondamente la scuola Rinzai e rende sistematico l’uso dei koan.

Pratiche fondamentali dello Zen.  Al cuore dello Zen troviamo lo zazen, la meditazione seduta. Questa può assumere la forma dello shikantaza, tipico della scuola Sōtō, in cui ci si siede senza oggetto di meditazione, semplicemente presenti a ciò che accade; oppure la forma del lavoro sui koan, più diffusa nella tradizione Rinzai, che utilizza paradossi come “Qual è il suono di una sola mano che applaude?” per spingere la mente oltre ogni logica discorsiva. Un’altra pratica importante sono i sesshin, intensivi di meditazione di diversi giorni che includono zazen, lavoro quotidiano (samu), pasti rituali, silenzio e incontri con il maestro. L’obiettivo non è accumulare concetti, ma aprirsi a un’esperienza di chiarezza immediata.

Il cuore dell’esperienza: il Satori.  Il satori rappresenta un lampo di intuizione, un risveglio improvviso alla realtà così com’è. Non è considerato l’illuminazione definitiva, ma un primo passo decisivo. Lo Zen insiste sul fatto che non si debba cercare un traguardo lontano: la pratica stessa, qui e ora, è già la via del risveglio.

La vita e l’estetica Zen. La vita Zen tradizionale è semplice e disciplinata, fondata sul lavoro manuale vissuto come meditazione e sull'armonia dei gesti quotidiani. Da questa dimensione contemplativa nascono numerose arti: la calligrafia, la poesia haiku, i giardini Zen, la cerimonia del tè e perfino alcune arti marziali, che incorporano principi di presenza e non-dualità.

Lo Zen nel mondo contemporaneo.  Dal XX secolo lo Zen si è diffuso in tutta Europa e Nord America. Molti praticanti occidentali lo vivono anche in versione laica, come forma di consapevolezza e meditazione. Tra i maestri che hanno portato lo Zen in Occidente ricordiamo Shunryu Suzuki, Philip Kapleau e Thich Nhat Hanh.

I simboli nello Zen.  I simboli zen più comuni includono l'Enso, un cerchio disegnato a mano che rappresenta l'illuminazione, la forza e l'universo, e la svastica (卍), che nel buddismo Zen simboleggia il "sigillo della mente-cuore del Buddha". Un altro simbolo importante è Mu (無), che significa "nulla" o "non-esistenza" e rappresenta l'opposto dell'esistenza (有).  L' Enso (円相)  viene disegnato con un unico gesto e la sua imperfezione riflette l'equilibrio tra controllo e mancanza di esso. 
È un simbolo sacro nella calligrafia giapponese (Shodo) e spesso usato dai maestri zen come firma, rivelando lo stato d'animo al momento della creazione. 

Per chi desidera avvicinarsi allo Zen, alcuni testi accessibili e profondi sono:

  •  Zen, mente di principiante di Shunryu Suzuki, 
  • I tre pilastri dello Zen di Kapleau  
  • Opere di commento come Il Libro del Nulla di Osho. 
  • Letture più filosofiche, come Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta di Pirsig, offrono spunti ispirati alla visione Zen.

 

La spiritualità in Giappone

I Giapponesi sono essenzialmente laici, ma tutti sono coinvolti in riti shintoisti come battesimi e matrimoni, e essere shintoista è considerato sinonimo di essere giapponese. I funerali, di solito, vengono celebrati con riti buddhisti. In Giappone è comunque difficile trovare un vero monaco durante le ore turistiche, poiché molti templi sono stati trasformati in luoghi da visitare.      
 

In Giappone convivono lo shintoismo, il buddhismo e il confucianesimo. La maggior parte delle persone aderisce a una combinazione di shintoismo e buddhismo, ma le statistiche sulle identità religiose sono complesse perché molti praticano entrambe le religioni. Secondo dati del 2021, lo shintoismo è praticato dal 48,1% e il buddhismo dal 46,5% dei credenti. Il confucianesimo non è considerato una religione separata in Giappone, ma piuttosto un sistema etico che ha influenzato profondamente la cultura e le credenze locali, sebbene non esistano statistiche specifiche sulla sua adesione.

Lo shintoismo, letteralmente “la via degli dei”, ha origine da una religione animista che adorava i kami, divinità che un tempo si riteneva albergassero in tutte le cose. Nelle cerimonie shintoiste il sacerdote agita dei rami nei quattro punti cardinali per scacciare i cattivi spiriti, coadiuvato dalle miko, le ragazze del santuario. Storicamente, le miko svolgevano un ruolo spirituale importante come intermediarie; anche se oggi tale ruolo è spesso visto come un lavoro part-time, esse sono ancora una parte integrante della tradizione shintoista.   

L’influenza cinese portò lo shintoismo verso il culto degli antenati. Tutti, e in particolare l’imperatore, sarebbero diventati kami, cioè divinità. I primi buddhisti sostenevano che i kami fossero reincarnazioni dei loro Buddha. Ciò portò a una forma di sincretismo. I santuari si caratterizzano per il portale d’ingresso (torii), solitamente di colore rosso e bianco (maschile e femminile), e per i due cani-leone (komainu) capaci di allontanare il maligno. Alcuni santuari contengono statue di animali e tavolette votive (ema).
Non esistono “scuole” shintoiste nel senso dottrinale del termine, ma l’organizzazione principale che raggruppa la maggior parte dei santuari e gestisce l’istruzione religiosa è il Jinja Honchō (Associazione delle Chiese Shintoiste del Giappone). Il Jinja Honchō amministra migliaia di templi in tutto il Paese e circa un centinaio di scuole.
Nello shintoismo la purificazione con l’acqua è fondamentale per rimuovere impurità, peccati e sfortuna prima di interagire con il sacro. I rituali principali sono il Misogi, l’abluzione completa del corpo per purificarsi da contaminazioni spirituali e fisiche (si ispira al mito di Izanagi, che si purificò in mare dopo essere stato nella terra dei morti), praticato sotto una cascata, in un fiume o in un lago, specialmente se considerato sacro; e il Temizu, una purificazione fisica e simbolica più breve delle mani e della bocca, eseguita prima di entrare in un santuario presso una fontana apposita (chiamata chōzuya o temizuya).

Una statua di un drago si trova spesso all’interno o accanto al temizuya, poiché i draghi sono associati alle divinità dell’acqua (Ryūjin). Il rituale prevede di prendere un mestolo d'acqua con la mano destra, sciacquare la sinistra; poi sciacquare la mano destra versando l’acqua nella mano sinistra; quindi raccogliere un po’ d’acqua per sciacquarsi la bocca (senza toccare il mestolo con le labbra) e sputarla a terra, lontano dalla fontana; infine sciacquare il mestolo e riporlo.
Le tavolette votive shintoiste, chiamate ema, sono tavolette di legno su cui i fedeli scrivono desideri o preghiere per poi appenderle in appositi spazi all’interno dei santuari. Le tavolette raffigurano spesso immagini simboliche o legate al santuario. In origine erano sostituite da cavalli veri, da cui deriva il nome (“cavallo disegnato”). Periodicamente i santuari bruciano le ema accumulate in un rito che simboleggia l’invio dei desideri ai kami.

In Giappone è presente anche il confucianesimo, un sistema di pensiero fondamentale che ha influenzato profondamente le riforme statali e l’etica sociale fin dal VI secolo, soprattutto durante il periodo Edo (1603–1867). Sebbene non sia una religione nel senso tradizionale, ha fornito principi etici e politici basati sul ruolo dell’individuo e sulla virtù. I giapponesi possono abbracciare i principi confuciani senza contraddizioni, pur professando altre religioni. Nonostante il confucianesimo abbia perso importanza, alcuni suoi valori sono ancora presenti nella società, e alcuni templi confuciani rimangono attivi. I più importanti sono lo Yushima Seidō a Tokyo e il Taku Seibyō (il più antico esistente); altri siti che conservano questo retaggio includono il Kōshibyō di Nagasaki.

Il buddhismo giapponese è una tradizione spirituale ricca e complessa, profondamente radicata nella cultura del Paese. Arrivato dalla Cina e dalla Corea nel VI secolo come religione di corte, si mescolò poi allo shintoismo e si sviluppò in molte scuole distinte. Le principali correnti comprendono la Tendai (IX secolo), la Shingon (IX secolo), la Terra Pura (XI secolo), lo Zen (XII–XIII secolo, con le scuole Sōtō e Rinzai) e la scuola di Nichiren (XIII secolo).

Durante il periodo Nara (710–784) esistevano sei scuole principali (Sanron, Jōjitsu, Hossō, Kusha, Ritsu e Kegon), introdotte dalla Cina e dalla Corea. Rappresentavano diverse correnti buddhiste Mahāyāna e Theravāda prima della diffusione del buddhismo esoterico Shingon, e costituivano il fondamento del buddhismo giapponese pre-Shingon.

Il buddhismo esoterico Shingon, fondato da Kūkai (774–835) nel 816, è un sistema che integra e supera gli insegnamenti delle scuole precedenti. Collega il buddhismo Mahāyāna a insegnamenti esoterici di origine tantrica. Da qui si sviluppò una tradizione particolarmente attenta all’esperienza diretta, ai rituali e alla dimensione mistica.   Il bodhisattva più conosciuto in Giappone è Kannon, derivato da Avalokiteśvara, venerato come divinità della misericordia. Un altro bodhisattva molto popolare è Jizō (Kshitigarbha), protettore dei bambini, dei viaggiatori e dei defunti. Molto noto è anche Miroku, ovvero Maitreya, che apparirà sulla Terra in futuro.

La scuola Tendai, fondata da Saichō (767–822), deriva dalla scuola cinese Tiāntái, una delle più importanti tradizioni Mahāyāna. Essa pone al centro il Sutra del Loto, la dottrina della Triplice Verità e il principio della presenza dei “tre mila mondi in un singolo istante di vita”. È stata una scuola molto influente, da cui sono nate tradizioni come lo Zen e il buddhismo della Terra Pura.

Il buddhismo della Terra Pura si diffuse nel periodo Heian e divenne una scuola indipendente nel periodo Kamakura grazie a Hōnen (1133–1212). Da essa nacque la Jōdo Shinshū fondata da Shinran, oggi una delle tradizioni più seguite.

Il buddhismo di Nichiren fu fondato nel 1253 da Nichiren (1222–1282) e si basa sul Sutra del Loto. La pratica centrale è la recitazione del mantra Nam(u) myōhō renge kyō davanti al Gohonzon.

Lo Zen si sviluppò come movimento centrato sulla meditazione (zazen) e sull’esperienza diretta (satori), più che sulla dottrina. Giunto dalla Cina tra XII e XIII secolo, fu introdotto soprattutto da Eisai (scuola Rinzai) e da Dōgen (scuola Sōtō). Una terza scuola, Ōbaku, ebbe anch’essa un ruolo importante. Lo Zen ha influenzato profondamente l’estetica giapponese e concetti come il wabi-sabi, che celebra la semplicità, l’imperfezione e la bellezza del tempo. Le differenze principali tra Sōtō e Rinzai riguardano l’uso dei kōan e il modo di praticare la meditazione.
Kyoto, Nara e Kamakura sono tre principali centri dello Zen giapponese, con numerosi templi di grande importanza come il Nanzen-ji, i Kyoto Gozan, il Ryōan-ji, il Kōshō-ji e lo Shisendō. A Nara si trovano il santuario Kasuga Taisha e il tempio Tōdai-ji; a Kamakura i templi Jufuku-ji ed Engaku-ji.

Il monastero Eihei-ji, insieme al Kōya-san, è uno dei pochi luoghi dove si può osservare da vicino la vita monastica buddhista giapponese. Il Kōya-san, centro del buddhismo esoterico Shingon, ospita il tempio principale Kongōbu-ji. Il pellegrinaggio del Kumano Kodō collega antichi siti shinto-buddhisti in un percorso simbolo del sincretismo religioso giapponese.

Giappone - Suddivisione storica per periodi: 

  • Periodo Asuka  dal 593  al 710
  • Periodo di Nara dal 710 al 794  (scuole Sanron, Jōjitsu, Hossō, Kusha, Ritsu e Kegon) e Tendai                   
  • Periodo  Heian    dal 794 al 1192                       Shingon - Terra Pura  
  • Periodo  Kamakura  dal 1192 al 1333                Nichiren,    Zen Rinzai e Soto
  • Periodo Nanbokucho  dal 1333 al 1392
  • Periodo Muromachi   dal 1392 al 1573
  • Periodo Azuchi-Momoyama dal 1573 al 1603
  • Periodo  Edo  dal 1603 al 1868
  • Periodo Meiji dal 1868 al 1912 
  • Periodo Taishò  dal 1912 al 1926
  • Periodo Showa dal 1926 al 1989 
  • Periodo Heisei  dal 1989 al 2019 
  • Periodo Reiwa dal 2019  …... 


Il mio viaggio in Giappone

Dal  3 /11/2025  al 17/11/2025   all'andata Roma - Tokyo  al ritorno Osaka - Tokyo - Roma                      Tasso di cambio   1 euro  =  160 yen.

Itinerario: arrivo a Tokyo, escursione a monte Fujiyama, in treno Tokyo-Kanazawa,  poi in bus fino a Shirakawa. Da qui in bus fino a Takayama,  in treno Takayama-Nagoya-Osaka,  Osaka-Koyasan in treno + funivia,  Poi Koyasan- Kyoto in funivia + treno,  Kyoto - Nara in treno + autobus, ritorno a Kyoto, poi da Kyoto  con l'autobus fino all'aeroporto di Osaka, partenza per Tokyo. Poi Tokyo - Roma.    Percorsi circa 1200 km. 

TOKYO. Hotel Villa Fontaine. Visita del monastero shintoista Meiji.   Questo santuario shintoista circondato da una lussureggiante foresta verde si trova proprio nel cuore di Tokyo ed è dedicato all'imperatore Meiji (1852-1912) e all"imperatrice Shoken che ha contribuito alla modernizzazione del Giappone.  Visita del quartiere Shinjyuku. 

Escursione al monte Fujiyama. Visita della pagoda Chureito, giro del lago Kawaguchi in barca. Visita del monastero shintoista Kitaguchihongu FujiSengen Jinji ***

Visita del quartiere di Asakusa e del tempio buddhista Senso-ji il più vecchio del Giappone dedicato al bodhisattva Kannon, venerato come incarnazione della compassione e della misericordia. Ha raggiunto l'illuminazione ma ha scelto di rimanere nel ciclo delle reincarnazioni per aiutare gli esseri senzienti a liberarsi dalla sofferenza. Il suo nome significa "colui che ascolta le voci del mondo" o "ascolto vigile".     

Visita del quartiere Ueno e del museo nazionale **

KANAZAWA.  Hotel Tokiu Stay.  Visita al tempio shintoista di Oyama, del castello, del giardino Gyokosen inmay garden, del museo di arte contemporaneo (di nessuno interesse).
Abbiamo visitato il  giardino Kenrokuen uno dei tre più belli del Giappone. Il Museo D.T. Suzuki. * e poi il quartiere dei samurai e in particolare la casa della famiglia Nomura.

 SHIRAGAWA.  Villaggio UNESCO costituito da case completamente in legno e dai tetti di paglia (gassho-zukuri).

TAKAYAMA.   Wat Hotel. Visita al quartiere del periodo Edo con case tradizionali che si sviluppa lungo il fiume.  Visita della casa di Yoshijima, la passeggiata di Higashiyama in mezzo a templi shintoisti e cimiteri, visita al tempio shingon di Hida Kokobunji.  

Nagoya -  OSAKA. Hotel Monterey La soeurs.  Siamo arrivati a Osaka passando per Nagoya.  Visita notturna del castello di Osaka circondato da un bellissimo parco.

KOYA-SAN. ****  Abbiamo dormito al monastero  Henjoko-in situato sul Monte Koya. Koya-san  è il luogo più sacro della nazione, uno dei più noti eremi buddhista e l'ultimo baluardo della tradizione giapponese. Tutti i giapponesi vorrebbero essere sepolti nella mitica foresta. Situato a sud-est di Osaka è una delle sedi più importanti del buddhismo Shingon (parola vera), una forma di buddhismo esoterico. Questo tipo di buddhismo è noto per le sue pratiche di meditazione come la meditazione ajikan con il suono del respiro e i rituali mattutini di canto dei sutra, che sono offerti anche ai visitatori.  Il buddhismo Shingon fu fondato da Kukai nel 816. Il tempio principale di Koya-san è il Kongobu-ji.  Al monastero ho partecipato all'antica cerimonia per prendere rifugio nel Buddha: il Jukai. Poi  il giorno successivo alla lettura dei sutra e preghiere del mattino. Qui sono riuscito a incontrare e parlare con dei monaci.  

KYOTO. *** Almont Hotel.  Kyoto ha centinaia di monasteri di cui almeno uan ventina sono stati riconosciuti pratrimonio UNESCO.  Visita al  monastero Shingon To-ji.  Il giorno successivo visita al Ginkakuji, monastero Zen Rinzai,   al Kurodani monastero della Terra Pura, al  Nanzen-ji monastero Zen Rinzai,  al Sho-ren-in monastero buddhista Tendai, al  Kodaiji monastero Zen Rinzai.

La mattina Onsen - bagno caldo.  Poi visita al santuario di Kiyomizudera.     Il complesso ospita un tempio buddhista Hosso e un tempio shintoista. Qui abbiamo visto un monaco che recitava la cerimonia del giorno.

Pomeriggio a NARA dove si trovano circa 1200 cervi in libertà (sono i messaggeri degli dei). Il complesso ospita il Kasuga Taisha un monastero Shintoista, fondato nel 768 d.C. e noto per le sue migliaia di lanterne di bronzo e pietra. Nel complesso si trova anche il Todai-ji, il monastero buddhista Shingon  con la pagoda principale in legno che è la più grande del mondo.

Visita al santuario Fushimi Inari Taisha Shrine (altare). Un tempio con un corridoio formato da colonne rosse che portano al monte sacro.   Dedicato al kami  Inari, la divinità del buon raccolto e del successo negli affari.    Pomeriggio visita al Sanjusangen-do ( o Rengeo-in ), il tempio shingon  famoso per le sue 1000 statue di Kannon, il boddhisatva della compassione.

D.T. Suzuki

I workshop di Suzuki sul Buddhismo Zen sono tra i migliori contributi alla conoscenza del Buddhismo vivente.”   — Carl Gustav Jung

Proprio qui, adesso, c’è qualcosa che dovremmo fare. Se lo perdi in questo istante, un fiore che sboccia tra mille anni non ci sarà.”   — Dialogo con Okamura Mihoko (l'assistente di D.T. Suzuki).

Il museo di D.T. Suzuki a Kanazawa in Giappone, presenta la vita e il pensiero del filosofo buddhista Daisetz Teitaro Suzuki (1870–1966), che per tutta la sua esistenza tenne conferenze e presentazioni in Giappone e all’estero con l’intento di trasmettere la cultura e il pensiero orientale — in particolare quello giapponese. La sua attività esercitò una profonda influenza su molte persone, attraverso un dialogo diretto e immediato.


Nel trasmettere il suo pensiero, D.T. Suzuki ricorreva spesso a poesie di ogni epoca e provenienza. Tradusse anche antichi poemi giapponesi, come waka e haiku, rendendoli accessibili al pubblico inglese.

Suzuki spiegava che "una persona capace di vedere un oggetto così com’è lo ha già trasceso”. Quando qualcuno soffre, o prova caldo o freddo, e osserva quella condizione esattamente per ciò che è, senza aggiungere nulla, allora ha già superato quell’esperienza. Gli esseri umani, a differenza degli animali, possiedono questa capacità di consapevolezza.

Suzuki insisteva anche sulla necessità di conservare il senso dell’infinito e dell’eternità. Per farlo, diceva, abbiamo bisogno di un’immaginazione creativa capace di cogliere ciò che non è immediatamente visibile. A questa immaginazione egli dava il nome di “poesia”.   Senza poesia, affermava, sarebbe impossibile vivere pienamente come esseri umani, in un mondo dove spesso i sentimenti e l’interesse vengono perduti. La poesia non è soltanto una combinazione di lettere: ciascuno può custodirla nel proprio cuore, anche senza conoscere la scrittura. Nel regno della poesia è semplice viaggiare intorno al globo, abbracciare l’immenso universo buddhista, o immaginare lo spazio infinito colmo delle galassie di cui parlano gli astronauti, e spingerle sempre più lontano. 

"Chi non può vedere l’essenza delle cose, non può comprendere la realtà della poesia".   — D.T. Suzuki, vedi The Realm of Poetry

Questa visione ricorda i celebri versi di William Blake: 
Vedere il mondo in un granello di sabbia e il cielo in un fiore selvatico;
tenere l’infinito nel palmo della tua mano e l’eternità in un’ora.


Opere e approfondimenti:

  • The Essence of Buddhism
  • Lo zen e la cultura giapponese
  • Essays in Zen Buddhism
  • Buddha of Infinite Light: the teaching of Shin Buddhism, the Japanese way of wisdom and compassion
  • Buddhismo Shin 

Il Buddhismo Shin si fonda sugli insegnamenti e sui testi di Shinran, maestro religioso giapponese del XIII secolo. Il suo obiettivo è guidare l’essere umano — visto nella sua fragilità e imperfezione — verso la salvezza attraverso la fede nel Buddha Amida, un aspetto del Buddha cosmico. Amida, secondo la tradizione, avrebbe rimandato la propria illuminazione fino a quando tutti gli esseri non saranno salvati grazie alla forza del suo voto e alla sua compassione.
Il Buddhismo Shin insegna che la via di Amida opera nel cuore di ogni uomo e che la liberazione non proviene dallo sforzo personale, ma dall’affidarsi profondamente alla sua presenza illuminante.

martedì 21 ottobre 2025

Le due grandi vie dello Yoga moderno: Krishnamacharya e Sivananda

Nel panorama dello yoga contemporaneo, due maestri vissuti nello stesso periodo storico — la prima metà del Novecento, emergono come pilastri fondamentali per la diffusione e la trasformazione di questa antica disciplina: Tirumalai Krishnamacharya (1888–1989) e Swami Sivananda Saraswati (1887–1963).
Entrambi hanno contribuito in modo decisivo alla rinascita dello yoga nel XX secolo, ma le loro visioni, metodologie e obiettivi riflettono approcci profondamente diversi alla pratica e all’insegnamento. Pur partendo da comuni origini indiane, hanno dato allo yoga due direzioni complementari: una più individuale e terapeutica, l’altra più universale e devozionale.
                          
Krishnamacharya
è spesso considerato il “padre dello yoga moderno”. Formatasi alla corte del Maharaja di Mysore, la sua ricerca si radica nello studio dei testi classici — come i Yoga Sutra di Patanjali, gli Yoga Yajnavalkya, e la Hatha Yoga Pradipika — ma è caratterizzata da una forte attenzione alla personalizzazione della pratica.
Per Krishnamacharya, lo yoga non era un insieme di tecniche universali, bensì un cammino individuale, adattato alle necessità fisiche, mentali e spirituali di ciascun praticante (viniyoga).
Krishnamacharya insegnava una pratica in cui ogni respiro aveva un significato e ogni asana era adattato al corpo, all’età e allo stato mentale del praticante.
Il suo principio guida era semplice e rivoluzionario:
 “Non è la persona che deve adattarsi allo yoga, ma lo yoga che deve adattarsi alla persona.
Da questa visione nacquero approcci oggi famosi in tutto il mondo — l’Ashtanga Vinyasa Yoga di Pattabhi Jois, l’Iyengar Yoga di B.K.S. Iyengar e il Viniyoga  / Yoga Therapy sviluppato da suo figlio T.K.V. Desikachar. Pur diverse tra loro, queste scuole condividono la centralità del respiro e la visione del corpo come veicolo di consapevolezza.
Ritroviamo l’attenzione al respiro come ponte tra corpo e mente, la personalizzazione della pratica, e l’idea che lo yoga sia una terapia dell’essere umano nella sua interezza. 
La pratica degli asana (posizioni) è concepita come strumento di trasformazione personale. Gli asana si adattano alla persona, non il contrario.   L’uso del respiro (pranayama) è essenziale per unire corpo e mente.
 L’insegnamento avviene spesso in forma individuale o in piccoli gruppi, per garantire l’adattamento costante alle esigenze del praticante.

Sivananda, medico e monaco dell’ordine di Saraswati, fondò la Divine Life Society a Rishikesh nel 1936. La sua visione dello yoga, più spirituale e universale, era fortemente influenzata dall’Advaita Vedanta e dal servizio disinteressato (seva).
Il suo approccio era sintetico e spirituale, mirato all’armonia tra corpo, mente e spirito, attraverso quella che definì la via dello Yoga Integrale: "Serve, Love, Give, Purify, Meditate, Realize".
Nella tradizione di Sivananda, la pratica è strutturata in un metodo standardizzato, accessibile a tutti:
12 asana fondamentali, praticati in una sequenza fissa; esercizi di pranayama, rilassamento, satsang (canto e studio spirituale). È uno yoga accessibile, armonioso, che integra corpo, mente e spirito. Adotta un approccio sistematico, volto a equilibrare tutte le dimensioni dell’essere.
 L’obiettivo non è tanto la personalizzazione quanto la diffusione universale dello yoga come strumento di salute, pace e crescita spirituale.
Sivananda vedeva nello yoga una via d’amore e di servizio, dove la disciplina personale si unisce alla compassione e alla gioia del dare. Il suo discepolo, Swami Vishnudevananda, portò questo insegnamento in Occidente fondando i Sivananda Yoga Vedanta Centers, tuttora attivi in tutto il mondo.
 
Visione pedagogica e trasmissione.
Krishnamacharya formava i suoi studenti a osservare, adattare, trasformare.
L’insegnante era chiamato a essere un terapeuta e un artigiano della pratica, capace di leggere il corpo e la mente del praticante. La trasmissione era diretta, esperienziale, e spesso rigorosa.

Sivananda, invece, puntava a formare insegnanti capaci di portare lo yoga nel mondo.
Il suo allievo Swami Vishnudevananda sistematizzò il metodo in un formato replicabile (il Sivananda Yoga Vedanta), aprendo centri in tutto il mondo.  L’accento pedagogico era sull’ispirazione spirituale e la disciplina morale, più che sulla precisione tecnica.

Finalità dello yoga.
 Per Krishnamacharya, lo yoga è un cammino di svadhyaya (auto-conoscenza) e di armonizzazione tra corpo, mente e respiro. La realizzazione spirituale passa attraverso una progressiva interiorizzazione.

In sintesi

Aspetto                         Tradizione di Krishnamacharya            Tradizione di Sivananda

Filosofia di base       Yoga di adattamento individuale        -            Yoga integrale e universale
    
Focus e approccio   Personalizzato, terapeutico, attento al respiro  -  Sistematico, spirituale, aperto a tutti. Armonia globale, devozione, servizio
    
Pratica      Insegnamento personalizzato adattato all’individuo (viniyoga)  -  Sequenza fissa di asana e pratiche spirituali
    
Finalità   Auto-conoscenza e guarigione ed equilibrio interiore  -  Realizzazione del Sé, servizio disinteressato e vita etica
    
Trasmissione        Da maestro a discepolo, individuale      -     Diffusione di massa
    
Eredità principale   Iyengar, Ashtanga, Viniyoga        -         Sivananda Yoga Vedanta Centers 
 
Per Sivananda, lo yoga è un mezzo per la realizzazione del Sé universale attraverso la purezza, la devozione e il servizio. L’obiettivo è la liberazione attraverso l’amore e la dedizione.Le tradizioni di Krishnamacharya e Sivananda rappresentano due poli complementari dello yoga moderno:
Krishnamacharya ci insegna a guardare dentro, ad ascoltare il corpo come strumento di consapevolezza.
Sivananda ci invita sia a guardare dentro, sia a vivere lo yoga come amore attivo e servizio verso gli altri.
Due vie che sembrano diverse, ma che in realtà si completano. 
Una porta all’altra, perché non può esserci consapevolezza profonda senza cuore aperto, né amore autentico senza presenza e ascolto.
Entrambe, pur con linguaggi e metodi differenti, puntano alla stessa meta: l’unione dell’essere umano con la propria essenza più profonda e ritrovare l’unità dentro di noi e con il mondo che ci circonda.

Intervista a Malala - Ottobre 2025

Malala: “Dopo l’attentato dei talebani e il Nobel, vi racconto chi sono davvero
Articolo di  Antonello Guerrera pubblicato sul Venerdì di Repubblica. Ottobre 2025 

Malala Yousafzai, è pachistana, ed è la più giovane premio Nobel per la pace, diventata un monumento mondiale a 15 anni dopo esser sopravvissuta alla brutale esecuzione dei talebani. Che, il 9 ottobre 2012, nel distretto pashtun di Swat, le spararono in testa per il suo impegno in nome dell’istruzione femminile e dei diritti delle bambine del suo Paese.  Chi è Malala?», chiese il terrorista talebano quando salì sul suo scuolabus.

Oggi Malala non è più una bambina. A 28 anni continua a battersi per le nuove generazioni di tutto il mondo. Ma ormai è una donna. Si è laureata a Oxford, si è sposata con l’amato Asser Malik, conosciuto all’università. Intanto però, dietro le quinte, ha combattuto fantasmi, dolori, problemi mentali, come rivela nel suo ultimo libro, Finding My Way. Un diario ottovolante di sogni, speranze, illusioni, dilemmi esistenziali tra party universitari e dogmi dell’Islam, interventi chirurgici e iniezioni di botox per avere un volto «più simmetrico» dopo il nervo facciale reciso dallo sparo. Ma anche un eccezionale romanzo di formazione della star di milioni di ragazze nel mondo, che finalmente ha trovato la sua strada. 

 

L'intervista all’attivista pachistana,  rivela il lato invisibile del coraggio: la paura, la guarigione, il matrimonio e la scoperta della propria umanità. Una bambina diventata donna

LONDRA – «Non ho mai parlato di me in pubblico, delle mie emozioni, della mia vita privata. Ma è venuto il momento di farlo».  Si confessa in in questa intervista. 

Perché questo libro ora?
«Perché molte persone pensano che io sia ancora una bambina. Invece, quello era solo l’inizio del mio viaggio per diventare donna. Dunque, vorrei dire al mondo chi sono davvero».

E chi è, davvero, Malala?

«Una persona in pace con se stessa, anche grazie all’università, il primo momento in cui ho iniziato a vivere senza genitori. Certo, avevo sempre la scorta con me, ma finalmente lì ho iniziato a conoscere me stessa: non mi era più negato andare a una festa con le amiche, o persino parlare di ragazzi maschi. Per la prima volta, mi sono sentita trattata dagli altri coetanei come un’amica, e non come “l’attivista mondiale Malala”. Così è arrivata anche la mia liberazione: non dovevo più essere sempre perfetta in ogni cosa che dicevo, o pensare due volte prima di esprimere un pensiero».

E ora, cosa si aspetta dal futuro? Magari, dopo essere diventata donna, diventare madre?
«Non lo so. Dieci anni fa non pensavo di sposarmi così presto. Ma una cosa è certa».

Cosa?   «Ho imparato che, nonostante le nostre grandi passioni, non bisogna rinunciare all’amore e ai nostri amici. Anni fa credevo che, per fare l’attivista mondiale, avrei dovuto essere inappuntabile, annullare tutta la mia vita privata, rinunciare agli affetti. E magari trovare un compromesso sull’amore, perché in Pakistan non puoi convivere con un uomo prima del matrimonio. Non è così. Per essere dei bravi attivisti, bisogna essere anche se stessi, ed essere in pace con se stessi. E non bisogna vergognarsi di chiedere aiuto. Io l’ho fatto, quando ho sofferto di problemi mentali – che mai mi sarei aspettata di avere».

Quando sono sorti?
«Dopo aver fumato per la prima volta della marijuana, con amici, a Oxford. Sono stata molto male: il corpo si è paralizzato, mi sentivo come se i talebani mi avessero sparato di nuovo. Il cuore continuava a battermi forte, sudavo e avevo paura di chiudere gli occhi. Temevo, dopo averla scampata una volta, di non risvegliarmi più. Sono andata in coma farmacologico. Pochi giorni dopo ho iniziato ad avere attacchi di ansia, panico, e continui flashback del mio tentato assassinio, nonostante 13 anni fa pensavo di aver rimosso tutto. Invece, quell’orrore è tornato. Per me è stata una doppia tragedia, anche perché una donna in Pakistan non può permettersi di avere problemi mentali o soffrire di depressione, altrimenti viene esclusa, diventa una paria».

Per fortuna era già in Inghilterra quando è successo.

«Sì, ma non sapevo comunque cosa fare. E quando ne parlavo con i miei genitori, mi dicevano di passare oltre e pensare positivo. Sono stati gli amici a farmi uscire da quel tunnel. Una di loro mi ha consigliato uno psichiatra con il quale sono stata molto meglio».

E soffre ancora di quei flashback?
«Purtroppo sì, e sono imprevedibili. Di recente, anche in Sudafrica, durante un evento dedicato a Nelson Mandela. Pensavo di morire, ma per fortuna stavolta c’era mio marito con me (Malala si è sposata, l'annuncio su Twitter il 09 Novembre 2021). Sono sempre stata etichettata da tutti come coraggiosa e audace. Ma, in quei momenti di panico, sentivo che non lo ero affatto. Alla fine però ho capito: il vero coraggio è ammettere le proprie debolezze, rialzarsi e continuare. Non è affatto coraggioso chi sopprime i propri sentimenti e le proprie fragilità».

La fama dopo l’attentato, e il fatto di essere un modello per tante bambine, sono stati un peso per lei?
«Sì, ed è anche per questo che voglio dire la verità alle ragazze che stanno lì fuori. Che magari pensano che io sia perfetta, coraggiosa, invincibile, e che non possa sbagliare mai. Non è così. Perciò voglio metterle in guardia e dire loro che è normale avere momenti di difficoltà, e che non sono sole».

Nel suo recente libro Coltello, Salman Rushdie ha raccontato l’incontro in tribunale con il suo aggressore. Lei, se si ritrovasse faccia a faccia con i suoi killer, cosa gli direbbe?
«Di ribellarsi contro chi li ha addestrati all’odio e all’estremismo. I miei killer sono stati arrestati e poi tenuti in prigione per dieci anni, ora sono liberi. La soluzione non è mai la vendetta. L’unica vera risposta è dare ancora più potere e istruzione alle donne e alle bambine, contro gli estremismi che vorrebbero annullarle».

Come fa lei, anche in questo suo libro, ad avere ancora speranza? Per esempio: le donne afghane sono ripiombate nel Medioevo, dopo il fallimento americano nel 2021…
«Per me è facile perdonare qualcuno che mi ha fatto del male, a livello personale. Ma è più difficile con coloro che invece opprimono sistematicamente milioni di persone. Non riesco ad accettare che i Talebani siano tornati al potere in Afghanistan, a vessare milioni di donne e ragazzine, erodendo i loro diritti e libertà, giorno dopo giorno, con cento editti in quattro anni. Non possono più andare al lavoro, studiare o nemmeno parlare. E noi non possiamo abbandonarle. Con la mia fondazione, Malala Fund, sosteniamo l’insegnamento online e le scuole clandestine in Afghanistan. Ma i Paesi occidentali devono fare molta più pressione su terroristi come i talebani e contro questo apartheid sessista. Non ci possono essere compromessi sulla vita delle donne e delle bambine afghane».

Anche in Occidente, purtroppo, i femminicidi sono una piaga immane.
«È vero, e a volte sì, mi sembra di perdere ogni speranza. Ma poi la riconquisto perché non abbiamo tempo da perdere. Perché ogni giorno vediamo negare i diritti e il progresso a donne e ragazze in tutto il mondo, mentre la misoginia impera. I leader mondiali mi sembrano paralizzati, non fanno abbastanza per proteggerle, in Afghanistan ma non solo».

Nel suo libro, suo padre Ziauddin sembra molto più “liberal” di sua madre, Toor Pekai, che invece la redarguisce. Una volta, durante un evento, si permise persino di scacciare il braccio del principe Harry dalla sua spalla. Come mai?
«Perché mio padre ha vissuto da uomo, con molte più libertà di mia madre, che invece ha subìto il patriarcato per tutta la vita, non è potuta andare a scuola ed è dunque rimasta ossessionata dai diktat dell’onore di famiglia. Papà invece sa che cos’è la libertà, ed è perciò che mi ha sempre sostenuto nelle mie battaglie. È stato anche la liberazione di mia madre – con cui ancora oggi ogni tanto litigo: è una donna molto severa...».

Lei e la sua famiglia vi siete rifugiati in Inghilterra. Cosa prova di fronte ai continui attacchi verbali (e non soltanto verbali) contro immigrati e richiedenti asilo, da parte di Farage, che potrebbe presto diventare primo ministro qui a Londra, o di Trump in America?
«Essere rifugiati non è una scelta. Ho incontrato tante bambine e ragazze nel mondo sfuggite a regimi brutali, violenza, oppressione. Come insegna la mia storia, non avrebbero mai voluto lasciare le loro case, le loro città. Vogliono solo vivere in pace e dignità. Ma non era possibile. Dobbiamo parlarci di più tra di noi, ascoltare le tragiche storie di dolore e resistenza di queste persone prima di accettare la narrativa populista sui rifugiati. Perché non stiamo andando nella giusta direzione, niente affatto».

Lei di recente è stata in Egitto, per ascoltare anche le tragiche storie dei bambini di Gaza.
«Si, sono andata ad incontrare le famiglie palestinesi in fuga. Ad ogni bambina o ragazzina che ho incontrato, era stato ucciso o ferito un membro della famiglia, spesso davanti ai loro occhi. Sono traumi che noi non riusciamo nemmeno a immaginare. Non abbiamo fatto abbastanza contro questo genocidio. Doveva essere fermato prima. E bisognerà fare sempre più pressione su Israele, che dovrà pagare per le sue azioni. I leader mondiali hanno per troppo tempo abbandonato i palestinesi. In Egitto ho incontrato una bambina che cercava di disegnare qualcosa con la mano sinistra, perché non potrà più utilizzare quella destra che è stata gravemente ferita durante i bombardamenti. Però i bambini alla fine trovano sempre un modo per continuare a vivere. Nonostante tutto».

Il cretino digitale: Difendiamo i nostri figli dai veri pericoli del web

Il libro La fabrique du crétin digital: Les dangers des écrans pour nos enfants  ( tradotto in italiano Il cretino digitale: Difendiamo i nostri figli dai veri pericoli del web ) vincitore del premio Femina, scritto da  Michel Desmurget  e pubblicato nel 2019,  mette in guardia gli adolescenti dal pericolo di una dipendenza  dal digitale.  Un bestseller di un neuro-scienziato francese che nessun genitore può ignorare.

Michel Desmurget è un neuroscienziato francese e autore di saggi che analizzano criticamente l'impatto delle nuove tecnologie sullo sviluppo cognitivo, specialmente nei giovani. È noto per libri come Il Cretino Digitale, in cui critica l'eccessivo uso degli schermi, e Faites-les lire !, che promuove l'importanza della lettura come antidoto. 


Viviamo nell'era del digitale, è un dato di fatto, e gli schermi sono ovunque: in ufficio, a scuola, a casa, nelle nostre tasche. Per dovere o per svago, gli occhi tornano sempre lì. Specie quelli dei più giovani, visto che li usano come principale - se non unico - canale d'intrattenimento. Qualche cifra? In Occidente, i bambini sotto i due anni trascorrono in media tre ore al giorno davanti a un monitor. Tra gli otto e i dodici anni le ore diventano cinque, e salgono a sette tra i tredici e i diciotto. Possibile che un'attività tanto pervasiva non impatti sul loro sviluppo? Per anni ci siamo lasciati cullare dal mito che vedeva nei nativi digitali i fortunati destinatari di un balzo evolutivo, da Homo sapiens a Homo numericus: multitasking, più attento e intuitivo, pronto a cogliere le infinite possibilità offerte dalla Rete. Una visione dorata diffusa anche da media, sedicenti «esperti» e divulgatori non meglio qualificati. 
Troppo a lungo gli interessi di pochi e l'accondiscendenza di molti ci hanno spinti a ignorare i messaggi allarmati della scienza, proprio come è successo per il tabacco, i cambiamenti climatici e gli alimenti pieni di zuccheri. Sì, perché le ricerche sono ormai concordi: tutto quel tempo passato davanti a uno schermo ha gravi conseguenze su salute, comportamento e capacità intellettuali dei nostri figli. Finalmente, in queste pagine, un neuroscienziato ci presenta i dati per come sono: preoccupanti, e tali da imporre un immediato cambio di rotta. Con competenza, rigore scientifico, piglio ironico e taglio pungente, Desmurget ci invita a prendere coscienza dei rischi che corrono le nuove generazioni. E a fare qualcosa per evitare che finiscano lentamente avvelenate. 

sabato 11 ottobre 2025

Lumière - disegnare, dipingere con la luce

« Scatto fotografie per ridare fiducia nella natura umana e comunicare il senso dello stupore »     

 "La fotografia è l'arte di dipingere con la luce e il tempo"  - Matthieu Ricard

Nato nel 1946, Matthieu Ricard è monaco buddista, autore, fotografo, scienziato e fondatore di progetti umanitari. Ha iniziato a fotografare all’età di 13 anni. Fin da giovane fu guidato da André Fatras, uno dei pionieri della fotografia naturalistica in Francia, e a 18 anni incontrò Henri Cartier-Bresson. Si stabilì sull’Himalaya nel 1972, a 26 anni, e fotografò i suoi maestri spirituali. « Il mio scopo era condividere la bellezza e la profondità del loro universo. »

Nel 1979 Matthieu Ricard diventa monaco e incontra per la prima volta il Dalai Lama nel 1980. Nel 1989 ne diventa l’interprete per la lingua francese.  Nel 2000 avvia progetti umanitari in India, Nepal e Tibet, ai quali dedica integralmente i proventi dei suoi diritti d’autore e delle sue fotografie. Fonda così l’associazione Karuna-Shechen, che oggi aiuta oltre 500.000 persone ogni anno.
Oggi Matthieu Ricard vive principalmente nel monastero di Shechen, in Nepal, e in un eremo di montagna vicino a Katmandu.   “Lumière” è il quindicesimo libro di fotografia pubblicato da Matthieu Ricard. 

                                                               

Questo splendido libro è il culmine di sessant'anni di fotografia con circa 90 foto inedite di Matthieu Ricard che, per la prima volta, rivelano la portata del suo lavoro. Secondo Matthieu Ricard, il fotografo è un pittore che usa la luce come materia prima e lo sguardo come pennello. Lumière è un'esperienza fotografica e meditativa nel cuore dello spettro luminoso, una sinfonia cromatica che esplora il mondo su diverse scale, dal più piccolo dettaglio di un muschio e di una roccia ai vasti paesaggi, ricordando il profondo legame tra microcosmo e macrocosmo nella natura.                    

Matthieu Ricard dice:             “Lumière” è un bellissimo esercizio di libertà. Sto per compiere 80 anni e ho già pubblicato una quindicina di libri di fotografia. A un certo punto si ha la sensazione di un compimento, di un’evoluzione dello sguardo, educato dal contatto con gli esseri, la natura e altri fotografi le cui opere ci hanno ispirato.
Mi piace paragonare il mio lavoro di fotografo al pattinaggio artistico. Ci sono le figure obbligatorie – eseguite di buon cuore – su un tema preciso. Ho lavorato su “Bhutan, terra di serenità”, su “Tibet, sguardo di compassione”, sul Nepal con “Buddhismes Himalaya”. “Viaggio immobile” è nato dalla meditazione seduta: sono rimasto un anno nel mio eremo a osservare le montagne e la luce.

In “Lumière” invece si tratta di figure libere. Il libro è cambiato molto durante la sua realizzazione. All’inizio avevo organizzato sezioni ordinate – luce minerale, luce della terra, dell’acqua, vegetale e animale, luce del cuore, spirituale, delle montagne, del cielo… Per fortuna una grafica geniale ha “sconvolto tutto” trovando qualcosa di molto più bello.

Con il mio editore abbiamo parlato delle foto, delle corrispondenze dei colori nel buddhismo, del simbolismo del mandala delle cinque saggezze, dei cinque veleni, dei cinque elementi. Hanno trovato tutto questo più interessante che ripercorrere la storia della fotografia a colori come avevo iniziato a fare. Così il libro si è organizzato come una “sinfonia cromatica” intorno ai colori dell’arcobaleno.

In greco, photographéin significa scrivere, disegnare, dipingere con la luce. Non l’ho inventato io: è l’etimologia del termine. Lamartine diceva: “La fotografia è l’arte di dipingere con la luce.” Salgado affermava che è “scrivere con la luce.” Mia madre, che era pittrice, aveva scritto un libro intitolato “Lumière, rire du ciel” (“Luce, riso del cielo”). Tutto questo si è incastrato perfettamente e mi ha permesso di usare foto inedite che non avevano legame con un luogo o un tema preciso.  In questa sinfonia cromatica ci sono paesaggi, ma anche persone…

Nell’impaginazione abbiamo voluto “rompere” le transizioni graduali di colore nei paesaggi inserendo all’improvviso un elemento umano, che però restasse in armonia con le forme o i toni precedenti.
Per esempio, un’aurora boreale ricorda un drappeggio che si ritrova poi nei meandri di un fiume e nel colletto di un vecchio uomo che ride.

Il libro mostra delle corrispondenze: comincia con il bianco e con la testa china di un monaco tra volute d’incenso — una sostanza non del tutto immateriale ma che non si può afferrare e non ha potere — e poi ritroviamo quelle stesse forme in una cascata di 70 metri in Islanda, manifestazione della potenza straordinaria dell’acqua.
Più avanti, i motivi della corteccia di un albero si rispecchiano in quelli di una gigantesca scogliera islandese… L’intero libro gioca sul contrasto e l’eco tra micro e macro, tra materia e spirito, tra umano e inanimato.

Ci sono due ragioni per cui fotografo: ridare fiducia nella natura umana e comunicare il senso dello stupore.  Ritengo essenziale mostrare la sofferenza attraverso immagini di guerre e carestie — e rispetto profondamente i reporter di guerra — ma oggi siamo sommersi da cattive notizie al punto da poter facilmente scivolare in una visione cupa dell’umanità, pensando che l’uomo sia fondamentalmente cattivo. È ciò che chiamo “la sindrome del mondo malvagio”. Si pensa che tutto è perduto, le persone sono cattive e il pianeta è in pessimo stato.

L’idea è ritrovare un’immagine più vicina alla realtà, quella che nel mio libro “In difesa dell’altruismo” ho chiamato “la banalità del bene” (in riferimento alla “banalità del male” di Hannah Arendt): la maggior parte del tempo gli esseri umani si comportano in modo decente gli uni verso gli altri. Solo che questo non fa rumore, mentre prestiamo più attenzione ai comportamenti devianti perché rappresentano un pericolo. Si tratta dunque di ridare fiducia nella natura umana, riscoprendo la nostra umanità condivisa, unica via d’uscita in tempi difficili, perché l’egoismo non può essere la soluzione. E allo stesso tempo, comunicare il senso dello stupore davanti alla parte selvaggia del mondo, perché il nostro pianeta è gravemente minacciato. Quando qualcosa ci stupisce, lo rispettiamo, ci sentiamo coinvolti dal suo destino, e ciò può portarci all’azione in modo ispirante, non deprimente.  Fotografo quindi il lato luminoso degli esseri umani — nelle persone comuni come nei maestri spirituali che emanano libertà e bellezza interiore. Fotografo anche la bellezza della natura, perché sia rispettata.
È una scelta deliberata, che assumo pienamente. È ciò che voglio condividere, e che provo gioia a condividere.

Dall’età di 13 anni non ho mai smesso di fotografare. È una grande gioia personale, e non mi sono mai stancato, anche se ci sono stati periodi in cui scattavo meno.  Durante i miei cinque anni di ritiro solitario, facevo poche foto. A Darjeeling ho vissuto sette anni in un piccolo monastero senza muovermi; fotografavo i miei maestri, ma solo cinque o sei rullini all’anno: non potevo permettermene di più.

Henri Cartier-Bresson disse: « La vita spirituale e la macchina fotografica di Matthieu sono una cosa sola » — non so se fosse un complimento!  Il rapporto tra meditazione e fotografia si manifesta soprattutto nel mio libro “Un voyage immobile”.  Per la prima edizione, ero rimasto un anno intero senza spostarmi più di duecento metri dal mio eremo. Ma da lì vedevo 200 chilometri di Himalaya, con campi, contadini nella nebbia, gazze davanti alla finestra ogni mattina… Tutto era lì, e io ero lì.
Ogni tanto, una volta ogni quindici giorni, arrivava un momento magico: una luce che durava appena 45 secondi. Il mio eremo era piccolo, tre metri quadrati: mi bastava allungare la mano, prendere la macchina fotografica da sotto il tavolo e scattare.  
Mostrai a Hervé de la Martinière le 80 foto che avevo ottenuto: nacque così un libro che abbiamo rieditato quindici anni dopo su carta migliore e con una selezione più bella, perché nel frattempo ero tornato ogni anno nel mio eremo.  Quel “Voyage immobile” è un piccolo scherzo verso i miei amici fotografi che girano i cinque continenti per fare immagini — anch’io l’ho fatto — ma rimanendo seduto un anno ho ottenuto ciò che per un fotografo “commerciale” sarebbe impossibile, perché non redditizio.
Questo viaggio immobile è possibile solo in una vita contemplativa, dove si fa altro, e la foto “arriva a te”: come diceva Cartier-Bresson, “non si scattano foto, sono loro che ti scattano.”

La meditazione offre una grande disponibilità a essere catturati da ciò che si vede. Il filosofo americano Henry David Thoreau, che camminava tre o quattro ore al giorno nella foresta, diceva che “non conta ciò che si guarda, ma ciò che si vede.” Per questo libro ho cominciato a osservare meglio le cortecce degli alberi, scoprendo meraviglie che prima mi sfuggivano: guardavo senza vedere.

La fotografia favorisce la presenza al mondo, ma anche l’apertura verso gli altri. Non faccio ritratti fuori dall’Himalaya, perché non fotografo persone che non conosco: non ho motivo di disturbarle.
In Himalaya, invece, conosco la gente e loro conoscono me. Veniamo con maestri spirituali o per progetti associativi: c’è complicità. Basta un cenno d’intesa, e si mettono a ridere — e nasce un ritratto naturale e spontaneo. 
Ho pubblicato quindici libri di fotografia e venticinque saggi (ho perso il conto!), e fin dall’inizio — dal 1997, con la pubblicazione di “Il monaco e il filosofo” — ho deciso di donare tutti i miei diritti d’autore e i proventi delle fotografie a Karuna-Shechen, l’associazione che ho fondato nel 2000.
Non è stato difficile: non ne avevo bisogno e non volevo complicarmi la vita con il denaro. La vita laggiù è molto poco costosa.

Karuna è cresciuta in 25 anni. All’inizio lavoravamo soprattutto in Tibet, poi abbiamo fondato una clinica in Nepal e una in India, che sono cresciute. Abbiamo creato una clinica mobile che inizialmente serviva cento villaggi, poi seicento. Abbiamo contribuito alla creazione di 60.000 orti familiari, avviato programmi di alfabetizzazione femminile, educazione prescolare, assistenza sanitaria di base, lotta contro la povertà estrema. In Nepal operiamo in regioni trascurate, al confine con l’India e tra le montagne. In Tibet abbiamo fondato scuole in luoghi dove non c’era nulla, nemmeno un dispensario a un giorno di cavallo di distanza. Sono state effettuate 15000 operazioni alla cataratta con un metodo rivoluzionario (al costo di 80 euro ad intervento) e tutte queste persone hanno rivisto la luce.  
Per le donne in gravidanza abbiamo creato il programma “Salvare la madre e il bambino”, con centinaia d’ore di formazione, film e cartoni animati che spiegano come tagliare il cordone, rianimare un neonato aspirando il muco… 15.000 persone hanno ritrovato la vista con operazione alla cataratta (al costo di 80 euro ciascuna).  Abbiamo distribuito kit con lame sterili, farmaci contro le emorragie, video in tre dialetti, e portato visite mediche in centinaia di campi nomadi per cinque anni.
Il progetto è stato poi adottato dalle autorità sanitarie locali.  Oggi, a causa della situazione politica, abbiamo meno possibilità di lavorare in Tibet; per non mettere in pericolo i nostri collaboratori, ci siamo concentrati su India e Nepal.  

La luce è al cuore di molte cose.Oggi manca la luce. Gli adolescenti privi di luce e natura rischiano di non stare bene. La privazione di contatto con la natura mina la creatività, Essere in mezzo alla natura è un invito a rallentare e a contemplare. 

Articolo di Anne Garrigue

- Per chi fosse interessato: l’attività dell’associazione e di Matthieu Ricard si può seguire su karuna-shechen.org

Altri due libri di fotografie di Matthieu Ricard: L'esprit du Tibet;  Himalaya Buddhiste. 

 C'è un'intervista a Matthieu Ricard nel PodCast  Métamorphose.     

Alexandre Dana ospita Matthieu Ricard, monaco buddista, fotografo e interprete francese del Dalai Lama. In un'epoca in cui scattiamo migliaia di foto senza più guardare davvero la realtà, che fine ha fatto la nostra capacità di meravigliarci? In che modo la luce, le forme e i colori diventano un percorso spirituale quando impariamo ad accoglierli invece che a catturarli? La fotografia può ancora essere un'arte del silenzio, della presenza e della contemplazione? Matthieu Ricard e Alexandre Dana ci accompagnano in un luminoso viaggio visivo e meditativo! 

Alcune citazioni dal podcast con Matthieu Ricard:
La mancanza di contatto con la natura danneggia la creatività”.
“La luce suprema è quella del risveglio spirituale.”
“Meravigliarsi davanti al potenziale dell'essere umano, mettere in risalto la nostra comune umanità, ne abbiamo tanto bisogno per affrontare la sfida del XXI secolo.


Link al Podcast -  La lumière ultime,   c'est celle de l'éveil spirituel.         https://open.spotify.com/episode/4b6kM82gCU0TwNuLG3e7q2?si=l2FYTDOMQn6npq356Ib_cA 

venerdì 10 ottobre 2025

Yoga tradizionale alla Biblioteca Laurentina

Lunedì 15 settembre alle 11:00 riprendono gli appuntamenti con lo Yoga tradizionale a cura di Cesare Maramici , per la pratica consapevole di quest'antica disciplina che favorisce un approccio olistico alla salute e al benessere della persona.  
L'attività proseguirà ogni lunedì alla stessa ora ed è gratuita e aperta a tutti.  Si consiglia di portare un telo o un tappetino.

 

Articoli sui testi fondamentali dello yoga

 Per avere un'idea del contesto sapienziale di riferimento dello yoga vedi i seguenti articoli del blog:     

 

Note sullo yoga  

https://maramici.blogspot.com/2022/06/note-sullo-yoga-dal-testo-lo-yoga.html

Yoga sutra 

https://maramici.blogspot.com/2021/06/gli-yoga-sutra.html

https://maramici.blogspot.com/2021/10/gli-otto-passi-dello-yoga.html

Bhagavad Gita

https://maramici.blogspot.com/2022/06/la-bhagavad-gita-e-gli-yoga-sutra.html

https://maramici.blogspot.com/2021/04/la-bhagavad-gita.html

L'Hatha Yoga

https://maramici.blogspot.com/2023/04/lhatha-yoga-e-le-upanishad-dello-yoga.html 

Le Upanishad dello yoga 

https://maramici.blogspot.com/2021/05/le-upanishad-dello-yoga.html

https://maramici.blogspot.com/2023/04/le-upanishad-dello-yoga-2.html

https://maramici.blogspot.com/2023/04/le-upanishad-dello-yoga-1.html

https://maramici.blogspot.com/2023/04/yogatattva-upanishad.html

I testi tantrici  

https://maramici.blogspot.com/2021/04/le-perle-del-tantra-i-testi-classici.html

https://maramici.blogspot.com/2021/06/hatha-yoga-pradipika.html

Il testo I doni dello yoga del Maestro Antonio Nuzzo

https://maramici.blogspot.com/2021/10/i-doni-dello-yoga-antonio-nuzzo.html

I testi fondamentali dello yoga - Sequenze - Enciclopedia dello yoga

Lo Yoga non presenta un’unica forma ed un’unica tradizione. Le tradizioni yogiche sono parecchie e tendono a moltiplicarsi, ma tre tradizioni fondamentali si sono affermate nel tempo e da esse le altre tradizioni hanno tratto la loro origine.  Esse sono, in successione, il Kriya Yoga, il Raja Yoga e lo Hatha Yoga.      

Si passa dall’esperienza spontanea dell’estasi mistica del Kriya Yoga, all'induzione scientifica della trance estatica del Raja Yoga e da questo alla sua variante “corporea" dello Hatha Yoga.  I testi fondamentali di queste tre tradizioni sono:  

  • La Bhagavad Gita, è la prima testimonianza riguardante il Kriya Yoga, databile al V-I sec. a.C. 
  • Lo Yoga Sutra, è il primo trattato sistematico del Raja Yoga, e risale tra il II sec. a.C. e V sec. d.C.
  • La Goraksa Sataka, la prima esposizione dello Hatha Yoga, è probabilmente dell’XI secolo d.C. La sua esposizione più compiuta, lo Hatha Yoga Pradipika, è datata intorno a 1600
Riporto di seguito il link ai testi completi in Pdf presi dal ricchissimo sito di Gianfranco Bertagni (http://www.gianfrancobertagni.it/ ).   Gianfranco Bertagni insegna presso la Scuola di Filosofia Orientale (www.scuoladifilosofiaorientale.it) ed è docente all'interno della cattedra di Storia delle Religioni. 
 

Testo completo della Bhagavad Gita: 

http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/vedanta/bhagavad.htm

 https://www.yogawaytrieste.org/files/Download/BHAGAV_GITA.pdf                 

Testo completo degli Yoga sutra

http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/meditazione/yogasu.pdf 

http://www.yogawaytrieste.org/files/Download/Patanjali_Claudio_Biagi.pdf

Testo completo dello Hatha Yoga Pradipika: 

http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/tantra/donnini.pdf

 http://www.yogawaytrieste.org/files/Download/hatayoga_pradipika.pdf

 Vedi:  https://maramici.blogspot.com/2024/08/testi-completi-in-pdf-dei-testi-sullo.html 

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Per chi è troppo impegnato può trovare i riassunti qui:   

https://maramici.blogspot.com/2023/04/articoli-del-blog-sullo-yoga.html 

Per chi volesse avere un'idea sullo yoga può leggere il riassunto del libro che ho scritto 

https://maramici.blogspot.com/2023/11/riassunto-del-libro-lo-yoga-spiegato.html

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Link per le sequenze di yoga       

Per prepararvi alla lezione potreste dolcemente fare da casa questa FACILE  sequenza:  https://maramici.blogspot.com/2023/09/sequenza-di-posizioni-yoga-facile.html

Quelli che sono già in forma potrebbero fare la sequenza di yoga proposta dal protocollo yoga  https://maramici.blogspot.com/search?q=protocollo+yoga

Sequenze proposte da Jayadev il responsabile dello yoga ad Ananda - Assisi https://maramici.blogspot.com/2021/08/sequenze-di-yoga-proposte-da-jayadev.html

Sequenza proposta da Sivananda -  difficoltà media.   https://www.sivananda.eu/it/posture-yoga/sequenza-per-livelli-intermedi.html 

Altre sequenze di yoga:  https://maramici.blogspot.com/2021/06/sequenze-di-yoga.html 

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Meditazioni guidate con il Maestro yoga Amadio Bianchi

https://www.podomatic.com/podcasts/pdpeter77 

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Yoga Pills è un mini portale dello yoga dedicato a tutti i praticanti appassionati di yoga, dai principianti agli insegnanti.   Si tratta di un'iniziativa senza fini di lucro, con lo scopo di favorire la diffusione e la comprensione di questa antica e affascinante disciplina e fornire utili informazioni e servizi.  Vedi:       https://www.yogapills.it/       

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Riassunti dei libri che ho scritto su yoga e meditazione

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Una scuola laboratorio di vita

Pensare con la propria testa, senza lasciarsi condizionare, è indice di coraggio - Gandhi                                     La salute del corpo dipende da quella dello spirito - Maria Montessori 

Questo testo Una scuola laboratorio di vita. Dalla pedagogia ai grandi maestri di Francesca Leone pubblicato nel 2019 parla dell'educazione a scuola.  Una scuola laboratorio di vita è un modello pedagogico che trasforma la scuola in uno spazio di apprendimento esperienziale e attivo, dove gli studenti costruiscono attivamente le proprie conoscenze attraverso l'azione, l'indagine e la creazione, integrando il sapere con la vita pratica e i valori umani, ispirandosi a pedagogisti come John Dewey e all'idea di una crescita personale e sociale significativo.    

Gli insegnanti dovrebbero trasmettere ai bambini l'uguaglianza di tutti, al di là di ogni credo e colore,  e dovrebbero essere l'esempio di quello che vogliono trasmettere, e avere un atteggiamento coerente.  I veri Valori umani sono universali, innati e fanno parte integrante della natura umana. 

In questo testo viene presentato il metodo "EduCare" usato dal grande Maestro e pedagogista indiano Sathya Sai Baba, sviluppatosi oggi in tante parti del mondo, con scuole gratuite. Si basa sui cinque valori umani fondamentali che sono: Verità, Rettitudine, Amore, Pace, NonViolenza.  

Oggi la nostra scuola, nonostante il progresso, per un insegnante che la vive, risulta molto carente e dispersiva. La vita di oggi si basa sui valori del profitto e delle dipendenze, e l'uomo medio diventa sempre più insicuro, pieno di ansie e paure, e condizionato dalle nuove tecnologie.  

L'insegnante non ha più il ruolo di informatore di cultura e di nozioni, oggi facilmente usufruibili con l'ausilio della tecnologia, ma di facilitatore e di guida amorevole in senso olistico, specie a livello emotivo-sociale e psico-spirituale Come dicono anche gli psicologi Rogers e Ken Wilber, l'educatore dovrà ascoltare e guidare, comprendere i suoi  bisogni emotivi e dei suoi allievi. E' importante che educatori e famiglie contribuiscano a proporre ai bambini una vita più serena e felice possibile, pur in mezzo a tanta negatività che cerca di sommergerci in modo costante, opprimente e subdolo. 

Oggi i ritmi sono diversi, tutto sembra accellerato, le giornate sono esageratemente piene, si corre anche con la mente, mentre fai una cosa stai già pensando alla prossima.   Spesso gli adulti sono super-attivi, più dei loro figli, impegnati, stressati, non sanno come rilassarsi, non sanno cosa è il silenzio, parlano e spesso sovrappongono le loro voci, interrompono, non ascoltano l'altro, sono cellulari-dipendenti. Per contrastare questi fenomeni si dovrebbe prendere tempo per meditare. Un insegante yoga dovrebbere trasmettere positività, calma e serenità mentale. Chi medita, di solito, ha un'età biologica di molto inferiore a quella anagrafica. Se aumenta l'energia i disturbi fisici diminuiscono, e si possono sviluppare maggiormente le qualità positive e i propri talenti.  

In questo tempo di consumismo imperante, occorre ricordare che le cose importanti della vita sono: avere relazioni armoniose, il sentirsi utili e parte di una comunità, nutrire sentimenti positivi che diano serenità e possano aiutare a sviluppare la creatività, il contatto con la natura e la spiritualità. Soprattutto nelle grandi città l'interazione sociale è molto limitata. Si dovrebbero reimpostare le abitudini cambiando le priorità.

Occorre prendere consapevolezza dell'importanza della collaborazione, come diceva Lao Tse: "La via del saggio è agire, ma non competere". Occorre imparare ad organizzarci e agire in modo collettivo per prenderci cura di noi stessi e dei nostri bambini.  In molti posti del mondo stanno nascendo "borghi" o piccole "comunità", "eco villaggi", nuove forme di scambio con persone in sintonia che mirano soprattutto a ritrovare se stessi liberandosi dalla ossessione consumistica; comunità efficienti e autosufficienti non più schiave del business, di chi manovra la politica e l'economia... 

Quando giudichiamo, gridiamo e condanniamo siamo lontani dal nostro cuore, e vuol dire che predomina  l'ego e la mente che  vuole farci interpretare la realtà in modo negativo. Abbiamo l'esempio di Gandhi e Nelson Mandela che non giudicavano e odiavano i loro persecutori, nè si abbattevano, conservando una straordinaria stabilità psicologica. Rispettiamo e dimentichiamo i limiti degli altri. 

I nostri sentimenti dipendono da come interpretiamo l'esperienza, e questa interpretazione ci spinge o meno ad agire in qualche modo. Anche le situazioni più difficili hanno sempre una possibilità interpretativa.  I buddhisti riconoscono tre tendenze nocive da superare che sono, l'attaccamento, l'avversione e l'illusione, Quindi anche attaccarci al passato non è positivo, dobbiamo elaborarlo, comprenderlo e prenderne la distanza per poi superarlo. Dovremmo introdurci con coraggio nel futuro. E' importante riconoscere i limiti o difetti da un lato e i pregi e le qualità dei propri modelli nell'infanzia.  

Dovremmo trovare dei metodi che ci permettono di  gestire i sentimenti, ad esempio per gestire la rabbia pootremmo anche usare il metodo della "lettera", scrivendo tutto il risentimento, collera e aggressività su un foglio.  Importante è passare il tempo con qualcuno di allegro che vi tiri su, e non parlate di problemi, distraete la mente facendo passeggiate, danzando, suonando, ecc...  Fondamentale è anche riuscire ad imparare a rilassarsi e ad "allenarsi alla calma mentale". Per questo occorre rilassare il corpo fisico, acquietare le emozioni, rendere la mente libera e sgombra da ogni pensiero.  Fate in modo di complimentarvi con le persone per i loro progressi e che possano parlarvi con la massima fiducia. Non notate i loro piccoli difetti, cercate invece le loro qualità. Aprite il vostro cuore e siate sempre sinceri, siate pazienti sempre di più, di più.

Nella scuola, quello che conta, oltre la preparazione professionale, è il cuore. Un ragazzo  cresciuto in un ambiente in cui viene ascoltato, capito, e in cui può esprimersi con tranquillità, difficilmente sentirà il bisogno di unirsi a un "branco" per trovare sostegno e compagnia. Amore, accoglienza e supporto aiuteranno il bambino a coltivare le aspirazioni più profonde. I bambini considerati difficili, sono i più intelligenti, sensibili e di veloce apprendimento.  Se non ci impegniamo ad attivare la consapevolezza, la fiducia e l'autocontrollo, nulla potrà cambiare.  Importante è l'amore e la presenza di un genitore. Chi è pieno di amore e riesce ad amare non pensa ai soldi, è così impegnato ad amarsi e ad amare che si sforza continuamente a migliorare se stesso e fare del bene.    Anche il giudizio non aiuta allo sviluppo di un bambino e di una persona, è importante allora smascherare e sospendere il giudizio. Ricordiamo che dove c'è giudizio che ferisce, non c'è amore. 

Altro aspetto importante è una sana Inter-azione, tutto quello che facciamo crea una risonanza, si riflette non solo sugli altri ma molto di più su noi stessi. Comuni-care significa mettere in comunione, andare incontro all'altro e non contro, significa accogliere, integrare e non rifiuare o criticare. Spesso non ci si ascolta e ognuno vuole mostrare solo la sua superiorità, invece di arricchirsi in modo reciproco delle proprie esperienze e sentimenti. E' spesso facile analizzare gli altri,  più difficile esaminare se stessi, si amplificano allora gli errori degli altri per non guardae i propri limiti. La critica genera rabbia e dolore. Anche con i bambini non dovremmo usare un tono critico, procurerà loro solo dolore, disagio e senso d'inferiorità. Il rapporto adulto - bambino dovrebbe arricchire entrambi: i bambini rappresentano la purezza, gli adulti l'esperienza e la saggezza, così ognuno è al servizio dell'altro. 

Per i buddhisti, Maslow, Rousseau, l'uomo nasce con buone qualità, la natura umana è buona, poi l'esperienza trasforma queste qualità.  Nei laboratori della Pace, i piccoli gesti di gentilezza e positività si propagano rapidamente nella classe. 

L'uomo oggi ha perso di vista la sua interiorità, dovremmo trasmettere valori positivi. Dovremmo riuscire ad apprezzare ciò che siamo e quello che si ha, le cose essenziali, senza desiderare il superfluo; occorre saper godere delle bellezze naturali e vivere con semplicità che diventa leggerezza e gioia di vivere. Se non c'è fiducia in se stessi non si arriva da nessuna parte, mancherà la forza e il coraggio oltre che la capacità di elevarsi e migliorare la propria vita.   

Altri elementi fondamentali sono l'onesta e la coerenza: non c'è niente di quello che dici che contraddice quello che pensi o fai. La pace della mente è dovuta alla loro perfetta onestà verso se stessi, verso gli altri e verso il compito che si svolge.   Nella filosofia yoga l'unico dharma e dovere di ognuno è dunque la Verità che non danneggia nessuno. E' anche la vera natura dell'uomo e renderà congruenti ogni suo pensiero, parola e azione.  Se l'uomo conoscesse se stesso non ci sarebbero più meschinità e dolore.  Si dovrebbe ridimensionare continuamente l'ego che è avido, per liberare il Sé e far si che l'ego diventi il veicolo dell'anima e non la sua prigione. 

La spiritualità significa entrare in contatto con la Coscienza Superiore. Per Spirituale o Adhyatmico si intende indicare lo sforzo sincero per raggiungere due scopi: l'eliminazione dei tratti animali che ancora sussistono nell'uomo e la sua unità con il divino; l'individuo diventa uno con il Tutto. La vera vita spirituale è quella che insegna l'unità e porta verso l'amore, senza egoismi. Quando il nostro cuore sarà colmo di amore, sarà possibile ottenere tranquillità nel pensiero e pace nella mente.  San Francesco mostrò alla Chiesa i propri limiti e il significato di una vera e profonda spiritualità. Tutta la sua vita è un inno all'unità; in India è il santo più conosciuto. 

 Spiritualità è impegno e costanza, è un'esperienza di apertura mentale e consapevolezza, di auto-osservazione, di lavoro interiore su se stessi, una sorta di auto-analisi che porta alla sintesi. Serve per guardarsi dentro, andare oltre i propri limiti, liberandosi dai condizionamenti del passato per migliorare il proprio carattere, diventare autonomi e ritrovare se stessi.   Le cose belle che veramente contano : affetti, salute, solidarietà, benessere interiore, pace mentale ... sono spesso trascurate. L'uomo non si accontenta delle cose semplici e naturali, non mette un tetto ai suoi desideri, perciò è insoddisfatto e continua a correre, correre...  andare da un posto all'altro, da una relazione all'altra. 

Possiamo spiritualizzare ogni atto della vita quotidiana. Liberarci dall'egoismo; apprendere ad ascoltare, comprendere l'altro sono importanti qualità spirituali. Dobbiamo evitare attaccamento e dipendenza, cercare di avere un sano coinvolgimento in tutto, con più equilibrio e leggerezza. La vita e il percorso spirituale non possono essere separati. Per arrivare ad un livello vibratorio più alto potremmo usare mantra, meditazione, buone letture, servizio sociale disinteressato e  vivere in mezzo alla natura.  

L'educazione spirituale, a differenza dei dogmi religiosi, è fondata su principi universali di tolleranza, pace, verità, sincerità, amore e servizio e non sul settarismo, valori universali che rendono la vita piena e appagante.   Così imparare a "vivere  bene e in armonia con tutti" dovrebbe essere la base dell'educazione, anche nelle scuole.  

La spiritualità può influire sulla salute, come diceva Jung "la vera terapia consiste nell'approccio al divino, più si raggiiunge l'esperienza del divino, più si è liberati dalla maledizione delle patologie".  Molte malattie per alcuni studiosi sono psico-somatici e possono derivare da emozioni nocive ripetute come rabbia, invidia, e nascono sicuramente da uno stato di disagio e di conflitto interiore non risolto.  Se c'è armonia corpo, mente e anima è difficile che la malattia possa svilupparsi. Claudio Pagliara, medico oncologo e ricercatore dice: "Il cervello è il più efficiente produttore di farmaci e veleni".  Un medico che si interessa alla persona prima del sintomo è una cosa rara oggi. Il medico di famiglia, che attraverso il dialogo  ti curava l'anima, è scomparso.  Nella trasmissione televisiva "Presa Diretta " intitolata "Malati di farmaci" si è messo in evidenza l'abuso e l'uso inappropriato che gli italiani fanno dei farmaci che fanno più danno che beneficio al paziente. Marcel Proust disse " Sembra che la natura sia in grado di darci solo malattie piuttosto brevi, la medicina ha inventato l'arte di prolungarle".  La malattia è un segnale che il corpo ci manda per dirci che ha perso l'equilibrio, una spia che c'è bisogno di un riequilibrio energetico. Dovremmo imparare a mantenere la mente serena. Le malattie sono spesso causate dall'ansia, le ansie sono delle paure create dalla mente che rimugina sul passato e si angoscia per il futuro. Resta giovane chi è sano, ed è sano chi è disciplinato nel suo tenore di vita, chi fa un uso costruttivo del suo tempo, chi ha un corretto comportamento e si adopera a seminare il bene.

Fino all'ultimo istante della sua vita l'uomo dovrebbe conservare la sua voglia di osservare, ricercare, aggiornarsi, comprendere e sperimentare. la nostra è un'evoluzione continua di pensiero verso l'introspezione e la saggezza.  La rigidità mentale blocca anche il corpo. Allora sarebbe bene per un adulto ri-imparare ad adattarsi alle circostanze senza pretendere che siano le circostanze ad adattarsi a lui, ai suoi desideri.   Si dovrebbe sviluppare anche la capacità di perdonare facilmente e dimenticare velocementie i torti subiti. Oggi l'onore e il prestigio vengono prima dell'amore.  Un esempio di non attaccamento ai risultati e dell'impermanenza, è il mandala di sabbia costruito dai monaci tibetani, che dopo un lungo lavoro viene distrutto.  Molti adulti hanno perso il sorriso e la connessione con il Divino. Dovremmo impegnarci, guardarci dentro e auto-trasformarci, sviluppare il potenziale umano  per dare un senso più alto e più pieno alla nostra vita.     Valori come la condivisione, la cooperazione, l'autocontrollo, la pazienza e la fiducia in se stessi e negli altri sono alla base di una vera vita, piena, felice e di successo.  Quando sei arrivato a conoscere bene te stesso, puoi metterti al servizio degli altri attraverso il volontariato esprimendo generosità e condivisione e senza attenderti niente in cambio. 

Anche gli educatori dovrebbero avere queste qualità come l'empatia, capacità comunicative, valori etico-sociali e spirituali. L'insegnante rappresenta lui stesso il cambiamento che vuole vedere nel mondo e farà da riferimento e modello ai suoi allievi. Dovrebbe aiutare i bambini  a conoscersi e a sviluppare le loro qualità.   Anche i genitori dovrebbero rappresentare dei modelli per il loro figli, che spesso sono critici nei loro confronti: "mia madre è sempre nervosa", "mio padre sta con il cellulare appiccicato in mano".

Un profondo cambiamento può avvenire aprendo il cuore alla conoscenza e consapevolezza di sé e dell'altro. Questo potrà essere il punto di partenza per costruire una società pacifica di persone libere, costruttive e felici.  

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