lunedì 13 gennaio 2025

Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono circa 800 articoli, la maggioranza dei quali verte su yoga, meditazione, buddhismo, filosofie orientali. Gli articoli sono essenzialmente riassunti di libri che ho letto su questi argomenti e che mi hanno particolarmente colpito.                                      

Per ricercare un soggetto specifico si può usare la finestrina a destra, oppure si possono usare le categorie (etichette) che si trovano sulla destra. Sul Blog sono riportati anche i libri che ho scritto sullo yoga e la meditazione e la gallery di alcuni miei viaggi.              

       Buona lettura   

 

Le ragioni della tolleranza: Oltre i confini dell'indifferenza

 Articolo scritto dal mio amico ROBERTO FANTINI  su Flip News  (Free Lance International Press)  vedi:     https://www.flipnews.org/index.php/life-styles-2/technology-2/item/4221-le-ragioni-della-tolleranza-oltre-i-confini-dell-indifferenza.html

Dato che non penseremo mai nello stesso modo e vedremo la verità per frammenti e da diversi angoli di visuale, la regola della nostra condotta è la tolleranza reciproca.”  - Mahatma Gandhi


Le ragioni della tolleranza valgono ovunque: nei banchi di scuola, in ufficio, in fabbrica, allo stadio, nella cabina elettorale, nell’aula giudiziaria, nelle pubbliche manifestazioni. Perché sia abbattuta la barriera fra vizi privati e virtù pubbliche occorre che la tolleranza divenga un abito mentale. E’ essenziale cioè che essa divenga un valore per tutti, che il suo significato profondo venga appreso, acquisito dalla nostra coscienza e faccia parte di noi.” - Salvatore Parlagreco

La discordia è la piaga del genere umano, e la tolleranza ne è il solo rimedio.” - Voltaire                           
Capita spesso di veder confuse, in maniera alquanto discutibile e fuorviante, tolleranza ed indifferenza. Come se, l’unica possibilità per liberarci dalle innumerevoli forme di faziosità settaria, di diffidenza e rifiuto dell’altro, nonché di odio violento nei confronti di tutto ciò che appare diverso e nocivo, possa derivare dal rifiuto radicale del prendere posizione sulle cose che contano, barricandosi dentro gli angusti ma confortevoli confini della propria egoità.

Certo, nel caso non ci si interessasse affatto di religione, di politica o di calcio, ci apparirebbero del tutto prive di senso sia le varie possibili contrapposizioni e querelles di carattere teorico che potrebbero sorgere intorno a simili tematiche, sia le lotte di carattere pratico miranti a denigrare, discriminare, perseguitare le fazioni avverse, in vista di una tanto bramata conquista del primato.

La condizione dell’indifferenza, però, pur risultando indubbiamente preferibile a quella di chi esercita l’intolleranza fanatica e aggressiva, non è in grado di presentarsi come una strategia capace di proteggere l’umanità dalla piaga dell’intolleranza. E questo, innanzitutto, perché l’indifferenza  non potrà mai venire estesa a tutti gli ambiti, ma solamente a quelli che ciascuno di noi potrà ritenere (in maniera inevitabilmente opinabile) privi di significato e di rilevanza. Inoltre, avrà sempre un’ efficacia estremamente parziale e precaria: potrà soltanto provvisoriamente impedire ai suoi sostenitori e praticanti di gettarsi nella mischia, ma non certo che altri lo facciano.

Ma perché, dopo millenni di odio teologico, di persecuzioni etnico-razziali, di crociate, inquisizioni, anatemi, epurazioni, deportazioni e stermini di massa, nonostante i tanti appelli al dialogo, all’ascolto, al reciproco rispetto, ecc., ancora  tante e così granitiche difficoltà nel coltivare e praticare elementari forme di tolleranza?

Credo che, alla base di simili resistenze, sia possibile intravedere meccanismi di ordine psicologico ricorrenti in tutta la storia del genere umano. E, come ci insegna meglio di chiunque altro il Socrate platonico, la causa prima dell’intolleranza andrebbe sempre individuata nell’ignoranza, intesa come il non sapere di chi crede di sapere.

Questo perché il credere di sapere implica necessariamente la certezza di essere in possesso della Verità e, di conseguenza, la presunzione di sapere cosa sia necessario, cosa sia utile, cosa sia doveroso fare in vista del Bene (in ogni campo e ad ogni livello): chi rifiuta quella Verità, che io ritengo essere l’unica vera e che io “so” di possedere, verrà percepito come “nemico del Vero” e, come tale, anche “nemico del Bene” (il Bene può nascere, infatti, soltanto dal Vero).

Quindi, io, che so di avere la Verità e che so cosa si dovrebbe operare per il conseguimento del nostro Bene, come potrei non sentirmi moralmente obbligato a combattere chi, volontariamente o involontariamente, rifiutando il Vero, finisce inesorabilmente per ostacolare la realizzazione del nostro Bene?

E, nello stesso tempo, come potrei non sentirmi in dovere di cercare di impedire (al fine di difendere e di realizzare il Bene di tutti) il verificarsi di tutto quello che ritengo poter nuocere all’affermarsi del Vero e alla sua concretizzazione oggettivata, sia nella sfera individuale che in quella collettiva?

E come non sentirmi pienamente autorizzato e legittimato a ricorrere ad OGNI mezzo umanamente possibile per impedire o, almeno, semplicemente rallentare il trionfo del Bene?

Di fronte ad un fine tanto elevato (e tanto indiscutibilmente giusto), risulta legittimato, anzi, doverosamente richiesto, il ricorso a qualsiasi mezzo ritenuto “utile”: censura-imposizioni-limitazioni varie-controllo sistematico-isolamento-incarcerazione-tortura-deportazione-pena di morte.   Il non farlo verrebbe ad evidenziare una grave mancanza di senso di responsabilità e di attenzione agli interessi della collettività, e, quindi, una psicologia ed una moralità spregevolmente e pericolosamente egocentriche.

Il ritenere, quindi, di poter possedere (in modo assoluto) una Verità assoluta prepara la strada alla accettazione e consacrazione di poteri anch’essi assoluti e, come tali, senza confini. Di fronte ad una simile mentalità, potrà risultare massimamente efficace  l’esercizio terapeutico della Filosofia in ottica autenticamente socratica ed ecletticamente teosofica.  Ovverosia, educando il pensiero:

    - all’uso critico-sistematico del dubbio;
   -  al coraggio del giudizio autonomo;
   -  alla capacità di autoanalisi e di autocritica;
   -  alla consapevolezza del limite sia delle proprie che delle altrui certezze;     anzi, alla consapevolezza dei limiti invalicabili dello stesso pensiero umano nel cercare di approdare a qualcosa di definibile come assolutamente certo e, quindi, non più rivedibile-discutibile-correggibile-migliorabile;
   - alla consapevolezza, perciò, della necessità irrinunciabile di un continuo processo di ricerca e, quindi,
   della necessità di diffidare di tutte le risposte blindate, dogmaticamente imposte sulla base della strategia dell’ ipse dixit;
 - nonché della necessità di una costante disponibilità al confronto sincero, allo scambio, alla cooperazione  paritaria, alla consapevolezza che ogni verità è inevitabilmente “figlia del Tempo”, e che ogni verità rappresenta inevitabilmente (soltanto) il risultato della nostra (soggettivissima) attività conoscitiva condotta nel tempo e nello spazio (nel nostro tempo e nel nostro spazio),  e che, quindi, è in grado di rappresentare esclusivamente il punto di approdo del nostro sguardo sul mondo, ovvero sempre lettura prospetticamente fondata,  e, come tale, sempre valida relativamente e provvisoriamente.

Un simile atteggiamento potrebbe condurci, allora, a pensarci come esseri non più divisi e contrapposti in quanto credenti e non-credenti, platonici e aristotelici, teisti e panteisti, rivoluzionari e controrivoluzionari, ortodossi ed eterodossi, ecc., bensì come viandanti, pellegrini, eterni ricercatori, desiderosi di conoscere sempre più e sempre meglio il Vero e il Bene.

E i vari credo (religiosi, filosofici, politici, ecc.) potranno apparirci, finalmente, non più come entità boriosamente e cruentemente condannate a lottare fra loro, bensì come differenti itinerari, tutti percorribili e tutti sperimentabili, ovvero differenti sentieri  inerpicantisi su di un’unica immensa montagna: 

- tutti relativamente validi;
- tutti meritevoli di essere presi in considerazione, di essere esaminati senza pregiudizi, di essere discussi criticamente, con lealtà, con franchezza e con rispetto.

In un articolo apparso su Lucifer, nel gennaio 1888, Helena Petrovna Blavatsky*, fondatrice della Società Teosofica (New York 1875), vulcanica scrittrice e infaticabile demolitrice di pregiudizi culturali, ci fornisce un’analisi estremamente efficace e convincente del fenomeno dell’intolleranza.
Chi crede di aver trovato l’oceano nella sua brocca d’acqua – scrive - è naturalmente intollerante nei confronti del suo prossimo, il quale, a sua volta, si compiace d’immaginare d’aver versato il mare della verità nel suo piccolo vaso, ma chiunque conosce, come i teosofi, quanto infinito è l’oceano dell’eterna saggezza, per essere scandagliato da qualche uomo, classe o partito, e comprende quanto poco contiene anche il più grande recipiente fabbricato dall’uomo, in confronto a quanto giace sopito e non ancora percepito nelle sue oscure e abissali profondità, non può essere che tollerante; perché vede che gli altri hanno attinto con i loro recipienti nello stesso grande serbatoio nel quale ha attinto egli pure e, per quanto l’acqua nei vari recipienti possa sembrare diversa all’occhio, ciò può darsi soltanto perché è colorata dall’impurità che si trovava nel recipiente prima che vi venisse versato il cristallino elemento – parte dell’eterna ed immutabile Verità.

Secondo questa prospettiva, i produttori-possessori di ciascun  recipiente conoscitivo (ovvero fede religiosa, sistema filosofico, ideologia politica, ecc.), ignorando di aver attinto tutti ad un unico immenso serbatoio, cadrebbero nell’errore di ritenersi i soli capaci di raccogliere, contenere ed offrire al mondo la sola salutare e salvifica acqua, considerando il contenuto degli altrui recipienti  sostanzialmente diverso dal proprio e, pertanto, inadeguato e nocivo.

Unica via alternativa in grado di espellere l’intolleranza dalla nostra storia, sarebbe quindi costituita – secondo la prospettiva teosofico- blavatskyana (in chiara sintonia con quella neoplatonica di Ammonio Sacca e con quella irenico-umanistica di un Giovanni Pico della Mirandola** o di un Erasmo da Rotterdam) – dal saper accettare l’idea della presenza di una parte della Verità all’interno di ogni religione e di ogni sistema filosofico e politico, nella consapevolezza che  “se vogliamo trovarla dobbiamo cercarla alle origini ed alle sorgenti di ogni sistema, alle sue radici ed ai primi germogli, non nelle tardive escrescenze delle sette e dei dogmatismi.

E unica cura contro tutti i fanatismi potrà essere soltanto – sempre su questa via - il riconoscere che tutte le proprie amatissime convinzioni non siano altro che piccolissimi  granelli di verità, inesorabilmente mescolati all’errore e  che, nello stesso tempo, “gli errori degli altri sono come quelli propri:  misti alla Verità”. 

sabato 11 gennaio 2025

Talvolta penso che il paradiso sia leggere continuamente, senza fine.

 Talvolta penso che il paradiso sia leggere continuamente, senza fine.  -- Virginia Woolf    

Yoga e meditazione in biblioteca

Nella prospettiva dell’Agenda 2030 le biblioteche hanno un ruolo chiave nel Sistema del Benessere, in qualità di infrastrutture culturale di prossimità, rappresentando un “punto di riferimento” fondamentale per la crescita culturale delle persone che le frequentano. Lo yoga, che racchiude pratiche meditative, ricerca una serenità fisica e spirituale, inserendosi quindi a sua volta in quelle pratiche volte alla ricerca di benessere.
A gennaio riprendono le lezioni di yoga tradizionale con Cesare Maramici, durante le quali si effettueranno semplici posizioni ed esercizi di respirazione: lunedì 13 gennaio, lunedì 20 gennaio e lunedì 27 gennaio 2025 alle ore 10.30 alla Biblioteca Laurentina nell'ambito della rassegna Yoga tradizionale e  venerdì 31 gennaio 2025 alle ore 16.30 alla Biblioteca Pier Paolo Pasolini.

Vedi link:  https://www.bibliotechediroma.it/opac/news/yoga-e-meditazione-in-biblioteca/36133  

Il significato di meditare

Per illustrare che cosa è la meditazione prendiamo le frasi dei tre grandi meditanti.               

 La parola meditare è spesso usata impropriamente; per l'occidentale meditare si riferisce a mens, al mentale e alla sua attività. Invece, per l'orientale, la pratica è rivolta in altre dimensioni, per superare il mentale, per arrivare a stati superiori di coscienza e contemplazione, ossia arrivare a degli stati di coscienza diversi dal comune per entrare in contatto con la parte più spirituale dell'essere, al nostro vero Sé.     L'uomo vive identificato con i contenuti della mente, creati soprattutto dalle emozioni, è un'esperienza ricolorata dal mentale, si producono così immagini distorte scambiate per realtà e ci si allontana dalla visione oggettiva. - Amadio Bianchi.

La parola sanscrita per meditazione, “bhavana”, significa “coltivare” le qualità positive dell'essere umano e la parola tibetana “gom” significa “familiarizzare” con il funzionamento della mente. Così, in un certo senso, la meditazione si riferisce all’allenamento della mente, coltivando qualità salutari, come la presenza attenta e l’amore altruistico, e in un altro modo si riferisce al diventare più familiare con il funzionamento della nostra mente e, infine, con la vera natura della mente, che è sia consapevole che priva di esistenza intrinseca. Si possono anche distinguere due tipi principali di meditazione: analitica e contemplativa. La prima si usa per esempio quando si de-costruisce la nozione di un “sé” indipendente, unitario e duraturo o quando si medita sull’impermanenza e l’interdipendenza di tutti i fenomeni; la seconda è quella di riposare nella natura ultima della mente, nell’unione di apparenza e vuoto. La meditazione non è un vuotarsi la testa, ma diventare a poco a poco un miglior essere umano. Occorre praticare la meditazione per individuare le cause e le tossine mentali che ci perturbano, per liberarsi dai conflitti interiori.  - Matthieu Ricard

La meditazione non è pensare con gli occhi chiusi o schiarirsi le idee. La meditazione è un allenamento per coltivare una visione calma e lucida del mondo e di se stessi. È un allenamento della mente per andare verso questo. La meditazione mindfulness, che è quella che ho insegnato per molto tempo e che pratico ogni giorno, segue un percorso che passa attraverso il momento presente: ci centriamo sulla nostra esperienza del momento, che osserviamo con distacco (respiro, corpo, suoni, pensieri); poi, da questo punto di ancoraggio nel presente e nella realtà, osserviamo il funzionamento della nostra mente, del nostro corpo e la nostra connessione con il mondo.   - Christophe André

Vivere bene - Umberto Galimberti

 “Vivere a lungo è diventato il nostro ideale, non vivere bene. Ormai della vita abbiamo solo una concezione quantitativa. Perché il contatto con noi stessi si è perso nel rumore del mondo.  Gli sguardi si incontrano solo per evitarsi. Al lavoro ci attacchiamo come naufraghi. La storia non racconta più la vita dei nostri padri, e la parola che rivolgiamo ai figli è insicura e incerta.    

Il bisogno di essere accettati e il desiderio di essere apprezzati ci fanno percorrere strade che non sono nostre, strade che imbocchiamo perché altri ce lo chiedono, e noi non sappiamo dire di no. Smarriamo noi stessi nell’inutile fatica di compiacere agli altri. E nel rincorrere la ricchezza, il successo, la fama, il potere, cose che ci permettono di comprare «cose».   

Ma non conta la quantità, ma la qualità. Non quanti siete, ma chi siete. Non numeri ma efficienza, non fretta ma costanza. Dobbiamo impegnarci non per vivere a lungo, ma per vivere abbastanza; per vivere a lungo c’è bisogno del destino, per vivere abbastanza c'è bisogno dell'animo. La vita è lunga se è piena; ed è ricca per chi ha trovato se stesso ed è contento di ciò che è”.  Umberto Galimberti


I nostri dati personali valgono oro - Cash investigation

La trasmissione d’inchiesta francese Cash Investigation,  si è dedicata un paio di anni fa al business che gira attorno al commercio dei nostri dati personali tramite i cosiddetti “data broker” realizzando il servizio “Nos données personnelles valent de l’or !” (“I nostri dati personali valgono oro”) coordinato dalla giornalista Elise Lucet.  Link: https://www.youtube.com/watch?v=cb3jfxMnZU4    

La giornalista ha ricevuto un sms sul suo numero di cellulare personale, a scriverle una persona che dice di aver ottenuto il suo numero a pagamento dal sito Lusha.com e ha trovato curioso che si potesse avere accesso a numeri personali di persone note e meno note, senza che queste avessero fornito il loro consenso né fossero a conoscenza di ciò. Da questo episodio è partita l'inchiesta sul commercio dei dati personali.

I giornalisti si sono quindi interessati al mondo dei "data brokers" e Nel servizio vengono citate importanti aziende come: IQVIA, Lusha, ColdCRM, Kaspr, AeroLeads, Acxiom, Experian che acquisiscono dati di persone, senza il loro consenso e senza che queste ne siano a conoscenza per poi rivenderli.  Per ogni persona vengono raccolti circa 30.000 punti di informazione e il mercato si aggira intorno ai 4000 miliardi di euro solo in Europa.

Lusha è un sito americano che ha un data base di 100.000 persone e si paga 60 centesimi per accedere ad un contatto.  Kaspr e AeroLeads sono siti che ti permettono di trovare facilmente e-mail e numero di telefono di persone con un solo click.  Acxiom ha un data base di 2,5 miliardi di persone,  Experian è una società  irlandese.   ColdCRM, diretto dal francese Raphael Azot, ha 320 milioni di contatti; con 130 euro di abbonamento accedi a tutto il data base. Sul data base di  ColdCRM (sito ora “stranamente” indisponibile) i giornalisti di Cash Investigation hanno addirittura potuto reperire, con un abbonamento a pagamento al sito, numeri di telefono di ministri ed ex ministri, personalità politiche di primo piano e persino dirigenti della Polizia. Vendere numeri senza l'autorizzazione del proprietario non è legale. 

Tutte le applicazioni di uno smartphone, in fase di installazione, chiedono l'autorizzazione di accedere ai nostri dati e  contatti permettendo così ai "Data Brokers" di raccogliere dati. 

I giornalisti di Cash investigation hanno poi contattato Ester Onfray che si batte per la protezione della vita privata. La ricercatrice ha mostrato che i telefonini Samsung, anche se inutilizzati, dialogano in modo continuo e costante con almeno 11 server. Applicazioni come Ma Grossesse inviano dati, delle persone che aspettano un bambino, al sito Doctissimo. L'applicazione La Bible per smartphone invia informazion sul tempo di utilizzo, siti visitati, ecc... a vari server.  La ricercatrice ha poi mostrato anche come difendersi con l'applicazione Disconnect che permette di vedere quali imprese ci stanno sorvegliando, per poter mandarci della pubblicità mirata.  La nostra vita privata è messa in serio pericolo.  

Sono stati intervistati anche Gaeten Goldberg esperto in giurisprudenza, e Sarah Spiekermann che dirige l'Institute for Information Systems & Society alla Vienna University of Economics and Business (WU Vienna) consacrato alla vita privata e alla tecnologia, e redige un rapporto periodico sulle tecniche di sorveglianza.

Cash Investigation ha poi varcato l’oceano per intervistare Deborah Peel, psichiatra e fondatrice della Patient Privacy Rights Foundation, che si batte contro IQVIA (il broker americano), gigante dei dati personali sanitari, che ha 10 miliardi di euro di fatturato annuo. I “tentacoli” di IQVIA non si fermano ai confini statunitensi ma arrivano anche in Europa.  Ogni studio commerciale su una determinata patologia  paga circa 300.000 euro a IQVIA per ottenere dati.

In Francia la Cnil (Garante della Privacy transalpino) ha autorizzato IQVIA a ricevere i dati sanitari dei pazienti che si recano in farmacia e inseriscono la loro tessera sanitaria ignari che i loro dati sensibili siano inviati ad un’impresa che poi li usa per lucrarci. Dal 2018 IQVIA raccoglie dati anche negli ospedali.   Macron ha anche creato un Hub di dati sulla salute (l'Health Data Hub), a cui si accede per interesse pubblico, ma quei dati rimarranno privati?...

Nel servizio è stato intervistato Jean Marc Aubert,  ex dirigente di IQVIA che era stato messo a dirigere l'Hub per poi  ritornare a dirigere IQVIA.  I giornalisti hanno sollevato la domanda se non ci fosse stato un conflitto di interesse nell'assegnazione dell'incarico. Jean Marc Aubert ha risposto candidamente che una commissione aveva espresso parere favorevole e quindi non c'era stata nessuna ingerenza.  
I farmacisti che collaborano con IQVIA in Francia sarebbero uno su due (circa 10000); ricevono gratuitamente un software  che invia dati sensibili dei pazienti e in cambio ricevono rendiconti sulle loro vendite e statistiche. Il problema sta nel fatto che le farmacie dovrebbero prima di tutto chiedere il consenso ai clienti/pazienti per inviare i dati e informarli di ciò. Come previsto da RGPD (Regolamento generale sulla protezione dei dati) questi ultimi potrebbero rifiutare tale invio di dati. Su 200 farmacie visitate dai giornalisti in ogni angolo della Francia, nessuna aveva esposto un avviso per la clientela.   

Il RGPD è un testo europeo approvato nel 2018, fortemente voluto  da Viviane Reding, commissaria europea, per attenuare il problema. Inoltre, tutti i siti dovrebbe permettere all'utilizzatore di disattivare i coookies,  piccoli software attraverso i quali i siti raccolgono i dati di navigazione. Ogni tecno impresa, a richiesta,  dovrebbe essere tenuta a compilare un rapporto sui dati che possiedono su una determinata persona.  L'impresa dovrebe rispondere entro un mese alla interrogazione di un cittadino.  Su 40 imprese contattate dai giornalisti di Cash investigation solo 1 ha risposto. 

Maximilian Schrems è un attivista, avvocato e autore austriaco diventato noto per le campagne contro Facebook per le sue violazioni della privacy, comprese le violazioni delle leggi europee sulla privacy. Ha creato l'associazione NOYB, che ha l'obiettivo di educare il cittadino a come far rispettare il RGPD. 

 Altro aspetto importante, i dati raccolti dovrebbero essere anonimi, ma lo stesso presidente di IQVIA Francia, Jean Marc Aubert, in un video (di qualche tempo fa) scoperto dai giornalisti, confessava che in questo campo è molto semplice aggirare l’anonimizzazione e il ricercatore belga Yves Alexandre de Montjoye dell’Imperial College di Londra dimostra, con un database “anonimo”, quanto sia semplice identificare una persona specifica tra 66 milioni di persone, attraverso pochi criteri di ricerca quali la data di nascita, la città di residenza, e lo stato civile.

Adesso i Data broker stanno facendo un passo in avanti: stanno creando dei profili predittivi cercando di predire il comportamento delle persone. Un tipico strumento di raccolta dati è l'orologio per fare sport. L'orologio memorizza quando l'utilizzatore si sveglia, quando va a dormire, quante ore dorme, il ritmo cardiaco, ecc -  Attraverso questo orologio si raccolgono dati,  trasmessi a server,  che determinano il profilo, la personalità dello sportivo e il carattere : se è estroverso, introverso, ecc, 

Tutte queste informazioni e i dati raccolti sui social sono utilizzati per creare Profili predittivi che servono ai datori di lavoro a selezionare candidati a un posto, servono poi alle assicurazioni per poi concedere o meno credito, per concedere o meno un credito, per determinare l'importo di una assicurazione,  per determinare costo del biglietto aereo, ecc. 

Un ricercatore di Losanna Kevin Huguenin Professore dell'Università di Losanna (UNIL) è un professionista appassionato di intelligenza artificiale (IA) e scienza dei dati. Si interessa di ricerca globale  prendendo in considerazione soprattutto gli aspetti umani e sociali della sicurezza e della privacy. 
Noe Zufferrey è una ricercatrice presso il Politecnico di Zurigo nel gruppo Security, Privacy  e Società. Appassionata di etica informatica e dell'impatto delle  impatto delle nuove tecnologie sulla vita delle persone, riesce a determinarne il carattere attraverso un questionario di 240 domande, da questo questionario si ottengono 5 tratti della personalità e il risultato si  avvicina di molto da quello ottenuto tramite l'elaborazione dei dati prodotti dal famoso orologio sportivo. Anche Trump ha usato i dati raccolti dai Data Brokers per portare avanti la sua campagna elettorale mirata sugli indecisi.

Nella Silicon Valley in California all'Università di Stanford, Michal Kosinski è professore associato di comportamento organizzativo, psicologo computazionale e  psicometrico. Studia i processi psicologici nei Large Language Models, nonché l'intelligenza artificiale e i Big Data per modellare e prevedere  il comportamento umano. Riesce a determinare il profilo psicologico di un navigatore Internet attraverso i like sui profili di Facebook.
Anche la società Apply Magic Sauce traduce le impronte digitali degli individui in profili psicologici. Rivela come potreste essere percepiti dagli altri online e fornisce approfondimenti accademici sulla vostra personalità, intelligenza, leadership, soddisfazione di vita e altro ancora. 
Ogni cittadino ha il diritto di conoscere i propri dati, ma la maggior parte delle grandi aziende tecnologiche preferisce non rivelare ciò che è prevedibile (o redditizio) sulle persone.

E in Italia, possiamo dirci al sicuro? Da una veloce verifica fatta online, il sito Lusha.com permette di ottenere numeri di telefono di giornalisti, politici, imprenditori e molto ancora, anche da noi, e per quanto riguarda IQVIA questa è attiva anche nel nostro Paese. In rete se ne parla per rivelare che “1 italiano su 5 prende psicofarmaci” o che c’è stato un “boom di vendite di igienizzanti mani e mascherine”.
Forse sarebbe il caso, anche in Italia, di chiedere qualche spiegazione al nostro farmacista nonché l’intervento del garante della privacy, ed opporsi all’invio dei propri dati sanitari ad aziende che lucrano sul commercio degli stessi, spesso e volentieri a nostra totale insaputa.

Le Figlie del Buddha

 L'associazione Sakyadhita ( le figlie di Buddha) International è impegnata nel risvegliare il potenziale delle donne nel Dharma, a portare l'equità di genere nelle comunità buddhiste e sostenere l'accesso delle monache all'alto titolo di geshema (titolo accademico buddhista, Maestro spirituale)  ripristinato da poco.      

 L'obiettivo è quindi di sfatare la supposta inferiorità femminile e della dimensione religiosa quale territorio privilegiato maschile.  Soprattutto nel buddhismo conosciuto per i suoi valori come filosofia egualitaria e equanime. Fu Mahapajaphati, la zia del Buddha che lo allevò, che diede inizio al Sangha femminile.  Secondo la tradiziona tramandata, si narra che Bhikshuni Mahapajapati dovette osservare otto ulteriori regole oltre i voti monastici normali,  i cosiddetti otto gurudharma, che stabiliscono in qualche modo la differenza tra il sangha monastico femminile e quello femminile.  Ma sembrerebbe, che queste otto regole siano state redatte in un periodo cronologico di molto successivo a quello del Buddha;  Però continuano a perpetrarsi anche oggi, creando questa percezione di differenza tra monaci e monache.

Nella quadruplice comunità dei discepoli di Buddha, composta da bhikshu (monaco), bhikshuni (monaca), upasaka (ateo uomo)  e upasika (ateo donna) , donne e uomini dovrebbero giocare un ruolo uguale.  A volte è stata enfatizzata la componente maschile; tuttavia nel Buddhismo i voti più elevati, vale a dire bhikshu e bhikshuni, sono uguali e comportano gli stessi diritti. Anche se in alcune aree rituali, a causa dell'usanza sociale, i bhikshu vengono per primi e l'ordinazione di monache è raro; 

Buddha concesse i diritti fondamentali in egual modo a entrambi i gruppi di sangha. Non ha senso discutere se far rivivere o meno l'ordinazione bhikshuni; la domanda è semplicemente come farlo correttamente nel contesto del Vinaya  (termine che indica la raccolta scritturale delle norme di condotta seguite dai monaci e dalle monache).  

Attualmente, su richiesta della famiglia reale, in Bhutan si è deciso di ripristinare nella tradizione tibetana l'ordinazione delle monache con una cerimonia straordinaria officiata da un unico Sangha (comunità).

Educazione Indiana - Ram Pace

Il libro Educazione Indiana di Ram Pace è un viaggio di dolore e speranza che, il suo autore, ha portato avanti raccontando la sua storia e quella della sua famiglia. 

Educazione indiana, non è solo un romanzo, ma una ricerca di un perché abbastanza forte da portare un uomo ad abbandonare tutto per una vocazione. È la narrazione di una vita descritta attraverso gli occhi di un figlio.    Ram Pace è cresciuto a Roma, ed ha avuto una vita anticonvenzionale ed è vissuto in un ambiente domestico vibrante di spiritualità, con un padre santone che poi è partito in India diventando un eremita asceta devoto a Shiva.      

I primi vent’anni di Ram sono stati un mosaico di sogni e utopie, segnati dalla costante ricerca di una identità e di una stabilità. Dalla convivenza con la madre in una casa-famiglia a Londra diretta dal psichiatra Ronald Laing , all’infanzia trascorsa con il padre in una comunità hippie a Roma, dalla sua esperienza nei centri sociali occupati fino al lavoro come cameraman, il suo cammino ha attraversato molteplici sfaccettature della vita e della società. Ram ha dovuto fare i conti con il difficile compito di accettare le utopie di un padre e, forse, comprendere che più la strada è ardua, più è preziosa e significativa.

Le pagine di questo racconto sembrano sussurrare che, come in ogni iniziazione, le sfide più grandi meritano di essere affrontate fino in fondo, portando alla riconciliazione e all’indulgenza della maturità raggiunta.   Educazione indiana è un viaggio fatto di incanto e rabbia, amore e risentimento, un rapporto padre - figlio mai del tutto chiarito, fino a una riconciliazione, data dalla consapevolezza che tutto è insegnamento e che nulla è realmente così diverso da noi.

Piccola sintesi del libro:  https://www.google.it/books/edition/Educazione_indiana/xsi6EAAAQBAJ?hl=it&gbpv=1&pg=PT9&printsec=frontcover

 Educazione Indiana, link:   https://www.youtube.com/watch?v=kvZYXhDBc1Q

domenica 15 dicembre 2024

Percorsi di ricerca spirituale nelle biblioteche romane

By Flip December 13, 2024             

Giovedì 12 dicembre si è concluso, presso la Biblioteca Vaccheria Nardi di Roma, il ciclo di incontri intitolato PERCORSI DI RICERCA SPIRITUALE, all’interno del quale sono state effettuate presentazioni di alcuni libri recentemente pubblicati dall’editore Efesto*, accompagnate anche, in alcuni casi, da lezioni gratuite di yoga tradizionale e meditazione.

Si è cominciato con un libro dedicato alle varie scuole di meditazione, passando poi ad un’opera panoramica sul pensiero e sull’insegnamento del maestro zen Thich Nhat Hanh e ad un testo di introduzione alle pratiche meditative. L’ultimo incontro, infine, è stato dedicato ad un lavoro di sintesi del pensiero teosofico di Helena Petrovna Blavatsky.

Un percorso analogo era già stato felicemente realizzato nei mesi scorsi, presso la Biblioteca Laurentina.

Le biblioteche pubbliche romane rappresentano una meravigliosa realtà a disposizione di tutti, vere oasi di cultura, di silenzio e di studio, presenti anche in quartieri spesso carenti di altri servizi e spesso non privi di forme più o meno gravi di degrado e  di disagio sociale. E’ davvero apprezzabile e confortante, pertanto, poter constatare che, strutture tanto accoglienti e ben curate, accanto alle tradizionali attività culturali, si facciano anche promotrici di simili percorsi di ricerca interiore, fondata su libera indagine e serietà di conoscenza.

Questi i libri fatti oggetto di presentazione e di relativo dibattito:

 

  • I MILLE VOLTI DELLA MEDITAZIONE. SCUOLE-FILOSOFIE-PERSONAGGI, di Roberto Fantini e Cesare Maramici:

  • THICH NHAT HANH, UN SENTIERO TRA LE STELLE, di Roberto Fantini e Cesare Maramici;

  • LO YOGA SPIEGATO A MIA FIGLIA. TUTTO QUELLO CHE DOVRESTE SAPERE PER FARE YOGA CON CONSAPEVOLEZZA, di Cesare Maramici;

  • HELENA PETROVNA BLAVATSKY E LA TEOSOFIA. UNA SINTESI DEL SUO PENSIERO, di Roberto Fantini.

  *www.edizioniefesto.it

 Link all'articolo: https://www.flipnews.org/ Biblioteche romane    

sabato 14 dicembre 2024

Giuseppe Tucci e l'ISMEO

Giuseppe Tucci (1894-1984) è uno dei personaggi più importanti dell’esplorazione del Novecento. Anche oggi, è considerato tra i più grandi tibetologi di tutti i tempi. Andò in India per la prima volta nel 1926 con il poeta Rabindranath Tagore, poi imparò molte lingue dell’Asia, e insegnò a Dacca, Benares e Calcutta. Nel 1933 fondò a Roma l’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente (ISMEO) insieme al filosofo Giovanni Gentile. 

Durante le decine di spedizioni avventurose in Tibet, Nepal e e nelle aree più remote dell’India e dell'Himalaya trattò direttamente con i monaci l’acquisto di manoscritti e di oggetti sacri, ed accumulò moltissime opere d’arte e reperti da riportare in Italia, dove verranno poi esposti all’ISMEO.  I suoi primi tre viaggi in Nepal avvengono nel 1929, 1931 e 1933 durante i quali riuscì ad arrivare fino a Pokhara.

Nel 1937 lo studioso italiano viaggiò per la sesta volta nel Paese proibito (il Tibet). Alle porte di Lhasa, i suoi compagni di viaggio dovranno fermarsi e attendere. Solo Tucci, che due anni prima si è convertito al Buddhismo, avrà il permesso di incontrare il Dalai Lama. Nel libro  “Santi e briganti nel Tibet ignoto”,  Tucci racconta la sua iniziazione ricevuta dall’abate di Saskya nel 1935.

Spesso era accompagnato nelle sue spedizioni dal medico Concetto Guttuso e dal fotografo Fosco Maraini che conobbe Tucci tramite un giornale. Su una pagina scoprì un titolo che gli cambiò la vita. “Il noto orientalista Giuseppe Tucci si prepara a tornare nel Tibet”.   Maraini scrisse al professore una lettera, lo incontrò a Roma e venne assunto come fotografo. Quattro mesi dopo, insieme a Tucci e al capitano Felice Boffa Ballaran si imbarcò su una nave diretta a Bombay per poi da li partire in spedizione.  Tucci racconta:  “Il Tibet oggi è come un museo vivente. Situato al centro dell’Asia, è remoto ma non periferico, ogni movimento spirituale del continente vi ha lasciato il suo riflesso".   

Nel 1948 al ritorno da una spedizione Maraini scrive il libro “Segreto Tibet”, un libro che diventa un best-seller mondiale.  Il rapporto si ruppe perchè Tucci considerò questo libro un'invasione nel suo mondo.  Tucci scrisse molti testi divulgativi come “A Lhasa e oltre” e “Tra giungle e pagode e Nepal”, “Indo-Tibetica”, studi scientifici sulle civiltà dell’Asia centrale.    La fotografa Francesca Bonardi, subentrò a Maraini e poi nel 1971 diventò la terza moglie del professore. E’ lei, molto più giovane del marito, a stargli accanto nei suoi ultimi anni, quando la coppia si trasferisce a San Polo dei Cavalieri nella campagna romana.

Nell’inverno del 1983, arrivò fin lì, alle porte di Roma, il  re Birendra del Nepal, per consegnare a Tucci una delle onorificenze più importanti del Paese Himalayano.  Un anno dopo, il 5 aprile del 1984, l’avventura terrena di Giuseppe Tucci si concluse. Secondo alcune fonti, prima di morire, il professore ripudiò Buddha per ridiventare cattolico. 

Qualche anno dopo la morte di Tucci l’ISMEO viene sciolto, e le sue preziose collezioni trasferite nel Museo delle Civiltà dell’EUR. 

Nel 2012 escono due biografie su Tucci; la prima di Enrica Garzilli intitolata “L’esploratore del Duce”. e la seconda scritta da Alice Crisanti con il titolo "Giuseppe Tucci. Una biografia".  

A San Polo dei Cavalieri, l’ultima casa di Tucci e di sua moglie Francesca dovrebbe diventare un museo. Nel 2023 il Comune di Macerata fa proprio il progetto del Parco storico-Letterario “Le Marche e l’Oriente – Giuseppe Tucci”.

L'Induismo

Dio è uno ma i saggi lo chiamano con molti nome" - (Rig Veda).     L’induismo è una religione monoteista e un modo di vivere. La sua pratica non si basa su rigidi dogmi e pur vantando una storia di grandi speculazioni filosofiche e teologiche, predilige un approccio esperienziale quindi una ricerca diretta della Realtà. L’induismo è la terza religione più diffusa al mondo, con circa 950 milioni di aderenti in tutto il mondo. Non fa proselitismo, poiché riconosce valide tutte le strade per arrivare alla Verità.  Alla definizione di “induismo”, tradizionalmente, si preferiscono quelle di sanatana dharma, “la norma eterna”; vaidika dharma, la religione del Veda; matrka dharma, la Madre di ogni norma. Denominatore comune è il termine dharma ovvero l’ordine cosmico di tutta la realtà.

Il termine Induismo è una parola inventata verso la fine del 18° secolo dagli inglesi ‒ per indicare la religione praticata dagli Indiani (parola la cui origine è a sua volta legata al fiume Indo).
L'induismo non si basa sulla rivelazione di un singolo profeta o fondatore. Dal vasto oceano della Conoscenza senza fine, gli antichi veggenti, rishi, ricavarono un'essenza da trasmettere all'umanità per favorire il benessere e la felicità dell'uomo. Tale conoscenza eterna è il Veda.  Isvara (nelle sue innumerevoli forme e nomi) costituisce l'aspetto supremo di Dio presso i principali culti devozionali (Bhakti) monoteisti, ovvero Shivaismo (monoteismo di Shiva), Vaishnavismo (monoteismo di Visnù/Krishna) e Shaktismo (monoteismo di Devī, la Madre Divina, chiamata anche Shakti).

Il  Sanatana Dharma  (la Religione o Legge Universale ed Eterna) trova espressione nei testi sacri dell’antica Tradizione Vedica…nei santi, negli yogi e nei mistici di tutti i tempi e di tutte le tradizioni che ne incarnano i principi fondamentali. L’espressione Sanatana Dharma indica ciò che non ha origine se non in se stesso, ciò che non è stato comunicato da nessun essere vivente, che non ha un fondatore, che esiste sin dall’inizio di ogni ciclo di tempo (kalpa) e che perennemente È.  Il significato di Sanatana è eterno, “ciò che non ha inizio né fine, ciò che È e sempre sarà”.    Da questo punto di partenza nascono i sei darshana bramanici - sei  visioni, da cui derivano le principali correnti del moderno pensiero indiano.     Delle sei filosofie, quelle che si sono affermate nel tempo sono il Vedanta e il Raja yoga riportato negli Yoga sutra di Patanjali.   

Il termine Vedanta, dal sanscrito, vuol dire "fine dei Veda", intende indicare sia le Upaniṣhad, per l'appunto parte finale del corpus vedico, sia il fatto che esse rappresentino il culmine dello stesso corpus nel senso che indirizzano al fine ultimo dello stesso, il mokṣa ("liberazione"), sia nel senso che tale letteratura viene studiata per ultimo, dopo gli altri testi. Vedanta è conoscenza metafisica, sapienza, scienza, e deriva dalla radice vid (da cui Veda) che significa "vedere", "sapere".  L'alveo dottrinale del Vedanta fa particolare riferimento a un "triplice canone" prasthanātraya , che corrisponde alle Upaniṣhad, alla Bhagavad Gītā, al Brahmasūtra di Bādarāyaṇa.   La Gita viene considerata il quinto Veda. 

Tradizionalmente sono sei le principali correnti (sampradāya) indicate come Vedānta le quali, pur radicandosi nel prasthanātraya, offrono dottrine e teologie assolutamente diverse tra loro:

  •     Advaita Vedānta di Śaṅkara (VI-VII secolo)
  •     Śrī Vaiṣṇava di Rāmānuja (XI secolo)
  •     Madhva sampradāy di Madhva (XIII secolo)
  •     Nimbārka sampradāya di Nimbārka (XIV secolo)
  •     Vallabha sampradāya di Vallabha (XV-XVI secolo)
  •     Viṣṇuismo gauḍīya di Caitanya (XVI secolo).

Di queste filosofie, quella che si è più affermata è l'Advaita Vedanta di Adi Shankara.  Shankara, filosofo e teologo, è noto per i suoi commentari sul Brahma-sutra e sulle Upanishad principali, affermano l'esistenza di una realtà eterna e immutabile (Brahman) e l' illusione della molteplicità e della differenziazione.   Vedi https://vedanta.it/

Il termine Dharma  deriva dalla radice  ‘dr ‘, che vuol dire ‘supportare, sostenere’, ‘legare, unire’. La sua radice indica “ciò che sostiene la nostra esistenza“. 

La letteratura indiana si divide in Shruti  e Smirti.  Shruti è ciò che si è sentito,  contiene valori universali validi in eterno. Shruti è ciò che si è sentito, ciò che hanno sentito i rishi. Sono considerati shruti, i Veda e le Upanishad. La Smriti si basa sull'autorità della shruti, ma è stata compilata dall'uomo; in questa categoria rientrano i due poemi epici come il Ramayana e il Mahabaratha. In questi due poemi sono protagonisti Rama e Krishna che sono degli avatar di Vishnu.   Krishna spiega lo yoga dell'azione, della devozione e della ricerca interiore. 

Il Raja yoga si fa risalire a Shiva che spiega a sua moglie Parvati che cosa è lo yoga, insegnamento poi trasmesso dai maestri, l'ultimo di questa tradizione è stato  Sivananda con i suoi discepoli Satyananda Saraswati e Vishnudevananda.   Shiva e Krishna sono i signori dello yoga.  Lo svara yoga (scienza yogica) è la conoscenza dei ritmi e dei flussi del prana attraverso lo studio del respiro. In questo yoga confluiscono elaborate conoscenze trasmesse da maestro a discepolo.

Lo scopo del Vedanta  è la conoscenza del divino ed arrivare al samadhi, dove non c'è più nulla da conoscere,  I Veda sono la conoscenza necessaria per intraprendere questo cammino. 

Yug significa unione tra Atman (jiva - anima individuale ) e Brahman (anima cosmica). Atman e Brahman sono la stessa cosa.  Lo scopo dello Yoga e del Vedanta è quello di portare alla consapevolezza dell'unione; Noi siamo già uniti al divino, non lo vediamo,nonlo percepiamo perchè c'è maya.   Il divino cosmico è reale, la natura sensibile è irreale.  La realtà di Brahman è sempre esistita, le altre realtà sono temporanee, sono emanazioni del divino. 

Il Vedanta riconosce tre corpi: 1- Corpo fisico: Sthula Sharira costituito dai cinque elementi ; 2- Corpo sottile o Corpo astrale: Sukshma Sharira  costituito dall'essenza dei sensi, mente, intelletto, memoria, chitta.; 3- Corpo causale che tiene tutto legato..

Secondo la filosofia Vedānta, l'essenza spirituale dell'uomo (detta Ātman) è rivestita da cinque involucri o guaine, chiamati Kosha. Essi sono i corpi di cui è composto l'"io" fenomenico, che separano la coscienza (il proprio Ātman, il proprio Sé) dal Brahman indifferenziato. I cinque Kosha sono presenti in tutti i piani o corpi (grossolano, sottile e causale), partendo da quello più materiale per arrivare a quello più spirituale e sono i seguenti:

  • La prima guaina Annamayakosa è quella del corpo grossolano,
  • La seconda guaina Pranamayakosa è quella dell'energia vitale,
  • Il terzo involucro Manomayakosa è quello che concerne il mentale,
  • La quarta guaina Vijnanamayakosa è detta guaina dell'intelletto,
  • L'ultima guaina e quella più interna Anandamayakosa è quella della beatitudine.

Quando si muore i corpi astrale e causale vanno nei sette loka, nelle sette dimensioni, il corpo si posizionerà in uno di questi loka a seconda delle vibrazioni sottili, si determina la permanenza nei loka, e poi l'anima si reincarna in una situazione equivalente al suo percorso spirituale.   Non sarà mai perduto ciò che è stato fatto nella vita, lo dice anche Krishna nella Gita. Si continua da dove si erano trovati a livelllo vibratorio il corpo astrale e il corpo causale.

Loka  è un termine sanscrito che significa dimora, luogo, regno, mondo, cioè uno dei piani di esistenza o livelli di manifestazione nella cosmologia induista e in quella buddhista.  Il loka per eccellenza, in particolare nei testi giainisti, è la sfera mondana o terrestre, abitata dagli umani, contrapposta a quella trascendente. I Purana ne menzionano sette, mentre in Samkhya e Vedanta ve ne sono otto, con denominazioni diverse.  Oltre che dei luoghi fisici, i vari loka rappresentano soprattutto degli stati di coscienza, attraverso i quali tutti gli uomini devono passare, e in particolare i chela, cioè i discepoli spirituali nel loro cammino.

Le Vritti sono le alterazioni della mente, le Vasana sono le abitudini che scavano un solco e determinano la personalità e i Sanskara sono i tratti del carattere. Ad un certo punto tutti questi elementi si esauriscono.   Rendendosi conto dei nostri sanskara attraverso la meditazione possiamo agire tramite le vritti opposte per riequilibrare la nostra personalità e far prevalere gli aspetti positivi. Yama e niyama sono importanti per aggiustare le nostre attitudini.  Svadiaya  significa studio del sè, e si appoggia sia sullo studio dei testi che permettono al praticante di orientarsi sul cammino, sia sulla presenza di un Maestro. Gandhi diceva: con i tuoi pensieri costruisci il tuo carattere, con il tuo carattere costruisci il tuo destino. Alla morte, a livello fisico e mentale il sè incarnato entra in nuovi corpi; lo scopo di ogni vita è progredire nel percorso spirituale accumulando capitali per arrivare al samadhi. 

I guna sono le tre qualità di cui fa parte la natura (Prakriti).  Nella Cosmogonia indiana, quando Vishnu è disteso su un serpente sull'oceano, i tre guna sono in equilibrio, poi iniziano a vibrare, da questa vibrazione sorge il suono divino da cui nascono i 5 elementi etere, aria, fuoco acqua e terra. I tre guna pervadono l'universo: Il satva di colore bianco, il rajas rosso, il tamas nero. In ogni cosa e in ogni persona c'è una combinazione delle tre qualità, che possono cambiare anche a seconda delle circostanze e lo stile di vita. Le tre qualità determinano il carattere e la personalità degli individui, ad esempio chi è caratterizzato da rajas e satva farà del volontariato.  Il momento del cambiamento  è chiamato Brahmamurta.  Nel  XVII capitolo della Gita, il Dio Krishna spiega ad Arjuna i guna. 

Le pratiche di yoga portano alla fede che è il motore del cammino spirituale, cuore e mente ti portano più avanti, ti permettono di passare dal tamas al rajas poi al satva (che rappresenta l'energia neutra). All'inizio della pratica yoga si lavora sulle parti basse del corpo (sui 3 chakra più bassi che caratterizzano il tamas) poi si passa al rajas, e al satva.  

Vivere una vita etica, propugnata dagli Yama e Niyama  è propedeutico al percorso spirituale; La meditazione è necessaria alla moksa (liberazione) e porta dall'ignoranza alla conoscenza e alla felicità, la nostra vera natura è ananda (felicità).  

La parola Karma corrisponde ad azione, e ad ogni azione corrisponde una reazione ->  Ciò è gestito dalla legge di causalità. In ogni nostra azione c'è il libero arbitrio o c'è una predestinazione?  Il karma permettere di conciliare queste due posizioni.    La tua natura ti porta a incarnarti in certi luoghi, con un certo fisico, in una certa classe sociale.     Dove inizia l'azione o la reazione? Inizio e fine sono lo stesso punto, così come salita e discesa sono la stessa cosa, ogni cosa ha in se la sua reazione, l'albero e il seme,   esiste una continua trasformazione,  che apporta una continuazione.    Non c'è inizio e non c'è fine. Ananta ("Senza fine") è un termine sanscrito e principalmente un epiteto di Visnù. Ananta è anche il nome di Shesha, il serpente celeste, sul quale Visnù si adagia nell'oceano cosmico.

La legge di causalità è costituita da tre aspetti; 1- legge di azione e reazione,  Dio non è parziale, nè giusto,  non premia i virtuosi e non punisce i malvagi, 2- legge di compensazione,  3- legge del castigo.

Perchè mi succede questo?  Perchè è quello di cui hai esattamente bisogno. 

Esistono tre tipi di karma:   1- Sanchita karma = il tuo karma totale accumulato da milioni di vite (passato) , 2-     Prarabhda Karma = una piccola parte del tuo sanchita karma responsabile della tua vita attuale (attuale) 3-     Agami Karma = il karma che generi nella tua vita attuale; verrà aggiunto al tuo sanchita karma quando morirai (futuro).

Le azioni compiute con libero arbitrio determinano la vita di oggi con la quale creiamo la vita futura,   L'attuale karma non possono cambiarlo nemmeno gli Dei. Il karma a volte è buono, a volte è spiacevole, dobbiamo accettarlo perchè sono cose che abbiamo creato, dobbiamo cambiare vritti, carattere  usare gli eventi negativi per crescere, le persone che vivono in condizioni difficili sono le più generose, le più felici. Il bilancio esce dal misto delle tue azioni.  Ma non è l'azione che conta, ma l'intenzione.  

Nello yoga esistono tre fasi nel fare un'azione: 1-  il desiderio e volontà per fare l'azione, 2- la conoscenza per fare l'azione, 3- l'azione stessa.  Dall'azione spesso ci aspettiamo i frutti, mentre il karma yoga è caratterizzato dall'azione disinteressata, offrirla al divino senza desiderio.

il nostro  Prarabhda è creato dalle nostre scelte, lo scopo della vita crea il karma, il dharma regola la vita, e ciò che ti avvicina al progresso spirituale    Adharma è ciò che ti impedisce il samadhi.

Il puruṣārtha (obiettivo della ricerca umana) rappresenta, nella cultura induista, i quattro scopi della vita di un uomo: dharma (valori morali), artha (benessere economico), kāma (piacere) e il mokṣa (liberazione spirituale, desiderio di liberazione).     
Faro che illumina tutto è il dharma, il giusto modo di comportarsi, la deontologia. Godere di beni materiali, sempre in armonia con i principi etici del dharma, è artha. Soddisfare la sfera sensoriale e sensuale senza esserne condizionati è kama. Questi tre sono gli scopi definiti pravritti, “verso il mondo”. Il quarto scopo moksha, è l’emancipazione dai vincoli dell’ignoranza e la realizzazione dell’Assoluto. Questa è la via nivritti, la via del monaco che rinuncia al mondo. Il monaco offre la sua vita alla ricerca di Dio e al servizio verso tutti gli esseri. In generale, tutti e quattro rivestono un ruolo fondamentale nella vita di un uomo, ma in tempo di guerra il dharma ricoprirebbe un ruolo più rilevante di artha e kāma, mentre l'ultimo, il mokṣa, rappresenta la realizzazione finale nella vita di un uomo.  

Svadharma è un termine che, nell'Induismo, designa i doveri di un individuo, secondo le sue modalità di natura materiale o disposizione naturale, che deve seguire. Seguire il proprio swadharma è il cuore della Gita.   Krishna nella Gita dice ad Arjuna che deve combattere e seguire il suo swadharma, kukushreta è il campo di battaglia dell'uomo, Krishna deve agire per mantenere l'ordine costituito. Krishna poi però dice anche abbandona i frutti della tua azione  e abbandonati a dio.  Tutti i piaceri spirituali sono ananda, la mente fa da barriera fumogena.  Anche Ahimsha  la nonviolenza, è un aspetto importante per il progresso spirituale.  

Sempre nell'induismo il comportamento di un individuo è determinato dal purusartha dai varna ossia dalla casta di appartenenza e dagli stadi della vita, ashrama. 

I varna (parola che letteralmente significa "colore") sono le quattro categorie sociali (caste) principali della tradizione indu: sacerdoti, guerrieri, commercianti e contadini (oltre ai "fuori-casta" o "intoccabili", i paria). 

La vita degli esseri umani è idealmente suddivisa in quattro stadi (ashrama): brahmacharya, grihastha, vanaprastha e samnyasa. Considerando idealmente di cento anni la durata della vita, ai primi venticinque corrisponde il periodo dello studentato in cui si studiano le Scritture presso la casa di un Maestro e si osserva la castità. Nei successivi venticinque anni, si entra nello stadio famigliare in cui si assolvono i compiti domestici e si partecipa attivamente al benessere economico della società. Il quarto stadio (a 60 anni) prevede il ritiro nella foresta, un ritiro parziale dalla vita del mondo, in cui si approfondiscono le Scritture e si intensificano le pratiche ascetiche e meditative. Il quarto stadio (oltre gli 80 anni) è la totale rinuncia al mondo, è la via del monaco.

I testi dicono che noi veniamo dal mondo materiale, poi nel processo si passa al mondo vegetale dove possiamo vedere la presenza di coscienza anche nelle piante (ad esempio il girasole che si rivolge al sole, la pianta verso la luce, ecc) poi la consapevolezza aumenta e si passa al mondo animale, poi all'essere umano, da dove inizia il percorso di purificazione. Il percorso spirituale è un percorso di consapevolezza, ritrovare la consapevolezza della nostra natura divina.  Krishna, sempre nella Giata,  dice a Arjuna: "la nostra vita è il frutto delle nostrew innumerevoli vite  delle precedenti".

Vedi testo: Molte vite, un'anima sola. Il potere di guarigione delle vite future e la terapia della progressione ; Autore, Brian L. Weiss ;

Vedi link:   https://www.induismo.it/induismo-cosa/

venerdì 13 dicembre 2024

U.N. - meditation day

Il 6 dicembre 2024, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha fatto al mondo un “regalo di meditazione” adottando una risoluzione che dichiara il 21 dicembre “Giornata mondiale della meditazione”.    Riconoscendo che la meditazione può contribuire alla salute e al benessere.

Riconoscendo inoltre che una più ampia diffusione delle informazioni sui benefici della meditazione sarebbe benefica per la salute e il benessere delle persone in tutto il mondo.


Link al testo della risoluzione

Yoga e meditazione in biblioteca

Nella prospettiva dell’Agenda 2030 le biblioteche hanno un ruolo chiave nel Sistema del Benessere, in qualità di infrastrutture culturale di prossimità, rappresentando un “punto di riferimento” fondamentale per la crescità culturale delle persone che le frequentano. Lo yoga, che racchiude pratiche meditative, ricerca una serenità fisica e spirituale, inserendosi quindi a sua volta in quelle pratiche volte alla ricerca di benessere.
 
La proposta della Biblioteca Vaccheria Nardi va proprio in questa direzione: durante il quarto incontro della rassegna Percorsi di ricerca spirituale  giovedì 12 dicembre alle ore 17.30 sarà presentato il libro Helena Petrovna Blavatsky e la teosofia. Una sintesi del suo pensiero di Roberto Fantini, Efesto 2024, con intervento dell'autore.
 
E ancora, alla Biblioteca Laurentina  lunedì 16 dicembre alle ore 10.30 si svolgerà l’ultimo incontro con lezione di yoga tradizionale condotto da Cesare Maramici, nell'ambito della rassegna  Yoga tradizionale.
L'attività è gratuita e si consiglia la prenotazione: per info e contatti chiamare lo 06/45460760 o scrivere a laurentina@bibliotechediroma.it 

Incontri e corsi:   https://www.bibliotechediroma.it/opac/news/yoga-e-meditazione-in-biblioteca/36133


 

venerdì 6 dicembre 2024

L'amore dimenticato

Il film L'amore dimenticato è del regista Michal Gazda.    E' ditribuito sulla piattaforma NetFlix a partire dal settembre 2023

Il professor Rafał Wilczur, uno stimato chirurgo nella Polonia degli anni '20, viene abbandonato dalla moglie, che porta via con sè la loro figlioletta Marysia. Nel tentativo di rintracciare i loro movimenti, l'uomo finisce in un losco quartiere dove viene aggredito e selvaggiamente picchiato.

Scomparso, viene dato per morto suicida, quando in realtà, in conseguenza del trauma cranico, ha avuto un'amnesia, che lo ha condotto, attraverso un vagabondaggio senza meta, a stabilirsi quindici anni dopo in un villaggio dove lavora come mugnaio. Con la nuova identità di Antoni Kosiba, il professore inizia a curare gli abitanti del luogo dove, restata sola al mondo, si è stabilita anche la giovane figlia Marysia che lavora come cameriera in una locanda ebraica per potersi pagare gli studi universitari.

mercoledì 4 dicembre 2024

Camminare per la pace e la felicità

 Dal sito di Flip News - Articolo di Roberto Fantini      https://www.flipnews.org/index.php/life-styles/spirituality/item/4168-camminare-per-la-pace-e-la-felicita-l-insegnamento-di-thich-nhat-hanh.htm

Prendi la mia mano
Cammineremo.
Semplicemente cammineremo.
Ci godremo il camminare
Senza pensare di arrivare da nessuna parte.
Cammina serenamente.
Cammina gioiosamente.
La nostra è una camminata di pace.
E’ una camminata di felicità.   
            -   Thich Nhat Hanh

Innumerevoli sono i doni lasciateci dal pensiero e dall’insegnamento del Maestro Zen vietnamita Thich Nhat Hanh. Alla base di tutti, credo sia possibile individuare un fondamentale minimo comun denominatore:  la volontà di travasare, nell’alienata ed alienante vita quotidiana del mondo contemporaneo, i grandi tesori della spiritualità buddhista, in maniera semplificata e laicizzata, rendendoli, perciò, più facilmente comprensibili e condivisibili.

In questo modo, benché tutta la vera anima del suo pensiero sia indissolubilmente connessa con la migliore tradizione buddhista, è riuscito a proporci un’etica ed una prassi educativa di universale respiro, volte a superare la visione di noi stessi come enti separati dagli altri individui e dall’intera realtà, e riuscendo così a farsi comprendere ed amare anche da chi si riconosce in altre esperienze religiose, nonché da chi si dichiara agnostico o ateo.

Thich Nhat Hanh (Thay per i suoi seguaci ed amici) è conosciuto, in particolar modo, per le pratiche di meditazione introdotte e diffuse nel mondo occidentale, oggi adottate (anche se non sempre in maniera adeguata) da un numero sempre crescente di persone alla ricerca di un maggiore equilibrio interiore e di una maggiore armonia psicofisica.   

Il grande monaco vietnamita iniziò a proporre insegnamenti in Occidente già all’inizio degli anni Settanta: fondamentale risultò l’apparizione di un suo libro nel 1975, intitolato The Miracle of Mindfulness (pubblicato poi in Italia da Ubaldini-Astrolabio, con il titolo di Il miracolo della presenza mentale), nel quale venivano presentate nuove pratiche meditative da lui sviluppate. Fra di esse, una che è stata accolta con favore da molti occidentali avvicinatisi al suo pensiero è la Meditazione camminata.
“Questa particolare modalità meditativa (forse la pratica che meglio incarna l’intima poesia e la delicata mitezza dell’animo dello straordinario maestro zen) è nata dalla constatazione che, nella nostra vita quotidiana, siamo prevalentemente dominati dall’”abitudine di correre”: “Ricerchiamo la pace, il successo, l’amore – sempre di corsa – e i nostri passi sono uno dei mezzi con i quali scappiamo dal momento presente.

Ma la vita e la pace sono disponibili soltanto nel momento presente.
Per quelli come noi – ci spiega Thay – che hanno l’abitudine di correre sempre, fare un passo smettendo di correre è una rivoluzione.” E la pace diventa disponibile se saremo in grado di entrare in contatto con la Terra, toccandola con i piedi “con molta dolcezza e felicità”, riuscendo ad immergerci a fondo nel qui e ora.
La meditazione camminata (da praticare non soltanto nei parchi e in luoghi isolati, ma anche nel trambusto delle grandi città, in casa, al lavoro, ecc.) è proposta come una vera forma di “resistenza” nei confronti di un intero sistema di vita collettiva imperniato sul correre frenetico e alienante in vista di innumerevoli obiettivi fuori e lontani da noi. Come un modo per “recuperare la nostra sovranità su noi stessi, rivendicare la nostra libertà e camminare sulla Terra da persone libere.”

Ogni nostro passo (compiuto da soli o con altri meditanti) può trasformarsi, quindi, in un atto di resistenza, anzi in un atto di vera liberazione: si cammina  per camminare, non per arrivare, per “godere di camminare”, per godere del fatto che ogni passo ci avvicina sempre più alla nostra vera casa, quella del qui e ora. Ognuno di noi, camminando su questa Terra, in “consapevolezza, concentrazione e visione profonda”, è in grado di compiere uno straordinario “miracolo”, quello di “diventare pienamente vivo e rendere possibili la gioia e la felicità” ”  *

In questa prospettiva, nella mattinata di sabato scorso 30 novembre, nel cuore di Villa Borghese (Roma)    si è svolta una Meditazione Camminata Internazionale sul tema “Entrare in contatto con la semplicità”, a cui hanno aderito diverse decine di persone, in contatto spirituale con innumerevoli altri partecipanti presenti in almeno altre 56 città di altri 21 Paesi, da Amsterdam a Bogotà, da Parigi a Vienna e Phnom Phen.**

In questo tipo di esperienze, ogni passo è destinato a trasformarsi in un vero e proprio liberatorio atto di ribellione e noncollaborazione nei confronti di un sistema reificante e mercificante che ci rapina del nostro tempo, della nostra capacità di empatizzare con il nostro prossimo e con le infinite manifestazioni della Vita.

Indubbiamente efficace per illustrare lo spirito che pervade simili iniziative è la poesia del nostro monaco intitolata “Contemplazioni sulla semplicità”.

Che io possa rendermi conto che nella mia vita ci sono già condizioni più che sufficienti per essere felice.
Che io possa paragonarmi meno agli altri e trovare la mia misura.
Che io possa semplicemente camminare, lasciando che preoccupazioni e paure si calmino.
Che io possa imparare a lasciar andare le mie richieste e aspettative.
Che io possa entrare in contatto con la gioia e la libertà di una vita semplice scelta da me stesso.
Che io possa lasciare andare le cose inutili e liberarmi dal bagaglio interiore.
Che io possa sperimentare la gioia di dare senza aspettative.
Che io possa dimorare semplicemente e felicemente nel momento presente, notando che non c’è nulla che io debba fare.
Che io possa invitare le persone che raramente sono soddisfatte a unirsi a me nello spirito durante la camminata.
Che tutti gli esseri siano felici
.

Note:  *Roberto Fantini e Cesare Maramici, THICH NHAT HANH UN SENTIERO TRA LE STELLE, Edizioni Efesto, Roma 2024, pp. 34-5.

**Le meditazioni camminate internazionali sono organizzate da sangha e gruppi Wake Up nella tradizione di Thich Nhat Hanh, dall’Ordine dell’Interessere e da gruppi locali del Network for Mindful Business, spesso in collaborazione con altri gruppi locali che amano la meditazione camminata e sono ispirati dal tema.

giovedì 21 novembre 2024

Letture Luminose - Presentazione On Line del libro La Fine è il mio Inizio

Questo mercoledì 27.11.2024 alle ore 18,30  presentazione ON LINE su piattaforma ZOOM 

del libro di Tiziano Terzani, La fine è il mio inizio,  a cura di Cesare Maramici  

nell'ambito dell'iniziativa   LETTURE LUMINOSE 2024-2025.   

La nostra iniziativa è ormai al quinto anno. Con il tempo ci è sembrato sempre più evidente che incontrarsi e conversare partendo da un testo di ispirazione sia un’attività particolarmente preziosa in un’epoca in cui non solo i valori e la cultura, ma addirittura il buon senso, si stanno progressivamente sgretolando. 

L'iniziativa, è  totalmente GRATUITA.  Per iscriversi occorre mandare una mail a fpistolato@yahoo.it con la dicitura: CICLO LETTURE LUMINOSE 2024-2025. Il link di accesso verrà fornito alla vigilia di ogni incontro, che verrà registrato e inviato poi a tutti gli iscritti, i quali potranno seguire comunque il ciclo, qualora non sia stato loro possibile partecipare alla diretta.

mercoledì 20 novembre 2024

Percorsi di ricerca spirituale

Novembre - dicembre 2024.  Alla Biblioteca Vaccheria Nardi  -   Indirizzo e contatti
Via Grotta di Gregna, 37, 00155, ROMA Tel. 0645460490 - vaccherianardi@bibliotechediroma.it
Metro B  direzione Rebibbia ..  Fermata   Santa Maria del soccorso     Contatti:  s.luzzi@bibliotechediroma.it    

Nel mondo contemporaneo, in cui domina la religione dell'Avere, si va facendo sempre più strada il bisogno di una spiritualità aperta, capace di promuovere e affermare un'autentica filosofia dell'Essere". E molti sono i sentieri e le esperienze culturali che concorrono nel favorire un clima di rinnovata ricerca interiore.
In questa prospettiva viene proposto un breve ciclo di incontri mirato a favorire lo scambio di conoscenze e di punti di vista, fra persone interessate a portare avanti un cammino di indagini e di esplorazioni di carattere spirituale.   

Vedi link: https://www.bibliotechediroma.it/opac/news/percorsi-di-ricerca-spirituale/35720


Bonnard, Pierre et Martha - regia di Martin Provost

Pierre Bonnard è noto per i colori audaci delle sue opere e per una predilezione per la pittura di elementi della vita quotidiana. Con i suoi colleghi pittori, Pierre Bonnard formò nel 1888 il gruppo di giovani artisti francesi noto come “Les Nabis”.      Soprannominato «le poète de l’intime», egli eccelle nella rappresentazione dell’intimità domestica, dedicando numerose tele a soggetti femminili e maschili colti nella nudità di momenti quotidiani come il risveglio o la toilette. Nel 1891 decide di abbandonare l’attività forense per dedicarsi completamente alla pittura e nello stesso anno espone per la prima volta al Salon des Indépendants.   

Il film Bonnard, Pierre e Marthe del regista Martin Provost è la storia di un grande amore.  Racconta la relazione passionale e artistica tra il celebre pittore Pierre Bonnard e la sua compagna di arte e vita, Marthe de Méligny, interpretati da una formidabile coppia di attori: Vincent Macaigne e Cécile De France.

Una passione travolgente, un’unione indissolubile, un amore fuori da ogni schema. Quando Pierre Bonnard - amico di Degas e Renoir - incontra Marthe, cerca solo una modella disposta a posare per lui. Quello che trova è molto più di una musa: Marthe si rivela un’anima affine, una compagna d’arte e di vita, una donna dallo spirito moderno e indipendente. Compare in oltre un terzo delle opere di Bonnard.

Pierre e Marthe si conoscono a fine 1800; Marthe però non sembra essere interessata alla vita parigina e dopo alcuni anni convince Pierre a trasferirsi in Normandia. La villa che occupano è soprannominata la “Roulette” e non è lontana dall’abitazione di Claude Monet che gli fa spesso visita, come viene ben narrato nel film.   Nel film viene anche narrato il dramma che ha vissuto la coppia. Renée Monchaty, una giovane studentessa di belle arti che posava saltuariamente come modella per Pierre diventa la sua amante. E poi questo rapporto si trasforma in un rapporto a tre insieme a Marthe.  Poi Renée chiede a Pierre di scegliere tra lei e Marthe. Pierre inizialmente promette a Renée di sposarsi, andando addirittura insieme a Roma.  L’artista però sceglierà alla fine di tornare con la compagna di una vita: Marthe. Sopraffatta dal dolore la giovane Renée si toglierà la vita.   

Marthe morirà, cinque anni prima di Bonnard, con cui alla fine convolò a nozze nel 1925, trasferendosi in una villa a Le Cannet, nel sud della Francia.   Nel villaggio provenzale  Pierre Bonnard coltiverà il proprio isolamento, come Claude Monet o Paul Cézanne prima di lui, rispettivamente a Giverny e ad Aix-en-Provence.

Il regista, in questo film,  ritrova i temi che gli sono più cari: il rapporto tra vita e creazione, ma soprattutto l’emancipazione femminile, il rapporto delle donne in relazione al mondo dell’arte e delle istituzioni. 

Per essere Liberi bisogna avere tempo

 “Non mi stancherò mai di spiegare che per essere liberi bisogna avere tempo, da spendere nelle cose che ci piacciono, poiché la libertà è il tempo della vita che se ne va e che spendiamo nelle cose che ci motivano.

Mentre sei obbligato a lavorare per sopperire alle tue necessità materiali, non sei libero, sei schiavo della vecchia legge della necessità.   Ora, se non poni un limite alle tue necessità, questo tempo diventa infinito.

Detto più chiaramente: se non ti abitui a vivere con poco, con il giusto, dovrai vivere cercando di avere molte cose e vivrai solo in funzione di questo.

Ma la vita se ne sarà andata via…

Oggi la gente sembra non accorgersene e si preoccupa soltanto di comprare e comprare e comprare, in una corsa infinita…”

José "Pepe" Mujica 

José Alberto Mujica Cordano detto "Pepe" è un politico uruguaiano, Presidente dell'Uruguay dal 1º marzo 2010 al 1º marzo 2015.

Bisogna lavorare per vivere e non vivere per lavorare, non serve riempirsi di oggetti che ci danno una felicità solo apparente e che probabilmente non utilizzeremo mai, la vera felicità sta nelle cose semplici ed in quello che non si può comprare.

Respirare - di Federico Dainin Jôkô Sensei

Federico Dainin Joko Sensei ha ricevuto lo shiho, la certificazione da cuore a cuore dal suo maestro Pierre Taigu Sensei ed è diventato maestro zen e il 93esimo patriarca della tradizione Soto.   In questo breve testo spiega l'importanza del respiro nella pratica dello Zazen (sedersi in meditazione).

Nel praticare Zazen è importante, prima di iniziare, salutare lo spazio in cui ci sediamo per prendere coscienza che ci siamo; per educarci ad essere consapevoli di ciò che andremo a fare, del luogo in cui ci troviamo e dove posiamo la nostra presenza.   
Salutiamo il cuscino e in seguito ci giriamo di 180 gradi e salutiamo coloro che sono di fronte al nostro cuscino. È un gesto rituale che ci fa salutare il luogo in cui ci troviamo senza dimenticare che in un altro posto vicino così come lontano, visibile e invisibile, altri luoghi diversi dal nostro meritano la nostra attenzione e il nostro rispetto.   In questo modo salutiamo la presenza del mondo intero; con la stessa intensità, la stessa profondità, con la stessa fede, lo stesso coinvolgimento del corpo e dello spirito.

Il cuscino, sia pulito o pieno di polvere, ben centrato sulla stuoia o un po’ di traverso, ci ricorda come è la nostra vita, magari perfetta in una giornata briosa, oppure in una giornata grigia, in un momento di felicità o infelicità, di dolore o di gioia, salutiamo questa vita che è lì in quel momento, così com’è.     

Tutto questo (salutare il cuscino, quindi voltarsi e salutare tutte le persone sedute e tutte quelle presenti nel mondo) rappresenta molto più di un semplice gesto rituale; con questi gesti esprimiamo la fede nello Zazen e coltiviamo l'entusiasmo, perché salutando ogni volta che ci sediamo e che ci alziamo, riconosciamo che non è più lo stesso cuscino e non c’è più la presenza di poco prima. Gli altri, tutt’intorno a noi, non sono più gli stessi e tutto ricomincia da capo.   Questo semplice gesto invita ad avere fiducia in tutto ciò che accadrà.

Se è vero che nel Buddismo Zen non c’è una credenza particolare e un Dio, c’è comunque una nozione di fede. Una fede nell’eterno cambiamento delle cose, nell’eterno stato di novità delle cose, a condizione d’essere presenti e coscienti in quel preciso momento.  La fede che tutto andrà bene, e anche quando tutto sembra non andare, tutto va bene così com’è. Perché anche in questi “non va” le cose sono esattamente così come dovrebbero esistere in quel momento.

Poi, la prima cosa che facciamo dopo questo rituale è sederci. Avviciniamo le nostre gambe, se possiamo, in mezzo Loto o in Loto completo e ci abbandoniamo alla terra, semplicemente abbandonando tutto. E in questo corpo seduto in contatto con la terra, iniziamo prendere coscienza che il mondo in cui viviamo ci permette di essere vivi, semplicemente.
Seduti, realizziamo il miracolo profondo d’essere qui, su questa terra, poiché il vero miracolo non è quello di camminare sull’acqua, ma è quello di poter camminare in questa terra. Questa vita non è che una continua scoperta miracolosa, perché non ci è dovuto l’essere presenti in questa terra, non è per forza un nostro diritto. E’ prima di tutto, un dono, una possibilità, un’opportunità, una fortuna. 

In una postura dritta cominceremo davvero respirare con il ventre e riempire il corpo d’aria. Ad ogni inspirazione andiamo sempre più profondamente dentro di noi, ad ogni espirazione andremo e sempre più intensamente, verso il vuoto.

E'  l’attività stessa della nostra vita, che rallenta e che scende in profondità, sempre più in profondità. Nel più profondo del profondo, come una pietra che cade nell’oceano... fino a quando non ci sarà più niente, solo un profondo senso di vacua serenità.

Questa grande profondità in noi è sempre stata calma e pacifica. L'unica differenza tra l'ordinario e la meditazione è che in meditazione iniziamo davvero a frequentare questa pace e più la frequentiamo, più questa si sviluppa.  Il cuore dello Zazen è riuscire a distribuire correttamente il respiro. Il buon respiro è naturale ed estremamente profondo. In realtà, non abbiamo bisogno di nient'altro. Tutto ciò che conta è in questo respiro. L'inspirazione non è comandata, ma naturale, a seconda della gabbia toracica, e l’espirazione è controllata, profonda e attiva.

Ad ogni ispirazione, riporremo l’attenzione su tutto ciò che attraversa la nostra vita. Tutto. I suoni del cortile, i suoni del nostro cuore, la musica, il vicino che si muove, i rumori interni, i pensieri, le immagini ecc ... Osserviamo. E mentre espiriamo, affideremo al respiro tutto ciò che abbiamo osservato e che ci osserva e lo lanceremo nel vuoto. Non lo rifiutiamo, lo rilasciamo nel vuoto e lo liberiamo. Così, respiro dopo respiro, impariamo a liberarci di tutte le cose, di tutti gli esseri, di tutto ciò che abita dentro di noi.

Questo è il cuore di Zazen, pratica di liberazione e libertà, che passa per il respiro. Non abbiamo bisogno del maestro per questo, dobbiamo solo meditare davvero con il respiro costantemente e seriamente. La prima cosa che facciamo quando veniamo al mondo è un’ispirazione molto violenta e forte. I polmoni si aprono in un colpo solo ed è impressionante al punto da farci piangere. L’ultima cosa che facciamo prima di andarcene, di lasciare questa vita, è un’espirazione.
Il respiro è il fulcro della nostra vita. Perché tra questo primo e l'ultimo momento, la nostra vita sarà solo una serie di ispirazioni ed espirazioni.

Lo Zazen è solo questo. E’ coltivare l’attività dell’essere vivi. Potremmo porre fine a tutte le cerimonie, tutti i canti, tutte le pratiche formali, tutti gli insegnamenti dei maestri in Kesa rosso, lasciare cadere tutto e la sola cosa che resterebbe di questa pratica di Zazen, è coltivare il respiro che viene, che ci rende coscienti, che va e che ci libera.
Quando sono davvero consapevole del mio respiro, quando mi capita, mentre medito, di essere davvero consapevole di ciò che osservo, come se fossi davvero un tutt’uno con ciò che mi attraversa, e consapevole di avere questo potere di lasciare andare tutto nel respiro, e quando entro, quando lo provo tutto questo, ne sono incredibilmente scosso. E’ qualcosa che mi nutre per settimane. Questa consapevolezza che la vita è in me, mi rende sensibile, mi rende disponibile a tutto e allo stesso tempo mi libera da tutto. È meraviglioso.
E’ questo il risveglio. Questa vita che mi abita, che da’ il ritmo alla mia esistenza, sia che sia stato buono o cattivo. Attraverso lo Zazen viviamo l’esperienza di questa vita che va e viene in noi….

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Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono ci...