venerdì 10 ottobre 2025

Nobel per la Pace a Maria Corina Machado

Il Nobel per la Pace è stato assegnato all'oppositrice venezuelana Maria Corina Machado (1967-). 

Il premio, questo è l'annuncio, va a una "coraggiosa e impegnata paladino della pace", "una donna che mantiene accesa la fiamma della democrazia in mezzo a un'oscurità crescente".  Il riconoscimento, si legge nella motivazione, le è stato conferito "per il suo instancabile lavoro nella promozione dei diritti democratici del popolo venezuelano e per la sua lotta per raggiungere una transizione giusta e pacifica dalla dittatura alla democrazia".

"Mara Corina Machado è una delle figure civili più straordinarie del coraggio latinoamericano dei nostri tempi"; sotto la sua guida, "l'opposizione venezuelana, a lungo divisa, è riuscita a trovare un terreno comune nella richiesta di elezioni libere e di un governo rappresentativo".

María Corina Machado Parisca è stata deputata dell'Assemblea nazionale del Venezuela dal 2011 al 2014, fondatrice del movimento politico Vente Venezuela, co-fondatrice della ONG Súmate e membro, insieme ad Antonio Ledezma e Diego Arria, della piattaforma cittadina "Io sono il Venezuela".

Il Venezuela, dopo il processo elettorale del 28 luglio scorso che ha confermato al potere il presidente Nicolás Maduro, "è passato da un Paese relativamente democratico e prospero a uno Stato brutale e autoritario, oggi afflitto da una grave crisi economica e umanitaria". "La macchina della violenza statale è rivolta contro la sua stessa popolazione, e quasi otto milioni di persone hanno lasciato il Paese".

l’Onu e altri organismi internazionali denunciano le violazioni dei diritti umani in Venezuela.

 Machado è la prima venezuelana e la sesta personalità latinoamericana a ricevere il Nobel per la Pace. 

Incredible India Festival

Le scuole di Yoga presenti all'evento sono state: 
 Ananda Sangha,  Associazione Ananda, Brahmakumaris, Centro Yoga Swami-Vishnu Roma,  Cento di Yoga Self Realization Fellowship,  Ikyta , Iyengar Yoga Italia,  Federazione Italian Yoga, HeartFulness, Janine Caludia Nizza Vinyasa Yoga, Sahaja Yoga, Sarvayoga International, Sonia Bali, Sri Sri School of Yoga, The Art of Living, Unione Induista Italiana. 

Insegnare yoga

 𝗜𝗻𝘀𝗲𝗴𝗻𝗮𝗿𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗲̀ 𝘂𝗻’𝗲𝘀𝗶𝗯𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲. È 𝘂𝗻 𝗮𝘁𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗿𝗲𝘀𝗽𝗼𝗻𝘀𝗮𝗯𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮̀.

Insegnare yoga non è per tutti. Non basta conoscere. Non basta praticare.

Insegnare significa essere in grado di sostenere il percorso degli altri senza spostare il centro su di sé.

Quando si assume un ruolo, si cambia voce, si cerca approvazione, quando si ha bisogno di essere seguiti per sentirsi autorevoli, quando l’insegnamento diventa un modo per colmare il proprio vuoto, è lì che si rivela il fraintendimento.

L’insegnante di yoga non usa la posizione per affermarsi. Non cerca seguaci. Non trasmette da un piedistallo. Condivide ciò che ha compreso. Mantiene la direzione. Rimane presente. È umile, ma saldo.

Parla poco, ma con chiarezza.  Non ha bisogno di apparire diverso da com’è.

E proprio per questo può essere ascoltato, e quello che trasmette, arriva.

Aumentano le scuole con più alunni stranieri che italiani

In una scuola primaria di Mestre, in un quartiere multietnico, in tre classi prime, di circa 20 bambini ciascuna, la stragrande maggioranza degli alunni è straniera.  Un contesto multiculturale arricchito da numerose iniziative e servizi messi a disposizione dal Comune di Venezia.
Ma questa volta i numeri stanno facendo discutere: su 61 «primini» solo 11 sono cittadini italiani. Di questi solo due hanno i genitori italiani da più generazioni. Una situazione accentuata nelle proporzioni, ma non così rara. 

Basti prendere in considerazione due dati: negli ultimi 25 anni il numero di residenti stranieri è passato da 1,3 milioni a 5,4 milioni (con un’incidenza sul totale dal 2,2% al 9,2%). Nello stesso periodo l’indice di fecondità in Italia è sceso dal già basso 1,25 per donna a 1,14, un livello gravemente insufficiente per il ricambio generazionale. Solo nell’ultimo decennio le nascite sono diminuite del 26%. Inevitabili gli effetti sul sistema di istruzione. Fenomeni – quello del calo complessivo di alunni e della maggiore incidenza percentuale di alunni stranieri – che la scuola italiana sta gestendo da anni, senza fare troppo rumore.

Diverse famiglie italiane residenti nel quartiere hanno optano per la scuola privata della stessa zona. Tuttavia, occorre precisare che la quota del 30% di alunni stranieri per classe riguarda esclusivamente i NAI (neoarrivati in Italia). 
Il fenomeno della crescente presenza di alunni stranieri nelle nostre scuole non va letto come un problema, ma come un’opportunità di crescita e trasformazione. “L’immigrazione, se accompagnata da politiche educative solide, è una risorsa per l’intero sistema scolastico e per la società. Il diritto all’istruzione di ogni bambino è sacro, e va garantito con la massima attenzione, indipendentemente dalla provenienza culturale o linguistica”.

 Negli ultimi due anni gli allievi in Veneto sono diminuiti di 18.000 unità. Le proiezioni per le scuole dell’infanzia ci dicono che questo trend è destinato a rafforzarsi”. 

Che fare? “È necessario adattare i modelli educativi: introdurre metodologie didattiche più inclusive, strumenti attivi come il gioco, il teatro, la musica, che facilitino l’apprendimento della lingua italiana e il dialogo interculturale”. Infatti “in alcune classi, i bambini tendono a parlarsi tra loro in lingue diverse dall’italiano, e questo può creare una barriera. 

È proprio per questo che la scuola deve diventare il luogo in cui la lingua italiana unisce, non divide. L’intervento della scuola non è solo linguistico, ma anche sociale e culturale: formare cittadini significa creare spazi di incontro, non di separazione”. 

Vedi:  https://www.lenius.it/studenti-stranieri-in-italia/ 

La scienza e il potere del silenzio, della preghiera e della meditazione

Vladimir Poponin, leader nel campo della biologia quantistica,  afferma che esiste una relazione tra il DNA e le qualità della luce, misurata in fotoni e  ha descritto una serie di esperimenti secondi cui il DNA umano influenza direttamente il mondo fisico. Fenomeno che si verifica anche in assenza di DNA, su molecole non collegate al cervello di un essere vivente cosciente. E questo  effetto permane anche dopo che il materiale biologico è scomparso. 

Le emozioni, scaturite dai sentimenti sono una forma di energia molto simile alla luce e fotoni;  l'insieme di tutte le emozioni formano un campo che influenza  e condiziona il comportamenti degli esseri viventi.  

La preghiera ha effetto sul mondo fisico e se un singolo sentimento o emozione ha la proprietà di influire sul contesto circostante, quale può essere il suo effetto nella sommatoria di miliardi di persone? 
Il silenzio è la frequenza su cui Dio parla. Con il silenzio, la meditazione e la preghiera l’uomo entra in contatto con la sua vera natura, con l’essenza stessa delle cose.  Se la preghiera è invocazione, ardore, commozione, passione, desiderio, ci sintonizza con l’ordine supremo delle cose e manifesta i suoi benefici effetti. 
Ciò che conta nella preghiera non è le cose che si dicono ma l’intensità  con cui si sentono. Occorre far il vuoto dentro se stessi, essere liberi da ogni interferenza disarmonica dell’Io e della singola tempesta mentale. Occorre pregare con il cuore più che con le labbra, con l’anima più che con la mente. La preghiera non è un elenco delle nostre necessità: è un canto d’amore, di gratitudine: un cosmico abbraccio che invoca amore per tutto ciò che vive.
In un ospedale furono fatti esperimenti per verificare l’efficacia della preghiera nella guarigione degli ammalati. Un gruppo di persone si rese disponibile a pregare per alcuni degenti scelti a caso. Il risultato fu che questi guarivano prima di altri. Furono fatte altre prove, ma questa volta si associarono dei numeri alle persone ammalate in modo che non si sapesse per chi si stava pregando. Anche in questo caso i risultati furono sorprendenti. Le persone abbinate a dei numeri a loro insaputa, guarirono prima delle altre.

Lo yoga, figlio del ’68

Come la controcultura ha trasformato una disciplina ascetica in un prodotto da palestra. Articolo di Pier Paolo Bottin

Quando Carl Gustav Jung introdusse lo yoga nella cultura europea, lo fece con l’atteggiamento dell’esploratore che riconosce nella disciplina orientale non tanto una ginnastica esotica, quanto un sistema simbolico capace di dialogare con l’inconscio collettivo. Lo yoga era per lui un linguaggio dell’anima, un ponte tra conscio e inconscio, un percorso di individuazione. Ma quell’ingresso solenne e rispettoso nel pensiero occidentale fu solo il preludio a una mutazione radicale. Nel giro di pochi decenni, ciò che per secoli era stato via ascetica, sadhana, strumento per trascendere il sé e dissolvere l’ego, sarebbe stato trasformato in tutt’altro: un rito di consumo, una terapia soft, un simbolo di appartenenza alla cultura del benessere. La svolta avvenne negli anni Sessanta, nel clima infiammato di contestazione e liberazione che segnò un’intera generazione.

Il Sessantotto fu più di un movimento politico: fu un terremoto antropologico. Nacque come ribellione contro l’autorità, l’ordine patriarcale, la disciplina, ma presto si trasformò in un culto della spontaneità, della liberazione personale, del corpo come territorio politico e sacrale. Fu in quel contesto che lo yoga, arrivato in Europa come sapere iniziatico, venne riscritto per adattarsi ai nuovi bisogni di massa: bisogno di sciogliere le tensioni, di ritrovare se stessi, di esplorare l’interiorità senza sottomettersi ad alcuna struttura gerarchica. L’idea originaria di disciplina, con la sua pazienza monastica e la sua fatica quotidiana, risultava incompatibile con la retorica della liberazione immediata. Così la pratica ascetica si piegò al nuovo spirito dei tempi, diventando uno strumento di “esperienza” più che di trasformazione.

Il risultato fu un ibrido che oggi chiamiamo, senza pensarci troppo, “yoga”. Un fenomeno di massa fatto di tappetini colorati, centri wellness e influencer spirituali, dove la postura sostituisce la ricerca, la respirazione prende il posto della trascendenza e il corpo diventa non più veicolo di dissoluzione dell’ego ma terreno di estetica, performance e piacere. La spiritualità orientale, spogliata della sua austerità e del suo carattere iniziatico, venne ridotta a rituale rassicurante per individui disorientati, incapaci di sostenere la frizione tra dolore e crescita. L’Occidente, figlio del Sessantotto, trasformò il sentiero dello yoga in un percorso terapeutico senza meta, adatto a una società che voleva sentirsi libera ma non disciplinata, trasformata ma senza sacrificio.

Dietro lo yoga occidentale, dunque, non c’è soltanto un fraintendimento culturale: c’è una precisa genealogia storica. È figlio del ’68 non solo perché nasce nello stesso clima, ma perché ne incarna perfettamente le contraddizioni. Come il movimento studentesco, predica liberazione ma teme l’autorità; come la controcultura psichedelica, promette espansione di coscienza ma rifiuta le strutture che la renderebbero stabile; come le comuni e le utopie dell’epoca, confonde il momento con il cammino, la sensazione con la conoscenza. Il paradosso è che, nel tentativo di liberarsi dalle gabbie del passato, ha costruito nuove gabbie più sottili: quelle dell’eterna ricerca di benessere, dell’ossessione per il corpo e dell’illusione che basti “sentirsi meglio” per essere trasformati.

Così oggi milioni di occidentali praticano yoga convinti di partecipare a un’antica tradizione spirituale, mentre in realtà vivono un rituale moderno nato nel dopoguerra e modellato sulle esigenze della società dei consumi. Uno yoga che non pretende più nulla, che non chiede dedizione né silenzio, che consola invece di trasformare. È il riflesso diretto di quella stagione del Sessantotto che fece della libertà un assoluto e della disciplina un nemico, dimenticando che senza disciplina non c’è libertà, ma soltanto impulso.

Riconoscere questa genealogia non significa disprezzare chi pratica yoga oggi. Significa capire che la forma in cui lo conosciamo è il prodotto di un’epoca precisa, di un bisogno collettivo, di un compromesso storico tra Oriente e Occidente, tra ascesi e comfort, tra spiritualità e mercato. Lo yoga occidentale non discende dai rishi vedici ma dai figli del maggio francese; non è il frutto di millenni di sadhana ma di pochi decenni di controcultura. È figlio del ’68: bello e fragile, ribelle e addomesticato, rivoluzionario e commerciale al tempo stesso. Ed è solo riconoscendo questa origine che possiamo finalmente smettere di confonderlo con ciò che non è.

Lo Yoga non è più un percorso di emancipazione spirituale

Negli ultimi anni c’è stato un gran fiorire di nuovi stili nello Yoga che propongono l’esecuzione dinamica degli asana (Vinyasa, Flow Yoga); dopo secoli e secoli in cui nessuno aveva mai sentito la necessità di innovazioni o di cambiamenti nello Yoga classico di Patanjali, si affermano dunque queste scuole che non colgono l’importanza dell’immobilità della postura.

Senza negare l’utilità delle esecuzioni dinamiche, se usate come pratiche preparatorie o di riscaldamento (si pensi al saluto al sole), questi nuovi stili sembrano ignorare che l’immobilità costituisce il primo requisito dell’asana secondo lo Yoga Sutra (2,46).

La parola ‘Sthira’ che usa il testo per definire questa condizione vuol dire ‘solido’, ‘compatto’, ‘immobile’; l’asana, magari in una variante semplificata, è quindi sempre una posizione statica, una condizione che non è così semplice da mantenere a lungo come si crede perché l’immobilità non appartiene alla natura dell’uomo, per lo meno nello stato di veglia. L’uomo è fatto per agire, per muoversi, per parlare, per relazionarsi e si trova pertanto a essere impegnato in una condizione insolita e, a volte, sgradevole per lui.

L’asana rappresenta quindi la conquista dell’immobilità e dell’imperturbabilità durante la sua esecuzione, ma se l’asana è un dettaglio dello Yoga di Patanjali (un dettaglio importante, naturalmente), l’immobilità (tra virgolette) costituisce invece la struttura portante, il filo conduttore stesso dell’Ashthanga Yoga, che attraversa e unisce in un tutto unico i suoi otto anga fino a farne un corpo omogeneo; a livello degli asana questa ‘immobilità’ si manifesta nella fisicità della postura, ossia nell’immobilità del corpo; nell’anga successivo, il pranayama, si esprime a un livello più sottile, con la sospensione del respiro, ottenuta allungando le pause fisiologiche della respirazione.

Nel pratyahara (quinto anga) la stessa ‘immobilità’ consisterà nell’introspezione, cioè nell’inibizione della propensione naturale a seguire gli impulsi dei sensi, che trascinano l’attenzione verso il mondo esterno.

Nel processo di meditazione che comprende gli ultimi tre anga, dharana, dhyana e samadhi, l’immobilità in questione riguarderà la mente: il Sutra dice che in questa condizione essa diventa priva, per così dire, della propria natura, che è quella di osservare, conoscere, giudicare, sperimentare. La mente abbandona in questa fase ogni pensiero e concentra l’attenzione su un oggetto che rappresenta simbolicamente la nostra vera natura, la nostra realtà spirituale. Realtà che si palesa solo quando inibiamo il complesso psicofisico che fa capo al nostro ego, quando abbandoniamo il nostro abituale modo ego-centrico di pensare, di relazionarci, di comportarci.

L’abbandono (temporaneo) delle nostre caratteristiche individuali, necessario all’esperienza del samadhi, va preparato inoltre con la pratica di yama e niyama, i primi due anga che costituiscono l’etica dello yogin, dove qui l’immobilità consiste nel controllo del comportamento, nel non seguire passivamente, nel non compiacere sempre e comunque il nostro ego.

La deviazione dallo Yoga classico pare dovuta, dunque, alla mancata considerazione dei requisiti fondamentali che un asana deve presentare, oltre che dall’incomprensione di ciò che rappresenta l’Ashthanga Yoga. Così la prospettiva del praticante non è più la liberazione (kaivalya), lo Yoga non è più un percorso di emancipazione spirituale, ma una pratica che guarda al fitness o alla fisioterapia.

Incontri con il cinema buddhista

La Fondazione Maitreya è un punto di riferimento in Italia per lo studio, la diffusione e la riflessione sulla cultura buddhista nelle sue molteplici forme. Fondata nel 1984 da Vincenzo Piga (1923-1998), pioniere del buddhismo in Italia e promotore dell’Unione Buddhista Italiana, la Fondazione si distingue per il suo approccio laico, interdisciplinare e non settario. La presidente attuale, Maria Angela Falà, prosegue con rigore e sensibilità questo percorso, guidando l’istituto in un dialogo costante tra oriente e occidente, tradizione e contemporaneità.  Con sedi a Roma, Milano, Napoli e Livorno e un centro residenziale di ritiri e seminari in Sabina (Mompeo – Ri) la Fondazione promuove iniziative culturali, editoriali e formative, che vanno dallo studio dei testi canonici alle pratiche di meditazione e seminari esperienziali, dagli incontri pubblici alle rassegne cinematografiche. In particolare, si impegna a presentare il buddhismo non come dottrina religiosa in senso stretto, ma come disciplina etica, filosofia di vita e visione dell’esistenza capace di rispondere alle sfide del presente.

Tra gli ambiti centrali di attività vi è la divulgazione del pensiero buddhista nelle sue diverse scuole – Theravāda, Mahāyāna, Vajrayāna – e la promozione di un dialogo interreligioso aperto e profondo. E’ uno dei centri fondatori dell’Unione Buddhista Italiana e dal 1987 è associata all’European Buddhist Union. Collabora attivamente con istituzioni, università e centri di ricerca, sia italiani che internazionali.

Negli ultimi anni, la Fondazione ha dato impulso a progetti innovativi che uniscono la spiritualità alla creatività contemporanea, come la rassegna “Incontri con il Cinema Buddhista”, che utilizza il linguaggio cinematografico per esplorare i temi della consapevolezza, della sofferenza, della compassione e del risveglio. Iniziative come questa confermano l’impegno della Fondazione a rendere attuali e accessibili i principi del buddhismo, offrendo strumenti di riflessione e trasformazione individuale e collettiva. La Fondazione Maitreya si propone oggi come un luogo di ascolto, studio e pratica, capace di coltivare semi di pace interiore e responsabilità condivisa, in un tempo in cui il bisogno di senso e connessione è più urgente che mai. 

Fondazione Maitreya, Roma,  Via Clementina 7,  00184,     roma@maitreya.it ,  +39 333.2328096  www.asiaticafilmfestival.it    info@maitreya.it  

la Fondazione Maitreya propone,  nella quarta edizione, 15 opere – tra lungometraggi, mediometraggi e corti – provenienti da Bhutan, Cina, Corea del Sud, Giappone, Nepal, Polonia, Svizzera, USA e India che presentano il buddismo come religione, disciplina, filosofia, teologia, mitologia, tradizione pittorica e letteraria tra documentari, fiction e corti selezionati. La rassegna ideata da Maria Angela Falà, presidente della Fondazione Maitreya, con la direzione artistica di Italo Spinelli.   Dal 2021, la rassegna ha presentato oltre cinquanta film da tutto il mondo. 

In un mondo attraversato da conflitti, fratture sociali e crisi ambientali, la rassegna apre uno spazio di riflessione su cosa significhi vivere con consapevolezza oggi.  Il cinema è lo strumento ideale per restituire l’attualità di temi spirituali e sociali che parlano al cuore dell’essere umano: «Il buddhismo ci invita a ripensare la relazione come arte di vivere, e i film selezionati ne sono una testimonianza intensa». Incontri con il Cinema Buddhista 2025 si conferma dunque come un appuntamento imprescindibile per chi desidera scoprire come il buddhismo possa ancora illuminare il nostro tempo attraverso lo sguardo del cinema.    Le opere presentate sono: 

  • Loving Karma di Johnny Burke e Andrew Hinton, è dedicato al lama Lobsang Phuntsok e al suo rifugio per bambini svantaggiati nell’Himalaya. India 2025
  • Agent of Happiness (Bhutan), viaggio tra gli “agenti della felicità” che misurano il benessere dei cittadini al di là del PIL. Regista: Arun Battahari, Dorottya Zurbó Paese: Buthan, Ungheria Anno: 2024
  • Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera, Regista: Kim Ki-duk Paese: Corea del sud Anno: 2003.  
  • My Lens, My Land, girato nelle praterie dell’Amdo tibetano. Regista: Ke Chen Paese: USA Anno: 2024 
  • The Dalai Lama’s Gift, che ripropone immagini storiche dell’iniziazione al Kalachakra nel Wisconsin del 1980. Regista: Ed Bastian Paese: USA Anno: 2024
  •  Cracked Goddess, Regista: Colin Still Paese: USA Anno: 2006
  • What Were They Like, Regista: Colin Still Paese: USA Anno: 2003 
  • No More to Say and Nothing to Weep For, omaggio ad Allen Ginsberg e alla sua connessione con il buddhismo zen.  Regista: Colin Still Paese: USA Anno: 1997 
  • Father Death, Regista: Colin Still Paese: USA Anno: 1997  
  • Hema Hema: Sing Me a Song While I Wait di Khyentse Norbu, opera visionaria tra identità, desiderio e maschere rituali. Paese: Buthan, Hong Kong Anno: 2016
  • Seeking di Yang Yuan, intreccia il percorso di una giovane tibetana con la memoria del padre devoto al buddhismo. Giappone 2025
  • Dancing with the Dead, dedicato al poeta e traduttore Bill Porter, Red Pine and the Art of Translation,  Regista: Ward Serrill , Paese: USA Anno: 2023
  • Wisdom of Happiness, conversazione intima con il Dalai Lama sul senso autentico della felicità.  Regista: Philip Delaquis e Barbara Miller Paese: Svizzera USA Anno: 2024
  • Sapana | Himalayan Trek to Dreams  di Cezary Adamski, un reportage documentario di una straordinaria spedizione, Paese: Nepal, Polonia Anno: 2025 
  • Mola: A Tibetan Tale of Love and Loss, toccante storia di una monaca centenaria costretta all’esilio. Regista: Martin Brauen, Yangzom Brauen Paese: USA, Svizzera Anno: 2024

2024

  • Myanmar Diaries, Myanmar Collective (70′)
  • Snow Leopard, Pema Tseden (109′)
  • Song of Souls, Sai Naw Kham (72′)
  • Angry Buddha, Stefan Ludwig (98′)
  • Carving the Divine, Yujiro Seki (99′)
  •  I am the river the river is me, Petr Lom (88′)
  • Pig at the Crossing, Khyentse Norbu (122′)
  • Samsara, Lois Patiño (113′)
  • Samsara, Pan Nalin (138′)
  • Il Cielo è mio, Ayoub Naseri (65′)
  • Song of Souls, Sai Naw Kham (72′)
  • The Altar, Moe Myat May Zarchi (10′)

 2023   

  • ”Karmalink” di Jake Watchel Cambogia 2021 
  •   Alms di Edward Burger Cina 2010, 26’ In un remoto monastero buddista, tra le montagne della Cina meridionale, il capo cuoco della comunità spiega quali siano le abitudini alimentari dei monaci, la coltivazione tradizionale e il senso dell’offerta rituale tra i monaci di clausura che si dedicano alla pratica della meditazione.
  •  "Dark Red Forest” di Jin Huaquing,  Cina 2021, 85’, Nel Monastero di Yarchen, tra le montagne tibetane, si riunisce ogni anno un gruppo di monache. Intabarrate in minuscoli baracchini, trascorrono i cento giorni più freddi dell’anno meditando su questioni di vita o di morte, di sofferenza e guarigione, di karma e conseguenze. 
  • "The Silent Echo”  corto di  Suman Sen  Nepal 2021 , 15’ Quattro bambini nepalesi e la loro gioiosa band,   nelle remote montagne del Mustang, trascorrono le giornate all’interno di un autobus abbandonato, cantando e facendo musica. Che accade quando scendono a vall?
  •  "Golden Kingdom"  del regista Brian Perkins Birmania 2015, 104’ Quattro orfani, monaci novizi, vivono in un monastero buddista in una zona remota del Myanmar. Quando il loro maestro parte per un lungo viaggio, i ragazzi si ritrovano a vivere da soli nel mezzo della foresta, fronteggiando strani e a volte magici eventi.
  • “The Mountain Path” di  Edward Burger Cina 2021,  96’ Il regista riporta il proprio viaggio e la propria esperienza tra le montagne della Cina, alla ricerca di un eremita buddista che possa fargli da Maestro. 
  •  “Walker”,di Tsai Ming Liang Hong Kong 2012, 25’, Un monaco buddista cammina a capo chino e rasato tra le strade di Hong Kong, avviando un atto performativo e meditativo in netta contrapposizione con la vita frenetica che gli scorre intorno contrappunto ipnotico alla frenesia metropolitamana. 
  •  "L’arpa Birmana” di Kon Ichikawa  Giappone 1956 , 116’ Una pattuglia di soldati giapponesi, nella Birmania del 1945, si ritira nella giungla per tentare di raggiungere il confine thailandese. Il giovane Mizushima, sconvolto dagli orrori della guerra, si ritrova a prendere delle scelte che cambiano il corso della sua esistenza.
  •  “Tukdam: between worlds” di Donagh Coleman Finlandia 2022,  91’ In quello che i tibetani chiamano “Tukdam”, i meditatori deceduti non mostrano segni di morte per giorni o settimane. Sebbene siano morti secondo i nostri standard biomedici, spesso rimangono seduti in meditazione, senza cambiamenti fisici e senza decomporsi per giorni. Il fenomeno è documentato in una prospettiva  
  •     “Yomigaeru”di Alessandro Trapani Italia 2021 , 65’ Testimonianza in presa diretta di un viaggio di un musicista jazz , Giuseppe Bassi, che dall’Ilva di Taranto va  a Fukushima, colpita dallo tsunami e dal disastro della centrale nucleare.      ***
  •   “Buddha in Africa” di Nichole Shafer, Sudafrica – Svezia 2019, 90’ In un orfanotrofio buddista in Africa, Enock Alu, adolescente malawiano, è diviso tra le proprie radici e l’autoritaria educazione cinese imposta nell’orfanotrofio. Enock, all’ultimo anno di scuola, deve prendere decisioni difficili sul suo futuro.
  •  "The Velvet Qeen” di Marie Amiguet, Vincent Munier Francia 2021Durata: 92’ Ancora più in alto sugli altopiani inesplorati tibetani, tra cielo e terra, un fotografo e un romanziere, si confrontano in una maestosa esplorazione. Vincent Munier, uno dei fotografi più famosi al mondo, accompagna lo scrittore Sylvain Tesson; entrambi sono alla ricerca della regina di questi luoghi: il leopardo delle nevi, 
  •  “Angulimala” di Sutape Tannirut Thailandia 2003 Durata: 95’ Angulimala, figura mitica del buddhismo Theravāda, nasce in India in una nobile famiglia. Dopo aver attirato le ire del proprio Maestro a causa di alcune calunnie, per punizione gli viene ordinato di uccidere con le sue mani mille persone liberandole dalle loro sofferenze. 
  • "Walk with me", un documentario del 2017 diretto da Marc Francis e Max Pugh, che segue la vita di una comunità di monaci e monache buddisti Zen che seguono l'insegnamento di Thich Nhat Hanh, concentrandosi sull'arte della Mindfulness. 

Fritjof Capra “La rivoluzione della fisica è ancora nel Tao”

 Quando nel 1975 apparve Il Tao della fisica, Fritjof Capra aprì una breccia inattesa tra il pensiero scientifico europeo e le filosofie asiatiche. A mezzo secolo di distanza, quel capolavoro ritorna come la bussola critica in un’epoca dominata dalla logica degli algoritmi e dei server, nella nuova incarnazione di un razionalismo che ha imprigionato la realtà in schemi geometrici e meccanicistici. La fisica quantistica ci invita invece a pensare in termini fluidi, relazionali, non riducibili a formule rigide: un’apertura che le tradizioni asiatiche coltivano da millenni. Il prof. Capra è un fisico, teorico dei sistemi e cofondatore del Center for ecoliteracy a Berkeley, in California, dov’è seduto nel suo studio con, alle spalle, una stampa della danza cosmica di Shiva Nataraja, che gli fa da aureola attorno ai capelli grigi ricci. A 86 anni, è vibrante e acuto come la prosa del libro che lo rese una celebrità della controrivoluzione culturale mezzo secolo fa.


Quale considera l’eredità più duratura de “Il Tao della fisica” nel dialogo tra scienza occidentale e filosofie asiatiche?
«Sono rimasto stupito dalle potenti reazioni emotive che il libro ha scatenato. Poi ho compreso: il cambiamento di paradigma avvenuto in fisica, da una visione meccanicista a una olistica ed ecologica, è un processo che sta investendo oggi tutte le scienze e la società. Non saprei dire quante persone, a volte scoppiando a piangere, mi hanno detto che il libro ha cambiato loro la vita, aiutandole a sentirsi parte di una comunità più ampia che abbraccia una visione sistemica della vita».

Se il misticismo non può essere appreso dai libri, come lei suggerisce, spiegare la filosofia asiatica con categorie scientifiche non rischia di ridurne l’essenza, rendendola più difficile invece che meno difficile da apprendere?
«Se la spiegazione fosse puramente intellettuale e analitica, sarei d’accordo. Ma quando ho scritto Il Tao della fisica, ero coinvolto non solo intellettualmente ma anche emotivamente ed esperienzialmente, e penso che questo traspaia. Ho discusso i paralleli tra fisica e misticismo asiatico vivendo questi paralleli a un livello profondo: molto più di un’analisi teorica. Oggi il mondo è cambiato anche grazie a questo. Negli anni ’70, se dicevi che non potevi partecipare a una riunione per seguire una classe di yoga, meditazione o Qigong, i superiori ti avrebbero licenziato e schernito. Oggi è scontato poter seguire queste vie».

Sì, ma oggi, in Europa e in America tanti si dedicano a pratiche come yoga e meditazione per guadagni materialistici—manager che meditano per essere più efficienti, o chi fa yoga per rimanere competitivo. Molti hanno interpretato “Il Tao della fisica” in chiave pop-culturale. Quali incomprensioni la sorprendono ancora?
«È vero che alcuni gruppi di destra hanno distorto le idee New Age. Ma gli enormi movimenti giovanili sorti con il cambiamento climatico come Sunrise, Fridays for Future, l’impegno del senatore Bernie Sanders, gli effetti del movimento Occupy, vedono il mondo come una rete interconnessa. Oggi quei movimenti alternativi sono tornati underground a causa della tragica ascesa della frammentazione, del nazionalismo, della violenza e della guerra. È una fase transitoria. Sono cicli. Ne usciremo. Un movimento evolutivo come questo cambiamento di paradigma è più grande e più forte delle azioni politiche a breve termine».

La fisica quantistica oggi è più studiata e diffusa di prima. Tuttavia, la società ragiona ancora in termini newtoniani. Perché il salto culturale non è ancora avvenuto nell’integrare la fisica quantistica nella società?
«In medicina, molti dottori, ospedali e l’industria farmaceutica vedono ancora il corpo umano come una macchina da riparare con la chimica, sostituendone un pezzo con la chirurgia. C’è anche un forte movimento di salute olistica che ha visioni diverse, ma l’approccio meccanicista è persistente. Nel management, i dirigenti gestiscono le aziende come meccanismi da mettere a punto per massimizzare il profitto. C’è stato un investimento intellettuale ed economico enorme sul modello meccanicista. Abbiamo una situazione grottesca in cui le corporazioni dell’energia fossile hanno la distruzione del pianeta come modello di business per non perdere gli investimenti. Il passaggio dalla visione meccanicista a quella ecologica sta definendo la nostra era, ma la strada è molto accidentata».

Tornando a “Il Tao della fisica” e all’opposizione tra Parmenide ed Eraclito, l’Essere in alternativa al Divenire: pensa che le filosofie asiatiche propongano un’integrazione?
«Nel Tao della fisica ho definito Eraclito “il taoista greco” per la sua visione dinamica. Sotto ogni struttura, cioè l’Essere, c’è un processo, o insiemi di processi, e la struttura emerge da processi sottostanti. La visione dinamica è qualcosa che possiamo imparare. I due grandi temi che accomunano la fisica moderna e il misticismo asiatico sono l’interconnessione di tutte le cose, e la natura dinamica dell’universo. Questi principi si riflettono nella visione sistemica della vita, che è un processo e una rete. Ecco, questa è un’idea interessante che mi è venuta adesso, quando ha menzionato Parmenide ed Eraclito, Essere e Divenire… pensandoci, nella visione sistemica della vita, la caratteristica di un sistema vivente è il metabolismo. Come diceva la microbiologa Lynn Margulis: “Se metabolizza, è vivo. Se non metabolizza, non è vivo”.
Il metabolismo è il flusso continuo di energia e materia attraverso una rete di reazioni chimiche, con un doppio aspetto: la rete come struttura, il flusso come processo. Questo unifica l’antica dicotomia tra Essere e Divenire... Ora che ci penso, dovrei scrivere qualcosa su questo...».

C’è chi pensa che l’Intelligenza artificiale potrebbe diventare una sorta di metabolismo globale. Infatti, dopo i modelli meccanicisti della Rivoluzione industriale, siamo entrati in una nuova dinamica tecnologica modellata da algoritmi, server e ora Intelligenza artificiale. Pensa che l’Ia sia una nuova prigione concettuale, o un’opportunità di trasformazione nella società?
«Entrambe. Potrebbe trasformarsi in una prigione. Ma dipende per quale scopo viene usata. La maggior parte delle applicazioni attuali punta solo a fare più soldi, a razionalizzare i processi produttivi, aumentando l’efficienza. Quest’attenzione per il profitto è letale. L’Ia è diversa dall’intelligenza naturale, che è inerente a tutta la vita. L’intelligenza che è parte di tutti i sistemi viventi, è sempre organicamente e biologicamente integrata. La sua qualità principale è la capacità di essere nel mondo, sopravvivere ed evolvere. Quando aumentiamo le applicazioni dell’Ia, c’è il rischio che interferiscano con la nostra intelligenza vivente. Viviamo in una società dove la ricchezza è considerata più importante della salute. Nel fare soldi spesso distruggiamo l’ambiente naturale da cui dipende la nostra sopravvivenza. Una civiltà che valuta il guadagno più del benessere umano e della natura non può essere definita intelligente».     Articolo di Carlo Pizzati 

“Nell’era dell’AI stiamo trascurando l’intelligenza umana”,  “Con lo sviluppo dell'intelligenza artificiale abbiamo sopravvalutato algoritmi e altre astrazioni e abbiamo trascurato la nostra intelligenza tacita, incarnata e vivente”.  

Nel suo nuovo libro,   pubblicato nel 2024, I principi sistemici della vita. Idee sulla natura e sull'ecologia umana,  Fritjof Capra asserisce che per comprendere e affrontare alcune delle principali problematiche vissute dal mondo di oggi, occorre assumere una diversa prospettiva, una prospettiva sistemica. Occorre cioè guardare al mondo non più come a una macchina composta da elementi singoli, ma come una rete di combinazioni inseparabili di relazioni.

Quando guardiamo allo stato del mondo di oggi, alla nostra crisi globale su diversi livelli, ciò che è più evidente è che nessuno dei nostri principali problemi – energia, ambiente, cambiamento climatico, disuguaglianza economica, violenze e guerre – può essere compreso separatamente. Sono questioni sistemiche, sono cioè tutte interconnesse e interdipendenti. E per capirle e risolverle, dobbiamo cambiare la nostra prospettiva: non considerando più il mondo come una macchina composta da elementi singoli, ma come una rete di combinazioni inseparabili di relazioni.
Nel corso degli ultimi decenni, Fritjof Capra ha sviluppato una teoria originale di questa nuova comprensione della vita, un orizzonte concettuale che integra quattro dimensioni: biologica, cognitiva, sociale, ed ecologica. Questa visione è raccolta nel volume di culto Vita e natura, scritto insieme a Pier Luigi Luisi, e pubblicato nel 2014.
I principi sistemici della vita raccoglie, ora, i concetti fondamentali di Vita e natura proponendoli con un linguaggio non tecnico ma suggestivo, una summa del pensiero di Capra, che dal Tao della fisica in poi si è distinto come uno dei pensatori più creativi e innovativi del nostro tempo.
Capra ci mostra che il pensiero sistemico avanzato sarà cruciale per risolvere i principali problemi del nostro tempo e ci esorta con urgenza a mettere la vita al centro delle nostre imprese, dell’economia, delle tecnologie, e delle istituzioni sociali, ricordandoci le parole dell’attivista e scrittore David Korten (1937-): “Prospereremo nella ricerca della vita, oppure periremo nella ricerca del denaro: la scelta sta a noi”.

giovedì 9 ottobre 2025

Lo scopo della meditazione

 Queste riflessioni di ispirazione buddhista mi sembrano molto utili per comprendere che spesso possiamo imprigionarci nei nostri pensieri. 

Sono le nostre azioni a definirci, non i nostri pensieri. 

Per andare avanti nella nostra vita,  dobbiamo compiere le azioni giuste, quelle che ci spingono verso la gioia di vivere, uniti (nel senso dello yoga) al mondo. 

Per farlo, dobbiamo conoscere noi stessi e per conoscere noi stessi dobbiamo smettere di pensare o, almeno, eliminare il groviglio di pensieri inutili che ci occupano la maggior parte del tempo e ci impediscono di accedere a noi stessi. 

Questo è lo scopo della meditazione.

La meditazione e il cervello

Riflessioni di Olivier Liv Brunet.

Le 9 cose fondamentali che ho imparato in 65 anni.  


1. Il tuo cervello crede a ciò che ripeti 
Il mio cervello non ha accesso alla verità. Crede solo a ciò che continuo a ripetergli. 
2. I tuoi pensieri plasmano le tue emozioni 
I miei pensieri plasmano le mie emozioni. 
3. Le tue emozioni forgiano chi sei 
Le mie emozioni condizionano le mie azioni e le mie azioni forgiano la mia identità. 
4. Cambiare è sempre possibile 
Il mio cervello si riorganizza costantemente, indipendentemente dalla mia età: quindi ho la possibilità di cambiare. 
Se ripeto qualcosa abbastanza spesso e con sufficiente emozione, il mio cervello inizierà a crederci. 
5. Esercitati a parlare a te stesso come al tuo migliore amico 
Ecco perché l'allenamento spirituale e mentale è così essenziale. Si tratta di usare il mio cervello per parlare alle cellule del mio corpo. Il modo in cui parlo a me stesso modella il modo in cui mi percepisco, e la mia vita mi restituirà l'immagine di chi penso di essere. 
6. Il tuo cervello approva ciò che immagini 
Il mio cervello non fa differenza tra realtà e immaginazione. Quando visualizzo una versione di me stesso calma, sicura, in pieno possesso delle mie capacità, è come se riconfigurassi il mio cervello affinché ci creda. 
7. Scegli solo i pensieri utili 
Non sono il proprietario dei miei pensieri; essi mi visitano. Posso scegliere esclusivamente quelli che mi sono utili e lasciar passare gli altri, come nuvole nel cielo. 
8. Il tuo corpo è la tua bussola 
La mia volontà non sarà mai sufficiente per liberarmi di una sensazione spiacevole. Ma posso cambiare il mio modo di pensare. Le emozioni che rifiuto rimarranno immagazzinate nel mio sistema nervoso. Ecco perché, per stabilire una rotta nella mia vita, il mio corpo è la mia bussola definitiva. 
9. Riprogramma il tuo futuro 
La maggior parte dei miei comportamenti sono automatici e inconsci. Il mio cervello indovina cosa succederà basandosi sulle mie esperienze passate. Se modifico i dati che contiene, posso cambiare il futuro. 
Cambia le tue storie, cambia la tua vita.

Che cos’è una postura di yoga (asana)?

Prima di tutto, soffermiamoci sul termine asana. Questo termine indica, in generale, una posizione destinata alla meditazione. Letteralmente, asana può essere tradotto come “modo di sedersi”. Alcune rappresentazioni delle diverse posture risalgono a 2500 anni prima di Cristo. Ancora oggi, queste posizioni permettono a chiunque di scoprire e migliorare la propria pratica dello yoga, beneficiando di vantaggi specifici.

Ecco alcune delle posizioni più comuni della disciplina.

  • - Cane a testa in giù (Adho Mukha Svanasana). Il cane a testa in giù è una delle posizioni più conosciute dello yoga. In modo piuttosto semplice, consiste nel formare una piramide con il corpo. Partendo a quattro zampe sul tappetino, si posizionano le ginocchia sotto i fianchi e le mani sotto le spalle, con i palmi a terra e le dita leggermente divaricate. Espirando, si sollevano le ginocchia e i talloni, spingendo sulle mani. Bisogna portare il bacino e i glutei verso l’alto, verso il soffitto, e distendere completamente le gambe. In questo momento, i talloni dovrebbero tornare a toccare il tappetino. Si spinge sugli indici, si stendono le braccia e si posiziona la testa tra di esse. 
  • -Postura della montagna (Tadasana)- A differenza del cane a testa in giù, che può risultare difficile per un principiante, la postura della montagna è molto semplice.In piedi, con i piedi uniti e le braccia lungo i fianchi, si fa pressione sulle dita dei piedi per trovare l’equilibrio. Inspirando, si sollevano le braccia e si uniscono le mani sopra la testa, con i palmi rivolti verso il cielo. Poi ci si solleva sulle punte dei piedi, si contraggono bacino e cosce e si apre il torace trattenendo il respiro. Infine, si espira lasciando cadere lentamente le braccia lungo i fianchi, tornando alla posizione iniziale. 
  •  -Postura del bambino (Balasana). Si inizia da seduti, con le gambe distese davanti a sé. Poi si piegano le gambe portando i talloni sotto i glutei e le cosce sulle caviglie. Dettaglio importante: i due alluci devono toccarsi. Poi ci si piega in avanti, portando la fronte a terra e le mani dietro i glutei.

Posizioni di yoga per principianti

  • -  Postura del cobra (Bhujangasana). Si comincia sdraiati a pancia in giù. Come per il cane a testa in giù, le mani sono posizionate sotto le spalle. Spingendo verso il basso con piedi e mani, si portano le spalle indietro stringendo le scapole al massimo. Infine, si solleva il torace mantenendo le gambe a terra, e si mantiene la posizione.
  • - Postura del gatto e della mucca. Inginocchiati, con le mani sotto le spalle e le ginocchia allineate con i fianchi. Inspirando, si inarca la schiena guardando verso l’alto e avvicinando le scapole. Espirando, si arrotonda la schiena e si porta la testa tra le braccia.
  • - Postura del ponte. Si inizia da seduti, con la schiena dritta e le mani sui fianchi, le gambe unite e distese davanti a sé. Si portano le mani dietro, si apre il torace e si spinge sulle braccia per sollevare il corpo, mantenendo le piante dei piedi a terra. Inspirando, si solleva il busto e si lascia cadere la testa all’indietro.

Posture di yoga intermedie

  • - Postura del piccione (Kapotasana). Si parte dalla posizione del cane a testa in giù, poi si porta un ginocchio dietro il polso dello stesso lato. Il polpaccio si appoggia al suolo, formando una specie di “V”. L’altra gamba rimane distesa all’indietro. Si mantiene poi la posizione.
  • - Postura della candela (Sarvangasana). Sdraiati sulla schiena, si piegano le ginocchia e si appoggiano i piedi al suolo. Si sollevano le gambe portando le ginocchia verso il petto. Si mettono poi le mani sui fianchi e successivamente sul centro della schiena, mentre le ginocchia passano sopra la testa. Espirando, si sollevano torace e bacino. Infine, si distendono le gambe portando i piedi il più in alto possibile, finché il corpo non assume la forma di una candela. Per evitare di perdere l’equilibrio, è importante mantenere i gomiti vicini.

Posizioni avanzate e difficili

  • - Postura del loto (Padmasana). È la posizione più famosa dello yoga. Si comincia seduti, con la schiena dritta e le gambe distese davanti. Si piegano le ginocchia per sedersi a gambe incrociate, si uniscono pollice e indice, e si appoggiano i polsi sulle ginocchia. Sembra semplice? Esistono versioni più complesse, in cui i piedi vengono posizionati sopra le cosce, e non sotto. Infine, si apre il torace ed estende la colonna vertebrale.

 Posture tradizionali dello Hatha Yoga
Molte posture fanno parte di ciò che è considerato Hatha Yoga. Tra queste troviamo la candela, l’aratro, la pinza, il cobra, l’arco, il triangolo e il cane a testa in giù. Poiché esistono ben 84 posizioni diverse, non è possibile elencarle tutte qui.
- Posture in piedi per migliorare l’equilibrio
Ogni asana ha i propri benefici. Chi desidera migliorare equilibrio, postura o ridurre il mal di schiena è nel posto giusto.
- Postura dell’albero (Vrikshasana)
In piedi, con le braccia leggermente discostate dal corpo e il torace rivolto verso il cielo. Si sposta il peso sul piede sinistro, si solleva il piede destro e lo si appoggia sulla caviglia, sul ginocchio o sulla coscia (per i principianti, è meglio la caviglia). Le mani vengono unite davanti al petto, come in un gesto di preghiera.
- Postura del guerriero I (Virabhadrasana I)
Si parte da un affondo alto, con una gamba dietro e le mani sui fianchi. Il tallone posteriore è a terra, inclinato a circa 45 gradi. Il ginocchio anteriore è allineato con il piede. Le anche devono essere rivolte in avanti e le mani si alzano sopra la testa, con i pollici rivolti verso l’interno.
Posizioni di rilassamento e antistress
Per rilassarsi, svuotare la mente e ridurre lo stress, esistono molte opzioni, come la postura del loto. Anche - le posture della farfalla o della rana sono ottime per rilassarsi e distendere corpo e mente.
Posizioni per migliorare la digestione
Lo yoga non serve solo a migliorare postura, equilibrio o benessere mentale. Alcune asana aiutano anche la digestione: il cobra, il gatto-mucca e la pinza sono ottimi esempi.
Posizioni per favorire il sonno
Come per la digestione, anche la postura del cobra può favorire il sonno. Lo stesso vale per la candela e la postura del bambino.
Sequenza di posture: il Saluto al Sole.  Il Saluto al Sole è una sequenza di 12 posizioni (in un ciclo di andata e ritorno) che simboleggia il ciclo dei mesi dell’anno. È composto come segue:

  •     Postura della montagna
  •     Mezza luna all’indietro
  •     Pinza
  •     Affondo basso
  •     Panca
  •     Blocco
  •     Saluto degli otto punti
  •     Cobra
  •     Cane a testa in giù
  •     Affondo basso
  •     Pinza
  •     Mezza luna all’indietro

Consigli per praticare in sicurezza
Per praticare yoga in modo sicuro, è importante non avere fretta.
Ricorda: indipendentemente dal livello delle persone intorno a te, lo yoga non è una competizione. Prenditi il tuo tempo, respira e segui le istruzioni. Se un asana è troppo difficile, non forzare. Con la pratica, riuscirai a padroneggiarlo: la chiave è la pazienza.

Le posizione di yoga dovrebbero essere mantenute per alcuni minuti, come ad esempio quella del bambino; altre, per meno tempo. L’importante non è resistere oltre le proprie forze. Per le posizioni più difficili, 5–10 secondi possono già essere sufficienti.

sabato 13 settembre 2025

Letture Luminose 2025-2026

La nostra iniziativa è ormai al sesto anno e prosegue con la convinzione, sempre maggiore, che la lettura sia un bene da coltivare.
Continuiamo con la formula che ci ha portato fino qui: un incontro ogni due settimane, sempre di mercoledì alle 18.30, per una lettura antologica dal testo via via proposto, seguito da un sereno dibattito tra di noi.    

Per iscriversi occorre mandare una mail a fpistolato@yahoo.it con la dicitura: CICLO LETTURE LUMINOSE 2025-2026. Il link di accesso verrà fornito alla vigilia di ogni incontro, che verrà registrato e inviato poi a tutti gli iscritti, i quali potranno seguire comunque il ciclo, qualora non sia stato loro possibile partecipare alla diretta.        L’iniziativa è gratuita. 


Profili dei conduttori del ciclo
Roberto Fantini ha felicemente insegnato Filosofia e Storia al liceo per oltre 40 anni, desiderando invano di proseguire per almeno altrettanti. È impegnato nella Educazione ai diritti umani, scrittore e giornalista freelance.
Cesare Maramici ha insegnato informatica e svolto il ruolo di formatore nel campo delle nuove tecnologie. Pratica yoga e meditazione da 30 anni. Ama i viaggi, l'Oriente e le filosofie orientali, specialmente il buddhismo.
Francesco Pistolato ha accumulato vari titoli di studio. Si è reso sempre meglio conto che questi non avevano senso se non accompagnati da una consapevolezza adeguata. Il ciclo Letture luminose lo aiuta ad affrontare i tempi che ciascuno di noi, volens nolens, si trova a vivere.

Programma e calendario del ciclo “Letture luminose 2025-2026”
Gli incontri si svolgeranno su piattaforma Zoom, con cadenza quindicinale, il mercoledì dalle 18.30 alle 20.00, laddove l’ultima mezz’ora sarà dedicata al dibattito. 

08.10.2025

José “Pepe” Mujica, Non fatevi rubare la vita, a cura di Francesco Pistolato

22.10.2025

Matthieu Ricard, Sei un animale! Perché abbiamo bisogno di una rivoluzione animalista, a cura di Roberto Fantini

5.11.2025

Massimo Citro Della Riva, Illusione, a cura di Francesco Pistolato

19.11.2025

Angelo Tonelli, Nel nome di Sophia. Un manifesto contro il Transumanesimo, a cura di Francesco Pistolato

3.12.2025

Mario Thanavaro, Dalla sofferenza alla gioia, a cura di Cesare Maramici

17.12.2025

Arthur Schopenhauer, Religione ed etica, a cura di Roberto Fantini

07.01.2026

Neville Goddard, Il potere della consapevolezza, a cura di Francesco Pistolato

21.01.2026

Franco Fracassi, Keir Bowman, 1969: A Moon Odyssey, a cura di Francesco Pistolato

04.02.2026

Maria Ressa, Come resistere a un dittatore, a cura di Cesare Maramici

18.02.2026

Richard Gerber, Medicina vibrazionale, a cura di Francesco Pistolato

04.03.2026

Ludwig Feuerbach, L'essenza del cristianesimo, a cura di Roberto Fantini

18.03.2026

Theo Fischer, Wu Wei, L’arte di vivere del Tao, a cura di Francesco Pistolato

01.04.2026

Rupert Sheldrake, Le illusioni della scienza, a cura di Francesco Pistolato

15.04.2026

James Hillman, L’anima del mondo e il pensiero del cuore, a cura di Francesco Pistolato

29.04.2026

Voltaire, Dizionario filosofico, a cura di Roberto Fantini

Plaidoyer por les animaux - Matthieu Ricard

Il testo di Matthieu Ricard  Plaidoyer pour les animaux, tradotto in italiano Sei un animale, presenta la storia, le riflessioni e le implicazioni del nostro rapporto con gli animali.      

Nel corso della storia, il rapporto tra gli esseri umani e gli animali è stato oggetto di profonde trasformazioni, passando da un'antropocentrica superiorità a un crescente riconoscimento della loro soggettività e capacità di soffrire. Il presente saggio si propone di ripercorrere, attraverso un’analisi storica, filosofica, scientifica e giuridica, le tappe fondamentali che hanno condotto all’attuale riflessione sul diritto degli animali, sottolineando le contraddizioni etiche, i meccanismi di negazione sociale e l’urgenza di un cambiamento sistemico.    

L’evoluzione del pensiero occidentale ha spesso subordinato gli animali a uno status di inferiorità, legittimando così il loro sfruttamento. Come evidenziato da Matthieu Ricard, nelle sue riflessioni filosofiche e morali, tale visione ha radici tanto nella religione quanto nella filosofia moderna. La concezione cartesiana degli animali-macchine, privi di coscienza, ha segnato profondamente il pensiero occidentale, contrapponendosi a visioni più compassionevoli come quella di Pitagora e Ovidio, che rispettivamente praticavano il vegetarianismo e consideravano la carne un alimento decadente.

Nel contesto religioso, la tradizione ebraica pone particolare attenzione al trattamento degli animali: nella Torah si legge il divieto di infliggere dolore a qualsiasi essere vivente, e nel Talmud si afferma l’importanza del trattamento umano degli animali. Anche il cristianesimo, attraverso figure come San Francesco d’Assisi e, più recentemente, Papa Giovanni Paolo II e Papa Francesco, hanno espresso messaggi di rispetto verso tutte le creature viventi.

Le tradizioni orientali, come il buddhismo, il jainismo e l’induismo, hanno da sempre valorizzato la nonviolenza (ahimsa) e la compassione verso ogni forma di vita. Gandhi ha rappresentato uno dei principali promotori moderni di questa sensibilità, che si riflette in una popolazione indiana per il 35% vegetariana. In Bhutan, la caccia e la pesca sono vietate per legge.

Le basi scientifiche ed etiche del cambiamento.  A partire dal XVIII secolo, numerosi intellettuali iniziarono a mettere in discussione la moralità dello sfruttamento animale. Figure come Jean Meslier, Thomas Tryon, Isaac Newton, Arthur Schopenhauer e Percy Shelley denunciarono apertamente la crudeltà verso gli animali, spesso connessa a quella esercitata sugli esseri umani. Upton Sinclair e Ruth Harrison, nei loro scritti del XX secolo, denunciarono le condizioni aberranti degli allevamenti industriali.

La svolta scientifica giunse grazie a studiosi come Jane Goodall e Frans de Waal, che dimostrarono l’esistenza di emozioni complesse e forme di empatia negli animali. Nel 2021, la Dichiarazione di Cambridge ha sancito che gli animali posseggono substrati neurologici della coscienza simili a quelli umani.

Nonostante le conoscenze scientifiche e le evidenze etiche, la società continua a ignorare sistematicamente la sofferenza animale. Melanie Joy, nel suo saggio Why We Love Dogs, Eat Pigs, and Wear Cows, descrive il concetto di "carnismo", ovvero l'insieme di credenze invisibili che giustificano il consumo di carne. I meccanismi psicologici alla base includono la dissonanza cognitiva, la desensibilizzazione e l’occultamento mediatico. I documentari come Earthlings, Food Inc. e LoveMEATender, raramente trovano spazio nella programmazione televisiva, mentre la pubblicità promuove una narrazione rassicurante sull’allevamento umano degli animali.

Le conseguenze ambientali, sanitarie e sociali. L’allevamento intensivo non solo infligge sofferenze indicibili agli animali, ma ha anche impatti devastanti sul piano ecologico, sanitario e sociale. Ogni anno vengono macellati 60 miliardi di animali terrestri e 1.000 miliardi di animali marini. Il 60% delle terre agricole e il 45% delle risorse di acqua dolce globali sono impiegate per produrre alimenti destinati al bestiame. Secondo l’istituto EPIC, il consumo di carne rossa è associato a un incremento del 35% del rischio di tumore al colon.

L’antibiotico-resistenza rappresenta una delle minacce sanitarie più gravi: l’80% degli antibiotici negli Stati Uniti è somministrato ad animali da allevamento. Inoltre, lo spreco di cereali per nutrire il bestiame aggrava la fame nel mondo: un ettaro di terra può sfamare 50 persone vegane o solo 2 carnivore.

Dietro le quinte dell’industria della carne si cela una realtà brutale. Gli animali sono spesso sottoposti a mutilazioni, vivono in condizioni igieniche precarie e, in molti casi, vengono macellati ancora coscienti. Le etichette "biologiche" non garantiscono una vita dignitosa: nella maggior parte dei casi, indicano semplicemente un’alimentazione diversa, ma non la possibilità di accedere all’aperto o di evitare la sofferenza.   Un’indagine finanziata dal Ministero dell’Agricoltura francese ha rilevato che solo il 14% della popolazione considera inaccettabile allevare animali per mangiarli, ma il 65% non sarebbe in grado di assistere alla loro uccisione. Come affermava Elie Wiesel, "il silenzio favorisce il carnefice, mai la vittima".

Il concetto di "specismo", introdotto da Richard Ryder, evidenzia la discriminazione morale tra le specie. Esso è paragonabile, secondo alcuni studiosi, a forme di oppressione come il razzismo o il sessismo. La genetica ha ormai dimostrato che lo scimpanzé condivide con l’uomo il 98,7% del patrimonio genetico, e diversi studi hanno mostrato comportamenti empatici e cognitivi complessi anche in specie ritenute "inferiori".   David Chauvet sottolinea che non dovremmo esigere da un essere vivente la capacità di raziocinio per riconoscerne il diritto alla vita. Il riconoscimento delle emozioni negli animali deve comportare l’assunzione di una responsabilità morale nei loro confronti.

Non meno gravi sono le forme di intrattenimento che prevedono l’uso di animali: circhi, zoo, corrida, pesca sportiva, traffico illecito di fauna. Tali attività non solo causano sofferenze gratuite, ma alimentano un’industria illegale e spesso criminale, con gravi ricadute su biodiversità, ecosistemi e legalità internazionale.

A livello legislativo, si stanno compiendo progressi. In Francia, dal 2014, il Codice Civile riconosce gli animali come "esseri senzienti". Tuttavia, la strada verso una reale protezione giuridica è ancora lunga. Si auspica una democrazia interspecifica, che includa nel patto sociale anche i diritti degli esseri non umani.   Il concetto di "zoocidio", proposto come analogo al genocidio, mira a sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni sulle uccisioni di massa sistematiche e sulla necessità di una Convenzione internazionale che riconosca questo crimine contro il vivente.

L’utilizzo di animali nei laboratori pone dilemmi morali irrisolti. Da un lato, l’utilitarismo giustifica il sacrificio di pochi per il bene di molti; dall’altro, l’etica deontologica rifiuta ogni forma di strumentalizzazione dell’essere senziente. Inoltre, la validità scientifica dell’estrapolazione da animale a uomo è sempre più contestata, e numerosi metodi alternativi — modelli digitali, colture in vitro, organoidi — sono oggi disponibili.

Molte giustificazioni ricorrenti — tradizione, salute, ordine naturale — sono prive di fondamento scientifico. La nutrizione vegetariana è del tutto compatibile con uno stile di vita sano e completo: proteine si trovano in legumi, vitamina B12 in uova e latticini, calcio in verdure a foglia verde. Atleti di alto livello come Carl Lewis, Novak Đoković e Martina Navratilova dimostrano che il vegetarianismo è compatibile anche con prestazioni sportive di eccellenza.

Il nostro tempo è chiamato a una profonda riflessione morale. Non si tratta solo di difendere gli animali, ma di difendere la nostra stessa umanità, la coerenza dei nostri valori e la sostenibilità del nostro futuro. Come affermava Claude Lévi-Strauss, "arriverà il giorno in cui ci stupiremo dell’orrore nel vedere le carcasse degli animali esposte nei negozi". Quel giorno sarà forse l’alba di una nuova etica: quella della compassione universale.

Le Lumineux destin d'Alexandra David-Neel - Jean Chalon

In questo testo  Le lumineux destin d'Alexandra David-Neel, pubblicato nel 1985, Jean Chalon ci presenta, con la collaborazione di Marie-Madeleine Peyronnet,  la straordinaria vita di Alexandra David-Neel (1868-1969), riportando anche molti estratti della corrispondenza tra Alexandra e il marito Philippe Neel.     

Jean Chalon (1935- ) è un giornalista e scrittore francese. Comincia i suoi studi per diventare professore di spagnolo e poi si orienta verso il giornalismo. Ha trascorso gran parte della sua carriera a Le Figaro e ha scritto diverse biografie di donne celebri:  Chère Marie-Antoinette (prix Gabrielle d'Estrées 1988), Chère George Sand (prix Châteaubriand 1991), Liane de Pougy, courtisane (1994) et George Sand : une femme d'aujourd'hui (Fayard, 2004). Marie-Madeleine Peyronnet è stata l'assistente e la collaboratrice di Alexandra nei suoi ultimi dieci anni. 

Alexandra incarna tanti personaggi: anarchica, borghese, buddhista, cantante, orientalista, giornalista, scrittrice, esploratrice (fu la prima donna a entrare a Lhasa in Tibet). 

Alexandra incontra, a 20 anni, Elisèe Reclus (1830-1905) geografo e anarchico, che diventerà il suo punto di riferimento.  Elisèe Reclus è amico di Tolstoi, insieme sognano di abolire le frontiere, di rovesciare il dispotismo. Alexandra si unisce a questo coro che ignora le barriere delle convenzioni.  A 20 anni vuole cambiare il mondo e traccia una terribile requisitoria contro la società del suo tempo, contro i potenti, i borghesi. Con questo stato d'animo comincia a scrivere la sua prima opera Pour la Vie.  Rifiuta in blocco le religioni, le Chiese, la società, l'esercito e soprattutto la sofferenza inutile che impongono.  Per Alexandra "la ricerca della felicità è una abitudine a prendere, è un'educazione da seguire, una rivoluzione intima che deve aiutare gli individui abituati alla passività e alla rassegnazione".

Considera "La solitudine come la solo beatitudine possibile; è sola con se stessa e questo è sufficiente a questo Narcisio femminile".  Gli adepti al buddhismo al quale si convertirà, si sforzano di avere "una anima insensibile alle cose esteriori, vittoriosi delle proprie passioni. Un'anima libera indifferente alla gioia e al dolore, inaccessibile a tutte le lussurie terrestri".

Aderisce alla Gnose supreme, una associazione che ha per scopo "la formazione di una confraternita di persone che studino le differenti religioni e filosofie, in modo particolare quelle orientali". Va a Londra divide il suo tempo a studiare l'inglese e testi di filosofia orientale alla biblioteca della Gnosi supreme e al British Museum. A Londra incontra Mrs. Morgan che appartiene alla Gnose Supreme ma anche ad altre associazioni come la Società Teosofica, alla quale introdurrà Alexandra.  La fondatrice della società Teosofica è stata Helena. P. Blawatsky (1831-1891).  Alla biblioteca della Società Teosofica troverà testi come il Raja-Yoga, Le Upanishad, la Bhagavad Gita tradotti in inglese o ancora in sanscrito. Ciò la porterà a studiare il sanscrito. La Società Teosofica sarà un suo punto di riferimento nei suoi innumerevoli viaggi in Oriente, da cui però, più tardi prenderà le distanze. 

Alexandra ritorna a Parigi nel 1889 e qui inizia lo studio della teosofia, del sanscrito, dell'occultismo e dell'esoterismo. Questi studi, però, la perturbano ed entra in crisi. Crisi religiosa, di coscienza, crisi di esistenza, crisi di identità. ed entra in un convento di carmelitane. In questo periodo, dal 1989 al 1991, nonostante la terribile crisi, non cessa di studiare l'inglese, il canto e il sanscrito. Al museo Guimet (fondato nel 1879 da Emile Guimet), comincia la lettura del libro sacro dei buddhisti il Dhammapada e non cesserà di citare in seguito i versetti di questo libro.   "Siate a voi stessi la vostra propria luce, siate a voi stessi il vostro rifugio" - "Siete voi che dovete fare lo sforzo, i Buddha possono solo insegnare o indicare la via" - "Abbiate fiducia in voi stessi " - dal Dhammapada.  Ognuno può diventare Buddha, e questo è la grande speranza apportata dal buddhismo.   E questa conquista del sapere  aiuterà Alexandra a uscire dalla sua depressione.  "Lo spirito del buddhismo è essenzialmente socialista, ossia insegna l'unione di azioni combinate in vista di un fine sociale; Si oppone all'industrializzazione e all'accumulo di ricchezze considerate come l'oggetto supremo di ogni sforzo umano". 

Altri versi del Dhammapada: "L'uomo vigilante vincerà la morte, Il negligente è già come morto".

Nel 1891 fa il suo primo viaggio a Sri Lanka dove resterà a Colombo e i suoi dintorni e visiterà le innumerevoli scuole della Società Teosofica.    Poi va  per 18 mesi in " India - il Paese di tutti i prodigi".  Anche qui i suoi punti di riferimento sono le sedi della Società Teosofica, tra cui Adyar a Madras. Quando va a Varanasi incontra sadhu, guru, e un asceta e maestro: Bashkarananda che gli dà i primi insegnamenti: "L'impermanenza è la legge universale". Di ritorno dall'India va a Tunisi, dove sotto il nome di Mlle. Myrial, comincia a esibirsi come cantante.

E comincia a scrivere le sue prime note sul buddhismo: "la religione del nostro paese dice ai poveri e agli infelici sopraffatti dal dolore , rassegnati e curva la fronte"; il buddhismo invece asserisce: "Combatti la sofferenza, cessa di essere vittima della tua stupidità, I tuoi errori e i tuoi pregiudizi sono le divinità delle tenebre sul cui altare tu immoli la parte migliore della tua vita. Apprendi a conoscere la natura delle cose che ti circondano. a conoscerti. Renditi intelligente e la conoscenza ti renderà libero e felice". Si imbarca per una tournée come cantante lirica  a Tonkin, Alessandria, Port Said, Aden e Colombo e diventa la stella di Hanoi. Qui cerca sempre di incontrare i vari mistici.  Poi va ad esibirsi a Parigi per la stagione lirica e nel 1897 incontra il suo primo compagno, il musicista Jean Hautstont con cui ha vissuto insieme dal  1897 al 1900. Insieme a lui scrisse Lidia, dramma lirico in un atto (musica di Hautstont, libretto di Alexandra).

Poi incontrerà Philippe Neel e ne diventerà l'amante a partire dal settembre 1900.  Incomincia così le vite multiple di cantante lirica, direttrice artistica, massone, amante, giornalista e conferenziere. Secondo alcuni scritti del padre, Jean la andrà a trovare a Tunisi e si creerà il trio tra l'ingegnere, la cantante e il musicista.  Nell'agosto del  1904 si sposerà con Philippe e diventerà la moglie borghese di uno dei personaggi più in vista a Tunisi. Quello che non perdonerà mai a Philippe, è l'aver conservato le lettere e le foto delle sue amanti e di avergli mentito asserendo che le aveva distrutte.   Riparte in tournèe e dopo la morte di suo padre, ritorna a Tunisi e qui si trova a vivere una situazione imbarazzante, un "menage a trois" con una delle amanti del marito.  Alexandra che ha frequentato i saggi indiani non riesce più a controllare i suoi pensieri che errano in disordine e la perturbano.

In quel periodo Alexandra ha contatti con Guimet che gli chiede degli articoli sullo yoga e inizia una collaborazione con la rivista Il Mercure de France. Uno degli autori più importanti di Parigi dell'epoca, José-Maria de Heredia gli darà un consiglio: "Non bisogna mai dare niente per niente, perché se date degli articoli per niente, crederanno che non valete niente".

Nel 1907 incontrerà un suo vecchio amico, il tenore Martel e nel 1908, incontrerà il giovane socialista Benito Mussolini. Alexandra a partire dal 1911, resterà sola, libera e fiera, e si rifarà una verginità cessando,  qualsiasi rapporto fisico con suo marito e con qualsiasi rappresentante del sesso maschile. Il solo uomo che sopporterà e condannerà a una castità assoluta, sarà il suo figlio adottivo, il lama Yongden che dichiarerà con una certa tristezza ad uno dei suoi amici a Digné: "Morirò vergine, mia madre non vuole che conosco una donna".

Nel 1911, la pubblicazione degli articoli Modernisme Buddhiste e Il buddhismo di Buddha coinciderà con la sua partenza in Asia, dove a 43 anni comincerà la sua nuova vita.  Ha conosciuto anche Mme Richard Mira Alfassa che nel 1920 raggiungerà a Pondichery il maestro indiano Aurobindo Gosh e prenderà il nome di La Mère.

L'11 agosto del 1911 parte da Marsiglia e  il 30 agosto arriva a Colombo alla società Maha Bodi College. Dopo un breve soggiorno arriva in India a novembre 1911. Passa a Madurai, a Madras, poi si rifugia a Adyar, la sede della Società Teosofica e da qui va a trovare Aurobindo.  Poi va a Calcutta dove incontra numerosi sadhu e saggi indiani. In questa India inglese, è la prima volta che si vede una donna europea che frequenta i sadhu, studia i loro testi sacri, e si mette la sciarpa arancione dei rinuncianti. Ma non si ferma e parte per il Sikkim e Darjeeling dove arriva nell'aprile 1912. E da qui parte per Kalimpong dove  viene ricevuta da Sidkeong (un tulku, un lama reincarnato), il figlio del Maharaja.  Nell'aprile 1912, sarà la prima donna europea a incontrare il 13 Dalai Lama dicendogli "Ho il timore che le dottrine religiose del Tibet sono state mal comprese in Occidente, e per questo mi rivolgo a Lei per essere aiutata a capire". Il Dalai Lama instaurerà un dialogo con questa donna che sarà la depositaria di questo Tibet che stava disparendo.  In maggio 1912 incontrerà il suo futuro maestro il Gomchen di Lachen, ( un siddhipurusha, un uomo che ha acquisito poteri soprannaturali grazie allo yoga) che gli dice: "Voi avete visto l'ultima e suprema luce, non è in un anno o due di meditazione che si arriva alle concezioni che voi esprimete. Oltre questo, non c'è più niente".  Alexandra che non aveva mai accettato l'autorità, accetta umilmente tutte le iniziazioni e si ritirerà per due anni in una grotta. Nel 1913 è a Calcutta, da dove riparte a novembre per il Nepal accolta dal maharaja. Qui matura i primi dubbi: "mi sono lanciata nella carriera di orientalista senza avere troppe armi a mia disposizione" e intravede nuovi orizzonti; "Ogni giorno mi allontano un po' più dalle agitazioni, il grande riposo e la grande luce entrano in me, o piuttosto io entro in loro. Il Nirvana è una realtà".  

Ha la sensazione di essere qualcuno in Asia. Passa a Gaya, Katmandhu, Lumbini, Kapilavasthu (la città dove il Buddha ha passato la sua gioventù). Mentre era in meditazione, una tigre che si aggirava nei paraggi, vedendo la sua immobilità scappa. Nel febbraio 1913 è a Benares (Varanasi), e visita Sarnath e soggiorna presso la Società Teosofica. Incontra e discute di Vedanta e dei libri Astavakra Gita e Avadhuta Gita con il grande yogi Satchinanda. "L'asceta, non avendo nessun attaccamento per non importa quale condizione e che è libero da tutti i desideri, non contrae nessuna impurità anche se si occupa degli affari di questo mondo". Alexandra è ricevuta in tutti i templi, anche jainisti, comincia a vivere una vita da asceta e a volta assume il ruolo di un fachiro stendendosi su una tavola con chiodi per esibirsi davanti i turisti inglesi. 

A novembre 2013 riparte per il Sikkim. arriva nel dicembre 2013 a Gangtok la capitale, dove studia il tibetano, visita il monastero di Rhumteck. In febbraio 1914 muore il Maharaja e Sidkeong succede a suo padre e diventa il Maharaja Kumar. Nel maggio 1914 assume come aiuto Aphur Yongden, un ragazzo di 14 anni. A settembre 1914 incontra di nuovo in una caverna il Gomchen dove è in ritiro. Alexandra che fugge il mondo e la gente del mondo si installa in una caverna vicina ed è accettata come discepola dietro la promessa di obbedienza assoluta.  Inoltre il Gomchen gli darà delle lezioni di tibetano in cambio di lezioni di inglese. "E' una lezione unica di apprendere il tibetano e i misteri del tantrismo buddhista, completamente ignorato da tutti gli orientalisti. Sarà dura, ma terribilmente interessante". Vivere nelle caverne è il brevetto classico per un grande yogi, e Alexandra apprenderà " i fiori del sapere" : controllare i sogni (l'assenza di sogni è un segno di perfezione), praticare il tummo (produrre il calore in pieno freddo), il tsam (ossia restare molte giornate senza parlare) e anche a suonare il tamburino con i quale i lama scandiscono le loro litanie. E a costruire delle creature immaginarie chiamate Tulpas, guidate dalla volontà dello yogi. Dal suo maestro riceve il nome di Lampada di saggezza, mentre Yongden riceverà il nome di Oceano di compassione.  Deve trasmettere nei suoi libri le esperienze che ha vissuto, ne ha il dovere, ma ne ha il diritto?  Il suo Maestro le risponde : "Non è dal Maestro che dipende il segreto, ma da quello che l'ascolta. (...) Usate queste conoscenze secondo il vostro giudizio".

Nel febbraio 1916 si ritrova di nuovo in Tibet. Qui riceve anche la benedizione del Panchen Lama. passa per Shigatzé, Nartan, Poi ritorna a Calcutta, da qui riceve il titolo di "missionario buddhista e erudito" dalla Maha Bodhi Society, poi riparte per la Birmania nel 1917, da qui arriva a Singapore  e poi in Giappone. Definisce il suo viaggio in Giappone un incubo, apprezza solo Kyoto e il monastero Tofoku-Ji. Poi arriva in Corea, e da qui in Cina a 49 anni, e raggiunge Pechino. Da Pechino, in sei mesi percorre 2500 km per arrivare al monastero di Kum-Bum che si trova nella provincia tibetana dell'Amdo, dove si trova l'albero miracoloso di Tsong-Khapa. Ci resterà dal 1918 al 1921.  Tsong-Khapa nella sua opera Lamrin ha scritto: "se vi domandassero quale è  la natura della meditazione, rispondete che è il segreto di essere capaci di abbandonare tutti i pensieri immaginativi con i semi che li generano". A kum-Bum Alexandra troverà il paradiso dei libri sacri, tra cui la Prajna paramita attribuita a Nagarjurna, che contiene i dialoghi tra il Buddha e il suo discepolo Sariputra. Libri che comincerà a tradurre.  Nel suo viaggio verso Lhasa osserverà degli eventi straordinari, dei morti che danzano, dei pugnali incantati che volano nell'aria, dei mangiatori di soffio vitale, degli stregoni con i malefici e gli astri che racconterà nei libri Au pays des brigands-gentilhommes  o Mystiques et magiciens du Tibet.   Alexandra e Yongden, si vestono da mendicanti e in 80 giorni passano per Tcheng.Tou  e Li-Kiang (nel Yunnan) , Thana, Giamda e poi Lhasa (nel gennaio 2024 scrive a suo marito di essere arrivata a Lhasa). Ha superato largamente l'impresa di Phileas Fogg (un altro esploratore arrivato a Lhasa). Lascia Lhasa, passando nel Sikkim, arriva a Patong, poi a Calcutta. Incontra Gandhi, ma tra loro non nascerà un'amicizia. Poi Bombay, Ceylan,  Arriva a Le Havre nel maggio 2024 come un'eroina nazionale. La Francia intera si appassiona di questa donna che viene definita "La conquistatrice della città proibita". Il suo ritratto, il suo viso sorridente, appare su tutti i giornali e riviste. E' una star che sbarca alla stazione Saint-Lazare di Parigi e affronta la folla di giornalisti e fotografi.  Questa donna di 57 anni riceve una moltitudine di onorificenze e medaglie, tra cui la più importante è La legione d'onore nel 1928. Nei mesi seguenti l'Umile Orientalista tiene una serie di conferenze dove racconta le sue imprese in Tibet e Yongden improvvisa dei poemi "delle montagne rosse come il corallo e delle montagne blu come il turchese, die palazzi bianchi come conchiglie e altre cose orientali". Avrà la sua consacrazione al museo Guimet nel marzo 1926.   

Si ritrova con Philippe nel 1926 a Marsiglia,  14 anni dopo, e le incomprensioni caratterizzano questo incontro. In giugno termina il suo libro Viaggio di una parigina a Lhasa.  Alexandra detesta sempre di più questo mondo: "credevo che il mio disgusto per il mondo aveva raggiunto il suo massimo, ma si è ancora accresciuto. non posso dare uno sguardo ai giornali. La stupidità, la volgarità, la cattiveria di cui sono pieni mi fanno auspicare a un nuovo diluvio per ingoiare tutta questa mediocrità. Di buono ci sono solo le piante selvatiche, le montagne, il cielo e le nuvole".

Cerca di arrivare ad avere una indipendenza finanziaria Dovrà guadagnare la sua vita accumulando parole, una ad una, al seguito dell'altra e ne è consapevole. "Ma non avere la minima certezza su quello che accadrà l'indomani è stressante. Lavorare per nutrirsi, è insomma rovinarsi la vita. Vivere è il piacere di fare quello che vi piace e non altre cose".  Pag. 331

Nel maggio 1928 Alexandra acquista la casa a Digne, che con tutti i suoi souvenir dei suoi viaggi la trasformerà in Samten Dzong, La fortezza della meditazione,  una succursale del museo Guimet.  I giornali locali definiscono Santen Dzong una grandiosa sintesi tra Oriente e Occidente.

In questi anni si celebra il successo di Alexandra, sia dei suoi libri,  (Mystiques et magiciens du Tibet, Le initiation lamaique, Au Pays des brigands-gentilshommes, L'Epopéè de Guésar), sia personali, come la conclusione dell'adozione di Yongden nel febbraio 1929 che compie 30 anni. 

Anche il Presidente della Repubblica francese, Gaston Doumergue si dichiara entusiasta per i suoi libri.  Dharmapala che ha guidato i suoi passi a Ceylon e facilitato il suo viaggio in India, da Benares scrive ad Alexandra; "Morirò forse alla fine dell'anno. Mi felicito della vostra opera unica e meravigliosa compiuta con l'aiuto del vostro figlio Lama. Che vostro figlio e voi stessa, viviate per lungo tempo per diffondere il Dharma in Francia e in Italia",

Sa misurare le sue spese e prende nota anche del più piccolo acquisto: "Come si vede, si può indossare il vestito dei rinuncianti e controllare il valore dei propri beni".  Il tempo è denaro e Alexandra non spreca ne l'uno, ne l'altro. Impiega un anno per scrivere il suo nuovo romanzo che mostra il vero Tibet, Le Lama aux cinqu sagesse, con l'aiuto di Yongden.  Il professore Silvain Levi ammira la prodigiosa attività della sua vecchia allieva che non conosce fatica, né del corpo, né della mente. In quel periodo, ci sono personaggi che gli fanno concorrenza: Liu Man Chin che entra anche lei a Lhasa e il tibetologo italiano Giuseppe Tucci che percorre il Tibet soggiornando in monasteri e riportando antichi documenti che traduce e rende pubblici. Nel 1935 Tucci ha 41 anni e Alexandra 67 anni.  Alexandra nel 1936 pubblica Le Bouddhisme, ses doctrines et ses méthodes e ricomincia a tenere conferenze a Praga, Budapest, Vienna, Zurigo, Bruxelels, ecc...    Dopo essere stata nominata rappresentante della Maha Bodhi Society, la società teosofica annuncia : "Madame Neel è stata chiamata a far parte del corpo professionale dell'università di Sarnath (India), e questo testimonia le competenze che gli riconoscono i buddhisti orientali.".

Per la Lampada di saggezza più è lungo il cammino, migliore è il modo di viaggiare.  L'orientalista esploratrice vuole approfondire in Cina gli studi sul Taoismo antico.  Passando per Bruxelles-Varsavia-Mosca- arriva a Pechino nel gennaio 1937 dopo 17 giorni di viaggio. Qui inizia gli studi sul Taoismo nelle biblioteche di Pechino. Scoppia il conflitto tra Giappone e Cina, i giapponesi conquistano Pechino, alcuni giorni dopo che Alexandra era partita. Dopo una sosta a Taiyan arriva a Wou Tai Chan al monastero Pousating.  E nonostante l'età continua ad esplorare l'Oriente:  "marcia come il tuo cuore ti suggerisce e secondo lo sguardo dei tuoi occhi".  Pag. 367.  Al monastero studia, soprattutto il Taoismo antico, scrive e vive come se niente fosse, poiché secondo uno dei suoi principi  "affliggersi non serve a niente". Qui scrive Magie d'amour et magie noir    e   Sous les nuéès d'orage.  Nel suo diario scrive "passeggiate sulla montagna e nessuna notizia della guerra".

I giapponesi stanno per conquistare Shanghai e Taiyuan; Alexandra scappa dalla guerra e finisce per arrivare a Hankeou, abbandonando copie di manoscritti rari e oggetti preziosi.  Poi passando per Chungking arriva a Tatsienlou al paese di Kham, in terra tibetana. Qui passerà i 6 anni della seconda guerra mondiale. Nelle sue lettere, parlando di Yongden,  fa questa ammissione : "Mi rendo conto del mio egoismo, ho voluto avere qualcuno che mi sia utile, in qualsiasi circostanza, e che si piega ai miei desideri. Questo a scapito dello sviluppo di questo ragazzo. Avrei dovuto permettergli di seguire una professione, una carriera, ho preferito che rimanesse dipendente di me. Non è molto bello da parte mia, Oramai la cosa è fatta".   Si installa al monastero di Pomo San dove conduce la vita che ama; legge, scrive, medita, passeggia sulle montagne,  Incontra qualche yogi, incontra i Bon neri e Bon bianchi, che propongo le dottrine e i rituali dei Lama, assiste alle conferenze del Lama Nga Wang.  Si crede di essere in Tibet e ascolta delle frasi che sembrano essere pronunciate per lei: "Essere benevolenti per gli altri non consiste a fare delle azioni procurino del benessere, ma è divenire se stesso una sorta di benessere;   come il sole che non può impedirsi di diffondere il calore e la luce, e da questo, procurare benessere a tutti gli esseri. Della stessa maniera, il Saggio, che è diventato un centro vivente di intelligenza e di bontà, emette naturalmente delle onde di energia che diffondono delle influenze nel mondo".  Alexandra non saprà mai fino a che punto i suoi libri sono stati delle lezioni di vita e di saggezza per le sue lettrici e i suoi lettori. 

Nel 1939, davanti alla situazione drammatica, fa le seguenti riflessioni: "le persone sembrano aver dimenticato i massacri di 20 anni fa. Ecco che ricominciano, e la guerra sarà, ora mille volte più terribile a causa dei progressi dell'aviazione. Quello che ho visto in Cina è terrificante".   Coltiva il suo orto, prepara le marmellate e prepara il progetto del libro L'uomo, questo imbecille.  Scrive la grammatica tibetana sovvenzionata dallo Stato francese. Alexandra resterà a Tatsienlou (capitale del Sikang)  dal luglio 1938 al marzo 1944. 

Nel gennaio 1941 muore Philippe a 80 anni. La sua morte incide sulla salute di Alexandra, ritornano i problemi fisici, infiammazioni, dolori improvvisi, vomito e perdita di peso. Combatte tutti questi mali con un solo rimedio: Lo Studio. 

Da Tatsienlou, all'inizio del 1945,  passa a Chengtu dove tiene una conferenza sulle relazioni tra la Cina e il Tibet, che conclude con l'auspicio che si crei un'intesa tra questi due popoli che ama.   Il credo del filosofo cinese Meh.Ti è : "Agite verso il vostro prossimo come se voi lo amaste. Fate questo per il vostro reciproco vantaggio".  Passando per Calcutta e il Cairo Alexandra e Yongden arriveranno a Parigi nel luglio 1946 per poi arrivare a ottobre a Digne.  A Calcutta ritrova lo stesso clima che aveva lasciato in Cina, le rivolte della popolazione indiana per ottenere l'indipendenza che riporta nel suo libro L'Indie où j'ai vécu. 

Nel 1946, dopo la guerra, iniziano il razionamento alimentare e le varie restrizioni, che appena arrivata in Europa la fanno esclamare: "Partire, Partire! La in Asia, siamo liberi! Qui, le persone sono diventate folli. Ticket per qui, carte per la, controlli per tutto! No, non, voglio vivere tra degli uomini che sono degli uomini, e non dei montoni. La Francia è diventata il Paese degli uomini tristi".

Mantiene la corrispondenza con persone in Asia, in America e in Europa, tra le persone privilegiate con cui è in contatto c'è Mira Alfassa, La Mère dell'ashram di Aurobindo che le risponde : "Siate senza inquietudini, va tutto bene. Al di sopra delle forze di distruzione, c'è la Grazia Divina che protegge e che ripara".

Esce il suo libro Au coeur des Hymalayas, le Nepal , dove si evoca anche l'India "E' l'India terribile! L'India sinistra che spesso ci maschera l'altra India : L'India dei pensieri segreti che si muovono in regioni estranee all'Occidente.  Al suo ottantesimo compleanno va con Yongden sulle Alpi a campeggiare a più di 2000 metri di altitudine vicino al lago di Atlos, qui di fronte alla neve dice: " Oh! Tibet! come questo Paese così differente dal mio ha potuto conquistarmi così, prendendomi cuore e mente, attraverso tutte le mie sensazioni e tutti i miei pensieri? ".

Lei che ha corso e marciato ovunque, non corre più. a Digne, negli anni cinquanta, si trasforma in un grosso mobile, o in un busto senza gambe. Nonostante tutto dall'alto dei suoi 82 anni, Alexandra non è che progetti, avvenire, libri da scrivere. Ha la coscienza di essere, e per lungo tempo, la provvidenza dei librai, la dea degli orientalisti, la Notre-Dame del Tibet. Pag. 628.  In questi suoi libri svela i segreti per superare gli specchi dell'illusione, e come lo diceva il Gomchen (il suo maestro), dopo non c'è più niente. 

Marianne Monestier, una scrittrice, va a trovare Notre-dame del Tibet e durante la visita Alexandra continua a manifestare lo stesso disgusto, che aveva a venti anni, per le cose dell'amore. Questo colpisce Marianne che scrive: "Quello che sciocca del suo spirito buddhista evoluto, sono le manifestazioni quotidiane della vita. Queste le ispirano una specie di disgusto, Anche l'amore non sfugge al disgusto di questa vecchia gentile signora, che, nella sua repulsione, ha talmente l'aria di conoscere quello di cui si parla".  pag. 433

Alexandra dice: "Non sono mai stata un'emotiva, L'amore non ha mai giocato un ruolo importante nella mia vita, d'altronde, il buddhismo lo dice, le emozioni non esistono, Noi nemmeno. non siamo che die momenti, Momenti collegati tra di loro dalla meditazione"

Nel 1954, Yongen diventa l'autore di un libro; La Puissance du nèant, un romanzo in cui l'eroe, discepolo e servitore di un santo eremita, trova il suo maestro assassinato.  

In ottobre1955, Yongden muore improvvisamente; Una catastrofe per Alexandra, che niente lasciava prevedere, e il 24 ottobre 1955 il giorno del suo 87 compleanno, lei che si vantava di non versare mai una lacrima, ne versa dei torrenti.  (...) Perdere, per due volte, in una vita, il suo solo, e migliore amico, è molto.  E l'indistruttibile Alexandra ne rimane colpita.  Dalle sua ceneri - tutto quello che mi resta della sua forma terrestre - sorge un messaggio che desidero trasmettere a quelli in grado di comprendere: "Tutto è vano, miei amici, salvo una cosa: la bontà".  Poco a poco riprende il gusto per la vita, e cita delle frasi del Dhammapada : "L'attenzione è il cammino che conduce alla liberazione dalla morte, la non riflessione è il cammino che porta alla morte. Quelli che sono attenti non moriranno, i disattenti sono già morti".

Nel 1959, gli dei benevolenti guidano la Lampada di saggezza a Aix-en-Provence dove questa novantenne si appresta a fare il suo ultimo grande incontro con colei che illuminerà la fine della sua vita: Marie- Madeliene Peyronnet (1930- 2023) .  Racconterà con ironia e emozione il suo rapporto con Alexandra nel suo libro Dix ans avec Alexandra David-Neel.    A Samten Dzong, in questa fortezza della meditazione, in questo nuovo universo, la Tartaruga dovrà imparare tutto, anche che i piedi di Buddha sono sopra un fiore di loto e non sopra un carciofo come lei credeva. Questa confusione è riuscita a fare ridere Notre-Dame del Tibet che si rivolge a Marie-Madeleine e profetizza "Tu sarai la mia consolazione e la mia gioia".     Quando Alexandra le chiede cosa racconterà di lei alla posterità, Marie-Madeleine risponde: " Dirò che voi avete un'intelligenza straordinaria, perché è vero. E aggiungerò che avete una mente vasta come tutte le galassie riunite (...) dirò ancora che Alexandra David-Neel era un oceano di egoismo e un Himalaya di despotismo".    

Nonostante passi il suo tempo su una poltrona Alexandra continua a lavorare e produrre nuovi libri come Immortalité et reincarnation pubblicato nel 1960.  Immobile, dà pertanto lo spettacolo dell'attività più intensa, pervenendo attraverso il lavoro, a vincere il suo isolamento. Su un biglietto dalla sua amica Mira Alfassa, la Mère è scritta questa frase "Conoscere è bene, vivere è meglio, essere è la perfezione".  Alexandra ha raggiunto, da tempo, questa perfezione. Lei è, semplicemente. 

A volte, il Riccio sa far rientrare i suoi aculei e dare alla Tartaruga un esempio di soavità e generosità. Nel periodo dell'indipendenza dell'Algeria, i francesi che si trovavano li, erano in profonda difficoltà, Alexandra invita i genitori di Maria-Madeleine di venire ad abitare a Digne, che poi accetteranno l'offerta. Moralità: i ricci, in compagnia di una tartaruga possono cambiare i loro aculei in zampe di velluto. Metamorfosi che Ovidio non aveva previsto.   I diari di Alexandra testimoniano questa amicizia che non cessa di crescere tra due donne nonostante la differenza di età, o di cultura, e che a volte si affrontano, senza mai cessare di stimarsi.   A volte passa notti insonni, e con lei Marie-Madeleine che si prodiga nel fare tisane, massaggi... Le riflessioni di Alexandra: " Non so come tu puoi sopportarmi, nemmeno io stessa riesco a sopportarmi".

A 100 anni chiede di rinnovare il passaporto, e ciò prova che aveva ancora la speranza segreta di passare le frontiere.    Riceve pile di lettere e telegrammi e molti attestati di stima: "In omaggio a Madame Neel, grande filosofo, che ha acquisito conoscenze profonde sulla filosofia orientale. Ha introdotto le religioni e i riti orientali in Europa". Una scuola a Digne sarà dedicata a lei.  Alexandra continuerà a scrivere e pubblicare libri, fino al suo ultimo respiro. Si, un autore veramente esemplare. Aveva un principio che esponeva spesso a Marie-Madeleine "non lasciare passare una giornata, una sola, senza fare quello che lei chiamava un 'lavoro costruttivo'". In virtù di questo principio Notre-Dame del Tibet costruiva attivamente. 

Gli ultimi giorni di Alexandra.  Alexandra è sempre stata isolata dal mondo che dominava con il suo pensiero. Riflessioni di Marie-Madeleine "Spesso prevede tutto con una precisione sorprendente, qualche volta con umorismo, ma sempre nella più completa indifferenza.  Lei vive nel mondo, ma è anche fuori, o piuttosto sopra , non so (...) penso che è un fenomeno ... fatto di ferro e acciaio, non è che cervello, ma che malgrado tutto, o forse a causa di questo, oltre che della ammirazione, non si può non avere affetto per lei".

A tre giornaliste che vanno ad intervistarla dichiara: "Voi mi domandate perché non scrivo la mia autobiografia, Voi non potete parlare di voi stessi senza inventare. Non c'è un'autobiografia onesta, Forse fra qualche anno, racconterò qualche episodio della mia vita".         "Non mi sono veramente convertita al buddhismo; faceva parte di me sin dalla nascita" e apporta delle precisioni sulla sua concezione dello yoga autentico: "L'Occidente non comprende l'Oriente e denatura tutto quello che tocca da vicino. Così anche lo yoga, non è questo esercizio fisico per donne mondane di cui si parla senza sosta. E' fare un lavoro mentale per entrare in un vero rapporto con gli oggetti e il mondo". (...) "La più grande parte delle dottrine filosofiche dell'India si definiscono in qualche parola: Anni Anicca - Dukha - Anatta (Impermanenza - sofferenza -  assenza di sé".  Sottolinea l'importanza nella vita del mangiare, bere e passeggiare: "Mangio bene,  mangio di tutto. No, non sono vegetariana; perché? Non ordinerò mai di uccidere un animale per nutrirmi. Ma se è già morto, senza che io l'abbia richiesto, eh bene lo mangerò volentieri".

Arrivano  a Dignè  anche Arnauld Desjardins (produttore) e Jacques Delrieux (realizzatore) e tutta una squadra di tecnici. Arnauld Desjardins è anche uno scrittore e un ammiratore che non nasconde l'influenza che i libri di Alexandra hanno avuto sulla sua evoluzione e sull'orientazione delle sue ricerche. Vengono accolti con questa frase "Non pensate, signori, che è indecente venire a filmare la morte di una vecchia signora?". 

Qualche mese dopo, sente che la fine è vicina e dice che c'è ancora molto da fare: " Si, si, So che sto per morire, mio padre lo diceva, si sente, e ho ancora molti  libri da scrivere... solo la corrispondenza, le tre valigie piene di lettere che tu hai sistemato qualche anno fa, eh bene, solo con quelle lettere potrei fare ancora due libri. E adesso è troppo tardi".     "Non è mai troppo tardi!!  afferma Marie-Madeleine che va ottenere l'autorizzazione di pubblicare questa corrispondenza che sarà contenuta in due libri Journal de voyage.   Alexandra gli risponde "Ho piena fiducia in te, Fanne un buon uso". 

Muore lunedì 8 settembre alle 3,15 del mattino pronunciando una delle sue ultime parole "Viaggio". Un temporale scoppia il lunedì pomeriggio. Un temporale alla sua nascita, un temporale alla sua morte. 

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